Le catacombe Romane

Le catacombe sono forse i luoghi archeologici sui quali sono nate il maggior numero di storie e leggende: è molto diffusa, ad esempio, l’idea che fossero dei rifugi, per sfuggire alle persecuzioni, e che in questi sotterranei si svolgessero delle riunioni segrete, basta pensare alle sequenze di film famosissimi…

In realtà non erano affatto dei luoghi segreti: le autorità romane sapevano benissimo dove si trovavano le catacombe, inoltre, per quanto ne sappiamo, qui i Cristiani non si riunivano affatto come dei partigiani, ma venivano alla spicciolata, unicamente per pregare i loro morti.

C’è un altro mito da sfatare, e cioè che le catacombe erano tutte collegate tra loro, creando una specie di gigantesca rete sotterranea. In realtà non potevano superare i confini delle proprietà nelle quali erano state scavate, e in questo, le leggi romane erano severissime. Proprio per questo si svilupparono in verticale, su più piani, un po’ come le miniere, a volte anche per venti metri, cioè quanto un edificio di sei piani, come, ad esempio, nelle Catacombe di Priscilla.Le catacombe non erano altro che cimiteri, e il nome di ogni catacomba deriva dal martire sepolto, o dal nome del proprietario che aveva donato il terreno sotto al quale veniva successivamente scavata.

Nell’immaginario collettivo le catacombe non sono altro che una serie infinita di loculi scavati nel tufo, attraversati da corridoi molto stretti e bui, ma in realtà (purtroppo) questo è il risultato di una serie di devastazioni avvenute in epoche successive, soprattutto a cavallo tra il 1500 e il 1700, quando si aprivano le tombe per cercare le ossa dei martiri.

I defunti venivano inumati nelle nicchie che poi venivano richiuse con delle lastre di marmo, o, molto più spesso, con delle tegole e, a volte, in un solo corridoio trovavano posto più di cinquecento tombe.

Non è vero che i corridoi fossero bui, venivano illuminati da una miriade di lucerne posate su dei piccoli davanzai, ancora oggi se ne trovano molte sigillate nella malta. Sulle lastre, a volte, si leggono ancora i nomi, ma è raro: solitamente i morti erano seppelliti senza iscrizioni, e questo perchè all’epoca c’era moltissimo analfabetismo. Così per riconoscere il loculo del proprio defunto, i parenti fissavano nell’intonaco ancora fresco, degli oggetti: piccole conchiglie o pezzi di vetro colorati.

A volte sulle lastre tombali c’erano delle forature, che servivano a far passare del cibo all’interno della tomba: era il cosiddetto “refrigerium”, cioè un rito che consisteva nel banchettare assieme al defunto il giorno dell’anniversario della sua morte…in questi riti c’era ancora un po’ di paganità.

Le catacombe nacquero nel II secolo d.C.

Inizialmente si sfruttarono delle cave abbandonate di tufo, delle cisterne, ma poi, in seguito, le catacombe vennero scavate con una straordinaria precisione ingegneristica: i soffitti erano altissimi e le pareti rettilinee. Gli autori di queste gallerie erano i “fossori”, si tramandavano la professione di padre in figlio, e gestivano tutte le catacombe: erano loro che scavavano i corridoi, scavavano i loculi, inumavano i morti, dipingevano gli affreschi e scrivevano i nomi (dietro lauto compenso, ovviamente)

Si sa di casi in cui accettavano mazzette per sostituire delle salme nei punti più ambiti, magari vicino alle tombe dei martiri, o anche rivendevano più volte la stessa tomba.La paura di essere traslati era tale, che molti specificavano addirittura sulla lastra tombale, di essere i legittimi proprietari. Non tutti però venivano messi nei loculi, chi se lo poteva permettere, aveva un proprio sarcofago. C’era anche chi aveva delle cappelle, che si trovano un po’ ovunque, disseminate in questi corridoi,e qui però, è tutto un tripudio di affreschi molto belli, e hanno mantenuto i loro colori fino ai giorni nostri.

Nelle pitture che si trovano all’interno delle cappelle ci sono anche delle piccole sorprese: ad esempio nelle Catacombe di Priscilla c’è una Madonna con il Bambino considerata la più antica che si conosca, ha quasi 2000 anni ed è un piccolo capolavoro dell’antichità, anche se è in parte danneggiato.

Con le prime incursioni barbariche nel V secolo d.C. le catacombe cominciarono ad essere gradualmente abbandonate, e le salme dei martiri vennero traslate in luoghi più protetti.

di Annarita Sanna

Kenta Suzuki: l’influencer che porta il Giappone in Italia

Kenta Suzuki è un nome che risuona con forza nella comunità degli appassionati della cultura giapponese in Italia. Con oltre 350.000 follower su Instagram, 400.000 su TikTok, e più di 10 milioni di visualizzazioni mensili dei suoi contenuti, Kenta si è affermato come un vero e proprio ponte culturale tra il Giappone e l’Italia.

