Archivi tag: tv

The Legend of Zelda: tutto sul film live action, cast, regia, trama e data d’uscita

È successo davvero. Dopo mesi di rumor, ipotesi, sogni a occhi aperti e scommesse tra fan, finalmente Shigeru Miyamoto in persona ha svelato attraverso le pagine di NintendoToday i nomi dei due giovani attori che avranno l’onore — e l’onere — di vestire i panni di Link e Zelda nel primo film live action ufficiale tratto da The Legend of Zelda. A interpretare la principessa di Hyrule sarà Bo Bragason, un volto ancora poco conosciuto al grande pubblico, mentre per dare vita al leggendario eroe silenzioso è stato scelto Benjamin Evan Ainsworth, giovane talento che molti ricorderanno per i suoi ruoli intensi e magnetici in televisione.

La notizia ha subito infiammato il web e le community nerd di tutto il mondo, facendo schizzare alle stelle sia l’entusiasmo sia, inevitabilmente, l’ansia da prestazione collettiva. Perché, diciamocelo senza filtri: Zelda non è solo un videogioco. È un monumento della cultura pop, una saga che ha attraversato decenni di storia videoludica, accompagnandoci dall’infanzia all’età adulta, facendoci sognare con i suoi paesaggi fiabeschi, le sue colonne sonore indimenticabili, i dungeon labirintici e le battaglie epiche. Portare tutto questo al cinema non è solo una sfida tecnica e produttiva: è un atto di coraggio titanico.

La regia del film è stata affidata a Wes Ball, regista che magari non dirà molto ai neofiti, ma che per gli appassionati di cinema fantasy e distopico rappresenta un nome di tutto rispetto. Dopo aver diretto la trilogia di Maze Runner e il recente Kingdom of the Planet of the Apes, Ball si prepara a scalare l’Everest della trasposizione videoludica: dare carne, ossa e magia a un universo amato da milioni di gamer. A sorreggere questa impresa impossibile ci sarà, oltre a Miyamoto, anche Avi Arad, produttore veterano di Hollywood con alle spalle una sfilza di cinecomic targati Marvel e Sony. E sì, avete letto bene: Nintendo e Sony fianco a fianco, una collaborazione che fino a qualche anno fa sarebbe sembrata fantascienza, e che oggi invece si concretizza con un cofinanziamento imponente, dove Nintendo coprirà oltre il 50% del budget complessivo, mentre la distribuzione globale sarà affidata a Sony Pictures.

Ma come spesso accade nelle migliori avventure, le belle notizie sono state accompagnate da un piccolo colpo basso: il film, inizialmente previsto per il 26 marzo 2027, è stato ufficialmente rimandato al 7 maggio dello stesso anno. Un solo mese di slittamento, certo, ma per chi è cresciuto a pane e Triforza, ogni giorno in più di attesa è una tortura degna di un puzzle infernale nel Tempio dell’Acqua. Quel misto di eccitazione e frustrazione che proviamo è un po’ come aprire uno scrigno dorato convinti di trovare la Master Sword… e invece tirar fuori una rupia blu.

E mentre noi fan contiamo i giorni sul calendario come fossero cuori di riserva, il sottobosco del web non smette di ronzare di rumor e speculazioni.  I fan più nostalgici sognano un adattamento fedele di Ocarina of Time o Twilight Princess, due dei capitoli più amati e iconici della saga. Altri, più affascinati dalla libertà narrativa, sperano in un respiro epico à la Breath of the Wild, con un Hyrule aperto, vivo, tutto da esplorare. Non manca poi chi ipotizza che il film possa raccontare una storia completamente nuova, un inedito che sappia rispettare le atmosfere della saga ma al tempo stesso osare, sorprendere, spingersi dove nessun gioco ha ancora osato andare.

Eppure, al di là della curiosità per il plot, c’è un pensiero che ci ronza nella testa come il suono ipnotico di una fatina nella bottiglia: come riusciranno a catturare l’essenza di Zelda? Perché non basta infilare sullo schermo una spada sacra, un tempio perduto e qualche boss tentacolare. Bisogna restituire quel senso di meraviglia, di scoperta, di struggente connessione silenziosa che da sempre lega Link non solo al suo mondo, ma anche a noi giocatori. Bisogna evocare quella malinconia dolce che si prova al tramonto su una collina di Hyrule, quel brivido sottopelle quando si intona una melodia all’Ocarina, quella fame di avventura che ci ha portati più e più volte a calarci nei panni dell’eroe in tunica verde.

Insomma, il conto alla rovescia è ufficialmente partito. La strada sarà lunga, tortuosa, e disseminata di ostacoli, ma la posta in gioco è altissima. Nel frattempo, noi nerd possiamo solo stringerci virtualmente, rivedere per l’ennesima volta i trailer fan-made su YouTube, scorrere i subreddit zeppi di teorie, e magari tornare a impugnare il controller per un’altra run di Wind Waker o Tears of the Kingdom, in attesa che l’alba del 7 maggio 2027 arrivi a sciogliere finalmente questa trepidante attesa.

E voi, compagni di avventura, chi vorreste vedere nel cast? Quale arco narrativo vi piacerebbe fosse al centro del film? Preferireste una principessa Zelda guerriera o più votata alla saggezza mistica? E Link: silenzioso come sempre o finalmente con una voce? Raccontatemelo nei commenti qui sotto e, se anche voi state contando i giorni come un countdown di bombe in un dungeon, condividete questo articolo sui vostri social: che la luce della Triforza illumini la via… fino al 7 maggio 2027!

Harry Potter torna in TV: volti nuovi, vecchie magie e una sfida titanica per il reboot della saga più amata di sempre

C’è un’eccitazione palpabile nell’aria, un fremito che attraversa il fandom come un incantesimo lanciato al momento giusto. Non è solo magia quella che si respira, ma un misto di nostalgia, aspettative e, diciamocelo, un pizzico di timore. Perché quando si parla di Harry Potter, non si parla soltanto di una saga di libri o di una serie di film: si parla di un mondo intero che ha segnato generazioni, ha fatto crescere lettori e spettatori, ha alimentato sogni e ispirato cosplay, fanfiction, giochi di ruolo, convention e amicizie nate tra gli scaffali di una libreria o durante una maratona cinematografica.

