Archivi tag: cultura

A Complete Unknown: Un Viaggio Intimo nella Trasformazione di Bob Dylan

In un’epoca cinematografica in cui i biopic musicali sono ormai una costante, “A Complete Unknown” di James Mangold si distingue non solo per la sua capacità di raccontare la storia di uno degli artisti più influenti di tutti i tempi, ma anche per il modo in cui lo fa. Il film non si limita a tracciare l’intera vita di Bob Dylan, ma si concentra su un periodo cruciale, dal 1961 al 1965, quando il giovane musicista ha attraversato una delle trasformazioni artistiche più significative nella storia della musica. Questo viaggio, che porta Dylan dalla scena folk del Greenwich Village alla celebre esibizione elettrica al Newport Folk Festival, è raccontato con una sensibilità che va oltre la mera ricostruzione storica.

Il film, che debutterà in Italia il 7 maggio in esclusiva su Disney+, si avvale di una straordinaria interpretazione di Timothée Chalamet nei panni di Bob Dylan, un ruolo che gli permette di mettere in luce non solo le caratteristiche superficiali del cantante, ma anche la sua complessità emotiva e la sua lotta interiore. Chalamet, con la sua consueta profondità, riesce a trasmettere lo spirito ribelle di Dylan, restituendo la sua evoluzione da giovane artista folk a figura simbolo di una rivoluzione musicale che avrebbe cambiato per sempre il corso della storia.

Diretto da James Mangold, già regista di “Quando l’amore brucia l’anima”, il film esplora non solo l’ascesa musicale di Dylan, ma anche le sue relazioni con figure chiave come Joan Baez, Pete Seeger e Woody Guthrie. Queste connessioni, seppur reso con grande rispetto per la storia, sono anche la chiave di lettura di un periodo storico segnato da enormi cambiamenti sociali e culturali. Le tensioni della Guerra del Vietnam, la lotta per i diritti civili e la crescente popolarità della musica rock come strumento di protesta sono il contesto in cui Dylan si evolve, un giovane che, armato solo della sua chitarra e della sua voce, ha scelto di non rimanere un semplice testimone, ma di essere un protagonista attivo di quella rivoluzione.

Ma “A Complete Unknown” non è solo un tributo alla musica di Dylan. È un film che riesce a entrare nell’anima di quest’uomo in costante conflitto con la sua stessa immagine pubblica, che cerca di definire chi sia realmente in un’epoca che lo costringe a scegliere tra l’autenticità e le aspettative del pubblico. La performance di Chalamet, lodata dalla critica, non si limita a imitare l’iconica voce di Dylan, ma coglie la sua essenza più profonda, offrendo una rappresentazione che risulta tanto emozionante quanto trasformativa.

Il film dipinge la New York degli anni ’60 con un’attenzione meticolosa ai dettagli, ma nonostante la cura nei costumi e nella scenografia, la città non riesce a emergere con la stessa forza che ha caratterizzato il periodo storico che racconta. In alcune scene, infatti, la vitalità di Greenwich Village, cuore pulsante della scena musicale folk, sembra quasi sopita, non riuscendo a restituire pienamente l’intensità di quei giorni. Tuttavia, la forza della narrazione e la qualità delle interpretazioni riescono a compensare questa piccola pecca, trasportando comunque lo spettatore nell’atmosfera di quell’epoca turbolenta.

L’interazione tra Dylan e le figure che ha incontrato lungo il suo cammino, come Joan Baez (interpretata da Monica Barbaro) e Pete Seeger (Edward Norton), è centrale nel film. Tuttavia, alcuni momenti, come la relazione con Joan Baez, pur essendo ben scritti, sembrano più pensati per il grande pubblico che non come una riflessione profonda e storicamente accurata di quella che fu la loro dinamica. Nonostante ciò, le performance degli attori riescono comunque a rendere questi rapporti significativi, senza cadere nella trappola della superficialità.

La colonna sonora di “A Complete Unknown” è un altro punto di forza del film. Piuttosto che essere semplicemente una raccolta di brani d’epoca, la musica si intreccia con la narrazione, diventando un elemento vitale che contribuisce a raccontare la storia di Dylan. Brani come “Mr. Tambourine Man” e “Like a Rolling Stone” non sono solo pezzi iconici, ma diventano il motore emotivo che spinge il giovane Dylan ad affrontare la sua evoluzione artistica, la sua ricerca della verità e la sua resistenza contro la pressione del sistema.

“A Complete Unknown” è un film che va oltre il semplice biopic musicale. Non si limita a raccontare la vita di Bob Dylan, ma si sforza di esplorare la sua anima, la sua ricerca interiore, la sua continua reinvenzione. James Mangold, con la sua regia attenta e il supporto di un cast straordinario, crea un affresco emozionante che celebra non solo il cambiamento musicale, ma anche quello culturale, politico e personale. Con Timothée Chalamet nel ruolo di protagonista, il film non solo ci offre una nuova visione di Bob Dylan, ma ci invita a riflettere sul nostro rapporto con l’arte, la libertà e la ribellione. A Complete Unknown è quindi un viaggio che trascende il tempo e lo spazio, e che ci parla direttamente del nostro presente, facendoci capire quanto l’autenticità e la ricerca di se stessi siano ancora oggi tematiche universali e necessarie. Non è solo un film sulla musica, è un film sulla vita, sulla trasformazione, sull’incredibile potere che l’arte può avere nel cambiare il mondo.

50 anni di Cubo: Il successo della mostra dedicata a Rubik a Cuneo

La magia del Cubo di Rubik è riuscita a incantare un’altra generazione, e questa volta lo ha fatto nel cuore di Cuneo, in un evento che ha raccolto oltre 32.600 visitatori. La mostra “50 anni di Cubo. Ernő Rubik e il rompicapo che ha incantato il mondo”, aperta dal settembre 2024, si è conclusa domenica 27 aprile 2025, lasciando una traccia indelebile nei cuori degli appassionati di puzzle, matematica e cultura pop. Quello che potrebbe sembrare solo un rompicapo, infatti, è diventato nel corso degli anni un simbolo universale, capace di parlare a più generazioni, unendo intelligenza e intrattenimento.

La mostra, allestita nello Spazio Inn@vazione della Fondazione CRC, è stata un viaggio emozionante attraverso la storia di uno dei giochi più iconici del mondo. Curata dall’associazione Cuadri in collaborazione con Spin Master e con il contributo di enti come la Fondazione CRC e aziende locali come Generali, ACDA, Sedamyl, Bottero e Tesi Square, l’esposizione ha offerto non solo un’esperienza visiva, ma anche una riflessione profonda su ciò che questo piccolo cubo colorato rappresenta: ingegno, creatività e sfida mentale. Grazie a un allestimento interattivo e immersivo, i visitatori hanno potuto esplorare il Cubo di Rubik in modo inedito, unendo la nostalgia per un’icona senza tempo alla curiosità di scoprire i segreti dietro il rompicapo più famoso al mondo.

La mostra non è stata solo una passerella per il Cubo, ma un vero e proprio centro di cultura, con eventi che hanno attratto appassionati e curiosi di tutte le età. Tra i momenti più attesi ci sono state le performance dei speedcuber Giovanni Contardi e Carolina Guidetti, veri e propri maestri nel risolvere il cubo in tempi record. Ma la vera magia è arrivata con gli spettacoli collaterali, tra cui il celebre “Rubik’s On Stage”, che ha visto protagonisti il matematico Andrea Plazzi e l’astrofisico Luca Perri. La loro capacità di rendere la matematica divertente e affascinante ha attirato un pubblico numeroso, mentre l’illusionista Hyde ha portato un tocco di “Cubomagia”, sorprendendo i visitatori con trucchi straordinari che hanno utilizzato il Cubo di Rubik come strumento di magia pura. Un’esperienza che ha coinvolto oltre 600 spettatori, confermando l’interesse per l’intersezione tra scienza, gioco e spettacolo.

L’allestimento ha avuto anche un impatto significativo sui più giovani, che hanno rappresentato oltre il 20% dei visitatori. Questo è un segno del fascino che il Cubo continua a esercitare sulle nuove generazioni, dimostrando che l’ingegno non ha età. La risposta entusiasta dei ragazzi non è stata solo un fatto di numeri, ma un segnale che anche in un’epoca dominata dalla tecnologia, giochi come il Cubo di Rubik mantengono un fascino intramontabile. Per molti di loro, infatti, il Cubo è stato molto più di un semplice gioco, ma un’esperienza educativa e divertente che ha stimolato la curiosità e la creatività.

Un altro aspetto fondamentale di questa mostra è stato il messaggio che ha trasmesso, ovvero quello di considerare il Cubo di Rubik non solo come un gioco, ma come un vero e proprio simbolo di ingegno umano. Andrea Borri, presidente di Cuadri, ha voluto sottolineare proprio questa visione, dicendo che l’esposizione non ha cercato di ridurre il Cubo a un oggetto popolare, ma ha voluto raccontare la sua storia come una sintesi perfetta di creatività e complessità, in grado di stimolare menti giovani e meno giovani.

Il successo dell’evento è stato un’ulteriore conferma di quanto il Cubo di Rubik sia una vera e propria icona globale che, dopo 50 anni, continua a esercitare il suo fascino su milioni di persone. Elisa Anchisi, Head of Marketing Spin Master Italia e Grecia, ha affermato che la mostra è stata anche un tributo a una cultura che non sarebbe stata la stessa senza l’impatto di Rubik’s®, che ha saputo adattarsi ai tempi pur mantenendo intatta la sua natura di sfida e creatività. Questa mostra, con il suo successo travolgente, ha celebrato non solo il passato, ma anche l’evoluzione del Cubo, proiettandolo nel futuro con una forza che continua a unire generazioni diverse.

In conclusione, se c’è una cosa che questa esposizione ci ha insegnato è che il Cubo di Rubik non è solo un oggetto da risolvere, ma un simbolo di passione, di sfida mentale e di continua innovazione. La mostra di Cuneo ha rappresentato un’occasione imperdibile per immergersi in un pezzo di storia che continua a ispirare e appassionare, dimostrando che, a distanza di 50 anni, Rubik’s® è tutt’altro che passato di moda. Lo Spazio Inn@vazione, pronto a riaprire nel 2025 con una nuova mostra interattiva, promette di continuare su questa strada, celebrando i grandi talenti creativi che hanno cambiato il mondo.

La Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore: Tra Cultura, Creatività e Intelligenza Artificiale

Il 23 aprile rappresenta una data fondamentale per celebrare la cultura, la lettura e il diritto d’autore. Ogni anno, in questa giornata, si celebra la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore, una ricorrenza istituita nel 1995 dall’UNESCO con l’obiettivo di promuovere il libro come strumento di crescita personale, di dialogo interculturale e di comprensione reciproca. In un’epoca in cui la tecnologia permea ogni aspetto della nostra vita, e l’intelligenza artificiale generativa sta iniziando a sollevare interrogativi sulla paternità creativa e sul valore del lavoro intellettuale, questa giornata acquista un significato ancora più rilevante.

Le Origini della Giornata Mondiale del Libro

La scelta del 23 aprile non è casuale. Questa data commemora la morte di tre figure simbolo della letteratura mondiale: Miguel de Cervantes, autore del celebre Don Chisciotte, William Shakespeare, drammaturgo per eccellenza del Rinascimento inglese, e Inca Garcilaso de la Vega, storico e poeta peruviano. Ma non è solo una giornata di memoria per gli scrittori scomparsi: il 23 aprile coincide anche con la Festa di San Jordi in Catalogna, una tradizione che celebra l’amore e la cultura con lo scambio di libri e rose. È un segno di come la letteratura e le opere creative siano sempre state strumenti di comunicazione universale, trasversale al tempo e allo spazio.

Le Iniziative per Celebrare la Giornata

In tutto il mondo, la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore è celebrata con numerose attività destinate a sensibilizzare il pubblico sull’importanza del libro e della lettura. Le mostre e fiere del libro sono uno degli eventi più attesi, occasioni uniche per editori, autori e lettori di incontrarsi, scoprire nuove pubblicazioni e approfondire il proprio amore per la lettura. Si organizzano incontri con autori, durante i quali gli scrittori discutono del loro processo creativo e delle tematiche trattate nelle loro opere. Inoltre, sono molto diffusi i laboratori di lettura, pensati soprattutto per i più giovani, per avvicinarli al mondo dei libri in modo divertente e coinvolgente. Le donazioni di libri e le campagne di sensibilizzazione completano il quadro, promuovendo l’accesso alla cultura anche nelle zone più svantaggiate e informando sul rispetto del diritto d’autore e sui danni derivanti dalla pirateria letteraria.

