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Andor e l’arte della Ribellione: quando Star Wars diventa (finalmente) qualcosa di più

Lo confesso senza giri di parole, e anzi con un pizzico di orgoglio nerd: Andor, al suo annuncio, mi lasciava più fredda di un campo di Hoth in pieno inverno. Nessun fremito al pensiero di Diego Luna che tornava nei panni del tenebroso Cassian. Nessuna attesa febbrile per il primo episodio. Nessuna voglia di inseguire la serie settimana dopo settimana come faccio con certi eventi che mi azzerano la vita sociale (ciao House of the Dragon, ti sto guardando). E invece…

E invece oggi sono qui, con le lacrime agli occhi e il cuore colmo, a scrivere di una delle opere più incredibili, mature e coraggiose mai nate nella galassia di Star Wars. Un’opera che non solo mi ha conquistata, ma mi ha trasformata. Perché sì, Andor è qualcosa che va oltre il franchise, oltre i Jedi, oltre la Forza. È un miracolo narrativo. E ancora adesso faccio fatica a credere che sia successo davvero.

Facciamo un salto indietro nel tempo: era l’8 novembre del 2018 quando Lucasfilm annunciò una serie prequel su Cassian Andor. Un personaggio secondario di Rogue One. Un prequel del prequel. Un prodotto pensato per una piattaforma, Disney+, che all’epoca non era nemmeno ancora online. Il progetto sembrava una di quelle idee destinate a perdersi nei meandri di uno spin-off senza identità. Chi avrebbe mai pensato che da lì sarebbe nato il miglior prodotto Star Wars dell’era Disney?

E soprattutto: chi avrebbe mai pensato che una serie senza nemmeno un Jedi, senza spade laser, senza la Forza, avrebbe potuto entrare di diritto nell’Olimpo delle migliori serie TV di sempre?

Una serie “adulta” in una galassia pensata per i bambini

Perché diciamocelo: Star Wars, nella sua essenza, è un racconto per ragazzi. George Lucas l’ha sempre dichiarato. È una favola cosmica, una space opera fatta di luci e ombre, buoni e cattivi, magia e redenzione. In questo contesto, Andor sembra quasi un corpo estraneo: una tragedia politica vestita da fantascienza, più Tarkovskij che Lucas, più Costa-Gavras che Abrams.

Tony Gilroy, lo showrunner, non ha cercato di rifare Star Wars. Ha preso quell’universo e ci ha fatto qualcos’altro. Qualcosa di più vero. Più sporco. Più difficile. E per questo, infinitamente più potente.

La lentezza come forma di coraggio

In un panorama televisivo che corre sempre più veloce per paura di perdere attenzione, Andor ha avuto il coraggio di rallentare. Di respirare. Di costruire. Non ti prende per mano con effetti speciali e nostalgia, ma ti sfida a seguirlo. E chi lo fa, viene premiato con un’esperienza narrativa densa, stratificata, memorabile.

Gli episodi della seconda stagione – in particolare il trittico 7, 8 e 9 – sono un crescendo emotivo che sfocia in un finale quasi operistico. Una sinfonia funebre dove ogni scelta pesa, ogni silenzio urla, ogni sguardo vale più di mille parole. In questa danza di dolore e speranza, la serie si emancipa da ogni etichetta e diventa una riflessione universale su potere, libertà, oppressione.

L’Impero che ci riguarda da vicino

Scordatevi gli iconici Sith con i mantelli svolazzanti e i fulmini dalle mani. Qui l’Impero è un organismo burocratico, efficiente, spietato nella sua normalità. Un mostro senza volto che si nutre di procedure, rapporti e supervisioni. Dedra Meero è l’emblema perfetto: un’agente fredda, lucida, non malvagia ma assolutamente convinta di servire l’ordine.

E poi c’è lui, Syril Karn. L’uomo piccolo con il sogno di sentirsi utile. Il burocrate spezzato, l’anima tragica di un’ideologia senza cuore. Ogni suo sguardo grida bisogno d’appartenenza. Ogni sua scelta è un passo verso la dissoluzione morale.

In Andor non c’è spazio per il manicheismo: tutto è grigio, ambiguo, disperatamente umano.

Ribelli senza magia

Cassian non è Luke Skywalker. Non è Anakin. Non è neanche Han Solo. È solo un uomo. Ferito, rabbioso, disilluso. E proprio per questo, vero. Diego Luna lo interpreta con una fragilità che spezza il cuore. Attorno a lui si muove una galleria di personaggi complessi: Melshi, Bix, Brasso, ma soprattutto lei, Mon Mothma.

La Mothma che conoscevamo era un’icona, una presenza eterea. Qui diventa una donna reale, costretta a barattare la sua anima per costruire una ribellione. Genevieve O’Reilly è magistrale nel farci sentire ogni esitazione, ogni sacrificio.

E poi, la mia preferita: Kleya. Silenziosa, implacabile, fedele. Il suo gesto finale, quando pone fine alla sofferenza di Luthen travestita da medico pietoso, è uno dei momenti più struggenti dell’intera saga. Una scena che non ha bisogno di effetti speciali per restare impressa nella memoria.

Il sacrificio come fondamento della speranza

Luthen è il cuore ideologico della serie. È il Machiavelli della Ribellione. È pronto a sporcare le mani per costruire qualcosa di più grande di lui. Il suo monologo sul prezzo del compromesso è uno di quei momenti da standing ovation davanti allo schermo.

Ma è proprio perché ci tiene così tanto che deve andarsene. Non può sopravvivere. La sua idea deve vivere, non lui. E sarà Kleya a garantirlo, in una scena che spezza ogni difesa emotiva.

Verso Rogue One: la bellezza dell’inevitabile

Il finale di stagione ci porta dritti verso Rogue One. Ma lo fa con intelligenza, senza fanservice scontato. Cassian scopre l’esistenza della Morte Nera. Mon Mothma affronta le fratture interne della Ribellione. Bail Organa, Saw Gerrera e gli altri discutono, litigano, si temono. Ma il cambiamento è nell’aria.

Il passaggio di testimone è chirurgico. Il cerchio si chiude, ma si apre anche un nuovo spiraglio: quello che ci fa capire che ogni gesto, ogni sacrificio, ogni morte – da Nemik a Kino Loy – non è stata vana.

La chiusura perfetta di un’opera adulta

Ogni personaggio trova il proprio destino. Dedra viene incarcerata. Partagaz si suicida. Mon perde tutto tranne la sua volontà. E Bix guarda l’orizzonte con un figlio che potrebbe essere… beh, lo sapete anche voi. E mentre Cassian si prepara per la missione che cambierà tutto, noi spettatori restiamo lì, in silenzio, con una consapevolezza nuova.

Andor non ha bisogno di essere “più Star Wars” per essere Star Wars. Lo è già. E forse lo è più di tutto il resto.

