Le catacombe Romane

Le catacombe sono forse i luoghi archeologici sui quali sono nate il maggior numero di storie e leggende: è molto diffusa, ad esempio, l’idea che fossero dei rifugi, per sfuggire alle persecuzioni, e che in questi sotterranei si svolgessero delle riunioni segrete, basta pensare alle sequenze di film famosissimi…

In realtà non erano affatto dei luoghi segreti: le autorità romane sapevano benissimo dove si trovavano le catacombe, inoltre, per quanto ne sappiamo, qui i Cristiani non si riunivano affatto come dei partigiani, ma venivano alla spicciolata, unicamente per pregare i loro morti.

C’è un altro mito da sfatare, e cioè che le catacombe erano tutte collegate tra loro, creando una specie di gigantesca rete sotterranea. In realtà non potevano superare i confini delle proprietà nelle quali erano state scavate, e in questo, le leggi romane erano severissime. Proprio per questo si svilupparono in verticale, su più piani, un po’ come le miniere, a volte anche per venti metri, cioè quanto un edificio di sei piani, come, ad esempio, nelle Catacombe di Priscilla.Le catacombe non erano altro che cimiteri, e il nome di ogni catacomba deriva dal martire sepolto, o dal nome del proprietario che aveva donato il terreno sotto al quale veniva successivamente scavata.

Nell’immaginario collettivo le catacombe non sono altro che una serie infinita di loculi scavati nel tufo, attraversati da corridoi molto stretti e bui, ma in realtà (purtroppo) questo è il risultato di una serie di devastazioni avvenute in epoche successive, soprattutto a cavallo tra il 1500 e il 1700, quando si aprivano le tombe per cercare le ossa dei martiri.

I defunti venivano inumati nelle nicchie che poi venivano richiuse con delle lastre di marmo, o, molto più spesso, con delle tegole e, a volte, in un solo corridoio trovavano posto più di cinquecento tombe.

Non è vero che i corridoi fossero bui, venivano illuminati da una miriade di lucerne posate su dei piccoli davanzai, ancora oggi se ne trovano molte sigillate nella malta. Sulle lastre, a volte, si leggono ancora i nomi, ma è raro: solitamente i morti erano seppelliti senza iscrizioni, e questo perchè all’epoca c’era moltissimo analfabetismo. Così per riconoscere il loculo del proprio defunto, i parenti fissavano nell’intonaco ancora fresco, degli oggetti: piccole conchiglie o pezzi di vetro colorati.

A volte sulle lastre tombali c’erano delle forature, che servivano a far passare del cibo all’interno della tomba: era il cosiddetto “refrigerium”, cioè un rito che consisteva nel banchettare assieme al defunto il giorno dell’anniversario della sua morte…in questi riti c’era ancora un po’ di paganità.

Le catacombe nacquero nel II secolo d.C.

Inizialmente si sfruttarono delle cave abbandonate di tufo, delle cisterne, ma poi, in seguito, le catacombe vennero scavate con una straordinaria precisione ingegneristica: i soffitti erano altissimi e le pareti rettilinee. Gli autori di queste gallerie erano i “fossori”, si tramandavano la professione di padre in figlio, e gestivano tutte le catacombe: erano loro che scavavano i corridoi, scavavano i loculi, inumavano i morti, dipingevano gli affreschi e scrivevano i nomi (dietro lauto compenso, ovviamente)

Si sa di casi in cui accettavano mazzette per sostituire delle salme nei punti più ambiti, magari vicino alle tombe dei martiri, o anche rivendevano più volte la stessa tomba.La paura di essere traslati era tale, che molti specificavano addirittura sulla lastra tombale, di essere i legittimi proprietari. Non tutti però venivano messi nei loculi, chi se lo poteva permettere, aveva un proprio sarcofago. C’era anche chi aveva delle cappelle, che si trovano un po’ ovunque, disseminate in questi corridoi,e qui però, è tutto un tripudio di affreschi molto belli, e hanno mantenuto i loro colori fino ai giorni nostri.

Nelle pitture che si trovano all’interno delle cappelle ci sono anche delle piccole sorprese: ad esempio nelle Catacombe di Priscilla c’è una Madonna con il Bambino considerata la più antica che si conosca, ha quasi 2000 anni ed è un piccolo capolavoro dell’antichità, anche se è in parte danneggiato.

