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Rian Johnson e la trilogia perduta di Star Wars: un sogno nella Forza che ancora ci chiama

Ci sono notizie che non arrivano come un fulmine a ciel sereno, ma che comunque ti lasciano senza fiato. Come se un TIE Fighter ti passasse accanto e ti strappasse via un pezzo di anima. Ecco, questo è esattamente l’effetto che ha fatto l’ultima dichiarazione di Rian Johnson: la sua trilogia di Star Wars non è attualmente in fase di sviluppo.
«Al momento non ci stiamo lavorando attivamente, ma se in futuro avesse senso tornare in quell’universo, ne sarei entusiasta», ha detto. E in quella frase gentile, quasi sussurrata, i fan della galassia lontana lontana hanno sentito il suono inconfondibile di un cuore che si spezza in silenzio.

Era il 2017, e io ricordo perfettamente l’euforia. Lucasfilm annunciava con entusiasmo che Rian Johnson, fresco del successo (e delle polemiche) de Gli Ultimi Jedi, avrebbe avuto carta bianca per creare una nuova trilogia. Non un sequel, non un reboot, non l’ennesima eco degli Skywalker, ma una storia nuova, audace, capace di esplorare la Forza da un’angolazione mai vista. Ci avevano promesso una nuova frontiera della saga, e noi – sì, noi – ci avevamo creduto con tutto il cuore.

Perché diciamocelo: al netto delle controversie, Gli Ultimi Jedi era una scossa nella Forza. Johnson aveva osato. Aveva riscritto i miti, messo in discussione l’eroe, ribaltato le aspettative. E, che lo si ami o lo si odi, aveva portato Star Wars in territori narrativi e visivi che profumavano di libertà. Per me, quell’annuncio fu come vedere un nuovo orizzonte aprirsi tra le stelle: la possibilità di un Star Wars finalmente libero dalle catene della nostalgia.

Eppure, eccoci qui, quasi dieci anni dopo, a fare i conti con un brusco risveglio. In un’intervista a The Independent, Rian Johnson lo ha ammesso con una serenità che fa ancora più male: “Mi sto concentrando su altre cose”. Parole che suonano come un addio non detto. L’arrivederci che, nel linguaggio galattico del fandom, sa tanto di “mai più”.
E io, lo ammetto, ho sentito lo stesso struggimento di Luke quando guarda i due soli tramontare su Tatooine. Una nostalgia dolceamara che ti stringe il petto.

Ma non si può dire che Rian sia rimasto fermo. Dalla saga di Knives Out alla serie Poker Face, ha costruito un suo universo di misteri eleganti e personaggi magnetici. Un cineasta completo, con una voce riconoscibile e personale. Solo che, per chi come me ha sempre visto Star Wars come una mitologia viva, il pensiero di cosa avrebbe potuto creare con totale libertà resta un fantasma che aleggia come un ologramma azzurro nel buio della memoria.

Intanto, Lucasfilm ha cambiato rotta. Ha trovato nuova linfa nelle serie televisive, e non possiamo negarlo: Andor, The Mandalorian, Ahsoka – ciascuna a modo suo – hanno riportato la saga a respirare. Hanno dato spazio a nuovi protagonisti, nuove sfumature, nuove prospettive. Ma quella promessa del 2017? Quella visione audace e totalmente slegata dal passato? È rimasta sepolta tra gli archivi segreti di Coruscant, in attesa che qualcuno riapra la porta.

Ed è questo il vero rimpianto. Perché Rian Johnson aveva la possibilità di riscrivere le regole, di offrirci un Star Wars dove la Forza non fosse solo luce e oscurità, ma un ventaglio di infinite sfumature. Avremmo potuto esplorare nuovi mondi, nuovi linguaggi, nuovi miti.
Ma il tempo, si sa, è un Signore dei Sith inflessibile. Archivia tutto. E ogni tanto, come in questo caso, decide che certi sogni devono restare in sospeso, come navi ferme nell’iperspazio.

Eppure… non riesco a rassegnarmi. Perché se c’è una cosa che Star Wars mi ha insegnato, è che nulla è mai davvero perduto. La speranza è la scintilla che accende la ribellione. Forse un giorno, quando le orbite si riallineeranno, Rian Johnson tornerà in quella galassia e ci regalerà la trilogia che abbiamo sempre sognato.
Magari non ora, magari non presto. Ma chissà: ogni Jedi sa che il destino è solo una questione di tempo.

E voi?
Ci credete ancora? Avreste voluto vedere questa trilogia prendere forma, o pensate che la saga abbia fatto bene a seguire altre strade?
Raccontatemelo nei commenti, e se anche voi sentite questo piccolo rimpianto vibrare nella Forza, condividete l’articolo: la galassia di CorriereNerd.it è grande abbastanza per tutte le speranze di chi non smette mai di sognare.

Star Wars: Starfighter – Ryan Gosling e un cast stellare per il futuro della saga galattica

C’è un ronzio familiare che riecheggia tra le stelle, un sussurro di iperspazio che annuncia un ritorno tanto atteso. Lucasfilm ha finalmente tolto il velo da quello che promette di essere uno dei progetti più ambiziosi della sua storia recente: Star Wars: Starfighter, diretto da Shawn Levy. Il film uscirà il 28 maggio 2027, una data simbolica e carica di emozione: esattamente cinquant’anni dopo la prima proiezione di Una Nuova Speranza. È come chiudere un cerchio cosmico, solo per disegnarne uno nuovo, più grande, luminoso, pieno di possibilità.

Un nuovo inizio per la galassia lontana lontana

Questa volta non ci saranno Skywalker a tracciare la rotta. Starfighter nasce come storia originale, ambientata cinque anni dopo gli eventi de L’Ascesa di Skywalker, in un’epoca mai esplorata prima. È una scelta coraggiosa, quasi un atto di ribellione nei confronti della propria mitologia. Dopo decenni di eredità familiare e dinastie di Jedi e Sith, la saga sceglie l’emancipazione, liberandosi dalle ombre dei nomi che l’hanno costruita. Il messaggio è chiaro: la Forza è viva, ma appartiene a tutti.

Il titolo è già una dichiarazione d’intenti: Starfighter sarà un inno alle battaglie spaziali, quelle che hanno reso immortale la saga. Quelle in cui il respiro si blocca mentre l’X-Wing vira tra i detriti della Morte Nera, o quando seguiamo Poe Dameron in manovre impossibili, sospesi tra il ritmo del blaster e la musica di John Williams. Qui la promessa è di andare oltre. Nuove astronavi, nuove strategie, nuove tecnologie e, soprattutto, nuove emozioni.

Shawn Levy al timone: l’uomo giusto per l’iperspazio

Scegliere Shawn Levy come regista è stata una mossa sorprendente, ma perfettamente logica. Levy, che abbiamo amato per Stranger Things e per il folle e irresistibile Deadpool & Wolverine, è un narratore che sa mescolare cuore, ironia e spettacolo. È uno di quei registi che conoscono il linguaggio della cultura pop e sanno parlare alle nuove generazioni senza perdere il rispetto per i miti fondativi.

“Un sogno che diventa realtà”, ha detto Levy in un’intervista. E come dargli torto? Dirigere Star Wars non è semplicemente fare cinema: è toccare un mito collettivo, è maneggiare la materia dei sogni. Levy sembra pronto ad affrontare questa responsabilità, con il suo stile sincero e la capacità di bilanciare dramma e leggerezza.

Il cast: quando le stelle si incontrano

A far esplodere i forum e i gruppi social è stato, naturalmente, il cast. Al centro della scena ci sarà Ryan Gosling, in un ruolo ancora avvolto dal mistero. Dopo aver illuminato lo schermo in Barbie, l’attore più magnetico della sua generazione è pronto a volare in una galassia lontana lontana. Sarà un Jedi tormentato? Un pilota ribelle? O qualcosa di completamente nuovo? Lucasfilm mantiene il segreto, ma la curiosità dei fan cresce come un campo di asteroidi.

Accanto a lui troveremo Matt Smith, che dopo essere stato il volto del Doctor Who e il crudele Daemon Targaryen di House of the Dragon, sembra destinato a diventare il grande villain del film. Un ritorno atteso, considerando che il suo debutto nella saga era stato cancellato durante la produzione di L’Ascesa di Skywalker. Ora, finalmente, la Forza lo ha richiamato.

A completare il triangolo principale, Mia Goth, musa dell’horror contemporaneo, qui in un ruolo che i rumor descrivono come oscuro e affascinante. Una Sith insieme a Smith? Forse. I fan già sognano un duo carismatico e spietato, un nuovo paradigma del lato oscuro.

Ma non finisce qui. Nel cast figurano anche Aaron Pierre, Simon Bird, Jamael Westman, Daniel Ings, Amy Adams e il giovane Flynn Gray. Un ensemble che mescola energia fresca e talento consolidato, in perfetto equilibrio tra nuove leve e nomi di prestigio.

Matt Smith rompe il silenzio

In una recente intervista a A Rabbit’s Foot, Matt Smith ha confermato il suo coinvolgimento nelle riprese, rivelando un dettaglio affascinante: “In questo periodo stiamo lavorando al costume. È una parte fondamentale per entrare nel personaggio. A dicembre sarò sul set di Star Wars, e vogliamo creare un look che sia davvero unico.” Parole che hanno scatenato speculazioni infinite. Che aspetto avrà il suo personaggio? Un Sith elegante e tragico, forse, o un comandante imperiale rinato dalle ceneri del Primo Ordine?

Tra mito e rinascita

Star Wars: Starfighter non è solo un film. È un evento culturale. Dopo anni in cui la saga ha trovato nuova linfa vitale sul piccolo schermo con The Mandalorian, Andor e Ahsoka, Lucasfilm torna nel suo habitat naturale: il cinema. E lo fa con una dichiarazione d’amore.

Il 2027 non sarà solo l’anno di un nuovo capitolo, ma anche quello della celebrazione di Una Nuova Speranza, il film che nel 1977 cambiò per sempre la storia del cinema e della cultura pop. Vedere nello stesso periodo il classico originale e una nuova avventura interstellare sarà come specchiarsi tra passato e futuro, tra il mito e la sua eredità.

La Forza del futuro

La sfida di Starfighter è immensa: raccontare qualcosa di nuovo senza dimenticare ciò che ci ha fatto sognare per mezzo secolo. Sarà il film che dovrà riportare Star Wars al centro dell’immaginario collettivo, dopo anni di alti e bassi, di dibattiti e polarizzazioni.

Eppure, se c’è un momento in cui la galassia ha bisogno di rinascere, è proprio questo. La Forza non è mai stata più viva. E il 28 maggio 2027 non sarà solo una data segnata sui calendari: sarà una promessa. Un nuovo viaggio tra le stelle, una nuova leggenda in costruzione.

Perché Star Wars, dopotutto, non è mai stato solo un film. È un linguaggio universale. E con Starfighter, la sua storia è pronta a riprendere il volo.

George Lucas dice addio per sempre a Star Wars: il Maestro che insegnò alla Forza a raccontare storie

Dopo oltre quarant’anni di viaggi iperspaziali, George Lucas abbandona ufficialmente ogni ruolo nella supervisione di Star Wars per dedicarsi anima e corpo al Lucas Museum of Narrative Art. Un addio silenzioso, quasi zen, che segna la fine di un’era.

