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Star Wars: L’Alta Repubblica – Viaggio nell’epoca d’oro dei Jedi tra fumetti, romanzi e nuove minacce galattiche

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana… prima ancora che i nomi di Anakin Skywalker, Obi-Wan Kenobi o Darth Sidious si scrivessero nelle cronache stellari, la galassia viveva una delle sue epoche più luminose. Una stagione di pace, progresso e speranza. Era l’età dell’Alta Repubblica, un tempo in cui la Repubblica Galattica brillava nel suo massimo splendore e l’Ordine Jedi era il vero baluardo di giustizia, guida morale e spirituale dell’intero cosmo. Ed è proprio in questo scenario, duecento anni prima degli eventi de La Minaccia Fantasma, che prende forma il gigantesco affresco narrativo di Star Wars: L’Alta Repubblica (The High Republic), un ambizioso progetto multimediale lanciato da Lucasfilm nel 2021, che sta ridefinendo i confini dell’universo di Star Wars, portandoci là dove nessuna trilogia era mai giunta prima.

Un nuovo inizio per la galassia lontana lontana

L’Alta Repubblica non è una semplice nuova serie. È un viaggio. Un’esperienza costruita attraverso romanzi, fumetti, audiolibri, guide, racconti illustrati, storie brevi e persino prodotti per l’infanzia. È un gigantesco mosaico narrativo pensato per offrire un’esperienza completa e stratificata a ogni tipo di fan, dai padawan più giovani ai maestri Jedi veterani della saga. L’idea nasce nell’estate del 2018, quando al leggendario Skywalker Ranch, sede spirituale della Lucasfilm, un gruppo selezionato di autori e creativi (tra cui Claudia Gray, Justina Ireland, Daniel José Older, Cavan Scott e Charles Soule) si riunisce sotto l’egida del Lucasfilm Story Group per ideare una nuova era di Star Wars. A guidare tutto c’è Michael Siglain, direttore creativo di Lucasfilm Publishing, con un obiettivo chiaro: creare un progetto ampio, coerente e interconnesso, capace di raccontare un nuovo grande ciclo epico nell’universo galattico. Nasce così il “Project Luminous”, che diventerà ufficialmente L’Alta Repubblica. Un’epoca inedita, non contaminata dagli eventi già narrati nei film e nelle serie. Una tela bianca da dipingere con cavalieri Jedi, nuove minacce, stazioni spaziali avveniristiche, esplorazioni negli angoli più remoti dell’Orlo Esterno… e il mistero eterno della Forza che attraversa ogni cosa.

Tre fasi, un’unica, gigantesca epopea

Il progetto si articola in tre fasi principali, ognuna delle quali rappresenta un capitolo della grande saga dell’Alta Repubblica.

La prima fase, Light of the Jedi, ci catapulta in un momento cruciale: il Grande Disastro. Una misteriosa esplosione nell’iperspazio mette in crisi l’ordine e la stabilità della Repubblica. I Jedi, al culmine del loro potere, devono affrontare le conseguenze del disastro e le minacce dei predoni Nihil, un gruppo anarchico e brutale che vuole distruggere tutto ciò che la Repubblica rappresenta. A rendere ancora più inquietante lo scenario sono i Drengir, creature oscure e tentacolari legate alla Forza che seminano morte e terrore.

La seconda fase, Quest of the Jedi, fa un passo indietro nel tempo, portandoci 150 anni prima degli eventi della prima. È un’epoca di grandi esplorazioni, di colonizzazione dell’Orlo Esterno, di pionieri della galassia. Qui assistiamo alla nascita dei miti, all’ascesa dei valori Jedi come ideali spirituali, e all’affiorare di tensioni che porranno le basi per i futuri conflitti. Nuovi autori si uniscono al progetto, portando nuove voci e sensibilità: Tessa Gratton, Lydia Kang, Zoraida Córdova, George Mann e altri ancora arricchiscono la narrazione con punti di vista unici e vibranti.

Infine, la terza fase, Trials of the Jedi, rappresenta la resa dei conti. Torniamo cronologicamente un anno dopo la fine della prima fase per assistere a un momento di crisi profonda. La Repubblica è scossa, i Jedi sono messi alla prova come mai prima, e la battaglia contro i Nihil e le forze dell’oscurità si avvicina a un epilogo drammatico.

Jedi come non li avete mai visti

Uno degli aspetti più affascinanti de L’Alta Repubblica è la rappresentazione dell’Ordine Jedi. Qui non troviamo maestri segnati dalla guerra, disillusi o corrotti. Qui i Jedi sono al massimo della loro forma e filosofia. Indossano tuniche dorate, solcano la galassia come cavalieri erranti, ambasciatori, studiosi e protettori. Ogni Jedi ha una connessione unica con la Forza, interpretata come una sinfonia, un oceano, un giardino… La Forza non è solo potere: è spiritualità, identità, espressione.

Ma con grande luce, arrivano grandi ombre. Il progetto esplora anche le falle dell’Ordine, le tensioni interne, i dubbi, le fragilità. Ed è proprio questo sguardo sfaccettato a rendere i personaggi così umani, pur vivendo in un universo così straordinario.

Una galassia che vive su ogni formato

Uno dei punti di forza dell’Alta Repubblica è la sua struttura narrativa diffusa. Non c’è un solo libro da leggere, ma decine di titoli che si intrecciano tra loro, raccontando eventi da angolazioni diverse. Ogni medium aggiunge un tassello: i romanzi adulti sono il cuore della narrazione, quelli per ragazzi aprono finestre su storie parallele e personaggi secondari, i fumetti (Marvel, Dark Horse, IDW) esplorano l’azione sul campo e i drammi galattici con uno stile visivo mozzafiato. Gli audiolibri, come The Battle of Jedha o Tempest Runner, danno voce ai protagonisti in storie pensate per l’ascolto immersivo. Le guide illustrate e i volumi d’arte approfondiscono il contesto visivo e concettuale di quest’epoca.

E c’è persino una linea manga, The Edge of Balance, pubblicata da VIZ Media, che porta il fascino e la sensibilità del fumetto giapponese nella galassia di Star Wars. Un mix culturale che arricchisce ancora di più l’offerta per i fan.

L’Alta Repubblica in Italia

Anche il pubblico italiano ha la possibilità di esplorare l’Alta Repubblica grazie a Panini Comics, che ne detiene i diritti di pubblicazione. Dal 2021 i volumi stanno arrivando anche nel nostro paese, permettendoci di seguire l’intera epopea con edizioni curate e localizzate. Che siate appassionati lettori di romanzi o collezionisti di albi a fumetti, non c’è scusa per non salire a bordo dello Starlight Beacon.

Una nuova speranza per Star Wars

In un momento in cui il franchise cinematografico è in cerca di nuove direzioni, L’Alta Repubblica rappresenta una rinascita. Un ritorno allo spirito dell’avventura, della scoperta, della costruzione di un universo coerente e appassionante. È un tributo alle radici di Star Wars e, allo stesso tempo, una finestra spalancata sul futuro. Un nuovo modo di raccontare la Forza, i Jedi, e le infinite possibilità della galassia lontana lontana.

Se ancora non avete intrapreso questo viaggio, è il momento perfetto per cominciare. Potete seguire l’ordine cronologico, quello di pubblicazione, o lasciarvi trasportare dal richiamo della Forza verso i personaggi o le storie che vi ispirano di più. Qualunque sia il vostro approccio, una cosa è certa: noi siamo la Repubblica.

E voi? Avete già letto qualche opera dell’Alta Repubblica? Qual è il vostro personaggio Jedi preferito di questa nuova era? Fatecelo sapere nei commenti e condividete questo articolo con i vostri amici su Facebook, Instagram o nei vostri gruppi Telegram: la galassia ha bisogno di nuove reclute! Che la Forza sia con voi… sempre!

Il Ritorno del Jedi (Obi-Wan Kenobi): Lucasfilm sta davvero lavorando a Obi-Wan Kenobi 2?

C’è un brivido nell’aria, un fremito della Forza che percorre le galassie lontane lontane… e no, non è solo un effetto speciale ben riuscito. Secondo recenti indiscrezioni, Lucasfilm potrebbe aver deciso di ascoltare le voci insistenti dei fan e dare il via libera alla tanto chiacchierata seconda stagione di Obi-Wan Kenobi. Un rumor, certo. Ma uno di quelli che, se confermati, potrebbero cambiare il destino televisivo di uno dei personaggi più amati di tutto l’universo di Star Wars.

Facciamo un passo indietro nel tempo, come se usassimo l’iperguida per tornare a un momento cruciale della storia di questo progetto. La serie con protagonista Ewan McGregor nei panni del leggendario Maestro Jedi non era nata come serie TV. L’idea originale di Lucasfilm era di sviluppare Obi-Wan Kenobi come un film standalone, inserito sotto l’etichetta A Star Wars Story, sulla scia di Rogue One e Solo. Ma è stato proprio il flop al botteghino di quest’ultimo a far saltare il progetto sul grande schermo. L’era d’oro dello streaming era alle porte, e Disney+ aveva bisogno di contenuti forti: così nacque la miniserie da sei episodi, che avrebbe dovuto colmare i vuoti narrativi tra La Vendetta dei Sith e Una Nuova Speranza.

Eppure, nonostante le altissime aspettative, la serie ha lasciato più dubbi che entusiasmo. Molti fan – e non pochi critici – hanno lamentato una certa sterilità creativa. Invece di illuminare nuove sfaccettature del personaggio, Obi-Wan Kenobi è apparsa come un mosaico di elementi familiari, costruito più per evocare nostalgia che per raccontare qualcosa di realmente nuovo. Le scene d’azione, spesso confuse e sottotono, la scrittura debole e i personaggi secondari poco più che sagome in cartone hanno finito per appesantire il ritmo della narrazione. Solo nell’ultimo episodio, con quell’intenso e muto scambio di sguardi tra Obi-Wan e Vader, la serie ha mostrato un barlume di ciò che avrebbe potuto essere.

Eppure, nonostante tutto, la potenza del personaggio interpretato da McGregor è rimasta viva. L’attore scozzese ha dato tutto sé stesso per riportare in vita un eroe ferito, in esilio, lacerato dal rimorso e dalla colpa. E non possiamo dimenticare il ritorno di Hayden Christensen nei panni di Anakin Skywalker/Darth Vader: una scelta che ha toccato il cuore dei fan storici e che ha riportato sullo schermo una delle dinamiche più tragiche e complesse della saga.