E ora, quel mondo è pronto a rinascere.

La notizia è ufficiale: la serie TV reboot di Harry Potter targata HBO ha acceso le telecamere ai Warner Bros. Studios Leavesden nel Regno Unito. E a dimostrare che la magia ha davvero ripreso vita, ci pensa la prima immagine di Dominic McLaughlin nei panni del maghetto più famoso del mondo. Occhiali tondi, sorriso timido, uniforme scolastica di Hogwarts: basta uno scatto per far sobbalzare il cuore di milioni di fan. Al suo fianco, Arabella Stanton sarà la nuova Hermione Granger e Alastair Stout vestirà i panni di Ron Weasley. Un trio selezionato tra oltre 30.000 aspiranti attori, scelti non solo per somiglianza o talento, ma per la capacità di reggere il peso di un’eredità che non è fatta di semplici copioni, ma di memorie collettive.

Quando HBO e Warner Bros. Discovery hanno annunciato il reboot, nell’aprile 2023, molti si sono chiesti: era davvero necessario? Eppure, guardando oltre lo scetticismo iniziale, ci si accorge che forse sì, c’era spazio per un ritorno. Non un sequel, non uno spin-off (come la discussa saga di Animali Fantastici), ma un viaggio nuovo, più profondo, nella storia originale. Questa volta, ogni libro avrà una stagione tutta per sé, per un totale di dieci anni di produzione. Dieci anni di Hogwarts, di incantesimi, di segreti, di battaglie contro l’Oscuro Signore e di meraviglia pura.

A orchestrare il tutto ci sono nomi importanti. Francesca Gardiner, già showrunner di His Dark Materials, guiderà la scrittura e la produzione, mentre Mark Mylod, che molti conoscono per il suo lavoro in Succession, dirigerà diversi episodi. Dietro le quinte, come una Dumbledore invisibile, J.K. Rowling veglierà sul progetto come produttrice esecutiva e supervisore creativo. Il fandom si divide su di lei, lo sappiamo, ma la sua presenza garantisce almeno un legame diretto con la fonte originale, e questo non è un dettaglio trascurabile.

Il casting, oltre al Golden Trio, è un caleidoscopio di volti promettenti e grandi nomi. John Lithgow sarà un Albus Silente che promette di lasciare il segno, Janet McTeer vestirà i panni autorevoli di Minerva McGonagall, e Paapa Essiedu affronterà il difficile ruolo di Severus Piton, uno dei personaggi più amati e controversi dell’intera saga. Nick Frost, con il suo carisma bonario, sarà Rubeus Hagrid, mentre Katherine Parkinson interpreterà Molly Weasley, mamma chioccia per eccellenza del Wizarding World. Il cast corale è completato da Rory Wilmot nei panni di Neville Paciock, Amos Kitson come Dudley Dursley, Anton Lesser come Garrick Ollivander, e tanti altri, tra cui i giovani Lox Pratt e Johnny Flynn per la famiglia Malfoy.

Il budget? Stratosferico. Si parla di circa 200 milioni di dollari per la sola prima stagione, un investimento che posiziona la serie accanto ai giganti del fantasy come Gli Anelli del Potere. Ma ricreare Hogwarts, Diagon Alley, il Ministero della Magia e tutti gli angoli incantati del Wizarding World non è certo un gioco da ragazzi. L’obiettivo non è solo intrattenere, ma stupire, incantare, riportare lo spettatore dentro quel senso di meraviglia che si prova quando si scopre qualcosa di nuovo e familiare al tempo stesso.

Ecco il dilemma centrale: come bilanciare nostalgia e innovazione? Daniel Radcliffe, Emma Watson e Rupert Grint hanno segnato un’epoca. Hanno accompagnato i fan per otto film, crescendo sotto gli occhi del pubblico, diventando simboli di un’intera generazione. Sostituirli non è solo un passaggio di testimone, è un atto di coraggio. Ma forse proprio in questo atto si cela la magia del reboot: l’occasione di raccontare la stessa storia con occhi nuovi, di permettere a un’altra generazione di bambini (e non solo) di innamorarsi di Harry, Hermione e Ron.

Le riprese andranno avanti fino alla primavera del 2026, e la première è prevista per il 2027. La serie sarà distribuita in esclusiva su Max e, successivamente, su HBO, segno di un investimento importante anche sul piano distributivo. Sette stagioni per sette libri, una promessa di fedeltà al materiale originale ma con la libertà, questa volta, di approfondire, esplorare, raccontare sfumature mai viste. Pensiamo solo a quanta attenzione potrebbero ricevere personaggi come Lupin, Tonks, la professoressa Cooman o Percy Weasley, spesso sacrificati nei film per esigenze di tempo.

Certo, le sfide non mancano. Sarà essenziale mantenere intatto il punto di vista emotivo di Harry, evitare di trasformare la serie in un collage di sottotrame e fanservice, e soprattutto reggere il confronto con una mitologia ormai scolpita nell’immaginario collettivo. Ma proprio per questo il reboot di Harry Potter non è “solo” un’altra serie TV: è un esperimento culturale, un tentativo di costruire un ponte tra generazioni, un’occasione per riflettere su quanto le storie che amiamo possano evolversi senza perdere la loro anima.

E voi, cari lettori di CorriereNerd.it, cosa ne pensate? Riusciranno Dominic McLaughlin, Arabella Stanton e Alastair Stout a farci dimenticare – o meglio, ad affiancarsi nei nostri cuori – ai volti storici del cinema? Siete emozionati all’idea di tornare a Hogwarts, o temete che il reboot spezzi l’incantesimo?

Vi invito a raccontarci le vostre impressioni qui sotto nei commenti: quale personaggio non vedete l’ora di rivedere sullo schermo? Quale momento iconico della saga aspettate con più ansia? E soprattutto: secondo voi, c’è ancora spazio per la magia nel mondo di oggi?

Condividete questo articolo sui vostri social e scatenate la discussione tra amici e fan: Hogwarts sta per riaprire i cancelli, e noi siamo pronti ad attraversarli insieme, bacchette in mano e cuore colmo di incanto.