C’è qualcosa di profondamente malinconico nel vedere il creatore di un mito allontanarsi dal proprio universo. George Lucas, l’uomo che trasformò la fantascienza in religione pop, ha confermato ciò che da tempo temevamo: Star Wars non è più “sua”. Dopo la vendita della Lucasfilm alla Disney nel 2012 — un passaggio di testimone da 4,05 miliardi di dollari — il padre della Forza ha ufficializzato il suo totale distacco dalla saga, sigillando definitivamente il portale che collegava il suo immaginario all’infinito.

“Certo che l’ho superata. Ho una vita. Sto costruendo un museo. E un museo è più difficile da realizzare che fare film”, ha dichiarato con la pacatezza di un Maestro Jedi che contempla il tramonto su Tatooine. Parole semplici, eppure devastanti. Dietro la serenità, si avverte la rassegnazione di chi ha compreso che la sua creatura, ormai, ha intrapreso un viaggio da cui non tornerà più.

La Forza si è fatta algoritmo

Lucas non ha mai nascosto la sua delusione per la direzione intrapresa dal franchise. Negli ultimi anni, mentre il pubblico si divideva fra nostalgici e neofiti, lui osservava da lontano, come un Obi-Wan in esilio, il lento mutare del mito. “Ero l’unico che sapesse davvero cosa fosse Star Wars — ha detto — la Forza, per esempio, nessuno la capiva davvero. Quando altri hanno iniziato a occuparsene, molte idee si sono perse. Ma così va la vita.”

Dietro questa frase si nasconde il senso di perdita di un’intera generazione. La Forza, nata come equilibrio tra spiritualità e tecnologia, è diventata col tempo una formula industriale, un algoritmo narrativo perfetto ma senz’anima. I nuovi episodi, da The Rise of Skywalker alle serie come The Acolyte, hanno ampliato l’universo ma ridotto la magia. Non mancano prodotti eccellenti, ma il sentimento è mutato: Star Wars oggi è un multiverso brandizzato, non più una fiaba iniziatica.

Eppure, chi conosce la filosofia lucasiana sa che il creatore non è mai stato schiavo della nostalgia. Lucas ha sempre creduto nella trasformazione, nella ciclicità del mito: il Maestro sa quando è tempo di cedere la spada laser.

Dal Millennium Falcon al Museo del Racconto

È così che nasce il Lucas Museum of Narrative Art, la nuova “galassia” del cineasta, in costruzione a Los Angeles. Un tempio moderno dedicato alla potenza del racconto, che unirà arte popolare, illustrazione, fumetto, animazione, fotografia e cinema in un unico grande flusso di narrazione visiva.

Con l’aiuto della moglie Mellody Hobson, Lucas ha investito la sua ultima grande energia in questa impresa titanica, concepita come un’arca per l’immaginazione umana. Nel museo troveranno spazio i maestri della pittura e gli eroi del fumetto, da Norman Rockwell a Moebius. Star Wars occuperà solo “una trentatreesima parte” della collezione, a testimonianza del suo desiderio di guardare oltre, di uscire dall’orbita del proprio mito.

È quasi poetico pensare che Lucas, l’uomo che ha trasformato il racconto visivo in religione globale, dedichi il suo crepuscolo a un luogo dove il racconto stesso diventa arte. Come se avesse deciso di scolpire la Forza nel marmo, di renderla tangibile e universale.

Il discepolo della luce: Dave Filoni

Ma ogni maestro lascia un apprendista. E nell’universo lucasiano, quell’erede ha un nome preciso: Dave Filoni. Regista, animatore e oggi “chief creative officer” di Lucasfilm, Filoni è il guardiano dell’eredità spirituale del suo mentore. Con The Clone Wars, Rebels, The Mandalorian e Ahsoka, ha mantenuto viva la vena mitopoietica della saga, intrecciando la filosofia Jedi con il linguaggio seriale moderno.

“Lucas è sempre stato la nostra guida invisibile,” ha confessato Filoni. “Sapere che il Maestro approvava ciò che facevamo era come sentire la sua voce nella Forza.”
Oggi, mentre il creatore costruisce un museo e non astronavi, Filoni è l’ultimo Jedi della vecchia scuola, colui che cerca di bilanciare intrattenimento e spiritualità, mito e marketing.

Una galassia orfana del suo architetto

Il distacco di Lucas non è un atto di rancore, ma di pace. È la chiusura del cerchio, il compimento del destino di chi ha generato un universo e lo ha lasciato libero di esistere.
Tuttavia, per noi fan, è impossibile non sentire un vuoto cosmico. Perché Star Wars non è mai stato solo un franchise, ma una mitologia contemporanea. E Lucas ne era il demiurgo: il contadino della valle di Modesto che sognò le stelle e ci insegnò che “la Forza sarà sempre con noi”.

Quando il Lucas Museum aprirà le sue porte nel 2026, non ci troveremo davanti a una semplice esposizione. Sarà l’ultimo messaggio di un uomo che ha creduto nella potenza universale della narrazione.
E forse, tra un quadro e una cel di Akira, sentiremo ancora l’eco di un vecchio Jedi che sussurra, con voce serena:

Ahsoka Stagione 2: una nuova speranza nella galassia lontana. Tutti i dettagli, le novità e i misteri del ritorno della Jedi ribelle

L’attesa per un nuovo capitolo dell’epopea di George Lucas non è mai una questione di semplice hype, ma una vera e propria energia cosmica che unisce intere generazioni di fan sparsi per la galassia. E in questo preciso istante, quella forza ha un nome e un volto inconfondibile: Ahsoka Tano. La seconda stagione di Ahsoka, l’attesissima serie Disney+ prodotta da Lucasfilm, non è solo un evento televisivo, è il punto di non ritorno della narrativa Star Wars dell’era Dave Filoni.

Annunciata ufficialmente tra l’entusiasmo della Star Wars Celebration di Tokyo e la successiva conferma bomba al New York Comic-Con 2025, questa nuova avventura galattica si preannuncia come il tassello fondamentale per comprendere il futuro del franchise. Il progetto di espansione dell’universo televisivo di Star Wars, capitanato dai “filosofi Jedi” Dave Filoni e Jon Favreau, sta per alzare l’asticella. Le riprese, partite lo scorso 28 aprile e terminate a inizio ottobre, fanno già sognare un debutto su Disney Plus fissato per il novembre 2026.

La Guerriera Togruta e il Ritorno che Infiamma il Fandom

Rosario Dawson, l’attrice che incarna magistralmente la Jedi ribelle dai lekku iconici, ha saputo cogliere l’essenza dell’attesa con un gesto semplice quanto potente. La foto simbolica pubblicata sul suo Instagram all’inizio delle riprese – la silhouette di Ahsoka Tano stagliata in controluce contro un sole alieno – non è stata una semplice foto dal set, ma il manifesto di un ritorno. Un’immagine che, in un lampo, ha acceso il fandom nerd e geek, rendendola l’icona dell’attesa per eccellenza.

Ahsoka Tano non è più un personaggio secondario nato dalle ceneri della serie animata The Clone Wars, è il cuore pulsante della nuova era di Star Wars. La sua storia, maturata tra Rebels e le apparizioni in The Mandalorian, trova il suo definitivo punto focale in questa serie. Dopo il finale mozzafiato della prima stagione, la galassia è sull’orlo del caos. Ahsoka e Sabine Wren si ritrovano isolate sul misterioso e affascinante pianeta di Peridea, mentre il nemico più temibile, il Grand’Ammiraglio Thrawn – interpretato dall’inquietante Lars Mikkelsen – riorganizza le sue forze con l’appoggio delle enigmatiche e oscure Grandi Madri.

Tono Cinematografico e l’Ombra di Rogue One

Le prime indiscrezioni sul mood della nuova stagione arrivano direttamente da una voce d’autore: Bryce Dallas Howard. La regista, ormai veterana dell’universo Star Wars dopo i suoi acclamati episodi di The Mandalorian, ha rivelato al Comic-Con che l’intenzione è chiara: dare alla serie un tono ancora più cinematografico. Ogni episodio, con una durata stimata tra i 45 e i 60 minuti, sarà un piccolo film a sé. Non è un caso che per la direzione della fotografia sia stato chiamato un talento proveniente dal capolavoro oscuro e crudo, Rogue One: A Star Wars Story. Un segnale inequivocabile: Lucasfilm non sta badando a spese né a dettagli. La post-produzione, della durata di un intero anno, è la prova tangibile che la cura per gli effetti speciali, l’animazione e la resa visiva sarà maniacale, all’altezza del grande schermo.

Filoni e Favreau: Gli Architetti del Crossover Galattico

Quando si parla di una narrazione interconnessa e di un’espansione coerente dell’immaginario sci-fi di Star Wars, due nomi vengono subito in mente. Dave Filoni, l’erede spirituale di George Lucas, continua a tessere la sua tela narrativa firmando personalmente ogni sceneggiatura della nuova stagione. Affiancato dal genio produttivo di Jon Favreau, Filoni sta costruendo un vero e proprio ponte narrativo che culminerà nell’ambizioso film crossover, The Mandalorian & Grogu.

Questo progetto faraonico non sarà un semplice sequel, ma un crossover cinematografico che unirà i fili di tutte le serie del Mandoverse: The Mandalorian, The Book of Boba Fett, Ahsoka e l’imminente Skeleton Crew. Una vera e propria saga corale che richiama la grande tradizione dei team-up supereroistici, dove ogni personaggio convergerà in un’epica battaglia finale contro una minaccia comune, molto probabilmente il riorganizzato Impero di Thrawn.

Un Cast Stellate: Tributi, Ritorno e il Nuovo “Mastino”

Il fascino della seconda stagione di Ahsoka risiede non solo nella trama, ma nel cast di Star Wars che torna a brillare. Accanto a Rosario Dawson, rivedremo la determinazione di Natasha Liu Bordizzo nei panni di Sabine Wren e l’atteso ritorno di Eman Esfandi come Ezra Bridger, il Jedi disperso finalmente ritrovato.

Ma un elemento ha commosso e intrigato profondamente il fandom: il tributo all’indimenticabile Ray Stevenson, l’interprete di Baylan Skoll, scomparso nel 2023. Il personaggio, essenziale per la trama, non sarà eliminato, ma subirà un recasting con una scelta sorprendente: Rory McCann, celebre per aver interpretato “il Mastino” in Game of Thrones. Un passaggio di testimone che unisce rispetto, sfida attoriale e la promessa di mantenere l’oscura profondità del personaggio.

E non è tutto. I rumor più insistenti parlano di una possibile comparsa di Zeb Orrelios (altro amato personaggio di Rebels) e dell’iconico Ammiraglio Ackbar. Il vero “colpo al cuore”, però, è l’atteso ritorno di Hayden Christensen nei panni di Anakin Skywalker in nuove, emozionanti sequenze flashback. Questi momenti saranno cruciali per scavare ancora più a fondo nel complesso e amatissimo rapporto maestro-apprendista tra Anakin e la sua Padawan Ahsoka, uno dei pilastri emotivi dell’intera saga fantascientifica.