Il Libro nell’Era Digitale

Con l’avvento dell’era digitale, molte persone si chiedono quale sia il ruolo del libro in un mondo dominato dalla tecnologia. Eppure, nonostante l’espansione di dispositivi elettronici come tablet e e-reader, il libro cartaceo continua a mantenere una posizione centrale nella società moderna. La lettura è un’attività che stimola il pensiero critico e favorisce l’ampliamento degli orizzonti culturali. I libri permettono di viaggiare nel tempo e nello spazio, di esplorare nuove culture e di approfondire temi attuali in modo che altre forme di comunicazione non sono in grado di fare. Anche nella società odierna, frenetica e in continua evoluzione, il libro conserva il suo fascino come strumento di crescita personale, di connessione con le radici culturali e di stimolo al dialogo interculturale.

Il Diritto d’Autore: Tutelare le Opere Creative

In questo scenario, il diritto d’autore rappresenta un pilastro fondamentale per la tutela delle opere creative. La Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore non è solo un’occasione per celebrare la lettura, ma anche per riflettere sull’importanza di proteggere il lavoro degli autori, degli editori e di tutti coloro che, con impegno e passione, contribuiscono alla creazione di contenuti culturali. Il diritto d’autore, infatti, non si limita a tutelare gli interessi economici degli autori, ma riconosce anche il valore intellettuale delle opere, contribuendo alla creazione di un’industria culturale sana e sostenibile. In un mondo in cui l’uso quotidiano dell’intelligenza artificiale generativa solleva interrogativi sulla paternità creativa, il diritto d’autore si fa ancora più rilevante. L’IA, con la sua capacità di generare contenuti originali, solleva interrogativi su chi sia realmente l’autore di un’opera. In questo contesto, è essenziale continuare a proteggere i diritti di chi crea, per garantire che il lavoro intellettuale sia riconosciuto e valorizzato.

Il Futuro della Cultura e della Creatività

L’intelligenza artificiale generativa, che sta rapidamente cambiando il panorama creativo, mette a dura prova la concezione tradizionale di paternità e originalità. Se un’intelligenza artificiale può scrivere un romanzo, comporre una canzone o creare un’opera d’arte, chi è il vero autore? L’IA stessa o l’operatore umano che ha fornito i dati e le istruzioni? Questi interrogativi sono al centro di un dibattito che si intensifica ogni giorno di più, in particolare per quanto riguarda il diritto d’autore. Gli artisti e gli autori potrebbero trovarsi a fronteggiare nuove sfide, dove la difesa dei diritti di paternità e di proprietà intellettuale dovrà essere aggiornata per riflettere i cambiamenti tecnologici in corso. Questa giornata dunque non è solo una celebrazione della lettura e delle opere letterarie, ma anche un’occasione per riflettere su temi cruciali come la protezione delle opere creative in un mondo sempre più dominato dalla tecnologia. La cultura, la lettura e il diritto d’autore devono essere tutelati in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale sta ridefinendo i confini della creatività umana. Mentre la tecnologia avanza, il libro e il diritto d’autore restano strumenti imprescindibili per garantire che la creatività continui a prosperare in un ambiente che rispetti l’autenticità e l’integrità dell’opera intellettuale. Celebrare questa giornata significa anche difendere il valore del lavoro intellettuale in tutte le sue forme, dalla penna dell’autore alla creatività assistita dall’intelligenza artificiale.

Archimede. Geometria di un genio: Il Genio di Siracusa e la Lotta per la Cultura nel Fumetto di Roberto Monti e Marco Tabilio

Nel vasto universo delle icone umane della scienza e della cultura, poche figure possono vantare un impatto così profondo e duraturo come Archimede di Siracusa. La sua mente brillante, capace di spingere i confini della conoscenza umana, è al centro di una straordinaria graphic novel intitolata “Archimede. Geometria di un genio”, edita da Becco Giallo, un’opera che, pur raccontando una delle tragedie più dolorose della storia, riesce a fare riecheggiare il suo spirito attraverso l’eternità. Scritto da Roberto Monti e illustrato da Marco Tabilio, questo fumetto è un tributo al genio che, attraverso le sue invenzioni e scoperte, ha rivoluzionato il mondo antico, ma anche un grido di denuncia contro l’oscurantismo che ancora oggi minaccia la cultura e la conoscenza.

Un eroe tragico e universale

Anno 212 a.C. È l’epoca della grande guerra tra Roma e Siracusa, e le forze imperialistiche del console Marcello, il “gladio di Roma”, stanno schiacciando la città. Nel mezzo del caos, mentre Siracusa tenta disperatamente di difendersi, uno dei suoi più grandi figli, Archimede, viene assassinato dai soldati romani. Questa morte, tragica e simbolica, non segna solo la fine di una vita straordinaria, ma segna anche la sconfitta di un’idea: quella della scienza e della cultura come faro di speranza in un mondo che tenta di soffocarle.

La sceneggiatura di Monti, che si avvale anche della collaborazione con il Dipartimento di Matematica dell’Università di Padova, è una riflessione non solo sulla figura di Archimede, ma sul significato più ampio della scienza stessa. La sua morte non è solo una fine, ma un punto di rottura, una metafora della lotta tra il Potere e il sapere. Il fumetto intreccia momenti storici, come la resistenza di Siracusa, con la visione matematica e geometrica che Archimede ha lasciato in eredità all’umanità.

La geometria della resistenza

“Archimede. Geometria di un genio” non è solo una biografia illustrata, ma un grande affresco che esplora il rapporto tra scienza e potere. La difesa di Siracusa da parte di Archimede e dei suoi concittadini diventa, nel fumetto, un grido di protesta contro l’imperialismo. Un messaggio che risuona forte oggi come ieri: la lotta di Archimede è quella di ogni intellettuale, scienziato o artista che si oppone a chi vuole soffocare la cultura e il progresso. Archimede, con le sue straordinarie invenzioni – dalla celebre leva alla “Eureka!” che si dice avesse pronunciato scoprendo il principio di Archimede – diventa il simbolo di quell’intelligenza che sfida il tempo e la barbarie del Potere.

Le sue creazioni matematiche, visualizzate con maestria nelle tavole di Tabilio, non sono semplici “strumenti” di misurazione, ma vere e proprie incarnazioni della sua mente visionaria, capaci di resistere al tempo e alle distruzioni che hanno segnato la sua vita. Le spirali, i cilindri e le sfere – simboli geometrici che sono il cuore pulsante di questa opera – rinascendo tra le pagine, rendono immortale il genio di Archimede, evocando l’idea che la vera grandezza non si estingue mai.

Un’interpretazione visiva straordinaria

Marco Tabilio, con la sua capacità di tradurre la scienza in immagini, riesce a rendere tangibili concetti complessi attraverso il suo stile visivo. Le illustrazioni non solo rappresentano l’epoca e gli eventi, ma le idee stesse di Archimede. Ogni tavola è intrisa di un’energia che sfida il lettore a vedere oltre la pagina, a riflettere sulle implicazioni di ogni invenzione, di ogni scoperte. Il linguaggio visivo di Tabilio trasforma il fumetto in una specie di diagramma vivente, un’esplosione di geometria e conoscenza che trascende le barriere temporali e spaziali.

La scienza come forma di resistenza

Questa graphic novel non è solo un tributo a Archimede, ma una riflessione profonda sulla resistenza del sapere contro ogni forma di ignoranza e censura. Il messaggio che trasmette è chiaro: la scienza, la cultura e la conoscenza sono forze invincibili, che non si arrendono mai, anche di fronte alla morte. Archimede, con la sua passione e il suo ingegno, è il simbolo di quell’intellettualismo che sfida ogni forma di oscurantismo, che lotta per un mondo dove la conoscenza possa crescere libera, senza paura di essere distrutta.

Con “Archimede. Geometria di un genio”, Monti e Tabilio ci offrono un’opera che va oltre la biografia di uno dei più grandi geni della storia, ci consegnano una riflessione universale sul valore della scienza, sull’importanza della cultura come strumento di resistenza e sul potere eterno delle idee. Questa graphic novel, che può essere apprezzata da appassionati di storia, scienza e fumetto, è un’opera che celebra la bellezza e la potenza della conoscenza, un tributo eterno a un uomo che ha cambiato il corso della storia.

In accordo con il Dipartimento di Matematica dell’Università di Padova, il terzo capitolo del libro, “Alessandria”, è disponibile in download gratuito a partire da qui:

Il Festival delle Scienze 2025: “Corpi”, tra Natura, Tecnologia e Cultura a Roma

Dal 8 al 13 aprile, Roma si prepara ad ospitare un evento che celebra il connubio perfetto tra scienza, cultura e innovazione: il Festival delle Scienze, giunto quest’anno alla sua ventesima edizione. L’appuntamento, che si terrà all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, non è solo una rassegna scientifica, ma una vera e propria immersione nel mondo della conoscenza e della scoperta, un’occasione unica per esplorare temi affascinanti e stimolanti. Per il 2025, il tema che guiderà la riflessione di questa edizione speciale è “Corpi”, un concetto tanto ampio quanto profondo, che abbraccia e sfida le nostre percezioni. I “corpi” a cui si fa riferimento non sono solo quelli umani, ma anche quelli animali, vegetali, e persino quelli microscopici, come i virus e i batteri, e i corpi celesti che popolano l’infinito universo.

La riflessione sul corpo umano, con le sue caratteristiche e trasformazioni, ha radici profonde nell’evoluzione biologica e culturale, ma negli ultimi decenni si è ampliata grazie ai progressi tecnologici. Oggi possiamo parlare di corpi ibridi, che integrano protesi e impianti, e persino di corpi meccanici come i robot e gli automi. Il Festival delle Scienze di Roma esplorerà tutti questi aspetti, portando all’attenzione del pubblico non solo l’evoluzione biologica del corpo, ma anche le sfide, le trasformazioni e le possibilità offerte dalla tecnologia.

Questa edizione, che celebra i venti anni di attività del Festival, si distingue per l’approccio multidisciplinare che caratterizza ogni appuntamento. Con più di 100 ospiti, tra cui scienziati di fama internazionale, giornalisti e intellettuali, l’evento si svilupperà attraverso cinque aree tematiche principali: Corpi Complessi, Corpi Originali, Corpi Responsabili, Corpi Plastici e Corpi Inquieti. Tra i relatori più attesi ci saranno personalità come Silvia Bencivelli, Mirko Daniel Garasic, Alberto Mantovani, Daniel Lieberman, e Francesca Marzia Esposito. Questi esperti, con il loro approccio innovativo, affronteranno il tema del corpo da punti di vista che spaziano dalla biologia alla filosofia, dalla medicina alla sociologia.

Il Festival si aprirà martedì 8 aprile con un incontro dedicato alle scuole dal titolo “Corpi: capirli e curarli”, durante il quale l’immunologo Alberto Mantovani dialogherà con la giornalista scientifica Silvia Bencivelli. Un momento di grande valore educativo che offrirà agli studenti l’opportunità di avvicinarsi alle frontiere della ricerca scientifica e alle potenzialità del corpo umano. Nel pomeriggio dello stesso giorno, il coreografo Virgilio Sieni terrà un laboratorio dal titolo “Il Corpo Tattile”, un’attività inclusiva che coinvolgerà danzatori e persone cieche o ipovedenti, esplorando come il corpo possa esprimersi attraverso il tatto e l’ascolto dello spazio circostante.

Alle 19, la Sala Petrassi ospiterà uno degli eventi più attesi: il saggista e divulgatore scientifico statunitense David Quammen parlerà di “Corpi nella natura”, un incontro che esplorerà il legame profondo tra l’uomo e gli altri corpi naturali, con un focus sulla biodiversità e la sua conservazione. Moderato da Marco Cattaneo, direttore di “Le Scienze” e “National Geographic Italia”, questo evento offrirà al pubblico l’opportunità di riflettere sull’importanza di proteggere l’ecosistema globale.

Il Festival delle Scienze di Roma non si limita a conferenze e dibattiti, ma offre anche una ricca programmazione di spettacoli e attività. Tra questi, la performance “Danza cieca” di Virgilio Sieni, e il reading-spettacolo “Corpo, umano”, con il psichiatra Vittorio Lingiardi, che esplorerà la connessione tra corpo, mente e cultura, approfondendo il significato simbolico e fisico degli organi del corpo umano. Inoltre, la professoressa Daniela Lucangeli terrà una lectio dal titolo “Tu chiamale se vuoi…”, un viaggio affascinante alla scoperta delle connessioni tra psicologia, emozioni e corpo.