Si conclude, finalmente, lo sciopero dei creativi americani contro le AI

Quando si parla di lotte sindacali nel mondo dell’intrattenimento, il pensiero corre subito a Hollywood, ai red carpet, alle star che incrociano le braccia e bloccano le produzioni di film e serie TV. Ma dietro le quinte di un settore altrettanto colossale e amato dal pubblico nerd – quello dei videogiochi – si è consumata una battaglia meno patinata, ma non per questo meno importante.

Dopo quasi un anno di mobilitazione, il sindacato SAG-AFTRA ha finalmente detto basta allo sciopero degli attori dei videogiochi, approvando a larghissima maggioranza il nuovo Video Game Agreement 2025. Per dare un’idea della portata dell’evento: oltre il 95% degli iscritti ha votato a favore del contratto, un risultato che sa di plebiscito e che sancisce un cambiamento epocale nell’industria videoludica, soprattutto per quanto riguarda la regolamentazione dell’intelligenza artificiale (IA).

Per capire perché questo accordo è così importante, bisogna fare un passo indietro e guardare il contesto più ampio. Già nell’ottobre 2023, gli sceneggiatori cinematografici americani della Writers Guild of America (WGA) erano riusciti a strappare un accordo provvisorio con gli studios, mettendo fine allo sciopero che aveva paralizzato la produzione di film e serie TV. La notizia aveva portato un sospiro di sollievo in tutto l’ambiente creativo, tanto che uno sceneggiatore aveva scherzato: “Ero così stanco di stare a casa a guardare Netflix”. Ma, battute a parte, quell’accordo aveva tracciato una linea rossa sull’uso dell’IA: nessuna intelligenza artificiale avrebbe potuto scrivere o riscrivere sceneggiature, né il materiale generato da IA sarebbe stato considerato punto di partenza contrattuale. Gli scrittori avrebbero potuto scegliere di usare l’IA, ma solo col consenso dell’azienda, che a sua volta non avrebbe potuto imporlo. Inoltre, le aziende sarebbero state obbligate a comunicare se il materiale consegnato fosse stato prodotto o integrato da IA, e l’uso degli script per addestrare algoritmi rimaneva vietato.

Quella vittoria ha acceso una scintilla anche nel mondo dei videogiochi, dove SAG-AFTRA combatteva una battaglia parallela. Perché sì, anche i videogame – quei mondi fantastici che adoriamo esplorare pad alla mano, dove doppiatori, performer e artisti digitali danno voce e corpo a eroi, villain e comparse – sono diventati terreno fertile per il dibattito sull’intelligenza artificiale.

Il nuovo Video Game Agreement 2025 non si è limitato a ritoccare salari e contributi per la salute e la pensione (che pure erano punti caldissimi, e hanno visto aumenti significativi), ma ha soprattutto introdotto obblighi di consenso e trasparenza sull’uso delle repliche digitali basate su IA. Tradotto: gli attori dei videogiochi dovranno dare esplicito consenso all’uso della loro voce o immagine per generare contenuti tramite intelligenza artificiale, e avranno il diritto di revocarlo in caso di sciopero. Un punto che il sindacato ha definito “essenziale”, dopo aver denunciato in passato proposte contrattuali piene di scappatoie che avrebbero potuto spalancare le porte ad abusi tecnologici.

Fran Drescher, presidente di SAG-AFTRA (sì, proprio lei, la tata più famosa della TV!), ha espresso tutta la sua soddisfazione definendo l’accordo “un importante passo in avanti nella protezione contro l’intelligenza artificiale”. E ha voluto rendere omaggio alla comunità dei performer e ai loro alleati per la straordinaria solidarietà dimostrata. Secondo Drescher, lo sciopero è stato la leva necessaria per ottenere traguardi fondamentali, e chi conosce il mondo sindacale sa quanto sia raro riuscire a strappare un consenso così ampio su un accordo.

Dall’altra parte del tavolo, anche l’industria videoludica ha accolto positivamente l’intesa. Audrey Cooling, portavoce dei produttori, ha sottolineato come l’accordo porti “aumenti storici, protezioni leader contro l’IA e migliori misure di sicurezza per i performer”, sottolineando la volontà di continuare a costruire una partnership solida per creare esperienze innovative per miliardi di giocatori nel mondo.

E qui si apre uno scenario che fa battere il cuore a chi, come me, vive con passione il mondo nerd. Perché questo accordo non riguarda solo la politica sindacale, ma tocca il cuore stesso di come vengono realizzati i giochi che amiamo. Immaginate un futuro dove un attore presta la voce al vostro personaggio preferito… e poi, senza il suo consenso, viene replicato digitalmente per dialoghi o scene extra. O peggio, dove intere performance vengono generate al computer, senza più l’apporto umano. Il rischio era di vedere sparire quella scintilla unica che solo un performer in carne e ossa può dare a un personaggio virtuale.

Il contratto siglato da SAG-AFTRA mette un freno a questa deriva, restituendo centralità al lavoro creativo umano, pur senza demonizzare l’innovazione tecnologica. È un patto di convivenza tra uomo e macchina, tra talento e algoritmo, tra carne e silicio. E in un’epoca in cui l’IA è pronta a riscrivere le regole del gioco in tantissimi settori, sapere che nel mondo dei videogame ci sia un presidio forte a tutela dei diritti dei performer è una notizia che fa tirare un sospiro di sollievo.

Insomma, siamo davanti a un momento storico per l’industria videoludica, uno di quelli che magari oggi ci sembrano “tecnici” e lontani, ma che domani potrebbero fare la differenza nel modo in cui giochiamo, ci emozioniamo e viviamo le nostre storie interattive. È il momento di festeggiare, certo, ma anche di riflettere su quanto sia importante, nel nostro universo nerd, continuare a difendere la creatività e la dignità del lavoro umano, anche mentre ci tuffiamo a capofitto nel futuro digitale.

E voi cosa ne pensate? Vi aspettavate un risultato così positivo? Pensate che l’IA sia una minaccia per i nostri amati videogiochi o una risorsa se ben regolamentata? Raccontatemelo nei commenti o condividete questo articolo sui vostri social: voglio sapere come la community nerd sta vivendo questa svolta epocale!