Nato in Giappone ma romano di adozione, Kenta ha saputo trasformare la sua passione per il suo paese natale in una carriera di successo. Il suo libro, “I giapponesi sono fuori di testa”, pubblicato da Mondadori, è stato acclamato come il “miglior libro di testo giapponese del mese di Luglio 2023” dalla piattaforma LibriTop. Questo testo offre uno sguardo unico e approfondito sulla cultura giapponese, spiegando con ironia e leggerezza le curiosità e le peculiarità di un popolo spesso frainteso.

Non solo scrittore, Kenta è anche un organizzatore di eventi che celebrano il Giappone sotto ogni aspetto. Dai tour esclusivi in Giappone, che registrano sempre il tutto esaurito, ai mercatini e degustazioni a tema nipponico, ogni evento è un’occasione per immergersi nella cultura giapponese autentica.

La sua storia personale è altrettanto affascinante. Arrivato in Italia a soli sedici anni con il sogno di una carriera nel calcio, Kenta ha dovuto reinventarsi a seguito di un infortunio che ha posto fine alle sue ambizioni sportive. Ma non si è lasciato abbattere: ha trovato nella sua eredità culturale una nuova via per esprimersi e connettersi con gli altri. Recentemente, Kenta ha affrontato una sfida personale quando è stato ricoverato per un’ischemia cerebrale. Questo evento ha portato alla luce l’importanza della salute e della prevenzione, temi sui quali Kenta ha voluto sensibilizzare i suoi follower, dimostrando ancora una volta la sua resilienza e il suo impegno verso la comunità.

Kenta Suzuki non è solo un influencer; è un esempio di come la cultura e la determinazione possano superare le avversità, unendo le persone attraverso la condivisione e la scoperta reciproca. Con il suo spirito indomito e la sua capacità di ispirare, Kenta continua a essere un ambasciatore del Giappone a Roma, portando un pezzo del Sol Levante nel cuore dell’Italia.

Il Colosseo: storia, crollo e asimmetria

Il Colosseo, noto anche come Anfiteatro Flavio, sorge nel cuore di Roma e rappresenta il più grande anfiteatro del mondo. Con una capienza originaria di 50.000 posti, che poteva arrivare a 87.000, questo monumento iconico ha ospitato per secoli spettacoli gladiatori, cacce alle bestie e altri eventi pubblici.

Tuttavia, la sua storia non è priva di eventi drammatici.

Nel 1349, un terremoto con epicentro nell’Appennino Centrale colpì duramente Roma, causando il crollo di una parte del Colosseo. Questo evento ne determinò la forma asimmetrica che possiamo ammirare ancora oggi.

Ma perché solo una parte del Colosseo ha ceduto?

La risposta risiede nel particolare sottosuolo su cui poggia l’anfiteatro. La sua sezione meridionale, quella crollata, si erge su un terreno molle composto da sedimenti fluviali. L’anfiteatro sorge infatti nell’avvallamento di un laghetto semi-artificiale alimentato da un antico affluente del Tevere, situato all’interno dei giardini della Domus Aurea di Nerone. Al contrario, la parte settentrionale del Colosseo poggia su un terreno di rocce vulcaniche più solido, che ha resistito meglio al sisma.

Oltre al terremoto del 1349, altri eventi sismici nel corso dei secoli hanno contribuito all’asimmetria del Colosseo.

Nel VI secolo d.C., l’anfiteatro venne dismesso e i suoi materiali furono utilizzati per la costruzione di altri edifici. In particolare, a partire dal IX secolo, macerie e strutture ancora in piedi vennero impiegate per l’edificazione di nuovi palazzi nella Roma papale, tra cui Palazzo Barberini. Nel XIII secolo, all’interno del Colosseo fu addirittura eretto un palazzo della famiglia romana dei Frangipane, seguito da altre abitazioni civili.

Nonostante i crolli e i saccheggi, il Colosseo rimane un simbolo immortale di Roma e dell’Impero Romano. La sua imponente struttura e la sua ricca storia continuano ad affascinare visitatori da tutto il mondo, rendendolo una delle attrazioni turistiche più popolari d’Italia.

La X edizione di ARF! il Festival del Fumetto di Roma. Dal 24 al 26 maggio 2024

Celebrando il traguardo della sua decima edizione, dal 24 al 26 maggio 2024, alla Pelanda del Mattatoio e alla Città dell’Altra Economia di Roma, torna ARF! Festival, la festa di chi ama, scrive, disegna, legge e respira fumetti. Ideato e organizzato da Daniele “Gud” Bonomo, Paolo “Ottokin” Campana, Stefano “S3Keno” Piccoli, Mauro Uzzeo e Fabrizio Verrocchi, ARF! offre tre giorni di “Storie, Segni & Disegni”: un’immersione totale nel Fumetto nel cuore del Testaccio, quartiere-simbolo del fermento creativo della Capitale.

Tra le sezioni del Festival, ritroveremo l’appuntamento unico nel suo genere, nel panorama dei festival di fumetto italiani, la Job ARF!, format di successo che, attraverso colloqui di lavoro tra autrici, autori esordienti e case editrici, crea vere opportunità professionali e l’ARFist Alley per incontrare decine di stelle del comicdom nazionale e internazionale (Rafael Albuquerque, Ivàn Brandon, Otto Schmidt, Sara Pichelli, il Collettivo Moleste e Rita Petruccioli solo per citarne alcune) con le proprie postazioni per firmacopie e commission.

