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La vedova nera di Patraix: il vero volto dietro il film Netflix

C’è qualcosa di disturbante, di profondamente ipnotico, nel momento in cui ti rendi conto che la trama di un film, con il suo crescendo di tensione, i personaggi ambigui e le svolte improvvise, non è finzione ma un adattamento chirurgico di un fatto realmente accaduto. Succede con “A Widow’s Game” (La viuda negra), il thriller firmato Netflix che ha recentemente catturato l’attenzione del pubblico internazionale. Ma al di là della regia serrata, della fotografia soffocante e delle interpretazioni inquietantemente precise, ciò che colpisce davvero è la consapevolezza che il film non è un’opera di fantasia. È un cupo riflesso del delitto di Patraix, uno dei casi giudiziari più scioccanti della recente cronaca nera spagnola.

Quella di Patraix non è una semplice storia di omicidio: è un abisso che si apre nella quotidianità, una spirale di manipolazione, desiderio e controllo, che si insinua tra le crepe di un’apparente normalità. È il racconto, vero, di come l’amore possa trasformarsi in trappola mortale, di come le pulsioni più elementari — il sesso, il potere, il denaro — possano innescare una catena di eventi tanto precisa quanto mostruosa. Ed è per questo che, guardando il film, ti ritrovi quasi a trattenere il respiro: non solo per la tensione, ma per l’angoscia che nasce sapendo che tutto — o quasi — è realmente accaduto.

Valencia, 16 agosto 2017: l’ultimo respiro di Antonio

Era un pomeriggio rovente d’agosto, uno di quelli in cui l’asfalto cuoce sotto i piedi e l’aria è talmente pesante da sembrare liquida. Nel quartiere residenziale di Patraix, a Valencia, un garage si trasforma all’improvviso nella scena di un crimine. Il corpo senza vita di Antonio Navarro Cerdán, 35 anni, ingegnere stimato e marito devoto, viene trovato riverso a terra, bocconi, trafitto da sette coltellate. Non c’è segno di effrazione, nessun oggetto rubato, nulla che possa suggerire una rapina finita male. È un omicidio chirurgico, intimo. Uno di quelli in cui il killer conosce la vittima. Uno di quelli che, fin da subito, puzzano di tradimento.

Gli investigatori non ci mettono molto a concentrarsi su chi gli era più vicino. Il sospetto si annida tra le mura domestiche e prende forma nel volto pallido e composto della vedova: María Jesús Moreno Cantó. Per tutti, semplicemente Maje.

Maje: la doppia vita dell’infermiera di ghiaccio

Nel teatro del crimine moderno, Maje è un personaggio perfetto: infermiera di professione, moglie irreprensibile all’apparenza, donna dotata di una grazia inquietante, quasi letteraria. Nei giorni successivi al delitto si mostra pubblicamente devastata, rilascia interviste, piange con misura. Ma proprio quella misura, quella compostezza chirurgica, inizia presto a fare rumore. Qualcosa non quadra.

Le indagini portano alla luce una realtà ben diversa dalla facciata che Maje aveva meticolosamente costruito. Antonio non era il suo unico amore. La donna aveva intrecciato relazioni extraconiugali con più uomini contemporaneamente, come se ciascuno avesse una funzione specifica nella sua vita. Ma tra tutti, uno spicca per il suo ruolo centrale e tragico nella vicenda: Salvador Rodrigo Lapiedra, collega, amante, e inconsapevole esecutore di un piano che sembra scritto per un romanzo di Patricia Highsmith o per una delle pellicole di Hitchcock.

La telefonata che fa crollare il castello di menzogne

Il caso compie una svolta decisiva nel novembre 2017. Una telefonata, intercettata dagli inquirenti, squarcia il velo dell’ambiguità. Maje e Salvador si parlano con una familiarità troppo intima, con un linguaggio che sa di verità scomode. Non si tratta solo di due amanti che si consolano a vicenda. È qualcosa di più profondo, più contorto: si percepisce una dinamica di potere, una tensione psicologica, un legame tossico.

Salvador, fragile e dominato, crolla. Confessa. Racconta tutto. Dice di aver ucciso Antonio su richiesta di Maje, di essere stato manipolato e spinto all’estremo. Accompagna la polizia in un pozzo di Ribarroja, dove aveva gettato l’arma del delitto. Un coltello acquistato pochi giorni prima in una ferramenta. Oggetto banale, atto finale di un dramma ben più complesso.

Il movente? Una miscela letale di eros, controllo e denaro

Alla base del delitto non c’è solo la gelosia o la passione. C’è un movente gelidamente razionale: Antonio aveva stipulato polizze assicurative per oltre centomila euro. Alla sua morte, Maje avrebbe incassato la somma, oltre a beneficiare di eredità e pensione di reversibilità. E in effetti, non passano che pochi giorni dalla morte del marito prima che lei avvii le pratiche per il risarcimento.

È a questo punto che la figura di Maje assume contorni ancora più oscuri. Una donna in grado di usare l’amore come arma, di condurre una doppia vita senza mai tradire un’emozione fuori posto, di trasformare un uomo innamorato in uno strumento di morte. È la regista spietata di un omicidio premeditato, in cui ogni dettaglio sembra orchestrato con lucidità chirurgica.

Il processo: un dramma gotico in diretta nazionale

Nel 2020, il processo si apre a Valencia con un clamore mediatico senza precedenti. È molto più di un procedimento giudiziario: è uno spettacolo, una tragedia in tre atti, con i protagonisti inchiodati alle loro maschere. La stampa spagnola lo trasforma in un caso di coscienza collettivo: chi è davvero Maje? Vittima di una relazione tossica o mente criminale assetata di potere?

Le intercettazioni, le lettere inviate dal carcere, le testimonianze dei colleghi e degli amici tessono un racconto compatto, disturbante, in cui la manipolazione affettiva diventa un’arma sofisticata. Salvador, in lacrime, racconta di averlo fatto “per amore”. Maje nega, cerca di riscrivere i fatti, ma le prove sono schiaccianti.

Alla fine, la giustizia parla: Maje viene condannata a 22 anni per omicidio premeditato con aggravante di parentela. Salvador, che ha collaborato con gli inquirenti, riceve 17 anni. Ma il sipario, per quanto sembri calato, non è affatto definitivo.

Capitolo secondo: la Vedova Nera partorisce dietro le sbarre

Il delitto di Patraix ha continuato a generare inquietudine anche dopo la condanna. Nel 2023, una notizia scuote nuovamente l’opinione pubblica: Maje è incinta. Rinchiusa nel carcere di Picassent, aveva intrecciato una nuova relazione con un altro detenuto, anche lui condannato per omicidio. La donna viene trasferita a Fontcalent, nel reparto maternità, dove il 13 luglio dà alla luce un bambino sotto stretta sorveglianza. Il dettaglio, già di per sé sorprendente, aggiunge un ulteriore strato alla narrazione noir della sua esistenza.

A Widow’s Game: il cinema si specchia nell’orrore

Il film Netflix A Widow’s Game, diretto da Enrique Baró Ubach, non è un semplice adattamento. È una lente deformante che amplifica l’orrore sottile della storia, restituendone tutta la tensione psicologica. Tristán Ulloa, nei panni dell’investigatore, guida lo spettatore attraverso un labirinto di silenzi, sguardi e intuizioni. Il personaggio di Maje, interpretato con glaciale intensità, non è mai ridotto a stereotipo: è una donna reale, sfuggente, magnetica, il cui fascino risiede proprio nell’ambiguità morale che incarna.

Come nei migliori thriller psicologici, il film alterna flashback inquietanti a ricostruzioni giudiziarie minuziose, creando un crescendo che culmina nell’inevitabile disvelamento. Non c’è catarsi, però. Solo il brivido gelido che si prova quando si riconosce che il male, quello vero, non ha corna né artigli, ma il volto rassicurante della quotidianità.

