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La leggendaria avventura di Indiana Jones nei Parchi a Tema Disney

Indiana Jones, l’iconico archeologo e avventuriero creato da George Lucas, è una delle figure più amate e riconoscibili nella cultura popolare. La sua avventura cinematografica non si è limitata ai film, ai fumetti e ai videogiochi, ma ha trovato una nuova dimensione grazie alla collaborazione tra Lucasfilm e Disneyland, che ha portato il personaggio in quattro attrazioni tematiche nei parchi Disney sparsi per il mondo. Queste esperienze hanno permesso ai visitatori di vivere, in modo interattivo, l’emozione dei film, spingendo i confini tra il grande schermo e il mondo dei parchi a tema.

La prima di queste esperienze fu l’Indiana Jones Epic Stunt Spectacular!, che debuttò nel 1989 a Disney’s Hollywood Studios in Florida. Questo spettacolo dal vivo catturava l’essenza delle spettacolari sequenze d’azione che hanno reso celebre il personaggio di Indy. In scena, stuntman esperti ricreavano scene d’azione famose, come inseguimenti mozzafiato e acrobazie incredibili. I visitatori venivano coinvolti nell’azione, vivendo un’esperienza che li immergeva nel cuore delle avventure di Indiana Jones, con tanto di dietro le quinte per scoprire i segreti delle tecniche di stunt.

Nel 1993, Disneyland Paris portò Indiana Jones in Europa con l’Indiana Jones et le Temple du Péril, un rollercoaster che divenne immediatamente uno dei più emozionanti del parco. La giostra evocava l’esplorazione di templi misteriosi e pericolosi, mettendo i visitatori in fuga da un antico tempio con curve vertiginose e inversioni mozzafiato. Il design dell’attrazione, che fu anche una delle prime ad introdurre le montagne russe ad inversione nel parco, era un tributo perfetto all’avventura di Indy, un’esperienza che univa il brivido delle montagne russe alla suspense dei film.

Nel 1995, Disneyland in California aggiunse alla sua offerta il Indiana Jones and the Temple of the Forbidden Eye, un’attrazione che combinava la tecnologia dei simulatori di movimento con una trama coinvolgente. I visitatori si trovavano ad esplorare le rovine di un antico tempio, affrontando pericoli, trappole mortali e misteri nascosti. L’esperienza si caratterizzava per l’uso di tecnologia all’avanguardia che permetteva un’immersione totale, facendo sentire ogni partecipante come un vero protagonista dell’avventura.

Infine, nel 2001, Tokyo DisneySea, in Giappone, ha inaugurato l’Indiana Jones and the Temple of the Crystal Skull in concomitanza con l’apertura del parco. Basata sul quarto film della saga, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, questa attrazione univa azione e mistero, trasportando i visitatori in una ricerca esotica per il leggendario teschio di cristallo. Con l’uso di tecnologie di ultima generazione e un livello di dettaglio mai visto prima, l’attrazione ha offerto ai visitatori un’esperienza emozionante che mescolava avventura e spettacolo visivo.

La collaborazione tra la creatività di  George Lucas e Disneyland ha avuto un impatto significativo, creando esperienze che sono diventate parte integrante del panorama dei parchi a tema. Ogni attrazione non solo celebrava l’eredità cinematografica di Indiana Jones, ma ha anche ampliato il concetto di immersione, unendo il cinema all’esperienza interattiva e coinvolgente. La fusione di narrazione, emozione e innovazione tecnologica ha fatto sì che queste attrazioni non fossero solo un’ulteriore espansione del brand, ma vere e proprie porte verso un mondo dove i visitatori potevano vivere in prima persona le avventure di Indiana Jones.

In questo modo, la figura di Indiana Jones è riuscita a superare i confini del grande schermo, diventando non solo un’icona cinematografica, ma anche un protagonista dei parchi Disney. Le attrazioni ispirate al personaggio sono testimoni di come l’immaginazione di George Lucas e la capacità di Disney di realizzare mondi incredibili si siano unite per creare esperienze che rimangono indimenticabili per i fan di tutte le età.

Indiana Jones: Nuovi Orizzonti Videoludici in Arrivo Dopo il Successo de L’Antico Cerchio

Il celebre archeologo con il cappello di feltro e la frusta non sembra destinato a fermarsi, nemmeno nel mondo dei videogiochi. Dopo il trionfale successo di Indiana Jones e l’Antico Cerchio, uscito per Xbox Series X|S e PC, e atteso su PlayStation 5 nella primavera del 2025, il futuro del franchise si fa sempre più promettente. Secondo alcuni insider del settore, tra cui Daniel Richtman e Jez Corden, nuovi titoli dedicati all’intramontabile Henry Walton Jones Jr. sarebbero già in fase di sviluppo.

Un Franchise che Conquista Anche i Videogiochi

Creato da George Lucas come omaggio agli eroi d’azione dei film anni ’30, Indiana Jones è un nome che non ha bisogno di presentazioni. Con cinque film, una serie TV, fumetti, romanzi e innumerevoli merchandise e, naturalmente , videogiochi. La saga di Indiana Jones vanta una lunga storia nel mondo dei videogiochi, iniziata nel lontano 1982. Nel corso degli anni, numerosi titoli sono stati pubblicati, alcuni ispirati direttamente ai celebri film della serie, altri con trame originali che hanno ampliato l’universo dell’archeologo più famoso del cinema.

Il primo titolo, Raiders of the Lost Ark, uscì nel 1982 per Atari 2600 ed era basato su I Predatori dell’Arca Perduta. Successivamente, nel 1985, arrivò Indiana Jones in the Lost Kingdom, un’avventura con una trama originale per Commodore 64, e Indiana Jones and the Temple of Doom, il primo e unico arcade della serie, tratto da Il Tempio Maledetto e poi adattato per diverse piattaforme. Nel 1987, Mindscape realizzò Indiana Jones in Revenge of the Ancients, un’avventura testuale che esplorava un lato diverso della narrativa interattiva.

Nel 1989, l’uscita di Indiana Jones and the Last Crusade: The Graphic Adventure segnò l’inizio di una collaborazione significativa con LucasArts, che da quel momento avrebbe pubblicato numerosi giochi della serie. Nello stesso anno, arrivò anche Indiana Jones and the Last Crusade: The Action Game, che reinterpretava la trama del film in chiave d’azione. Il 1991 vide il debutto di un altro titolo su L’Ultima Crociata, pensato esclusivamente per NES.

Nel 1992, Indiana Jones and the Fate of Atlantis rappresentò una pietra miliare per il franchise: una storia originale, sviluppata dalla LucasArts, che conquistò i fan grazie alla sua complessità narrativa. Parallelamente, venne pubblicato The Action Game, un gioco dallo stile completamente diverso ma con elementi narrativi simili. Lo stesso anno, The Young Indiana Jones Chronicles, tratto dalla serie TV, fu lanciato per NES.

Il 1994 vide l’uscita di due titoli, Indiana Jones’ Greatest Adventures, che racchiudeva momenti iconici dei primi tre film, e Instruments of Chaos Starring Young Indiana Jones, basato sempre sulla serie TV. Un progetto ambizioso, Indiana Jones and the Iron Phoenix, avrebbe dovuto proseguire le vicende di Fate of Atlantis, ma venne cancellato nel 1995.

Con il tempo, la saga vide l’arrivo di titoli più moderni come Indiana Jones and his Desktop Adventures nel 1996, il primo gioco per Windows, e Indiana Jones e la Macchina Infernale nel 1999, che segnò il ritorno del personaggio di Sophia Hapgood. Questo titolo fu poi adattato per Nintendo 64 e Game Boy Color. Nel 2003, Indiana Jones e la Tomba dell’Imperatore, un prequel de Il Tempio Maledetto, uscì per diverse piattaforme, tra cui PlayStation 2 e Xbox.

La collaborazione con LEGO portò a LEGO Indiana Jones: Le Avventure Originali nel 2008 e al sequel LEGO Indiana Jones 2: L’Avventura Continua nel 2009, quest’ultimo basato su tutti e quattro i film. Lo stesso anno venne pubblicato Indiana Jones e il Bastone dei Re, un’altra avventura originale.

Nel decennio successivo, la presenza di Indiana Jones si limitò a titoli più di nicchia, come il gioco per Facebook Indiana Jones Adventure World del 2011 e il DLC Indiana Jones: The Pinball Adventure per Pinball FX3 nel 2022.

Infine, nel 2024, Bethesda Softworks ha pubblicato Indiana Jones e l’Antico Cerchio, un’avventura epica annunciata già nel 2021. Disponibile per Xbox Series X|S e Microsoft Windows, arriverà su PlayStation 5 nella primavera del 2025, segnando un nuovo capitolo nell’eredità videoludica dell’amato archeologo.