Con le prime incursioni barbariche nel V secolo d.C. le catacombe cominciarono ad essere gradualmente abbandonate, e le salme dei martiri vennero traslate in luoghi più protetti.

di Annarita Sanna

Il Folletto Piripicchio e l’Orco di Teglio: Leggende Incantate della Valtellina

La Valtellina, una valle incastonata tra le maestose Alpi lombarde, è una terra di panorami mozzafiato e gastronomia autentica. Ma oltre a questi tesori tangibili, la Valtellina custodisce un patrimonio immateriale fatto di storie e leggende che si intrecciano con la cultura e la storia di questa straordinaria regione italiana.

Piripicchio: Il Folletto Custode della Natura

Nel cuore di Albosaggia, si cela la leggenda di Piripicchio, un folletto benevolo che protegge la natura e abita nei boschi lussureggianti della zona. Si dice che nelle notti illuminate solo dalle stelle, le creature fatate si riuniscano per celebrare la vita con danze e canti sotto il cielo notturno. Maghi e streghe, nel frattempo, si dilettano nella creazione di pozioni misteriose all’interno di una caverna segreta.

Una storia narra di un vecchio malvagio che possedeva un anello magico capace di conferire ricchezza e potere. Tuttavia, sotto la guida di Piripicchio, i folletti assicurarono che tale potere non fosse mai utilizzato per scopi nefasti. La loro saggezza e magia proteggevano due giovani amanti, vittime di una strega vendicativa che li aveva trasformati in alberi.

L’Orco di Teglio: La Minaccia Sconfitta dal Coraggio

Un’altra leggenda avvolge la Valtellina con il mistero dell’Orco di Teglio, una creatura temibile che per secoli ha seminato terrore tra gli abitanti del villaggio. L’Orco, secondo i racconti, rapiva gli incauti viandanti per nutrirsi delle loro anime nelle sue oscure caverne sotterranee. Fu solo grazie al coraggio di un giovane eroe che il villaggio fu liberato dalla sua presenza maligna.

Un Patrimonio di Storie e Tradizioni

Queste leggende, profondamente radicate nella tradizione valtellinese, non sono solo racconti da tramandare. Esse rappresentano l’essenza stessa dell’identità di questa regione, invitando residenti e visitatori a esplorare con rispetto e ammirazione i luoghi che hanno visto nascere tali storie incantate. Ogni angolo della Valtellina nasconde tesori di storia e leggende, rendendo ogni visita un’avventura unica e indimenticabile, capace di lasciare un’impronta indelebile nel cuore di chi vi si immerge.

Gladiatori: sangue, intrighi e potere nella nuova serie “Those About to Die” su Prime Video!

“Those About To Die” è una serie che promette di trasportare gli spettatori nel cuore pulsante dell’antica Roma, offrendo un’immersione totale in un’epoca di straordinaria complessità e fascino. La serie si apre con una Roma del 79 a.C., una metropoli di contrasti estremi, dove la magnificenza e la decadenza convivono fianco a fianco. La città è un crogiolo di culture, un centro di potere politico e un luogo di intrattenimento senza eguali.

Those About To Die | Official Teaser | Peacock Original

La serie si concentra sulla vita dei gladiatori, figure emblematiche di questo periodo storico, esplorando non solo la loro esistenza nell’arena, dove combattono per la gloria o la morte, ma anche la loro vita al di fuori di essa. “Those About To Die” non si limita a rappresentare la violenza dei combattimenti, ma si addentra nei meandri della società romana, esponendo le dinamiche di potere, la corruzione e l’oppressione degli schiavi che costituivano il tessuto stesso dell’Impero.

Il cast stellare, guidato da Sir Anthony Hopkins nel ruolo dell’Imperatore Vespasiano, promette interpretazioni memorabili che daranno vita a personaggi storici complessi e sfaccettati. Iwan Rheon, Tom Hughes e Sara Martins, insieme a un ensemble di talenti notevoli, sono pronti a regalare al pubblico momenti di grande recitazione.

La regia di Roland Emmerich, noto per il suo tocco spettacolare e dinamico, assicura che ogni episodio sarà un’esperienza visiva mozzafiato. La sceneggiatura di Robert Rodat, già apprezzato per il suo lavoro in “Salvate il soldato Ryan”, promette di tessere una narrazione avvincente e ricca di pathos.