Un monito che non smette di parlare

Il delitto di Patraix, come i grandi casi neri della cronaca italiana — Garlasco, Avetrana, Cogne — è destinato a rimanere nella memoria collettiva non solo per la sua ferocia, ma per la sua inafferrabilità. Maje è diventata un simbolo controverso, oggetto di analisi, discussione, morbosità. Eppure, ridurre tutto al voyeurismo sarebbe un errore.

Questa è una storia che interroga il nostro rapporto con la verità, con la giustizia, con la maschera che ciascuno di noi indossa ogni giorno. Una storia che ci ricorda che il male, quello vero, non ha bisogno di urlare. A volte sussurra. E quei sussurri, se non li ascoltiamo, diventano urla impossibili da ignorare.

Superman: Il mondo // 15 storie che portano l’Uomo d’Acciaio in giro per il mondo

Il 25 giugno, i lettori italiani e internazionali potranno immergersi in un’avventura unica grazie al volume antologico Superman: Il mondo, una celebrazione della figura dell’Uomo d’Acciaio che attraversa culture e tradizioni di diverse nazioni. Prodotto da Panini Comics, il libro è un’opera che raccoglie 15 storie originali, scritte e disegnate da un parterre di talentuosi autori provenienti da tutto il globo, che offrono una visione globale del personaggio, rendendo omaggio alla sua icona di speranza e giustizia. Con un totale di 208 pagine, Superman: Il mondo porta i lettori in un’avventura che abbraccia i confini del mondo, esplorando diverse visioni culturali e narrando il legame di Superman con le varie realtà sociali e storiche di ogni paese.

Nato nel 1938 dalla mente di Jerry Siegel e Joe Shuster, Superman è da sempre un simbolo di verità e giustizia. La sua forza, la sua morale incrollabile e la sua lotta contro il male l’hanno reso una delle icone più potenti della cultura popolare mondiale. Con Superman: Il mondo, la DC Comics ha voluto ampliare ulteriormente l’universalità del personaggio, immergendolo in contesti globali che esplorano non solo le sue battaglie contro il crimine, ma anche la sua relazione con le diverse tradizioni e culture, dando vita a storie mai raccontate prima. Ogni capitolo del volume è un viaggio che porta l’Uomo d’Acciaio in terre lontane, mettendo in luce il suo impatto in contesti culturali e storici unici.

Una delle storie più attese è Superman: Inferno, firmata dal duo italiano Marco Nucci e Fabio Celoni, che trasporta l’Uomo d’Acciaio nel cuore di Firenze, la città di Dante Alighieri, in occasione del 700° anniversario della sua morte. In questo racconto, Clark Kent e Lois Lane si trovano a fronteggiare una minaccia che affonda le radici nelle visioni infernali di Dante. L’epicità della città si fonde con la mitologia e la lotta tra il bene e il male, offrendo uno spunto originale e ricco di rimandi storici e culturali.

Un altro capitolo significativo è Sciogliete i mastini della guerra di Dan Jurgens e Lee Weeks, che racconta una battaglia extraterrestre a Metropolis. Superman si trova a fronteggiare una minaccia aliena che mette in discussione non solo la sicurezza della città, ma anche l’intervento del governo, creando un conflitto di etica e strategia che lo costringe a scelte difficili. Un tema ricorrente in questa antologia è infatti la riflessione sulle difficoltà morali e i dilemmi che Superman, nonostante i suoi poteri, è costretto a vivere.

A livello internazionale, Superman: Il mondo offre storie che esplorano il legame di Superman con culture molto diverse. In L’ultimo seme di Krypton di Mauro Mantella e Agustín Alessio, l’Uomo d’Acciaio affronta un’antica minaccia in Argentina, mettendo in discussione la sua identità e la sua biologia. Mentre in Il mantello rosso di Jefferson Costa, Superman è coinvolto in una trama che ha come sfondo il Brasile e la lotta per recuperare un artefatto simbolico per una cultura che ha lottato per preservare la sua memoria e identità.

Anche il continente africano è rappresentato in Il carro degli dei di Dr. Ejob Gaius e E.N. Ejob, dove Superman si trova ad affrontare le sfide di comprendere e rispettare le differenze culturali in un’avventura che lo porta in Camerun. L’importanza di essere un eroe non solo per l’umanità, ma anche per il contesto culturale in cui opera, diventa una lezione centrale in questa storia.

L’Europa non è da meno, con storie ambientate in Francia, Germania, Repubblica Ceca, Polonia e Spagna. In Superman a Parigi, scritto da Sylvain Runberg e disegnato da Marcial Toledano Vargas e José Manuel Robledo, Lois Lane e Clark Kent si concedono una fuga romantica nella capitale francese, ma una minaccia inaspettata emerge dalle profondità della Senna, interrompendo il loro momentaneo riposo. In L’uomo di acciaio (K) Rupp di Flix, Superman affronta un nemico in Germania nel periodo post-bellico, aggiungendo una dimensione storica alla sua lotta.

Il volume include anche contributi da paesi più lontani, come il Giappone, dove Superman vs. l’angolo ristoro del konbini di Satoshi Miyagawa e Kai Kitago porta una narrazione più leggera ma altrettanto affascinante, e Superman a Granada di Jorge Jiménez e Alejandro Sánchez, che racconta una storia di Superman senza poteri, che si trova a esplorare la cultura di Granada, tra misteri e battaglie contro il tempo.

Infine, le ultime storie, come Marzanna di Bartosz Sztybor e Marek Oleksicki dalla Polonia, e Ho scelto di proteggere la luce di Stevan Subic dalla Serbia, continuano a esplorare il legame di Superman con le tradizioni locali, presentando il personaggio alle prese con leggende antiche e avversari cosmici. Ogni storia, pur mantenendo il legame con la sua essenza di eroe, si adatta alle specificità culturali e alle sfide del luogo in cui si trova.

Superman: Il mondo è un volume che celebra la figura di Superman come simbolo universale, ma anche come un personaggio che si adatta e cresce in base alle sfide specifiche che incontra in ogni angolo del pianeta. Le storie, pur mantenendo il tono eroico e l’impegno per la giustizia che contraddistinguono il personaggio, offrono una prospettiva più ampia e profonda, esplorando come Superman possa essere interpretato in contesti culturali diversificati.

Questo volume non solo offrirà ai fan di Superman una lettura emozionante e ricca di azione, ma presenterà anche una riflessione sulla sua eterna lotta per la giustizia, che trascende le frontiere e si adatta alle esigenze e alle esperienze di ogni cultura. Superman: Il mondo è un’opera imperdibile per chiunque voglia esplorare la figura di Superman da una prospettiva nuova e globale.

L’Abisso dell’Oblio: Una Graphic Novel che Racconta il Lato Oscuro della Storia Spagnola

Il 14 settembre del 1940, a soli 532 giorni dalla fine della Guerra Civile spagnola, José Celda venne fucilato dal regime franchista insieme ad altri undici uomini, giustiziati senza pietà e sepolti in una fossa comune sul muro posteriore del cimitero di Paterna, a Valencia. La sua morte, come quella di molte altre vittime, è stata sepolta nell’oblio, per decenni ignorata. Eppure, più di settant’anni dopo, la figlia di José, Pepica, ora ottantenne, ha intrapreso una battaglia senza tregua per recuperare i resti del padre e dargli finalmente la pace. Un’impresa personale, ma che diventa simbolo di una lotta ben più grande, quella contro l’amnesia storica che ha segnato la Spagna del franchismo.

Questa storia drammatica e densa di emozioni è al centro de L’Abisso dell’Oblio, una graphic novel che, scritta da Rodrigo Terrasa e disegnata da Paco Roca, ci porta indietro nel tempo, nel cuore di un Paese che lotta con il suo passato. L’opera non è solo una riflessione sulla memoria storica, ma anche un tributo a coloro che, nonostante le atrocità del regime, hanno trovato il coraggio di opporsi, anche nei modi più silenziosi.