Ambientato nel 1937, tra gli eventi di I Predatori dell’Arca Perduta e L’Ultima Crociata, il gioco ci ha trasportato in una corsa contro il tempo per fermare forze oscure intenzionate a scoprire i segreti di un antico potere legato all’Antico Cerchio. MachineGames, il team responsabile della recente serie Wolfenstein, ha saputo trasformare l’eredità di Indiana Jones in un’avventura in prima persona memorabile, con la supervisione di Todd Howard, veterano dell’industria.

L’espansione dell’universo di Indiana Jones

Non sorprende, dunque, che Lucasfilm Games voglia capitalizzare su questo successo. Secondo Jez Corden, i piani futuri del franchise potrebbero includere nuovi giochi che esplorano periodi storici inediti o riempiono i vuoti narrativi tra i film. La possibilità di nuove avventure videoludiche entusiasma i fan, che vedono in L’Antico Cerchio solo l’inizio di una nuova era.

Ad alimentare ulteriormente l’hype ci pensa il primo DLC del gioco, L’Ordine dei Giganti, previsto per i prossimi mesi. Questo contenuto aggiuntivo promette di espandere ulteriormente la trama, immergendo i giocatori in una nuova serie di sfide e misteri.

Uno sguardo al futuro

Le dichiarazioni di Richtman e Corden, che lasciano intendere lo sviluppo di più titoli, trovano conferma nei movimenti di MachineGames, impegnata non solo sui contenuti post-lancio di L’Antico Cerchio, ma anche su progetti futuri legati al franchise. Con il supporto di Lucasfilm Games, il futuro videoludico di Indiana Jones si prospetta ricco di sorprese.

In un mercato sempre più orientato verso narrazioni profonde e immersive, l’archeologo più famoso al mondo sembra pronto a diventare una presenza costante nel panorama dei videogiochi. Tra DLC in arrivo, rumor su nuovi titoli e un pubblico sempre più affezionato, Indiana Jones si conferma un’icona capace di adattarsi ai tempi, senza mai perdere il suo fascino intramontabile.

I fan di Indy possono quindi aspettarsi un futuro ricco di avventure e misteri. E mentre aspettiamo di scoprire quali saranno le prossime imprese videoludiche del Dr. Jones, una cosa è certa: il suo viaggio è tutt’altro che finito.

Indiana Jones e l’Antico Cerchio: Avventura, Mistero e Azione nel Nuovo Capolavoro Videoludico

Bentornati nel romanzo epico di Indiana Jones, dove l’avventura e il mistero si intrecciano da oltre quarant’anni, regalando emozioni senza tempo. Oggi, l’epico viaggio del celebre archeologo si rinnova grazie a “Indiana Jones e l’Antico Cerchio“, un titolo videoludico che immerge i giocatori in un’esperienza indimenticabile.  Il progetto, sviluppato da Bethesda Softworks e MachineGames in collaborazione con Lucasfilm Games, rappresenta un omaggio moderno a uno dei più grandi eroi del cinema.

Dopo l’annuncio esplosivo all’Xbox Game Showcase, il titolo ha suscitato l’entusiasmo di fan e curiosi, grazie a una formula che mescola tradizione e innovazione. Ambientato nel 1937,  tra gli eventi di I predatori dell’arca perduta e L’ultima crociata,, il gioco ci permette di calarci nei panni di Indiana Jones, in una narrazione che unisce esplorazione, enigmi, azione e un pizzico di stealth. Dietro il progetto troviamo il celebre Todd Howard, già noto per il suo contributo a capolavori come The Elder Scrolls e Fallout. La sua presenza garantisce una cura maniacale per i dettagli, una narrazione avvincente e una profondità ludica che mira a conquistare i cuori dei videogiocatori.

Alla Ricerca del Cerchio Antico

La storia di Indiana Jones e l’Antico Cerchio ci trasporta nel 1937, un anno simbolico e narrativamente strategico per la saga. Nel pieno della sua carriera, Indiana Jones viene coinvolto in una missione che ruota attorno a un antico artefatto con poteri straordinari. I nazisti, ossessionati dall’occulto, sono anch’essi a caccia di questo oggetto leggendario, e il nostro eroe sarà costretto a sfruttare ogni sua abilità per fermarli. Il gioco si apre con una sequenza introduttiva che i fan riconosceranno subito: un chiaro omaggio al celebre prologo de I predatori dell’arca perduta , con il tempio peruviano e l’idolo d’oro. Tuttavia, questo non è solo un esercizio di nostalgia, ma un vero tutorial che introduce le principali meccaniche di gioco, dalla risoluzione di enigmi ambientali all’uso della frusta. Dopo questa fase, la vera avventura ha inizio, catapultando il giocatore in un mondo denso di segreti, nemici e misteri.

Un Mix Perfetto di Esplorazione, Enigmi e Azione

Esplorazione e Level Design
L’esplorazione è uno degli aspetti chiave di Indiana Jones e l’Antico Cerchio. Sebbene non si tratti di un open world puro, il gioco offre ampie macro-aree da esplorare. Queste zone, dai templi dimenticati nella giungla fino alle catacombe sotterranee, sono ricche di segreti e oggetti collezionabili che approfondiscono la mitologia della trama.

Il giocatore ha libertà di movimento e, a differenza di molti giochi moderni, gli obiettivi non sono sempre chiaramente segnalati. Questo significa che dovrai usare l’intuito e la curiosità per avanzare, scovando passaggi nascosti e risolvendo gli enigmi lungo la strada. Se ti dovessi perdere, potrai sempre consultare il diario di Indy, che offre indizi e mappe delle aree esplorate.

Enigmi e Puzzle Ambientali
Gli enigmi sono il cuore pulsante del gameplay. Non parliamo di semplici interruttori o rompicapi di base, ma di puzzle che richiedono logica, osservazione e l’uso della frusta, della macchina fotografica e di altri strumenti di Indiana. Potresti dover decifrare simboli incisi sulle pareti, allineare meccanismi antichi o risolvere codici criptati.

In alcuni casi, sarà necessario scattare foto con la macchina fotografica per catturare dettagli cruciali e decifrare indizi successivamente. Questo elemento ricorda le meccaniche tipiche dei migliori giochi di avventura, con un tocco di investigazione che aggiunge spessore al gameplay.

Stealth e Combattimento
Indiana Jones non è un guerriero, ma sa come cavarsela. Se vuoi approcciare le sfide con cautela, potrai usare un sistema di stealth per nasconderti, distrarre i nemici e metterli fuori gioco silenziosamente. Ma se la situazione si fa troppo calda, Indy può anche affrontare i nemici in combattimenti corpo a corpo, usando pugni, calci e, ovviamente, la sua frusta leggendaria.

Le armi da fuoco sono disponibili, ma le munizioni sono limitate. Questo incoraggia i giocatori a essere strategici, scegliendo con attenzione se affrontare i nemici a viso aperto o eluderli con l’astuzia.

La Scelta della Visuale in Prima Persona

Una delle decisioni più controverse è stata la scelta di utilizzare una visuale in prima persona. Molti fan avrebbero preferito una telecamera in terza persona, come nei giochi in stile Uncharted o Tomb Raider. Tuttavia, MachineGames ha deciso di immergere il giocatore in modo più diretto, facendolo sentire “nei panni di Indiana Jones”.

Questa scelta si rivela vincente, soprattutto nei momenti di esplorazione e arrampicata. Tirare fuori la frusta per aggrapparsi a un cornicione, o arrampicarsi lungo un dirupo, risulta incredibilmente coinvolgente. L’immersione è totale, e i movimenti del protagonista sono stati resi fluidi e realistici, offrendo una sensazione di fisicità mai vista prima.

Grafica, Musica e Doppiaggio

Il motore grafico utilizzato per Indiana Jones e l’Antico Cerchio offre un livello di dettaglio straordinario. Le texture delle rovine antiche, la vegetazione lussureggiante delle giungle e la luce soffusa delle torce nei templi contribuiscono a creare un’atmosfera unica. Le animazioni di Indy sono fluide e realistiche, frutto della tecnologia di motion capture avanzata. Anche la fisica ha un ruolo importante: rocce che rotolano, ponti di legno che scricchiolano e trappole mortali rispondono realisticamente al peso e al movimento del giocatore.

Nessuna avventura di Indiana Jones sarebbe completa senza la celebre colonna sonora di John Williams. E anche L’Antico Cerchio non fa eccezione. Le musiche classiche sono presenti, ma il gioco offre anche brani inediti, creati appositamente per l’avventura videoludica. Ogni nota evoca il brivido dell’esplorazione e l’adrenalina della fuga, immergendo il giocatore in un’atmosfera epica.

Per la localizzazione italiana, Bethesda ha fatto un lavoro eccellente. La voce italiana di Indy sarà quella di Alessandro D’Errico, mentre nella versione inglese il protagonista sarà doppiato dal celebre Troy Baker. Un’aggiunta importante è la presenza di Alessandra Mastronardi, che interpreta Gina Lombardi, un personaggio chiave nella trama.