Ma allora, perché parlare oggi di una possibile seconda stagione, se tutto sembrava chiuso? Perché Obi-Wan Kenobi, per quanto imperfetta, ha lasciato aperte più porte di quante ne abbia chiuse. La sua rivalità con Darth Maul, ad esempio, è rimasta nell’ombra – pur essendo già stata esplorata in maniera magistrale nella serie animata Star Wars: Rebels. E poi c’è quel lasso di tempo ancora ampiamente inesplorato tra gli Episodi III e IV, un terreno fertile per nuovi racconti, nuovi drammi, nuove epiche rivelazioni.Ufficialmente, la presidente di Lucasfilm Kathleen Kennedy aveva affermato che non ci fossero piani per un seguito. Ma secondo l’insider Daniel Richtman, una seconda stagione sarebbe già in fase di sviluppo. Nessun dettaglio preciso, solo sussurri tra le stelle. Tuttavia, considerando che serie come The Acolyte hanno diviso l’opinione pubblica e che Skeleton Crew non ha fatto breccia nei cuori dei fan, è plausibile che Lucasfilm voglia puntare di nuovo su un nome forte, su una certezza narrativa: Obi-Wan Kenobi.

Non è tutto. Al Comic-Con di Los Angeles, Ewan McGregor ha alimentato il fuoco della speranza partecipando a una sessione di Q&A in cui ha ammesso che Lucasfilm starebbe “esplorando idee” per continuare a raccontare le avventure del Maestro Jedi. L’attore ha anche rivelato il desiderio di tornare a lavorare con Christensen, il che non fa che rendere ancora più intensa l’attesa.

“Obi-Wan è stata realizzata come miniserie, è uscita e piace alla gente, cosa di cui sono molto, molto contento”, ha dichiarato McGregor in un’intervista. “Ma non ho ricevuto nessuna chiamata da Disney o Lucasfilm per farne un’altra… almeno per ora.” Parole che sanno di cautela, ma che lasciano aperta una porta. E nell’universo di Star Wars, anche la più piccola apertura può diventare una galassia di possibilità.

Quindi, Obi-Wan Kenobi 2 si farà davvero? Non possiamo ancora dirlo con certezza. Ma la Forza scorre potente in questo personaggio e il desiderio del pubblico è chiaro. Forse, tra le sabbie di Tatooine e i corridoi oscuri della Morte Nera, c’è ancora una storia da raccontare. Una storia che merita di essere vissuta, e che potrebbe finalmente dare a Obi-Wan la grandezza narrativa che si merita.

E voi, cosa ne pensate? Vi piacerebbe rivedere Ewan McGregor nei panni di Obi-Wan in una seconda stagione? Pensate che ci sia ancora qualcosa di importante da raccontare sul suo passato? Scrivetecelo nei commenti qui sotto e condividete questo articolo con i vostri compagni di viaggio nella galassia! Che la Forza – e la discussione – sia con voi!

Indiana Jones sta per tornare. Ma non come te lo aspetti.

Tieniti forte, perché le fruste potrebbero tornare a schioccare e i cappelli a calare sulle sopracciglia con fare leggendario: secondo le indiscrezioni più recenti, Lucasfilm starebbe seriamente valutando un reboot del mitico franchise di Indiana Jones. Sì, hai letto bene: REBOOT. E no, non è uno di quei rumor da bar sotto casa. A lanciare l’indiscrezione è nientemeno che The DisInsider, la testata che ha previsto l’annuncio de Gli Incredibili 3 con mesi di anticipo. Se parlano loro, le orecchie iniziano a fischiare a Tatooine e a Pandora.

Ma calma, perché Disney non ha intenzione di affrettare le cose. L’idea, a quanto pare, sarebbe quella di lasciare riposare per un po’ il brand prima di rilanciarlo. Un gesto quasi “mistico”, come se si volesse seppellire temporaneamente l’Arca dell’Alleanza prima di riaprirla con la fanfara giusta. Il reboot potrebbe essere annunciato addirittura già al D23 Expo del 2026, e non è un caso: la casa del topo sa che con Indy non si scherza, e che ogni passo falso può scatenare l’ira di un fandom tra i più affezionati, appassionati e, diciamolo, esigenti della storia del cinema.

D’altronde, nonostante Indiana Jones e il Quadrante del Destino sia stato una mastodontica dichiarazione d’amore verso il personaggio – e l’addio definitivo di Harrison Ford, icona indiscussa dell’archeologo più famoso del grande schermo – il film ha faticato al botteghino. Una fatica che si è sentita tutta nei conti: con un budget da 329 milioni di dollari e un incasso globale di “soli” 384 milioni, il saldo è stato amaramente negativo. Più precisamente: circa 134 milioni di dollari persi, e un colpo al cuore per Disney, che sperava in un congedo glorioso.

È innegabile che parte del pubblico sia rimasta scottata ancora dal 2008, quando Il Regno del Teschio di Cristallo ci fece dubitare delle leggi di gravità (ciao ciao, scena del frigo). E se a questo si aggiunge il fatto che, nel 2023, ci siamo trovati di fronte a un Indy ottantunenne – per quanto eroico, tenero e ringiovanito digitalmente – forse era inevitabile che l’incantesimo cominciasse a vacillare.

James Mangold, il regista de Il Quadrante del Destino, lo ha detto chiaramente: era una sfida raccontare Indiana a quella età, in un’epoca in cui i blockbuster devono essere più rapidi, più giovani e più colmi di adrenalina che mai. Nonostante l’evidente rispetto con cui è stato trattato il personaggio e le tante trovate narrative (il ringiovanimento digitale, il passaggio di testimone appena accennato), il pubblico non ha risposto come sperato.

Eppure, Indiana Jones non è morto. Anzi, per Lucasfilm resta una proprietà strategica. Perché, ammettiamolo: al di fuori di Star Wars, cos’altro ha davvero quel peso specifico nella galassia Lucasfilm? Indy è un titano del cinema, un mito che attraversa le generazioni, una figura che – fedora e frusta in mano – ha scolpito nell’immaginario collettivo l’archeologo-avventuriero perfetto. Dalla sua prima apparizione in I Predatori dell’Arca Perduta del 1981 fino alla serie TV e ai mille spin-off su carta, videogame e merchandising, Henry Walton Jones Jr. è diventato molto più di un semplice personaggio: è un archetipo.

E ora? Ora si parla di ripartire da zero. Un reboot completo, che non vedrà né Harrison Ford (che ha salutato ufficialmente il personaggio con la dignità di un monumento nazionale) né Phoebe Waller-Bridge (la cui presenza nell’ultimo film ha sollevato più discussioni che applausi), né tantomeno Chris Pratt, la cui candidatura a nuovo Indy è stata archiviata tempo fa come una maldestra idea.

Disney, per una volta, sembra intenzionata a non bruciare i tempi. Lo sa bene: il pubblico di oggi ha il radar puntato, e ogni reboot è sotto scrutinio come se dovesse superare un esame alla Tavola Rotonda di Camelot. Il fallimento di alcune IP rilanciate in modo frettoloso pesa come un monito. E con Indiana Jones, il rischio non è solo commerciale: è emotivo, culturale, storico.

In un’epoca di revival e reboot a pioggia, vedere che Disney vuole prendersi il tempo necessario per ricostruire il mito da zero, senza fretta e senza scelte improvvisate, è quasi commovente. Il personaggio lo merita. I fan anche.

Il dado è tratto. O meglio, il cappello è stato rimesso sul gancio, ma per poco: nell’ombra, Lucasfilm sta già rovistando tra antichi manufatti e copioni polverosi per capire come far risorgere l’eroe che ha insegnato al mondo che la storia non è mai noiosa… se la vivi saltando in corsa da un treno nazista a un tempio maledetto.

E allora prepariamoci: Indy tornerà. Magari con un volto nuovo, forse con una nuova era. Ma quando lo farà, dovremo essere pronti. Perché certe leggende non finiscono. Si reinventano.

La Galassia Lontana Lontana si fa più vicina: Lucasfilm aggiorna la mappa stellare di Star Wars

“Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…” Quante volte abbiamo letto quelle parole azzurre fluttuare sullo schermo prima che il logo di Star Wars esplodesse nello spazio accompagnato da una fanfara ormai iconica? Quelle parole non sono solo una formula evocativa, ma il portale per un viaggio senza tempo nell’universo narrativo più vasto, affascinante e stratificato della storia del cinema e della fantascienza. Ma quanto è davvero lontana, e soprattutto… quanto è grande quella galassia?

Finalmente abbiamo qualche risposta in più. Lucasfilm ha infatti aggiornato la mappa galattica digitale ufficiale di Star Wars, un’autentica manna dal cielo per noi fan ossessionati da cronologie, rotte iperspaziali, governi galattici e pianeti desertici che, per qualche motivo, sembrano attirare sempre i prescelti.

Una galassia enorme… e ora (quasi) tutta mappata

Partiamo da un dato di fatto: la galassia di Star Wars non è semplicemente “grande”. È colossale. Si parla di oltre 400 miliardi di stelle e più di 3,2 milioni di sistemi abitati. Un numero che dà letteralmente le vertigini. Ma Lucasfilm, con grande pazienza e attenzione filologica (e con una strizzatina d’occhio ai fan più nerd come noi), ha reso questo universo un po’ più navigabile grazie a una mappa aggiornata che include oltre 500 pianeti, accuratamente localizzati e identificati in base alle loro apparizioni nei film, serie TV, romanzi, fumetti, videogiochi e persino parchi a tema.

Questa nuova mappa, evoluzione digitale della leggendaria “Essential Atlas” pubblicata nel 2009, non pretende di contenere ogni granello di sabbia di Tatooine o ogni città sospesa di Bespin, ma offre un modo spettacolare per esplorare le principali località dell’universo di Star Wars. E se non trovate subito il vostro pianeta preferito – ad esempio Kamino, che stranamente non compare nonostante la sua importanza in L’attacco dei cloni – niente paura: la mappa è in continuo aggiornamento.

La struttura della galassia: un ordine nel caos stellare

Ma come è organizzata questa immensa galassia? Non è un ammasso caotico di pianeti e lune, ma una struttura complessa e ben suddivisa in regioni. Al centro troviamo il misterioso e affascinante Nucleo Profondo, denso di stelle e distorsioni spazio-temporali, quasi impossibile da navigare. Più accessibili sono i Mondi del Nucleo e le Colonie, da sempre centri politici, culturali ed economici, come il pianeta Coruscant, cuore pulsante della Repubblica e poi dell’Impero.