La Vittoria di Pepica

Il percorso di Pepica non è solo una ricerca personale, ma anche una vittoria per migliaia di famiglie che, grazie a una legge varata dal governo Zapatero, hanno finalmente potuto identificare i propri cari. Famiglie che, per decenni, avevano visto le loro storie cancellate dalla ferocia di un regime che non si preoccupava di conservare neanche i corpi delle sue vittime. La legge, insieme all’impegno di associazioni e archeologi, ha portato alla luce centinaia di resti, restituendo dignità a chi era stato sepolto nell’oblio. In L’Abisso dell’Oblio, questa lotta diventa il cuore pulsante di una narrazione che non si limita a raccontare il passato, ma lo porta nel presente come un atto di giustizia storica. La storia di Pepica è un inno alla memoria e alla resistenza contro un’amnesia collettiva che, troppo a lungo, ha cercato di nascondere le cicatrici lasciate dalla dittatura.

Un Viaggio tra Memoria, Dolore e Speranza

La graphic novel di Terrasa e Roca non è solo un racconto di sofferenza, ma anche di speranza. Le vite di Pepica e di suo padre José si intrecciano in un mosaico di flashback che ci mostrano il dolore di un popolo e delle sue famiglie, segnato da anni di oppressione. Ma, nel cuore di ogni tragedia, emerge anche la resilienza. Ogni pagina di L’Abisso dell’Oblio è una finestra su un passato doloroso, ma anche una lezione di forza e di lotta per la verità.

Roca, con il suo tratto inconfondibile, dipinge questa storia con una potenza visiva che amplifica la forza del racconto. Ogni tavola è intrisa di realismo, e le sue immagini non sono mai solo un accompagnamento, ma un mezzo per comunicare l’intensità emotiva della vicenda. Il testo di Terrasa è altrettanto pregnante, chiaro e senza compromessi. La graphic novel non è solo un libro da leggere, ma un’esperienza che scuote e resta dentro.

I Veri Eroi

Nel cuore di questa storia c’è un altro eroe dimenticato: Leoncio Badía, un giovane repubblicano costretto a lavorare come becchino dal regime franchista. Nonostante fosse obbligato a seppellire le vittime del regime nelle fosse comuni, Leoncio ha trovato il modo di resistere. Conservava frammenti di vestiti e oggetti personali delle vittime, consentendo alle famiglie di identificare i loro cari e dare loro una sepoltura degna. In segreto, Leoncio ha offerto alle vedove un ultimo momento di commozione e dignità, riscoprendo così la solidarietà anche nel contesto più brutale.

Leoncio Badía diventa simbolo della resistenza umana, di quella luce che riesce a filtrare anche nelle tenebre più fitte. La sua figura, centralissima nel racconto, ci ricorda che anche nei periodi più bui della storia ci sono uomini e donne che si oppongono all’ingiustizia, con un piccolo ma potente atto di umanità.

Un’Opera di Arte e Memoria

L’Abisso dell’Oblio non è solo un’opera di denuncia, ma una fusione perfetta di arte e storia. Le tavole di Paco Roca sono piene di emozioni, trasmettendo con forza il dolore e la speranza che emergono dalla storia di Pepica e delle sue lotte. Roca riesce a dare corpo a una vicenda che, altrimenti, rischierebbe di rimanere troppo distante, come una pagina di storia lontana. La sceneggiatura di Terrasa è altrettanto potente: riesce a raccontare la storia con un linguaggio semplice ma profondo, senza mai cadere nella retorica. Non c’è spazio per il giudizio, solo per la verità nuda e cruda della memoria. L’Abisso dell’Oblio è molto più di una semplice graphic novel. È un viaggio attraverso la memoria storica, un’esperienza che lascia un’impronta indelebile. Per chi ama storie che intrecciano storia, emozione e impegno civile, quest’opera è un must. Terrasa e Roca ci offrono una riflessione potente sulla Spagna del franchismo, su quelle vittime dimenticate, e sul ruolo della memoria come strumento di resistenza. In un’epoca in cui le verità scomode sono spesso riscritte o dimenticate, opere come questa sono una luce che ci guida verso la verità, un invito a non dimenticare mai ciò che è stato.

Tabernas: il deserto spagnolo che ha creato il mito degli Spaghetti Western

Se sei un amante del cinema western, preparati a scoprire un luogo che sembra uscito direttamente dal grande schermo: il deserto di Tabernas, nel cuore dell’Andalusia. Questo paesaggio polveroso e affascinante non è solo uno dei pochi deserti veri d’Europa, ma anche il set naturale di alcune delle pellicole più iconiche della storia del cinema. Soprannominato “la Hollywood europea”, Tabernas ha ospitato leggende del cinema come la “Trilogia del Dollaro” di Sergio Leone, trasportandoci nel Far West senza bisogno di attraversare l’oceano.

Negli anni ’60 e ’70, registi come Leone rimasero incantati da questo angolo remoto di Spagna, utilizzandolo per girare capolavori come Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo. Non solo western, però: oltre 300 film hanno trovato casa tra queste rocce e canyon, da Lawrence d’Arabia a Cleopatra, passando per produzioni moderne come Game of Thrones, Terminator: Destino Oscuro e persino Assassin’s Creed. Non è un caso se Quentin Tarantino ha espresso il desiderio di girare qui il suo prossimo western: l’atmosfera di Tabernas è unica, autentica, capace di evocare emozioni che vanno oltre il tempo.

Di Colin C Wheeler – Opera propria, CC BY-SA 3.0 es

Ma non è solo il cinema a rendere speciale questo luogo. Tabernas è diventato una vera e propria mecca per gli appassionati, grazie ai parchi tematici che permettono di immergersi nella magia del Far West. Il più famoso è Mini Hollywood – Oasys, una cittadina western perfettamente conservata dove puoi vivere da protagonista duelli, rapine in banca e spettacoli a tema. Tra saloon, chiese diroccate e uffici dello sceriffo, puoi quasi sentire le note delle colonne sonore di Ennio Morricone accompagnarti durante la visita. E se hai voglia di un po’ di relax, il parco offre anche un’area zoologica con oltre 800 animali e un parco acquatico immerso tra cactus e panorami desertici.

Non da meno è Fort Bravo – Texas Hollywood, celebre per le sue spettacolari rievocazioni quotidiane. Qui, attori in costume riportano in vita l’epoca d’oro dei western, con sparatorie e inseguimenti a cavallo che sembrano usciti da un film. E poi c’è il Western Leone, dove puoi visitare i set originali di Sergio Leone, ancora oggi carichi di un fascino nostalgico che fa battere il cuore a ogni cinefilo.

Il deserto di Tabernas, però, non è solo un luogo per appassionati di cinema: è una destinazione che offre anche un’esperienza naturalistica straordinaria. Con il suo clima secco e paesaggi brulli, ricorda le lande del sud-ovest americano, ma è comodamente raggiungibile dall’Europa. Puoi esplorare i suoi percorsi a piedi o a cavallo, magari sfidando il caldo torrido dell’estate per vivere sulla tua pelle le stesse condizioni affrontate dalle troupe cinematografiche.

E per i più avventurosi? Non c’è niente di meglio che indossare un costume da cowboy, impugnare una pistola giocattolo e posare per una foto ricordo sul set di un western. Tra canyon, villaggi abbandonati e il silenzio del deserto, Tabernas ti regala l’emozione unica di essere il protagonista della tua storia.

Che tu sia cresciuto con i film di Clint Eastwood o ti sia lasciato conquistare dai draghi di Game of Thrones, Tabernas è un viaggio nel tempo, un mix perfetto di cinema, avventura e paesaggi mozzafiato. Qui il passato e il presente si fondono in un’esperienza indimenticabile, dove ogni angolo racconta una storia e ogni passo ti avvicina alla magia del grande schermo.

foto di copertina di Gordito1869 – Opera propria, CC BY 3.0

Viaggiamo nel futuro: il treno sottomarino che collegherà l’Europa all’Africa

Immagina un mondo in cui puoi viaggiare sotto il mare, a bordo di un treno che ti collega direttamente tra due continenti. Sembra un’idea uscita da un romanzo di fantascienza, ma in realtà, un progetto straordinario potrebbe trasformare questa visione in realtà nei prossimi anni. Stiamo parlando di una vera rivoluzione nei trasporti, che punta a connettere il mondo in modo sempre più rapido, sostenibile e innovativo.