Non mancheranno neanche le attività educative, pensate per coinvolgere i più giovani in modo ludico e stimolante. Laboratori, giochi e incontri interattivi permetteranno agli studenti di esplorare il corpo umano, le sue funzioni e le scoperte scientifiche più recenti. Per gli adulti, ci saranno seminari come “Astronomia & mindfulness: noi e l’Universo”, un incontro che abbinerà la riflessione sull’infinito universo all’esplorazione del corpo attraverso la pratica della consapevolezza.

Le mostre e gli exhibit interattivi sono un altro dei punti di forza del Festival. Tra questi, la mostra “Obiettivo scienza” a cura del CNR, “La rivoluzione in un quanto” a cura dell’INFN, e “Anatomia virtuale: immergersi nel corpo umano”, organizzata dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS. Queste esposizioni offriranno un’opportunità unica di esplorare il corpo umano da una prospettiva scientifica e tecnologica, utilizzando risorse interattive e immersive che faranno capire al pubblico, anche ai più piccoli, come funziona il nostro organismo.

Inoltre, per gli appassionati di astronomia, il Planetario di Roma Capitale proporrà eventi straordinari, come la conferenza-spettacolo sui buchi neri “Una ciambella col buco (nero)” e la discussione sul famoso “Problema dei tre corpi”, incentrata sulla stabilità e il caos nei sistemi planetari. Non mancheranno anche eventi di grande valore scientifico, come le passeggiate geologiche organizzate da ISPRA, che porteranno i partecipanti alla scoperta delle pietre ornamentali della Basilica di San Paolo fuori le mura.

In collaborazione con Radio3 Scienza, il Festival delle Scienze di Roma offrirà due speciali dirette radiofoniche che racconteranno i protagonisti e le novità della manifestazione, portando l’entusiasmo e la passione della scienza a tutti gli ascoltatori.

Il Festival delle Scienze di Roma, da venti anni, è uno degli eventi scientifici più importanti d’Italia, un’occasione unica per scoprire il corpo in tutte le sue forme, sia fisiche che simboliche, attraverso un programma ricco di attività, conferenze e spettacoli. Un appuntamento irrinunciabile per chi è affascinato dal mondo della scienza, della cultura e dell’innovazione, che coniuga il rigore scientifico con la meraviglia della scoperta.

(Pre)vedere il futuro: i libri e i film visionari che hanno anticipato

Il genere fantascientifico ha da sempre immaginato il futuro, anticipando scenari che spesso si sono “avvicinati” alla realtà. Dai romanzi ai film, molti autori, nel corso dei decenni, hanno dimostrato un’intuizione quasi “profetica”, raccontando di mondi dominati da trasformazioni profonde che oggi trovano un riscontro concreto nell’applicazione delle nuove tecnologie.

In occasione dell’uscita della settima stagione di Black Mirror, la serie fantascientifica che ha il merito di aver stimolato una riflessione critica sull’impatto della digitalizzazione nei diversi ambiti della società contemporanea, Babbel, l’app che promuove la comprensione reciproca attraverso le lingue, insieme all’esperto Andrea Viscusi, autore italiano specializzato in narrativa fantascientifica, invitano ad una riflessione in merito al binomio fattore umano e tecnologia.

Nello specifico sono stati selezionati 5 libri e 5 film di fantascienza che hanno saputo anticipare e talvolta persino dare un nome ad alcune delle tematiche tecnologiche di oggi, alcune delle quali affrontate anche nella serie, dall’intelligenza artificiale alle simulazioni virtuali.

Fin dalle sue origini, la fantascienza ha alimentato non solo l’immaginazione, ma anche il pensiero scientifico e la ricercaafferma Andrea ViscusiSono molti i casi di sviluppi tecnologici che sono stati in qualche modo indirizzati dalle storie di fantascienza, al punto che le stesse parole che usiamo comunemente per parlare di questi concetti sono state inventate in queste opere”.

“È interessante osservare come le tecnologie di oggi, tra cui l’intelligenza artificiale e gli algoritmi capaci di adattarsi al contesto, siano state immaginate già da tempo da scrittori/scrittrici e autori/autrici cinematografici. Ciò che un tempo sembrava fantascienza è infatti oggi parte della nostra quotidianità: anche solo pochi decenni fa, per molti era difficile pensare che un giorno avremmo potuto imparare le lingue in qualsiasi momento da un dispositivo tascabile” commenta Gianluca Pedrotti, Principal Learning Content Creator.

Tra robot e cyberspazio: le previsioni tecnologiche della letteratura

Come sottolineano gli esperti linguistici di Babbel, numerosi sono gli autori letterari che nel tempo, con la loro fantasia, hanno saputo predire delle tecnologie o addirittura inventare dei nomi che sono stati successivamente utilizzati, dai robot agli avatar passando dall’antenato di internet.

  1. “R.U.R. (Rossum’s Universal Robots)” di Karel Čapekn (1920): quest’opera teatrale rappresenta una delle prime storie distopiche del XX secolo ed è nota per aver introdotto per la prima volta il termine “robot”. Al centro della storia vi è l’azienda Rossum’s Universal Robots (R.U.R.) che realizza esseri artificiali, i robot appunto, simili agli umani, ma privi di qualsiasi sentimento. Creati per servire l’uomo, vengono fabbricati in massa ed impiegati in diversi settori, fino al momento in cui arrivano a sviluppare una coscienza e a ribellarsi, sterminando l’umanità. Il testo invita a riflettere sui pericoli di una società ipertecnologica e disumanizzata, in cui il rischio che tutto sfugga al controllo diventa sempre più concreto, temi ancora oggi molto rilevanti.
  2. “1984” di George Orwell (1949): si tratta di un romanzo distopico che descrive una società totalitaria del futuro (quella del 1984 appunto) governata da un solo partito, a sua volta guidato da un “Grande Fratello”, che con delle telecamere controlla costantemente la popolazione. In questa società totalitaria, persino la lingua è stata modificata nel “Newspeak” (o “Neolingua”): dotata di un numero ridotto di parole e di una grammatica semplificata, elimina concetti pericolosi per il regime come “ribellione” e ne introduce altri come quello di “psicoreato” (ovvero pensare qualcosa contro il partito), escludendo così qualsiasi forma di libero pensiero e manipolando l’informazione. Quest’opera – che ha anticipato temi contemporanei come il controllo audio e video, la manipolazione delle informazioni e la diffusione di fake news –  denuncia i rischi legati ad una sorveglianza di massa, alla propaganda e alla limitazione della libertà individuale.
  3. “Io, Robot” di Isaac Asimov (1950): è una raccolta di racconti di fantascienza, in cui ogni storia è indipendente dalle altre, ma tutte esplorano come i robot, governati dalle “tre leggi della robotica”, possano comportarsi in modi inaspettati quando queste regolamentazioni entrano in conflitto o vengono interpretate in modo ambiguo. Le tre leggi di Asimov, oltre ad aver ispirato il dibattito etico sulla regolamentazione della robotica e dell’intelligenza artificiale, hanno anche contribuito in modo significativo alla ricerca e allo sviluppo degli automi. L’impiego delle nuove tecnologie comporta infatti una responsabilità morale che non va sottovalutata, per prevenire conseguenze impreviste e garantire un uso consapevole dell’innovazione.
  4. “Neuromante” di William Gibson (1984): questo romanzo è conosciuto per aver reso famoso il “cyberpunk” (un genere narrativo caratterizzato da ambientazioni futuristiche distopiche e dalla presenza di una tecnologia avanzata) e aver popolarizzato il termine “cyberspazio” (inventato dallo scrittore e introdotto nel suo precedente romanzo “Burning Chrome”), di fatto immaginando internet e la realtà virtuale prima della loro creazione. Il romanzo segue la storia di Case, un hacker caduto in disgrazia e privato della possibilità di connettersi alla rete informatica globale. Egli viene reclutato da un misterioso benefattore che, in cambio della restituzione delle sue capacità, gli affida una pericolosa missione: Case si immerge così nel “cyberspazio”, un mondo virtuale avanzato, affrontando nemici e scoprendo verità nascoste. Il libro esplora diverse tematiche come il rapporto tra l’uomo e la tecnologia e il potere delle intelligenze artificiali.
  5. “Snow Crash” di Neal Stephenson (1992): è un romanzo cyberpunk ambientato negli Stati Uniti di fine XX secolo, ricordato per aver anticipato alcune tecnologie oggi estremamente attuali e dibattute come il Metaverso e gli avatar, in una trama che intreccia realtà virtuale e complotti globali. Il protagonista è Hiro, un hacker che lotta contro un virus informatico, lo “Snow Crash”, navigando nel Metaverso, un mondo virtuale che può essere esplorato con degli “avatar”, attraverso i quali interagire con gli altri utenti.

Tra clonazioni e conversazioni con l’IA: le previsioni tecnologiche del cinema

Non mancano, anche nel caso delle pellicole cinematografiche, esempi di veri e propri “veggenti” che hanno anticipato molte tecnologie che oggi stanno diventando realtà, dimostrando anche quanto la scienza possa avvicinarsi alle intuizioni della narrativa.

  1. “Blade Runner” di Ridley Scott (1982): il lungometraggio è ambientato in una distopica Los Angeles del 2019 inquinata e divenuta invivibile, tanto che chi può si trasferisce in colonie spaziali, nelle quali degli androidi molto simili agli esseri umani ma dall’aspettativa di vita di soli quattro anni (i “replicanti”) vengono impiegati per i lavori più faticosi. Quando alcuni di loro si ribellano e arrivano sulla terra, un ex poliziotto viene incaricato di rintracciarli ed eliminarli; tuttavia, durante la sua missione, arriva a mettere in discussione il legame tra umano ed artificiale. Anche in questo caso non mancano le invenzioni più visionarie come gli stessi androidi avanzati, gli assistenti vocali e i grandi schermi pubblicitari in 3D paragonabili a quelli utilizzati al giorno d’oggi.
  2. “Jurassic Park” di Steven Spielberg (1993): il primo di questa serie di film di fantascienza dal successo planetario si svolge su un’isola tropicale in cui un miliardario eccentrico, John Alfred Hammond, sta per inaugurare un parco divertimenti, Jurassic Park appunto, popolato da dinosauri riportati in vita attraverso la clonazione del DNA fossile. Prima dell’inaugurazione vengono invitati alcuni esperti a visitare l’isola ma, durante il tour, una violazione dei sistemi di sicurezza libera i dinosauri dalle gabbie, generando così il caos e una vera e propria lotta per la sopravvivenza. Vengono portati alla luce temi rilevanti come i rischi della clonazione genetica (seppur oggi non sia ancora possibile clonare i dinosauri, sono stati fatti importanti passi avanti nell’editing genetico) ed anticipate alcune tecnologie come i veicoli a guida autonoma e l’utilizzo dell’IA nella genetica oltre che la realtà aumentata e quella virtuale.
  3. “Matrix” di Andy (Lilly) e Larry (Lana) Wachowski (1999): è un film di fantascienza in stile cyberpunk che esplora numerosi concetti tra cui la realtà virtuale e l’intelligenza artificiale. Il protagonista, Neo (interpretato da Keanu Reeves), è un hacker che viene reclutato per combattere contro delle macchine che hanno preso il controllo del mondo ed intrappolato le persone in una realtà neuro-simulata ed interattiva chiamata “Matrix”, mentre i loro corpi fungono da energia. Il film ha avuto un importante impatto sulla cultura popolare, influenzando il cinema e cambiando la visione della tecnologia, della realtà e del potere.
  4. “Minority Report” di Steven Spielberg (2002): si tratta, anche in questo caso, di una pellicola cinematografica di fantascienza sviluppata intorno a tematiche come il controllo del futuro con la tecnologia e la predizione dei crimini. È infatti ambientato in un futuro in cui un’agenzia governativa (“Precrime”) si affida a tre “precog”, esseri umani con poteri extrasensoriali, per prevedere i crimini prima che vengano commessi in modo da arrestare le persone ed evitare così che i reati accadano. John Anderton (interpretato da Tom Cruise) è il capo dell’unità, fino a quando viene accusato di un omicidio che non ha ancora commesso; cercando di provare la propria innocenza, scopre una trama più complessa che mette in discussione l’affidabilità del sistema di previsione. Oltre al concetto della previsione del crimine, che ha ispirato modelli di analisi oggi in uso alle forze dell’ordine, vi sono altre tecnologie che all’epoca del film potevano sembrare fantascienza, ma che oggi sono realtà o sono in fase di sviluppo come gli schermi trasparenti e le interfacce gestuali, le pubblicità targettizzate (nel film il riconoscimento dell’iride viene utilizzato, tra le altre cose, dai cartelloni pubblicitari per mostrare una pubblicità personalizzata) e le auto a guida autonoma.
  5. “Her” di Spike Jonze (2013): si discosta dagli altri film perché, pur essendo di fantascienza, ha degli elementi più romantici ed esplora il rapporto tra gli esseri umani e l’intelligenza artificiale. Protagonista è Theodore (interpretato da Joaquin Phoenix), un uomo solitario che dopo la fine del suo matrimonio decide di provare un nuovo sistema operativo basato su un’intelligenza artificiale, capace di evolversi ed adattarsi alle esigenze dell’utente. Con il tempo tra i due nasce una vera e propria relazione fino a quando l’IA, divenuta così autonoma e consapevole da allontanarsi dalla percezione umana, abbandona il mondo digitale per esistere in una dimensione superiore. I temi trattati, come l’influenza della tecnologia sull’uomo, l’emotività delle macchine e la solitudine in un mondo iperconnesso, sono a distanza di più di un decennio di grande attualità.