28 anni dopo: l’horror evoluto di Danny Boyle e Alex Garland che racconta un’umanità allo specchio

C’è un certo tipo di cinema che non ti lascia mai. Non parlo di quelli che rivedi ogni Natale o che citi a memoria nei giochi da pub. Parlo di quei film che si infilano sotto la pelle, che sedimentano nel subconscio e rispuntano, prepotenti, nei momenti più imprevedibili. Per me, 28 giorni dopo è sempre stato uno di quelli. Non solo un film, ma un’esperienza sensoriale, quasi tattile, che ha cambiato il modo in cui guardo l’orrore sullo schermo. La corsa sfrenata di Cillian Murphy in una Londra vuota, la musica di John Murphy che monta come un’onda di panico, gli occhi rossi degli infetti: sono immagini che non si cancellano.

 

E ora eccoci qui, oltre vent’anni dopo, con 28 anni dopo. Un titolo che potrebbe sembrare una semplice operazione nostalgia – e invece no. Quello che Danny Boyle e Alex Garland ci regalano non è solo un sequel. È una riflessione lucida e spietata su cosa significhi vivere dopo la fine del mondo. E soprattutto: su cosa significhi essere ancora umani.

La cosa che mi ha colpito subito – ancor prima dei titoli di testa – è la consapevolezza del film di trovarsi in un mondo post-pandemico. Non parlo solo della narrazione, ma dello sguardo con cui ci osserva. 28 anni dopo sa benissimo che lo spettatore del 2025 ha conosciuto l’isolamento, la paura dell’altro, il silenzio improvviso delle città. Lo accoglie. Lo ingloba nella sua struttura. È come se il film ci dicesse: “Vi ricordate la finzione? Ora fa più paura perché sapete quanto sia vicina alla realtà.”

Il Regno Unito, nella finzione, è diventato un buco nero nella mappa. Nessun contatto, nessuna speranza. La vita resiste solo in forma di ruggine, muschio e sangue. E al centro di questo inferno c’è una famiglia spezzata. Jamie, interpretato da un Aaron Taylor-Johnson in stato di grazia, si è rifugiato con sua moglie Isla e il piccolo Spike su una di quelle isole sospese nel tempo e nelle maree. La malattia che corrode Isla non è il virus, ma qualcosa di ancora più crudele perché reale: una degenerazione senza nome, senza cura. E quando Spike decide di affrontare il mondo per cercare una salvezza impossibile, capisci che il film non parlerà solo di infetti. Parlerà di legami. Di speranze disperate. Di quanto siamo disposti a rischiare per chi amiamo.

La prima metà è un ritorno all’origine del genere. Boyle ha ancora quella furia visiva che ti incolla alla poltrona: la camera a mano che trema come il battito cardiaco, i tagli frenetici, la luce naturale che filtra tra le rovine. Ma ciò che impressiona di più è come l’universo degli infetti si sia evoluto. Non sono più solo corpi rabbiosi e incontrollabili. Sono diventati parte di un ecosistema. Lenti, veloci, mostruosi: ognuno ha una funzione. E guardandoli, non puoi non pensare al modo in cui anche i virus reali mutano, imparano, sopravvivono. C’è una logica fredda, una coerenza scientifica che rende tutto ancora più agghiacciante.

Ma è la seconda parte del film a sorprendermi davvero. Quando Spike e Isla si inoltrano verso il continente, il tono cambia. Non è più solo tensione. È poesia oscura. È viaggio interiore. Ho pensato a The Road, certo, ma anche a Cuore di tenebra, a Stalker di Tarkovskij. Si abbandonano le regole dell’action e si entra in un campo più rarefatto, più doloroso. Le rovine parlano. I silenzi diventano assordanti. Garland sa scrivere la paura non solo come minaccia esterna, ma come voragine dell’anima. E Boyle, con la sua regia istintiva ma calibrata, trasforma le immagini in meditazioni visive. Ogni inquadratura pesa, resta, scava.

Il cast è magnetico. Taylor-Johnson è una forza quieta: senti ogni sua scelta come una ferita. Jodie Comer, fragile e luminosa, regala una performance che spezza il cuore. E Ralph Fiennes – non so nemmeno da dove cominciare. Il suo Dr. Kelson è l’incarnazione del dubbio etico: è un medico? Un santone? Un sopravvissuto che ha perso l’anima? Ogni suo sguardo è un enigma. E poi c’è quel momento. Il viso sfocato di un infetto. Quegli occhi. Quella mascella. Non dicono nulla, ma lo sai. Sì, lo sai. Boyle e Garland non ti servono Cillian Murphy su un piatto d’argento. Ti fanno desiderare che ci sia. E temere che ci sia.

La produzione è sontuosa, ma non perde mai l’anima indie che ha reso grande il primo film. Ogni dollaro del budget – 75 milioni – è investito nel mondo, non nell’effetto. Ci sono immagini che mi porterò dietro: una città sommersa, un campo pieno di croci fatte con i rottami, un bambino che accende un fuoco nella notte. E poi il suono. I momenti di silenzio assoluto. I crescendo elettronici. La colonna sonora è una lama, e taglia nei momenti giusti.

E infine, c’è la promessa. Questo è solo l’inizio. 28 Years Later: The Bone Temple è già pronto. Nia DaCosta alla regia è una scelta coraggiosa e stimolante. Se manterranno questa coerenza, se continueranno a raccontare l’apocalisse con occhi umani e feriti, allora non ci troveremo di fronte a una semplice trilogia. Ma a una nuova mitologia.

28 anni dopo è un film che non spaventa per il sangue, ma per la verità. Perché parla di solitudini, di memorie, di futuri incerti. È un horror che riflette, che morde piano prima di affondare i denti. E io, da appassionata irriducibile del genere, non posso che sentirmi grata. Perché non è solo un grande film. È un grande sguardo sul mondo. Uno di quelli che, una volta che li hai incontrati, non ti abbandonano più.