Ombre di Mortis e la Profezia della Forza

La nuova stagione di Ahsoka si annuncia come un profondo viaggio spirituale tra Lato Chiaro e Lato Oscuro. L’ombra di Baylan Skoll e i suoi enigmatici dialoghi con la Forza, uniti alle sue allusioni al mitico e spirituale sistema di Mortis – luogo mistico che incarna gli equilibri cosmici della Forza – aprono la strada a una dimensione mitologica ancora inesplorata.

Dave Filoni ha lasciato intendere che i nuovi episodi esploreranno l’eterna dualità tra l’equilibrio interiore e il destino, il senso di colpa e la speranza. Una tematica che rispecchia perfettamente la maturazione di Ahsoka, la Jedi che ha scelto di non esserlo più, e che proprio in questa sua scelta di libertà incarna il senso più puro e complesso della Forza stessa.

L’Anti-Eroina Shin Hati: Tra Potere e Redenzione

Tra i personaggi più affascinanti e moralmente ambigui c’è senza dubbio Shin Hati, l’apprendista Sith-like interpretata da Ivanna Sakhno. Ora che ha perso il suo maestro, Shin si ritrova a capo di una banda di mercenari su Peridea. L’attrice ha promesso che il suo arco narrativo sarà “più grande e più approfondito”, emergendo come una nuova figura tragica divisa tra la brama di potere e la possibilità di redenzione. Un classico archetipo di Star Wars che Filoni, da narratore sopraffino, saprà maneggiare con rara maestria.

Se la prima stagione aveva sfruttato abbondantemente la tecnologia The Volume (i maxi schermi LED per set virtuali), la seconda punta a un equilibrio più dinamico con le riprese in esterni reali. Una scelta che vuole dare ad Ahsoka l’impatto visivo di un blockbuster cinematografico. E se il breve teaser proiettato a Tokyo ha omaggiato il tono e lo stile de L’Impero colpisce ancora, allora la nuova stagione non sarà solo un sequel, ma un vero e proprio atto d’amore viscerale verso il cuore pulsante e oscuro della saga originale.

In un panorama televisivo sempre più denso, Ahsoka si conferma il punto di convergenza tra la nostalgia per la trilogia classica e la serialità contemporanea. La storia di Ahsoka Tano non è solo la parabola di una guerriera ribelle, ma la narrazione di una donna che ha scelto di restare fedele alla luce, anche quando il resto della galassia è avvolto dall’oscurità più profonda. Il viaggio è appena ricominciato.


E voi, cari lettori di CorriereNerd.it, cosa vi aspettate dal ritorno di Ahsoka? Quale sequenza flashback con Anakin sognate di vedere? Siete pronti all’epico crossover del Mandoverse? Ditecelo nei commenti qui sotto e condividete l’articolo sui vostri social network! Che la Forza sia con i vostri dibattiti!

Star Wars: Visions Volume 3 – L’anime che fonde Forza e immaginazione torna su Disney+

L’hype galattico ha raggiunto il picco. Lucasfilm e Disney+ hanno sganciato la notizia che i fan della sperimentazione creativa attendevano con ansia: il trailer ufficiale di Star Wars: Visions Volume 3 è tra noi, e l’arrivo della nuova antologia è fissato per il 29 ottobre 2025 su Disney+. Non si tratta di una semplice appendice della saga, ma della continuazione di uno degli esperimenti più audaci e visivamente sbalorditivi mai tentati nel vasto universo di Star Wars: l’antologia di corti anime che ha il coraggio di ignorare il canone per scatenare la pura, irrefrenabile immaginazione. Dopo aver aperto i battenti nel 2021 con il primo volume interamente nipponico e aver allargato gli orizzonti creativi con il secondo, che ha coinvolto studi di animazione da tutto il mondo nel 2023, Visions torna alle sue radici culturali, ma con una potenza di fuoco artistica mai vista. Questa terza iterazione è interamente affidata a ben nove studi giapponesi, ciascuno portatore di un pedigree che fa tremare le fondamenta del fandom e promette una miscela esplosiva di estetica anime e pura epica galattica.

I Nove Samurai dell’Animazione: Un Pantheon Creativo

Guardate questa lista e preparatevi a un sussulto di pura gioia: David Production, Production I.G., TRIGGER, Kinema Citrus, Kamikaze Douga, ANIMA, WIT Studio, Polygon Pictures e Project Studio Q. Leggere questi nomi non è solo un elenco, è una promessa di eccellenza. Stiamo parlando delle fucine creative dietro titoli leggendari che spaziano da Attack on Titan a Kill la Kill, da Haikyu!! a Evangelion, passando per il recente successo di Delicious in Dungeon. Ognuno di questi colossi porterà un proprio, distintivo stile visivo e poetica narrativa, garantendo che i nove corti siano altrettanti frammenti di un mosaico che mescola il folklore nipponico con le spade laser, i viaggi spirituali con le battaglie stellari. Una collisione culturale fertile che continua ad espandere i confini del “cosa può essere” Star Wars.

Il nuovo volume proporrà nove visioni della Forza inedite, ciascuna con una sua identità. Tra i titoli già confermati, spiccano The Duel: Payback (Kamikaze Douga + ANIMA), che riporta in scena il magnetico Ronin, e The Smuggler firmato da TRIGGER, garanzia di adrenalina ipercinetica. C’è poi Yuko’s Treasure (Kinema Citrus) e The Bounty Hunters (WIT Studio), a testimoniare la diversità di generi esplorati, dal fantasy avventuroso alla caccia spietata.


“BLACK”: La Visione Lisergica di Shinya Ohira

Se un corto in particolare ha già scatenato l’interesse più morboso, è senza dubbio “BLACK,” presentato in anteprima ad Anime NYC. Dietro questa visione c’è Shinya Ohira, un vero e proprio animatore di culto che ha lasciato il segno in capolavori come Akira, La città incantata e persino l’iconico Kill Bill Vol. 1.

La sua opera è stata descritta come disturbante e psichedelica. Il protagonista è uno stormtrooper logorato da un conflitto interiore che trascende il campo di battaglia, intrappolato in una lotta atemporale tra luce e oscurità, vita e morte. Ohira ha orchestrato l’episodio come un incubo animato, amplificato dalla voce e dalla musica della cantante Sakura Fujiwara, che si fondono con le immagini in una sinfonia lisergica. Lo stesso Ohira ha ambiziosamente dichiarato di aver concepito BLACK come qualcosa di “mai visto prima,” con una meticolosità ossessiva nel disegnare ogni dettaglio, dalla resa della Morte Nera fino alle pieghe delle armature. Il suo intento non è dare risposte, ma aprire voragini di domande.


Il Ritorno di Lah Kara: Un Ponte Verso il Futuro

Oltre alle elettrizzanti novità, Visions Volume 3 è anche un luogo di attesi ritorni. Rivredremo il Ronin di The Duel e F da The Village Bride, ma il vero colpo di scena è la ricomparsa di Lah Kara, l’eroina di The Ninth Jedi. Lucasfilm ha dimostrato di voler investire pesantemente su questa linea narrativa: il corto The Ninth Jedi: Child of Hope non sarà solo un episodio a sé stante, ma fungerà da ponte verso una nuova serie spin-off: Star Wars: Visions Presents – The Ninth Jedi, attesa per il 2026.

Questo annuncio ha infiammato i cuori dei fan, poiché l’episodio originale aveva introdotto un concetto affascinante e amatissimo: le spade laser che cambiano colore in base alle emozioni del portatore. Una premessa narrativa che offre un potenziale infinito e dimostra come la libertà creativa di Visions possa, a sorpresa, generare nuovi, affascinanti angoli della mitologia ufficiale.


La Forza della Libertà Creativa

Fin dal suo debutto nel 2021, Visions ha brillantemente dimostrato che la vera Forza del franchise risiede nella sua capacità di rigenerarsi attraverso lenti culturali e creative diverse. La sua essenza più profonda sta nella totale libertà artistica concessa ai creatori: nessun vincolo di canone, nessuna ansia di “ufficialità”. Solo pura, intima immaginazione, capace di produrre storie che sono spesso poetiche, a volte spiazzanti e sempre sorprendenti.

Il trailer, che preannuncia stili visivi diversissimi, dal dinamismo ipercinetico di alcune sequenze al minimalismo contemplativo di altre, non fa che alimentare questa sensazione. Ogni corto, in fondo, è un piccolo haiku stellare, un frammento che parla di Jedi e Sith, ma soprattutto di emozioni umane e universali. Il poster ufficiale, rilasciato da Lucasfilm, è un manifesto di questa filosofia: spade che fendono l’oscurità, armature spezzate, eroi vecchi e nuovi.

Il 29 ottobre 2025 non è una semplice data nel calendario, è l’inizio di un nuovo viaggio nel lato più sperimentale e affascinante di Star Wars. In un’epoca in cui la space opera di Lucas rischia di ingabbiarsi nei propri meccanismi narrativi, Visions Volume 3 è la prova scintillante che la Forza, quando le viene data libertà, non smette mai di reinventarsi. Siete pronti a farvi travolgere da nove nuove e folli visioni?

E ora tocca a voi, membri della community nerd: quale corto attendete di più? Vi incuriosisce la follia psichedelica di BLACK o siete tra quelli che non vedono l’ora di rivedere Lah Kara? Raccontatecelo nei commenti su CorriereNerd.it e continuate a seguirci su Instagram, Telegram, Facebook e X per tutte le novità dalla galassia nerd!

Il teaser di The Mandalorian & Grogu: il ritorno della galassia di Star Wars sul grande schermo

La galassia lontana lontana è pronta a riaccendere le luci delle sale cinematografiche. Dopo anni di attesa, Lucasfilm e Disney hanno finalmente mostrato al pubblico il primo teaser trailer di The Mandalorian & Grogu, il film che porterà per la prima volta sul grande schermo la coppia che ha conquistato milioni di spettatori nel mondo: Din Djarin, il cacciatore di taglie interpretato da Pedro Pascal, e il piccolo Grogu, ormai icona planetaria conosciuta da tutti come “Baby Yoda”. L’uscita del film, fissata per il 20 maggio 2026 in Italia e due giorni dopo negli Stati Uniti, non rappresenta soltanto il ritorno del franchise di Star Wars nelle sale dopo L’Ascesa di Skywalker del 2019, ma segna anche un passaggio simbolico e narrativo: The Mandalorian, nato come serie per Disney+, si trasforma in un evento cinematografico globale, aprendo un nuovo capitolo dell’epopea creata da George Lucas quasi cinquant’anni fa.


La storia di The Mandalorian & Grogu si colloca in un momento delicato della cronologia di Star Wars, successivo alla caduta dell’Impero ma ancora lontano dalla stabilità promessa dalla Nuova Repubblica. La vittoria della Ribellione non ha cancellato del tutto le minacce che serpeggiano nella galassia: signori della guerra imperiali continuano a esercitare il loro potere su pianeti isolati, mentre nuove fazioni cercano di approfittare del vuoto lasciato dal crollo del Palpatine. In questo scenario incerto, la Nuova Repubblica decide di affidarsi a chi ha già dimostrato di poter cambiare le sorti degli eventi. Din Djarin, accompagnato dal suo apprendista Grogu, viene richiamato in azione per affrontare un conflitto che va ben oltre le missioni da cacciatore di taglie. Il teaser trailer mostra fugaci scorci di questo nuovo percorso: inseguimenti nello spazio, battaglie terrestri con Snowtrooper e AT-AT in azione, ma anche momenti più leggeri che confermano la formula che ha reso la serie madre un fenomeno culturale. Grogu, con la sua innata curiosità, viene mostrato al fianco di due Anzellans, minuscoli e ingegnosi alieni che aggiungono un tocco di comicità e mistero.