Perché parla della speranza. Quella vera. Quella che nasce nel fango, nella paura, nei piccoli gesti quotidiani. Non quella che arriva su un X-Wing tra le stelle, ma quella che si costruisce, giorno dopo giorno, con fatica, sangue e coraggio.

Andor è già leggenda

Lo so, sembra eccessivo dirlo. Ma per me, Andor ha ridefinito il significato stesso di “storia nella galassia lontana lontana”. Ha dimostrato che Star Wars può parlare anche a chi ha bisogno di qualcosa di diverso. Di più profondo. Di più reale.

E ora, ogni volta che rivedrò Rogue One, lo farò con occhi diversi. Con il peso emotivo che Andor ha costruito. E con la gratitudine di chi ha visto qualcosa di straordinario nascere contro ogni previsione.

Una serie senza Jedi, senza duelli spettacolari, ma con un’anima grande come l’intera galassia.

E voi? Che impressione vi ha lasciato Andor? Avete amato anche voi questo approccio più adulto e politico a Star Wars, o sentite la nostalgia delle favole spaziali dei tempi andati? Scrivetemi nei commenti, raccontatemi cosa vi ha colpito, cosa vi ha fatto arrabbiare, cosa vi ha fatto emozionare. Parliamone come solo i veri fan sanno fare.

E se anche voi pensate che la Ribellione meriti storie così, condividete questo articolo. Sui vostri social, nei gruppi, nei canali. Perché le voci contano. E perché la galassia – oggi più che mai – ha bisogno di ribelli.

Che la Forza – o il coraggio – sia con voi. Sempre.

Sentimental Value: Il ritorno di Joachim Trier tra arte, famiglia e redenzione

Il cinema norvegese è pronto a ricevere una nuova e attesissima opera firmata da Joachim Trier, regista capace di raccontare le sfumature più intime e profonde dell’animo umano. Dopo il successo de La persona peggiore del mondo, Trier torna con Sentimental Value, una commedia drammatica che promette di conquistare il pubblico internazionale.

Il cast di Sentimental Value è una vera e propria celebrazione della diversità e del talento, con una selezione che unisce attori scandinavi e internazionali. Al centro della narrazione troviamo Nora, interpretata da Renate Reinsve, già protagonista del precedente lavoro di Trier, che dà vita a un’affermata attrice teatrale alle prese con un ritorno doloroso. Il padre, Gustav, è interpretato da Stellan Skarsgård, che veste i panni di un regista cinematografico ormai in declino, ma pronto a cercare una redenzione tanto personale quanto professionale. La storia si arricchisce con la presenza di Inga Ibsdotter Lilleaas nei panni di Agnes, la sorella minore di Nora, e della celebre attrice americana Elle Fanning, che interpreta una diva del cinema in visita in Norvegia. Il cast è completato da Cory Michael Smith, che aggiunge ulteriori sfumature alla trama corale del film.

Ambientato a Oslo, Sentimental Value esplora le dinamiche familiari attraverso il ritorno improvviso di Gustav, che dopo anni di assenza desidera riallacciare i rapporti con le figlie e rilanciare la sua carriera proponendo a Nora il ruolo da protagonista nel suo nuovo film. Questo invito riapre ferite emotive mai guarite e spinge Nora a confrontarsi con il suo rapporto complicato con il padre. Le tensioni con la sorella Agnes si intensificano, mentre l’arrivo della diva americana interpretata da Elle Fanning porta un ulteriore stravolgimento nella già delicata situazione familiare. Come sottolineato dallo stesso Trier, il film è una riflessione profonda, toccante e spesso divertente sui temi della famiglia, dei ricordi e del potere curativo dell’arte.

La produzione di Sentimental Value è una co-produzione internazionale che coinvolge alcune delle più importanti case di produzione cinematografiche europee, tra cui Mer Film e Eye Eye Pictures dalla Norvegia, Zentropa dalla Danimarca e dalla Svezia, e Komplizen Film dalla Germania. La collaborazione con Lumen Production e MK Productions dalla Francia testimonia l’ambizione globale del progetto. Le riprese sono iniziate nell’agosto del 2024 a Oslo e si sono concluse entro novembre dello stesso anno, con la città che, con il suo paesaggio suggestivo e la sua atmosfera unica, diventa quasi un personaggio a sé stante nella narrazione. La sceneggiatura, scritta da Trier in collaborazione con Eskil Vogt, è il frutto di una delle coppie creative più celebrate del cinema contemporaneo.

Con un cast stellare, una trama intrigante e una produzione che fonde il meglio del cinema europeo, Sentimental Value è destinato a essere uno dei film più attesi del 2025. L’approccio delicato e profondo di Trier promette un’esperienza cinematografica che toccherà le corde più intime del pubblico, offrendo una riflessione universale sulla famiglia, l’arte e la complessità delle relazioni umane.

Dune – Parte Due. L’evento cinematografico dell’anno arriva il 23 maggio in Home Video per Warner Bros

Dune – Parte Due’, l’evento cinematografico dell’anno diretto da Denis Villeneuve, arriva giovedì 23 maggio in Home Video per Warner Bros. Home Entertainment. L’acclamato secondo capitolo della saga ispirata al celebre romanzo bestseller di Frank Herbert sarà disponibile in 4K Ultra HD®, Steelbook, Blu-ray® e DVD.  All’interno delle versioni 4K Ultra HD® e Blu-ray del film saranno presenti numerosi imperdibili contenuti speciali che porteranno lo spettatore alla scoperta degli emozionanti dietro le quinte del film: da un sensazionale approfondimento sul mondo dei Fremen al duro allenamento del cast fino alla realizzazione delle celebri scene di ‘worm-riding’. A partire dal 23 maggio in arrivo anche l’esclusivo cofanetto contenente i due adrenalinici capitoli della saga, disponibile in 4K Ultra HD®, Blu-ray® e DVD.

Dune – Parte Due: la bellezza e l’orrore

Partiamo da un concetto: Dune di Frank Herbert è un romanzo talmente denso e complesso da essere universalmente riconosciuto come “Impossibile da trasporre sullo schermo”. Tuttavia Denis Villeneuve è riuscito, da appassionato che è, a riprodurne fedelmente gli intrighi e le atmosfere facendo intravedere molteplici piani e intricate sottotrame.

Questo articolo non potrà approfondire in maniera esaustiva l’opera di estrema bellezza del regista canadese, ne metteremo però in luce alcuni elementi così come Villeneuve ha fatto in maniera magistrale con il romanzo “Dune”, riportando in auge un’opera del 1965 che vinse i due premi più importanti di genere: il premio Nebula ed il premio Hugo.

“Colui che può distruggere una cosa, la controlla!”

Con una citazione dal romanzo si apre la “Parte Due” di Dune. L’impatto sul pubblico sembra irrilevante poiché chi non ha letto i romanzi non ne può comprendere la profonda implicazione per la storia, ma gli spettatori più attenti, sappiamo, l’hanno tenuta di conto.