Non mancherà la Self ARF!, un “festival nel Festival” interamente dedicato al mondo delle autoproduzioni e della microeditoria indipendente a ingresso gratuito.

Gratuita anche l’ARF! Kids, l’area pensata per i giovanissimi, che si conferma come uno degli appuntamenti più attesi con i suoi laboratori creativi non-stop di qualità, gli incontri con i libri, le letture e il disegno sotto la guida dei migliori talenti dell’editoria italiana per l’infanzia.

Immancabile, infine, il ricco programma della Sala TALK, cuore pulsante nonché vero e proprio “marchio di fabbrica” di ARF!, che sarà animata anche quest’anno dai più importanti protagonisti del Fumetto italiano e straniero, da editori, autrici e autori, da personalità dal mondo del cinema, della musica e della cultura

L’evento vedrà la partecipazione di grandi ospiti internazionali come Dave McKean dal Regno Unito, Baru dalla Francia, Lâm Hoàng Trúc dal Vietnam e Rafael Albuquerque dal Brasile, oltre a eccellenze “100% Made in Italy” come Vittorio Giardino, Alessandro Baronciani, Helena Masellis, Martoz, Gloria Pizzilli, Emiliano Pagani, Agnese Innocente, LRNZ, Matteo De Longis, Isabella Mazzanti, Sualzo e tantissimi altri, tutti ancora da scoprire!

I due Maestri Vittorio Giardino e Baru, da indiscutibili “veterani” del Fumetto italiano e franco-belga, saranno i protagonisti delle Lectio Magistralis di questa edizione 2024.

E torna anche il BOOKSHOW®, lo spazio espositivo di oltre 500mq (in collaborazione con la Libreria Giufà), un ambiente immersivo e performativo che oltrepassa il concetto di “store”, dove sarà possibile ritrovare i corner personalizzati di alcune delle migliori case editrici italiane di Fumetto, con le proprie novità, le selezioni di qualità e tante autrici e autori per sketch e dediche.

La decima edizione di ARF! presenterà 9 mostre inedite. Innanzitutto Più di 100 proiettili della superstar argentina Eduardo Risso, esposizione con cui ARF! rinnova anche quest’anno la lunga e fruttuosa partnership con l’Istituto Cervantes di Roma, che si terrà dal 17 maggio al 6 luglio 2024 alla Sala Dalì di Piazza Navona.

Le altre 8 mostre, anche queste in esclusiva, saranno visitabili nell’intenso weekend di attività del 24, 25 e 26 maggio, dalle 10:00 alle 20:00, presso La Pelanda del Mattatoio.

Cominciando da Xtraordinarie! dedicata all’Arte di Silvio Camboni, autore del manifesto di ARF! 2024, la cui fama in Italia e Francia lo consacra come uno dei fumettisti più eclettici, talentuosi e prestigiosi della Disney e della Glénat.

Per restare in tema bande dessinée, la mostra O partigiano, portami via celebra l’intera carriera artistica di Baru, padre nobile del graphic novel d’Oltralpe, voce delle classi operaie, degli immigrati, dei disgraziati e degli ultimi, non solo in Francia.

Alle visioni del fumettista, illustratore, fotografo, regista e grafico, l’inglese Dave McKean, è poi dedicata l’immaginifica I dreamed a dream, esposizione antologica che attraverso tavole e illustrazioni originali ci racconterà questo gigante della Nona Arte, che ha realizzato tutte le copertine e il design del leggendario Sandman di Neil Gaiman (di recente trasposto in adattamento televisivo per Netflix) e capolavori del Fumetto mondiale come Batman: Arkham Asylum o Cages.

Dal Vietnam, la giovane mangaka Lâm Hoàng Trúc che – per la prima volta in Italia! – espone le tavole originali del suo Estate infinita (uno dei bestseller dell’editore Toshokan) e, all’interno della mostra Slice of Summer a lei dedicata, presenterà alcune anteprime della sua prossima opera La strada dei fiori.

E ancora: in Area Kids il percorso espositivo dedicato ai fumetti e alla serie animata di Avatar (la celebre serie USA creata da Michael Dante DiMartino e Bryan Konietzko, anch’essa di recente trasposizione in live action per Netflix; la potenza lisergica di Hurricane e del suo Euforico Hangover all’interno degli spazi della Self Area, negli atelier della Galleria delle Vasche; il talento della fumettista e illustratrice Iris Biasio (Premio Bartoli di ARF! 2023 “Miglior promessa del Fumetto italiano”). In mostra anche i due street artist SOLO & Diamond con un’esposizione/racconto della loro intensa attività di respiro europeo, spesso iconograficamente ispirata al Fumetto, oltre che autori della versione variant del manifesto di ARF! 2024, dipinta a fine aprile su una delle pareti del Mercato Testaccio. L’opera murale, che con la sua grande X centrale celebra i 10 anni di ARF!, è la prima in assoluto prodotta dal Municipio Roma I Centro, in uno dei rioni storici della città, Patrimonio dell’Umanità UNESCO.