Il Signore degli Anelli: La Caccia a Gollum – Il ritorno nella Terra di Mezzo è più oscuro che mai

C’è una voce che risuona tra i sussurri delle fronde di Lothlórien, tra le nebbie del Bosco Atro e gli echi di Mordor: è quella roca, graffiante, quasi spezzata di una creatura tormentata, il cui nome basta a evocare tenebre, ossessione e tragedia. Gollum, l’antieroe per eccellenza della mitologia tolkeniana, è pronto a tornare protagonista in un nuovo capitolo cinematografico che promette di riportarci nel cuore pulsante della Terra di Mezzo. Signore e signori, preparatevi: Il Signore degli Anelli: La Caccia a Gollum (titolo originale The Hunt for Gollum) è ufficialmente in lavorazione. E no, non è un sogno febbrile da fan, ma una realtà confermata dai nomi più illustri della saga.

A riportarci tra elfi, nani, stregoni e creature corrotte sarà ancora una volta il team che ha fatto la storia del cinema fantasy: Peter Jackson, Fran Walsh e Philippa Boyens saranno coinvolti come produttori e sceneggiatori, mentre a sedere sulla sedia da regista sarà niente meno che Andy Serkis. Esatto: colui che è Gollum, non solo nella voce e nel corpo, ma nell’anima stessa del personaggio.

Serkis non si limita però a tornare nei panni digitali di Sméagol/Gollum. Questa volta, prende il controllo creativo dell’intero progetto, un passo naturale per chi conosce il personaggio più di chiunque altro. Dopo aver trascorso anni a esplorarne le sfaccettature attraverso la performance capture e gli audiolibri, Andy Serkis è pronto a fare un’immersione ancora più profonda nelle tenebre psicologiche che avvolgono la creatura spezzata dall’Anello.

Un film, forse due, per un personaggio che è mito e mostro

Secondo quanto confermato dagli studios Warner Bros. Discovery, La Caccia a Gollum arriverà nelle sale nel dicembre del 2027, ma le riprese inizieranno già tra l’inizio e la metà del 2026. Il progetto è imponente, tanto da aver alimentato voci — non smentite del tutto — che potrebbe trattarsi di due film distinti. Ian McKellen stesso, il nostro eterno Gandalf, ha lasciato intendere che le storie in sviluppo potrebbero essere più d’una. E sì, il suo ritorno è sul tavolo, qualora lo script lo permetta.

L’ambientazione è cruciale per i fan: questa nuova avventura sarà collocata temporalmente tra gli eventi de Lo Hobbit e La Compagnia dell’Anello, in quel limbo narrativo denso di misteri in cui Gandalf, sempre più inquieto per l’origine dell’Anello trovato da Bilbo, incarica Aragorn di dare la caccia alla creatura che un tempo lo possedeva. Gollum, in quella fase, è al tempo stesso preda e chiave di una verità che potrebbe cambiare il destino della Terra di Mezzo.

Philippa Boyens ha dichiarato che la storia si concentrerà sulle sfaccettature meno esplorate del personaggio, dando spazio a un viaggio interiore intenso e oscuro, perfettamente in linea con le atmosfere epiche e decadenti della trilogia originale. Non si tratterà solo di un’avventura fantasy, ma di un’analisi profonda e drammatica di una psiche distrutta, in una Terra di Mezzo che torna a vibrare sotto i nostri occhi.

Andy Serkis: tra voce, regia e ossessione

Serkis è il cuore di questo progetto. Non solo torna a interpretare Gollum dopo oltre un decennio, ma si prende anche la responsabilità di dirigerne la visione complessiva. “Sono incredibilmente entusiasta di tornare a lavorare con i miei amici e la mia famiglia in Nuova Zelanda,” ha dichiarato, parlando di un film che sarà “sorprendente, ma profondamente radicato nella tradizione della trilogia.” Le sue parole promettono fedeltà al tono epico dei film originali, ma con uno sguardo nuovo, intimo e sconvolgente sul personaggio.

E chi, meglio di lui, potrebbe davvero comprendere cosa significa essere Gollum? Serkis ha raccontato di come la voce, il respiro, lo sguardo e le contorsioni di quella creatura abbiano continuato a seguirlo negli anni. Questa volta, avrà la possibilità di plasmare non solo la performance, ma l’intera narrazione. Una sorta di chiusura del cerchio artistico che affascina e intriga.

Un progetto epico, con radici profonde

Alla sceneggiatura collaborano Phoebe Gittins e Arty Papageorgiou, mentre la produzione vedrà coinvolti anche i colossi WETA Digital e lo storico team neozelandese che ha reso Il Signore degli Anelli una leggenda cinematografica. Warner Bros. punta in alto, consapevole del valore inestimabile del brand Lord of the Rings. Il CEO David Zaslav ha definito il franchise “una delle proprietà più iconiche della storia del cinema”, e l’ambizione dietro questa nuova fase si avverte in ogni dichiarazione ufficiale.

Ma attenzione, La Caccia a Gollum non sarà solo una rievocazione nostalgica. L’intenzione è quella di esplorare nuove sfumature tematiche e visive, andando oltre i confini già tracciati da Tolkien nei suoi testi principali. Le fonti narrative saranno le appendici, i racconti minori, i non-detti — tutte quelle crepe nel tempo che lasciano spazio a nuove storie.

Attori storici, nuove tecnologie e… AI?

Un altro elemento di grande interesse per i fan riguarda il possibile ritorno dei volti storici della saga. Ian McKellen, Orlando Bloom e Viggo Mortensen hanno tutti espresso, con sfumature diverse, una disponibilità a tornare. Bloom ha accennato alla possibilità di utilizzare l’intelligenza artificiale per riportare sullo schermo un Legolas “lieve e guerriero” come un tempo. Una strada affascinante ma insidiosa, che il pubblico accoglierà con entusiasmo o cautela a seconda di come verrà gestita l’etica del digitale e del realismo.

D’altro canto, The Hunt for Gollum potrebbe essere anche un’occasione per introdurre nuovi volti e nuove interpretazioni. Recasting parziale o totale? È ancora presto per dirlo, ma l’equilibrio tra fedeltà e innovazione sarà la chiave del successo.