L’azione riprende da dove eravamo rimasti, Paul Atreides e la madre Lady Jessica sono in fuga insieme ad un gruppo di Fremen che, guidati dal loro capo Stilgar, sono diretti al sietch Tabr, una delle loro basi nel deserto. La battaglia di Arrakeen è durata una sola notte e si è conclusa con la disfatta di una delle più importanti famiglie nobili dell’Imperium: Casa Atreides è stata distrutta da Casa Harkonnen, segretamente supportata dall’Imperatore Padisha Shaddam IV.

Paul, ormai Duca di Arrakis, intende consolidare il suo rapporto con Chani, una Fremen di grande valore, e si imbatte nella principessa Irulan Corrino, figlia dell’imperatore, durante un’imprevista occasione. Mentre le strade si intrecciano e le alleanze si formano, Paul si rende conto che deve penetrare a fondo nell’anima ardente del deserto per realizzare il suo destino come Mahdi – il messia profetizzato dal popolo Fremen – e come il Kwisatz Haderach tanto auspicato dalle enigmatiche sorelle Bene Gesserit.La guerra di vendetta contro gli Harkonnen e l’imperatore Shaddam IV trascina inevitabilmente Paul verso il futuro, un futuro che è stato mostrato in visioni mistiche e premonizioni. Le profezie si addensano sulla sua mente, guidandolo lungo un cammino irto di pericoli e incertezze, ma anche ricco di potenziali trionfi. Paul Atreides, giovane ma straordinariamente potente, si prepara a sconvolgere l’intero equilibrio di potere nell’universo con la forza delle sue scelte, la saggezza acquisita nel deserto di Arrakis e la fiducia che gli proviene dai Fremen, il popolo del deserto che ora guarda a lui come a un leader in grado di cambiare il corso della storia. Le battaglie imminenti saranno violente e imprevedibili, irrorando i deserti di Arrakis con il sangue degli oppressori e degli oppressi.

Con questa pellicola l’universo di Dune si espande, ne conosciamo altri mondi e tratti: ci vengono presentati l’Imperatore e la figlia Irulan che, come nel romanzo, registra dei diari; restiamo inorriditi dalla brutalità di Feyd Rautha, fratello di Rabban e nipote del Barone Vladimir Harkonnen. Scopriamo inoltre le trame del Bene Gesserit e la loro pazienza nel portare avanti un “piano di intrecci genetici” da centinaia di generazioni allo scopo di generare il Kwisatz Haderach, una mente di tale potenza da poter vedere oltre le barriere dello spazio e del tempo. In tutto questo ci sono Jessica, Gurney, Chani, Stilgar, il deserto, i fremen, la loro profezia e… ovviamente Paul e il suo conflitto tra un destino ed una scelta.

Dune è un mondo complesso, è il pianeta più importante dell’Imperium, l’unica fonte di Spezia, la sostanza sulla quale si regge la Galassia. La Spezia estende la vita, grazie ad essa i navigatori della Gilda annullano lo spazio permettendo così di viaggiare da un sistema planetario all’altro; il Bene Gesserit usa le proprietà della Spezia per estendere la conoscenza. Questi sono solo alcuni aspetti legati alla preziosa sostanza. Come viene più volte evidenziato dal Barone Harkonnen la produzione di Spezia non può interrompersi. Per questo motivo chi può distruggere la Spezia può controllare l’Imperium. Ma Dune parte due non parla solo di questo.

Non andremo qui a svelare la trama o le differenze tra la pellicola e il romanzo ma sono d’obbligo alcune menzioni degne di nota.

Sicuramente l’interpretazione di Austin Butler nel ruolo di Feyd Rautha farà parlare, ha recitato in maniera magistrale il personaggio arrivando a confrontarsi spesso e volentieri con il regista e chiedendo successivamente un confronto persino a Sting, interprete del personaggio nel film del 1984.

Il mood interiore di Paul, combattuto tra ciò che “vede” e ciò che vorrebbe per sé stesso, viene evidenziato più volte fin dall’inizio della pellicola e reso palese nel momento in cui, con tristezza, confessa “Tutte le mie visioni portano all’orrore”. Difatti, se ricordate, già durante la parte uno cercava alternative alle strade che intravedeva.Seppure molto differenti dal romanzo i personaggi di Chani e Jessica mantengono quello strano rapporto ambivalente, caratterizzato da confronti verbali taglienti come un kriss.

Forse lascia perplessi la mancanza di spessore dell’imperatore, interpretato da Christopher Walken, che nel primo film emanava un alone di minaccioso potere nonostante non si fosse mai visto, e della giovane Florence Pugh.

Villeneuve oltre ad avere una grande cura, come per il primo film, dell’impatto visivo e sonoro musicale, ha voluto rendere credibile la società Fremen. Non solo ha ingaggiato il linguista David J. Peterson per curarne gli accenti ed i dialetti, ma ha evidenziato tramite mille sfumature le frazioni sociali e il confronto tra i combattenti del nord e quelli originari del sud, caratterizzati da una incrollabile fede nella profezia legata alla figura del Mahdi, il Messia.

Dune Parte Due è stato girato tra Budapest in Ungheria, Abu Dhabi negli Emirati Arabi, la Giordania e Treviso in Italia presso la tomba Brion, realizzata dall’architetto italiano Carlo Scarpa e scelta in virtù della “predisposizione” ad ambientarci location imperiali.

Gli spettatori hanno dovuto attendere qualche mese in più del previsto, il film doveva uscire nelle sale il 3 novembre 2023, ma tale attesa ha avuto fine e la pellicola si sta posizionando ai primi posti per incasso e per gradimento (95% di gradimento su Rotten Tomatoes).

Intanto sul sito imdb troviamo conferma alla pre-produzione di Dune – Parte Terza che dovrebbe corrispondere alla prima reale trasposizione cinematografica di “Messia di Dune” che Frank Herbert scrisse nel 1969.

Chi ha letto il romanzo sa ovviamente cosa aspettarsi, tutti gli altri potranno solo attendere per scoprire il futuro di Muab’dib.

Villeneuve ha diretto il film da una sceneggiatura scritta assieme a Jon Spaihts, basata sul romanzo di Herbert. Il film è prodotto da Mary Parent, Cale Boyter, Denis Villeneuve, Tanya Lapointe e Patrick McCormick. I produttori esecutivi sono Josh Grode, Herbert W. Gains, Jon Spaihts, Thomas Tull, Brian Herbert, Byron Merritt, Kim Herbert, con Kevin J. Anderson in veste di consulente creativo. Villeneuve torna nuovamente a lavorare con il team di filmmakers composto da Greig Fraser, direttore della fotografia vincitore di un Oscar®, Patrice Vermette, scenografa premiata con l’Oscar®, Joe Walker, montatore anche lui vincitore di un Premio Oscar®, Paul Lambert, supervisore degli effetti visivi vincitore di un Oscar® e Jacqueline West, costumista nominata all’Oscar®. La colonna sonora è composta anche in questo secondo capitolo dal Premio Oscar® Hans Zimmer.