La produzione ha fatto uso di location autentiche e di effetti speciali avanzati per ricreare l’antica Roma in modo credibile e coinvolgente. Le riprese a Cinecittà, Cinecittà World e al Colosseo hanno permesso di catturare l’essenza di un’epoca lontana, mentre gli effetti visivi hanno portato in vita le scene di battaglia e l’architettura romana con un realismo sorprendente.

“Those About To Die” si propone di essere più di una semplice serie televisiva; è un viaggio nel tempo che offre uno sguardo intimo e crudo sulla vita quotidiana e sulle lotte di un’epoca che continua a esercitare un fascino immutato. Con una narrazione che intreccia azione, dramma e storia, la serie è destinata a diventare un punto di riferimento per gli appassionati del genere e per chiunque sia affascinato dall’antica Roma.

In attesa del debutto su Prime Video il 19 luglio, gli spettatori possono aspettarsi una saga epica che li terrà incollati allo schermo, episodio dopo episodio. “Those About To Die” è un invito a esplorare le profondità dell’animo umano, in un contesto storico che non ha perso la sua capacità di stupire e coinvolgere. Non mancate l’appuntamento con questa serie che promette di lasciare un segno indelebile nel panorama televisivo.

Il Colosseo: storia, crollo e asimmetria

Il Colosseo, noto anche come Anfiteatro Flavio, sorge nel cuore di Roma e rappresenta il più grande anfiteatro del mondo. Con una capienza originaria di 50.000 posti, che poteva arrivare a 87.000, questo monumento iconico ha ospitato per secoli spettacoli gladiatori, cacce alle bestie e altri eventi pubblici.

Tuttavia, la sua storia non è priva di eventi drammatici.

Nel 1349, un terremoto con epicentro nell’Appennino Centrale colpì duramente Roma, causando il crollo di una parte del Colosseo. Questo evento ne determinò la forma asimmetrica che possiamo ammirare ancora oggi.

Ma perché solo una parte del Colosseo ha ceduto?

La risposta risiede nel particolare sottosuolo su cui poggia l’anfiteatro. La sua sezione meridionale, quella crollata, si erge su un terreno molle composto da sedimenti fluviali. L’anfiteatro sorge infatti nell’avvallamento di un laghetto semi-artificiale alimentato da un antico affluente del Tevere, situato all’interno dei giardini della Domus Aurea di Nerone. Al contrario, la parte settentrionale del Colosseo poggia su un terreno di rocce vulcaniche più solido, che ha resistito meglio al sisma.

Oltre al terremoto del 1349, altri eventi sismici nel corso dei secoli hanno contribuito all’asimmetria del Colosseo.

Nel VI secolo d.C., l’anfiteatro venne dismesso e i suoi materiali furono utilizzati per la costruzione di altri edifici. In particolare, a partire dal IX secolo, macerie e strutture ancora in piedi vennero impiegate per l’edificazione di nuovi palazzi nella Roma papale, tra cui Palazzo Barberini. Nel XIII secolo, all’interno del Colosseo fu addirittura eretto un palazzo della famiglia romana dei Frangipane, seguito da altre abitazioni civili.

Nonostante i crolli e i saccheggi, il Colosseo rimane un simbolo immortale di Roma e dell’Impero Romano. La sua imponente struttura e la sua ricca storia continuano ad affascinare visitatori da tutto il mondo, rendendolo una delle attrazioni turistiche più popolari d’Italia.

Tutankhamon: La verità dietro la maledizione – Svelato il mistero scientifico

La scoperta che riscrive la storia:

Per oltre un secolo, la tomba di Tutankhamon è stata avvolta da un alone di mistero, alimentato dalle numerose morti misteriose tra coloro che ebbero a che fare con essa. Ora, una nuova ricerca condotta dallo studioso Ross Fellowes e pubblicata sul Journal of Scientific Exploration svela la verità: non si trattava di una maledizione, bensì di un fenomeno scientifico ben preciso.

All’interno della tomba, sigillata per oltre 3.000 anni, erano presenti livelli di radiazioni da uranio decisamente elevati. Secondo Fellowes, tali livelli erano tali da poter causare gravi malattie e cancri, come effettivamente accaduto a molti di coloro che entrarono nella camera mortuaria.