Sin dalla sua prima edizione ARF! è anche sinonimo di solidarietà: dopo Emergency, CESVI, Dynamo Camp, Amnesty International, UNHCR, Mediterranea Saving Humans, Associazione antimafie daSud e Medici Senza Frontiere, quest’anno – nel protrarsi dei tragici scenari di emergenza umanitaria nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania – il partner solidale del Festival sarà Assopace Palestina, la ODV fondata dalla ex deputata e Vicepresidente del Parlamento Europeo Luisa Morgantini, già candidata nel 2005 al Premio Nobel per la Pace.

Nato nel 2015, in dieci anni il festival è diventato un punto di riferimento nel panorama delle manifestazioni italiane, posizionandosi efficacemente nel calendario nazionale degli eventi di settore con carattere e identità. ARF! è anche co-fondatore di RIFF • Rete Italiana Festival Fumetto, l’Associazione nazionale di categoria dell’intero comparto, di cui Stefano Piccoli (direttore di ARF!) è presidente. www.retefumetto.it

La decima edizione di ARF! Festival è promossa da Assessorato alla Cultura di Roma Capitale e Azienda Speciale Palaexpo e le partnership di ATAC, PressUp e Koh-I-Noor

A Roma ritorna “This is Wonderland: Pinocchio – Back to Wood”

Roma si prepara ad immergersi nella magia con l’arrivo di un nuovo evento straordinario al Giardino delle Cascate del Laghetto dell’Eur. Dopo il grande successo di Alice nel Paese delle Meraviglie che ha incantato oltre mezzo milione di spettatori (e che sarà riproposta da giugno a Napoli), è ora la volta di “Pinocchio – Back to Wood”, una nuova favola dal vivo firmata This is Wonderland.

L’appuntamento è fissato per il 31 maggio 2024 e l’atmosfera incantata della fiaba di Pinocchio si fa sempre più tangibile grazie ai video e alle immagini che circolano sulle piattaforme social. L’evento si svolgerà in un’area di oltre 40mila metri quadrati all’interno del parco, con installazioni luminose, spettacoli inediti, performers e attori pronti a coinvolgere il pubblico in un’esperienza straordinaria. Ma non è finita qui: l’esperienza culinaria a tema renderà l’evento un viaggio sensoriale a 360 gradi, regalando ai partecipanti un’esperienza unica e coinvolgente. Sarà impossibile resistere alla magia che avvolge il Giardino delle Cascate durante Pinocchio – Back to Wood. Non perdete l’occasione di vivere questa favola dal vivo e lasciatevi trasportare in un mondo fantastico e incantato: un’esperienza indimenticabile che vi farà sognare ad occhi aperti.

21 aprile 753 a.c.: La fondazione di Roma

La fondazione di Roma è intrisa del mito eppure ci è stata tramandata in modo così chiaro e preciso che conosciamo non solo l’ anno di fondazione ma anche il giorno esatto (21 aprile 753 a.c. ). Un poeta del I secolo, tale Virgilio Publio Marone fa risalire la nascita di Roma addirittura alla caduta di Troia. Ma anche altre leggende parlano della fondazione di Roma.Cerchiamo qui di entrare passo passo nella storia di Roma antica.

Secondo l’Eneide, un eroe Troiano, Enea, Figlio di Anchise e della dea Venere, dopo aver solcato il mediterraneo giunse sulle coste laziali. Lì suo figlio Ascanio, mutato il nome in Julo fonda la città di Albalonga. Purtroppo non sappiamo cosa sarebbe dovuto succedere dopo perchè il poema non è mai stato finito, ma possiamo riferirci alla leggenda ufficiale: ad Albalonga viveva una Vestale di nobili origini (e discendente da julo ,Ndr),tale Rhea Silvia.Le Vestali erano sacerdotesse di Vesta, Dea tutrice del focolare domestico, che avevano il dovere di rimanere vergini. Ma la nostra Rhea, invece venne presa ( e si lasciò prendere) nientemeno che dal Dio Marte.Da quel rapporto nacquero i due gemelli Romolo e Remo. Ora,secondo la legge la vestale fu lapidata e stessa sorte sarebbe dovuta toccare ai due bambini. .Un altra versione ci dice che Rhea fosse figlia di Numitore,re di albalonga,  e ,siccome Amulio aveva spodestato il fratello Numitore dal trono di Albalonga, fu lui a ordinare la morte dei due futuri rivali.In  ognuno dei due casi, i carnefici non se la sentirono ed abbandonarono la cesta sul Tevere. La cesta si fermò presso la palude del Velabro, presumibilmente vicino a dove ora si trova S.Maria in cosmedim. Una lupa che abitava sul vicino colle Campidolio, o forse sul Palatino, si prese cura dei piccoli finché non furono raccolti da un pastore di nome Faustolo (diventato poi il dio Fauno nella fantasia popolare).Faustolo portò i due piccoli dalla moglie Acca Larenzia (vedi sotto).