Dietro la macchina da presa: l’impronta di Jon Favreau e Dave Filoni

La regia del film è affidata a Jon Favreau, già architetto narrativo di The Mandalorian e figura centrale nella rinascita di Star Wars in televisione. Favreau non si limita a dirigere: ha anche scritto la sceneggiatura insieme a Dave Filoni, storico collaboratore di George Lucas e creatore di The Clone Wars e Ahsoka. Questa collaborazione promette di mantenere intatta la coerenza narrativa costruita negli ultimi anni, ma con l’ampiezza e la spettacolarità che solo il grande schermo può garantire.

A sostenere la produzione troviamo nomi di peso: Kathleen Kennedy, presidente di Lucasfilm e custode della saga, Ian Bryce, veterano di Hollywood con esperienza in blockbuster come Salvate il soldato Ryan, e naturalmente lo stesso Filoni. Non manca nemmeno il ritorno del premio Oscar Ludwig Göransson, che con le sue partiture ha definito il nuovo suono di Star Wars, regalando al pubblico un tema musicale ormai iconico quanto quello di John Williams.


Un set monumentale: tra California e cifre record

La lavorazione di The Mandalorian & Grogu è stata imponente. Le riprese sono iniziate nell’agosto del 2024 in California e si sono protratte per oltre tre mesi, con la partecipazione di più di 500 membri della troupe e 3.500 comparse. Lo Stato della California ha sostenuto il progetto con un incentivo fiscale record di 21 milioni di dollari, il più alto mai concesso dal suo programma, segno dell’importanza del film non solo a livello creativo ma anche economico.

Il set ha combinato tecnologia all’avanguardia, come l’ormai celebre StageCraft – il sistema di schermi LED che ha rivoluzionato la produzione di effetti visivi – con scenografie fisiche di proporzioni colossali. L’obiettivo dichiarato di Favreau è chiaro: trasformare la serie televisiva più amata di Disney+ in un’esperienza cinematografica capace di reggere il confronto con le grandi trilogie del passato.


Il cast: tra ritorni e sorprese inaspettate

Pedro Pascal tornerà nei panni di Din Djarin, ma non sarà l’unica star a brillare. L’annuncio che ha sorpreso tutti è stato quello di Sigourney Weaver, leggenda del cinema di fantascienza, che interpreterà un ufficiale della Nuova Repubblica. La sua presenza, oltre a garantire prestigio, promette di aggiungere complessità a un universo che continua a intrecciare personaggi nuovi e vecchi.

Accanto a lei, Jeremy Allen White, premiato per la serie The Bear, darà la voce a Rotta, il figlio di Jabba the Hutt, figura che potrebbe avere un ruolo cruciale nelle lotte di potere che minacciano l’ordine galattico. Jonny Coyne, già apparso nella terza stagione di The Mandalorian, tornerà nei panni del Warlord Imperiale, mentre i fan sperano di rivedere volti noti come Katee Sackhoff (Bo-Katan Kryze), Emily Swallow (The Armorer) e Paul Sun-Hyung Lee (Carson Teva).

Non è da escludere la comparsa di personaggi provenienti da Ahsoka, come la Ahsoka Tano di Rosario Dawson o la Sabine Wren di Natasha Liu Bordizzo, a conferma della crescente interconnessione dell’universo live-action di Star Wars.


Un’attesa lunga sette anni

Il 22 maggio 2026 segnerà non solo l’uscita del film, ma anche il ritorno di Star Wars nelle sale dopo una pausa cinematografica durata sette anni. In questo periodo, l’universo della saga è sopravvissuto e prosperato soprattutto grazie alle serie televisive, da The Mandalorian a Andor, passando per Obi-Wan Kenobi e Ahsoka. Con The Mandalorian & Grogu, Lucasfilm intende però dimostrare che il cuore della saga batte ancora forte anche al cinema, il luogo in cui tutto ebbe inizio nel 1977.

Le aspettative sono altissime. Il pubblico si aspetta una storia che sappia fondere azione spettacolare e intimità emotiva, in perfetto equilibrio con la tradizione di Star Wars. Favreau e Filoni hanno più volte ribadito che il film sarà una storia autonoma, pensata per il grande schermo, ma perfettamente collegata agli eventi della serie. In altre parole, non un semplice “episodio speciale”, ma un capitolo fondamentale nella costruzione del futuro del franchise.


Un evento che segnerà un’epoca

The Mandalorian & Grogu non è soltanto un film. È una dichiarazione d’intenti: il segnale che Lucasfilm vuole proseguire il percorso di espansione dell’universo narrativo senza abbandonare le radici del mito. Portare Din Djarin e Grogu sul grande schermo significa consacrare definitivamente due figure che hanno già conquistato l’immaginario collettivo, ma significa anche aprire le porte a una nuova fase narrativa, in attesa della quarta stagione della serie già confermata.

Se le promesse saranno mantenute, il 2026 potrebbe essere ricordato come l’anno in cui Star Wars ha trovato un nuovo equilibrio tra passato e futuro. L’anno in cui un cacciatore di taglie e il suo piccolo compagno hanno riportato la magia di una galassia lontana lontana a brillare nel buio della sala cinematografica.

Mark Hamill non vuol tornare nei panni di Luke

Ci sono notizie che per un fan di Star Wars suonano come un colpo di blaster dritto al cuore. Una di queste è arrivata di recente: Mark Hamill, il volto e l’anima di Luke Skywalker, ha dichiarato di non avere alcuna intenzione di tornare nella saga, nemmeno sotto forma di Fantasma della Forza. Un addio netto, ironico e consapevole, che segna la chiusura di un cerchio aperto nel 1977 e che ci costringe, volenti o nolenti, a guardare avanti.

Hamill ha raccontato più volte che il suo ritorno in The Force Awakens non era affatto scontato. Dopo trentadue anni lontano dal personaggio, l’attore aveva serie riserve: temeva che fosse un errore tentare di “imbottigliare di nuovo il fulmine”, che sarebbe stato meglio concentrarsi sulla nuova generazione di eroi. A convincerlo non fu un improvviso cambio di prospettiva, ma la decisione di Harrison Ford di indossare ancora i panni di Han Solo. Hamill non voleva essere l’unico a rifiutare e, con Carrie Fisher al suo fianco, si sentì “arruolato”. La forza della vecchia guardia, in fondo, era sempre stata quella di restare uniti.

Il ritorno non fu però privo di conflitti interiori. L’attore ha spesso confessato il suo disagio verso alcune scelte narrative della nuova trilogia, arrivando a ribattezzare ironicamente il suo personaggio in Gli Ultimi Jedi “Jake Skywalker”, perché troppo distante dall’idealista che guardava le stelle da Tatooine. Hamill si è poi scusato pubblicamente per aver espresso dubbi in modo così aperto, dimostrando un raro senso di professionalità. Ma il malessere era reale: dopo la perdita di Han e l’assenza di Carrie Fisher, anche per lui la magia del trio originale non poteva più ricomporsi.

Eppure, la saga gli ha regalato un ultimo dono inatteso. Grazie alla tecnologia digitale, Hamill ha potuto incarnare un Luke giovane e potente in The Mandalorian e The Book of Boba Fett. Era il frammento che gli era sempre mancato: vedere il Jedi al culmine delle sue capacità, nel pieno della leggenda. Non un semplice maestro anziano, ma un guerriero saldo, erede autentico di quella “spada di Excalibur” che Lucas aveva sempre immaginato come simbolo da tramandare.

Il resto è storia. Un’apparizione dolceamara in L’Ascesa di Skywalker come spirito Jedi, accanto all’eterea presenza di Carrie Fisher, ha suggellato un addio carico di emozione. Hamill ha affrontato questo con il suo consueto humor: “Non apparirò mai come un Fantasma della Forza nudo!”, ha scherzato. Una battuta che cela, però, la decisione definitiva di non tornare più.

Per molti fan la delusione è palpabile: qualcuno sperava ancora in un cameo nel futuro film dedicato a Rey, ormai custode dell’eredità Jedi. Ma le parole di Hamill sono chiare: il tempo di Luke è finito. The Book of Boba Fett resterà probabilmente la sua ultima incarnazione canonica. Non un finale col botto, forse, ma una conclusione inevitabile.

E c’è una lezione, dietro questa scelta. Hamill non chiude la porta con rancore, ma con gratitudine. “Ho avuto il mio tempo”, ha detto, invitando a non rimanere ancorati alla nostalgia e a lasciare spazio a nuovi volti, nuove storie, nuove Forze da scoprire. Star Wars, del resto, non è mai stato soltanto Luke, Leia e Han: è una galassia sterminata, pronta ad accogliere altre leggende.

L’eredità di Hamill resta scolpita nella cultura pop: Luke Skywalker non è solo un personaggio, ma un archetipo, il volto eterno dell’eroe riluttante che cresce insieme a noi. E anche se non brandirà più una spada laser sullo schermo, il suo impatto sulla mitologia nerd resterà indelebile.

Ora tocca a noi fan decidere come vivere questo addio. È davvero il momento di voltare pagina, o avremmo voluto rivederlo ancora una volta brillare come Fantasma della Forza? La discussione è aperta, come sempre, e la community di Star Wars non smetterà certo di parlarne. E voi, da che parte state?

Balle Spaziali 2 è realtà: il ritorno della parodia galattica che ci ha salvato l’umore per quasi quarant’anni

Era il lontano 1987 quando Mel Brooks lanciava nelle sale Balle Spaziali (Spaceballs), una parodia tanto dissacrante quanto geniale che ha trasformato l’epopea stellare di Star Wars in un’esplosione di risate cosmiche. Da quel momento, la pellicola è diventata un cult senza tempo, amata da fan e nerd di ogni generazione. Per decenni, l’idea di un sequel ha aleggiato come una leggenda intergalattica, un sogno raccontato e rimandato all’infinito. Ma ora possiamo smettere di scherzare: Balle Spaziali 2 si farà davvero. L’uscita nelle sale è prevista per il 2027, con Amazon MGM Studios pronta a riportarci nello strambo universo dello Sforzo. Alla regia ci sarà Josh Greenbaum, mentre la sceneggiatura porta la firma di Josh Gad (che interpreterà anche il protagonista), Benji Samit e Dan Hernandez. Un trio che promette scintille… o forse sarebbe meglio dire, una supernova di comicità.

Da tormentone a realtà

Il mito di Spaceballs 2 nasce già dal primo film: nel finale, Yogurt strizzava l’occhio al pubblico dichiarando «Spaceballs 2: alla ricerca di un produttore». Una battuta che negli anni si è trasformata in un tormentone. Rick Moranis, nel 2013, arrivò persino a proporre un improbabile sequel intitolato Spaceballs III: The Search for Spaceballs II. Nel 2015, Mel Brooks aveva dichiarato di volerci riprovare dopo l’uscita di un nuovo Star Wars, ma nulla prese forma. Fino al 2024, quando Amazon MGM Studios ha finalmente dato il via libera ufficiale al progetto, scatenando entusiasmo interstellare in tutta la galassia geek.