Gli amati protagonisti del primo capitolo tornano sul grande schermo affiancati da numerose nuove star internazionali, tra queste: il candidato all’Oscar®, Timothée Chalamet (“Wonka”, “Chiamami col tuo nome”), Zendaya (“Spider-Man: No Way Home”, “Malcolm & Marie”, “Euphoria”), Rebecca Ferguson (“Mission: Impossible – Dead Reckoning”), il candidato all’Oscar® Josh Brolin (“Avengers: Endgame”, “Milk”), il candidato all’Oscar® Austin Butler (“Elvis”, “C’era una volta… a Hollywood”), la candidata all’Oscar® Florence Pugh (“Black Widow”, “Piccole donne”), Dave Bautista (i film “Guardiani della galassia”, “Thor: Love and Thunder”), il Premio Oscar® Christopher Walken (“Il cacciatore”, “Hairspray – Grasso è bello”), Stephen McKinley Henderson (“Barriere”, “Lady Bird”), Léa Seydoux (la saga “James Bond” e “Crimes of the Future”), con Stellan Skarsgård (“Mamma Mia!” i film, “Avengers: Age of Ultron”), la candidata all’Oscar® Charlotte Rampling (“45 anni”, “Assassin’s Creed”) e il vincitore dell’Oscar® Javier Bardem (“Non è un paese per vecchi”, “A proposito dei Ricardo”).

La prima stagione di Star Wars: Andor

Andor, la serie originale targata Lucasfilm composta da 12 episodi. La serie, che si svolge prima degli eventi di Rogue One: A Star Wars Story,  vede Diego Luna tornare nei panni di Cassian Andor, affiancato da Genevieve O’Reilly, Stellan Skarsgård, Adria Arjona, Denise Gough e Kyle Soller. I  produttori esecutivi sono Kathleen Kennedy, Sanne Wohlenberg, Diego Luna e Michelle Rejwan. Tony Gilroy è il creatore e showrunner.

Andor esplorerà una nuova prospettiva della galassia di Star Wars, concentrandosi sul viaggio di Cassian Andor che lo porterà a scoprire come può fare la differenza. Nell’epoca tumultuosa in cui pericoli, inganni e intrighi si nascondono dietro ogni angolo, Cassian Andor emerge come una figura centrale che si fa strada attraverso un mare di avventure e scontri in una galassia lontana. Noto per aver trovato la sua nuova famiglia tra le fila dei Ribelli, il percorso di Cassian lo porterà dalle prime fiamme della ribellione contro l’oppressivo Impero Galattico fino all’inatteso coinvolgimento di individui e pianeti che gli faranno capire di poter cambiare il corso della storia. Un personaggio appassionato e dedicato, Cassian si rivela l’individuo più predisposto a salvare la galassia, proprio come abbiamo imparato a conoscerlo in Rogue One.

Andor è la quarta avventura in live action dedicata all’universo di Guerre stellari. Questa serie, ambientata cinque anni prima degli eventi del film spin-off Rogue One, ci porta a conoscere meglio il passato di Cassian Andor, una spia ribelle di grande talento.  La prima stagione della serie, composta da dodici avvincenti episodi, ha ricevuto un’accoglienza molto positiva da parte della critica e del pubblico. La sceneggiatura è stata particolarmente elogiata per la sua profondità e la regia ha saputo catturare perfettamente l’atmosfera oscura e avvincente della trama. La recitazione di tutto il cast principale è stata definita eccezionale e le sequenze d’azione hanno regalato momenti di grande spettacolarità. La colonna sonora ha accompagnato perfettamente l’evolversi degli eventi, imponendosi come un elemento distintivo della serie. Inoltre, il tono più maturo e cupo rispetto ai progetti precedenti di Guerre stellari ha contribuito a creare una storia più avvincente e coinvolgente.

Prima ancora dell’uscita della prima stagione, i fan sono stati entusiasti di apprendere che era già in produzione una seconda stagione, composta anch’essa da dodici episodi. Le riprese sono iniziate nell’autunno del 2022 e ci si aspetta che questa nuova avventura porti direttamente agli eventi che precedono Rogue One. La serie Andor ha, fin da subito, catturato l’attenzione degli spettatori, dimostrando di avere un grande potenziale narrativo e di essere una preziosa aggiunta all’universo di Guerre stellari.

La recensione di Dune – Il potere celato

Dimenticatevi di andare a vedere un film di Michael Bay, Dune è un film di Denis Villeneuve. Spesso nell’andare al cinema per vedere opere tratte da romanzi o saghe di alto livello dimentichiamo per un attimo che l’autore della pellicola ha un suo stile personale. Il Dune di Lynch, per quanto deturpato e tagliato dalla produzione che lo riteneva troppo lungo, ne è un esempio. Questo è un film di un regista che ci ha abituati a ritmi moderati ma anche ad un elevatissimo impatto visivo e sonoro. Dune non è da meno! È un film poderoso, potente… come la spezia del deserto, mentre sei in sala, tutt’intorno è Dune; permea l’aria stessa. La potenza delle immagini ti viene addosso come un gigantesco verme delle sabbie mentre le musiche di Hans Zimmer ti penetrano la pelle come vento del deserto.

Uscendo dal campo delle metafore l’opera di Villeneuve è un capolavoro d’impatto sonoro e visivo. La realizzazione di questo film era un sogno per il regista canadese ed è stato naturale che quando la produttrice, Mary Parent, lo ha saputo lo ha immediatamente contattato. L’incontro è stato breve e caratterizzato da una comune visione per rendere al meglio il romanzo di Frank Herbert.  Nel realizzare quest’opera il regista ha messo insieme una squadra di Premi Oscar o candidati tali ed un cast superquotato. La maggior parte dello staff creativo e tecnico è composto da persone con le quali Villeneuve aveva già lavorato in Arrival e Blade Runner: 2049. I nuovi volti dietro la macchina da presa sono il direttore della fotografia Graig Fraser (conosciuto per Rogue One), la costumista tre volte nominata all’Oscar Jacqueline West ed il secondo costumista Robert Morgan, conosciuto per la trilogia de Il cavaliere oscuro.

Le scenografie di Patrice Vermette sono ben studiate e l’ispirazione agli Ziqqurat del deserto, per la realizzazione della fortezza di Arrakeen, è stata essenziale per mettere in evidenza la “residenza del potere”. I costumi sono molto elaborati e ricchi di dettagli, gli stili differenziati.

Gli attori sono eccellenti nei loro ruoli. Una menzione d’onore però va a Stellan Skarsgard che interpreta magistralmente il Barone Vladimir Harkonnen in tutta la sua placida spietatezza e disgustosa brutalità. L’attore mostra una gestione vocale e attoriale fino ad ora evidente come la punta di un iceberg.