ENEA A ROMA. 

Virgilio scrive l’eneide almeno 8 secoli dopo la caduta di Troia ,e si rifà ai  miti greci e a leggende più antiche.La leggenda di Enea che lascia Troia e riesce a fuggire è abbastanza antica. Nei Poemi omerici non si menziona la morte di Enea , al contrario degli altri Eroi difensori di Troia. Questo ha permesso di fantasticare su una nuova Troia fondata dall’eroe. I Primi lirici parlano di una città costruita sul monte Ida da Enea. Un riferimento importante per queste leggende era l’esistenza dell’  antica città di Aineia che si trovava sulle coste Macedoni e vantava discendenza diretta dal guerriero. Tra le numerose leggende riguardanti i viaggi di Enea, la prima che racconta di un suo arrivo nel Lazio è di Ellanico (V SEC AC). Dopo vennero aggiunti miti minori, come la storia di Didone che giustificava agli occhi romani l’ accanimento nelle guerre puniche. Perché era  importante il mito di Enea per Roma? In fin dei conti comunque i Romani potevano vantare una discendenza  diretta da Marte! Enea è un guerriero atipico, che non ama  combattere, anzi preferisce la pace e la cura dei Penati. Enea e Marte rappresentano un dualismo tipico della civiltà romana: Guerra da una parte, legge e religione dall’ altra.Un dualismo rappresentato anche da Romolo, primo re guerriero e Numa Pompilio,  2° re, creatore della religione ufficiale. Inoltre non dimentichiamoci che Virgilio scrive espressamente per glorificare Ottaviano Augusto e la sua politica di Pax.

UN ALTRA VERSIONE. 

Ho trovato un altra leggenda sulle origini dei due gemelli che vale la pena di essere raccontata. Narra che il palazzo di Numitore, re di Albalonga era infestato da un enorme membro maschile alato.il membro si avvicinava ai presenti con chiari intenti copulatori. Non c’è da meravigliarsi che questa leggenda abbia avuto poca diffusione. Comunque il re si recò da un oracolo che gli disse che l’ unico modo per scacciare il fastidioso inquilino era farlo accoppiare con la propria figlia. Ma la figlia del re, spaventata per le generose dimensioni si fece sostituire da una serva.Da questo particolare amplesso sarebbero nati i due gemelli. Al di là dell’ immaginario erotico questa versione è piuttosto interessante ed originale.Il fallo volante era simbolo di fertilità ed era usato a scopo propiziatorio.

ROMOLO E REMO.

Comunque Siamo arrivati al punto in cui i due gemelli vengono adottati da Faustolo e Acca Laurentia.I due gemelli crescono forti e spodestano lo zio. Come ricompensa gli fu data la possibilità di fondare una propria città. Romolo scelse il colle Palatino, mentre Remo scelse l’ Aventino ; Nel mezzo scorreva un piccolo torrente che rendeva un pantano l’attuale circo Massimo. La decisione su chi avesse ragione fu demandata agli aruspici. Remo vide 6 avvoltoi, mentre Romolo ubriaco ne vide 12. Romolo allora fondò la sua città, recintando con un solco i sette colli.Ma avremo modo di parlarne in seguito.Ma il solco era stretto e per scherno, Remo lo valicò con un salto. Romolo allora, uomo di poche parole disse:” con l’ aratro si segna la città,con la spada la si difende” ed uccise il fratello. Romolo accettava  tutti in città e i primi romani erano spesso poco di buono e ladri scacciati. Lo stesso Romolo, fratellicida, non doveva essere una persona facile. Probabilmente il Ratto delle Sabine non doveva essere ne il primo ne l’ ultimo furto operato dai Romani sui vicini.

ERCOLE.  

La fondazione di Roma potrebbe essere ancora più antica. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce reperti databili a due secoli prima della fondazione di Roma.  Ci si può chiedere se potessero esistere altri insediamenti preesistenti. Probabilmente dovremmo cercare questi insediamenti sulle alture della città, perchè al tempo la zona pianeggiante era paludosa. Nei pressi del Palatino, c’era la Rocca di Evandro. Evandro veniva da Arcadia,figlio Ermes e di una ninfa di nome Timandra; forse era la stessa sibilla cumana. Sempre secondo l’ Eneide, quando Enea giunse nel Lazio vi trovò Evandro. Come fini la città di Evandro non ci è dato di saperlo.Ma un altro  eroe si ritrova da Evandro: Ercole. Una delle fatiche di Ercole fu quella di rubare le mandrie di Gerione, il più forte dei mortali. Gerione era un uomo,se così si può dire,dotato di 3 busti, di 3 tese e di sei braccia. A guardia delle mandri c’era il cane Otro dalle due teste.( troppe teste in questa storia). Comunque Ercole non si diede per vinto e sconfisse Gerione dopo aver rubato i suoi buoi. Ora non è ben chiaro dove vivesse Gerione: Poichè si dice che in quell’ occasione creò le colonne di Ercole,probabilmente  Gerione si trovava in Spagna.( tuttavia adesso qualcuno ipotizza che le colonne d’ercole erano nel canale di Sicilia, cosa che spiegherebbe molte cose). Ercole o Eracle,si scarrozzava le ex-mandrie di Gerione per l’Italia. Giunto nel Lazio Ercole incontrò Evandro.Li si fermò seppure per poco e le malelingue dicono che ebbe una storia con Acca Larentia (e se i gemelli trovati da  Faustolo fossero il risultato delle scappatelle della moglie?).Ma   i capi di bestiame gli furono rubati forse mentre era occupato in queste faccende. Seguite le tracce della Mandria scoprì che il Ladro era un ladro di nome Caco,un mostro umanoide figlio di tifone.Ercole lo prese e lo gettò da una rupe.Adesso provate ad andare sul Palatino: Nella parte sud-est troveremo un passaggio chiamato “la scala di caco” che porta alla Caverna del Lupercale dove abitava la lupa…