Nel corso degli ultimi decenni, le città hanno subito un cambiamento radicale grazie a un miglioramento continuo delle infrastrutture. Metropolitana, treni ad alta velocità e altre soluzioni moderne hanno reso più facili e veloci gli spostamenti urbani. Tuttavia, la voglia di esplorare non si è mai fermata ai confini delle metropoli: il nostro sguardo è ora rivolto oltre, verso nuove frontiere da attraversare.

Uno dei progetti più affascinanti che sta prendendo forma in questo momento è quello di un treno sottomarino, capace di attraversare lo Stretto di Gibilterra, collegando la Spagna al Marocco. Immagina di partire da Madrid, senza mai fermarti, e arrivare a Casablanca in un battito di ciglia! Sebbene l’idea possa sembrare uscita da un romanzo di Jules Verne, l’ingegneria dietro questo ambizioso progetto potrebbe renderla una realtà tangibile nei prossimi anni.

Ma perché scegliere un treno sottomarino? La risposta è semplice: velocità, sostenibilità e connettività. Questo nuovo collegamento ridurrebbe drasticamente i tempi di viaggio tra l’Europa e l’Africa, mentre sarebbe anche una scelta ecologica, con una minore impronta di carbonio rispetto ai trasporti aerei o marittimi. Inoltre, potrebbe rafforzare gli scambi commerciali e culturali tra i due continenti, creando nuove opportunità di collaborazione.

Questo non è solo un sogno futuristico. La Compagnia Nazionale Marocchina degli Studi sullo Stretto e la SECEGSA (Sociedad Española de Estudios para la Comunicación Fija a través del Estrecho de Gibraltar) sono già al lavoro su questo progetto ingegneristico rivoluzionario, impegnandosi nella progettazione e realizzazione di quest’opera colossale.

Cosa significa tutto questo per noi? Significa aprire nuove porte a orizzonti più ampi, rendendo possibili viaggi più rapidi e sostenibili tra continenti, con la creazione di nuove opportunità di lavoro e lo sviluppo economico nelle aree coinvolte. Inoltre, rappresenta un passo concreto verso un mondo più connesso, dove le barriere geografiche non sono più ostacoli insormontabili, ma solo sfide da superare per favorire la cooperazione internazionale.

Quindi, sei pronto a salire a bordo di questo treno del futuro? Il viaggio verso un mondo più connesso è già iniziato.

Tartesso: l’enigma sepolto tra mito e realtà che continua ad affascinare l’umanità da tremila anni

C’è un luogo, nel cuore del sud-ovest della penisola iberica, che continua a vibrare nei racconti dei poeti, nelle cronache degli antichi, nei sussurri dei venti andalusi e perfino nei sogni degli archeologi più audaci. Un luogo che ha attraversato millenni avvolto da un’aura di fascino irresistibile: Tartesso. Una parola che suona come un incantesimo antico, un’eco dimenticata di un regno perduto che ha saputo mescolare leggende, miti, storia e misteri in un mosaico affascinante e ancora incompleto. Ma Tartesso è esistita davvero? E se sì, che cos’era: una città, un impero, un popolo, o forse un mito divenuto leggenda?

Secondo le fonti antiche, Tartesso fu una civiltà fiorente nel sud-ovest della penisola iberica tra il XII e il VI secolo a.C., in un’epoca in cui i Greci solcavano il Mediterraneo e i Fenici costruivano rotte commerciali che avrebbero cambiato per sempre la storia del mondo. Di Tartesso si raccontava che fosse un regno ricco oltre ogni immaginazione, colmo d’oro, d’argento e di stagno, che commerciava con popoli lontani e che possedeva una cultura avanzata, forse la prima civiltà storicamente documentabile della Spagna preromana. Eppure, nonostante il suo presunto splendore, Tartesso scomparve nel nulla, come inghiottita dal tempo o, secondo alcuni, dal mare. Molti la identificarono con Tarsis, la leggendaria terra citata nella Bibbia, che commerciava metalli con Tiro. Altri ancora la associarono a miti greci come il Giardino delle Esperidi, le Isole dei Beati o addirittura Atlantide. Una cosa è certa: Tartesso, o qualunque fosse la sua vera forma, ha lasciato un’impronta indelebile nella memoria culturale dell’umanità.

Il risveglio della pietra: una lastra che potrebbe riscrivere la storia

Nel 2023, nel sito archeologico di Casas del Turuñuelo, in Estremadura, una scoperta ha riacceso l’interesse mondiale: una lastra di pietra lunga appena 20 centimetri, incisa con simboli di un alfabeto sconosciuto, è stata portata alla luce. Si tratta del terzo esempio conosciuto di “alfabeto paleo-ispanico meridionale”, un sistema di scrittura arcaico che potrebbe finalmente aprire uno spiraglio nella lingua dimenticata dei Tartessi.

Joan Ferrer i Jané, dell’Università di Barcellona, ha identificato chiaramente i segni come tartessici. Le 21 lettere superstiti, disposte in sequenza, potrebbero essere il primo vero tentativo di decifrare il codice linguistico di una civiltà che per ora ci parla solo attraverso le cronache altrui. Ferrer ipotizza che in origine la lastra contenesse fino a 32 simboli, alcuni persi a causa della rottura della pietra. Ma è un inizio. Un frammento che, come una chiave nascosta nel fango, potrebbe aprire le porte di un mondo perduto.

I miti si intrecciano con la storia

A dare carne e anima alla leggenda tartessica ci sono racconti mitologici tramandati per secoli. Il re Gerione, tricefalo e invincibile, proprietario di una mandria di buoi così ben nutriti che rischiavano di affogare nel proprio sangue, fu sconfitto da Ercole nell’ambito delle sue dodici fatiche. La battaglia ebbe luogo proprio nel cuore di Tartesso, in un paesaggio che molti associano alle terre presso l’attuale Cadice. Il mito si fonde con la geografia: Gerione potrebbe simboleggiare le tre foci del Guadalquivir, il fiume identificato dagli antichi con Tartessos.

C’è poi la figura del mitico re Argantonio, che secondo Erodoto visse centoventi anni e regnò per ottanta. Un sovrano pacifico e saggio che accolse i Focei in fuga dai Persiani, offrendo loro rifugio e denaro per costruire mura di difesa nella loro patria. Troppo saggio, troppo perfetto per essere vero? Forse, ma queste storie sono tutto ciò che ci resta della sua leggenda.

Tartesso è Atlantide?

La domanda aleggia da sempre: e se Tartesso fosse davvero Atlantide, il continente sommerso descritto da Platone nei dialoghi di Timeo e Crizia? Geograficamente, l’ipotesi è plausibile. Atlantide si trovava oltre le Colonne d’Ercole, oggi identificate con lo Stretto di Gibilterra. Tartesso, secondo le fonti antiche, si trovava nel delta del Guadalquivir, appena oltre quello stesso confine simbolico del mondo antico. Platone descrive Atlantide come una potenza navale avanzata, ricca di metalli, con una capitale divisa in cerchi concentrici. Molti ricercatori hanno visto in queste parole un’eco delle città tartessiche e delle loro strutture idrauliche complesse.

La genealogia mitologica si complica ancora di più quando scopriamo che il mitico re Gerione, oltre a essere legato a Tartesso, è inserito nella stessa stirpe divina da cui discenderebbe Atlante, il re di Atlantide. Coincidenza narrativa o testimonianza di una memoria culturale condivisa? Il fascino di Tartesso sta anche in questo: è un crocevia tra mitologia e archeologia, tra fede e scienza, tra desiderio e scoperta.