Josh Gad ha confermato il suo doppio ruolo di attore e produttore, raccontando che il primo script ha conquistato tutti coloro che lo hanno letto. A far impennare l’hype è stato però un teaser in perfetto stile Star Wars, in cui lo stesso Mel Brooks – quasi centenario e ancora più vulcanico di Yoda – è tornato nei panni di Yogurt.

Il cast che aspettavamo da una vita

Prepariamoci a un ritorno che farà tremare le stelle. Bill Pullman riprenderà il ruolo del mitico Stella Solitaria, mentre Daphne Zuniga tornerà nei panni della Principessa Vespa. La vera notizia-bomba, però, è l’attesissimo ritorno di Rick Moranis: il casco più ingombrante della galassia tornerà sulle spalle di Lord Casco! Dopo anni di assenza dalle scene, la sua presenza da sola vale il prezzo del biglietto.

Ma non è finita: Lewis Pullman, figlio di Bill, interpreterà Starburst, il figlio di Stella Solitaria e della Principessa Vespa. Accanto a lui ci sarà Keke Palmer, nei panni di un misterioso personaggio chiamato Destiny. Un nome che sembra promettere un ruolo centrale nell’intreccio narrativo.

Segreti di trama e nuove parodie

La storia è avvolta nel massimo riserbo, ma il teaser ci regala indizi gustosi. L’elmo rotto di Lord Casco e la frase «Lo Sforzo si risveglia nel 2027» lasciano intuire che Il Risveglio della Forza sarà il bersaglio principale della parodia. Considerando le polemiche che hanno accompagnato la trilogia sequel di Star Wars, possiamo immaginare che Mel Brooks e compagni avranno materiale abbondante da sbeffeggiare.

Ma l’universo della fantascienza è cambiato radicalmente dagli anni ’80. Non ci sono più solo Star Wars, Star Trek e Alien: oggi abbiamo a disposizione decine di universi narrativi, reboot infiniti, saghe supereroistiche che si moltiplicano come Gremlins dopo la mezzanotte e multiversi che si intrecciano senza sosta. Balle Spaziali 2 avrà quindi l’occasione di diventare una gigantesca satira non solo sul mito galattico creato da Lucas, ma sull’intera industria dell’intrattenimento contemporaneo.

Mel Brooks, il vero Saggio dello Sforzo

Il coinvolgimento di Mel Brooks non è solo simbolico: a quasi cento anni, il re della satira non intende limitarsi a benedire il progetto. Sarà produttore, supervisore e – si spera – provocatore creativo, pronto a garantire quell’umorismo tagliente e sfrontato che ha reso immortale l’originale. La sua mano è la garanzia che i fan aspettavano per tornare a fidarsi dello Sforzo.

Falsi allarmi e tentativi mancati

Prima di arrivare a questo punto, non sono mancati i tranelli. Nel 1989, in Italia uscì un film intitolato Balle spaziali 2 – La vendetta (Martians Go Home), che non aveva nulla a che vedere con Brooks ma seminò parecchia confusione. Nel 2009 arrivò anche Spaceballs: The Animated Series, serie animata prodotta dallo stesso Brooks, che però non riuscì a replicare la magia del film. Ora, con Amazon MGM Studios a bordo e un cast stellare pronto a scatenarsi, i presupposti sembrano finalmente quelli giusti.

Una sfida galattica

Replicare il fascino di un cult come Balle Spaziali è un’impresa titanica. Il rischio di non essere all’altezza è reale, ma le carte in tavola – cast storico, nuovi personaggi intriganti, Mel Brooks in prima linea – fanno ben sperare. Se la comicità riuscirà ad aggiornarsi senza perdere la sua anima irriverente, potremmo assistere a un sequel degno di affiancare il capolavoro originale.

E voi, siete pronti a rispolverare l’anello dello Sforzo e a calare di nuovo i vostri caschi extralarge? Segnate il 2027 sul calendario, perché l’appuntamento con la parodia più attesa della galassia è finalmente realtà. Che la risata sia con voi… sempre!

Destination D23 2025: Stitch, Avengers e il futuro della magia Disney

C’è un momento, ogni due anni, in cui i fan Disney si ritrovano davanti a un crocevia di annunci, sorprese e visioni del futuro. Non è il maestoso D23 Expo, capace di catalizzare l’attenzione mediatica globale, ma il più raccolto e intimo Destination D23: un appuntamento che, pur meno roboante, ha saputo regalare nel 2025 un carico di novità che hanno fatto vibrare il cuore dei fan. La storia di questo evento è legata al fan club ufficiale della Casa di Topolino, il D23, nato nel 2009 per celebrare la magia Disney e mantenere viva la connessione tra gli studios e la community mondiale. Il nome stesso porta in sé un simbolo: la “D” di Disney e il 1923, anno in cui Walt fondò l’azienda destinata a rivoluzionare l’intrattenimento. Ed è proprio in questa cornice che l’edizione 2025 ha acceso i riflettori su alcune delle produzioni più attese, dall’animazione al live-action, passando per l’universo Marvel e Star Wars.

Stitch conquista anche i fumetti

L’eroe inatteso di questa edizione è stato senza dubbio Stitch, l’alieno blu che dal 2002 ha trasformato la cultura pop in un campo di gioco caotico e irresistibile. Dopo il clamoroso successo del live-action di Lilo & Stitch (2025), capace di superare il miliardo di dollari al botteghino e firmare il miglior debutto del Memorial Day, Disney ha deciso di cavalcare l’onda con un progetto speciale: una miniserie a fumetti in collaborazione con Dynamite Comics.

Scritta da James III e Connor Ratliff, con i disegni di Greta Xella, la serie debutterà il 27 agosto 2025 con Stitch #1. La trama promette risate e azione: il dottor Jumba Jookiba, creatore di Stitch, rischia di perdere la sua iscrizione all’E.G.G.S. (Evil Genius Group-Syndicate) perché non accumula abbastanza “punti malvagità”. Per riconquistare il suo posto, si lancia nella creazione di nuovi esperimenti… ma i piani vengono regolarmente sabotati dallo stesso Stitch, trasformando ogni tentativo in una catena di disastri comici. Accanto a lui ci sarà anche l’inseparabile Pleakley, mentre resta ancora misteriosa la presenza di Lilo.

Un ritorno alle origini che profuma di nostalgia, ma anche di reinvenzione. Stitch, icona dei primi anni 2000, ha già attraversato sequel, serie TV e videogiochi, diventando una mascotte generazionale. Ora tocca ai fumetti raccoglierne l’eredità, accompagnando i fan nell’attesa del già confermato Lilo & Stitch 2.

Avengers: Doomsday, l’inizio della fine

Ma la vera scarica di adrenalina per i fan Marvel è arrivata con l’annuncio ufficiale di Avengers: Doomsday, primo capitolo del gran finale della Saga del Multiverso. Le riprese sono già iniziate e durante il Destination D23 è stato mostrato un teaser speciale: non nuove scene, ma un montaggio dei momenti più iconici dell’MCU, quasi a voler preparare il pubblico a una chiusura epocale.

Il colpo di scena che ha fatto esplodere l’entusiasmo? Robert Downey Jr. tornerà sul grande schermo, ma questa volta nei panni del leggendario villain Victor Von Doom. Una scelta coraggiosa e visionaria che ha già scatenato infinite teorie tra i fan. A raccontare l’atmosfera sul set ci ha pensato Paul Rudd, comparso in un videomessaggio insieme ai fratelli Anthony e Joe Russo, registi del film: “Siamo circondati da scenografie spettacolari e da artisti straordinari. Portare questa storia sul grande schermo è un sogno che possiamo realizzare solo grazie al vostro sostegno”, ha detto un emozionato Ant-Man.

Il film uscirà nelle sale americane il 18 dicembre 2026 e segnerà la prima parte del gran finale che culminerà in Avengers: Secret Wars (dicembre 2027). Una promessa di spettacolo che punta a superare qualsiasi traguardo precedente.

Toy Story, Pixar e il ritorno delle grandi saghe

Non solo alieni e supereroi: il Destination D23 ha anche confermato il ritorno di uno dei franchise più amati di sempre. Toy Story 5 arriverà il 19 giugno 2026 e metterà Woody, Buzz e gli altri giocattoli di fronte a un nuovo nemico sorprendente: Lily Pad, un tablet animato che si ribella alla loro esistenza. Tra le novità spicca anche l’ingresso di Conan O’Brien come voce di Smarty Pants, un giocattolo educativo che promette momenti esilaranti.

Pixar, dal canto suo, continua a puntare forte sui sequel: dopo Hoppers (marzo 2026), ci aspettano Gli Incredibili 3 e Coco 2, mentre nel 2027 sarà il turno di Gatto, film originale di Enrico Casarosa ambientato in una Venezia magica e sospesa tra realtà e fantasia.

Star Wars, Frozen e le altre perle Disney

Il 2025 ha anche portato con sé l’attesissimo annuncio di The Mandalorian & Grogu, previsto per il 22 maggio 2026, con Pedro Pascal di nuovo nei panni di Din Djarin e la sorprendente partecipazione di Sigourney Weaver. Non è mancato nemmeno lo spazio per Walt Disney Animation, che ha presentato Hexed (novembre 2026) e nuove scene di Zootopia 2. E come se non bastasse, è stato rivelato anche il titolo del sesto capitolo de L’Era Glaciale: Boiling Point, in uscita nel febbraio 2027.

Sul fronte Disney+, la stagione natalizia del 2025 sarà arricchita da Diary of a Wimpy Kid: The Last Straw, quarto capitolo animato della saga del “diario di una schiappa”.

Un multiverso di emozioni

Destination D23 2025 non ha forse avuto il clamore del fratello maggiore D23 Expo, ma ha dimostrato ancora una volta la forza del marchio Disney nel plasmare l’immaginario collettivo. Dai guai di Stitch al ritorno dei giocattoli più famosi del cinema, fino al canto del cigno degli Avengers e alle nuove frontiere di Star Wars, questo evento ha consegnato ai fan un calendario che è già leggenda.

E ora la parola passa a voi: quale di questi annunci vi ha fatto saltare dalla sedia? Siete pronti a seguire Stitch nei suoi pasticci a fumetti o siete già proiettati verso il faccia a faccia tra gli Avengers e il temibile Dottor Destino? Raccontatecelo nei commenti e prepariamoci insieme al viaggio più epico del multiverso Disney.

Andor non avrà una terza stagione: la parabola definitiva di Cassian secondo Tony Gilroy

Quando si parla di Andor, non si parla soltanto di una serie televisiva ambientata nell’universo di Star Wars. Si parla di un esperimento narrativo unico, capace di elevare il franchise oltre i suoi stessi confini. Ed è proprio per questo che la notizia è tanto amara quanto inevitabile: non ci sarà una terza stagione. Lo ha ribadito con fermezza Tony Gilroy, creatore e showrunner, in una recente intervista. La storia di Cassian Andor si chiuderà lì dove era stata pensata, ovvero con due stagioni e un film — Rogue One.