Civilization VII – La Guida di CorriereNerd all’Età Antica

Nell’ultimo articolo vi parlavo dei primi passi da compiere per preparare e iniziare una partita a Civilization VII. Oggi la rassegna continua con una presentazione dell’Età Antica di Civ7 e delle sue caratteristiche fondamentali, e i suggerimenti di Corriere Nerd.

In una partita standard iniziate nel 4000 a.C. in un mondo vergine, inesplorato e generato casualmente: è l’inizio dell’Età Antica.

L’unità Fondatore dovrebbe subito edificare la vostra Capitale. La prima unità civile/militare vi costerà solo un turno di produzione, e di solito è consigliato addestrare uno Scout o magari due. Civ7 è un 4X e per sapere dove sono le risorse da sfruttare, i posti migliori per i vostri futuri insediamenti, e i potenziali nemici da distruggere, bisogna esplorare la mappa. Per sapere quel che succede in giro per il mondo e prevenire i vostri avversari, dovete investire nella ricognizione.

Lo Scout è un’unità molto importante, non solo nell’Età Antica. Si sposta più velocemente delle altre unità e con l’abilità “ricerca” può aumentare il proprio campo visivo e rivelare i tesori luccicanti nascosti in giro per la mappa. Se una vostra unità raggiunge un tesoro, darà inizio a un Evento in cui potete scegliere una ricompensa e forse pagare un piccolo prezzo in cambio. Gli Eventi sono di varia natura e scatenati da molti fattori diversi come una nuova scoperta scientifica/culturale, il completamento di una Meraviglia o la conquista di una città, e spesso offrono importanti premi.

Tornando allo Scout, l’abilità “vedetta” completa il suo repertorio e gli permette di tener d’occhio l’area circostante da una piccola torre: se ci sono minacce in arrivo, lo Scout le vedrà da lontano.

 

Conviene espandere la vostra Capitale verso esagoni che offrono più produzione (foreste e terreni accidentati) e vi permettono di costruire in fretta edifici, unità e Meraviglie. I vostri Scout incontreranno presto villaggi indipendenti o altre Civiltà, dando inizio alle relazioni diplomatiche.

Nello scorso articolo si è parlato delle risorse fondamentali (yields, le “rese”) che la vostra gente può ricavare dagli esagoni che compongono il territorio rurale o urbano: cibo, monete d’oro, produzione, felicità, scienza e cultura; la diplomazia è regolata da un’altra risorsa da spendere in modo oculato, l’Influenza, indicata dall’icona del globo.

All’inizio della partita solo il vostro palazzo reale la produce, e rimane una risorsa piuttosto rara. Le Civiltà (Cinesi Han, Greci, Maya) e i Leader (Ashoka, Benjamin Franklin, Himiko, Machiavelli) con inclinazioni diplomatiche possono produrne di più o ricevere sconti sulle varie interazioni. L’influenza è una risorsa chiave per farsi degli amici, ricavare profitto da migliori relazioni commerciali o collaborazioni scientifiche/culturali, oppure per ostacolare i rivali, peggiorare le relazioni e giustificare una guerra contro di loro.

Un altro modo potente di usare l’influenza è lo spionaggio, contro cui al momento esistono poche difese. Le spie in caso di operazione riuscita possono riportare a casa una scoperta scientifica o progresso civico che non avevate, oppure un piccolo tesoro in punti scienza o cultura. L’importanza dello spionaggio aumenta nelle difficoltà più elevate in cui grazie ai loro cospicui vantaggi le civiltà controllate dall’IA tendono a lasciarvi indietro. Lo spionaggio da solo non è giustificazione sufficiente per un conflitto, e se foste voi a trovarvi in testa, perfino le IA vostre amiche potrebbero prendervi di mira, portandosi via tecnologia e punti scienza/cultura in quantità.

Una città-stato amica e le possibili opzioni diplomatiche. (Fonte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

L’Influenza si può spendere anche per fare amicizia con i villaggi indipendenti; quelli ostili però continueranno ad attaccare fino al completamento delle trattative. Le interazioni di solito sono più facili per Civiltà e Leader diplomatici. Con un investimento sufficiente e il tempo necessario, il villaggio si trasformerà in una città-stato a voi fedele, capace di fornire truppe in cambio d’influenza e di combattere i vostri nemici. La città-stato amica inoltre vi conferirà un bonus speciale a scelta, a seconda del tipo. Si tratta di una meccanica interessante ma delicata e piuttosto imprevedibile, perché un villaggio che non è ostile a voi potrebbe invece essere nemico di una delle Civiltà circostanti. L’IA potrebbe dispiegare forze schiaccianti per distruggere velocemente questo villaggio, mandando a monte i vostri sforzi diplomatici. Il metodo per me più sicuro è dirigere i vostri sforzi su una tribù ostile che potete raggiungere facilmente: inviate truppe a eliminare le loro unità e occupate il villaggio coi vostri soldati mentre sono in corso le trattative: finché l’abitato è occupato da voi, l’IA non può disperderlo.

Tornando ai primi passi, i villaggi indipendenti incontrati dagli Scout potrebbero attaccarvi, per questo serve tirare su in fretta un numero cospicuo di unità militari. La terza unità che addestrerete nella Capitale potrebbe essere per l’appunto un Guerriero, l’unità da mischia di base. La ricerca vi darà presto accesso a unità a distanza che attaccano da lontano (senza possibilità di contrattacco) come il fromboliere, unità navali come la galea (capaci di bombardare unità e insediamenti costieri) oppure di unità di cavalleria. Primo tra queste unità veloci, il carro da guerra è indicato per fare danni dietro le linee o sbaragliare unità vulnerabili dello schieramento nemico, come frombolieri e macchine d’assedio. Queste ultime sono pensate per attaccare zone urbane più o meno fortificate ed espugnare gli insediamenti, ma funzionano anche da artiglieria costiera: una vera minaccia per qualsiasi vascello nemico a tiro!

Le unità che attaccano a distanza sono fragili, in particolare se costrette al combattimento ravvicinato.  (Fonte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

Quando si attacca o si difende, la statistica da tenere sempre d’occhio è la Forza della vostra unità. La formazione militare col punteggio più elevato infligge più danni e ne subisce meno a seconda della differenza tra i due contendenti. La Forza può essere influenzata da una pletora di variabili come il terreno di scontro, bonus che vengono dal Leader, dalle vostre scoperte scientifiche e culturali, da risorse strategiche come il ferro o i cavalli, e altro ancora, come il Supporto Bellico, su cui si può intervenire spendendo punti influenza. La conformazione del territorio influisce in altri modi. Per esempio un esagono dominato dalla vegetazione nasconde la vista di quello dietro proteggendolo dagli attacchi a distanza, e una truppa da corpo a corpo non può raggiungere un nemico che sta in cima a una parete rocciosa.

La chiave di volta del vostro esercito è il suo generale o comandante d’armata, che funziona un po’ come un eroe da Gioco di Ruolo, ed è la ragione per cui la vostra ricerca in senso culturale dovrebbe subito puntare sulla Disciplina. Il comandante è l’unico ad accumulare punti esperienza quando le unità negli esagoni adiacenti (o nel suo) infliggono o subiscono danni, quindi deve rimanere vicino all’azione. Se sale di livello acquisisce punti da spendere in nuove e potenti abilità. Potete accorpare unità militari al comandante (bottoni Aggiungi all’Esercito/Abbandona l’Esercito) e costituire un’armata che viaggia più in fretta, è più gestibile in tempo di pace, e quando viene il momento può essere schierata vicino al fronte per dare battaglia.

Molti giocatori preferiscono completare al più presto una delle specialità come Assalto per conquistare il prezioso punto Onorificenza che attende in fondo.  (Fonte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

Il comandante racchiude l’esperienza di tutto un esercito; non può morire, ma se cade in battaglia rimane “in panchina” per molti turni, privando i soldati della sua guida. Per questo in caso di pericolo è meglio farlo viaggiare impilato nello stesso esagono con un’altra unità, magari di fanteria o cavalleria, che lo protegge e incassa danni al suo posto. L’IA è opportunista e pronta ad attaccare i vostri comandanti scoperti. Le unità regolari dell’armata quindi sono più o meno sacrificabili, ma rimpiazzarle vi costerebbe monete o produzione, e tempo! Se vengono ferite, potete farle riposare a distanza dal fronte e preferibilmente nel vostro territorio, così in pochi turni saranno di nuovo pronte a battersi. Con un esercito numeroso, potete ruotare le unità e limitare le perdite, anche grazie al comandante. Con l’essenziale abilità Iniziativa, potete schierare l’esercito senza consumare mosse e scatenare le vostre forze contro l’IA nel modo migliore. I vostri comandanti inoltre si conservano per le Epoche successive con un buon seguito di truppe, e la loro preziosa esperienza!

Con un esercito capace potrete scoraggiare le aggressioni da parte di Leader bellicosi come Amina o Serse, oppure andare all’attacco di avversari sfacciati, che piazzano nuovi insediamenti sotto al vostro naso e poi se la prendono con voi.

È bene avere molti edifici, ma conservate i terreni rurali più produttivi… (Fonte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

Protetti dalla vostra forza militare, città e paesi potranno crescere in pace. Monete d’oro e punti produzione vanno spesi anche per costruire gli edifici di cui il vostro popolo ha bisogno per progredire. Il gioco vi chiederà di piazzare le fondamenta (se li costruite con la produzione nelle città) o l’edificio completo (in caso di acquisto immediato con le monete d’oro), e l’esagono rurale sarà “sovrascritto” in modo irreversibile da una casella urbana. L’abitato progredisce a partire dal centro, quindi non potete piazzare l’edificio in una casella non collegata. L’eventuale struttura di estrazione (fattoria, miniera, allevamento, segheria…) già presente sul posto sarà spostata gratuitamente in un altro esagono a vostra scelta. Questo è anche un modo per raggiungere nuovi, attraenti territori, sempre nel raggio di 3 esagoni dal municipio.

Tra i primi edifici da piazzare in una città ci sono senz’altro la Biblioteca (+2 punti scienza) e il Monumento (+2 punti cultura, +1 influenza). Per via della loro importanza molti giocatori dirigono subito la loro ricerca scientifica su Ceramica e Scrittura per sbloccare la biblioteca, poi su Allevamento e Muratura per accedere al monumento. A parte la loro resa-base di 2 punti scienza/cultura avrete notato che producono di più se piazzati in determinati esagoni.

È entrata in gioco l’Adiacenza, un’altra importante meccanica di gioco di Civ7. Edifici che producono scienza come la Biblioteca guadagnano 1 punto per ogni risorsa speciale (ferro, cavalli, seta, argento, pecore e così via) presente negli esagoni adiacenti e 1 punto per ogni Meraviglia adiacente (Piramidi, Oracolo, Esercito di Terracotta, ecc.). Per esempio una biblioteca che confina con 2 risorse speciali e 1 Meraviglia, produce 2+2+1 punti scienza! Edifici culturali come il Monumento invece guadagnano un punto da ogni esagono vicino con montagne, Meraviglie o Meraviglie Naturali (il Kilimangiaro, la Foresta di Sequoie, le Torres del Paine, il Grand Canyon…). Col tempo e con la ricerca, sbloccherete edifici sempre più potenti e diversificati.