Un’Avventura Epica Senza Tempo

La durata della campagna principale si aggira tra le 15 e le 20 ore, ma i giocatori completisti potranno dedicare oltre 30 ore per esplorare ogni angolo, completare le missioni secondarie e raccogliere tutti i collezionabili. Le attività opzionali non sono semplici “riempitivi”, ma offrono contenuti narrativi e sfide extra. Indiana Jones e l’Antico Cerchio non è solo un videogioco, ma un’esperienza interattiva capace di trasportare il giocatore nel cuore di un film d’avventura. La prospettiva in prima persona, gli enigmi avvincenti, il level design curato e la colonna sonora iconica rendono l’esperienza memorabile.

Il ritorno di Indiana Jones in forma videoludica è un successo su tutta la linea. La combinazione di azione, esplorazione e narrazione lo rende un must-play per i fan della saga e per gli amanti delle avventure.

Se sei cresciuto sognando di essere Indiana Jones, questa è la tua occasione. Prendi il cappello, impugna la frusta e preparati a vivere un’avventura che ti farà battere il cuore dall’inizio alla fine. L’Antico Cerchio è un tributo perfetto a una leggenda del cinema, un viaggio imperdibile per ogni appassionato di avventura.

Scoperta sensazionale a Petra: la Tomba Nascosta degli Antichi Nabatei

Immaginatevi questo: sotto la maestosa Khaznah di Petra, la famosa location cinematografica di Indiana Jones e l’ultima crociata, un team di archeologi ha fatto una scoperta che sembra uscita direttamente da un film d’avventura. Sì, avete capito bene. Un gruppo di ricercatori guidati dal dottor Pearce Paul Creasman dell’American Center of Research ha portato alla luce una tomba nascosta, sigillata sotto le sabbie del tempo per oltre 2.000 anni. Ma qui non stiamo parlando di qualche antico coccio: hanno trovato ben 12 scheletri umani e una collezione di artefatti da far brillare gli occhi agli appassionati di storia e misteri.

Il team ha utilizzato una tecnologia a radar per penetrare il suolo, confermando l’esistenza di una camera nascosta che, da anni, era stata solo una teoria tra gli esperti. E la parte più interessante? A differenza di molte altre tombe nabatee già scoperte e saccheggiate, questa è praticamente intatta! Un vero e proprio tesoro di informazioni su una delle civiltà più affascinanti dell’antichità: i Nabatei, quel popolo arabo che trasformò Petra in un gioiello architettonico e culturale.

Il ritrovamento ha avuto talmente tanto clamore che è stato protagonista anche di un episodio di Expedition Unknown su Discovery Channel. Tra gli oggetti rinvenuti ci sono manufatti in bronzo, ferro e ceramica, tutti in uno stato di conservazione eccellente. Uno scheletro stringeva persino un calice… che somiglia incredibilmente al Santo Graal! Non ci stupirebbe che Harrison Ford facesse un salto da quelle parti, visto il legame tra Petra e le sue avventure. Anche se gli archeologi non sono ancora sicuri del rango o dell’importanza degli individui sepolti, gli artefatti suggeriscono che si trattava di persone di alto profilo nella società nabatea. Questo ritrovamento getta nuova luce sulle antiche pratiche funerarie di questo popolo e aggiunge un ulteriore tassello alla già incredibile storia di Petra, città scavata nella roccia e avvolta nel mistero.

Chissà cos’altro potrebbe nascondersi sotto le sabbie della Giordania? Se questo fosse un film di Indiana Jones, di sicuro ci aspetteremmo altre scoperte spettacolari. E voi? Vi sentite pronti per la prossima grande avventura?

Cinque anni fa nasceva Raiders of the lost 80’s

Oggi vogliamo celebrare i cinque anni  dalla nascita della leggendaria associazione romana “Raiders of the lost 80’s”, una vera e propria “famiglia” composta da appassionati del decennio più pop (e nerd) che abbiamo vissuto: i favolosi anni’80!

Come sono nati e evoluti in quest’anno i Raiders of the lost 80’s?

Era il “lontano” maggio 2017 quando quasi per scherzo, Riccardo Rossetti e Alessandro Ceccoli, provenendo entrambi da 2 delle più importanti associazioni di “costuming” italiane, discussero della possibilità di creare un gruppo che in Italia ancora non aveva fatto la sua comparsa. Un gruppo dedicato interamente ad Indiana Jones. Soprattutto ragionarono su lo avrebbero chiamato e quale sarebbe stato il loro logo. Così presero in esame l’elemento iconico che l’archeologo più famoso del mondo indossa sulla testa: il suo cappello a falda larga, che Indy non perde quando nuota, quando cavalca e nemmeno quando guida un aereo.

Ora mancava solo il nome: non era percorribile la strada di inserire il title “Indiana Jones” con l’obiettivo di essere il più originali possibile senza però rinunciare ad essere riconoscibili. Per questo hanno preso spunto al titolo del primo film della saga, in cui tra l’altro il nome dell’archeologo non compare come gli altri: Raiders! Breve, facile da ricordare, accattivante e soprattutto riconducibile al nostro eroe con il cappello… ma all’epoca i due amici non erano ancora pronti per l’effettiva creazione di un gruppo, fu solo ad Agosto del 2019, che, insieme a Serena di Marcantonio e Ananth Bux, due validissimi membri del direttivo, spinti dalla voglia di migliorare, rispetto alle realtà da cui tutti provenivano, pensarono, finalmente di rendere il progetto realtà.

All’inizio, i quattro eroi, avevamo nell’armadio solo costumi di Star Wars, di Ritorno al Futuro, di Star Trek e di Ghostbusters, che ci sembrava troppo riduttivo chiudere il gruppo solo ad una realtà. Ma cosa accomunava tutte queste “passioni”? Fu lì che venne ai Raiders l’idea migliore di sempre, ma soprattutto un’idea che in Italia non era mai stata pensata: creare un’associazione che racchiudesse il minimo comune multiplo, Gli Anni 80! Un’associazione multi tematica, a tutto tondo, dove si potesse parlare, non solo di cinema, ma di serie TV, di cartoni animati, di musica, di attualità dell’epoca, della moda.

 

Perché, obiettivamente, la maggior parte di noi che li ha vissuti, sa che in quel periodo sono state sfornate le migliori idee che a tutt’oggi vengono riprese in mano e rivisitate in chiave moderna (basti ripensare a tutti i remake che si stanno facendo negli ultimi anni). Per questo, presero l’iniziale idea ispirata al primo film di Indy, unirono il concetto di vintage experience e uscì fuori il naming definitivo: Raiders of the lost 80’s.

Il 18 Ottobre 2019, in qualità di Soci Fondatori, Alessandro, Serena, Ananth e Riccado firmammo le carte per rendere i Raiders of the lost 80’s una realtà associativa a tutti gli effetti. Ad oggi, dopo più di un anno dalla sua fondazione, Presidente e Consiglio direttivo, non posso che essere orgogliosi di quello che sono diventati, degli obbiettivi raggiunti.

Raiders of the lost 80’s è un’associazione attiva sul territorio laziale, almeno fino a quando si è potuto realizzare con serate a tema in locali, feste, fiere e gare Cosplay. Nei periodi di Lockdown i ragazzi sono stati vicini ai soci e ai followers con dirette Facebook in cui hanno proposto quiz online con premi gustosi. Le attività online continueranno ancora finché non si potrà tornare ad abbracciarci dal vivo, perché i Raiders hanno voglia di divertirsi, ma soprattutto di far divertire.

In pochissimo tempo, i Raiders of the lost 80’s sono balzati ad un incredibile team di 80 iscritti, ma queste persone non sono solo un numero. Sono membri attivi a tutti gli effetti, che hanno messo anima e cuore in quello che hanno fatto, nei costumi che si sono impegnati a creare e indossare agli eventi. Sono persone che inizialmente erano sconosciute fra loro, ma che dopo poco sono arrivate a fraternizzare, a rendere una semplice idea venuta a due ragazzi in un pomeriggio primaverile, una realtà che in un solo anno ha creato qualcosa di impensabile.

Per scoprire tutte le attività dei Raiders of the lost 80’s vi invitiamo a visitare i link:

Con le musiche di John Williams: un documentario per celebrarne la vita e l’eredità

Con le musiche di John Williams, di Lucasfilm Ltd, Amblin Documentaries e Imagine Documentaries, che offre uno sguardo affascinante e approfondito sulla prolifica vita e carriera del leggendario compositore John Williams, debutterà il 1° novembre in esclusiva su Disney+ in Italia. Sono stati diffusi il trailer e la key art del documentario che aprirà la 38ª edizione dell’AFI Fest il 23 ottobre.