Il film narra una storia incentrata sul rapporto che si ha con il potere! Il potere che viene dimostrato, quello che viene subìto, quello immaginato, quello desiderato e quello che passa inosservato! Con questo Dune entri in un universo crudo e decadente dove le grandi famiglie lottano per il controllo di Arrakis e quindi per la gestione della Spezia, la più potente e richiesta sostanza della galassia. Ma ci sono altri poteri di cui si percepisce la presenza: c’è in primis l’imperatore il cui volere/potere influenza le azioni di tutti, c’è la sorellanza Bene Gesserit la cui potenza sta nella pazienza e nella capacità di manipolare intere culture nei secoli. Poi ci sono i fremen… ed il loro deserto che cela un potere che andremo a scoprire solo nel prossimo film. Come nel Trono di Spade il reale protagonista della storia è il Potere, come lo si interpreta e che rapporto si ha con esso. C’è anche chi vorrebbe guardare oltre… ma fa ancora, suo malgrado, troppo parte di questo gioco. La pellicola ha un altro pregio. Ripristina e dà valore alla cultura Fremen dell’acqua ed ai linguaggi segreti del Bene Gesserit aspetti poco evidenti nelle precedenti trasposizioni.

Per chi conosce il romanzo suggeriamo di dimenticare molti dettagli perché assenti, la pellicola lascerà probabilmente insoddisfatti. Villeneuve racconta in questa prima parte una frazione dell’avventura. Ma consigliamo di godersi l’eccezionale resa da Oscar.

Per chi non ha mai letto l’opera di Herbert questo film lascerà molto mistero, curiosità e attesa di scoprire qualcosa di più sul Bene Gesserit, sui Fremen e sull’imperatore!

Thor: The Dark World

“Thor: The Dark World”, diretto da Alan Taylor, è il secondo capitolo della saga dedicato al Dio del Tuono, ed è il film numero otto dell’universo cinematografico Marvel. Questo seguito, che segue il primo “Thor” del 2011, è un’opera che unisce dramma, avventura e una buona dose di azione cosmica, tutti elementi che hanno conquistato il pubblico e gli appassionati dei supereroi.

Il film si apre con un prologo che ci riporta migliaia di anni indietro, quando Bor, il padre di Odino, ha sconfitto gli elfi oscuri guidati da Malekith. Questi ultimi ambivano a ottenere l’Aether, una sostanza fluida e potentissima capace di riportare l’universo alla sua oscurità primordiale durante un raro allineamento planetario noto come “Convergenza”. Per prevenire una catastrofe, Bor decide di nascondere l’Aether nel cosiddetto “mondo oscuro” e Malekith, sconfitto ma non annientato, fugge. Nel presente, la trama si svolge principalmente su Asgard e sulla Terra, dove Thor, interpretato da Chris Hemsworth, ei suoi alleati, inclusi i guerrieri e Lady Sif, sono impegnati a mantenere il ritmo nei Nove Regni devastati dai Marauders. La vita di Thor viene sconvolta quando Jane Foster, interpretata da Natalie Portman, scopre un’anomalia gravitazionale a Londra che la trasporta nel mondo oscuro. Qui, Jane viene posseduta dall’Aether, e Thor, avvisato da Heimdall, la porta ad Asgard per curarla. La risurrezione dell’Aether segna la rinascita di Malekith e dei suoi elfi oscuri. Questi, attraverso una serie di eventi drammatici, minacciano Asgard e costringono Thor a intraprendere un viaggio per fermarli. Dopo la tragica morte della regina Frigga e il conseguente funerale, Thor decide di allearsi con Loki, interpretato da Tom Hiddleston, il quale è stato imprigionato per i suoi crimini precedenti sulla Terra. La trama si intensifica quando Loki, inizialmente un traditore, si dimostra essenziale per affrontare la minaccia di Malekith. Il film culmina in una battaglia finale che si svolge a Greenwich, durante il quale Thor e Jane affrontano Malekith ei suoi seguaci in una lotta drammatica per salvare l’universo. Le scene post-crediti aggiungono ulteriori spunti per il futuro dell’universo Marvel, con l’Aether che viene affidato al Collezionista e la rivelazione che Loki ha preso il posto di Odino.

La cinematografia di Taylor è uno dei punti di forza del film: le scene di battaglia sono spettacolari, e le ambientazioni, sia su Asgard che nei mondi oscuri, sono visivamente mozzafiato. La regia di Taylor riesce a dare un senso di epicità e grandezza che si sposa bene con la narrazione drammatica e le dinamiche familiari che sono centrali nella saga di Thor.Chris Hemsworth, nel ruolo di Thor, conferma la sua interpretazione definitiva del personaggio, bilanciando perfettamente forza e debolezza. Tom Hiddleston, con la sua interpretazione di Loki, continua ad essere uno dei punti salienti della serie, con la sua ambiguità e il suo carisma che arricchiscono ogni scena in cui appare. Anthony Hopkins e Rene Russo offrono interpretazioni intense e ricche di emozione, aggiungendo profondità ai personaggi di Odino e Frigga. Malekith, interpretato da Christopher Eccleston, è un cattivo dalla notevole presenza scenica, sebbene il suo background e le motivazioni potrebbero essere approfonditi ulteriormente. Eccleston porta sullo schermo un antagonista minaccioso, ma il personaggio, pur avendo una certa carica, sembra rimanere un po’ nell’ombra rispetto ad altri villain dell’universo Marvel.

“Thor: The Dark World” si rivela così un capitolo solido e coinvolgente della saga Marvel, capace di mescolare avventura cosmica e dramma familiare con grande maestria. Con una regia che esalta la grandiosità dei mondi rappresentati e una trama che approfondisce le relazioni tra i personaggi principali, il film si conferma una tappa fondamentale nel percorso narrativo dell’universo Marvel, promettendo nuove sfide e avventure per i nostri eroi.

Avengers: Age of Ultron

Avengers: Age of Ultron è un film che, sin dalle sue prime scene, entra a pieno titolo nell’Universo Cinematografico Marvel, portando sul grande schermo una storia che va ben oltre il semplice scontro tra il bene e il male. Diretto da Joss Whedon e prodotto dai Marvel Studios, il film segna l’undicesimo capitolo di una saga che ha saputo conquistare i cuori di milioni di fan in tutto il mondo. Distribuito dalla Walt Disney Pictures, Age of Ultron non è solo un sequel, ma una vera e propria evoluzione del franchise, dove i supereroi devono affrontare minacce ben più complesse di quanto ci si possa aspettare.

La trama ruota attorno a uno degli eventi più significativi nell’universo Marvel: la distruzione dello S.H.I.E.L.D. e la conseguente assunzione da parte dei Vendicatori del compito di proteggere la Terra. Il cuore della storia è Tony Stark (interpretato da Robert Downey Jr., sempre impeccabile), che, nel tentativo di superare i limiti della sua armatura, crea Ultron, un’intelligenza artificiale auto-cosciente progettata per difendere il pianeta. Tuttavia, il piano prende una piega inaspettata quando Ultron, privo di empatia, arriva alla conclusione che l’umanità stessa rappresenti la vera minaccia e debba essere eliminata.