La storia sulla città di Roma è quanto meno propagabile.

Se facciamo pochi passi tra il Campidoglio e L’ Aventino ci accorgiamo che il territorio è davvero piccolo.Oltre a questo aggiungiamo che al posto del Circo Massimo c’era un grande Pantano, quasi un lago chiamato fonte Murcia e che tutta la zona del Velabro e del portico d’Ottavia era fatto di Paludi. Rimane solo il colle Palatino.Il Palatino è abbastanza vasto per accogliere Evandro, La lupa,il Pastore Faustolo, Caco  e addirittura nascondere una mandria che per vastità non aveva uguali?a questo aggiungiamo che tuttora non si ha certezza della esatta posizione di Albalonga. E dobbiamo anche considerare che già ai tempi di Romolo l’ unica città che poteva dare fastidio a Roma era Veio che si trova  al 12 km dell’ attuale via cassia.

Il cuore di Nerone

Tra i 2 milioni di sanpietrini che compongono l’enorme piazza di San Pietro, si nasconde un sanpietrino molto particolare noto ai romani come “Il cuore di Nerone”. Si tratta di un piccolissimo bassorilievo a forma di cuore trovato dai ragazzini di Borgo Pio che passavano il loro tempo libero a giocare nella piazza con una palla fatta di stracci e soprannominato in questo modo per nessun motivo particolare. È conosciuto anche con i nomi di “Cuore di Bernini” e “Cuore di Michelangelo” e le leggende che corrono su questa piccolissima opera d’arte sono numerosissime. Secondo la prima è opera di Bernini in segno di un amore mai trovato, la seconda narra che è frutto del lavoro di Michelangelo come simbolo di un amore infranto, un’altra leggenda ancora dice che fu una donna a crearlo per ricordare il marito condannato a morte ingiustamente.

Un’ultima leggenda racconta che fu inciso tristemente da un soldato durante il discorso che Garibaldi tenne qui il 2 luglio 1849, prima di abbandonare Roma, sancendo così di fatto la fine della famosa “Repubblica Romana”.

Intraprendere la ricerca senza una minima traccia è un’impresa impossibile data la sua piccolezza nel complesso della piazza. Il cuore di Nerone si trova nel Libeccio della Rosa dei Venti piantata nella piazza, ed è sicuramente passata sotto milioni di occhi ma identificata poche volte.

Va anche detto che il pavimento della piazza è stato rifatto varie volte, l’ultima nel 1936. In quest’ultima occasione vennero sostituiti tutti i sampietrini preesistenti, tranne però proprio quelli interni ai riquadri della Rosa dei Venti, probabilmente per la forma irregolare dei riquadri stessi, o forse per il materiale ed il colore leggermente diversi rispetto agli altri sampietrini della piazza. Sembra perciò che il “cuore di Nerone” non sia andato perduto per una serie di circostanze incredibilmente fortunose.

Si trova ancora lì, a testimonianza di un passato che, davanti alle migliaia di opere d’arte straordinarie che Roma può vantare, potrebbe apparire ai più trascurabile ma che invece andrebbe trattato con maggior rispetto anche dai romani stessi che, di fatto, per la maggior parte, ignorano il meraviglioso coacervo di leggende, storia e identità che essa trasmette.

di Annarita Sanna

Ladispoli: Un Viaggio Virtuale nell’Antichità

Scoprite il fascino storico e scientifico del complesso archeologico dell’età del bronzo a Ladispoli, magistralmente ricostruito in 3D da Marco Mellace.

Questo sito, situato presso il fosso Vaccina vicino al Mar Tirreno, è un testimone silenzioso di una storia che si estende fino al III millennio a.C. Il territorio di Ladispoli, sebbene giovane come comune, cela un passato ricco e profondo, rivelato dalle tracce di un insediamento preistorico e protostorico situato al km 41 della via Aurelia.

Le indagini archeologiche hanno portato alla luce, sotto strati alluvionali, frammenti ceramici e resti organici che risalgono alla seconda metà del III millennio a.C., tra l’Eneolitico Finale e il Bronzo Antico Iniziale. Due campagne di scavo, nel 2008 e nel 2010, hanno ulteriormente esplorato la zona, rivelando oltre 50 buche per pali che delineano il perimetro di abitazioni ovali, alcune delle quali misuravano 10×8 e 14×10 metri.