Gollum: il volto oscuro di ognuno di noi

La vera forza di questo nuovo film sarà, però, l’esplorazione della doppia natura del protagonista. Gollum è un personaggio unico: vittima e carnefice, fragile e spietato, ridicolo e tragico. La sua umanità, o ciò che ne resta, è il cuore pulsante del progetto. Peter Jackson lo ha detto chiaramente: “Gollum riflette il peggio della natura umana, ma Sméagol è, in fondo, comprensibile.” È questa dicotomia a renderlo irresistibile. E a rendere La Caccia a Gollum uno dei film più attesi del decennio.

Verso il 2027, e oltre

La data d’uscita ufficiale è fissata per il 17 dicembre 2027, ma l’attesa sarà piena di aggiornamenti, teaser, indiscrezioni e — inevitabilmente — polemiche. La Terra di Mezzo torna al cinema con una nuova linfa e un nuovo sguardo. Ed è solo l’inizio: altre pellicole sono già in fase concettuale, pronte a raccontare storie mai narrate, forse persino a esplorare altri personaggi dimenticati dal grande schermo.

Una cosa è certa: la caccia è iniziata. E noi nerd, geek, tolkeniani e sognatori, siamo pronti a seguirla.

E voi? Cosa vi aspettate da “La Caccia a Gollum”? Vorreste il ritorno del cast originale o preferireste una nuova generazione di interpreti per la Terra di Mezzo? Parliamone nei commenti e condividete l’articolo sui vostri social! Il viaggio sta per ricominciare, e ogni voce conta.

Vision Quest: il risveglio di un eroe nell’universo Marvel

C’è un silenzio sospeso nell’aria dell’universo Marvel, un’attesa carica di emozione, come se tutti trattenessero il respiro in attesa di qualcosa di straordinario. E quel qualcosa sta finalmente arrivando: Vision Quest, la nuova serie targata Marvel Studios, pronta a riportare sotto i riflettori uno dei personaggi più enigmatici e affascinanti del Marvel Cinematic Universe. Visione, il sintezoide dai tratti angelici e dall’animo tormentato, si appresta a rinascere dalle ceneri della propria esistenza frammentata per intraprendere un viaggio che promette di essere tanto epico quanto profondamente umano.

Dopo il successo travolgente di WandaVision, che ha esplorato con rara sensibilità il dolore, l’amore e la perdita, Visione torna protagonista in una narrazione che affonda le radici proprio in quel finale agrodolce. Lì dove avevamo lasciato il “White Vision”, ricostruito dal governo e poi riacceso dai ricordi del Visione creato da Wanda, inizia questa nuova storia. E con essa, un’opportunità narrativa unica per indagare l’identità, il libero arbitrio e il significato stesso dell’esistenza, attraverso gli occhi – o meglio, i sensori – di un essere artificiale ma incredibilmente empatico.

Alla guida del progetto c’è Terry Matalas, nome già noto agli appassionati di fantascienza grazie a Star Trek: Picard e 12 Monkeys. Una scelta che la dice lunga sulle intenzioni dei Marvel Studios: non sarà una serie “tradizionale”, ma una vera e propria odissea interiore. Matalas ha messo insieme un team di autori esperti per costruire un racconto stratificato, ricco di sottotesti e implicazioni, in grado di soddisfare tanto i fan dell’azione quanto chi cerca una narrazione più intima e riflessiva.

Il titolo Vision Quest, sebbene ancora provvisorio, è già un manifesto d’intenti. La parola “quest” richiama la classica ricerca dell’eroe, ma qui non si parla solo di battaglie epiche o di nemici da sconfiggere. La vera missione di Visione sarà quella di scoprire sé stesso, di comprendere il senso della propria esistenza in un mondo che non ha mai smesso di cambiare. È un tema profondamente filosofico, quasi esistenziale, che si intreccia con i grandi interrogativi che la fantascienza ci pone da sempre: cosa ci rende umani? Si può amare davvero se si è nati da un algoritmo? Esiste un’anima nell’intelligenza artificiale?

E a dare vita (è proprio il caso di dirlo) a questa esplorazione sarà ancora una volta Paul Bettany, l’attore britannico che ha saputo donare a Visione una dolcezza e una complessità inaspettate. La sua performance, nei film e soprattutto in WandaVision, ha conquistato milioni di fan grazie a una recitazione misurata ma potentissima, capace di trasmettere malinconia, determinazione e vulnerabilità con uno sguardo.

Ma non sarà solo. A quanto pare, nel cast troveremo anche T’Nia Miller nei panni di Jocasta, un altro androide della scuderia Marvel Comics, spesso indicata come la “sposa di Ultron”. Nei fumetti, Jocasta rappresenta un ulteriore sviluppo del concetto di intelligenza artificiale senziente, e la sua presenza promette nuovi intriganti spunti di riflessione sul tema del libero arbitrio e delle relazioni tra entità sintetiche. Potremmo trovarci davanti a un’inedita complicità tra androidi, o forse a un nuovo conflitto tra visioni opposte dell’umanità.

La ciliegina sulla torta? Le indiscrezioni sul possibile ritorno di James Spader nei panni di Ultron. Dopo il suo debutto vocale in Avengers: Age of Ultron, il villain potrebbe tornare in forma umana, creando un contrasto drammatico mozzafiato tra creatore e creatura. Visione è nato proprio dalla tecnologia e dalla volontà di Ultron, e la loro relazione è quanto di più simile a un rapporto padre-figlio possa esistere nell’ambito dell’IA. Un confronto tra i due potrebbe essere la chiave per comprendere quanto Visione sia riuscito a emanciparsi dalla propria origine, e quale sia il prezzo della libertà per chi non è mai stato davvero “vivo”.

Le sorprese, però, non finiscono qui. Stando a fonti molto accreditate, anche Sadie Sink – l’indimenticabile Max di Stranger Things – potrebbe unirsi al cast, in un ruolo ancora top secret. E si vocifera anche di un coinvolgimento di Ruaridh Mollica, che interpreterebbe un certo “Tucker”, personaggio dietro il quale molti sospettano si nasconda Tommy Maximoff, alias Speed, figlio di Wanda e Visione. Se confermato, sarebbe un passo ulteriore verso la ricostruzione di quella famiglia spezzata che tanto ha commosso gli spettatori in WandaVision. Un elemento narrativo che potrebbe intrecciarsi perfettamente con le tematiche dell’identità e del senso di appartenenza.