Whedon, che torna dietro la macchina da presa dopo il successo del primo Avengers, riesce a mescolare abilmente momenti di introspezione e approfondimento psicologico dei personaggi con sequenze d’azione mozzafiato. Il cast stellare, che comprende Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Chris Evans, Scarlett Johansson e Samuel L. Jackson, crea una chimica incredibile, dando vita a un gruppo di eroi che, nonostante i loro conflitti interni, sono pronti a unire le forze per salvare il mondo. Ogni attore riesce a portare il proprio personaggio a nuovi livelli, arricchendo ulteriormente la trama.

Le riprese di Age of Ultron sono un altro punto di forza del film, con location che spaziano dal Surrey, in Inghilterra, alla pittoresca Valle d’Aosta, fino alla Corea del Sud e al Bangladesh, sottolineando l’ambizione globale del progetto. La premiere, tenutasi a Los Angeles il 13 aprile 2015, ha soddisfatto le alte aspettative dei fan, offrendo una combinazione perfetta di effetti speciali spettacolari e una narrazione che cerca di andare più in profondità rispetto ai soliti film di supereroi.

Se da un lato la regia di Whedon si distingue per la capacità di esplorare le psicologie complesse dei personaggi, dall’altro la trama a tratti risulta confusa, complicata da un cast numeroso e da una gestione delle dinamiche che non sempre risulta fluida. Nonostante ciò, Avengers: Age of Ultron si conferma come un capitolo fondamentale dell’MCU, riuscendo a lasciare il segno con una storia che alterna momenti di riflessione a scontri adrenalinici, riuscendo a essere sia un intrattenimento che una riflessione sulla natura del potere e delle sue conseguenze.

Avengers: Age of Ultron è un film che, pur con qualche imperfezione, cattura l’essenza dei fumetti Marvel, trasportando lo spettatore in un’avventura epica che si estende ben oltre il grande schermo. Con una regia attenta, un cast affiatato e una narrazione che riesce a dare profondità ai suoi personaggi, il film si posiziona come un tassello imprescindibile nell’immaginario collettivo di tutti i fan dei Vendicatori, e come una pietra miliare nella storia del cinema dei supereroi.

Cenerentola. Il live Action del capolavoro Disney di Kenneth Branagh

Ispirato a una favola classica, il film Disney Cenerentola porta in vita le immagini senza tempo del capolavoro d’animazione Disney del 1950. Diretto dal regista candidato all’Osca Kenneth Branagh (Thor, Hamlet) e interpretato dall’attrice premio Oscar Cate Blanchett (Blue Jasmine, Elizabeth), da Lily James (Downton Abbey), Richard Madden(Game of Thrones) e dall’attrice candidata all’Academy Award® Helena Bonham-Carter (Il discorso del re, Alice in Wonderland), il film Disney Cenerentola è prodotto da Simon Kinberg (X-Men – Giorni di un futuro passato, Elysium), Allison Shearmur (Hunger Games: La ragazza di fuoco) e David Barron (Harry Potter e i doni della morte), mentre la sceneggiatura è di Chris Weitz (About a Boy – Un ragazzo, La bussola d’oro).

Questo film, popolato da personaggi in carne e ossa, mette in scena un affascinante spettacolo che catturerà una nuova generazione di spettatori. Cenerentola racconta le vicende di una giovane ragazza (Lily James) figlia di un mercante. Dopo la morte di sua madre, suo padre si risposa e lei, per dimostrargli il suo affetto, accoglie in casa la matrigna (Cate Blanchett) e le sue figlie, Anastasia (Holliday Grainger) e Genoveffa (Sophie McShera). Ma quando improvvisamente suo padre muore, Cenerentola si ritrova alla mercé di tre donne gelose e malvage. Relegata alla stregua di una serva coperta di cenere e stracci, Cenerentola potrebbe facilmente perdere ogni speranza. Invece, nonostante le crudeltà di cui è vittima, desidera solo onorare le parole pronunciate da sua madre sul letto di morte, che le raccomandava di “avere coraggio ed essere gentile”. La giovane fanciulla non intende disperarsi né disprezzare chi la maltratta. E poi c’è l’affascinante straniero che incontra nel bosco. Senza sapere che si tratta di un principe, e non di un semplice apprendista del Palazzo Reale, Cenerentola sente di aver incontrato la sua anima gemella. E quando i reali invitano tutte le fanciulle del regno a partecipare a un ballo, spera che il suo destino stia finalmente per cambiare e di poter nuovamente incontrare l’affascinante principe (Richard Madden). Purtroppo la sua matrigna le proibisce di andare al ballo, strappandole l’abito che avrebbe dovuto indossare. Ma come in tutte le favole che si rispettino, qualcuno accorre in aiuto: una gentile mendicante (Helena Bonham Carter) si fa avanti e, con una zucca e qualche topolino, cambierà per sempre la vita di Cenerentola.

Il regista britannico è stato impegnato nel riproporre con “attori in carne e ossa” l’iconico cartone animato Disney ispirato allla famosa fiaba dei fratelli Grimm, portando sul grande schermo una versione tanto fedele quanto moderna. Il risultato è stato spettacolare e, grazie alla maestria di Branagh, il film è diventato uno dei successi della Disney.

Ho cercato di mantenere gli elementi classici e tradizionali della fiaba, per poi rovesciarli dall’interno, rivoluzionando il modo di vedere la storia e i suoi personaggi, partendo dalla stessa Cenerentola, fonte d’ispirazione – ha raccontato il regista e attore irlandese – Ho anche focalizzato l’attenzione su quel particolare passaggio della protagonista da fanciulla a donna, perché mi piace molto l’idea di contrapporre questo naturale metamorfosi su uno sfondo fantastico, il che rende tutto ancora più realistico“.

Il merito di questa pellicola sta nel saper rinnovare l’iconico personaggio della Cenerentola, girando la sua figura con un taglio più contemporaneo. Il film è stato in grado di far emergere l’importanza della gentilezza e del coraggio, oltre a non dare la possibilità ai cliché di prendere il sopravvento.

Non si tratta del primo film che racconta la storia di Cenerentola, ma questo è riuscito ad affermarsi grazie ad alcune scelte narrative molto ben fatte. Ad esempio, Lily James è stata perfetta nella parte di Cenerentola, interpretando la figura di una donna che non si arrende di fronte alle difficoltà. Il personaggio della matrigna (Cate Blanchett) è stato molto ben studiato, sfumato e psicologicamente complesso.

I costumi e la moda dell’epoca sono stati curati nei minimi dettagli, così come la scelta dei luoghi in cui girare per dare vita al film. Tutto è stato pensato per ricostruire e trasportare il pubblico in un’epoca lontana.