Schematizzando, gli edifici scientifici e produttivi beneficiano dall’adiacenza a Risorse Speciali e Meraviglie.

Gli edifici che producono cultura e felicità vogliono stare vicini a Montagne, Meraviglie e Meraviglie Naturali.

Gli edifici che producono oro o cibo beneficiano dall’adiacenza a esagoni acquatici (mari, laghi, fiumi) e Meraviglie.

Due costruzioni di tipo compatibile possono alloggiare nello stesso esagono urbano e ricevere i rispettivi bonus di adiacenza. Inoltre completare la casella abitata con 2 edifici su 2 offre spesso un altro piccolo bonus supplementare.

Civilization VII rappresenta in questo un gioco d’incastri, un puzzle dinamico che ricompensa l’abilità di soddisfare più condizioni contemporaneamente e collocare i vostri edifici nei posti migliori. Ai bonus che ho descritto se ne aggiungeranno altri, provenienti dalla ricerca o dalla vostra Civiltà o Leader. Non potete controllare la conformazione del territorio; a quella dovrete adattarvi, ma siete voi a decidere dove collocare le vostre Meraviglie, e come far crescere la vostra città.

Quando l’abitato raggiunge una certa popolazione, invece di selezionare un esagono rurale su cui espanderlo, vi sarà offerta l’opzione di cliccare su una zona urbana per collocarvi in modo definitivo uno Specialista. Questo particolare cittadino (all’inizio potete piazzarne 1 al massimo per casella urbana) conferisce punti extra a seconda degli edifici presenti nell’esagono: scientifici, culturali, produttivi, economici, d’intrattenimento… Non solo, lo specialista diventa più potente se l’area in questione beneficia di molti punti extra per via dell’adiacenza. Ogni Specialista però prende dal bilancio cittadino 2 punti cibo e 2 di felicità; per fortuna la ricerca permetterà non solo di averne di più, ma di ridurre le spese di mantenimento.

onte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

Una parola a parte va spesa per gli “Edifici-Deposito”, che invece sono orientati a migliorare l’estrazione di risorse dalle caselle rurali. Anche se è attraente costruire un granaio/banchina da pesca/mattonificio/fossa di segatura appena la ricerca lo rende disponibile, bisogna rifletterci un momento. Ognuno di questi edifici beneficia solo caselle del suo tipo preferito: per esempio il granaio è rivolto solo a fattorie, piantagioni e pascoli; la banchina di pesca vuole avere molte caselle costiere, lacustri o fluviali; il mattonificio aiuta solo l’industria estrattiva; la fossa di segatura opera solo sulle zone boschive. Quindi ha poco senso spendere e occupare spazio per qualcosa che non vi è d’aiuto o presto cesserà di essere utile. I Depositi hanno anche la particolarità di essere edifici “senza epoca”, che rimarranno al loro posto per l’intera partita. Non beneficiano delle adiacenze e vanno collocati in modo da non prendere spazio a edifici che invece le cercano.

Le città vogliono sempre avere una cospicua quantità di “martelli” di produzione. Quindi è una buona idea avere al loro interno un mattonificio per potenziare le miniere (se c’è terreno accidentato) oppure, se nelle vicinanze prevalgono le aree boschive, una fossa di segatura. Ragionate in base al territorio e a quello che serve.

(Fonte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

E arriviamo agli edifici per eccellenza, le Meraviglie. Ciascuna rappresenta un grande progetto unico al mondo capace di fornire un beneficio irripetibile. Ogni Civiltà ha un bonus orientato alla produzione della Meraviglia che storicamente le appartiene. Queste grandi costruzioni sono riservate alle città e vincolate a uno specifico terreno, ma non tutte sono altrettanto desiderabili: per esempio il Colosseo, la Piramide del Sole, Nalanda e la Porta di Tutte le Nazioni sono considerate molto potenti, mentre l’Oracolo e la Grande Stele paiono deboli, almeno allo stato attuale del gioco. Posizionare le Meraviglie in modo strategico inoltre (se il terreno lo permette) può darvi potenti adiacenze. L’edificazione di una Meraviglia come il Colosseo rappresenterà una corsa contro il tempo se altre Civiltà vi sono impegnate: in tal caso il gioco vi avvertirà. Se l’IA dovesse battervi rientrerete in possesso di una parte della produzione investita, ma avrete comunque perso turni preziosi.

Le Meraviglie di solito si costruiscono nelle vostre migliori e più grandi città, come la capitale, ma occupano un esagono intero e vi rimangono per l’intera partita. Le loro pretese in fatto di terreno specifico inoltre limiteranno le vostre opzioni. Se una Meraviglia appena sbloccata dalla ricerca non appare nel menù di costruzione, probabilmente sarà perché la città non possiede il terreno giusto per costruirla.

Gran parte del cibo di Roma viene da vicini paesi specializzati. (Fonte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

In cima alla schermata di riepilogo di un insediamento c’è tutto quello che produce. Nella nostra rassegna delle varie “rese” ne è rimasta una, la Felicità, indicata dalle faccine allegre. Gli edifici spesso hanno spese di manutenzione in termini di monete d’oro o felicità. I vostri cittadini pretendono di essere intrattenuti, curati, e di vivere bene: tutto ciò rientra nella sfera della felicità, che può venire dal territorio, da risorse speciali o da edifici appositi. Ogni città ha il suo “bilancio” di faccine allegre, ed è meglio non farle scendere sotto lo zero perché in caso contrario crescerebbe il rischio di problemi con la popolazione. La gente scontenta potrebbe dare alle fiamme degli edifici, peggiorare le cose e bloccare la produzione. Nei casi estremi esiste il rischio che l’insediamento diserti la vostra Civiltà per unirsi a un vicino rivale, quindi bisogna fare il possibile per tenere la Felicità in positivo. I punti in eccesso vengono conteggiati e aggiunti a un bilancio “nazionale” che al raggiungimento di determinate soglie darà luogo a speciali Festeggiamenti a tempo limitato, con relativi bonus per tutto il vostro popolo. Ogni Festeggiamento sblocca anche un nuovo slot per le vostre politiche di governo, valido per l’intera Età.

Da sinistra a destra: elefanti, ferro e oro. (Fonte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

A parte le “rese”, ovvero cibo, produzione, monete (ecc.) sono sparpagliate per il territorio le risorse speciali menzionate prima come ferro, oro, seta, cammelli, caolino… indicate sulla mappa da uno specifico riquadro. Alcune sono molto più preziose di altre: oro e argento per esempio permettono di acquistare edifici e unità a prezzi scontati, e più ne possedete, maggiore lo sconto. Questi metalli preziosi sono ancor più desiderabili perché sono tra le poche risorse che rimangono per l’intera partita. Altre restano sulla mappa per una o due epoche soltanto. Ferro e cavalli, per esempio, aumentano la forza in combattimento della vostra fanteria e cavalleria, ma solo nell’Antichità e nell’Epoca delle Esplorazioni. Poi scompaiono, rimpiazzate da risorse speciali più moderne come carbone, petrolio e gomma.

Le risorse inoltre non possono essere rimosse e rappresentano un ostacolo all’espansione dell’area urbana. Se necessario, e possibile, dovrete costruirci intorno come con le montagne, i laghi o il mare. È il caso di tenerlo presente in modo da non chiudersi in un angolo.

Se una risorsa importante come l’oro si trova nel territorio di un’altra Civiltà, o l’IA l’ha raggiunta prima di voi, non dovete per forza fare una guerra per averla. I mercanti possono viaggiare fino a un insediamento straniero e creare una rotta commerciale che vi dà accesso a tutte le risorse speciali presenti nel suo territorio. Il commercio si conserva finché dura la pace, e avere scambi di questo tipo migliora le relazioni diplomatiche. Anche l’IA vuole commerciare per avere accesso alle vostre risorse speciali, e lo scambio produrrà monete d’oro per voi. Il numero di rotte commerciali con una data Civiltà straniera è limitato, ma si può aumentare chiedendo il permesso al suo Leader, con una piccola spesa di punti influenza.

Gli effetti di risorse come il ferro, l’oro e l’argento si applicano automaticamente al vostro impero; altre come sale, seta e cammelli invece sono più localizzate e vanno collocate in uno specifico insediamento per offrire i loro benefici. L’assegnazione delle risorse ha una sua schermata a parte e può essere cambiata quando guadagnate l’accesso a una nuova merce. Un modo semplice di farlo a comando è inviare un mercante a stabilire una rotta commerciale, oppure espandere una città in modo da sfruttare una nuova risorsa.

Una città da sola non basta; per dare il meglio la vostra Civiltà ha bisogno di espandersi sui territori più ricchi e promettenti. Quindi si tratta d’inviare coloni a fondare nuovi insediamenti, o di conquistare quelli dei vostri rivali. Con l’espansione (pacifica o meno), col commercio, con la ricerca e con la costruzione di Meraviglie, la vostra gente non solo cresce, si afferma e progredisce, ma compie dei passi all’interno dei “Percorsi-Retaggio” dell’Età Antica.

L’icona Progresso nell’Epoca in alto a sinistra nella schermata principale della partita mostra una sorta di cronometro a cui contribuiscono gli avanzamenti di ogni Civiltà: al raggiungimento del 100% avrà inizio l’ultimo turno dell’Antichità.

(Fonte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

Con un clic sull’icona della coppa si apre la schermata dei quattro Percorsi: Culturale, Militare, Scientifico ed Economico. Ogni Percorso presenta diversi step con relative ricompense da ricevere all’inizio della prossima Età. Il gioco indica un approccio suggerito, ma a fare testo sono solamente le richieste a sinistra nell’immagine e la barra con le tappe sotto.

Per completare il Percorso Culturale “Meraviglie del Mondo Antico” e attivare la sua Età dell’Oro sono richieste 7 Meraviglie, ma riceverete ricompense minori al raggiungimento degli step intermedi a 2 e 4 Meraviglie.

Il Percorso Militare “Pax Imperatoria” vi chiede di avere 12 insediamenti all’interno del vostro Impero, ma quelli conquistati valgono per due all’interno del conteggio. Gli step intermedi con ricompense parziali sono a 6 e a 9 punti.

Il Percorso Scientifico “Grande Biblioteca” vi chiede di esporre nei vostri edifici (palazzo, biblioteche…) 10 Codici, oggetti speciali che possono arrivare dalla ricerca scientifica/culturale, da particolari eventi, Meraviglie o città-stato. Per ottenere ricompense parziali bastano 3 o 6 codici.

Il Percorso Economico “Via della Seta” vi invita ad assegnare un totale di 20 risorse speciali come oro, argento, elefanti, incenso (ecc.) ai vostri insediamenti. Le tappe intermedie sono a 7 e 14.

Giocando in modo normale nel corso dell’Età Antica guadagnerete punti in tutti i percorsi, ma se avete un obiettivo o più obiettivi precisi, è il caso di tener d’occhio i vostri progressi. I “punti-retaggio” offerti come ricompensa rappresentano l’orientamento mostrato dalla vostra gente all’interno dell’Antichità e il modo in cui esso influisce sul futuro.

Col progredire dell’Antichità, il gioco vi chiederà presto di scegliere una forma di governo: Oligarchia, Repubblica Classica o Dispotismo. Ognuna di esse conferisce cospicui bonus (uno a scelta), ma solo se riuscite ad attivare i Festeggiamenti generati dal vostro surplus di Felicità. Ad essere sempre attive sono invece le vostre Politiche e Tradizioni, sbloccate dalla ricerca culturale e inserite nella vostra schermata di governo. I vostri progressi vi metteranno a disposizione un ventaglio di scelte sempre più ampio, e più spazio per applicarle. Sono le Politiche a tratteggiare con maggior precisione un ritratto del vostro governo.

(Fonte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

Quando l’orologio dell’Antichità raggiunge il 70-75%, riceverete le prime sinistre notizie che indicano l’approssimarsi di una Crisi e ne indicano il tipo. Alla fine dell’Antichità possono presentarsi delle Rivolte, le Invasioni Barbariche, o una grande Pestilenza.

Le Crisi rappresentano una sfida aggiuntiva che si presenta in una partita standard di Civ7 verso la fine delle prime due Età. Se l’idea però vi infastidisce, potete disattivarle nei settaggi avanzati della partita, prima di iniziare. Ciascuna Crisi vi costringe a farvi carico di speciali politiche, di solito almeno in parte dannose, e col progredire dei turni diventerà sempre più grave.