Dagli esordi come pianista jazz alle 54 nomination agli Oscar® e alle cinque vittorie, il documentario approfondisce gli innumerevoli contributi che John Williams ha dato al cinema, tra cui molti iconici franchise, nonché la sua musica per i concerti e il suo impatto sulla cultura popolare. Il film propone interviste ad artisti e registi le cui vite sono state toccate dalla sua musica senza tempo. Diretto dal pluripremiato regista e autore di best-seller Laurent Bouzereau, il documentario è prodotto da Steven Spielberg, Brian Grazer, Ron Howard, Darryl Frank, Justin Falvey, Sara Bernstein, Justin Wilkes, Meredith Kaulfers, Kathleen Kennedy, Frank Marshall, Laurent Bouzereau, mentre Markus Keith e Michael Rosenberg sono i produttori esecutivi.

Perché Steven Spielberg non ha mai diretto un film di Star Wars? La storia di una Scommessa

Immagina di trovarci all’interno di una galassia lontana lontana, dove le stelle brillano luminose sopra pianeti sconosciuti e spazi sconfinati. Un universo dove, invece di vederci George Lucas dietro la macchina da presa, troviamo il leggendario Steven Spielberg a dirigere uno dei capitoli più iconici di Star Wars. Quasi impensabile, giusto? Eppure, la storia di come i due più grandi cineasti della nostra era si sono incrociati, ma non nel modo che ci aspettavamo, è una delle curiosità più affascinanti nel panorama cinematografico. Ma perché, nonostante la loro lunga amicizia e carriera condivisa, Spielberg non ha mai diretto un film della saga? La risposta affonda le radici in una scommessa milionaria e in un rispetto profondo per la creazione di George Lucas.

La scommessa tra Lucas e Spielberg ha avuto luogo negli anni ’70, quando Star Wars era ancora un’incognita. All’epoca, nessuno avrebbe mai potuto prevedere che quel film avrebbe rivoluzionato il mondo del cinema, diventando uno dei franchise più importanti e influenti di sempre. George Lucas, demoralizzato dai numerosi inconvenienti che stavano affliggendo la produzione, aveva affrontato una serie di difficoltà che lo avevano portato quasi alla disperazione. La sceneggiatura di Star Wars era stata rigettata dalla Universal Pictures per la sua presunta incomprensibilità, eppure Alan Ladd Jr., presidente della 20th Century Fox, aveva creduto nel progetto, decidendo di finanziarlo.

Le riprese si sono svolte in condizioni climatiche difficili tra la Tunisia e gli Elstree Studios di Londra. Il set tunisino, con il suo caldo opprimente, aveva reso il lavoro complicato, e il cast, che includeva tre volti sconosciuti, non sembrava prendere troppo sul serio la storia. Nonostante i ritardi e il budget sforato, Lucas non aveva mai perso la speranza. Quando il primo montaggio incompleto del film venne proiettato ai colleghi e amici, fu Spielberg l’unico a sostenere la visione del suo amico. Il regista di Incontri ravvicinati del terzo tipo vide il potenziale di Star Wars, e quando Lucas si recò sul set del suo film per schiarirsi le idee, nacque una scommessa che avrebbe cambiato le sorti di entrambi.

“Oddio, il tuo film farà molto più successo di Star Wars! Sarà il miglior film di tutti i tempi. Il set è magnifico, stai facendo delle cose pazzesche. Senti: facciamo uno scambio. Io ti do il 2,5 per cento dei guadagni di Star Wars e tu mi dai il 2,5 per cento di quelli di Incontri ravvicinati“. Spielberg, credendo fermamente nel progetto di Lucas, accettò di buon grado la proposta. E così fu che, mentre Incontri ravvicinati ottenne un buon successo, Star Wars divenne il colosso che tutti conosciamo. La scommessa di Spielberg si rivelò vincente, portandogli un guadagno milionario, ma ancora di più, cementò la loro amicizia.

Tuttavia, nonostante il loro legame, la possibilità di vedere Spielberg dietro la macchina da presa per Star Wars non si realizzò mai. Lo stesso Spielberg ha dichiarato di aver provato a dirigere un film della saga qualche anno dopo, ma Lucas rifiutò la sua proposta, e la motivazione era legata a un aspetto molto personale: Star Wars era “il figlio” di George, una creazione che lui aveva plasmato con tanto amore e dedizione. Come lo stesso Spielberg ha spiegato: “Volevo farne uno 15 anni fa, e lui non voleva che lo facessi. Capisco perché: Star Wars è il figlio di George. È la sua industria artigianale e sono le sue impronte digitali.”

In effetti, Lucas vedeva Star Wars come una sua creazione intima, e proteggere la sua visione era una priorità. La paura che Spielberg, con il suo stile distintivo e unico, potesse alterare l’essenza di Star Wars era un ostacolo insormontabile. Nonostante la sua stima per il collega, Lucas preferì mantenere la saga nelle sue mani, per non rischiare di compromettere il legame speciale che aveva con quella galassia lontana lontana.

Anche se Spielberg non ha mai diretto un film di Star Wars, la sua influenza non è mai stata del tutto assente. In effetti, lo stesso Lucas ha consultato Spielberg durante la realizzazione di alcune scene cruciali. Un esempio notevole è la famosa scena dell’Ordine 66 in La Vendetta dei Sith, che porta la firma del contributo creativo di Spielberg. Inoltre, nel corso degli anni, i due registi si sono divertiti a scambiarsi citazioni e riferimenti nei loro rispettivi film, un gesto che ha reso visibile la loro reciproca ammirazione e amicizia.

In definitiva, la decisione di Lucas di non far dirigere a Spielberg un film di Star Wars non è stata una questione di rifiuto della sua bravura, ma piuttosto un atto di protezione nei confronti di qualcosa che per lui era più di una semplice saga cinematografica. Era una creazione personale, qualcosa di troppo prezioso per lasciarlo nelle mani di un altro regista, per quanto talentuoso fosse.

La storia di Spielberg e Star Wars ci ricorda quanto le amicizie possano influenzare le scelte creative, ma anche quanto il rispetto per il lavoro altrui possa determinare le decisioni più difficili. La saga di Star Wars, quindi, rimane un tesoro custodito gelosamente da George Lucas, che ha voluto preservare la sua visione originale, proteggendo la galassia da influenze esterne, anche se si trattava di uno degli amici più fidati del mondo del cinema. Se Spielberg avesse avuto la possibilità di dirigere un capitolo di Star Wars, chissà come sarebbe stato. E tu, che ne pensi? Avresti voluto vedere Spielberg alla regia di un film di Star Wars?

Belle storie, bei ricordi

«Mio alleato è la Forza. E un potente alleato essa è…» 

Ogni storia di successo plasma il gusto e l’immaginario comune. Star Wars, Star Trek, Indiana Jones, 007, la Compagnia dell’Anello, Harry Potter, Superman, Batman, gli Avengers e l’MCU, fanno parte della nostra mitologia contemporanea. G.R.R. Martin, autore della saga del Trono di Spade, ci ha parlato di come oggi produttori e sceneggiatori si lanciano bramosi su ricche proprietà intellettuali con l’intenzione di “farle proprie” e “svecchiarle”. L’attrattiva di queste “vecchie” storie sta nel nome, il prestigio, la presenza di personaggi amati, e di un consolidato pubblico di fans. Allora quando si compra a caro prezzo una licenza, un marchio, si compra un pubblico?

Ognuno di noi ha le sue avventure preferite, le più grandi attraversano confini e generazioni. Nella cultura occidentale di oggi Batman e Superman sono eroi popolari, un po’ come una volta c’erano Ulisse e Achille. Sono esempi che hanno contribuito a plasmare i nostri giovani e rappresentano un punto di riferimento per molti, in modo speciale i più fedeli appassionati. Per alcune di queste proprietà intellettuali si parla di tanti decenni di vita, in cui i fans sono invecchiati e si sono succedute le generazioni.

Per un appassionato/nerd dovrebbe essere naturale essere attratto dall’annuncio di un nuovo capitolo, una nuova serie. Conosco e ho amato l’originale, mi attirano i personaggi e l’ambientazione, e attraverso di loro sono pronto a vivere una nuova avventura.

Il ricordo di una di una storia memorabile e avvincente porta pubblico in sala. Si promette il nuovo capitolo di una saga amata, una nuova avventura ancora più grande.

Tuttavia avere un nome famoso alle spalle non significa successo automatico.

Cosa succede se la ricetta è diversa, il cuoco è cambiato, gli ingredienti sono di qualità inferiore e la torta non lievita?

Passato l’entusiasmo del momento al cinema o davanti al piccolo schermo, il prodotto lascia a desiderare. Più ci penso, più ne parlo coi miei amici, meno mi piace.

Quello che era partito come caso isolato è divenuto avvisaglia di un successivo trend; l’abbiamo registrato su più fronti nella nostra esperienza di pubblico. Questa è un’epoca di sequel, prequel, remake e (soft) reboot; è cosi da diversi anni, sempre più di prima.Gli eroi popolari e le loro saghe vanno e vengono, crescono nel favore della platea, o sbiadiscono fino a essere dimenticati. Il tempo passa, passano i modelli.A volte preferiamo dimenticare, perché l’ultimo capitolo ha cambiato in peggio i nostri eroi; c’è stata una caduta nella qualità e nello stile, un rovesciamento di temi e ideali. Le ragioni, penso, non stanno solo nel normale mutare delle stagioni e delle generazioni. Si è deciso dall’alto di cambiare i modelli per forzare il cambiamento dei tempi e rompere col passato.