Gilroy, che ha speso dieci anni fra il lungometraggio del 2016 e la serie, non ha lasciato spazio a interpretazioni: «Non tornerò più. Non c’è alcuna possibilità di una terza stagione». Parole dure, quasi liberatorie, che confermano quanto l’autore abbia deciso di mettere un punto definitivo al suo viaggio nella galassia lontana lontana.


Da cinque stagioni a due: un cambio di rotta epico

Il progetto originario di Andor era molto più ambizioso: cinque stagioni, ognuna dedicata a un anno della vita di Cassian, fino ad arrivare agli eventi di Rogue One. Un piano narrativo che si è dovuto piegare alle difficoltà produttive e ai tempi interminabili delle riprese, aggravati dalla pandemia. Così, durante la lavorazione della prima stagione, Gilroy e Lucasfilm hanno deciso di comprimere il tutto in due sole stagioni, con la seconda strutturata in quattro blocchi narrativi da tre episodi ciascuno, ognuno ambientato a un anno di distanza dal precedente.

Il risultato? Una narrazione più densa, compatta e potente. Andor 2 è diventato un concentrato di tensione, intrighi politici e crescita personale, un mosaico perfetto che porta Cassian al punto di non ritorno: il suo sacrificio.


“Disperazione” e salvezza: il dietro le quinte

Gilroy lo ha detto chiaramente a SFX: a metà delle riprese della prima stagione, girata in piena emergenza Covid, la produzione si è resa conto che il piano iniziale era insostenibile. «Era una fatica monumentale, troppo grande perché io potessi reggerla, e anche il volto di Diego [Luna] non avrebbe resistito a un simile tour de force». La Disney, a quel punto, ha dato il via libera a una soluzione più pratica e incisiva.

Il salto temporale tra i vari blocchi narrativi è diventato un elemento distintivo, quasi sperimentale: ogni segmento della stagione riprende Cassian in momenti chiave della sua vita ribelle, mostrando la sua evoluzione in maniera netta, come pagine di un diario interrotto da salti temporali che lo rendono ancora più tragico e realistico.


Un addio perfetto… ma non per tutti

La seconda stagione di Andor non è soltanto la chiusura di un arco narrativo: è stata definita da molti — e a ragione — la miglior serie di Star Wars mai realizzata, nonché una delle migliori produzioni televisive di sempre. Un addio struggente, che accompagna lo spettatore fino all’alba di Rogue One, laddove il destino di Cassian è già scritto.

Non tutti, però, sono pronti ad accettare questa conclusione. Durante il Fan Expo Canada, Ewan McGregor ha confessato di essersi innamorato della serie solo di recente, dopo averla vista per la prima volta. Il suo entusiasmo lo aveva portato a immaginare una possibile apparizione di Obi-Wan Kenobi in una terza stagione, ambientata così vicino agli eventi di Una Nuova Speranza. «Ero super eccitato, poi ho capito: “Oh no… è finita”», ha detto l’attore, scherzando ma lasciando trasparire una punta di vera delusione.

Con la sua solita ironia, McGregor non ha escluso del tutto un futuro incrocio narrativo: «C’è sempre la possibilità che ci sia una storia parallela, un crossover. Dai, Disney, fatevi avanti…». Un appello che ha strappato sorrisi, ma che difficilmente cambierà le carte in tavola: la storia di Cassian Andor è chiusa, e proprio questa chiusura la rende perfetta.


Perché Andor deve restare così

È inevitabile che i fan sognino sempre di più. Star Wars è una saga che vive di espansioni, retcon e linee temporali alternative. Ma Andor ha qualcosa che altre produzioni spesso hanno smarrito: una coerenza ferrea, una scrittura cristallina e una conclusione che non lascia spazio a compromessi.

Aggiungere una terza stagione significherebbe rischiare di intaccare quella perfezione drammatica che lega la serie a Rogue One. Cassian Andor è un personaggio destinato a spegnersi nella lotta, e proprio per questo la sua storia vibra ancora più forte. Forse un giorno rivedremo Ewan McGregor nei panni di Obi-Wan in altri contesti, ma non sarà in Andor 3. Perché quella stagione non esisterà mai — e va bene così.

Il Ritorno del Jedi (Obi-Wan Kenobi): Lucasfilm sta davvero lavorando a Obi-Wan Kenobi 2?

C’è un fremito nella Forza, un sussurro che attraversa le galassie di Star Wars e che si insinua nei cuori dei fan: Obi-Wan Kenobi potrebbe tornare con una seconda stagione. Non è un annuncio ufficiale, almeno non ancora, ma le parole di Ewan McGregor e i rumor sempre più insistenti hanno acceso una speranza che rischia di trasformarsi in hype puro. Facciamo però un salto indietro nel tempo, quasi fosse un viaggio in iperguida. La serie Obi-Wan Kenobi, uscita su Disney+, non era nata per essere una miniserie televisiva. Lucasfilm voleva realizzare un film standalone sotto l’etichetta A Star Wars Story, sulla scia di Rogue One e Solo. Ma il clamoroso flop di quest’ultimo al botteghino spinse i produttori a rivedere i piani, puntando su un formato più sicuro: sei episodi su una piattaforma streaming in piena ascesa. L’obiettivo? Riempire il vuoto narrativo tra La Vendetta dei Sith e Una Nuova Speranza.

Il risultato, però, non ha convinto tutti. L’attesa era enorme, le aspettative galattiche, eppure la serie ha spesso vacillato. Molti critici hanno sottolineato la mancanza di coraggio creativo, con episodi che sembravano più un collage nostalgico che un’avventura capace di ridefinire il personaggio. Le scene d’azione non sempre hanno brillato, e diversi comprimari hanno dato la sensazione di essere poco più che sagome. Ma nonostante i difetti, c’è un punto fermo: McGregor ha incarnato un Obi-Wan spezzato, tormentato, ma vivo, restituendogli quella profondità emotiva che i fan attendevano da anni.

E come dimenticare Hayden Christensen? Il ritorno del suo Anakin/Darth Vader ha segnato uno dei momenti più discussi e amati della serie, riportando sullo schermo una dinamica carica di dolore e tragedia che appartiene al cuore stesso di Star Wars.

Ma allora, perché si parla ancora di un possibile seguito? La risposta è semplice: ci sono troppe porte rimaste socchiuse. Dalla rivalità con Darth Maul – esplorata in Rebels ma mai sul live action – alle infinite sfumature di un Jedi in esilio che cammina sul filo tra rimorso e speranza, la cronologia di Kenobi tra Episodio III e IV resta un terreno fertile, un deserto narrativo che aspetta solo di essere esplorato.

Ufficialmente, la presidente di Lucasfilm Kathleen Kennedy aveva spento ogni voce su una seconda stagione. Eppure, fonti interne come l’insider Daniel Richtman sostengono che un progetto sia già in fase embrionale. McGregor stesso ha gettato benzina sul fuoco durante diverse convention, ammettendo che Disney e Lucasfilm starebbero “esplorando idee”. Alla Los Angeles Comic-Con ha persino confessato un suo sogno personale: indossare l’armatura da Clone Wars del suo Obi-Wan, magari al fianco di Christensen in una nuova avventura ambientata nel passato.

Certo, ci sarebbe da affrontare la questione dell’età: de-aging digitale, barba accorciata, o magari nuove soluzioni creative. Ma McGregor si è detto pronto a qualsiasi cosa, persino a passare mesi con i classici “puntini” sul volto per permettere a Lucasfilm di ringiovanirlo digitalmente.

Il tempo, però, gioca un ruolo ambiguo. All’ultimo Fan Expo Canada, nell’agosto 2025, l’attore ha dichiarato di non avere aggiornamenti concreti. “Non so cosa abbiano in mente. So che tutti pensate che io sappia qualcosa, ma davvero non lo so. Sono certo, però, che prima o poi faranno ancora qualcosa con Obi-Wan”. Parole che non confermano, ma nemmeno chiudono la porta.

E la logica industriale sembra spingere nella stessa direzione: se progetti come The Acolyte hanno diviso l’opinione pubblica e Skeleton Crew non ha fatto centro, riportare in scena un personaggio iconico come Obi-Wan sarebbe la mossa più sicura per Lucasfilm. Non un semplice fan service, ma un tentativo di ridare forza a una saga che da sempre vive di grandi ritorni.

In fondo, Obi-Wan Kenobi non è solo un Maestro Jedi. È il simbolo di resilienza, di sacrificio, di quella sottile linea che divide la speranza dalla disperazione. E finché ci sarà voglia di raccontare storie nella galassia lontana lontana, ci sarà spazio per lui. La domanda rimane: Obi-Wan Kenobi 2 si farà davvero? La Forza sembra suggerire di sì, ma finché non vedremo un annuncio ufficiale, resteremo sospesi tra rumor e sogni. Magari, tra le sabbie di Tatooine e i corridoi della Morte Nera, ci aspetta ancora un capitolo in grado di darci il Kenobi che meritiamo. E voi? Vorreste rivedere Ewan McGregor indossare il mantello di Obi-Wan per una nuova stagione? O pensate che sia meglio lasciare riposare il Maestro Jedi nel mito? Scrivetelo nei commenti: la discussione è aperta, e come sempre, che la Forza sia con voi!

LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy – Pieces of the Past: – Il ritorno di Darth Jar Jar e il mistero del Nodo della Forza

Amici nerd, mettetevi comodi sul Millennium Falcon del vostro divano e preparatevi a un viaggio che profuma di plastica iconica e di avventure stellari, perché la galassia LEGO Star Wars sta per ricomporsi pezzo dopo pezzo. Il 19 settembre 2025, su Disney+, atterra LEGO Star Wars: Rebuild the Galaxy – Pieces of the Past, sequel dell’esplosivo speciale animato che nel 2024 ha fatto impazzire fan vecchi e nuovi. Questa volta, però, il viaggio non sarà soltanto un ritorno: sarà un’immersione profonda nei frammenti nascosti della saga, tra citazioni, colpi di scena e momenti destinati a diventare meme eterni.

Il nuovo capitolo, composto da quattro episodi, è prodotto da Lucasfilm in collaborazione con Atomic Cartoons e vede tornare un cast vocale stellare nella versione originale: da Gaten Matarazzo (Sig Greebling) a Tony Revolori (Dev Greebling), passando per Bobby Moynihan (Jedi Bob), Marsai Martin (Yesi Scala) e Michael Cusack (Servo), fino ai giganti della saga come Billy Dee Williams (Il Landoloriano), Ahmed Best (l’inossidabile Darth Jar Jar), Anthony Daniels (C-3PO) e persino un cameo d’oro di Mark Hamill come Luke Skywalker. Tra le new entry, spicca Dan Stevens nei panni di Solitus, Jedi caduto e protagonista di una delle linee narrative più misteriose mai raccontate in versione mattoncino.Solitus non è solo un personaggio: è un enigma avvolto nella Forza. La sua ossessione per il leggendario Nodo della Forza – un reame perduto dove si annidano memorie e reliquie di epoche lontane – apre a un viaggio meta-narrativo che parla di storia, di mito e di come LEGO e Star Wars siano, in fondo, due facce della stessa forza creativa. Nel poster ufficiale, la sua figura domina la scena: spada laser scarlatta, mantello imponente e quello sguardo che ti fa capire che forse… non è solo un “cattivo”.