La Rivolta di solito inizia con un malcontento crescente nei vostri insediamenti più remoti (o quelli che avete conquistato) e ne impatta notevolmente la Felicità. Come in ogni altro caso, conviene accettare le Politiche di Crisi che il vostro impero ha la capacità di assorbire senza troppi danni, e modificare le altre in modo da controbilanciare gli svantaggi. Per la Rivolta si tratterà di malus sempre più forti alla Felicità, quindi dovrete sforzarvi di aumentarla negli insediamenti dov’è più bassa, e di farlo alla svelta, magari acquistando edifici che la producono col denaro messo da parte in precedenza. Le città sono più importanti dei paesi e vale la pena di lottare più duramente per conservarle. I vostri comandanti, se piazzati nel centro di un insediamento, possono aumentarne di molto la produzione di felicità e contrastare gli effetti della Crisi. Se la Felicità in un insediamento rimane sotto lo zero troppo a lungo, possono scoppiare disordini che ne bloccano la produzione. I cittadini in rivolta potrebbero danneggiare proprio gli edifici che producono Felicità, aggravando la situazione. Il “colpo di grazia” viene quando l’insediamento in rivolta vi abbandona per unirsi a un’altra Civiltà. Se però riuscite a gestire bene Politiche di Crisi e Felicità, non ne perderete nemmeno uno. Forse invece saranno i vostri rivali a perdere insediamenti in vostro favore, perché ogni Crisi è globale e la subiscono tutti.

Le Invasioni Barbariche fanno apparire truppe e villaggi ostili nelle aree non colonizzate della mappa, e questi barbari aggressivi minacciano tutte le Civiltà in gioco. Ecco un’altra ragione per cui è una buona idea tirare su un esercito capace durante l’Antichità. Per tenerli a bada dovrete rivedere la vostra strategia militare in modo difensivo, costruire fortificazioni e dislocare truppe e comandanti per neutralizzare la minaccia. Tenete conto che se un vostro insediamento cade in mano ai barbari, potrebbe essere raso al suolo in pochi turni. Dovrete anche ri-bilanciare il vostro impero in modo da contrastare le Politiche negative, che spesso vanno a indebolire proprio l’esercito.

Le Politiche di Crisi al culmine di una Grande Pestilenza. (Fonte dell’immagine – Civilization VII Gameplay)

La Grande Pestilenza forse non colpirà subito i vostri insediamenti, ma uno o più potrebbero essere infettati nel corso della Crisi, bloccando la produzione per diversi turni come in caso di rivolta. Le Politiche dannose colpiscono l’economia, il cibo e la felicità, ma mantenere l’ordine dovrebbe essere più facile. In caso di infezione il gioco vi avvertirà: le aree urbane diventeranno malsane e truppe e comandanti al loro interno subiranno danni fino a morire, quindi è meglio portarli fuori città. Il danneggiamento degli edifici potrebbe anche portare problemi di Felicità, ed è il caso di ripararli al più presto prima che scoppino disordini.

Le Crisi persistono fino alla fine dell’Antichità, ma voi stessi avete potere sull’orologio dell’Età attraverso le tappe dei vostri Percorsi e la ricerca scientifica/culturale. Se per esempio raggiungete una tappa intermedia di un Percorso o, meglio ancora, l’ultima, l’orologio farà un cospicuo balzo in avanti portandolo potenzialmente al 100%.

In conclusione spero di aver toccato tutte le dinamiche fondamentali della prima e forse più amata Era di Civilization VII, e di essere stato d’aiuto.

Come sempre v’invito a tenere presente che l’uscita di aggiornamenti per Civilization VII è frequente. Alcuni dettagli potrebbero variare nel prossimo futuro, e Firaxis Games ha già pronta una tabella di marcia su cui potrebbe influire il feedback dei giocatori. Io vi ho parlato delle strategie di base, ma quelle più complesse sono in costante evoluzione.

Ci rivedremo prossimamente per l’Età delle Esplorazioni!

Equinozio di Primavera tra scienza e leggenda

L’Equinozio di Primavera segna l’inizio della bella stagione e porta con sé un significato che va ben oltre il semplice passaggio dal freddo invernale al tepore primaverile. Nonostante per anni sia stato convenzionalmente attribuito al 21 marzo, oggi sappiamo che questa data è cambiata. Dal 2008, infatti, l’equinozio cade il 20 marzo e continuerà a farlo fino al 2102.

Cos’è l’Equinozio di Primavera e perché non è più il 21 marzo?

Alle 04:06 ora italiana del 20 marzo 2025, il Sole raggiunge il cosiddetto “punto vernale”, ovvero l’intersezione tra l’eclittica e l’equatore celeste. Questo fenomeno astronomico si verifica due volte l’anno, a marzo e a settembre, e rappresenta il momento in cui la durata del giorno e della notte si equivalgono, con 12 ore di luce e 12 ore di buio. Tuttavia, la primavera non inizia più il 21 marzo a causa delle piccole variazioni nel moto di rivoluzione della Terra: il nostro pianeta non segue un’orbita perfettamente circolare e il suo asse subisce minime variazioni nel tempo. Negli ultimi 19 anni, l’equinozio è caduto il 21 marzo solo due volte, nel 2003 e nel 2007.

La parola “equinozio” deriva dal latino aequinoctium, che significa “notte uguale”, a indicare l’equilibrio tra luce e oscurità. Questo evento segna ufficialmente il passaggio alla stagione primaverile, con le giornate che iniziano ad allungarsi progressivamente fino al solstizio d’estate, il 21 giugno.

Il Significato dell’Equinozio nelle Antiche Culture

Sin dall’antichità, l’equinozio di primavera ha avuto un significato simbolico e culturale profondo. In Mesopotamia, questo giorno coincideva con l’inizio del nuovo anno, mentre nella cultura persiana si festeggia ancora oggi il Naw-Ruz, il capodanno Bahà’í. Nell’Antico Egitto, l’equinozio era celebrato con il Sham El Nessim, una festa legata alla rinascita della natura. In India, l’equinozio di primavera coincide con l’Holi, la celebre “Festa dei Colori”, in cui si celebra la vittoria del bene sul male, abbattendo le barriere sociali con lanci di polveri colorate.

Nel calendario latino originale, ideato da Giulio Cesare, l’equinozio di primavera cadeva il 25 marzo. Tuttavia, con la riforma del calendario gregoriano voluta da Papa Gregorio XIII nel 1582, la data venne anticipata al 21 marzo per riallineare il calendario agli eventi astronomici. Questo cambiamento influenzò anche il calcolo della Pasqua cristiana, che ancora oggi si basa sulla prima domenica successiva al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera.

Una Giornata di Celebrazioni: Equinozio e Giornata Internazionale della Felicità

Il 20 marzo non è solo il giorno dell’equinozio, ma anche la Giornata Internazionale della Felicità, istituita dalle Nazioni Unite nel 2012 per sottolineare l’importanza del benessere e della gioia di vivere. Un connubio perfetto tra il risveglio della natura e la ricerca di un equilibrio interiore, proprio come il perfetto bilanciamento tra luce e oscurità che caratterizza questo giorno speciale.

Dall’osservazione astronomica ai significati simbolici, l’Equinozio di Primavera resta un evento straordinario che continua a influenzare culture, tradizioni e persino la nostra percezione del tempo. La natura si risveglia, la luce vince sul buio, e con essa, l’essere umano ritrova la speranza e l’energia per un nuovo ciclo di vita.

COMIC(ON)OFF 2025: La Rassegna Fuori Festival di COMICON Invasione di Napoli con Eventi, Mostre e Laboratori

Dal 15 marzo al 30 maggio 2025, Napoli diventa il palcoscenico di una delle rassegne più attese nel panorama culturale: COMIC(ON)OFF, il fuori festival di COMICON. Quest’anno, l’evento si espande in maniera straordinaria, grazie a una sinergia più forte con il Comune di Napoli, che trasforma la città e le sue municipalità in protagoniste assolute della scena internazionale del fumetto e della cultura pop. Un programma ricco di eventi, mostre, incontri, laboratori e performance coinvolgerà residenti e turisti, confermando Napoli come un centro vitale per la cultura nerd.

L’edizione 2025 di COMIC(ON)OFF rappresenta una vera e propria evoluzione. Grazie al finanziamento del Comune di Napoli, la rassegna si arricchisce di nuovi spazi culturali, alcuni dei quali recentemente ristrutturati, come l’Auditorium di Scampia e lo Spazio Obù della Fondazione Terzoluogo. L’inclusione di ogni municipalità della città permette di estendere l’offerta culturale a una platea sempre più ampia, coinvolgendo non solo fumettisti e illustratori, ma anche musicisti, ricercatori, cosplayer, e perfino K-Pop dancers, che contribuiranno ad animare le strade e i luoghi più significativi di Napoli.

Uno degli aspetti più interessanti di quest’edizione è l’iniziativa “Fumetti in Biblioteca”, che porterà la nona arte nelle biblioteche comunali di Ponticelli, Secondigliano, Bagnoli e Soccavo. L’iniziativa è un’opportunità unica per i cittadini di scoprire e approfondire il mondo del fumetto, grazie a workshop e attività formative in cui esperti del settore guideranno i partecipanti nella creazione di storie e personaggi illustrati. Le biblioteche non solo ospiteranno eventi, ma diventeranno anche il cuore pulsante di un progetto che arricchirà il patrimonio culturale della città: 800 fumetti selezionati saranno donati alle biblioteche, offrendo a tutti, dai più giovani ai più adulti, l’opportunità di esplorare mondi narrativi straordinari.

Il coordinatore delle politiche culturali del Comune di Napoli, Sergio Locoratolo, ha dichiarato che con COMIC(ON)OFF l’arte del fumetto incontra la città, trasformando luoghi storici e contemporanei in spazi dinamici di incontro e confronto culturale. Grazie a questa rassegna, il fumetto esce dai confini delle fiere tradizionali e diventa una forma d’arte che si fonde con la vita quotidiana della città, stimolando nuove idee e energie creative.

Tra i principali appuntamenti di quest’edizione, non mancheranno mostre che celebrano alcuni dei più grandi talenti del fumetto internazionale. Ad esempio, la Chiesa di Santa Croce e Purgatorio al Mercato ospiterà “Mikael Ross. Traffici clandestini”, una mostra che porta per la prima volta in Italia il pluripremiato fumettista tedesco Mikael Ross. Un altro appuntamento imperdibile è il raduno cosplay di “One Piece” al Belvedere di Monte Echia, che permetterà ai fan di rivivere le avventure del celebre manga in una location suggestiva, sospesa tra mare e città. Non mancheranno anche eventi che mescolano diverse forme artistiche, come la mostra “Dante pop!” presso il Foyer Auditorium di Scampia, che offrirà un’interpretazione moderna e visivamente potente dell’opera dantesca.

Un altro progetto di grande rilevanza è l’esposizione delle tavole di “Nei silenzi della notte” di Laura Pérez Granel, che si terrà alla Galleria HDE. L’autrice, nominata agli Emmy Award per la sigla della serie tv Only Murders in the Building, porta in Italia il suo stile unico, che mescola il noir con un’intensa introspezione psicologica. Inoltre, l’Institut Français Napoli ospiterà la mostra di Elisa Marraudino, una delle voci più originali del fumetto francese, che esplorerà con grande sincerità temi come l’infanzia, il bullismo e la scoperta della sessualità, con un approccio fresco e genuino.

Anche il mondo della musica e del K-pop troverà spazio in questa edizione, con eventi speciali come una Random Dance che coinvolgerà tutti gli appassionati del genere, trasformando la stazione metropolitana Municipio in un vero e proprio palcoscenico. Grazie alla partnership con ANM, l’arte del fumetto si sposterà anche nei luoghi di transito della città, come le stazioni metropolitane di Toledo e Municipio, dove i passeggeri potranno immergersi in esperienze visive e interattive.

COMIC(ON)OFF 2025 non è solo una rassegna di eventi, ma un vero e proprio viaggio nella cultura pop, che abbatte le barriere tra i vari quartieri di Napoli e li rende protagonisti di un palinsesto di eventi di portata internazionale. Grazie a questa edizione, la città si conferma come un crocevia di idee, passioni e creatività, dove la cultura del fumetto e delle arti visive si mescolano con la vita quotidiana, aprendo nuove strade di confronto e arricchimento culturale per tutti. COMIC(ON)OFF 2025 è un’occasione imperdibile per tutti gli appassionati di fumetto e cultura pop, ma anche per chiunque voglia scoprire la magia di Napoli attraverso un’incredibile varietà di eventi e iniziative. La città si trasforma in un laboratorio di idee e creatività, dove il fumetto è il filo conduttore che unisce passato, presente e futuro, e che continuerà a ispirare generazioni di lettori e artisti.