«Lascia morire il passato. Uccidilo, se è necessario». 

Uno spettatore navigato con un bagaglio di esperienza e cultura personale, ricorderà molte belle storie. Le più belle le tiene vicine al cuore. Sono i suoi punti di riferimento, come il Nord e il Sud. Cosa succede se l’ultimo, pubblicizzatissimo capitolo soffre il confronto coi precedenti? Abbatte pilastri dell’universo, avvilisce gli eroi del passato, è inconsistente o incoerente?

Storie di supereroi, avventure spaziali, saghe fantasy, dipingono mondi di fantasia da esplorare, ma come il nostro mondo hanno confini, limiti, armonia. Ogni bel gioco ha le sue regole. Incrinarle può sorprendere nell’immediato, ma svaluta storie e personaggi fino a mettere in pericolo la loro sopravvivenza. Essere fan di una saga o di una serie vuol dire ricordarla con piacere, entusiasmo, passione. Proprio i bei ricordi ci portano a sedere davanti allo schermo, a comprare il biglietto e pagare l’abbonamento. Ma oggi avere esperienza può diventare una colpa se impedisce di avvicinarsi al nuovo con incondizionata approvazione.

Spesso ci hanno invitato energicamente a tagliare col passato e accettare un reset, un retcon, una riscrittura. Il marketing pervasivo fatto di interviste, articoli e recensioni spende grandi risorse nel tentativo di persuadere, dirigere e governare il pubblico. Ma proprio mentre si pretende assenso, il marchio mostra le crepe. Guidata dal proprio senso critico, la gente reagisce alle decisioni più controverse della produzione con delusione e proteste a volte aspre. O semplicemente si disaffeziona e con tristezza cerca divertimento altrove.La platea si spacca, e dopo anni di spaccature e delusioni la fiducia è compromessa, e di pubblico ne rimane sempre meno.In tempi recenti i detentori dei grandi marchi di Hollywood hanno adottato spesso una postura conflittuale nelle relazioni con le loro fandom, con provocazioni, polemiche e accuse più o meno esplicite.

Allora forse in una società come la nostra il pubblico non si compra e non si conquista con la sopraffazione. Le storie migliori sono condivise con pazienza, rispetto, e spesso con umiltà. Alcuni dei più grandi romanzi moderni sono stati scritti a puntate sui giornali, e autori del calibro di Jules Verne e Charles Dickens tra un episodio e l’altro s’informavano sulle reazioni del pubblico perché volevano conoscerlo e incontrarne il gusto e il favore. Per lungo tempo questo è stato riconosciuto come il modo virtuoso di parlare a lettori e spettatori.

Le storie si condividono coi fans, si discutono tra amici. Nel momento in cui invece si usa una posizione di vantaggio col progetto di riscrivere a forza il gusto e rieducare il pubblico, si rischia di perdere una componente viva e importante della nostra libertà, e ci rimettiamo tutti.

Indiana Jones e l’ultima crociata: la leggenda compie 35 anni!

24 maggio 1989. Una data che rimarrà nella storia del cinema. Proprio oggi, trentaciqneu anni fa, usciva nei cinema statuinitensi il fil “Indiana Jones e l’ultima crociata” un capolavoro che ha lasciato il segno nella storia del cinema, grazie alle indimenticabili interpretazioni del carismatico Harrison Ford nei panni di Indiana Jones e di Sean Connery nei panni del padre Henry Jones Sr.!

Il film, diretto da Steven Spielberg è il terzo capitolo della saga del celebre archeologo dalle innumerevoli avventure. In questo episodio, Indiana Jones deve fronteggiare una missione ancora più pericolosa delle precedenti: recuperare il Sacro Graal, la coppa che secondo la leggenda avrebbe contenuto il sangue di Gesù Cristo.

Non c’è niente di più entusiasmante che cercare di tenere il passo dei Jones in Indiana Jones e l’ultima crociata. I nemici nazisti di Indy sono tornati e hanno rapito suo padre, il professor Henry Jones Senior (Sean Connery), nel tentativo di trovare il Santo Graal. Indiana Jones, che ha seguito le orme paterne diventando un archeologo, si mette sulle tracce e le indagini lo conducono a Venezia; giunto in Laguna in compagnia di un’affascinante collega tedesca, si imbatte nella tomba di un crociato che gli offre preziosi indizi e ritrova il genitore, che era stato fatto prigioniero dai nazisti. Gli uomini del Fuhrer sono infatti anch’essi alla ricerca del Graal, il  leggendario calice che avrebbe raccolto il sangue di Gesù sulla croce

Il film è ricco di colpi di scena e momenti adrenalinici, ma è anche caratterizzato dalla presenza di Sean Connery, che incarna il padre di Indy, il professor Henry Jones Sr. La dinamica tra i due personaggi è esilarante ed emozionante allo stesso tempo, con dialoghi molto ben scritti che creano un perfetto equilibrio tra dramma e comicità.

Ma ciò che rende davvero unico questo film è la sua capacità di spostarsi tra diverse location, dal deserto egiziano alle profondità di un antico tempio, attraverso un montaggio veloce e incalzante che mantiene sempre alta l’attenzione dello spettatore. Inoltre, il film affronta temi importanti come la religione, la spiritualità e il rapporto tra padre e figlio, senza però cadere nei cliché o nella retorica.

L’ultima crociata è riuscito a superare il successo dei due precedenti film della saga, diventando un vero e proprio classico del cinema di avventura. La combinazione di un cast stellare, una sceneggiatura solida e un’azione mozzafiato lo rendono un must-see per gli amanti del genere e non solo.

Il Nazismo Occulto: Hitler e la sua ossessione per i manufatti antichi e mitologici

Tutti conosciamo il nazismo per la scia di terrore e morte che in una quindicina di anni ha seminato lungo tutta l’Europa. Ma c’è anche un altro nazismo, molto più nascosto e meno analizzato dagli studiosi: stiamo parlando dell’universo occulto del nazismo. Sono tante le “strampalate” avventure in cui Hitler e i suoi famigerati seguaci si sono lanciati, percorrendo non solo l’Europa ma anche le desolate lande dell’Asia e i deserti del Medio Oriente. Si tratta del cosidetto ” Nazismo Occulto”. Infatti sia Hitler, ma sopratutto Goebbels erano enormemente attratti dall’occulto e dalla magia.

La figura del Fuhrer in particolare merita davvero un’analisi approfondita. Cominciamo dagli inizi: secondo August Kubizek, uno dei pochi amici di Hitler durante la sua fanciullezza, le ossessioni magico-politico-razziali del futuro Fuhrer ebbero inizio nel 1904. Hitler aveva quindici anni e dopo aver assistito ad un’opera di Wagner, cominciò a parlare di “una missione che il destino gli aveva riservato” e che “avrebbe affrancato la sua razza dalla servitù. Insomma, già a quell’età Hitler usava espressioni che poi ritroveremo nel  “Mein Kampf”. Sempre secondo Kubizek, in quell’occasione Hitler adoperò per la prima volta quella sua caratteristica voce, frammentata  e irosa, che sarebbe diventata famosa grazie ai suoi discorsi deliranti. Lo stesso Hitler pareva stupito di questa voce, come se uscisse dalla bocca di un estraneo.

Con buona probabilità si trattava di uno dei primi sintomi della schizofrenia che l’avrebbe afflitto per il resto della sua vita. Da quel momento Hitler iniziò ad occuparsi assiduamente di misticismo, occultismo e magia. In particolare modo era affascinato dal “Parzival”, un poema del ciclo del Graal. C’era un personaggio che lo colpiva più di tutti: un certo Klingsor che, secondo lui, era la trasposizione letteraria di un personaggio realmente esistito, il tiranno Landolfo II di Capua, scomunicato nell’875 per essersi servito della magia nera con l’intento di acquisire il potere assoluto. Hitelr si identicò con lui, anche perché entrambi soffrivano della stessa anomalia fisica: avevano un solo testicolo. (“Hitler has only got one ball” cantavano i soldati americani).

La ricerca maniacale di Adolf Hitler per i manufatti antichi e mitologici è uno degli aspetti più affascinanti e inquietanti della storia del nazismo. Come tutti i fan di Indiana Jones sanno, il dittatore tedesco era convinto di poter trovare nelle antiche civiltà le prove della superiorità della razza ariana e i segreti per conquistare il mondo. Per questo motivo, ordinò numerose spedizioni e saccheggi in vari paesi, alla ricerca di oggetti e documenti che potessero confermare le sue teorie.