E che dire di Wanda Maximoff? Nonostante il suo tragico destino apparente in Doctor Strange nel Multiverso della Follia, il multiverso Marvel ci ha insegnato che nulla è mai davvero definitivo. Il ritorno di Elizabeth Olsen, anche solo per un’apparizione simbolica, aggiungerebbe un’intensità emotiva devastante alla serie, completando un cerchio narrativo che parte dall’amore e passa attraverso il lutto, per arrivare – forse – alla speranza.

Sul fronte tecnico, le riprese dovrebbero iniziare nel 2025 e il debutto su Disney+ è atteso per il 2026, anche se alcune voci parlano già del 2027 come data più realistica. Nel frattempo, gli appassionati non possono che speculare e sognare, alimentati da ogni nuova indiscrezione. Come quella sulla possibile apparizione in carne e ossa di FRIDAY, l’assistente virtuale di Tony Stark, interpretata da Kerry Condon, e di Edwin Jarvis, il maggiordomo per eccellenza dell’universo Stark, che potrebbe essere nuovamente portato in scena da James D’Arcy.

Insomma, Vision Quest si preannuncia come molto più di una semplice serie Marvel. Sarà una riflessione profonda sulla natura dell’essere, sul valore delle emozioni in un mondo dominato dalla tecnologia, e su quel bisogno universale di trovare un proprio posto nell’universo – sia esso umano, artificiale o qualcosa nel mezzo. Un’avventura che promette introspezione, pathos e, perché no, anche spettacolari momenti d’azione.

E voi, cosa ne pensate del ritorno di Visione? Quali personaggi sperate di rivedere in questa nuova serie? Vi affascina l’idea di una Marvel più riflessiva e filosofica, o preferite le storie adrenaliniche da grande battaglia finale? Raccontatecelo nei commenti e non dimenticate di condividere l’articolo sui vostri social: più siamo, più sarà emozionante seguire insieme questo nuovo, entusiasmante viaggio nel cuore dell’MCU!

Scarlet Witch: Kingdom of the Damned – Il Ritorno Oscuro della Strega Scarlatta nel MCU?

Wanda Maximoff non è soltanto uno dei personaggi più potenti del Marvel Cinematic Universe. È anche uno dei più tragici, controversi, amati e affascinanti. Un’antieroina in continua evoluzione, capace di generare empatia e terrore, di costruire mondi alternativi e distruggerli con la stessa intensità emotiva con cui li ha creati. Ed è proprio per questo che ogni nuova voce sul suo ritorno cattura l’attenzione dei fan, accende forum e accalora i social. L’ultima bomba? Il possibile progetto Scarlet Witch: Kingdom of the Damned, diretto da Jac Schaeffer.

Ma andiamo con ordine, perché la storia di Wanda – e quella del suo possibile futuro – merita di essere esplorata con la dovuta passione e attenzione.

Wanda Maximoff: Dalla Tragedia alla Potenza

Chi ha seguito il suo percorso sa quanto sia stato travagliato. Wanda debutta nel MCU come una giovane sokoviana traumatizzata, sottoposta insieme al fratello Pietro agli esperimenti dell’HYDRA. È la Gemma della Mente a sbloccare in lei una potenza latente: telecinesi, lettura del pensiero, manipolazione della realtà. Ma il suo potere più profondo, quello che la distingue da tutti gli altri, è la “magia del caos”, un’energia oscura e primordiale che, nei fumetti, ha reso possibile anche l’estinzione della razza mutante.

Nel MCU, dopo un iniziale antagonismo con gli Avengers, Wanda diventa una figura chiave del gruppo. Ma la sua storia è costellata di perdite. La morte di Pietro, la relazione tormentata con Visione, il trauma del Blip. Tutto culmina con WandaVision, la serie che ha letteralmente riscritto le regole del MCU televisivo e ha segnato la definitiva trasformazione di Wanda nella Scarlet Witch, la strega scarlatta destinata – secondo la profezia del Darkhold – a causare la rovina del mondo.

Un Nuovo Film All’Orizzonte?

E adesso, rieccoci: secondo un rumor partito dal profilo X (ex Twitter) di DivinitySeeker1, il 2028 potrebbe segnare l’uscita di Scarlet Witch: Kingdom of the Damned, un film interamente dedicato a Wanda, diretto da Jac Schaeffer, la stessa mente brillante dietro WandaVision. Il titolo da solo evoca atmosfere oscure, mistiche, apocalittiche. Sembra quasi volerci portare nei recessi più profondi del Multiverso, in quei luoghi in cui la magia non ha regole e la redenzione è solo una parola scritta con sangue su pergamene proibite.

Schaeffer ha recentemente firmato un contratto esclusivo con Disney della durata di tre anni, che prevede almeno tre progetti sotto la sua supervisione. Tra questi potrebbe rientrare proprio questo nuovo film su Scarlet Witch. L’accordo, gestito da Curate e CAA con la consulenza legale di Erik Hyman, lascia intuire che i Marvel Studios hanno intenzione di fare sul serio con questo personaggio.

Eppure, come ben sappiamo noi nerd informati e un po’ disillusi, non tutto ciò che luccica è vibranio. La fonte è un semplice utente, e il post non è stato confermato né da Variety, né da Deadline, né da The Hollywood Reporter, le uniche testate che nel mondo Marvel hanno ancora l’aura dell’attendibilità. Alcuni fan, anzi, hanno subito espresso scetticismo: “Mi fido solo degli annunci ufficiali”, “I leaker vogliono solo click”, “Wanda è stata abbandonata dalla Marvel”. E sebbene l’entusiasmo non manchi, la realtà è che al momento siamo nel regno delle ipotesi.

Le Voci sui Nuovi Progetti: Film, Spin-off, e… Mutanti?

Al di là di Kingdom of the Damned, però, l’orizzonte Marvel potrebbe offrire molte strade per il ritorno di Wanda. Prima fra tutte, l’idea di un film stand-alone che la veda protagonista assoluta. Sarebbe il coronamento perfetto per un personaggio così stratificato: un viaggio nell’oscurità della magia del caos, ma anche un’esplorazione della sua psiche, delle sue fragilità, della sua continua ricerca di un equilibrio tra potere e umanità.