Nel film live action, il pluripremiato scenografo Dante Ferretti ha ideato e costruito i set per gli esterni del Palazzo Reale, un’enorme struttura provvista di un’ampia scalinata, magnifici giardini e fontane finemente decorate, i set per la casa di Ella, e soprattutto, la grande sala da ballo del palazzo, dove Ella fa il suo indimenticabile ingresso e danza con il Principe. Ferretti e la sua squadra hanno costruito una sala da ballo vasta e sontuosa, con un’impressionante lunghezza di 45 metri per 32 di larghezza. Il set comprendeva una grande scalinata, pavimenti e muri di marmo, statue d’oro, migliaia di fiori, affreschi e candelieri decorativi, e tende realizzate con quasi due chilometri di tessuto. La sala da ballo includeva anche 17 enormi lampadari appositamente realizzati in Italia, provvisti di quasi 5.000 candele a olio, ciascuna delle quali doveva essere accesa manualmente. Francesca Loschiavo-Ferretti voleva inoltre che i lampadari posti nel corridoio principale e nella sala fossero esagerati. In conclusione, i lampadari sono stati appositamente realizzati a Venezia, e sono delle vere e proprie opere d’arte.

Per l’iconica carrozza, lo scenografo Dante Ferretti voleva realizzare qualcosa di speciale e originale, ma ideare e creare l’elemento più fondamentale di una delle sequenze di metamorfosi più famose di sempre non era un’impresa facile. La scena è stata girata utilizzando una carrozza d’oro simile a una zucca, totalmente funzionante e trainata da quattro cavalli bianchi. Era alta tre metri, lunga cinque, e pesava circa due tonnellate.

“Abbiamo deciso di inserire una scena mozzafiato, in cui Cenerentola fugge dal castello, lottando contro il tempo prima che scocchi la mezzanotte, che ovviamente ha richiesto una pianificazione meticolosa tramite storyboard e filmati di pre-visualizzazione, realizzati in digitale come in un film d’animazione”.

In definitiva, “Cenerentola” di Branagh è stato un successo di pubblico e di critica. Un film romantico che trasmette un messaggio di speranza, di lotta e di perseveranza. Il risultato è stato un moderno adattamento di una delle fiabe più famose del mondo, che ha saputo valorizzarsi come un film di alta qualità.

Thor di Kenneth Branagh

Thor, diretto da Kenneth Branagh nel 2011, è un film che ha conquistato il grande schermo. Ispirato al personaggio dei fumetti Marvel e al dio della mitologia norrena, Thor è il quarto film del Marvel Cinematic Universe ed è interpretato dall’affascinante Chris Hemsworth nel ruolo del protagonista. Il cast include anche Natalie Portman, Tom Hiddleston, Stellan Skarsgård, Kat Dennings, Clark Gregg, Colm Feore, Ray Stevenson, Idris Elba, Jaimie Alexander, Rene Russo e Anthony Hopkins.

La trama del film ruota attorno al protagonista Thor, che, dopo aver scatenato una guerra con i Giganti di Ghiaccio a causa della sua arroganza, viene esiliato da suo padre Odino e spedito sulla Terra, chiamata anche Midgard. Thor fa la conoscenza di Jane Foster, una giovane e brillante scienziata, e insieme a lei cerca un modo per tornare ad Asgard, la sua patria. Nel frattempo, deve anche affrontare suo fratello Loki, che si è impossessato del trono di Asgard. La pellicola si conclude con una scena dopo i titoli di coda diretta da Joss Whedon.

Inizialmente, l’unione tra Kenneth Branagh e Thor può sembrare bizzarra, considerando che il regista è noto per le sue performance teatrali di spessore, soprattutto quelle delle opere di Shakespeare. Tuttavia, Branagh ha avuto un legame con i fumetti Marvel sin dagli anni ’60, attratto dai vivaci colori delle copertine e in particolare da quella di “The Mighty Thor”.La vera affinità tra Branagh e Thor risiede nella natura tragica della storia del personaggio, scritta da Stan Lee e Jack Kirby. Thor è un eroe muscoloso e coraggioso, ma anche estremamente arrogante, convinto di avere sempre ragione grazie alla sua immensa forza. Questa sua arroganza lo porta a commettere atti sconsiderati e a provocare conflitti, che lo portano all’esilio e alla perdita dei suoi poteri.

Durante il suo tempo sulla Terra, Thor impara importanti lezioni di umiltà e umanità, grazie all’amore che sviluppa per Jane Foster. Tuttavia, il suo ritorno ad Asgard e il recupero del trono non sono così semplici, poiché suo fratello Loki tramava alle sue spalle per prendere il suo posto come re. Ciò rende il film una sorta di Caino e Abele con un supereroe come protagonista.

Branagh ha cercato di restare fedele al linguaggio e al tono dei fumetti originali, utilizzando un linguaggio ricco e leggero, talvolta simile a quello delle opere di Shakespeare ambientate nelle corti nobiliari. Inoltre, ha dato grande importanza all’architettura nel film, mescolando tradizioni del modernismo con elementi dell’arte norvegese, creando così un mondo visivamente sorprendente.

Thor è un personaggio molto amato dai fan dei fumetti e rappresenta anche un simbolo di eroismo personale che affascina il pubblico. Non è solo un supereroe muscoloso, ma anche un personaggio complesso che deve affrontare le proprie debolezze e imparare importanti lezioni di vita. L’attore Chris Hemsworth confessa di aver sempre sognato di interpretare un supereroe fin da bambino, ed è entusiasta di far parte del mondo Marvel sul grande schermo. Nonostante le sfide che il personaggio di Thor affronta nel film, Hemsworth tornerà presto a vestire i panni dell’eroe nel prossimo capitolo della Marvel, “The Avengers”, diretto da Joss Whedon, che riunirà tutti i supereroi della casa in un’epica avventura. In conclusione, l’unione tra i due mondi di Kenneth Branagh e Thor può sembrare inizialmente improbabile, ma si rivela invece un’affinità elettrica. Grazie a un mix di teatro shakespeariano, fumetti Marvel, e una buona dose di umanità, la collaborazione tra Branagh e Thor ha dato vita a un film che riesce a essere sia un’epica avventura supereroistica che una tragedia intima.

Pirati dei Caraibi: Ai confini del Mondo

…O AI CONFINI DELLA REALTA’.

Si giunge, dopo un insignificante secondo, al terzo capitolo della serie targata Johnny Deep (alzi la mano chi lo va a vedere per Barbarossa).  La prima cosa che si capisce? Tutto il film è spinto da un irresistibile desiderio di esistere per fare soldi, tanti soldi ma volontà di raccontare una bella storia, se ne vede poca.  Di spunti ce ne sono, di belle situazioni anche ma, al sunto di tutto, la trama non regge o almeno non viene sciolta a dovere, tanti spunti si aprono ad ogni sequenza senza mai cercare di spiegare nulla, allo spettatore viene chiesto di credere a tutto ciò che accade sullo schermo attraverso l’abile trucco del – vediamo come se la cava Johnny questa volta.  E cosi vengono costruiti inghippi su inghippi, si comincia a tentennare sulla poltrona, a non distinguere il bene dal male, Chi sono i buoni? Chi i cattivi ?Complotto su complotto la trama stenta ad andare avanti lasciando alla dolce Elizabeth (Keira Knightley)  l’onere di portare avanti la storia e l’intera combriccola di pirati.