I Fenici e la fine del sogno

Nella storia di Tartesso, i Fenici sono una presenza ambivalente. Da un lato furono maestri di commercio e tecnologia, che portarono innovazione e nuove vie di scambio; dall’altro, sono visti come gli artefici della caduta della civiltà tartessica. Fondarono Gadir, oggi Cadice, intorno al 1100 a.C., e nel tempo assorbirono il controllo delle rotte commerciali e delle miniere della regione.

La presenza fenicia è testimoniata dai numerosi reperti ritrovati nei tesori tartessici: gioielli, oggetti religiosi e manufatti in metallo, alcuni dei quali recano il simbolo della dea madre Tanit. La cultura tartessica, inizialmente autonoma, venne progressivamente inglobata da quella fenicia, fino a scomparire attorno al 500 a.C., forse schiacciata dalla crescente potenza di Cartagine o dagli eventi naturali.

Archeologia e mito: un binomio ancora vivo

Gli scavi archeologici nel sud della Spagna, da El Carambolo a Cancho Roano, fino all’attuale Casas del Turuñuelo, stanno riportando in vita il mondo tartessico. Oggetti d’arte raffinati, costruzioni complesse e sistemi urbanistici avanzati raccontano la storia di un popolo colto, spirituale e organizzato. Gli studi dell’archeologo tedesco Adolf Schulten, seppur oggi riconsiderati con maggiore spirito critico, hanno avuto il merito di accendere i riflettori su questo mistero iberico.

La teoria più affascinante è forse quella che collega Tartesso ai Liguri e ai Popoli del Mare: un’antica stirpe migrante, padrona dei metalli e delle rotte navali, che avrebbe costruito una rete commerciale complessa e ben nascosta, protetta da racconti mitologici terrificanti per scoraggiare l’intrusione.

Un’eredità viva, un sogno senza fine

Tartesso non è solo un nome antico su vecchie mappe o una citazione scolorita nei testi di Erodoto. È un sogno che continua a pulsare nelle vene della cultura iberica e nell’immaginario collettivo dell’Occidente. È una Atlantide di terraferma, un Eden industriale nascosto tra le pieghe della storia. La lastra con l’alfabeto ritrovato, i miti di Ercole, i re leggendari come Argantonio e Habis, la connessione con il mondo ligure e la preistoria mediterranea: ogni elemento ci dice che Tartesso, reale o immaginaria che fosse, ha lasciato un’impronta indelebile nella nostra identità culturale.

Oggi, mentre gli archeologi scavano centimetro dopo centimetro sotto il sole cocente dell’Andalusia, e gli studiosi sfogliano con attenzione tomi antichi alla ricerca di un segno, una parola, una traccia, Tartesso continua a vivere. Vive nei racconti, nelle mappe, nelle pietre incise e nei sogni di chi ancora crede che la verità possa nascondersi sotto la polvere del tempo.

E voi, amici lettori di CorriereNerd.it, cosa ne pensate? Tartesso era davvero la prima Atlantide? Un impero dimenticato o solo una favola antica? Condividete con noi le vostre teorie, sogni e suggestioni nei commenti o sui vostri social. Chissà, magari insieme riusciremo a risolvere questo mistero lungo tremila anni.

Eurofighter Typhoon: 30 anni di dominio dei cieli!

30 anni fa, il 27 marzo 1994, l’Eurofighter Typhoon DA1 decollava per la sua prima volta a Manching, in Baviera. Un momento storico che ha segnato l’inizio di un’era di supremazia aerea per l’Europa. 🇮🇹🇩🇪🇬🇧🇪🇸

Un aereo da combattimento rivoluzionario

L’Eurofighter Typhoon è un jet da combattimento multiruolo bimotore progettato per eccellere sia nel combattimento aria-aria che aria-terra. Nato dalla collaborazione di quattro nazioni europee (Germania, Gran Bretagna, Italia e Spagna), rappresenta l’apice dell’ingegneria aeronautica e un simbolo della forza aerea europea.

Un successo europeo

Con oltre 850.000 ore di volo all’attivo, l’Eurofighter Typhoon è la spina dorsale delle forze aeree di Germania, Regno Unito, Italia e Spagna. Ad oggi, sono stati ordinati 680 velivoli da 9 nazioni, di cui 603 già consegnati. Un vero e proprio successo europeo che dimostra l’eccellenza della tecnologia e dell’industria del continente. 🇪🇺

Un futuro ancora più luminoso

Nonostante i suoi 30 anni, l’Eurofighter Typhoon non mostra segni di invecchiamento. Airbus sta sviluppando continuamente nuove tecnologie per mantenere il velivolo all’avanguardia, come l’architettura del sistema di missione, l’interfaccia uomo-macchina, la gestione operativa e le prestazioni del motore.

Un pezzo fondamentale della difesa europea

Grazie al suo continuo sviluppo, l’Eurofighter Typhoon rimarrà la spina dorsale della difesa aerea europea fino al 2050 e oltre. Un simbolo di sicurezza, cooperazione e innovazione europea. ️🇪🇺

Ma l’Eurofighter Typhoon non è solo un aereo da combattimento, è anche una storia di successo europea. Una storia di collaborazione, innovazione e ingegneria che ha portato alla creazione di uno dei velivoli più avanzati al mondo.

Parco Gulliver a Valencia: un gigante di divertimento per bambini!

Siete alla ricerca di un parco giochi per bambini a Valencia che sia davvero speciale? Allora non potete perdervi il Parco Gulliver, situato nell’antico letto del fiume Turia. Qui, i vostri piccoli si trasformeranno in minuscoli Lillipuziani e si divertiranno a esplorare il gigante Gulliver, una scultura gigante lunga quasi 70 metri e alta 9!

Scivoli giganti, rampe e scale:

I vestiti e i capelli di Gulliver sono stati trasformati in rampe, scivoli e scale, offrendo ai bambini un’esperienza di gioco unica e avventurosa. Potranno salire, scendere, scivolare e arrampicarsi in tutta sicurezza, immersi in un ambiente verde e aperto.

Un parco per tutti:

Il Parco Gulliver è perfetto per bambini di tutte le età. I più piccoli potranno divertirsi nella nuova area giochi all’interno del gigante, mentre i più grandi potranno sfidarsi sugli scivoli giganti.

Novità e sicurezza:

Il parco è stato recentemente restaurato con un focus sulla sicurezza, illuminazione e accessibilità. Nuove zone verdi e un sistema di rampe lo rendono ideale per tutti.

Divertimento gratuito:

Il Parco Gulliver è aperto tutto l’anno ed è completamente gratuito. Un’occasione imperdibile per trascorrere una giornata in famiglia all’insegna del divertimento e della fantasia.

Perché scegliere il Parco Gulliver:

  • Un’esperienza di gioco unica e avventurosa
  • Un ambiente sicuro e accessibile
  • Divertimento gratuito per tutta la famiglia
  • Un parco immerso nel verde
  • A pochi passi dal centro di Valencia

Cosa aspetti? Vieni a scoprire il Parco Gulliver a Valencia!

Due giganteschi mostri alieni di Warhammer 40k invadono il Carnaval de Terra Endins in Spagna 

Se siete appassionati di Warhammer 40k, non potete perdervi lo spettacolo che si è svolto sabato 10 febbraio al Carnaval de Terra Endins di Torellò, vicino a Barcellona. Due enormi creature Tyranid, alte cinque metri, hanno sfilato per le strade della piccola città, creando stupore e ammirazione tra i partecipanti. Si tratta di un’incredibile opera di artigianato realizzata da un gruppo di comunità locale, “Els Grillats”, che ha voluto omaggiare il famoso gioco di guerra in miniatura.

Le foto degli impressionanti mostri Tyranid sono state condivise sui social media dal fan di Warhammer 40k e residente di Torellò Alexandre Lavado i Campàs, che ci ha raccontato la storia dietro questo fantastico progetto. Ringraziamo anche Els Grillats per averci permesso di usare le loro fotografie.