Man mano che ci si allontana dal centro si entra nell’Orlo Interno, nella Regione di Espansione, poi nell’Orlo Intermedio e infine nel mitico Orlo Esterno, teatro della maggior parte delle avventure che conosciamo. Tatooine, Hoth, Dagobah, Jakku: tutti mondi “di confine”, spesso dimenticati dal potere centrale e per questo più selvaggi, ma anche più liberi. È in queste zone periferiche che si muovono contrabbandieri, ribelli, cacciatori di taglie e dove sorgono le più grandi leggende.

Oltre l’Orlo Esterno troviamo lo Spazio Selvaggio, in gran parte inesplorato, e poi le Regioni Ignote, un territorio ancora più oscuro e misterioso. Ed è proprio da lì che proviene il Primo Ordine e che si nasconde l’oscura minaccia dell’Imperatore nella trilogia sequel.

Pianeti, popoli, lingue e rotte

La nuova mappa non solo ci mostra la posizione dei pianeti, ma anche cinque delle principali rotte commerciali iperspaziali, essenziali per comprendere le dinamiche economiche, politiche e militari della galassia. Perché non è un caso se molti dei pianeti più importanti si trovano lungo queste vie. D’altronde, nel mondo di Star Wars il viaggio interstellare è all’ordine del giorno, grazie all’iperguida, una tecnologia che permette di piegare lo spazio e “saltare” da un punto all’altro evitando buchi neri e supernove. Ma attenzione, i calcoli devono essere precisi, come ben sa Han Solo.

La mappa è anche uno strumento affascinante per riflettere sulla straordinaria varietà di specie intelligenti che popolano l’universo. Gli umani sono la specie predominante, ma non certo l’unica. Twi’lek, Wookiee, Rodiani, Mon Calamari… ogni angolo della galassia pullula di civiltà con culture, lingue e religioni diverse. E parlando di lingue, il Basic Galattico è l’idioma universale, ma lo Huttese è la seconda lingua più diffusa, soprattutto nei territori criminali dominati dagli Hutt.

I droidi, come il leggendario C-3PO, possono parlare milioni di lingue, e sono spesso gli unici in grado di gestire la comunicazione tra specie molto diverse. Anche la tecnologia è al centro di tutto: oltre all’iperguida e ai droidi, esistono reti di comunicazione istantanea come l’HoloNet e dispositivi come gli holocron, usati da Jedi e Sith per trasmettere conoscenze millenarie.

Una mappa per dominarli tutti

Per i fan più attenti, questa mappa è una miniera d’oro. Scoprire, ad esempio, che Batuu, il pianeta protagonista di Galaxy’s Edge nei parchi Disney, si trova davvero ai margini estremi della galassia, non lontano da Endor, è una di quelle chicche che solo i più nerd sapranno apprezzare fino in fondo. Ed è proprio questo il bello: ogni nuovo dettaglio aggiunge profondità, ogni collegamento svela una nuova storia da esplorare.

Certo, per quanto completa, nessuna mappa potrà mai trasmettere davvero l’immensità della galassia di Star Wars. Ma questa nuova versione ci permette di contestualizzare, di navigare, di viaggiare con la mente nei luoghi iconici della saga. È come avere una guida galattica tascabile, perfetta per accompagnare le maratone di film, le campagne di gioco di ruolo o le discussioni infinite tra amici su quale pianeta sia il più importante.

In un’epoca in cui le storie di Star Wars continuano ad espandersi tra serie, fumetti, romanzi e videogiochi, avere una bussola per orientarsi è più che mai necessario. La nuova mappa galattica digitale di Lucasfilm è un omaggio alla passione dei fan, uno strumento didattico e un gioco nerd allo stesso tempo. E se, come me, vi ritrovate a zoomare per mezz’ora solo per vedere dove si trova Lothal rispetto a Naboo, allora sappiate che siete nel posto giusto.

Ora tocca a voi: qual è il vostro pianeta preferito? Quale rotta commerciale vi ispira più avventure? E cosa ne pensate dell’assenza di Kamino? Fatemelo sapere nei commenti o, ancora meglio, condividete questo articolo sui vostri social con il vostro angolo di galassia preferito. Che la Forza sia con voi… e con le vostre mappe stellari!

Star Wars: The New Jedi Order – Il ritorno di Rey è di nuovo in pericolo? Tutto quello che sappiamo sul film sospeso da Lucasfilm

In una galassia lontana lontana… le cose non vanno sempre come sperato. Specialmente se si parla del cinema targato Lucasfilm, dove le promesse spesso si perdono come lacrime nella pioggia stellare. E tra i progetti più travagliati degli ultimi anni, Star Wars: New Jedi Order si sta candidando a diventare un caso emblematico. Doveva essere il grande ritorno di Rey, interpretata ancora una volta da Daisy Ridley, e invece rischia di restare l’ennesimo sogno interrotto nell’universo di Star Wars.

A volerla raccontare tutta, l’idea di New Jedi Order era partita con un entusiasmo palpabile. Uno spin-off sequel de L’Ascesa di Skywalker, in cui avremmo finalmente seguito Rey alle prese con la fondazione di un nuovo ordine Jedi, dopo la sconfitta finale del Primo Ordine e la sua consacrazione come erede spirituale dei Jedi. Un concept ambizioso, che avrebbe potuto rilanciare la trilogia sequel agli occhi dei fan più scettici. Ma la realtà, come spesso accade, è ben diversa.

Secondo quanto riportato dall’affidabilissimo insider Daniel Richtman, il film è di nuovo in sospeso. Non cancellato, sia chiaro, ma rimandato, congelato, lasciato in un limbo creativo che ormai sa di déjà vu. Questo perché Lucasfilm ha deciso di dare priorità a progetti considerati più solidi, come Dawn of the Jedi di James Mangold e Star Wars: Starfighter di Shawn Levy, con tanto di Ryan Gosling a bordo. Il risultato? The New Jedi Order, originariamente previsto per dicembre 2026, slitta (forse) a maggio 2027, in coincidenza con il 50° anniversario della saga. Una mossa che suona tanto come “marketing salva-progetto”, più che come scelta creativa ponderata.

Eppure, dietro a questo rinvio, ci sono motivazioni ben più profonde. La regista scelta, Sharmeen Obaid-Chinoy – che sarebbe stata la prima donna a dirigere un film della saga – aveva generato un’ondata di entusiasmo e speranza. Una voce nuova, un punto di vista diverso, un’opportunità per raccontare la galassia da prospettive inedite. Ma la realtà produttiva ha presto riportato tutti con i piedi per terra. Le divergenze creative si sono fatte sentire, eccome. Damon Lindelof e Justin Britt-Gibson, inizialmente incaricati della sceneggiatura, hanno abbandonato il progetto. Steven Knight, papà di Peaky Blinders, era stato chiamato per salvare la situazione, ma la sua versione dello script non è mai decollata davvero. Anzi, Knight pare sia già impegnato altrove, e New Jedi Order è rimasto senza una direzione concreta.

E allora ci si chiede: questo film si farà mai? È una domanda più che legittima. La lista dei progetti annunciati da Lucasfilm e poi svaniti nel nulla è ormai lunga quanto l’elenco delle creature di Mos Eisley. Basti pensare al film di Patty Jenkins su Rogue Squadron, o a quello misterioso che avrebbe dovuto essere prodotto da Kevin Feige, il grande architetto del Marvel Cinematic Universe. Spariti. Puff. Come se non fossero mai esistiti.

Il rischio, ora, è che The New Jedi Order faccia la stessa fine. Certo, Daisy Ridley non ha mai fatto mistero del suo amore per il personaggio di Rey. Più volte ha dichiarato di voler esplorare nuovi lati della Jedi, affrontare nuove sfide, lavorare con team creativi diversi. Ma il tempo passa, le priorità cambiano, e se il progetto continua a rimanere fermo, la sua stella potrebbe spegnersi prima ancora di brillare.

E non è che le alternative manchino, anzi. James Mangold sta lavorando a un film che esplorerà le origini antiche dell’Ordine Jedi, qualcosa che potrebbe riscrivere completamente la mitologia della saga. Dave Filoni è all’opera su un film crossover che unirà le trame di The Mandalorian, Ahsoka e le altre serie Disney+. E poi c’è Starfighter, con quel mix di azione, piloti e nostalgia che potrebbe conquistare sia i fan vecchia scuola sia le nuove generazioni. Insomma, la concorrenza interna è forte.

E non è tutto: alcune voci parlano di una possibile nuova trilogia firmata da Simon Kinberg (già produttore di Rebels e co-sceneggiatore di X-Men: Giorni di un futuro passato), che potrebbe inglobare o addirittura sostituire lo spin-off su Rey. Se così fosse, il progetto originario perderebbe completamente la sua ragion d’essere. Una vera doccia fredda per chi sperava di vedere finalmente Rey alla guida di una nuova era per i Jedi.

Certo, non tutto è perduto. Qualche rumor afferma che il film sarà ambientato molti anni dopo gli eventi de L’Ascesa di Skywalker, e che vedremo Rey alle prese con la difficile missione di formare un nuovo Ordine Jedi, magari affrontando nemici inediti come i leggendari Yuuzhan Vong, i temuti villain dell’Universo Espanso. Sarebbe un’occasione d’oro per portare sullo schermo qualcosa di davvero nuovo, qualcosa che allarghi i confini della saga. Ma al momento è tutto fumo e niente spada laser.

In conclusione, Star Wars: The New Jedi Order resta uno dei progetti più misteriosi e instabili della galassia lontana lontana. Potrebbe rinascere e sorprenderci tutti. Oppure potrebbe svanire come tanti altri, lasciandoci con il solito sapore amaro in bocca. Una cosa è certa: l’amore per Star Wars è fatto di speranza, ma anche di tanta pazienza. E noi nerd, si sa, ne abbiamo da vendere. Almeno finché la Forza ce la farà sopportare.

E voi? Cosa ne pensate di questo eterno rinvio del film su Rey? Vorreste davvero vederla alla guida di un nuovo ordine Jedi o preferireste una svolta completamente nuova per il futuro del franchise? Parliamone nei commenti e condividete l’articolo sui vostri social per scatenare la discussione intergalattica!