Gli scavi hanno permesso di recuperare materiali che datano dalla fine del XIV secolo alla metà del XII secolo a.C., tra cui ceramiche del Bronzo Medio con incisioni tipiche della civiltà appenninica e anse bifore del Bronzo Recente, stilizzate a forma di testa d’uccello, caratteristiche della civiltà subappennica. Inoltre, sono stati trovati reperti che si collegano al mondo miceneo greco o all’artigianato italo-miceneo dell’Italia meridionale, fornendo prove archeologiche dell’antica presenza del popolo dei Pelasgi, originario della Grecia.

Il sito di Vaccina, con i suoi materiali micenei e la vicinanza a un antico corso d’acqua navigabile, potrebbe essere stato un avamposto marittimo controllato dal sito di Monte Abbadone.

L’opera di Mellace, noto come “Flipped Prof” per il suo approccio innovativo alla didattica multidisciplinare, ha arricchito la comprensione della storia antica del centro Italia, unendo mistero e realtà.

L’opera 3D è visibile sul canale YouTube “Flipped Prof”, arrivato a contare 46.700 iscritti, 2.555 video prodotti e oltre 12 milioni e 900 mila visualizzazioni, dove sono presenti due video: nel primo è possibile osservare le fasi 3D di realizzazione di una capanna dell’età del bronzo con le relative spiegazioni, nel secondo invece si può scoprire la storia dell’insediamento, che partendo dalle interpretazioni più estreme, riconducibili al libro VIII dell’Eneide di Virgilio, dove si afferma che Enea approdò sulle fresche acque del Torrente Vaccina, fino ad arrivare a interpretazioni più vicine alla realtà storica che lasciano intendere la presenza di una popolazione che intratteneva rapporti con popolazioni micenee, italo-micenee o appenniniche.

Gli obelischi di Roma

Se un antico egizio potesse visitare Roma oggi, una delle cose che lo colpirebbero di più, oltre al traffico e alle macchine, sarebbero sicuramente gli obelischi. Perchè a Roma ce ne sono tantissimi, anzi, è il luogo fuori dall’Egitto dove si concentrano più obelischi al mondo: pensate, ce ne sono addirittura tredici!

Il termine “obelisco” fu coniato dai greci, i primi viaggiatori eruditi dell’antichità: Obelos in greco vuol dire spiedo, e obelisco che è un diminutivo, vuol dire spiedino. Un termine un po’ irriverente e ironico per queste strutture che svettavano in cielo. Ogni faraone costruiva degli obelischi per avere la protezione, la forza del dio Sole, o anche solo per ringraziarlo di una vittoria…possiamo dunque considerarli dei giganteschi ex voto. Ma erano anche considerati un simbolo del potere, perchè dovevano ricordare a tutti, qualora ce ne fosse stato bisogno, proprio questo legame diretto tra il faraone e il dio Sole.

Le dimensioni degli obelischi e le loro dimensioni non sfuggirono agli imperatori romani, che li vollero portare a Roma come simbolo della grandezza del loro impero.

Certo, non doveva essere facile trasportare qualcosa di così immenso: Caligola, per esempio, per trasportare l’obelisco che attualmente si trova in piazza San Pietro ed è il secondo in altezza tra i tredici presenti a Roma, dovette far costruire una nave gigantesca, che venne utilizzata in seguito dall’imperatore Claudio come isola artificiale, quando costruì il suo porto ad Ostia, la fece trainare al largo, la riempì di calcestruzzo, l’affondò e sopra ci mise il faro.

Su questo obelisco sono nate molte leggende popolari, si diceva, ad esempio, che la sfera contenesse le ceneri di Cesare, e nella Roma papalina si credeva che chi fosse riuscito a passare sotto l’obelisco, tra i leoni, avrebbe ottenuto la remissione di tutti i peccati…

Un fatto però è certo: l’obelisco di piazza San Pietro non è originale: come si può notare non ci sono dei geroglifici…ha sì più di duemila anni (Caligola lo fece trasportare nel 40 d.C.) Possiamo considerarlo un “falso originale” perchè è stato realizzato dagli antichi romani sempre in Egitto, e lì eretto in un quartiere romano della città, poi trasportato a Roma per volere dell’imperatore.

Viene da chiedersi a cosa servissero gli obelischi a Roma, visto che a raccontare le gesta degli imperatori c’erano già archi trionfali e costruzioni ciclopiche.

L’obelisco che si trova in piazza del Popolo fu costruito da uno dei faraoni più famosi e potenti dell’antico Egitto: Ramesse II e fu innalzato a Heliopolis più di tremila anni fa. Fu portato a Roma da Augusto, nel 10 a.C., e sistemato al centro del circo Massimo, così dopo aver visto le processioni dei sacerdoti egizi, questo obelisco assistette per ben cinque secoli alle corse delle bighe.