Els Grillats significa “sono grilli” in catalano, ed è un modo di dire per indicare qualcuno di pazzo. E di pazzia ne serve tanta per realizzare un carro del carnevale così originale e dettagliato. Campàs ci spiega che Els Grillats sono “uno dei più grandi gruppi del villaggio di Torellò e nove volte vincitori del Carnevale”. 360 dei loro membri hanno partecipato alla parata vestiti da “parassiti”, ispirati alle creature Tyranid.

Il tema del carro era un mondo vergine nella galassia “Grillatia”, che stava per essere invaso dai parassiti (i membri della parata). I due tiranidi, “Madre” e “Guarrior”, erano già sul pianeta, e si scatenava una battaglia; i parassiti invasori “finivano per essere schiavizzati”.

Non a caso, molti dei componenti di Els Grillats fanno parte anche di una società di giochi da tavolo locale, chiamata Helheim Osona, che si dedica a Warhammer 40k, Kill Team e altri giochi di guerra in miniatura. Questi due mostri potrebbero essere le più grandi miniature di Warhammer 40k mai costruite. Campàs ci dice come i gruppi comunitari realizzano questi carri: di solito usano “un scheletro di ferro, carta, cartone e poliuretano, poi dipinto e decorato con luci, altoparlanti e altri effetti sorprendenti”. Il guerriero poteva anche emettere fumo.

La televisione locale EL 9 TV ha ripreso il carnevale, mostrando i carri di Els Grillat che ruggivano, circondati dai loro parassiti danzanti. Sembra una festa da paura. Il Carnaval de Terra Endins (carnevale del paese interno) si svolge dal 1978 ed è uno dei più grandi della Catalogna. Attira 60.000 turisti nella piccola Torellò, che normalmente ha una popolazione di soli 15.000 abitanti. Ci sono tre eventi durante il festival di una settimana: “el Pullassu”, “in cui la gente si diverte intorno a un pene gigante e una vagina gigante”, “Senyoretes i Homenots”, in cui uomini e donne si travestono, e “el Rua”, la sfilata di strada dei carri allegorici del carnevale.

I carri vengono da ogni angolo della regione di Osona, ma soprattutto da Torellò e dai vicini villaggi di Sant Vicenà de Torellò e Sant Pere de Torellò, ci dice Campàs. Abbiamo già visto alcuni grandi progetti di Warhammer 40k, come questo Titan in scala 28mm, ma nulla di così imponente come la parata di Els Grillat! Ci piacerebbe vedere questi “Nidi” confrontarsi con lo Space Marine Rhino che si trova fuori dalla stazione di Warhammer World nel Regno Unito.

Júzcar, il villaggio dei Puffi in Andalusia

Un’attrazione imperdibile per i bambini e gli adulti appassionati dei Puffi

Júzcar è un piccolo villaggio dell’Andalusia, in Spagna, che è diventato famoso in tutto il mondo per essere il villaggio dei Puffi. Nel 2011, il villaggio è stato scelto come location per il film “I Puffi 3D” e, per l’occasione, tutte le case sono state dipinte di blu.

La decisione di mantenere il colore blu è stata presa dagli abitanti di Júzcar, che hanno visto in questa trasformazione un’opportunità per attirare turisti e promuovere il proprio paese. E così è stato: da allora, Júzcar è diventata una destinazione turistica molto popolare, soprattutto tra le famiglie con bambini.

Oltre al colore blu, Júzcar ha molto da offrire ai visitatori. Il villaggio è situato in una posizione panoramica, circondato da montagne e foreste. Qui è possibile fare escursioni, visitare la Chiesa di Santa Catalina, risalente al XVI secolo, e i resti della fabbrica di stagno, fondata nel XVIII secolo.

Per i bambini, Júzcar offre molte attività divertenti, come giocare nei parchi giochi a tema Puffi, visitare il museo dei Puffi e partecipare a eventi e animazioni dedicate ai personaggi dei cartoni animati.

Se siete in vacanza in Andalusia, non perdete l’occasione di visitare Júzcar, il villaggio dei Puffi. È una destinazione originale e divertente, che piacerà a grandi e piccini.

Cineturismo: viaggiare sulle tracce dei film e delle serie tv

Il cineturismo, ovvero il turismo legato ai luoghi in cui sono stati girati film e serie tv famosi, sta vivendo una crescente popolarità tra gli appassionati di cinema e televisione. Con l’avvento delle piattaforme di streaming e la diffusione di serie tv globali, il desiderio di visitare le location dei propri film e programmi preferiti ha raggiunto proporzioni straordinarie. Ma quali sono le motivazioni che spingono milioni di viaggiatori a seguire le orme dei loro personaggi preferiti? E quali sono le mete più ricercate per il cineturismo? Scopriamolo insieme in questo approfondimento.

Perché il cineturismo è così affascinante?

Uno dei principali motivi che spinge i viaggiatori a intraprendere un’esperienza di cineturismo è la possibilità di vivere un’esperienza immersiva che va oltre la semplice visione del film o della serie. Il cineturismo permette di entrare in contatto diretto con i luoghi dove sono nate le storie che ci hanno emozionato, creando un legame più profondo con le atmosfere, i personaggi e le ambientazioni. Non si tratta solo di visitare un luogo, ma di rivivere le emozioni suscitate dalla narrazione cinematografica. Per molti, è una sorta di “pellegrinaggio” verso i mondi che li hanno affascinati, un’esperienza che regala un valore aggiunto al viaggio, che può essere culturale, artistico, storico o puramente ludico.

Secondo una ricerca di PhotoAiD, il 96% degli intervistati ha dichiarato di aver già visitato un luogo associato a film o serie tv, e ben il 78% ha espresso interesse a farlo in futuro. Le motivazioni sono varie: il 35% degli intervistati ha affermato di voler vivere in prima persona i luoghi che hanno fatto da sfondo ai propri film o serie preferiti; il 34,9% è attratto dalla possibilità di esplorare i paesaggi e le città mostrate sullo schermo, inclusi i ristoranti e i bar che appaiono nelle scene più iconiche; il 19,8% cerca nuove destinazioni e culture da scoprire, mentre il 10,3% ha dichiarato di essere interessato alla storia e all’arte dei luoghi visitati. Un mix di curiosità, passione e ricerca di esperienze uniche, che sta alimentando questa tendenza globale.

Le destinazioni più popolari nel mondo del cineturismo

Quando si parla di cineturismo, alcune destinazioni sono diventate vere e proprie mecche per gli appassionati di cinema e televisione. Ogni anno, milioni di fan si mettono in viaggio per visitare i luoghi che hanno visto sul grande o piccolo schermo, e alcune di queste mete sono ormai delle icone del settore. Tra le più gettonate troviamo il Regno Unito, che ha dato vita a due delle saghe più amate di tutti i tempi: Harry Potter e Sherlock Holmes. La magia di Harry Potter ha attratto milioni di fan che non vedono l’ora di visitare la stazione di King’s Cross, il castello di Alnwick, il villaggio di Lacock e gli studi Warner Bros, dove sono stati girati i film. Allo stesso modo, i fan della serie Sherlock, interpretata da Benedict Cumberbatch, si dirigono verso luoghi come il museo di Baker Street, il Big Ben e il Tower Bridge, tutte location iconiche della capitale britannica.

Un’altra destinazione che ha visto crescere enormemente il suo appeal grazie al cineturismo è la Nuova Zelanda, che ha fatto da sfondo alla celebre saga de “Il Signore degli Anelli”. Il paese è diventato una meta imperdibile per gli amanti del fantasy, con luoghi iconici come il villaggio di Hobbiton, il monte Ngauruhoe (utilizzato come il vulcano del Monte Fato), il parco nazionale di Tongariro (Mordor) e il fiume Pelorus (dove è stata girata la scena dei barili).