In primis, Hitler era ovviamente ossessionato dalla svastica, il simbolo che aveva scelto per rappresentare il suo partito e il suo regime. La svastica era un antico simbolo solare, diffuso in molte culture e civiltà, che esprimeva un augurio di fertilità e benessere. Hitler, però, la interpretava come il segno distintivo degli ariani, che avrebbero inventato questo simbolo per indicare la loro nobiltà e il loro dominio. Hitler era convinto che la svastica fosse stata usata dagli ariani in India, in Grecia e in Germania, e che fosse stata trasmessa da generazione in generazione fino ai tempi moderni. In realtà, la svastica non aveva nulla a che fare con la razza ariana, che era solo un’invenzione degli studiosi tedeschi dell’Ottocento, basata su errori e falsificazioni.

Uno dei principali obiettivi di Hitler era l’isola di Thule, un luogo leggendario situato al nord del mondo, dove si credeva avesse avuto origine la civiltà iperborea, progenitrice degli ariani. Hitler pensava che in questa isola fossero conservati i resti di Atlantide, la mitica città sommersa che secondo Platone era stata la culla di una cultura avanzata e potente. Hitler era affascinato dalla filosofia platonica, che riteneva derivasse dalle antiche conoscenze ariane. Inoltre, sperava di trovare in Thule la lancia di Longino, l’arma che avrebbe trafitto il costato di Cristo sulla croce, e che secondo una profezia avrebbe garantito la vittoria a chi l’avesse posseduta.

Un altro luogo che attirava l’interesse di Hitler era il Tibet, dove credeva fossero rifugiati gli ultimi discendenti degli ariani dopo il diluvio universale. Hitler riteneva che nei monasteri tibetani fossero custoditi i segreti della razza superiore, tra cui la scienza della levitazione, la telepatia e la reincarnazione. Nel 1938, inviò una spedizione di studiosi e militari in Tibet, con il compito di esplorare il territorio, studiare la cultura e la religione locale, e cercare eventuali tracce di origine ariana. La spedizione durò due anni e raccolse molti dati e documenti, ma non trovò alcuna prova della presunta parentela tra i tibetani e gli ariani.

Poi c’era Horbiger con la sua teoria della terra vuota, di cui noi abitiamo l’interno. Secondo questo scienziato gli astri erano blocchi di ghiaccio e molte lune erano già cadute sulla terra. Lo stesso sarebbe avvenuto per la nostra. L’uomo sarebbe stato vicino ad una radicale trasformazione che lo avrebbe avvicinato agli Dei. Per fare era ciò era però necessario fare un’alleanza con il Signore del mondo, il Re della Paura che regna su una città nascosta in qualche luogo dell’Oriente. Hitler credeva a tutto ciò. Si nutriva di queste teorie e probabilmente questa è stata la molla che lo ha spinto ad entrare in politica. Ricordiamo che il Fuhrer si svegliava in piena notte lanciando urla lancinanti: “E’ lui, è lui! E’ venuto qui!”.

In particolare, Hitler aveva un’ossessione per i manufatti mitologici della religione ebraica e cristiana, che riteneva fossero fonti di potere e di conoscenza.

L’Arca dell’Alleanza, il contenitore che custodiva le tavole della Legge ricevute da Mosè sul monte Sinai, e che secondo la Bibbia era in grado di produrre fulmini e terremoti. Hitler credeva che l’Arca fosse nascosta in Etiopia, e inviò una spedizione per cercarla, ma senza successo. Il Sacro Graal, il calice usato da Gesù nell’Ultima Cena, e che secondo la leggenda era stato portato in Francia dai cavalieri templari. Hitler pensava che il Graal fosse collegato al sangue di Cristo, e che potesse conferire l’immortalità a chi lo bevesse. Hitler ordinò di cercare il Graal in diversi luoghi, tra cui il castello di Montségur, dove si diceva fosse stato nascosto dai catari.

Per non parlare del furto della lancia di Longino, l’arma con cui, secondo la leggenda, il pretoriano Longino, aveva trafitto il costato di Gesù Cristo. Si riteneva che questa lancia desse enormi poteri a chi ne fosse entrato in possesso. Hitler ci riuscì, ma fortunatamente nel 1945 gli alleati riuscirono a recuperarla e la riconsegnarono al legittimo proprietario, l’Austria (che la custodisce gelosamente all’Hofburg di Vienna). C’è addirittura chi sostiene che quella in possesso dell’Austria non è altro che una copia della lancia.  L’originale sarebbe custodita dall’”Ordine dei Cavalieri della Lancia Sacra”, che la conserverebbe in un nuovo nascondiglio per mantenere “la giustizia e la pace nel mondo”. Per ordine di Hitler, poi, il colonnello delle SS Otto Rahn effettuò alcuni scavi a Montsegur alla ricerca del Sacro Graal! Terribile è l’episodio che ha visto coinvolti alcuni soldati tedeschi che, nonostante il resto del loro esercito fosse inseguito dagli alleati che incalzava i nazisti in Francia, tornarono al paesino francese di Renne Le Chateaux alla ricerca del Graal, e non trovandolo sterminarono tutti gli abitanti

Hitler era convinto di poter usare questi oggetti per realizzare il suo sogno di creare un nuovo ordine mondiale basato sulla supremazia della razza ariana. In realtà, Hitler si basava su miti e leggende infondate, e non riuscì mai a trovare i veri manufatti, che forse non sono mai esistiti.

La ricerca maniacale del Führer per i manufatti antichi e mitologici fu quindi una delle manifestazioni più evidenti della sua follia e della sua megalomania. Hitler si illudeva di poter ricostruire una storia alternativa, in cui gli ariani fossero i padroni del mondo e i detentori di una saggezza e di una potenza ineguagliabili. Per perseguire questo delirio, Hitler non esitò a depredare e distruggere le opere d’arte e i tesori culturali di altri popoli, commettendo uno dei più gravi crimini contro l’umanità.

Come potete leggere Hitler si è imbarcato in numerose imprese legate al mondo dell’occultismo. Come interpretare tutto ciò? C’è chi pensa che il Fuhrer fosse solo un paranoico ossessionato dalla magia, ma c’è chi arriva a sostenere che fosse un vero e proprio stregone che aveva stretto un patto con oscure potenze, a cui offriva sacrifici rituali in cambio del potere assoluto. C’è ancora un’altra ipotesi: dietro Hitler c’era qualcuno che lo manovrava come un fantoccio. Un ultimo inquietante elemento: il Fuhrer decise di suicidarsi il 30 Aprile, il giorno che si conclude con la notte di Valpurga, la notte in cui le forze del male celebrano il loro trionfo.

FONTI:

“Il Mattino dei maghi” di Louis Pauwels e Jacques Bergier e “L’eniclopedia dei misteri” a cura di Alberto Castelli.

Buon Compleanno George Lucas! Compie 80 anni il nostro messia

Il 14 maggio 2024 segna un traguardo significativo per uno dei più grandi visionari del cinema moderno: George Lucas, il creatore di universi che hanno incantato e ispirato milioni di persone, compie 80 anni. Nato nel 1944, Lucas ha rivoluzionato il mondo del cinema con la sua saga intergalattica, “Star Wars”, introducendo personaggi iconici come Luke Skywalker, la Principessa Leia e Darth Vader. Ma non solo, con “Indiana Jones” ha riscritto le regole del film d’avventura, creando un altro eroe senza tempo, amato da un pubblico trasversale.

George Walton Lucas Jr, passa la sua giovinezza in una sperduta cittadina della California, Modesto (ironico non trovate?). La sua infanzia non fu facilissima, non fu mai bravissimo negli studi per era bersaglio delle angherie dei compagni per la sua corporatura esile. Divenne dunque un ragazzo solitario e passava la vita tra fumetti, televisione e modellini, creandosi un mondo tutto suo. A 15 anni iniziò a gareggiare con le auto, sua grande passione.

Era molto promettente e gareggiò con successo fino al 1962 data in cui ebbe un grave incidente che lo costrinse ad abbandonare il suo sogno. Ma George non era il tipo di autocommiserarsi e decide che era giunto il momento di dar spago alla sua altra grande passione, la cinematografia. Non curante della disapprovazione dei genitori, Lucas si recò a Los Angeles all’ “University of Southern California” per studiare regia. Durante l’università realizzo molti film, con uno stile ed un montaggio veloce, molto diversi dei film impegnati dei suoi colleghi. La sua prima opera era THX1138:4EB, un dramma fantascientifico. Laureatosi, venne adottato professionalmente da Francis Ford Coppola, aiutandolo nella realizzazione di alcuni film e alla fondazione di una propria casa di produzione, la American Zeotrope. Contemporaneamente George Lucas decise di sposarsi con la sua fidanzata Marla Griffin. THX e la Zeotrope furono sponsorizzati dalla Warner Bros, che restò così delusa dai risultati che pretese i soldi indietro e che Lucas rimontasse da capo la pellicole. Il film ricevette buone recensioni ma fu un flop al botteghino. Lucas decise di realizzare qualcosa diretto maggiormente al grande pubblico, American Graffiti.