La trilogia di Rian Johnson è (quasi) un ricordo: cosa resta del suo Star Wars dimenticato

Oh, ma davvero… com’è possibile? A volte mi sembra di vivere in un’illusione, un sogno a occhi aperti che si dissolve appena cerco di afferrarlo. Eppure era tutto lì, davanti ai nostri occhi, stampato a fuoco nella memoria dei fan: era il 2017 quando Lucasfilm, con un entusiasmo che sembrava quasi irrefrenabile, annunciava a gran voce che Rian Johnson avrebbe avuto carta bianca per realizzare una nuova trilogia di Star Wars. Una nuova trilogia! Non uno spin-off, non un sequel stanco e riciclato: qualcosa di completamente inedito, una nuova epopea galattica, slegata dagli Skywalker, dalle solite dinamiche, dai soliti volti. Era come se ci avessero promesso una nuova frontiera, un universo narrativo tutto da esplorare. E noi ci abbiamo creduto. Oh, se ci abbiamo creduto.

Per me, che ho sempre vissuto Star Wars come un’epopea mitica capace di rinnovarsi e spiazzare, quell’annuncio fu qualcosa di clamoroso. Una scossa nella Forza. Johnson, reduce dall’avventura titanica (e divisiva) de Gli Ultimi Jedi, era l’uomo giusto per osare. Aveva messo in discussione i dogmi, decostruito l’eroe, frantumato certezze. Lo aveva fatto con coraggio, incoscienza forse, ma anche con una voce potente e personale. Gli si dava ora la libertà di creare un suo angolo di galassia. Un sogno? Forse. Ma che sogno meraviglioso.

E invece… eccoci qui. A quasi dieci anni di distanza da quella promessa epocale, ci troviamo davanti a un brusco risveglio. In un’intervista a The Independent, Johnson stesso ha lasciato cadere, con dolcezza ma inesorabilità, la frase che nessuno voleva davvero sentire: “Mi sto concentrando su altre cose.” Ed eccolo lì, l’addio non detto. L’arrivederci che puzza tanto di mai più. E io, che avevo ancora un barlume di speranza, mi trovo a fissare le parole del regista come si guarda l’ultimo tramonto su Tatooine: con nostalgia e un senso profondo di perdita.

Sì, lo so. Non è colpa di nessuno. Johnson oggi è immerso fino al collo in un altro universo narrativo, fatto di misteri, investigazioni e colpi di scena eleganti. Da Knives Out a Glass Onion, fino alla serie Poker Face, ha trovato una sua voce precisa, un suo linguaggio, un suo pubblico. E va bene così. Ma non posso fare a meno di pensare a quello che avrebbe potuto essere. A quei nuovi pianeti, quelle nuove razze, quelle storie mai raccontate. A un Star Wars finalmente libero dalle catene della nostalgia, pronto a rinascere come una fenice di stelle.

E intanto, nel frattempo, Lucasfilm ha virato verso altri lidi. Ha ristrutturato la casa, ha cambiato arredamento, ha cercato nuovi architetti. Ha puntato forte sulle serie TV — e alcune, come Andor, sono state vere e proprie gemme — e ha rilanciato con nuovi progetti, nuovi nomi, nuovi volti. Non è certo rimasta ferma. Ma quella promessa fatta a Johnson? Quella visione alternativa? Dimenticata in un cassetto.

E qui, lo ammetto, fa male. Fa male perché Rian Johnson aveva il potenziale per essere il grande autore di una nuova era di Star Wars. Con lui avremmo potuto avere storie scomode, sorprendenti, profonde. Una galassia dove la Forza non è solo bianco o nero, dove i personaggi non rispondono agli archetipi classici, dove il mito si piega, si spezza, e rinasce più ricco di significato. Invece, tutto questo è rimasto sulla carta. Nelle intenzioni. E il tempo, come spesso accade in questa saga, ha agito da Signore dei Sith, mettendo tutto in pausa. O peggio: in archivio.

Eppure… eppure. Nonostante tutto, un piccolo punto luminoso continua a brillare, là, in un angolo remoto del cuore nerd. Perché se Star Wars ci ha insegnato qualcosa, è che nessuna storia è davvero finita finché c’è qualcuno pronto a raccontarla. Che ogni ritorno è possibile, che ogni scommessa può essere rilanciata. Magari non oggi. Magari non domani. Ma un giorno, quando le orbite si riallineeranno, chissà… potremmo vedere di nuovo il nome di Rian Johnson nei titoli d’apertura. E quella galassia lontana lontana potrebbe finalmente aprirsi su un nuovo, stupefacente orizzonte.

E voi? Ci credete ancora? Vi sarebbe piaciuto vedere questa trilogia prendere vita, o pensate che la saga abbia fatto bene a seguire altre rotte? Raccontatemelo nei commenti, e se anche voi sentite questo rimpianto vibrare come un’eco nella Forza, condividete l’articolo sui vostri social. La galassia di CorriereNerd.it è sempre pronta ad accogliere nuove speranze.

Fortnite e la Voce del Lato Oscuro: quando Darth Vader parla con l’IA scoppia la rivolta degli attori

Nel multiverso in continua espansione di Fortnite, ogni giorno sembra essere il palcoscenico di un nuovo evento epocale. Ma stavolta, non si tratta di una semplice skin, né di un crossover qualsiasi. Stavolta, Fortnite ha aperto un portale verso qualcosa di profondamente emozionante — e altrettanto inquietante: l’interazione vocale in tempo reale con Darth Vader. Non un doppiatore. Non una registrazione d’archivio. Ma proprio lui. Con la voce inconfondibile, profonda e autorevole di James Earl Jones. E sì, tutto questo è reso possibile dall’intelligenza artificiale.

Una trovata che sembra uscita direttamente da un episodio di Black Mirror, e che ha fatto scattare l’allarme tra gli attori di Hollywood. Il potente sindacato SAG-AFTRA ha infatti dichiarato guerra a Epic Games, accusando la compagnia di aver sostituito il lavoro umano con un’intelligenza artificiale, e di averlo fatto senza alcuna trattativa sindacale. Ma partiamo dall’inizio di questa storia al confine tra tecnologia, etica e mito cinematografico.

Il ritorno di una leggenda… digitale

Quando parliamo della voce di Darth Vader, non stiamo parlando solo di un’interpretazione iconica. Parliamo di un timbro che ha plasmato l’immaginario collettivo della fantascienza moderna. James Earl Jones è Vader. Lo è stato dal 1977 in poi, attraverso i film originali, i remake, le serie animate, fino a quella memorabile apparizione vocale in Obi-Wan Kenobi. La sua voce non recita: incute timore, fascino, rispetto. È diventata sinonimo di potere e autorità, una componente inscindibile del mito di Star Wars.

Prima della sua scomparsa nel 2022, all’età di 93 anni, Jones ha firmato un accordo con Disney e Lucasfilm per permettere la ricostruzione digitale della sua voce. Una sorta di testamento tecnologico, realizzato tramite Respeecher, sofisticato sistema di intelligenza artificiale capace di clonare fedelmente voci umane. L’idea era quella di conservare per sempre l’impronta sonora di un’icona, permettendo alle nuove generazioni di vivere l’esperienza di Darth Vader nella sua forma più autentica. Ma nessuno si aspettava che questa tecnologia sarebbe stata usata in Fortnite per far interagire Vader in tempo reale con i giocatori. E sì, lui risponde. Non con frasi pre-registrate, ma con parole generate sul momento, basate su domande poste dagli utenti. Come se stessimo chiacchierando davvero con il Signore Oscuro dei Sith.

Quando la Forza diventa algoritmo

Il risultato è qualcosa che lascia senza fiato. Immaginate di essere nel mezzo di una partita su Fortnite, mentre la tempesta si chiude e gli avversari si fanno sempre più vicini. E a un tratto, nella nebbia digitale del campo di battaglia, appare Darth Vader. Vi avvicinate, gli fate una domanda, e lui risponde. Con quella voce. Non un’imitazione, non una gag da TikTok. È lui. E anche se razionalmente sappiamo che si tratta di un software, l’effetto è ipnotico. Per chi è cresciuto con Star Wars nel cuore, è un piccolo miracolo nerd. Ma è anche un campanello d’allarme.

Quello che stiamo vedendo, infatti, non è solo un nuovo modo di vivere un personaggio. È un passaggio storico, quasi una rivoluzione silenziosa nel modo in cui concepiamo il lavoro degli attori, dei doppiatori, degli interpreti. Perché se oggi possiamo parlare con Vader, domani potremo dialogare con un’intera pletora di figure famose, vere o fittizie, grazie all’intelligenza artificiale. Ma cosa succede quando questa tecnologia comincia a sostituire il lavoro umano?

Il fronte sindacale si mobilita

Ed è qui che entra in scena il SAG-AFTRA, il potente sindacato degli attori americani, che da tempo si batte per regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale nel mondo dello spettacolo. La reazione all’iniziativa di Fortnite è stata immediata e decisa. Il sindacato ha accusato Epic Games, tramite la sua sussidiaria Llama Productions, di aver violato il contratto collettivo sostituendo doppiatori umani con una voce sintetica senza alcuna negoziazione. È stata formalizzata una denuncia al National Labor Relations Board per “pratiche lavorative scorrette”.

La posizione del sindacato è chiara: la tecnologia può essere uno strumento meraviglioso, ma non può essere usata per eludere diritti, compensi e tutele conquistate in decenni di battaglie sindacali. Anche perché dietro la voce di Vader ci sono stati, negli anni, artisti che ne hanno curato ogni sfumatura nei videogiochi, nei prodotti derivati, nei parchi a tema. Sostituirli senza coinvolgerli significa minare le fondamenta dell’intera industria.

L’eredità di Jones, tra etica e innovazione

Eppure, la vicenda è tutto fuorché bianca o nera. James Earl Jones ha espresso la volontà chiara di lasciare la sua voce in eredità. E la sua famiglia ha ribadito che quella firma è stata un gesto d’amore verso i fan, un modo per far vivere ancora il personaggio che ha contribuito a rendere immortale. L’intento non era certo quello di alimentare un dibattito sindacale, ma oggi, nell’ecosistema sempre più fluido dell’intrattenimento digitale, è inevitabile interrogarsi su dove stiamo andando.Cosa significa davvero “immortalare” una voce? Fino a che punto possiamo parlare di “eredità digitale” e non di sfruttamento? Chi decide se un’IA può recitare, parlare o interpretare un ruolo al posto di una persona in carne e ossa?