Anche la Spagna ha visto un’impennata di turisti grazie alla popolarità di serie come “Il Trono di Spade”, “La Casa di Carta” e “Il Ministero del Tempo”. I fan si riversano in luoghi come la fortezza di Alcazaba a Malaga, il castello di Almodóvar del Río a Cordova e la cattedrale di Girona, per citarne alcuni. E non possiamo dimenticare l’Italia, che ha sempre avuto un posto speciale nel cuore dei cinefili, con città e paesaggi che hanno fatto da sfondo a numerosi film, da “Casino Royale” a “Mare fuori”, passando per “Il talento di Mr. Ripley” e l’ultimo 007 “No time to die”.

Le tendenze attuali nel cineturismo

Il cineturismo è un fenomeno in continua evoluzione, che segue le mode e le novità del mondo dell’intrattenimento. Oggi, le piattaforme di streaming come Netflix hanno contribuito a lanciare una nuova ondata di serie tv che hanno trasformato luoghi relativamente sconosciuti in mete turistiche ambite. Un esempio su tutti è la serie coreana “Squid Game”, che ha portato i fan a visitare i luoghi delle prove mortali, come il ponte di Oido, il terminal di Incheon e il parco di Ttukseom. Altri titoli di successo come “Crash Landing on You” e “Kingdom” hanno attirato l’attenzione internazionale su paesaggi mozzafiato della Corea del Sud e della Svizzera.

Non possiamo tralasciare il ritorno dei grandi classici, che continuano ad attrarre i cinefili più nostalgici e le nuove generazioni. La saga di “Star Wars”, per esempio, ha spinto i fan a viaggiare in Tunisia (Tatooine), in Norvegia (Hoth) e in Guatemala (Yavin 4), solo per citarne alcuni. Altri film leggendari come “Ritorno al futuro” e “Il Padrino” sono tra i più ricercati dai cineturisti, che non perdono l’occasione di visitare luoghi iconici come Hill Valley o i villaggi siciliani che hanno fatto da sfondo alla storia della famiglia Corleone.

Un’altra tendenza in crescita è l’ascesa delle serie tv europee, come la tedesca “Dark” e la francese “Lupin”. Queste produzioni hanno saputo raccontare storie originali ambientate in paesaggi affascinanti, come la cittadina di Winden in Germania, Parigi e i suoi monumenti storici, e i castelli della Gran Bretagna, come quelli visti in “The Crown”. Ogni serie, ogni film, racconta una storia che si intreccia con il territorio e la cultura del luogo, creando una connessione unica tra il mondo dello spettacolo e quello del turismo.

Il cineturismo non è solo un fenomeno legato alla passione per il cinema e la televisione, ma è anche un modo per riscoprire luoghi ricchi di storia e bellezza, rendendo ogni viaggio un’esperienza emozionante e coinvolgente. Le mete più famose, da quelle legate ai grandi classici del cinema alle nuove location di serie tv di successo, continuano ad affascinare i viaggiatori di tutto il mondo. Con la continua evoluzione delle piattaforme di streaming e la diffusione di nuovi contenuti, il cineturismo è destinato a crescere ancora, offrendo nuove opportunità di esplorazione e scoperte per tutti gli appassionati.

Sagrada Familia: i lavori conclusi dopo 140 anni

La Sagrada Familia di Barcellona, ​​uno dei monumenti più emblematici e affascinanti del mondo, si prepara a vedere la conclusione della sua lunga e travagliata costruzione dopo 140 anni di lavori incessanti. Questo straordinario edificio, che rappresenta una delle vette dell’architettura modernista, avrà finalmente il suo completamento previsto per il 2026, grazie all’intesa recentemente approvata tra il Comune di Barcellona e la fondazione che ne gestisce il progetto. Quest’anno segnerà non solo il termine di una delle costruzioni più lunghe e complesse della storia, ma anche il centenario della morte del suo geniale architetto, Antoni Gaudí.

L’epopea della Sagrada Familia inizia nel lontano 1882, quando l’architetto Francisco de Paula del Villar y Lozano avviò la costruzione di una chiesa dedicata alla Sacra Famiglia, ispirato dal desiderio del libraio Josep Maria Bocabella di creare un tempio di espiazione. Villar progettò l’edificio secondo i canoni del neogotico, ma l’arrivo di Antoni Gaudí nel 1883 segnò l’inizio di una trasformazione radicale. Gaudí, allora trentunenne, prese in mano il progetto con una visione audace che avrebbe trasformato la basilica in un capolavoro del modernismo catalano.

Il passaggio di consegne tra Villar e Gaudí fu segnato da una rivoluzione stilistica. Mentre Villar aveva progettato una chiesa con elementi gotici tradizionali, Gaudí reinterpretò l’idea, infondendo nell’opera un nuovo linguaggio architettonico ispirato alla natura e alle forme organiche. Gaudí dedicò gli ultimi 15 anni della sua vita alla Sagrada Familia, lavorando istantaneamente per sviluppare e perfezionare il progetto, che non solo sfidava le convenzioni architettoniche del suo tempo, ma mirava anche a superare i limiti dell’architettura tradizionale.

La Sagrada Familia, concepita inizialmente come un edificio a tre navate con contrafforti esterni, divenne un’esplorazione di nuove forme strutturali e decorative. Gaudí impiegò l’arco parabolico, la forma iperboloidale e la geometria naturale per creare strutture che riflettessero i principi della natura. Le sue torri slanciate, con cuspidi geometriche rivestite di ceramiche dai colori vivaci, sembrano quasi emergere dalle pagine di un libro di fantasia, evocando immagini di castelli di sabbia e strutture naturali. La Facciata della Natività, completata parzialmente da Gaudí, e le successive facciate della Passione e della Gloria, rivelano la ricchezza e la complessità della visione dell’architetto.

Nonostante la morte prematura di Gaudí nel 1926 e le difficoltà successive, tra cui un incendio distruttivo durante la guerra civile spagnola che colpì pesantemente i modelli ei progetti originali, la costruzione continuò con alternanze di ritmi e stili. Gli architetti successivi, tra cui Francesc Quintana e Isidre Puig i Boada, si adoperarono per portare avanti l’opera, spesso confrontandosi con il delicato equilibrio tra fedeltà al progetto di Gaudí e necessità di adattamenti moderni.

Nel 2008, la controversia su una possibile mancanza di autorizzazioni amministrative aveva sollevato dubbi sulla legittimità del progetto, ma la situazione fu risolta con la consacrazione ufficiale della basilica da parte di Papa Benedetto XVI nel 2010. La Sagrada Familia, già elevata al rango di basilica minore, ha continuato ad attrarre milioni di visitatori ogni anno, consolidandosi come uno dei monumenti più visitati della Spagna.

Oggi, mentre i lavori si avvicinano al termine, il progetto di Gaudí continua a incantare e ispirare. La Sagrada Familia non è solo un’opera architettonica; è un simbolo di resilienza, creatività e dedizione. Con il completamento previsto per il 2026, Barcellona e il mondo intero potranno finalmente ammirare l’opera nella sua interezza, rendendo omaggio alla visione di Antoni Gaudí e al suo monumentale contributo all’architettura e alla cultura.

Foto di Marek Holub

Monumenti antropomorfi: opere d’arte che sfidano la natura!

Oggi parleremo di alcuni dei monumenti antropomorfi più incredibili del mondo.

I monumenti antropomorfi sono opere d’arte che rappresentano figure umane in dimensioni reali o maggiori. Possono essere realizzati in vari materiali, come pietra, marmo, bronzo o cemento.

Ecco alcuni esempi di monumenti antropomorfi che meritano una visita:

  • Mount Rushmore, negli Stati Uniti, è una monumentale scultura di quattro presidenti americani scolpita nella roccia.
  • Le sculture di Stepanakert, in Armenia, sono due busti monumentali che rappresentano due contadini.
  • La Sfinge di Giza, in Egitto, è la statua antropomorfa più grande del mondo.
  • I comignoli di Casa Milà, in Spagna, sono un’opera d’arte in sé, con le loro forme sinuose e ondulate.
  • Le statue dei Moai nell’Isola di Pasqua, uno dei luoghi più misteriosi e affascinanti del mondo.