Nel 1973, con un budget davvero ridotto, Lucas creò questo film che raccontava la storia di un gruppo di adolescenti all’inizio degli anni ’60. Film da cui poi nacque la fortunata serie di Happy Days. La Universal dapprima lo bocciò, ma grazie ad alcune amicizie che George aveva stretto, il film uscì comunque nelle sale, e fu un successo. Il film incasso oltre i 116 milioni di dollari, una cifra inimmaginabile per quel periodo, ma Lucas ormai era troppo deluso da Hollywood, decise di fare un altro Film con la Universal “Flash Gordon” ma quando la major decise di non finanziare l’ultimo progetto ambizioso di Lucas, THE TALE OF MACE WINDU (vi ricorda qualcosa?), Lucas si tirò indietro per ogni futuro progetto col la Universal.

La 20th Century Fox, non rimase impassibile, notando il successo straordinario di American Graffiti, diede a Lucas il tempo di progettare la sua Storia, The Star Wars. Lucas passò due anni sulla sceneggiatura, ma quando si accorse che non esisteva nessuno studio per fornirgli gli effetti speciali di cui aveva bisogno, decise di fondarne uno con i soldi incassati dal suo precedente film, lo chiamòIndustrial Light and Magic (ILM ). Ma la preparazione fu così costosa che già in preproduzione si era esaurito il budget previsto. La Fox decise allora di dare a Lucas solo 150.000 dollari come compenso ma Lucas chiese e ottenne i diritti su merchandising e per i sequel, la Fox glielo accordò non credendo che i futuri extra potevano essere fruttuosi (eheheheh!!!).

La realizzazione di Star Wars (era stata ormai tolto l’articolo the) fu molto complicata, le cene del vivo furono realizzare agli Elstree Studios in Inghilterra. La staff inglese non si fidava di Lucas e per patti sindacali non voleva fare mai gli straordinari. Il regista, taciturno e timido era considerato dalla troupe totalmente inconsapevole di quello che stava facendo. Solo l’intervento di Alec Guiness, Obi-Wan Kenobi, riusciva ad infondere un po’ di ottimismo sul set e l’impressione che si stava lavorando a qualcosa che avrebbe per sempre cambiato ii modo di fare cinema.

Quando Star Wars venne completato, Lucas invitò i suoi amici ad assistere ad una proiezione privata in anteprima.

Tra questi, Steven Spielberg, suo grande amico, criticò aspramente la pellicola tanta da convincere Lucas, estremamente depresso a lasciò Los Angeles per evitare la figuraccia del film. Ma altre notizie gli giunsero nel suo rifugio: Star Wars aveva avuto un trionfo ai botteghini, una tale quantità di milioni di dollari che solo recentemente il suo nuovo film è riuscito ad incassare. Lucas rientrò immediatamente e si accordò perché il 40% dei profitti finisse nelle mani della sua neonata compagnia, la Lucasfilm, di cui l’unico proprietario, ovvero lui, divenne d’improvviso uno degli uomini più ricchi a Hollywood. Per non parlare dei diritti ottenuti sul merchandising che vennero negli anni a seguire!

Lucas fu così distrutto, dopo la realizzazione di questo film, che non volle più dirigere niente per 20 anni. Lui odiò sempre il fatto che la visione cinematografica non era sempre uguale a ciò che lui desiderava, ma ormai, avendo il controllo totale delle sue produzione poteva direttamente modificare ogni singolo fotogramma, mischiare le cene e le interpretazione, gli angoli di regia. Insomma il ragazzo che nessuno voleva, che si era creatro un mondo al di fuori di quello che odiava, ora lo ha realmente realizzato e lo ha donato alla fantasia degli uomini.

La Lucasfilm non è che una parte del mastodontico impero creato da George Lucas con gli introiti di Star wars, ma ce ne sono molte altree … La ILM (Industrial Light and Magic), è la società di effetti speciali al mondo più nota e professionale, che ha fornito materiale a sette dei dieci film che hanno avuto maggior successo di sempre. Ma Lucas possiede anche la mitica Lucas Arts, creatrice di videogiochi superbi (dalle varie trasposizioni dei film alla saga di Monkey Island) e soprattutto al ditta inventrice del THX , il noto sistema sorround che ha invasa le sale cinematografiche e ultimamente le case di mezzo mondo. Sempre restando in ambito acustico, non si può dimenticare la Skywalker Sound, che diretta da John Williams, ha sfornata le migliori sound track di sempre.

Tutto questo, cosi come i costanti incassi derivanti dai diritti de merchandising su Star Wars, garantiscono la possibilità per il caro George di non dover mai lavorare. Tuttavia, una parte di questo impero gli è sfuggita di mano quando Lucas divorziò dalla sua prima moglie  Marcia, nel 1993. Il tribunale della California assegnò ala donna metà dei beni di Lucas. Lei desiderava i soldi e non la dirigenza delle società, Geroge, cercando di salvare la Lucas Film e la ILM, fu dunque obbligato  vendere altre società di cui era a capo. Tra le altre una ditta di computer grafica, spina della ILM, che Lucas vendetta a Steve Jobs, fondatore della Apple Computer. La nuova società si chiamo Pixar e venne successivamente assorbita dalla Disney, creatrice della serie di Toy Story, A Bugs Life e del recente Monster e Co.

Nel 1997, in occasione del ventennale dell’uscita di Guerre stellari, Lucas ha distribuito nei cinema di tutto il mondo una versione restaurata, rimasterizzata e modificata della trilogia fantascientifica. Molte scene sono state rifatte con effetti speciali più moderni e altre che erano state previste ma dovettero essere tagliate furono reinserite. Grazie a questa riedizione tra incassi, vendite delle VHS, merchandising e diritti d’autore Lucas raccolse 251 milioni di dollari. Le riedizioni costituirono un campo di prova ideale per gli effetti speciali digitali da applicare su vasta scala agli episodi successivi.

Il 3 ottobre 1994 Lucas aveva iniziato a scrivere tre prequel della “trilogia originale” di Guerre stellari, che aveva in mente già dall’inizio della saga, ed il 1º novembre dello stesso anno lasciò le operazioni quotidiane della sua industria cinematografica e iniziò un periodo sabbatico per finire la stesura delle sceneggiature. I tre film, che segnano il ritorno di Lucas dietro la macchina da presa, compongono la cosiddetta “nuova trilogia” (Episodi I – II – III), antecedente a quella “originale” (Episodi IV – V – VI). Questi prequel hanno svolto un ruolo pionieristico nell’utilizzo delle attrezzature digitali in Alta Definizione rispetto alla pellicola, sono avanti di almeno cinque anni rispetto a produzioni similari per quanto concerne gli effetti speciali.

Il regista celebra di nuovo il rito fondato sulla rievocazione delle azioni all’origine della storia dispiegata dalla sua opera-mondo. Nello spazio-temporale del fantasy di Lucas il cinema si compie e si perpetua: dato un universo parallelo, il cattivo di turno porta il caos in un regno di pace e di benessere. La struttura di base è quella che si avvia dall’iniziale vittoria del kaos e poi si concentra sulla difficoltà di riconquistare il kosmos. Per riportare l’armonia, due prodi cavalieri Jedi dominano la Forza e combattono il suo lato oscuro. La figura dell’eroe non è unica ma duplice: uno è il giovane apprendista che sta completando il suo percorso di formazione, l’altro è il suo maestro, colui che compirà il viaggio sacrificale e verrà sostituito dall’allievo. La nuova trilogia non ha però ottenuto il successo sperato tra i vecchi fan ma ne ha creati di nuovi soprattutto tra le giovani generazioni, che apprezzano ormai di più i nuovi episodi. La vendetta dei Sith ha inoltre ottenuto i favori della critica, sempre piuttosto fredda nei giudizi su Star Wars. Considerati nel loro complesso, i sei film che compongono le due trilogie di cui è costituita la saga emanano una suggestione e una potenza davvero non comuni, e vanno a delineare in misura non accessoria l’immaginario collettivo degli ultimi decenni del XX secolo. In un’intervista il regista dichiara: “Ogni film che finisce mi rende malinconico, in questo caso la malinconia è più forte, Guerre Stellari ha preso una parte molto importante della mia vita. Ma provo anche una specie di euforia, in fondo è come se riprendessi la mia libertà, posso recuperare la curiosità di sperimentare, di giocare con piccoli film… Ora penso ad Indiana Jones, la cui serie continua; poi, in testa, c’è un piccolo film, silenzioso, tutt’altro mondo rispetto a questo che s’è appena chiuso”.