La nuova frontiera del gioco e della memoria

Nel frattempo, Fortnite continua a cavalcare l’onda dell’innovazione. L’inclusione di Vader come entità parlante segna un punto di svolta, un momento in cui il gioco non è più solo gioco, ma diventa palcoscenico culturale, arena filosofica e specchio del nostro tempo. Incontrare Darth Vader su un’isola digitale, chiedergli cosa pensa della Ribellione, e sentire quella risposta così familiare, è un’esperienza che confonde e commuove allo stesso tempo. È il trionfo dell’immaginario nerd, ma anche un banco di prova per l’etica dell’intelligenza artificiale.Questa non sarà certo l’ultima volta che vedremo una voce riportata in vita da una macchina. Ma ogni volta che accadrà, dovremo chiederci: è giusto? È rispettoso? È necessario?

La voce del futuro (e della responsabilità)

Siamo entrati in un’era in cui il confine tra tecnologia e creatività si fa sempre più sottile. E in cui ogni innovazione, per quanto affascinante, richiede nuove regole, nuove tutele, nuove consapevolezze. La voce di James Earl Jones in Fortnite è un omaggio potentissimo alla sua grandezza, ma anche un promemoria: l’umanità va tutelata, anche (e soprattutto) quando è digitalmente replicata.

E voi, cosa ne pensate di questa rivoluzione nel mondo del doppiaggio e dell’intelligenza artificiale? Vi affascina l’idea di parlare con i vostri personaggi preferiti grazie all’IA, o vi preoccupa l’impatto che potrebbe avere su artisti e creativi? Parliamone nei commenti qui sotto e condividete l’articolo sui vostri social: la Forza della discussione è potente in voi!

LEGO Star Wars: La Saga degli Skywalker è gratis su Epic Games Store — ecco perché dovreste scaricarlo subito (da veri Jedi del gaming)

Se siete fan di Star Wars, amate l’umorismo sfacciato dei mattoncini LEGO e vi emozionate ogni volta che sentite le note della marcia imperiale, allora oggi è il vostro giorno fortunato. LEGO Star Wars: La Saga degli Skywalker è disponibile gratuitamente su Epic Games Store, ma solo fino a oggi. Sì, proprio così: avete tempo fino alla mezzanotte per aggiungerlo alla vostra collezione digitale e partire all’avventura in una galassia lontana lontana… senza spendere un solo credit imperiale.

Ma non stiamo parlando di un gioco qualsiasi. LEGO Star Wars: La Saga degli Skywalker è il tributo definitivo alla saga cinematografica più amata dell’universo nerd, un’esperienza videoludica che mette insieme i nove episodi della saga Skywalker in un’unica, mastodontica avventura. Dimenticatevi la struttura lineare dei vecchi giochi LEGO: qui siamo di fronte a un titolo completamente ripensato, open world, esplorabile a piacimento, ricco di contenuti e con una comicità che riesce ancora a sorprendere anche chi conosce ogni battuta di Han Solo a memoria.

Sviluppato da TT Games in collaborazione con Lucasfilm Games e pubblicato da Warner Bros. Interactive Entertainment, questo titolo è una vera lettera d’amore per tutti gli appassionati di Star Wars, grandi e piccini. Disponibile su Xbox One, Nintendo Switch, PlayStation 4 e PC, il gioco brilla per quantità e varietà di contenuti: parliamo di oltre 300 personaggi giocabili, da Luke a Rey, passando per Obi-Wan, BB-8, Finn e naturalmente Darth Vader, Palpatine e Kylo Ren per chi preferisce flirtare con il lato oscuro.

Ma non finisce qui: più di 100 veicoli iconici sono a vostra disposizione per sfrecciare nei cieli di Tatooine, nei canyon di Geonosis o tra i resti della Morte Nera. Potrete pilotare il Millennium Falcon, sgusciare tra i caccia TIE con un Ala-X o partecipare alla mitica corsa degli sgusci, magari impersonando un giovane Anakin Skywalker ancora ignaro del suo futuro tragico.

Ogni pianeta – ben 23 in totale – è un parco giochi interattivo dove vivere missioni, collezionare mattoncini Kyber, sbloccare contenuti segreti e, ovviamente, ridere grazie alle gag tipiche dello stile LEGO. Dagobah, Naboo, Endor, Crait, Mustafar… ogni location è realizzata con una cura maniacale, che riesce a mescolare fedeltà visiva e libertà di esplorazione in modo sorprendente.

E non pensate che sia solo un titolo per bambini: La Saga degli Skywalker è costruita su più livelli di lettura, proprio come i migliori prodotti del mondo geek. Il gameplay è intuitivo, perfetto per sessioni familiari, ma è anche ricco di dettagli e riferimenti che faranno la gioia di ogni vero conoscitore della Forza. Dopotutto, lo ha detto Tom Stone, CEO di TT Games: «Volevamo offrire un’esperienza inedita in cui i fan potessero esplorare liberamente la galassia LEGO Star Wars». E non è solo marketing: questo è il titolo che celebra e reinventa due decenni di videogiochi LEGO, portando tutto a un livello superiore.

Anche Douglas Reilly di Lucasfilm Games ha sottolineato come questo gioco rappresenti una sorta di epilogo videoludico per la saga Skywalker, un modo per racchiudere in un unico pacchetto l’essenza stessa di Star Wars, con tutto il suo mix di epica, dramma familiare e battute nonsense (che con i LEGO funzionano sempre benissimo).

Infine, la ciliegina sulla torta: riscattando il gioco su Epic, avrete accesso anche al classico personaggio giocabile di Obi-Wan Kenobi, quello con la tunica marrone e la barba saggia, proprio come lo ricordiamo nei giorni della Repubblica. Un piccolo bonus che i collezionisti non possono lasciarsi sfuggire.

Insomma, se non lo avete ancora fatto, correte su Epic Games Store, cliccate sul pulsante “Ottieni” e iniziate la vostra avventura. Che decidiate di affrontare subito Darth Maul, di abbattere la Morte Nera o di rimettere in riga Kylo Ren, LEGO Star Wars: La Saga degli Skywalker è il modo perfetto per (ri)vivere la leggenda, mattoncino dopo mattoncino.

Che la Forza sia con voi… e anche la connessione Internet!

Vuoi il link diretto per riscattarlo su Epic Games Store?

“Revenge of the 5th”: un’alternativa per i Fan del Lato Oscuro di Star Wars

Se c’è una cosa che un fan di Star Wars sa bene, è che il 4 maggio non è solo una data sul calendario, ma un vero e proprio evento che ha segnato la cultura pop. Il tanto amato “May the 4th be with you“,  è un’occasione che unisce migliaia di appassionati del franchise in tutto il mondo. Ma lo sapevate che, per i seguaci del Lato Oscuro della Forza, c’è anche un’altra giornata altrettanto speciale? Parliamo di Revenge of the 5th o, per i più tradizionalisti, Revenge of the 6th.

Queste due celebrazioni, benché non siano così canoniche e universalmente riconosciute come il May the 4th, sono perfette per coloro che trovano fascino nella misteriosa e temibile figura del Sith, la setta oscura che ha reso indimenticabili tanti degli antagonisti più amati di Star Wars. La scelta del 5 o del 6 maggio varia a seconda delle tradizioni, ma entrambe le date sono usate per celebrare i malvagi della saga in modo più ironico e sarcastico rispetto alla sacralità che avvolge il 4 maggio.

Questi giorni rappresentano una sorta di “festività inversa”, dove i fan del Lato Oscuro si divertono a sbeffeggiare la pace e l’ordine dei Jedi, per abbracciare con passione quella che, ai loro occhi, è la vera forza dell’universo: la passione, il potere e la vendetta. Un modo per ricordare che non tutti i Sith sono necessariamente malvagi, ma sono sempre e comunque affascinanti nella loro complessità.

I Sith: I Signori Oscuri della Galassia

Nel cuore della saga di Star Wars, i Sith non sono semplicemente dei cattivi, ma una vera e propria filosofia, una setta di esseri sensibili alla Forza che ha scelto di abbracciare il Lato Oscuro, rifiutando la pace e la serenità dei Jedi. Originariamente, il termine “Sith” si riferiva a una specie nativa del pianeta Korriban, una razza di potenti individui che fu successivamente conquistata dai Jedi oscuri, esiliati dalla Repubblica Galattica. Questi Jedi, corrottisi nel corso dei secoli, fondarono l’Ordine Sith, che attraverso una lunga e travagliata storia si affermò come uno dei principali antagonisti nell’universo narrativo di Star Wars.

Nel corso dei secoli, la cultura Sith ha preso piede in numerosi imperi e ordini militari, alcuni dei quali non appartenevano direttamente all’Ordine Sith, ma che comunque diffondevano e perpetuavano i principi del Lato Oscuro. Per i Sith, la Forza non è un semplice strumento da utilizzare, ma una risorsa potente che, attraverso la passione e l’ambizione, permette di raggiungere il potere assoluto.

E chi meglio di Darth Vader, Palpatine, Darth Maul o il Conte Dooku potrebbe incarnare l’essenza di questo ordine oscuro? L’influenza dei Sith è stata talmente profonda che anche i loro leggendari protagonisti sono riusciti a lasciare un’impronta indelebile non solo nell’universo di Star Wars, ma anche nella cultura popolare. Ma come sono riusciti questi nemici giurati dei Jedi a conquistare il cuore dei fan?

“La Pace è solo una menzogna, c’è solo la Passione.
Attraverso la Passione, Io acquisto Forza.
Attraverso la Forza, Io acquisto Potere.
Attraverso il Potere, Io acquisto la Vittoria.
Attraverso la vittoria, Io spezzo le mie catene.
La Forza mi renderà libero.”

Il Codice Sith

Questa è la sacra scrittura del Codice Sith, un testo che racchiude i principi fondamentali che guidano l’Ordine. Il Codice Sith è l’antitesi del Codice Jedi, che predica la calma e la pace come virtù essenziali per l’uso della Forza. Per i Sith, invece, la Forza è alimentata dalle emozioni, dalla passione, e dalla continua ricerca di potere. È proprio attraverso il dominio delle proprie emozioni che un Sith riesce a ottenere forza, potere, e, infine, la libertà che tanto brama. Un Sith non è mai schiavo delle sue emozioni, ma le usa come motore di cambiamento.