Non solo Tutankhamon:

Le analisi di Fellowes hanno rivelato che livelli di radiazioni anomali sono presenti anche in altre tombe dell’Antico Egitto, in particolare quelle dell’Antico Regno. Tracce di radioattività sono state addirittura trovate nei siti di Giza e in diverse tombe sotterranee di Saqqara.

Perché così tanto uranio?

La presenza di uranio nelle rocce utilizzate per la costruzione dei monumenti funerari è la spiegazione più probabile. Il radon, un gas radioattivo derivante dal decadimento dell’uranio, si sarebbe concentrato all’interno delle tombe sigillate, raggiungendo livelli di gran lunga superiori alla soglia di sicurezza.

Moniti scambiati per maledizioni:

E’ possibile che gli antichi egizi fossero a conoscenza dei pericoli legati all’uranio. I moniti incisi sulle pareti delle tombe, spesso interpretati come maledizioni dei faraoni, potrebbero essere stati in realtà avvertimenti per dissuadere dall’entrare in questi luoghi contaminati.

Le morti degli archeologi:

Le numerose morti tra coloro che lavorarono alla scoperta e allo studio della tomba di Tutankhamon, tra cui Lord Carnarvon e Howard Carter, trovano ora una spiegazione scientifica. L’esposizione alle radiazioni è la causa più probabile dei loro decessi, avvenuti per cancro e altre malattie gravi.

Conclusione:

La scoperta di Fellowes riapre la storia di Tutankhamon e offre una spiegazione razionale a un mistero che per decenni ha affascinato e spaventato il mondo. La ricerca dimostra come la scienza possa fare luce anche sugli eventi più enigmatici, svelando la realtà che si nasconde dietro le leggende.

“V.I.P. – Very Important Pet” di Enrico Ercole

Il saggio “V.I.P. – Very Important Pet” di Enrico Ercole offre una prospettiva affascinante e poco conosciuta sul legame profondo e unico che ha unito i più influenti regnanti della storia ai loro fedeli amici a quattro zampe. Attraverso storie e aneddoti interessanti, il libro illustra come figure di alto profilo, come la Regina Vittoria e Federico II di Prussia, abbiano mostrato un forte affetto per i loro animali domestici, tanto da volerne uno in ogni castello o da desiderare di essere sepolti accanto a loro.

La narrazione ci trasporta indietro nel tempo per esplorare il rapporto speciale tra aristocratici e i loro animali, evidenziando come gli animali fossero spesso considerati più di semplici compagni. Ad esempio, la principessa Sissi era famosa per spaventare la corte con i suoi cani imponenti, mentre alcuni papi erano noti per essere particolarmente affezionati ai gatti. Questi animali non erano solo compagni di giochi o di passeggiate, ma talvolta anche confidenze e consiglieri, entrando a far parte integrante della vita e della storia dei loro padroni.

Il libro è un viaggio suggestivo e approfondito attraverso i secoli, che permette di vedere la storia sotto una luce nuova e diversa. Enrico Ercole, saggista esperto e specializzato nell’impero asburgico, si avventura in questo mondo inedito con passione e curiosità. La sua esperienza nell’ambito storico e nella comunicazione si riflette chiaramente nella ricchezza dei dettagli e nella vivacità delle descrizioni. Ercole non è nuovo alla scrittura di saggi storici, avendo già lavorato con importanti personalità come Corrado Augias e Alberto Angela in programmi televisivi, e pubblicato saggi per varie riviste di storia. La sua attenzione ai dettagli e la sua passione per la storia sono evidenti in questa nuova pubblicazione, che contribuisce a far luce su un aspetto inusuale ma affascinante della vita dei grandi personaggi storici.

“V.I.P. – Very Important Pet” è un libro che cattura l’attenzione dei lettori e offre loro una prospettiva diversa sulla storia, evidenziando il ruolo speciale che gli animali hanno giocato nelle vite dei potenti regnanti. Questo saggio rappresenta un contributo prezioso per chiunque sia interessato alla storia e al rapporto tra umani e animali.