Ma non sempre gli obelischi dovevano ricordare la forza di un imperatore: l’obelisco che si trova di fronte a Montecitorio, anche questo portato da Augusto, servì come gnomone di un’immensa meridiana, più grande di un campo di calcio, in Campo Marzio.

Riflettendoci bene, nessun passante o automobilista ci fa caso, ma l’obelisco che si innalza a piazza San Giovanni, è il più grande obelisco egizio conosciuto, raggiunge i 32 metri di altezza e ha una base di 3 metri per lato, con un peso di 340 tonnellate. E’ immenso, imponente, e riassume tutta la potenza del faraone Tutmosis III, eppure, malgrado la mole, fu abbattuto : in epoca medievale infatti, la popolazione di Roma era ridottissima, avvolta dalla miseria e dall’ignoranza; dilagò la furia di un’integralismo simile a quello dei talebani oggi, si credeva infatti che dentro questi obelischi ci fosse la sede del demonio, e che per questo erano riusciti a sopravvivere a tutto: ai terremoti, alla fine dell’Impero Romano, ai saccheggi…e quindi si decise di abbatterli, vennero smussati e spezzati gli spigoli, e poi vennero buttati giù…scomparendo così dalla storia.

Vennero ritrovati solo nel Rinascimento,sotto sette metri di terra, e i papi di allora decisero di innalzarli di nuovo, in una Roma in piena rinascita, e divennero “capolavori nei capolavori”, come a piazza Navona, dove l’obelisco realizzato per celebrare l’imperatore Domiziano è come un diamante incastonato nella fontana dei Quattro Fiumi del Bernini.

Slanciandosi verso l’alto, gli obelischi contribuivano a dare movimento all’architettura delle piazze.

Straordinario è l’obelisco che si trova in piazza della Minerva: è appoggiato su un piccolo elefantino, un’opera progettata dal Bernini, che voleva sintetizzare in questo modo, la forza e lo spirito che bisogna avere per riuscire a sorreggere il peso della saggezza, ma nell’immaginario collettivo, quest’ opera aveva tutt’altra lettura: significava tutto il peso e le critiche che il Bernini aveva dovuto sopportare in quegli anni dalla Chiesa, e non è un caso che quest’elefantino porga le terga al Collegio dei Domenicani…

C’è un fatto curioso che riguarda gli obelischi a Roma, e cioè che in tempi moderni, anzi, recentissimi, ne è stato eretto uno. E’ quello è stato voluto da Mussolini; pochi lo sanno, ma dietro questo monumento, c’è stato un lavoro immenso. E’ composto da due blocchi sovrapposti che sono stati scavati nelle cave di Carrara, ed è stata un’opera davvero sovrumana, che ha avuto anche delle vittime, e che è ricaduta interamente sulle spalle degli abili scalpellini che lavoravano nelle cave di Carrara da infinite generazioni. Come in antichità, i blocchi sono stati portati su delle slitte e poi imbarcati su navi speciali, che hanno dovuto attendere le piene del Tevere per poter risalire fino al sito dell’innalzamento definitivo.

Per gli Egizi erano un simbolo religioso, per i Romani un simbolo di potere, e per il Rinascimento l’elemento centrale dell’architettura: hanno visto passare faraoni, imperatori, papi e re, e svettano ancora alti e possenti per raccontarci tutte le storie e le leggende che conoscono: il tempo per loro, sembra davvero non passare mai!

di Annarita Sanna

Festival delle Scienze di Roma 2024 – Errori e meraviglie. Dal 16 al 21 aprile

Dal 16 al 21 aprile 2024 il Festival delle Scienze di Roma torna all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone con la sua XIX edizione.

Errori e meraviglie è il tema di questa edizione, dedicata alla meraviglia che accompagna ogni scoperta, motore che spinge scienziate e scienziati a esplorare, a porsi domande e a mettere in discussione le conoscenze consolidate, andando sempre oltre. Meravigliarsi, anche di fronte a crisi e problemi, è il primo passo per cercare nuove risposte e soluzioni, in un cammino non privo di passi falsi, di disattese e smentite, di errori. Dal sistema geocentrico alle errate convinzioni di Guglielmo Marconi sulla propagazione delle onde elettromagnetiche, fino alla Galleria degli Errori di Enzo Ferrari, l’errore è un alleato fondamentale nei processi di conoscenza, di innovazione e di apprendimento.

Prodotto dalla Fondazione Musica per Roma, con la partnership progettuale di Codice Edizioni, il Festival delle Scienze di Roma è promosso da Roma Capitale-Assessorato alla Cultura, realizzato con ASI-Agenzia Spaziale Italiana e INFN-Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con i partner scientifici CMCC-Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, CNR–Consiglio Nazionale delle Ricerche, ENEA-Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ESA-Agenzia Spaziale Europea, Rete GARRHuman TechnopoleIIT-Istituto Italiano di Tecnologia, INAF Istituto Nazionale di Astrofisica, INGV-Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Museo Galileo-Istituto e Museo di Storia della Scienza, Planetario di Roma CapitaleStazione Zoologica Anton Dohrn.

Per info: auditorium.com/it/gli-eventi-del-festival/?festivalID=13481/.

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