La frase iniziale del Codice Jedi recita: “Non ci sono emozioni, c’è solo pace.” Al contrario, il Codice Sith inizia con un chiaro invito a abbracciare le emozioni come una forza primordiale, che deve essere sfruttata per ottenere la vittoria. La passione, dunque, diventa la chiave per spezzare le catene della moralità, per vivere liberi dalla sottomissione e per raggiungere un nuovo ordine superiore.

Revenge of the 5th e 6th: Il Lato Oscuro Vive e Rende Libero

Per i fan del Lato Oscuro, “Revenge of the 5th” (o “Revenge of the 6th”, se preferite), è il momento ideale per celebrare l’incredibile complessità di questi personaggi e della filosofia che li anima. Lontano dall’immagine del cattivo stereotipato, i Sith rappresentano una visione del mondo che, pur nella sua crudeltà e ambizione, riesce a catturare l’attenzione con la sua potenza emotiva e la sua libertà dalle convenzioni. La loro storia è fatta di tradimenti, guerre e, inevitabilmente, di lotte per il potere, ma è anche una storia di passione e di desiderio di autodeterminazione.

In definitiva, non importa se celebrerete il 4 maggio con il vostro “May the 4th be with you” o se preferirete unirvi alla schiera dei Sith e dare il benvenuto al Revenge of the 5th. Quello che conta è che, in entrambi i casi, Star Wars continua a vivere nel cuore dei suoi appassionati. E che sia attraverso la luce dei Jedi o l’oscurità dei Sith, la Forza è sempre con noi.

La vera domanda, però, è: quale lato della Forza sceglierete di abbracciare?

Star Wars Day: Cosa significa “May the 4th be with You”?

Ogni anno, il 4 maggio, si celebra uno degli appuntamenti più attesi da milioni di fan: lo Star Wars Day, un’intera giornata dedicata alla saga stellare creata da George Lucas. La scelta del giorno non è casuale e ha origini curiose: in inglese, infatti, “May the Fourth” (quattro maggio) richiama il famoso motto Jedi “May the Force be with you” (che la Forza sia con te). La celebrazione nacque come evento spontaneo e ironico, eppure oggi lo Star Wars Day è un fenomeno mondiale riconosciuto ufficialmente, con eventi organizzati in tutto il globo.

L’idea di celebrare il 4 maggio iniziò quando, nel 1979, una pagina del London Evening News riportò la frase “May the Fourth Be With You, Maggie!” come augurio alla neo-primo ministro britannica Margaret Thatcher. Da quell’episodio nacque un gioco di parole che i fan adottarono rapidamente, specialmente negli Stati Uniti, dove già il 4 luglio la saga veniva celebrata. Negli anni successivi, l’idea si radicò fino a trasformarsi in una vera tradizione annuale. Un episodio particolare contribuì poi a rafforzare questa connessione: durante un’intervista su un canale televisivo tedesco nel 2005, un interprete tradusse erroneamente il celebre motto Jedi con “Am 4. Mai sind wir bei Ihnen” (Il 4 maggio saremo con te). Anche se fu un errore, l’episodio divenne popolare e contribuì alla diffusione della data associata alla saga.

Il primo Star Wars Day ufficiale ebbe luogo nel 2011 a Toronto. Al Toronto Underground Cinema si tenne una celebrazione che includeva un trivia show sulla trilogia originale, un contest di cosplay con celebrità come giudici, e la proiezione di fan art, mash-up e parodie ispirate alla galassia lontana lontana. L’evento ebbe un successo tale che l’anno seguente fu replicato, con ancor più partecipanti e una partecipazione di pubblico da tutte le età e background.

Quando la Lucasfilm venne acquisita da Disney, lo Star Wars Day acquisì una rilevanza sempre maggiore, consolidandosi come una festività internazionale. La Disney ha infatti abbracciato pienamente lo spirito della celebrazione, organizzando eventi in tutto il mondo con la partecipazione delle legioni ufficiali di fan come la 501st Legion e Rebel Legion. Grazie a questi fan club, che raccolgono appassionati di ogni età, il 4 maggio si trasforma in un’esperienza unica per i partecipanti, che si immergono completamente nell’universo di Star Wars tra costumi, giochi, proiezioni e attività.

Ma come festeggiare al meglio lo Star Wars Day? In primo luogo, una maratona dei film è quasi d’obbligo: che si tratti di una visione dall’episodio I o IX, o magari di uno degli spin-off come il bellissimo Rogue One, è il momento perfetto per immergersi di nuovo nella storia. Molti scelgono anche di vedere le serie animate e live-action, come The Clone Wars, Rebels, The Mandalorian o il nuovo Skeleton Crew, che hanno ampliato l’universo e introdotto nuove storie e personaggi amatissimi.

Un altro modo per entrare nello spirito della giornata è indossare un costume o un abbigliamento a tema Star Wars, organizzando una festa in famiglia o con amici. Chiunque può trasformarsi in un Jedi, un Sith o perfino in un droidico BB-8, e se avete un animale domestico, perché non vestirlo da piccola principessa Leia o da saggio Maestro Yoda? Anche il cibo non può mancare: le ricette a tema Star Wars sono molte, dai biscotti a forma di Millenium Falcon ai pancake decorati con la maschera di Darth Vader.

Per chi ha uno spirito artistico, il 4 maggio è l’occasione perfetta per dedicarsi alla creazione di oggetti a tema, come figure di carta, decorazioni per la casa o addirittura tatuaggi ispirati all’iconografia della saga. E se vi trovate vicino a uno dei grandi parchi a tema Disney, una visita a Disneyland può coronare il tutto, offrendovi l’opportunità di provare attrazioni come il Galaxy’s Edge, dove è possibile entrare fisicamente nel mondo di Star Wars, guidare il Millennium Falcon e persino costruire una spada laser personalizzata.

Se non avete ancora introdotto i vostri cari a questo universo, il 4 maggio è l’occasione perfetta per farlo. Coinvolgere amici e parenti in una maratona o in una sessione di giochi a tema Star Wars può essere l’inizio di una nuova passione da condividere. Inoltre, è sempre un buon giorno per essere un Jedi anche nella vita quotidiana: potete decidere di donare giocattoli o collezionabili a tema Star Wars, offrendo così un sorriso a chi ne ha bisogno.

Insomma, lo Star Wars Day non è solo un giorno come tanti. È una celebrazione che va oltre i film, i fumetti e le serie, perché rappresenta un modo per ritrovarsi in una comunità globale che condivide l’amore per una storia che ha influenzato il nostro immaginario collettivo. Che la Forza sia sempre con voi, e ricordate: il 4 maggio è la giornata ideale per lasciarvi trasportare da una galassia lontana, lontana…

Happy 501st Legion Day: celebriamo Vader’s Fist, il manipolo militare più iconico dell’universo Star Wars

C’è una data che ogni fan di Star Wars dovrebbe cerchiare in rosso nel proprio calendario: il 1° maggio, scritto nella forma anglosassone 5-01, è il giorno dedicato alla leggendaria 501st Legion. Non una semplice ricorrenza per appassionati in costume, ma una vera e propria celebrazione del club di costuming imperiale più grande del pianeta. Sì, perché la 501st è molto più di un gruppo di cosplayer: è un simbolo, un movimento globale, un pezzo vivo e pulsante della mitologia di Star Wars. E oggi, il mondo nerd si inchina con rispetto davanti a questa legione di sogno e impegno, che nel 2022 ha celebrato il suo venticinquesimo anniversario.

Fondata nel 1997 da Albin Johnson, un giovane della Carolina del Sud con un sogno grande quanto la Morte Nera, la 501st Legion è nata con l’obiettivo semplice – ma potentissimo – di unire i fan dei costumi dell’Impero sotto un’unica bandiera. Non bastava essere appassionati: bisognava incarnare, con rigore e passione, lo spirito dell’Impero Galattico, armature comprese. E da quell’idea, sbocciata online sul sito Detention Block 2551, si è generato un impero del fandom che conta oggi oltre 10.000 membri attivi in tutto il mondo, divisi in “guarnigioni” (o garrison) locali, presenti in più di 50 paesi.

Dietro le maschere, un cuore grande così

Non bisogna farsi ingannare dalle armature bianche scintillanti e dall’incedere marziale: la 501st non è solo spettacolo, è anche missione sociale. I membri della Legione non si limitano a sfilare ai Comic-Con o a presidiare eventi ufficiali Disney – anche se fanno pure quello, con la benedizione di Lucasfilm stessa. Il cuore dell’organizzazione batte forte per la beneficenza. Dagli ospedali pediatrici alle raccolte fondi, passando per visite speciali a bambini malati o eventi dedicati a cause umanitarie, la 501st utilizza la magia di Star Wars per portare luce dove c’è buio, proprio come farebbe un Jedi… ma con l’elmo di uno stormtrooper.

Nel solo 2013, le attività della 501st hanno raccolto oltre 16 milioni di dollari. E tutto questo nasce da una dedizione assoluta: i costumi non sono semplici travestimenti, ma repliche fedelissime, spesso costruite artigianalmente, secondo standard rigorosissimi. È questo livello di accuratezza e passione che ha permesso alla Legione di ottenere lo status ufficiale di gruppo approvato da Lucasfilm, l’unico del suo genere.

Quando la finzione diventa canon

Il riconoscimento più epico? Quello entrato nella timeline ufficiale. Già nel 2004, Timothy Zahn, autore culto dell’Universo Espanso, ha omaggiato la Legione nel suo romanzo Survivor’s Quest, inserendo una unità chiamata proprio 501st Legion. Ma è nel 2005, con La Vendetta dei Sith, che la realtà e la finzione si fondono definitivamente: la legione di cloni che segue Darth Vader nel massacro del Tempio Jedi è la 501. E non finisce qui: anche in The Force Awakens si può scorgere il logo della Legione nel castello di Maz Kanata, e il droide rosa R2-KT, dedicato alla figlia scomparsa di Johnson, ha fatto il suo debutto ufficiale nella saga.

La storia di Katie e il cuore dietro l’armatura

Sì, perché dietro l’epopea della 501st c’è una storia commovente. Nel 2004, alla figlia di Albin, la piccola Katie, venne diagnosticato un tumore cerebrale terminale. Il suo ultimo desiderio? Avere accanto un droide come R2-D2. E così nacque R2-KT, il droide rosa che è diventato ambasciatore di speranza e mascotte della Legione. Dopo la morte di Katie, R2-KT è diventato simbolo di amore e resistenza, viaggiando in lungo e in largo per missioni benefiche. E infine, come in una favola galattica, è entrato nel cast di The Force Awakens e in diversi episodi delle serie animate.