La Giornata mondiale anti-dieta

Il 6 maggio è la “Giornata mondiale anti-dieta” (No Diet Day) che ha come obiettivo di portare un po’ di serenità a coloro che, maniaci della linea perfetta, vivono di sacrifici e restrizioni, diete malsane e ossessioni quotidiane. Una vera e propria campagna di sensibilizzazione nei confronti di tematiche delicate quali l’anoressia, la bulimia, la mancata accettazione di se stessi e del proprio fisico. Il National Center for Eating Disorders descrive questo evento come un’opportunità per incoraggiare ad avere stili di vita salutari senza l’ossessione per le taglie e promuove una campagna ricordando che il 30% delle bambine tra i 10-14 anni è stata a dieta pur avendo un peso normale. Ma l’età critica si allunga senza controllo e porta ogni anno 6 nuovi casi di disturbi alimentari (anoressia e bulimia) ogni 100.000 abitanti, un fenomeno che colpisce dritto al cuore (e al corpo) uomini e donne. L’obesità poi, non lascia spazio a dati più confortanti: gli adulti in sovrappeso ammontano a un miliardo e mezzo, 200 milioni di donne e 300 milioni di uomini posso essere considerati obesi.

La Giornata mondiale anti-dieta  fu istituita da Mary Evans Young, inglese, fondatrice dell’associazione Diet Breakers, che da ragazza è stata vittima di bullismo a scuola per il suo peso e che ha sofferto di anoressia per un periodo della sua vita. La prima edizione del No Diet Day si è svolta a casa di Mary Evans Young nel 1992 (doveva consistere in un picnic ad Hyde Park, ma quel giorno pioveva) poi l’iniziativa si è diffusa negli Stati Uniti, in Australia e in tutto il mondo.

La giornata internazionale promuove dunque l’accettazione del proprio corpo, celebra le diversità delle forme corporee e invita all’adozione di uno stile di vita sano, nella consapevolezza che diete estreme possono essere inefficaci o addirittura dannose per la salute. Il No Diet Day ricorda anche le vittime causate da patologie legate all’alimentazione e dagli interventi chirurgici per perdere peso

Le diete da evitare

  • Le diete che vi promettono di perdere 10 kg in due settimane
  • Le diete sponsorizzate da star e personaggi mediatici (in particolare, quelli che appartengono allo show-biz)
  • Le diete che si basano su teorie improbabili
  • Le diete dissociate nelle quali occorre mangiare un solo alimento per 2 settimane, quindi un altro alimento per 3 settimane, e così via
  • Le diete che fanno affidamento su una pillola dal prezzo astronomico, solo perché contiene un principio attivo cosiddetto miracoloso
  • Le diete che vi obbligano a rimanere inchiodate a casa per intere settimane
  • Le diete impossibili da seguire anche se siete piene di buona volontà
  • Le diete secondo le quali potete mangiare di tutto a volontà (c’è qualcosa che non va, non trovate?)
  • Le diete che vi prosciugano il portafoglio.
  • Le diete che erano sparite dalla circolazione e che, un bel giorno (non si sa come) tornano alla ribalta.
  • Le diete che prevedono l’assunzione di pillole e compresse varie.
  • Le diete durante le quali avete l’impressione di essere affamate da mattina a sera.
  • Le diete caldamente sconsigliate dai medici.
  • Le diete che vietano gli alimenti solidi a vantaggio di quelli liquidi.

La giornata richiama sì a non essere ossessionati dalla dieta, ma questo non è un invito ad abbuffarsi a dismisura: non dimentichiamo che, al contrario, anche l’obesità è una grave patologia legata all’alimentazione contro cui combattere.

Aoshima, l’Isola dei Gatti: un luogo magico da rispettare

Aoshima, un’isola incantevole situata nella prefettura di Ehime, nella regione dello Shikoku in Giappone, è conosciuta come l’Isola dei Gatti. Questo luogo unico nel suo genere è diventato una destinazione da sogno per gli amanti dei gatti e i fotografi di viaggio, grazie alla sua straordinaria popolazione felina.

La storia dei gatti di Aoshima inizia nel dopoguerra, quando furono introdotti per controllare i topi che minacciavano le riserve di pesce dei pescatori locali. Con il passare degli anni, i gatti si sono moltiplicati, superando in numero gli abitanti umani e creando un rapporto unico tra uomo e natura.

La vita quotidiana sull’isola è caratterizzata da un delicato equilibrio tra gli abitanti che accettano i gatti e coloro che preferiscono tenerli a distanza. Nonostante ciò, la comunità condivide un profondo rispetto per questi animali, che sono diventati parte integrante dell’identità di Aoshima. Per chi desidera esplorare Aoshima, è fondamentale agire con rispetto e discrezione. Salutare gli abitanti, non disturbare e rispettare la privacy sono essenziali per mantenere un’armonia con la comunità.