Il Museo Malacologico Piceno di Cupra Marittima: un tesoro nascosto (e un po’ nerd) tra conchiglie, arte e mistero

Se pensi che un museo dedicato alle conchiglie sia una cosa noiosa, preparati a cambiare idea. 🤯 Il Museo Malacologico Piceno di Cupra Marittima è uno dei più grandi al mondo nel suo genere, ma non è solo una collezione di “gusci”. Qui troverai un vero e proprio viaggio nel tempo e nello spazio, tra conchiglie di ogni forma e dimensione, oggetti in madreperla, reperti fossili e persino misteriose maschere rituali primitive. 🕰️

Un museo da Guinness dei Primati 🏆

Con oltre un milione di esemplari esposti (e ben 9 milioni nelle collezioni di studio!), il Museo Malacologico Piceno è un vero e proprio scrigno di biodiversità. 🐚 Qui potrai ammirare conchiglie provenienti da ogni angolo del pianeta, dalle più comuni alle più rare e preziose. 💎

Non solo conchiglie 🏺

Ma il museo non si limita a esporre conchiglie. Tra le sue sale troverai anche una sezione dedicata alla madreperla, con oggetti di arte e artigianatoRealizzati con questo materiale prezioso. E poi, una collezione di reperti fossili che ti faranno fare un tuffo nel passato, alla scoperta di creature marine preistoriche. 🦕

Il lato oscuro del museo 🎭

E per finire, una sezione dedicata alle maschere rituali primitive, oggetti misteriosi e affascinanti che testimoniano antiche culture e tradizioni. Un vero e proprio viaggio nel mistero! 🕵️‍♂️

Perché visitare il Museo Malacologico Piceno?

  • È uno dei musei malacologici più grandi e completi al mondo. 🌍
  • Offre un’esperienza unica e coinvolgente, adatta a tutte le età. 👨‍👩‍👧‍👦
  • Permette di scoprire la bellezza e la diversità del mondo marino. 🌊
  • Svela i segreti di antiche culture e tradizioni. 🗿
  • È un’occasione per “staccare” dalla tecnologia e immergersi in un mondo diverso. 📵

Informazioni utili ℹ️

Il Museo Malacologico Piceno si trova a Cupra Marittima, in provincia di Ascoli Piceno. È aperto tutti i giorni (tranne il lunedì) dalle 9:00 alle 12:30 e dalle 15:00 alle 18:30. Il biglietto d’ingresso costa 8 euro (ridotto 5 euro).

E tu, sei mai stato in un museo malacologico?

Raccontaci la tua esperienza nei commenti! 👇

#MuseoMalacologicoPiceno #CupraMarittima #Conchiglie #Madreperla #Fossili #MaschereRituali #Arte #Cultura #Curiosità #Nerd #Viaggio #Scoperta #Italia #Marche

Grand Theft Hamlet: quando Shakespeare decise di giocare a GTA

 E se Amleto fosse ambientato nel mondo caotico di GTA V? Grand Theft Hamlet è il documentario che ridefinisce il teatro digitale, trasformando Los Santos in un palcoscenico d’eccezione. Mubi, la celebre piattaforma di distribuzione cinematografica e streaming, ha recentemente acquisito i diritti per la distribuzione in abbonamento di quest’opera rivoluzionaria che segue il tentativo di due attori disoccupati di mettere in scena Amleto all’interno di un ambiente inusuale e imprevedibile: il mondo virtuale di Grand Theft Auto V.

Gennaio 2021. Il Regno Unito entra nel suo terzo lockdown e i teatri restano chiusi. Per Sam e Mark, due attori alla deriva, il futuro appare incerto. Mark vive da solo e soffre sempre più l’isolamento sociale, mentre Sam è preoccupato per il sostentamento della sua famiglia. Senza un palcoscenico reale su cui esibirsi, i due trovano una via di fuga in Grand Theft Auto Online, un mondo virtuale tanto caotico quanto affascinante. Tra furti d’auto e sparatorie, scoprono anche angoli di straordinaria bellezza, come distese di fiori selvatici e tramonti mozzafiato. È durante una sessione di gioco che avviene l’illuminazione: perché non mettere in scena Amleto proprio lì, in uno dei teatri del gioco? L’idea è tanto ambiziosa quanto folle. Il mondo di GTA Online è popolato da giocatori il cui unico scopo sembra essere la distruzione totale, non certo l’apprezzamento di un’opera teatrale. Ma non era forse così anche ai tempi di Shakespeare? Il Globe Theatre, con il suo pubblico turbolento e pronto a commentare ogni scena con entusiasmo o fischi, non era poi così diverso da Los Santos.

Un esperimento artistico tra caos e cultura

Girato interamente all’interno del gioco, Grand Theft Hamlet non è solo un esperimento teatrale, ma un’indagine sulla trasformazione del concetto stesso di performance artistica. In un’epoca in cui sempre più aspetti della nostra vita si spostano online, anche il teatro trova nuove modalità di espressione. Il documentario esplora le potenzialità del medium videoludico come palcoscenico digitale, interrogandosi sulla natura stessa dello spazio virtuale: è solo un ambiente ludico o può diventare un nuovo luogo per la cultura e l’arte?

Visivamente, il film sfrutta al massimo il potenziale cinematografico di Grand Theft Auto V, con le sue città scintillanti, i paesaggi mozzafiato e i dettagli sorprendenti resi ancor più spettacolari dal ray tracing e dalle condizioni atmosferiche dinamiche. Utilizzando la telecamera interna del gioco, i registi sono riusciti a catturare primi piani intimi e ampie panoramiche, creando una grammatica visiva in grado di fondere caos e lirismo, azione e introspezione.

Dietro le quinte di un progetto innovativo

Il film è stato scritto e diretto dal duo Sam Crane e Pinny Grylls, marito e moglie, e ha debuttato al South by Southwest Film & TV Festival, dove ha conquistato il premio della giuria per il miglior documentario. In seguito, Grand Theft Hamlet ha trovato spazio anche al London Film Festival del British Film Institute il 15 ottobre. La stessa produzione teatrale di Amleto all’interno del gioco ha ricevuto il prestigioso Stage Innovation Award nel 2023.

Sam Crane, attore di lungo corso con oltre vent’anni di carriera, è noto per il suo ruolo da protagonista in Harry Potter and the Cursed Child nel West End di Londra, nonché per la sua partecipazione al film Napoleon di Ridley Scott. Per Grylls, invece, Grand Theft Hamlet rappresenta il debutto nel lungometraggio documentaristico, dopo una carriera dedicata a cortometraggi per la BBC, il BFI Doc Society e The Guardian.

Mubi porta il documentario al pubblico globale

La piattaforma Mubi, nota per la sua selezione di film d’autore e produzioni innovative, ha acquisito i diritti di distribuzione negli Stati Uniti, consolidando così la sua espansione nel mercato cinematografico. Il documentario sarà disponibile per la visione globale su Mubi a partire dal 21 febbraio.

L’acquisizione di Grand Theft Hamlet rientra nella strategia di ampliamento dell’offerta teatrale della piattaforma, che recentemente ha distribuito The Substance di Coralie Fargeat e firmato un accordo per la distribuzione multi-territoriale di Queer, il nuovo film di Luca Guadagnino con Daniel Craig.

Un’opera necessaria e provocatoria

In un’epoca in cui la tecnologia ridefinisce il nostro rapporto con l’arte e la cultura, Grand Theft Hamlet si distingue come un’opera audace e profondamente contemporanea. Unisce la tradizione teatrale con il mondo digitale, dimostrando che persino un’opera classica può trovare nuova vita in un contesto inaspettato. È una riflessione sulla resilienza dell’arte, sulla sua capacità di adattarsi e sopravvivere, anche nei luoghi più impensabili.

Che si tratti di una provocazione culturale o di un nuovo modello di narrazione, Grand Theft Hamlet è un film da non perdere, una testimonianza della creatività umana capace di trasformare anche un videogioco in un palcoscenico d’avanguardia.

Fiabe Occidentali in Hanbok: La Magia delle Fiabe Rivisitata in Abito Tradizionale Coreano

Dal 26 febbraio al 2 maggio 2025, l’Istituto Culturale Coreano di Roma ospiterà un evento straordinario che promette di catturare l’immaginazione di tutti gli appassionati di arte, cultura e fiabe: la mostra “Fiabe Occidentali in Hanbo. Si tratta di un’opera di grande fascino che presenta una reinterpretazione unica dei personaggi fiabeschi che hanno accompagnato l’infanzia di intere generazioni, ma con un tocco originale che li trasforma in versioni indossanti l’Hanbok, l’abito tradizionale coreano.

L’evento è dedicato all’illustratrice Wooh Nayoung, un’artista che ha saputo combinare l’incanto delle fiabe occidentali con la tradizione culturale coreana, dando vita a rappresentazioni sorprendenti. Attraverso il suo talento, i celebri personaggi delle fiabe – da Cenerentola alla Sirenetta, dalla Bella Addormentata alla Piccola Fiammiferaia – prendono vita in una veste inaspettata, ma estremamente affascinante. Ogni figura è arricchita da dettagli che rievocano la bellezza e la grazia dell’Hanbok, in grado di unire la magia delle storie a un’iconografia culturale millenaria.

La mostra sarà visitabile gratuitamente durante gli orari di apertura dell’Istituto Culturale Coreano, dal lunedì al venerdì, dalle 10:00 alle 18:00, con ultimo ingresso alle 17:30. Un’opportunità unica per immergersi in un mondo che miscela la tradizione coreana con quella europea, creando un ponte tra culture diverse ma ugualmente ricche di fascino.

Inoltre, non perdere l’inaugurazione della mostra, prevista per il 25 febbraio alle ore 19:00. Sarà una serata speciale per scoprire insieme gli splendidi lavori di Wooh Nayoung, incontrare altri appassionati di arte e cultura e godere di un’atmosfera che promette di essere unica e accogliente.

Non lasciarti sfuggire l’occasione di vedere “Fiabe Occidentali in Hanbok”, una mostra che incarna l’incontro tra due mondi fiabeschi lontani, ma uniti dalla magia delle loro storie. L’ingresso è libero, quindi non c’è scusa per non partecipare a questo straordinario evento culturale che promette di farvi rivivere la magia delle fiabe con un tocco tutto nuovo!

L’Istituto Culturale Coreano vi aspetta numerosi in via Nomentana 12, Roma. Seguite l’hashtag #FiabeOccidentaliInHanbok e preparatevi a un viaggio nell’universo delle fiabe rilette sotto una nuova luce, tra tradizione e innovazione.

Perché la destra Italiana si riferisce a Tolkien?

Recentemente, Arianna Meloni, sorella della Premier Giorgia Meloni, ha fatto un curioso paragone tra il ruolo della presidente del Consiglio e il personaggio di Frodo Baggins, il protagonista de Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien. In un discorso rivolto al suo partito, Arianna ha descritto Giorgia come portatrice di un compito arduo e gravoso, un “Anello” che, seppur pesante, deve essere distrutto. Questa analogia tra la figura politica e quella del piccolo hobbit incaricato di distruggere l’Anello del Potere non è solo un omaggio letterario, ma un invito a riflettere sul ruolo del gruppo politico nel sostenere una leadership in un momento di difficoltà. La “Compagnia dell’Anello” di Tolkien, che combatte contro forze oscure con l’obiettivo di salvare il mondo, diventa il simbolo di una comunità che deve sorreggere la propria guida senza mai “indossare l’Anello”, ossia senza farsi sopraffare dal potere e dai suoi pesi. Un concetto interessante, ma che va oltre la semplice metafora: l’interpretazione politica della saga di Tolkien è infatti un tema complesso e affascinante, capace di sollevare domande sulle letture che vengono fatte dell’opera e sulle implicazioni ideologiche che ne derivano.

J.R.R. Tolkien, autore britannico celebre per le sue opere epiche come Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit, ha lasciato un’impronta indelebile non solo nella letteratura fantasy, ma anche in vari ambiti culturali, politici e sociali. La sua vasta eredità ha attratto, nel corso dei decenni, l’attenzione di numerosi lettori e pensatori di orientamento diverso. In particolare, in Italia, l’opera di Tolkien è stata adottata dalla destra politica, che ha visto nei suoi valori e nei suoi personaggi una fonte di ispirazione per la propria visione del mondo. Ma perché Il Signore degli Anelli è diventato un simbolo per questa parte della politica italiana? E in che modo il legame tra Tolkien e la destra si è sviluppato nel tempo?