Sempre nel 2005 Lucas risulta nella classifica di Forbes tra i quattrocento uomini più ricchi del mondo al posto 194 con un patrimonio personale di tre miliardi di dollari. Nonostante le sue immense risorse Lucas non produce dal 1994 al 2010 film che non siano connessi alle sue pellicole precedenti. Lo stesso anno gli viene assegnato il premio alla carriera dell’American Film Institute. Già dieci anni prima gli era stato offerto ma lui aveva segretamente rifiutato perché “troppo giovane”. Aveva chiesto di ripetergli l’offerta quando avrebbe avuto sessant’anni. Ora i tempi sono maturi ma Lucas ha ancora voglia di dire la sua nel cinema, nel mondo che ha costituito la sua vita.

Negli anni 2003-2011 si occupa dell’ulteriore espansione dell’universo fantascientifico di Star Wars da lui creato fin dagli anni settanta. Ai film, ai romanzi, ai fumetti, ai cartoni animati e ai videogiochi più o meno legati alla sua casa di produzione ha aggiunto una serie in computer grafica. A tutto questo si sommerà fra qualche anno un telefilm di raccordo tra le due trilogie. Lo stesso regista ammette che fermare Guerre stellari è ormai impossibile. Nel 2008 Lucas e Spielberg realizzano l’attesissimo quarto capitolo di Indiana Jones ottenendo un buon successo commerciale e di critica. Nel 2008 la Lucasfilm avvia il progetto Red Tails, un film sulle battaglie aeree della Seconda guerra mondiale, una delle passioni di Lucas (i duelli spaziali di Star Wars sono infatti ispirati ai documentari storici della Battaglia d’Inghilterra). A prescindere dal risultato si tratta di un vero e proprio evento considerando che sono sedici anni che Lucas non produce un film o una serie televisiva che non sia connessa a Star Wars o Indiana Jones. Lucas si occupa sia del ruolo di produttore esecutivo che di curatore del soggetto e gira inoltre qualche scena. Il 29 luglio 2011 è stato finalmente mostrato il primo trailer del film.

Il 31 maggio 2012, Lucas ha rilasciato alla rivista Empire la seguente dichiarazione:

“Mi sto allontanando dalla compagnia (la LucasFilm, ndr.). Mi sto allontanando da tutti i miei affari, sto portando a termine tutti i miei obblighi e una volta finiti mi ritirerò nel mio garage armato di sega e martello a costruire dei piccoli film. Ho sempre voluto realizzare film che avessero una natura sperimentale, piuttosto che preoccuparmi di farli vedere nei cinema….”.

Due giorni dopo questa dichiarazione, il 2 giugno, è stata nominata Kathleen Kennedy co-direttrice generale della Lucasfilm. Il 30 ottobre, Lucas annuncia la vendita della sua casa di produzione alla Disney per 4,05 miliardi di dollari. Nel dicembre dello stesso anno Lucas ha donato, tramite la sua fondazione, la ragguardevole somma di 25 milioni di dollari al programma Chicago’s After School Matters. Fondata da Maggie Daley, l’associazione aiuta ragazzi bisognosi a formarsi e a guadagnare delle qualifiche lavorative attraverso dei lavori svolti come apprendistato.

L’ultima pellicola sviluppata e prodotta da Lucas è stato il musical animato Strange Magic, che è uscito nelle sale nel gennaio del 2015.

Dopo aver ceduto le redini della Lucasfilm al colosso Disney, George Lucas ha segnato un nuovo capitolo nella sua epica saga galattica assumendo il ruolo di consulente creativo. Tuttavia, il leggendario cineasta ha rapidamente manifestato divergenze con la nuova gestione, decidendo infine di distanziarsi dal progetto.

Le critiche di Lucas verso il primo film della nuova trilogia, “Star Wars: Il Risveglio della Forza”, sono state taglienti. Ha lamentato il tono “retro” imposto dalla Disney, sottolineando il suo impegno nel rendere ogni episodio unico e innovativo. Le sue parole sono state accese, accusando implicitamente la casa di produzione di compromessi artistici e di sminuire il suo contributo creativo. Tuttavia, Lucas ha in seguito ritrattato parte delle sue dichiarazioni, mostrando un atteggiamento più conciliante verso la Disney. Ha visitato i set dei successivi capitoli della saga, riconoscendo il merito di “Rogue One: A Star Wars Story” e apprezzando il coraggio artistico di “Star Wars: Gli Ultimi Jedi”.

La sua influenza sulla saga è rimasta tangibile, con Lucas che ha offerto consulenze al regista J.J. Abrams per “Star Wars: L’Ascesa di Skywalker” e visitando il set della serie televisiva live-action “The Mandalorian”, dimostrando il suo costante coinvolgimento nel mondo da lui creato. Infatti, ha fatto una sorpresa al suo amico Ron Howard sul set di “Solo: A Star Wars Story” e, aggredendo il fantasy televisivo, ha contribuito alla direzione della prima puntata dell’ottava stagione de “Il Trono di Spade”, evidenziando la sua versatilità e il suo interesse per altri progetti cinematografici.

Infine, anche se non ha diretto né scritto il quinto capitolo delle avventure dell’archeologo Indiana Jones, Lucas continua a rivestire il ruolo di produttore esecutivo, mantenendo così un legame indissolubile con un’altra delle sue creazioni iconiche.

Inoltre, il suo endorsement entusiasta della miniserie “Obi-Wan Kenobi” e il suo coinvolgimento nel consultare il team di produzione, dimostrano che l’eredità di Lucas continua a esercitare un’influenza significativa nell’universo cinematografico che ha plasmato.

 

Lucas non è stato solo un regista e sceneggiatore di talento, ma anche un innovatore tecnologico. La sua Industrial Light & Magic ha aperto la strada agli effetti speciali moderni, mentre la sua THX ha migliorato l’esperienza audio nelle sale cinematografiche. La sua visione ha sempre spinto i confini dell’immaginazione, creando storie che parlano di coraggio, amicizia e redenzione. Per il suo contributo al cinema, riceverà un premio alla carriera durante la cerimonia di chiusura del Festival di Cannes 2024.

Mentre celebriamo il suo 80° compleanno, riflettiamo sull’impatto che Lucas ha avuto non solo sul cinema, ma sulla cultura popolare nel suo insieme. La sua eredità vive attraverso le nuove generazioni di film e serie che continuano a esplorare le galassie da lui create, mantenendo vivo il suo spirito di avventura e scoperta. George Lucas è un esempio di come la passione e la creatività possano trasformare le arti e influenzare il mondo. Oggi, mentre gli auguriamo un felice compleanno, lo ringraziamo per averci mostrato che, con la Forza della creatività, non ci sono limiti a ciò che possiamo immaginare e realizzare.

Buon compleanno, George Lucas, e che la Forza sia sempre con te!

Quarant’anni di “Indiana Jones e il Tempio Maledetto”

Compie quarant’anni il capolavoro “Indiana Jones e il tempio maledetto” il film d’avventura diretto da Steven Spielberg, sequel del celebre “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta“. La pellicola, uscita proprio l’8 maggio 1984 negli States, vede Harrison Ford riprendere il ruolo del famoso archeologo e avventuriero Henry Walton Jones, Jr., intento questa volta a salvare un gruppo di bambini indiani rapiti da una setta religiosa che opera all’interno di un tempio maledetto.

Dopo essere fuggiti da una sparatoria in un nightclub ed essere precipitati da un aereo senza piloti, il professor Indiana Jones (Harrison Ford), la cantante Willie Scott (Kate Capshaw) e il dodicenne Short Round (Ke Huy Quan) si ritrovano in un villaggio indiano che patisce la fame e che attribuisce la propria condizione alla perdita di tre pietre mistiche che hanno sempre portato prosperità al villaggio stesso. Jones giura di restituire le pietre rubate, il che porta lui e i suoi improbabili compagni di avventura ad affrontare una sfida mortale. La setta che li tiene prigionieri pratica riti sacrificali umani e una volta lì dentro, i protagonisti si trovano a fronteggiare una serie di pericoli, tra cui punji che feriscono i piedi, il vuoto che risucchia, serpenti velenosi, fuoco e una gigantesca statua di Kālī, la dea della distruzione. Indiana Jones e i suoi alleati riescono a fuggire dal tempio con i bambini in salvo, ma non prima di aver affrontato una serie di scontri con i membri della setta e aver sconfitto i loro malvagi leader.

“Indiana Jones e il tempio maledetto” è stato accolto con entusiasmo dalla critica e dal pubblico, ottenendo un grande successo al botteghino. Tuttavia, il film è stato criticato per il suo tono più cupo e violente scelte narrative rispetto al precedente “Indiana Jones e i predatori dell’Arca Perduta”. In particolare, la scena in cui un cuore umano viene strappato dal petto di un sacrificio vivo ha suscitato molte polemiche.

Nonostante questi punti di critica, “Indiana Jones e il tempio maledetto” resta un film d’avventura avvincente e ben realizzato, con una sontuosa fotografia e una colonna sonora coinvolgente. Harrison Ford, Kate Capshaw e Jonathan Ke Quan offrono delle performance memorabili, e la regia di Steven Spielberg dà vita a una serie di scene spettacolari che affascinano ancora oggi il pubblico di ogni età.