Ovviamente, ritroveremo i protagonisti del primo speciale, quel gruppo improbabile di costruttori e guerrieri che ha già conquistato il fandom: Sig Greebling, Darth Dev, Jedi Bob, Yesi Scala e il sempre imprevedibile Servo. Ma il vero terremoto arriva con la conferma ufficiale del ritorno di Darth Jar Jar. Sì, proprio quel Jar Jar. Ahmed Best ha dichiarato che questa è stata la sua occasione per dare vita, finalmente, alla leggendaria teoria del “Sith nascosto”: “Ho sempre amato questa teoria. In questo progetto ho potuto improvvisare moltissimo… e mi sono divertito un mondo”. Una delle sue battute già promette di entrare nella storia: “Io sono la minaccia fantasma. Lo sono sempre stato.” Tra le sorprese più inattese c’è il debutto animato di Jaxxon, il coniglio spaziale verde delle storie Marvel anni ’70, doppiato dal vulcanico Ben Schwartz, e il ritorno in formato BrickHeadz di Ahsoka Tano, con la voce storica di Ashley Eckstein. Durante la presentazione a Tokyo, l’attrice ha confessato di essersi commossa fino alle lacrime tornando a interpretare il personaggio.

La sceneggiatura porta ancora la firma di Dan Hernandez e Benji Samit, mentre la regia è affidata a Chris Buckley. Gli executive producer includono nomi noti dell’universo Star Wars come James Waugh e Jacqui Lopez. L’obiettivo non è solo raccontare una nuova avventura, ma tessere un mosaico di storie che connettono passato, presente e futuro, facendo della memoria un vero e proprio campo di battaglia.

In perfetto stile LEGO, Pieces of the Past è costruito come un invito alla partecipazione attiva: ogni episodio promette di strizzare l’occhio ai fan più attenti, disseminando easter egg, riferimenti incrociati e omaggi alle varie epoche della saga. E, come sempre, la community è chiamata a far parte del gioco: teorie, discussioni, fanart e persino nuove interpretazioni di momenti storici troveranno spazio attorno a questa serie.

Insomma, dal 19 settembre 2025 preparatevi a perdervi nei mattoncini della memoria, a ridere di fronte a battute demenziali e a restare a bocca aperta davanti a colpi di scena da manuale. Perché questa volta, più che ricostruire la galassia, la sfida sarà rimettere insieme i frammenti del nostro amore per Star Wars.

E voi? Siete pronti a scoprire il vero potere del Nodo della Forza? Avete già scelto se tifare per i Greebling o per Darth Jar Jar? Fatecelo sapere nei commenti e, come sempre, che la creatività sia con voi!

Gina Carano VS. Disney: la tregua dopo la battaglia legale che ha diviso Hollywood e i fan di The Mandalorian

Immaginate di trovarvi in una galassia lontana lontana, ma con un piede ben piantato nel nostro mondo reale, dove le storie di Hollywood a volte sanno essere epiche quasi quanto quelle che vediamo sullo schermo. Nei primi mesi del 2024, un capitolo particolarmente acceso di questa saga si è consumato tra Lucasfilm, The Walt Disney Company e un volto che i fan di The Mandalorian conoscono bene: Gina Carano, l’attrice che ha dato vita alla guerriera ribelle Cara Dune. Dopo mesi di voci, polemiche e scontri legali, le parti hanno annunciato di aver trovato un accordo per chiudere la causa che le vedeva contrapposte.

Secondo quanto dichiarato ufficialmente, Disney e Lucasfilm hanno espresso parole di grande rispetto nei confronti della Carano, ricordando la stima che registi, colleghi e membri della crew hanno sempre nutrito per lei. Nella dichiarazione si parla di un’artista che ha lavorato duramente per affinare il proprio mestiere, trattando tutti con gentilezza e rispetto. Il tono è quasi da “pace fatta”, con un finale che lascia intravedere un futuro aperto a nuove collaborazioni. Ma per capire il peso di questo annuncio, bisogna tornare indietro e ripercorrere la tempesta mediatica che ha portato a questa chiusura.

La miccia era esplosa quando, a seguito di alcuni post controversi sui social, l’attrice si era vista recapitare quello che in gergo è un “addio definitivo” da parte della produzione di The Mandalorian. Per Disney, quei tweet erano “ripugnanti e inaccettabili”. Per Carano, invece, si trattava di un’ingiusta condanna, frutto di un’interpretazione malevola e, soprattutto, di un doppio standard: lei punita, altri attori no, nonostante avessero condiviso online contenuti a suo dire altrettanto divisivi. Il cuore della sua battaglia legale era proprio questo: non un semplice licenziamento, ma un precedente pericoloso che avrebbe potuto minare la libertà di parola nel mondo dello spettacolo.

E qui entra in scena un personaggio che sembra uscito da un crossover impossibile tra Star Wars e Iron Man: Elon Musk. Il CEO di Tesla e SpaceX, sempre pronto a gettarsi nelle battaglie mediatiche come un vigilante tecnologico, ha deciso di sostenere pubblicamente la Carano. Non solo con parole di incoraggiamento, ma offrendo di coprire le sue spese legali. Musk l’ha persino paragonata a Batman, descrivendola come qualcuno che si batte per chi è perseguitato ingiustamente. Una mossa che ha fatto impazzire internet, dividendo ancora di più i sostenitori e gli oppositori dell’attrice.

Il caso Carano è diventato rapidamente un campo di battaglia culturale, dove si sono scontrati due temi caldissimi: da un lato, la libertà di espressione e il diritto di un artista di condividere opinioni senza temere ripercussioni professionali; dall’altro, la responsabilità delle grandi aziende di proteggere il loro marchio e il pubblico da messaggi che possono essere considerati offensivi o dannosi. Un conflitto che non riguarda solo The Mandalorian, ma tocca l’intero ecosistema hollywoodiano e il modo in cui l’industria gestisce i rapporti tra artisti, social media e sensibilità del pubblico.

La chiusura della causa non cancella la frattura emotiva e culturale che questa vicenda ha lasciato dietro di sé. Ma per ora, quello che resta è un epilogo che sa di tregua: nessun vincitore ufficiale, nessuna dichiarazione esplosiva, solo la promessa di possibili nuovi progetti insieme. Come in una buona storia di fantascienza, però, sappiamo che le apparenze possono ingannare e che i sequel, nel bene e nel male, arrivano sempre.

Se questa fosse una serie TV, il titolo dell’episodio sarebbe qualcosa come The Redemption of Cara Dune. E i fan, armati di meme, thread infuocati e rewatch compulsivi, restano in attesa di capire se questa nuova pace porterà davvero a un ritorno sullo schermo o se resterà solo un capitolo di cronaca nerd che un giorno racconteremo davanti a una tazza di caffè, discutendo di libertà, potere e… tweet.

Vuoi che ti ricrei anche una versione arricchita con citazioni immaginarie in stile intervista esclusiva per dare più colore narrativo? Potrebbe sembrare un articolo da rivista di settore.

“Star Wars: Una Nuova Speranza” – 50 anni di ribellione, miti e Forza: celebriamo il film che ha cambiato per sempre la Galassia (e il cinema)

È una data che ogni fan di Star Wars dovrebbe cerchiare in rosso sul calendario galattico: il 30 aprile 2027. Proprio in quell’anno — durante le celebrazioni del leggendario May the 4thStar Wars: Episodio IV – Una Nuova Speranza tornerà al cinema per festeggiare il suo 50° anniversario. Un mezzo secolo. Cinquanta anni da quel fatidico giorno del 1977 in cui il mondo cambiò, per sempre. Non è solo nostalgia. È mitologia. È storia. È la nascita del moderno immaginario nerd, e del fandom stesso.

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…

L’inizio di tutto. O meglio: l’inizio della fine dell’innocenza cinematografica. Una Nuova Speranza – allora semplicemente Star Wars – debuttò il 25 maggio 1977. La Fox non ci puntava troppo. George Lucas, il suo creatore, sembrava più uno scienziato pazzo della New Hollywood che un regista destinato a fondare un impero. Eppure, quella space opera ispirata a Kurosawa, ai serial di Flash Gordon e alla mitologia comparata di Joseph Campbell esplose come una supernova, abbattendo ogni aspettativa.

Fu un evento culturale prima ancora che un successo commerciale. Con quasi 800 milioni di dollari incassati globalmente (record assoluto all’epoca), fu il primo vero blockbuster fantascientifico moderno. Ma, più che di incassi, stiamo parlando di impatto culturale. Di un terremoto che ha scosso l’immaginario collettivo fino alle sue fondamenta.

La trama che divenne mito!

Nel cuore turbolento di una guerra civile tra le stelle, l’Alleanza Ribelle compie un colpo audace: riesce a trafugare i piani della Morte Nera, una stazione spaziale dell’Impero Galattico dalle dimensioni colossali, capace di ridurre un intero pianeta in polvere. A custodire questi piani è la principessa Leila Organa, nobile di Alderaan e comandante ribelle sotto copertura. Ma la sua fuga non va come previsto: l’astronave su cui viaggia viene intercettata dal temutissimo Dart Fener, braccio oscuro dell’Impero. Prima di essere catturata, Leila affida il prezioso carico a due droidi, R2-D2 e C-3PO, spedendoli verso un piccolo pianeta desertico: Tatooine.

Lì, tra sabbie roventi e due soli cocenti, i droidi vengono venduti da un gruppo di jawa a una famiglia di agricoltori. Tra loro c’è Luke Skywalker, giovane sognatore che ancora ignora il suo destino. Mentre cerca di ripulire R2-D2, Luke scopre una registrazione misteriosa in cui una donna chiede aiuto a un certo Obi-Wan Kenobi. Quando il droide fugge per cercare quel vecchio alleato, Luke lo insegue nel deserto, finendo attaccato dai predoni sabbipodi. Sarà proprio Obi-Wan, un eremita dai modi gentili e dallo sguardo segnato, a salvarlo e a svelargli frammenti di una verità sepolta: un tempo era un Cavaliere Jedi, custode della pace e conoscitore della Forza. Gli racconta di suo padre, anch’egli Jedi, ucciso da un discepolo caduto nell’oscurità — proprio Dart Fener.

Obi-Wan consegna a Luke l’ultima eredità paterna: una spada laser, simbolo dell’ordine perduto dei Jedi. E quando R2-D2 riproduce per intero il messaggio di Leila — un accorato appello a portare i piani della Morte Nera ad Alderaan — Luke si trova davanti a una scelta. All’inizio esita, ma dopo aver scoperto che i suoi zii sono stati massacrati da truppe imperiali, la decisione diventa inevitabile. Insieme a Obi-Wan, parte alla ricerca di un passaggio per Alderaan, finendo nella caotica Mos Eisley, dove conoscono Ian Solo e Chewbecca, contrabbandieri e piloti della leggendaria nave Millennium Falcon.