Il collegamento tra Tolkien e la destra italiana ha radici profonde, risalenti agli anni Settanta, quando la trilogia fu tradotta per la prima volta in italiano.

In quel periodo, l’introduzione al testo da parte del filosofo e saggista Elemire Zolla, figura vicina alla Nuova Destra, giocò un ruolo cruciale nel delineare l’opera di Tolkien come una difesa dei valori tradizionali contro il progresso tecnologico e il materialismo dilagante. Zolla interpretò l’opera di Tolkien come una difesa dei valori tradizionali, della gerarchia, dell’ordine, della fedeltà, della purezza, della bellezza, della spiritualità e della natura, minacciati dal progresso tecnologico, dal materialismo, dal relativismo, dalla corruzione e dalla degenerazione. Zolla vide in Tolkien un autore reazionario, conservatore, aristocratico, anti-moderno e anti-democratico, che esprimeva una visione del mondo fondata sul mito, sull’eroismo, sul sacro e sul destino. Zolla, inoltre, collegò la saga tolkeniana alla storia italiana, identificando nella Contea, la pacifica e rurale terra degli hobbit, una metafora dell’Italia pre-unitaria, caratterizzata da una ricca varietà di culture, lingue e tradizioni locali, e in Sauron, il malvagio signore oscuro che vuole conquistare la Terra di Mezzo con il suo esercito di orchi, una rappresentazione del Risorgimento, del centralismo, del capitalismo, del comunismo e dell’americanismo, che avrebbero distrutto l’identità e la diversità del paese. Zolla, infine, elogiò la figura di Aragorn, l’erede al trono di Gondor, come il simbolo del sovrano legittimo, capace di restaurare l’ordine e la giustizia, e di Frodo, il piccolo hobbit incaricato di distruggere l’Anello del Potere, come il modello del fedele servitore, disposto a sacrificarsi per una causa superiore.

L’introduzione di Zolla ebbe un grande impatto sui lettori italiani, soprattutto su quelli di destra, che si riconobbero nei valori e nei personaggi descritti da Tolkien, e che ne fecero una fonte di ispirazione per la loro visione politica e culturale. In particolare, i giovani militanti del Movimento Sociale Italiano (MSI), il partito erede del fascismo, si appassionarono alla saga tolkeniana, e ne adottarono i simboli e i nomi nelle loro manifestazioni, nelle loro canzoni, nelle loro fanzine e nei loro raduni. Tra questi, i più famosi furono i Campi Hobbit, organizzati tra il 1977 e il 1984 da alcuni esponenti della destra radicale, tra cui Giorgio Freda, Franco Freda e Pino Rauti, che si svolgevano in luoghi isolati e suggestivi, come le montagne, i boschi o le spiagge, e che avevano lo scopo di formare una nuova generazione di militanti, basata sui principi di lealtà, coraggio, disciplina, onore e fede. I partecipanti ai Campi Hobbit si vestivano con abiti medievali, si esercitavano con le armi, si cimentavano in prove di sopravvivenza, ascoltavano lezioni di storia, filosofia e politica, e si divertivano a recitare le scene de Il Signore degli Anelli, identificandosi con i personaggi della saga. Tra i frequentatori dei Campi Hobbit, ci fu anche una giovane Giorgia Meloni, che all’epoca era una militante del Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del MSI, e che si faceva chiamare Khy-ri, un nome tratto dal Silmarillion, il libro in cui Tolkien racconta le origini della Terra di Mezzo.

Tuttavia, è importante sottolineare che Il Signore degli Anelli non è un testo facilmente riducibile a una sola interpretazione politica.

I temi presenti nelle opere di Tolkien, pur essendo particolarmente apprezzati dai lettori di destra, non si limitano ovviamente a quella visione. Sebbene i valori di tradizione, gerarchia e ordine che emergono nei suoi scritti abbiano ispirato un’intera fascia di lettori di destra, ci sono anche molti altri aspetti dell’opera che attraggono persone con visioni politiche diverse. Per esempio, Tolkien affronta temi come la critica al potere, alla violenza e alla corruzione, che possono essere letti in chiave pacifista e umanista, con una forte denuncia del male e della manipolazione. Altri aspetti che emergono includono la solidarietà, la tolleranza, la diversità, e la speranza per un mondo migliore, temi che si riflettono in una visione pluralista e democratica. Inoltre, l’opera di Tolkien celebra la libertà, la responsabilità, e la possibilità di miglioramento, rivelando un’inclinazione ottimista e progressista. Non manca poi una componente estetica e spirituale, che si riflette nell’apprezzamento della bellezza, dell’arte, della musica, e in una visione trascendentale che riconosce la presenza di una forza superiore. In definitiva, l’opera di Tolkien non può essere confinata in un’interpretazione politica univoca: è un’opera universale, che riesce a parlare a persone di diverse sensibilità, offrendo una visione complessa e affascinante del mondo.

La visione politica di Tolkien

Tolkien era uno scrittore che non amava molto la politica, e che non voleva che la sua opera fosse interpretata in chiave allegorica o ideologica. Tolkien, infatti, era un cattolico convinto, un conservatore moderato, un sostenitore della monarchia costituzionale, un oppositore del totalitarismo, un critico del capitalismo e del comunismo, un amante della natura e della tradizione. Tolkien, sopratutto, era un professore di linguistica e di letteratura, un esperto di mitologia e di storia, un creatore di mondi e di lingue, un poeta e un narratore. Tolkien, infine, era un uomo che aveva vissuto la prima guerra mondiale, la seconda guerra mondiale, la guerra fredda, e che aveva assistito ai grandi cambiamenti sociali e culturali del Novecento. Per citare un anedotto, nel 1938, l’autore era in trattative con la casa editrice berlinese Rütten & Loening per una versione tedesca de Lo Hobbit, ma il progetto saltò quando la casa editrice chiese una prova della sua “ascendenza ariana” in conformità con le leggi di Goebbels, che limitavano la partecipazione degli ebrei alla cultura tedesca. Tolkien rispose fermamente, rifiutando di fornire la documentazione richiesta, considerandola un’impertinenza e un’idea assurda. In una lettera a Stanley Unwin, il suo editore britannico, Tolkien spiegava che non considerava l’assenza di sangue ebraico come qualcosa di onorevole, e che avrebbe rifiutato di rispondere a domande del genere. Due anni dopo, Tolkien esprimeva ancora il suo disprezzo per i nazisti, definendo Hitler “un ignorante”. La traduzione in tedesco di Lo Hobbit non avvenne fino al 1957.

Tutti questi aspetti della sua personalità e della sua esperienza si riflettono nella sua opera, che è ricca di sfumature, di contrasti, di ambiguità, di simboli, di messaggi. L’analogia fatta da Arianna Meloni tra Giorgia Meloni e Frodo non è solo un curioso richiamo letterario, ma anche un’indicazione di come i temi tolkeniani continuano a risuonare nella politica contemporanea. Ma al di là di questa lettura, la saga di Tolkien rimane un’opera universale, capace di ispirare chiunque, a seconda del punto di vista, degli interessi, delle sensibilità dei lettori. La sua opera, infine, è universale, capace di parlare a tutti i cuori e a tutte le menti, e di offrire una visione del mondo ricca, profonda, complessa e affascinante.

 

“Inoki: Antonio Inoki Tribute Book” – Un tributo alla leggenda del Puroresu

Antonio Inoki non è stato solo un wrestler, ma una leggenda vivente che ha segnato indelebilmente la storia del Puroresu e dello sport-spettacolo mondiale. La sua eredità, un mix esplosivo di carisma, forza e impegno sociale, continua a ispirare generazioni di lottatori e appassionati. Oggi, grazie a “Inoki: Antonio Inoki Tribute Book“, pubblicato da Tentacle, il pubblico ha l’opportunità di immergersi in un’opera antologica che celebra la straordinaria vita e carriera del grande campione giapponese. Con un volume di ben 300 pagine a colori, questa pubblicazione si presenta come un tributo monumentale, capace di racchiudere l’essenza dell’uomo che ha trasformato il wrestling giapponese in un fenomeno globale. Tra le sue pagine, troviamo 40 storie a fumetti, 40 illustrazioni, un racconto inedito e otto articoli approfonditi, il tutto arricchito da contributi di ben novanta autori, tra cui spiccano nomi del fumetto italiano e internazionale. Un’opera che si pone l’obiettivo di esplorare non solo il lottatore, ma anche il personaggio pubblico e l’uomo dietro la leggenda.

Antonio Inoki, nato nel 1943, ebbe un’infanzia difficile che lo portò a trasferirsi in Brasile, dove affinò le sue doti atletiche nel karate. Il destino però aveva in serbo per lui un ritorno in Giappone sotto l’ala protettrice del leggendario Rikidōzan, che lo avviò alla carriera nel wrestling professionistico. Da quel momento, Inoki divenne una forza inarrestabile, fino alla fondazione della New Japan Pro-Wrestling nel 1972.Negli anni seguenti, la NJPW divenne una delle federazioni più influenti del settore, grazie anche alle epiche sfide di Inoki contro avversari del calibro di Muhammad Ali e Hulk Hogan. La sua visione del wrestling, che univa realismo e spettacolarità, contribuì a far conoscere il Puroresu in tutto il mondo, rendendo la disciplina un ponte tra culture diverse.Ma il suo impatto andò ben oltre il ring: eletto al parlamento giapponese nel 1989, Antonio Inoki si impegnò in missioni diplomatiche di grande rilevanza, tra cui il negoziato con Saddam Hussein per il rilascio di ostaggi iracheni. Anche dopo il suo ritiro ufficiale nel 1998, rimase una figura di riferimento per il wrestling e la politica, fino alla sua scomparsa nel 2022.

“Inoki: Antonio Inoki Tribute Book” celebra il mito con una fusione unica di storie reali, aneddoti e narrazioni fantastiche. Non si tratta solo di un omaggio alla sua carriera, ma di un viaggio attraverso la sua filosofia di vita: la lotta come strumento di crescita e disciplina, la volontà incrollabile di superare i propri limiti, il desiderio di unire le persone attraverso lo sport. Ogni illustrazione, ogni vignetta e ogni articolo contribuiscono a dipingere un ritratto sfaccettato di Inoki, esaltandone la figura con uno stile che oscilla tra la celebrazione nostalgica e la rilettura moderna del suo mito.

Per gli appassionati di wrestling, per chi ha vissuto con emozione le sue epiche battaglie sul ring, e per coloro che vogliono scoprire il lato meno noto di questa icona, “Inoki: Antonio Inoki Tribute Book” è un’opera imperdibile. Un tributo degno di una leggenda che ha reso il Puroresu qualcosa di più di un semplice sport: una filosofia di vita.

Agrigento: “Maestrine e professorini, tornate sui vostri banchi!”

Un semplice cartello stradale ad Agrigento ha scatenato una bufera di polemiche, dimostrando una volta di più quanto siamo bravi a farci un baffo delle nostre radici. Un cartello che indicava la “Valle dei Templi” e la “Contrata Caos” è stato subito bollato come un crimine contro la grammatica italiana. Ma chi ha detto che la lingua italiana sia l’unica vera e propria?

I nostri “esperti” della lingua, con la loro bacchetta magica, vorrebbero imporci un italiano “corretto” e “puro”, dimenticando che la lingua è un organismo vivo che si evolve e si adatta nel tempo. E poi, diciamocelo, chi ha inventato le regole della grammatica? Dei signori in toga che si annoiavano?

La “Valle dei Templi” e la “Contrata Caos” sono espressioni che hanno una loro storia, una loro poesia. Sono un modo per far rivivere il passato, per connetterci con le nostre radici. E chi siamo noi per giudicare se sono giuste o sbagliate?

Certo, possiamo discutere di grammatica, di sintassi e di morfologia, ma non dimentichiamo che la lingua è anche un fatto culturale, sociale e storico. E in questo senso, le espressioni utilizzate nel cartello di Agrigento hanno un valore inestimabile.

Quindi, cari maestri e professori, lasciate perdere i vostri manuali e aprite gli occhi. Imparate a guardare oltre le regole e a apprezzare la bellezza della diversità linguistica. E soprattutto, smettetela di giudicare gli altri.

In conclusione:

Il cartello di Agrigento è un simbolo della nostra identità, della nostra storia. È un invito a riscoprire le nostre radici e a valorizzare la nostra cultura. E se qualcuno non lo capisce, beh, allora ha davvero bisogno di ripassare un po’ di storia e di letteratura.

#Agrigento #linguaitaliana #dialetto #cultura #polemiche