Questi monumenti sono tutti molto diversi tra loro, ma hanno in comune una cosa: sono opere d’arte che sfidano la natura.

Mount Rushmore è scolpito nella roccia, un materiale duro e resistente. Le sculture di Stepanakert sono realizzate in tufo rosso, un materiale fragile e facilmente erodibile. La Sfinge di Giza è stata costruita in pietra calcarea, un materiale che è stato modellato dal vento e dall’acqua nel corso dei secoli. I comignoli di Casa Milà sono realizzati in cemento, un materiale che è stato scultoreo dall’architetto Antoni Gaudí. Le statue dei Moai sono state scolpite nel tufo vulcanico e possono raggiungere un’altezza di oltre 10 metri.

Questi monumenti sono un’opera di ingegneria e creatività che dimostra la capacità umana di plasmare il mondo circostante.

Se avete l’occasione, vi consiglio di visitarne uno di questi monumenti. Non ve ne pentirete!

Buon viaggio!

Supersonic Man

La fantascienza è un genere che ha potuto creare letteralmente un universo di possibilità narrative, sia nella narrativa cartacea che cinematografica. Sono moltissimi i mondi che essa ha saputo creare nella mente di vari autori, e molto spesso esse si fondevano anche con l’ideologia supereroistica dei fumetti, già in tempi remoti. Infatti l’avvento dei cinecomics non è solo appannaggio di questi ultimi due decenni, ma risale molto più indietro, e non sempre di natali americani. Infatti anche in altri paesi si sono cimentati per la realizzazione di film di fantascienza a base fumettistica, solo che all’epoca non erano conosciuti col nome di cinecomics, e non sempre erano tratti da serie a fumetti esistenti, ma soggetti dal quale era stato preso ispirazione a supereroi esistenti. È il caso del film “Supersonic Man”, film spagnolo realizzato alla fine degli anni settanta, più precisamente del 1979, diretto da Juan Piquer Simon, con protagonisti John Caffarel, Michael Coby, Dana Pollakov e Richard Yesteran. Film di fantascienza che ricalca il filone supereroistico derivato dai fumetti, infatti il protagonista Supersonic Man, alieno dotato di incredibili poteri giunge sulla Terra per far trionfare la giustizia, a parte alcune “licenze poetiche”, è in tutto e per tutti ispirato al grande Superman, compreso anche il un alter ego “umano”  come Clark Kent.

In un lontanissimo pianeta, i cui abitanti hanno raggiunto un grado di civiltà e di tecnologia molto evoluto, essi hanno deciso di utilizzare il loro sapere e la loro scienza per il bene degli altri popoli, così essi inviano un loro campione in incognito nei vari sistemi stellari, per far rispettare la giustizia e la pace, sulla Terra viene così inviato Supersonic Man, un essere dotato di svariati poteri, tra cui l’abilità di volare e una forza straordinaria. Nel frattempo un misterioso commando di uomini ben addestrati agli ordini del dottor Gulik un losco figuro che utilizza il suo genio per i suoi scopi personali di conquista,  penetrano all’interno di un’installazione di ricerca scientifica. Con spietata efficienza e grazie anche all’aiuto di un sofisticato robot, essi riescono ad aver ragione dei sistemi di sicurezza e delle guardie e rapiscono il professor Morgan, uno scienziato che ha inventato una formula per la creazione di un raggio Laser ad elevata capacità distruttiva. Il professor Morgan nonostante le minacce e torture subite, rifiuta di collaborare con il dottor Gulik, così quest’ultimo organizza il rapimento della sua unica figlia Patricia con lo scopo di ricattare Morgan.  Gli uomini di Gulik dopo aver individuato Patricia, procedono al rapimento, però all’ultimo minuto, interviene una misteriosa figura mascherata con tanto di mantello, che riesce a sconfiggere gli uomini di Gulik e salvare Patricia, per poi tornare da dove e venuto, Patricia ancora sconvolta, viene soccorsa da Paul un investigatore privato, che si interessa al caso di Patricia e vuole aiutarla a ritrovare il padre scomparso. Nel frattempo Gulik saputo che il suo piano è stato intralciato da un misterioso super eroe, organizza una nuova strategia non solo per rapire Patricia, ma anche per sconfiggere il suo “angelo custode”.  Dopo varie peripezie, si scopre che Paul altri non è che Supersonic Man, e dopo aver salvato Patricia dall’ennesimo tentativo di rapimento, riesce a scoprire il quartier generale di Gulik, e dopo esservi penetrato all’interno del covo del bieco scienziato, riesce a distruggere la base e a liberare il professor Morgan, padre di Patricia. Però la questione con Gulik non è finita, infatti egli prima che Supersonic Man distruggesse la base segreta, Gulik riuscì a scappare su un satellite artificiale, dal quale vuole riprendere  mano ai suoi piani di conquista, ma Supersonic Man grazie ai suoi poteri riesce ad individuare l’ultimo rifugio di Gulik, mettendo fine una volta per tutte alla minaccia del perfido e malvagio scienziato. Finita la missione, a Supersonic Man viene richiesto di ritornare sul suo pianeta natale, in attesa di una nuova missione di pace, ma egli innamoratosi di Patricia decide di rimanere sul nostro pianeta.

Un film che nonostante la sua veneranda età, la povertà di effetti speciali confronto ad altre produzioni dell’epoca e alla trama presso chè prevedibile, esso a mio parere ha un buona dinamicità nelle azioni per quanto riguarda il nostro pese un buon adattamento ai dialoghi e quel pizzico di comicità che sdrammatizzano il film, facendo scorrere annullando gli eventuali punti morti; dopotutto per essere una produzione europea su un film di fantascienza è fatto abbastanza bene, specie in un periodo, gli anni 70 – 80; dove per esempio in Italia i film di questo genere venivano per lo più etichettati come “fantascemenza!”.

La Comarca si o no?

Negli ultimi giorni sui social network dilaga l’informazione che in Spagna sorgerà un parco a tema sul Signore degli Anelli, parco che si chiamerà La Comarca (La Contea). La notizia, che ha iniziato a diffondersi dalla fine di gennaio, è stata divulgata da ElAnilloUnico, che aveva fin da subito evidenziato le problematiche legate alle licenze, problematiche che sono state ignorate dagli organizzatori per dimenticanza, ignoranza o forse perché ci hanno semplicemente voluto provare. Analizziamo più a fondo la situazione: il progetto del parco, patrocinato dal comune di Rincón de la Victoria e finanziato in parte dalla provincia di Malaga, viene presentato in occasione della FITUR (la Fiera Internazionale del Turismo), i comunicati stampa hanno  preferito  puntare su un’ottica vedo – non vedo, diffondendo una notizia senza, al tempo stesso, svelare troppi dettagli. A questo punto siamo sicuri che Middle Earth Enterprises che detiene i diritti di Lo Hobbit e del Signore degli anelli e Tolkien Estate, ovvero l’ente giuridico che si occupa della tutela e della cura del diritto d’autore di J.R.R. Tolkien ne fossero informati? A questo punto è ovvio che nessuno è rimasto a guardare senza far nulla, anzi, qualcuno inizia a muoversi e già sul quotidiano online El Diario appare l’intenzione manifesta da parte della Saul Zaentz Co. di voler bloccare il progetto. Il sindaco Francisco Salado risponde,  cercando invano di arrampicarsi sugli specchi, che si tratta solamente di un parco ispirato al mondo di Tolkien, quindi non si tratta di violare proprio un bel niente. Come evolverà la faccenda ancora non è certo ma il campo su cui si è mossa l’organizzazione del parco è un campo minato. Quando scendono in campo i diritti d’autore la partita si può già dichiarare chiusa, specie se, sia il contatto con ME Ent. che con Warner Bros Entertainment España si è rivelato essere del tutto vano.