Il viaggio però prende una piega drammatica: Alderaan è stato appena annientato dalla Morte Nera su ordine del Grand Moff Tarkin, usando il potere devastante della stazione. Il Falcon, giunto ormai troppo tardi, viene catturato. Ma l’equipaggio si infiltra nella base nemica e scopre che Leila è viva, prigioniera e prossima all’esecuzione. Mentre Obi-Wan si separa per disattivare il raggio traente, Luke, Ian e Chewbecca la salvano con un’audace missione di salvataggio. Obi-Wan, però, affronta Fener in un duello con la spada laser che si conclude con il suo sacrificio: si lascia colpire, scomparendo misteriosamente, ma permettendo agli altri di fuggire.

Quella fuga, però, è stata calcolata. Un localizzatore nascosto permette all’Impero di scoprire l’ubicazione della base ribelle: la luna Yavin 4. I piani rubati rivelano però un punto debole della Morte Nera: una minuscola apertura che, se colpita con precisione, può innescare la distruzione dell’intero reattore centrale.

Luke, ora deciso a combattere, si unisce allo squadrone X-wing per un attacco disperato. Ian e Chewbecca, invece, se ne vanno per saldare debiti con il gangster Jabba the Hutt. Durante la battaglia finale, Fener guida una squadriglia di caccia TIE per abbattere gli attaccanti ribelli. Ma proprio quando tutto sembra perduto, Ian ritorna con un ingresso da leggenda, salvando Luke all’ultimo secondo. Con la guida invisibile dello spirito di Obi-Wan, Luke si affida alla Forza e riesce a centrare il bersaglio, provocando la spettacolare esplosione della Morte Nera.

La vittoria è totale. Nella base ribelle, una cerimonia solenne celebra il coraggio dei suoi eroi. Leila consegna a Luke e Ian le medaglie dell’eroismo, mentre nell’aria si respira, almeno per un attimo, il profumo della speranza.

Quando Luke non era ancora uno Skywalker

All’inizio, Luke si chiamava Starkiller. Anakin non esisteva. Vader non era suo padre. Han Solo era un alieno. Obi-Wan non era un eremita stanco, ma un cavaliere mitologico in stile samurai. E la storia… beh, era tutta un’altra cosa. Lucas scrisse e riscrisse la sceneggiatura per anni, costruendo un universo espanso ben prima che questo concetto diventasse di moda.

Dietro ogni elemento, c’era una visione. Non solo cinema: letteratura pulp, religione, politica, fisica teorica e filosofia orientale. Lucas voleva dare ai giovani un nuovo mito, un’epica moderna capace di ispirare coraggio, etica e senso del meraviglioso. E ci riuscì.

La produzione che quasi autodistrusse sé stessa

Girare Star Wars fu un’odissea degna di Ulisse. Dalla Tunisia alle rovine Maya del Guatemala, passando per le infinite notti agli Elstree Studios, il film sembrava maledetto: tempeste di sabbia, droidi che non funzionavano, battaglie sindacali, scetticismo del cast tecnico inglese, stress al limite del collasso per Lucas. Alec Guinness scrisse lettere piene di sarcasmo, Harrison Ford si burlava dei dialoghi (“Puoi scriverla, George, ma non puoi dirla”), e la troupe lo considerava un film per bambini.

Eppure, tra difficoltà produttive, budget lievitato e tagli di montaggio epocali, il film prese forma. La London Symphony Orchestra registrò la colonna sonora leggendaria di John Williams, che ancora oggi fa venire i brividi. Gli effetti speciali della ILM riscrissero le regole del gioco. E il montaggio — affidato anche alla moglie di Lucas, Marcia — rese tutto questo fluido, epico, emozionante.

Una fiaba spaziale che parla di noi

La grandezza di Una Nuova Speranza non sta solo nei duelli con la spada laser o nei Millennium Falcon in picchiata. È nella sua struttura archetipica. È una favola senza tempo. Il giovane contadino che scopre un destino più grande. Il mentore saggio. Il ladro dal cuore d’oro. La principessa guerriera. Il cattivo mascherato che incarna il male assoluto… almeno all’inizio.

Ogni spettatore poteva identificarsi. C’era azione, certo, ma anche spiritualità, mistero, senso del sacro. La Forza era più di una trovata narrativa: era un messaggio. “La Forza è con te” divenne una benedizione pop, ma anche una filosofia da interiorizzare. Per questo Star Wars ha attraversato generazioni, culture e media. Perché parla all’anima, dietro le esplosioni.

Un’eredità lunga cinque decenni

Nel 2027 non celebriamo solo l’uscita di un film. Celebriamo la nascita di un mito moderno. L’origine di un universo narrativo che ha ispirato film, serie TV, fumetti, romanzi, giochi, parchi a tema, e persino religioni (sì, il jedismo esiste davvero). Celebriamo l’alba di un fandom che ha ridefinito il concetto stesso di “community”. Senza Star Wars, non esisterebbe la cultura geek così come la conosciamo oggi.

Pensateci: da ogni Stormtrooper al primo cosplay, dal merchandising che ha rivoluzionato l’industria all’idea di saga cinematografica, tutto cominciò da Una Nuova Speranza. E non è finita. I personaggi di Luke, Leia, Han, Chewie, R2 e 3PO continuano a vivere — non solo nei sequel e nelle serie Disney+, ma nei cuori di milioni di fan.

Il futuro è scritto tra le stelle

Lucasfilm ha annunciato che il film tornerà nei cinema per il suo cinquantesimo anniversario, proprio a ridosso dello Star Wars Day 2027. È un “Save the Date” interstellare. Ma è anche una promessa: il meglio deve ancora venire. Con nuovi film all’orizzonte, il franchise è tutt’altro che esaurito.

E allora, che la celebrazione abbia inizio. Che ogni fan prepari il proprio cosplay, rispolveri la vecchia VHS o l’edizione restaurata in 4K. Che si rivedano le scene più amate — la battaglia di Yavin, la fuga dalla Morte Nera, il duello tra Obi-Wan e Vader. Perché ogni visione non è solo un ritorno al passato, ma un viaggio nel futuro della fantasia.

La galassia ti chiama

E tu? Dove eri la prima volta che hai visto Una Nuova Speranza? Qual è il tuo momento preferito? Chi era il tuo personaggio guida? Raccontalo

Taika Waititi e il suo “Cosmic Doom”: il destino incerto del film più strano di Star Wars

Quando il nome di Taika Waititi è stato legato alla regia di un nuovo capitolo cinematografico della saga di Star Wars, le aspettative sono immediatamente schizzate alle stelle. Eppure, come accade spesso in questo multiverso tanto amato quanto complicato, non tutto è filato liscio. Il film – ancora senza un titolo definitivo – viene oggi indicato con il nome provvisorio di Cosmic Doom, mentre il nome in codice di produzione è Ghost Truck 6. E se già questi nomi sembrano rivelare il tono irriverente e spiazzante di Waititi, il progetto continua a muoversi sul filo sottile tra mito e miraggio.

Il silenzio della Forza

Il progetto, in gestazione da diversi anni, sembrava destinato a risvegliare Star Wars da una certa stagnazione post-trilogia sequel. Dopo il successo mondiale di Jojo Rabbit – che gli è valso un Oscar per la sceneggiatura – e la brillante regia dell’episodio finale della prima stagione di The Mandalorian, Waititi è stato salutato come l’anomalia creativa di cui la saga aveva bisogno. Il suo stile irriverente, la capacità di mescolare dramma e humour, e una visione narrativa non convenzionale sembravano gli ingredienti perfetti per dare nuova linfa vitale al franchise di Lucasfilm.

E in effetti, inizialmente, tutto sembrava promettere per il meglio: Krysty Wilson-Cairns – candidata all’Oscar per 1917 e vincitrice del BAFTA – avrebbe affiancato Waititi alla sceneggiatura. Un duo esplosivo, potenzialmente capace di creare qualcosa che fosse al tempo stesso rispettoso delle radici della saga e innovativo. Ma poi, qualcosa è cambiato. O meglio, nulla è cambiato. Silenzio.

“Il tempo di Taika”

Kathleen Kennedy, presidente di Lucasfilm, ha più volte rassicurato i fan affermando che “Taika è nel tempo di Taika… Quando sarà pronto, lo faremo. E sarà un grande film di Star Wars”. Una dichiarazione che, letta tra le righe, sembra più un modo elegante per dire che il progetto non è una priorità immediata. Un modo per tenere acceso il motore, ma senza decollare.

Nel frattempo, la galassia lontana lontana ha continuato ad espandersi con altri progetti. Andor, Ahsoka, Skeleton Crew, e l’annunciato film tratto da The Mandalorian. Il panorama si è affollato di nomi noti come Dave Filoni, James Mangold e persino il ritorno di Daisy Ridley in una nuova trilogia. E Waititi? Sempre lì, in un angolo della mappa stellare, tra le rotte sconosciute.

Voci, speculazioni e la nebbia del dubbio

Alla fine del 2023, Waititi aveva confermato di essere ancora al lavoro sulla sceneggiatura, in collaborazione con Tony McNamara, lo stesso autore de La Favorita. Una notizia che aveva riacceso le speranze. Ma pochi mesi dopo, l’insider Daniel Richtman ha gelato l’entusiasmo: Cosmic Doom sarebbe stato messo momentaneamente da parte. Nessuna cancellazione ufficiale, certo, ma l’impressione generale è che Lucasfilm abbia deciso di dare priorità ad altri progetti, forse più in linea con l’identità “classica” del brand.A questo punto, ci si interroga: perché proprio il film di Taika Waititi? Forse il tono troppo sperimentale? Forse una sceneggiatura che tendeva a deviare troppo dai canoni consolidati della saga? O forse semplicemente un calendario di produzione che non riesce a conciliarsi con l’agenda sempre più piena del regista neozelandese?

Un titolo profetico?

Il titolo di lavorazione, Cosmic Doom, sembra oggi risuonare come una profezia involontaria. Un destino incerto, forse condannato a rimanere un progetto mai realizzato, come tanti altri film annunciati nel corso degli anni da Lucasfilm e poi spariti nei meandri dell’iperspazio. Eppure, l’idea di vedere Star Wars attraverso lo sguardo giocoso e malinconico di Waititi rimane una delle possibilità più affascinanti degli ultimi anni. Thor: Ragnarok e Jojo Rabbit hanno dimostrato che il regista sa perfettamente come raccontare storie universali senza mai rinunciare alla sua cifra stilistica. In un panorama in cui il rischio di “già visto” è costante, un autore come lui potrebbe davvero cambiare le regole del gioco.

Il futuro (forse) c’è ancora

Non è detta l’ultima parola. Come ben sappiamo, in Star Wars, ciò che sembra perduto può sempre tornare sotto nuova forma. Waititi potrebbe ancora stupirci. Potrebbe rientrare in gioco con un concept rinnovato, o trovare spazio nel nuovo assetto cinematografico dell’universo galattico. Dopotutto, lo stesso Rogue One nacque tra mille difficoltà e divenne un cult.

Ma per ora, Cosmic Doom rimane un oggetto misterioso, un sogno sospeso nel vuoto cosmico. Un’idea che fluttua nello spazio come un relitto di un’epoca che poteva essere rivoluzionaria. Resta solo da chiedersi: sarà davvero “il tempo di Taika” o la Forza ha già scelto un altro destino?