Una fratellanza galattica

Secondo Johnson, la 501st non è solo un club: è una famiglia, un esercito di anime gemelle che condividono un’identità, una visione, una missione. “Volevamo creare qualcosa con un senso di cameratismo”, racconta. “Indossare un’armatura è un’emozione, ma farlo con altre trenta persone è un’esperienza unica”. Ecco perché la struttura della Legione richiama quella imperiale: con gradi, gerarchie, e Garrison locali che operano autonomamente ma unite sotto un’unica visione globale.

In Italia, a portare avanti la missione di Vader’s Fist è la 501st Italica Garrison, che coordina eventi, raduni e missioni benefiche nel nostro Paese con la stessa dedizione imperiale. Ogni evento è una celebrazione della saga di George Lucas, una dichiarazione d’amore verso un universo narrativo che ha segnato generazioni.

Una leggenda che non si ferma

Oggi, a distanza di quasi trent’anni dalla sua nascita, la 501st Legion è più attiva che mai. Johnson non si è mai fermato. Ancora oggi, risponde alle mail dei fan, coordina attività, fornisce supporto tecnico a chi vuole costruire il proprio costume. Possiede tre armature da stormtrooper e un set completo da Boba Fett, e non ha alcuna intenzione di “andare in pensione”.

Durante la celebrazione del 20° anniversario a Orlando, circondato da centinaia di membri in uniforme, Johnson ha espresso la sua gioia con queste parole: “Festeggiare è una delle espressioni più pure dell’obiettivo originale che avevo in mente, circondato da persone speciali che condividono questa energia positiva”.

Lunga vita alla Fist

In un’epoca in cui i fandom spesso si dividono, la 501st Legion è un esempio luminoso di come l’amore per un franchise possa unire, ispirare e fare del bene. Non importa da dove vieni, quanti crediti hai nel portafoglio o che lingua parli: se porti nel cuore la passione per Star Wars, e sei pronto a incarnarla con disciplina e dedizione, c’è un posto per te tra le fila della Legione.

E oggi, 1 maggio, è il giorno giusto per alzare il blaster al cielo e dire con orgoglio: lunga vita alla 501st! Lunga vita a Vader’s Fist!

Il Futuro di Kathleen Kennedy alla Lucasfilm: Tra Successi e cantonate stellari

“Non mi ritirerò mai dal cinema. Morirò facendo film.”

Quando ho letto queste parole di Kathleen Kennedy, non ho potuto fare a meno di provare un brivido. Non solo per la loro potenza, ma per il coraggio e la determinazione che trasmettono. Da donna, da fan, da amante di Star Wars, sento il bisogno di difendere e, al contempo, comprendere una figura così discussa, così centrale eppure tanto fraintesa.

Kathleen Kennedy non è solo una produttrice. È un pilastro, una forza creativa che ha segnato la mia vita più di quanto avrei mai potuto immaginare. Quando da bambina sognavo a occhi aperti guardando le astronavi sfrecciare nel cielo di Tatooine o immaginavo me stessa combattere con una spada laser, non sapevo ancora che dietro quelle storie c’era anche il lavoro instancabile di una donna come lei. E ora che sono adulta, ora che ho capito quanto sia raro vedere donne in ruoli di leadership nell’industria cinematografica – e ancor più nel genere fantascientifico – la sua figura mi appare ancora più luminosa.

È vero, il fandom è diviso. Lo è sempre stato. Ma essere divisi non significa essere ciechi. È facile salire sul carro delle critiche, accusare Kennedy di ogni difetto narrativo, di ogni fallimento commerciale, di ogni virgola fuori posto. Ma quanto è difficile, invece, riconoscere ciò che ha fatto di straordinario?

Ha raccolto l’eredità di George Lucas, un compito che avrebbe fatto tremare le mani anche al più esperto dei produttori. E lo ha fatto con una visione ben chiara: portare Star Wars in una nuova era, aprendolo a un pubblico più ampio, più giovane, più diverso. Ha avuto il coraggio di osare, di raccontare storie nuove, di inserire voci femminili forti – da Rey a Jyn Erso, da Ahsoka a Hera Syndulla. Sono personaggi che hanno parlato a me, e a tante altre come me. Non perfetti, certo, ma veri, fragili, determinati.

Sotto la sua guida sono nati capolavori come Rogue One, che considero uno dei film più intensi e maturi dell’intera saga, e serie come The Mandalorian o Andor, che hanno ridefinito lo storytelling televisivo nel contesto di Star Wars. Certo, ci sono state anche ombre: The Rise of Skywalker mi ha lasciata confusa, The Book of Boba Fett è stato altalenante, e Obi-Wan Kenobi mi ha spezzato il cuore per quello che poteva essere e non è stato. Ma chi osa non sbaglia mai?

E ora, mentre si rincorrono le voci di un suo imminente addio, mentre giornalisti e insider si affannano a predire la data esatta della sua uscita, io mi fermo a riflettere: cosa stiamo davvero perdendo, se davvero Kathleen Kennedy dovesse lasciare la guida della Lucasfilm? Perché per me non è solo una questione di leadership. È una questione di identità.

Kennedy rappresenta una visione in cui credo: quella di un cinema aperto, inclusivo, in continua evoluzione. Se davvero passerà il testimone, spero che lo faccia in modo consapevole, accompagnando la nuova generazione e lasciando una traccia indelebile nel cuore del franchise. Forse Dave Filoni, con la sua anima da fan e narratore, sarà all’altezza. Forse Carrie Beck porterà nuova sensibilità. Forse Kevin Feige aprirà un crossover di idee e mondi. Ma nessuno, davvero nessuno, potrà essere Kathleen Kennedy.

Perché io non dimenticherò mai che è stata una donna a prendere in mano la galassia più amata della storia e a farla brillare di una nuova luce. Che ha saputo dire “no” quando tutti volevano il “sì” facile, che ha saputo resistere all’odio online, agli insulti, ai paragoni, ai pregiudizi. E che, con ogni decisione, giusta o sbagliata che fosse, ha messo il cuore.

In fondo, non è forse questo lo spirito della Forza? Non arrendersi, credere nel bene, rialzarsi anche dopo la caduta. Forse Kathleen Kennedy non è un Jedi. Ma per me, resterà sempre una Maestra.

Il ritorno della Vecchia Repubblica? Un nuovo progetto Star Wars potrebbe riportarci ai fasti di KOTOR

Cari Jedi e contrabbandieri della galassia nerd, affilate le vostre spade laser e sintonizzatevi con la Forza, perché c’è una nuova voce che aleggia come un sussurro tra i corridoi dei templi Jedi e le rovine dei bastioni Sith: Lucasfilm starebbe lavorando a una nuova serie ambientata nell’epoca della Vecchia Repubblica. E stavolta non parliamo solo di rumors da cantina su Tatooine. C’è del concreto nell’aria… o almeno, abbastanza da farci sognare come giovani Padawan davanti al loro primo olotempio. L’annuncio, arrivato dopo lo Star Wars Celebration in Giappone (sì, avete letto bene: dopo, come colpo di scena finale di uno di quegli episodi che ti fanno saltare sul divano), è stato rivelato da Deadline. Una nuova serie TV targata Star Wars è in fase di sviluppo, firmata dalla coppia padre-figlio Carlton e Nick Cuse. Il primo lo conosciamo bene per Lost e Locke & Key, il secondo ha lavorato a perle come Station Eleven e Watchmen. Insomma, due penne affilate, visionarie, capaci di creare mondi complessi e stratificati… e ora stanno per mettere mano a una galassia lontana lontana.

Ma cosa c’entra Star Wars: Knights of the Old Republic?

Se siete tra quelli che hanno versato lacrime pixelate davanti alla rivelazione dell’identità di Darth Revan, allora sapete già dove voglio andare a parare. Quattro mesi fa, Daniel Richtman, noto insider del settore, aveva sganciato una vera bomba: Lucasfilm starebbe lavorando a un progetto ambientato nell’era della Vecchia Repubblica. Nessun dettaglio concreto, ovviamente – in perfetto stile Sith – ma abbastanza per far tremare il cuore di chi, come me, considera Star Wars: Knights of the Old Republic uno dei vertici assoluti del lore starwarsiano. Parliamo di un gioco che ha definito un’epoca, uscito nel 2003 per mano dei geni di BioWare. Un RPG capolavoro che ci ha permesso di esplorare una galassia spaccata in due: da un lato la Repubblica Galattica, dall’altro l’Impero Sith, con Darth Malak a seminare caos e distruzione. Ma la vera bomba arriva quando il nostro personaggio scopre di essere… Darth Revan, l’ex Signore Oscuro dei Sith con la memoria cancellata. Una trama da togliere il fiato, una narrativa matura, morale ambigua e scelte che determinavano il destino non solo del protagonista, ma dell’intera galassia.

Un amore che non si dimentica

Per molti fan – inclusa la sottoscritta – KOTOR non è solo un videogioco: è un ricordo scolpito nel cuore. Bastila Shan, con la sua tensione interiore tra dovere e sentimenti. Il sarcastico HK-47, droide assassino con la parlantina più letale della galassia. Carth Onasi, il soldato tormentato dal passato. Ogni personaggio era vivo, reale, pieno di sfumature. E l’idea di vederli prendere vita in una serie TV, magari con effetti speciali degni di un superproduzione Disney+, è roba da far tremare le midichlorian.

E non siamo soli. Anche Leslye Headland, creatrice di The Acolyte, ha dichiarato il suo amore per KOTOR, parlando con entusiasmo della figura enigmatica di Kreia (protagonista del secondo capitolo del gioco). Kreia è forse uno dei personaggi più affascinanti e sfaccettati dell’intero universo Star Wars, e un suo adattamento live-action potrebbe essere il The Last Jedi che avremmo voluto: filosofico, oscuro, rivoluzionario.

Quando le hanno chiesto se avrebbe inserito Revan in The Acolyte, ha risposto con un sorriso: “Iniziate a scrivere e-mail! Fate partire il crowdfunding!”. Che sia una battuta o un invito mascherato alla mobilitazione nerd?

Un sogno che diventa realtà… o l’ennesima illusione?

Ora, mettiamo i piedi per terra (almeno per un attimo): una serie in sviluppo non è una serie confermata. La storia recente ci ha insegnato a non fidarci troppo. Vi ricordate di Rogue Squadron di Patty Jenkins? O della trilogia mai nata di Benioff & Weiss? E la serie su Lando? Per non parlare dello show animato su Droids, evaporato come un Jedi su Mustafar.