I turisti attratti dalla fama dell’isola possono visitarla due volte al giorno tramite un battello. Molti portano cibo e giocattoli per i gatti, contribuendo al loro benessere e alla conservazione dell’isola come santuario felino.

Negli ultimi dieci anni, la popolazione umana di Aoshima è diminuita drasticamente, lasciando i gatti a dominare il paesaggio. Questo ha portato a una crescente attenzione mediatica e a un afflusso di turisti che non sempre è ben visto dagli abitanti locali.

Aoshima rappresenta un esempio unico di convivenza tra uomo e natura. Per preservare la sua magia, i visitatori devono agire con consapevolezza e gratitudine, lasciando un’impressione positiva che rispecchi il rispetto per questo luogo speciale e i suoi abitanti, siano essi umani o felini.

Dimensione del Pene e Auto di Lusso: C’è un Collegamento? Lo Scopre un Divertente Studio dell’UCL

Sempre ci siamo chiesti se dietro a quell’auto sportiva gigante e scintillante si nascondesse qualcosa di… più piccolo. La legge della compensazione, quella che vuole che a ogni eccesso corrisponda una mancanza e viceversa, ci ha sempre incuriositi. E ora, finalmente, la scienza sembra darci ragione!

Uno studio dell’University College London (UCL) ha coinvolto 200 uomini tra i 18 e i 74 anni, sottoponendoli a test online per verificare se esista un collegamento tra la percezione della dimensione del proprio pene e il desiderio di possedere auto di lusso.

Attenzione però, c’è un trucco!

Agli uomini sono stati mostrati anche dei falsi studi sulla lunghezza media del pene con l’obiettivo di confondere le loro convinzioni e influenzare l’autostima.

E i risultati?

Più l’autostima scendeva, più aumentava il desiderio di possedere un’auto di lusso, soprattutto tra gli uomini trentenni. In poche parole, chi si sentiva “meno dotato” era più attratto da bolidi costosi e appariscenti.

Ma non è tutto!

I ricercatori hanno scoperto che questo meccanismo di compensazione potrebbe riguardare anche altri prodotti di lusso, non solo le auto.

Insomma, la scienza sembra confermare il luogo comune. Ma attenzione, non è una regola assoluta! I dati si basano su uno studio preliminare e, come sottolineano gli stessi ricercatori, non bisogna generalizzare.

Quindi, la prossima volta che vedrete un’auto di lusso sfrecciare davanti a voi, ricordatevi di questo studio. Ma fatelo con un pizzico di sarcasmo, perché la realtà è sempre più complessa di quanto sembri!

E voi, cosa ne pensate? Avete mai avuto un amico con un’auto di lusso e…?

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Il 3 maggio si festeggia Santa Fregna… almeno a Frosinone

Il 3 maggio è una data imperdibile per i cittadini di Frosinone, incantevole città situata nel cuore della Ciociaria. In questa giornata si celebra “Santa Fregna”, antica tradizione radicata nel territorio e tramandata di generazione in generazione.

Per quanto sia davvero difficile digerire questa notizia, non si tratta di una bufala del web: la festa di Santa Fregna è legata alla figura di Santa Elena Flavia Giulia, madre dell’imperatore Costantino, che nel IV secolo d.C. avrebbe scoperto i resti della Croce Santa. Questo episodio di grande rilevanza per la tradizione cristiana ha spinto misteriosamente i frosinati ad associare la croce al simbolo del sesso femminile, rappresentando il desiderio insoddisfatto dell’uomo e la sofferenza. Da qui il nome di Santa Fregna attribuito a Santa Giulia.

Nonostante possa sembrare singolare a occhi estranei, la festa di Santa Fregna è un evento che affonda le sue radici nella storia e nella cultura locale.

Il 3 maggio diventa così un giorno in cui si celebra una tradizione  peculiare, spesso accompagnata dall’espressione “‘Nsanta fregna…” per indicare qualcosa di incerto o irrealizzabile.

La comunità frosinate continua a celebrare con fervore questa festa, dimostrando l’importanza di conservare e valorizzare le tradizioni del territorio.

La festa di Santa Fregna è un esempio tangibile di come il patrimonio culturale ciociaro sia parte integrante dell’identità locale, testimoniando la vitalità delle tradizioni millenarie.

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