Capitan Jack Sparrow appare sempre di meno e le sue disavventure cominciano a sembrarci un terribile cliché.  Comunque sia, di trovate interessanti ce ne sono: l’idea di capovolgere la nave per tornare al mondo dei vivi è coinvolgente ( fa venir il mal di mare solo a vederla), le prime scene a Singapore non valgono meno.  Da apprezzare un gradito ritorno di Chow Yun-Fat, attore poliedrico e inseparabile collaboratore di John Woo nelle sue prime pellicole ( la serie di “ A Better Tomorrow”) e il maestro spadaccino di   “ La tigre e il dragone “. Qui è nei panni di un capitano pirata a cui i nostri eroi chiedono aiuto contro la compagnia delle Indie.

La trama continua le avventure dei nostri personaggi che, come dicono per far andare avanti la baracca, “Squadra che vince non si cambia”, si però qui ormai è usurata.  I Caraibi sono ormai alle corde strette, in tutti sensi, la marina  ha cominciato un sistematico piano di sterminio dei pirati o di chiunque abbia avuto a che fare con loro.  Allora il gran consiglio dei pirati viene riunito per bloccare l’avanzare di questa minaccia. Come se non bastasse l’ Olandese volante viene usato dalla compagnia delle Indie per sterminare tutte le navi pirata.  Ai nostri eroi viene chiesto di fermare questa minaccia.

Fosse solo questo! C’è Capitan Sparrow da recuperare, un’ antica dea da risvegliare e un padre da salvare.  Quindi la storia si apre verso delle incanalature che sfaccettano i personaggi mostrandoci i loro veri desideri fino a portarli ad una scelta finale che coincide con il grande scontro, contro l’acerrimo nemico Devy Jones. Senza dimenticare che c’è anche un forziere da recuperare dalle mani della compagnia delle Indie.

Riassumendo, un gran casino.  A questo si vuole aggiungere la sfacciataggine di questo nuovo cinema Americano che vorrebbe risolvere tutti i buchi della trama con gli effetti speciali. Non sa come far risolvere un inghippo della storia ? Facile !! Ci mettiamo un bel mostro gigante che sputa fuoco cosi gli spettatori sono tutti contenti.  L’uso disperato degli effetti speciali ormai sta rovinando il mercato Americano ( almeno una parte), troppo spesso la scelta di decretare un buon film è ricaduta sulla scelta degli effetti da usare.  Non è una sorpresa, poi, che questo film solchi le classifiche. Una volta visto il primo film, senza infamia e senza lode piacevole da vedere, poi si vuole vedere il secondo.

-Cribbio hanno speso cosi tanti soldi per fare questo secondo, qualcosa di buono l’ avranno fatto! –

Questo uno pensa quando progetta di andare a vedere il secondo.  E il secondo costringe chiunque lo abbia visto a dover vedere anche il terzo.  Perché è una puntata da telefilm dove alla fine compare -la soluzione nella prossima puntata.  E quindi, costretto a vedere il terzo lo spettatore spera di vedere tutte quelle strane azioni che avevano messo in dubbio a Jhonny Deep di essere silurato ( Che cosa avrà mai fatto per sconvolgere i dirigenti della Disney, questo è un mistero che rimarrà nella storia di Topolinia).  Per concludere, se siete stati come me che hanno visto il primo e poi il secondo, siete condannati a dover vedere anche il terzo e, in più, il finale è ancora aperto anzi, apertissimo, forse è una minaccia?

Speriamo che il signor Deep,  che ha detto di averlo fatto per i propri figli, si ricreda o che almeno questi, crescano in fretta.

di Giulio Cangiano

 

Beowulf & Grendel

“Beowulf & Grendel”, diretto da Sturla Gunnarsson, è un adattamento cinematografico del celebre poema epico anglosassone “Beowulf“. Il film, pur mantenendo alcuni elementi centrali del racconto originale, introduce nuove dinamiche e personaggi che ne arricchiscono e complicano la trama.

La narrazione è ambientata nella prima metà del VI secolo nell’odierna Danimarca, ma le riprese sono state effettuate in Islanda, sfruttando il suo paesaggio incontaminato che dona un’atmosfera autentica e suggestiva alla pellicola. Questa scelta geografica è una delle forze del film, con scenografie naturali mozzafiato che amplificano il senso di isolamento e mistero del racconto.

Gerard Butler interpreta Beowulf, un eroe vigoroso e carismatico, capace di infondere nel personaggio una presenza imponente e al tempo stesso vulnerabile. Stellan Skarsgård, nel ruolo di Hrothgar, porta sullo schermo un re tormentato e umano, mentre Ingvar Sigurdsson dà vita a un Grendel non solo come mostro, ma come figura tragica e quasi empatica. Sarah Polley, nei panni della strega Selma, aggiunge un elemento di mistero e ambiguità, incarnando uno dei personaggi nuovi introdotti nel film.

Uno degli aspetti più interessanti di “Beowulf & Grendel” è il modo in cui la sceneggiatura, pur mantenendo fedeltà al poema epico, si prende delle libertà creative. La presenza del padre di Grendel, della strega Selma e del figlio di Grendel introduce nuovi fili narrativi che offrono spunti di riflessione sulla natura della vendetta, dell’umanità e della compassione. Questi elementi aggiuntivi arricchiscono la trama, rendendo il film non solo una semplice trasposizione, ma un’opera che dialoga con il materiale originale in modo innovativo.

La regia di Gunnarsson riesce a equilibrare l’epicità delle battaglie e dei conflitti con momenti di introspezione e dialogo. Tuttavia, alcuni spettatori potrebbero trovare queste deviazioni dal testo originale un po’ discordanti, soprattutto i puristi del poema. Nonostante ciò, la pellicola riesce a mantenere un buon ritmo e un coinvolgimento emotivo che cattura l’attenzione del pubblico. La collaborazione internazionale tra Eurasia Motion Pictures (Canada), Spice Factory (Regno Unito) e Bjolfskvida (Islanda) si riflette nella qualità della produzione, con un’attenzione ai dettagli storici e culturali che arricchisce l’autenticità del film. In conclusione, “Beowulf & Grendel” è un’opera che merita di essere vista non solo per il suo valore cinematografico, ma anche per il suo approccio rispettoso e innovativo a un classico della letteratura. La combinazione di performance solide, paesaggi mozzafiato e una trama avvincente lo rendono un film che lascia il segno, offrendo una nuova prospettiva su un’antica leggenda.