Eppure, questa volta c’è qualcosa che profuma di possibile. Carlton e Nick Cuse sono due nomi forti, e il fatto che si siano uniti per lavorare insieme a una serie Star Wars suggerisce qualcosa di ambizioso. Qualcosa che, magari, possa permettere a Lucasfilm di espandere il canone verso territori ancora inesplorati dal live-action.

Vecchia Repubblica, nuova speranza

La Vecchia Repubblica è una delle epoche più ricche e affascinanti di tutto il mito di Star Wars. Guerre millenarie tra Jedi e Sith, ordini mistici, tradimenti epici, amori proibiti, conflitti interiori. È una tela perfetta per narrazioni mature, etiche, che mettano in discussione ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Non più solo “Luce contro Oscurità”, ma il grigio, quello vero. Quello che fa riflettere.

Se questa nuova serie dovesse davvero prendere ispirazione da KOTOR, potremmo trovarci davanti a un capolavoro. Certo, resta da capire se sarà un adattamento diretto o una storia originale ambientata nello stesso periodo. Il canone ufficiale è ancora avaro di dettagli su Revan, Malak e compagnia bella. Ma magari, proprio questa serie potrebbe essere il veicolo perfetto per (ri)canonizzare un’epoca che i fan continuano ad amare alla follia.

Insomma, la Forza si è risvegliata… di nuovo. E stavolta potrebbe portarci molto più lontano di quanto immaginiamo.

Star Wars: Visions 3 – ritona la serie antologica nella Galassia lontana lontana

Star Wars: Visions è uno di quei progetti che, sin dalla sua prima apparizione nel 2021, ha avuto il coraggio di osare. Un’antologia animata che ha sfidato le regole della narrazione canonica per esplorare l’universo di Guerre stellari da prospettive completamente nuove, artistiche, intime e profondamente emozionali. E ora, con l’annuncio della terza stagione in arrivo nel 2025 su Disney+, il mio cuore di fan vibra ancora una volta all’unisono con la Forza. La notizia più recente che ha scatenato la mia curiosità è la diffusione della primissima immagine ufficiale tratta da uno degli episodi inediti, intitolato semplicemente Black. Una visione psichedelica e viscerale, diretta da Shinya Ohira, già presentata in anteprima durante l’Annecy Festival. L’immagine, che potete trovare in fondo all’articolo, è un caleidoscopio visivo che promette di essere solo l’inizio di un viaggio interiore e visionario. Il protagonista? Uno Stormtrooper. Ma non uno qualunque: un soldato imperiale al limite della sconfitta, tormentato, dilaniato da un conflitto interiore che sembra trascendere il tempo e lo spazio. Secondo la descrizione ufficiale, ci aspetta una battaglia tra passato e presente, luce e oscurità, vita e morte. Sembra quasi una danza lisergica della coscienza, dove la mente del personaggio si fonde con l’estetica esplosiva dell’animazione giapponese.

Ed è proprio questa fusione tra cultura giapponese e mito occidentale che continua a rendere Visions qualcosa di unico. Il progetto nasce dalla volontà di Lucasfilm di lasciare totale libertà creativa a diversi studi d’animazione, molti dei quali già celebri per capolavori come Haikyu!!, Delicious in Dungeon, Evangelion 3.0+1.0, Attack on Titan. E anche questa volta, per la terza stagione, torneranno a prestare la loro arte studi come Production I.G, Kamikaze Douga, WIT Studio, TRIGGER, e molti altri. Il risultato sarà, come sempre, un mosaico eterogeneo di stili, atmosfere e poetiche diverse, tutte però radicate in quell’universo così familiare e amato.

Durante l’ultima Star Wars Celebration in Giappone, Lucasfilm ha finalmente confermato che Visions tornerà con nuovi episodi su Disney+ il 29 ottobre. Ma non è finita qui. Tra le sorprese più entusiasmanti per chi, come me, si era già affezionata a certi personaggi apparsi nei primi corti, ci sarà il ritorno di alcuni racconti in forma di sequel. The Duel: Payback e The Lost Ones riprenderanno le fila narrative lasciate aperte in The Village Bride. E poi, la notizia che mi ha fatto letteralmente sobbalzare sul divano: The Ninth Jedi avrà una vera e propria serie spin-off.

Ricordo ancora perfettamente la sensazione che mi lasciò l’episodio The Ninth Jedi: poetico, profondo, quasi mitologico. Kara, la giovane figlia di un fabbro di spade laser, era una protagonista straordinaria. In quel mondo, il colore della lama era determinato dalle emozioni dell’utilizzatore, una trovata narrativa potente, capace di dare nuova vita alla simbologia del cristallo Kyber. L’episodio era firmato da Kenji Kamiyama, che ha annunciato con emozione la nuova serie Star Wars: Visions Presents – The Ninth Jedi, ringraziando i fan per l’affetto dimostrato verso i personaggi di Kara e del Maestro Jedi Juro. La loro storia proseguirà nel corto Child of Hope, che farà da ponte verso la nuova serie in arrivo nel 2026.

Pensare a come Visions abbia evoluto il linguaggio di Star Wars mi fa riflettere sul potere delle storie raccontate attraverso le lenti della diversità culturale. È come se la saga si fosse specchiata nel cuore dell’animazione giapponese, ritrovando se stessa in una forma più pura, più onirica. Ogni corto è un piccolo haiku galattico, un’esplorazione di ciò che significa davvero essere Jedi, Sith, o semplicemente esseri umani.

Ecco perché non vedo l’ora che arrivi il 2025. Perché Visions non è solo intrattenimento: è un’esperienza, un atto d’amore per Star Wars e per l’arte dell’animazione. Una dichiarazione di libertà creativa che, nel suo piccolo, riesce ancora a farci sognare tra le stelle.

La quarta stagione di The Mandalorian non s’ha da fare

C’è una frase che riecheggia nei corridoi di ogni nerd innamorato di Star Wars in questi giorni, come un fulmine a ciel sereno: “La quarta stagione di The Mandalorian non s’ha da fare.” Non adesso, perlomeno. E la notizia brucia come un colpo di blaster ben assestato. Dalla prima volta che abbiamo visto Din Djarin calcare i deserti di Arvala-7 nel novembre del 2019, qualcosa si è acceso nei cuori dei fan. Quella scintilla che solo Star Wars sa riaccendere, un misto di nostalgia e meraviglia per qualcosa di familiare ma anche nuovo. The Mandalorian, creato da Jon Favreau e prodotto da Lucasfilm, è stato un fulmine a ciel sereno in un franchise che sembrava aver smarrito la bussola. Un ritorno all’essenza della space opera, ma con un cuore pulsante sotto l’armatura: Grogu, o per i più affezionati, “Baby Yoda”.

La prima stagione fu un successo clamoroso, tanto da ottenere anche una nomination ai Primetime Emmy Awards, e la seconda non ha fatto altro che consolidare questo amore. Poi è arrivata la terza, con alti e bassi, ma comunque capace di mantenere viva la fiamma. E adesso? Ci aspettavamo, con la stessa trepidazione di un giovane padawan in attesa della sua prima missione, una quarta stagione. E invece… il vuoto. O meglio, una pausa indefinita.

Durante la Star Wars Celebration 2025, che si sta tenendo in Giappone — un evento che ogni anno dovrebbe essere un tripudio di entusiasmo — abbiamo ricevuto la notizia che nessuno voleva sentire. Intervistato da ComicBook, Jon Favreau ha risposto con un diplomatico ma gelido: “Non posso dirlo con certezza al momento”, riferendosi al futuro della serie. Il focus, ha spiegato, è tutto sul film The Mandalorian & Grogu, in uscita il 20 Maggio 2026.

Ora, non fraintendetemi. L’idea di vedere Din Djarin e Grogu sul grande schermo è un sogno che si avvera. Un progetto cinematografico con questi personaggi potrebbe regalare momenti epici e visivamente straordinari. Ma qui parliamo di qualcosa di diverso: parliamo della delusione di non poter più esplorare, episodio dopo episodio, le sfumature di una narrazione lunga, paziente, costruita con lenti accenti da western galattico. Il formato episodico di The Mandalorian ha permesso una narrazione stratificata, fatta di silenzi, di incontri fugaci, di piccole missioni che compongono un mosaico più grande. Il cinema ha altri tempi, altre logiche.

E poi c’è un dettaglio che pesa come il casco di un mandaloriano: Brendan Wayne, la controfigura storica di Pedro Pascal, ha confermato che le riprese del film inizieranno a giugno e ha messo la pietra tombale, almeno per ora, sulla possibilità di una quarta stagione. Le sceneggiature che Favreau aveva scritto per una potenziale season 4 sembrano essere state riconvertite nel film. Un progetto sicuramente ambizioso, pieno di passione e rispetto per l’universo creato da George Lucas, ma che ci priva comunque di quella ritualità che avevamo imparato ad amare su Disney+.

Lucasfilm, nel frattempo, sembra puntare tutte le sue forze sul grande schermo. Dopo anni di esperimenti e spin-off televisivi, il franchise si prepara a tornare al cinema con decisione, e The Mandalorian & Grogu sarà la punta di diamante di questa nuova era. È comprensibile. Ma è anche un po’ come quando un tuo amico ti dice che non potete più vedervi tutte le settimane per la vostra serata fissa, però ti invita a un concerto ogni due anni. Bello, eh. Ma non è la stessa cosa.

Dunque, appassionati della galassia lontana, lontana, appuntatevi la data: 20 Maggio 2026. Mandalorian & Grogu sarà l’occasione per riabbracciare i nostri eroi, ma sarà anche un momento agrodolce. Perché dietro l’hype per il film si nasconde un piccolo lutto nerd, quello per una serie che — almeno per ora — ha chiuso il suo arco narrativo. Senza un finale vero, senza una quarta stagione che tiri le fila di tutto ciò che abbiamo vissuto finora.

Ma come sempre accade in Star Wars, la speranza è l’ultima a morire. Forse, un giorno, Favreau tornerà su quei set polverosi, ci racconterà un’altra storia, e la stagione 4 vedrà finalmente la luce. Fino ad allora, vivremo di trailer, di teaser, di foto rubate dal set. E aspetteremo. Perché noi fan, alla fine, siamo sempre pronti ad aspettare. Con le spade laser accese nel cuore.

Che la Forza sia con noi. Sempre.