In parallelo, ci sono voci insistenti su due spin-off ambientati nell’universo di WandaVision. Uno potrebbe concentrarsi su Agatha Harkness (già confermato e intitolato Agatha All Along), mentre l’altro potrebbe approfondire Westview e i suoi misteriosi abitanti. E poi c’è la prospettiva più epica: Wanda tra le fila dei nuovi Avengers, o addirittura protagonista della cosiddetta “Mutant Saga”. Nei fumetti, non dimentichiamolo, Wanda è figlia di Magneto (almeno in alcune versioni) e responsabile dell’evento House of M, che ha rivoluzionato l’intero universo mutante. Introdurla nella futura storyline degli X-Men sarebbe un colpo da maestro.

Il Ritorno di Elizabeth Olsen (e Forse Qualcun’Altra…)

Una cosa è certa: Elizabeth Olsen è Wanda Maximoff. E l’attrice non ha mai nascosto il suo desiderio di tornare a vestire i panni della Strega Scarlatta, magari con una narrazione ancora più profonda e drammatica. L’eventuale coinvolgimento di Sydney Sweeney – sì, proprio lei, la star di Euphoria – accende nuove fantasie: sarà alleata? Antagonista? Un’altra strega? Una giovane mutante? Al momento, tutto è avvolto nella nebbia dell’hype.

Comic-Con, il Momento della Verità?

Se queste voci dovessero trovare una conferma ufficiale, il palcoscenico perfetto sarebbe senza dubbio il San Diego Comic-Con del prossimo luglio. È lì che la Marvel ha sempre fatto i suoi annunci più clamorosi, le sue rivelazioni più esplosive. E non ci stupiremmo affatto se il logo di Scarlet Witch: Kingdom of the Damned apparisse sul maxischermo della Hall H, accompagnato da un’ovazione da brividi.

Fino ad allora, non ci resta che aspettare. Ma nel mondo nerd, l’attesa non è mai passiva: è fatta di teorie, fan art, rewatch compulsivi e infinite discussioni online. Perché Wanda Maximoff, anche da lontano, continua a incantare, spaventare e farci sognare.

E voi? Cosa ne pensate di Scarlet Witch: Kingdom of the Damned? Sareste pronti a seguire Wanda nel suo viaggio più oscuro di sempre? Avete fiducia nei rumor o aspettate solo annunci ufficiali? Parliamone nei commenti e condividete l’articolo sui vostri social per diffondere la magia (del caos, ovviamente) del CorriereNerd.it!

Crisi Influencer 2025: Tra Regole, Rilevanza in Calo e il Boom degli Psicologi da Social

Il mondo degli influencer sembrava la next big thing inarrestabile, la terra promessa fatta di swipe-up e pacchi regalo. Ma il 2025 sta sventolando una bandiera rossa. Tra nuove regole, qualche scivolone clamoroso e un pubblico che non si incanta più col primo unboxing, il trono dei “creators” scricchiola. E indovinate un po’? La novità (che poi non stupisce nessuno) è che adesso spuntano pure gli psicologi dedicati a loro. Sì, esistono. Benvenuti nell’industria della FOMO che chiede aiuto.

Il Declino degli Dei del Feed:

Ricordi quando “fare l’influencer” era tipo il sogno segreto (o neanche tanto segreto) della Gen Z? Beh, il gioco è cambiato, e non di poco. Le autorità, finalmente, hanno capito come funziona ‘sto circo digitale: hanno imparato a tassare, a chiedere trasparenza (ciao, #adv non nascosti bene!) e a mettere paletti legali. Anche i brand, che all’inizio navigavano a vista, adesso sanno con chi hanno a che fare, distinguono un macro da un micro influencer e non si fanno più infinocchiare facilmente. Anzi, con la crisi (soprattutto nel lusso), molti preferiscono tornare sul sicuro: via gli influencer, bentornate le star del cinema e le celebrity “vere” per le campagne. Meno rischi, più vecchia scuola che funziona.

Nel mentre, qualcosa si è rotto anche lato follower. Se prima la fiducia cresceva e tutti volevano imitare ‘sti guru digitali, ora il mood è cambiato. Ci si guarda intorno e si pensa: “Ok, ma ‘sto/a qui, di preciso, cosa sa fare?”. Se non hai una competenza specifica (cucina, tech, arte, quello che vuoi), ma sei solo “famoso per essere famoso”, la gente inizia a chiedersi il perché. E la tua relevance va un po’ a farsi benedire. Tra polemiche (ciao Chiara, ciao Matilda, ma non solo voi!) e un generale senso di “meh”, il pubblico si sta allontanando. Avete notato anche voi che al Met Gala, alla fine, si parlava più di Kim Kardashian che dell’ultimo tiktoker? Ecco.

Quando i Like Non Bastano: Serve la Terapia da Burnout

Immagina lo scenario: incertezza a mille, nuove regole astruse, brand che ti mollano, follower che ti criticano. Aggiungici che devi essere “on” H24, sorridere, performare, competere, e per farlo stai incollato al telefono una vita. È il mix perfetto per il burnout. Sì, quel brutto mostro fatto di esaurimento fisico, emotivo e mentale da stress cronico. Essere sempre sotto i riflettori e gestire hate e pressioni rende questo “mestiere” uno dei più a rischio.

E qui arriviamo alla parte “sorprendente”: nascono professionisti e piattaforme (tipo CreatorCare in USA) specializzati nel supporto psicologico per chi vive di e per i social. Parliamo di terapisti che capiscono la pressione, l’ansia da performance, la depressione che può nascere quando la tua identità si fonde con i numeri di follower. Amy Kelly, una psicologa che lavora con i creator, sottolinea pure quanto siano strane e potenzialmente dannose quelle “relazioni parasociali” – amicizie nate e cresciute solo a colpi di like e commenti, che rischiano di farti perdere il contatto con le relazioni vere.

2025: Non la Fine, Ma un Reboot?

Quindi, il 2025 sarà l’anno zero? La fine dell’era d’oro degli influencer? Forse non la fine, ma di sicuro un anno spartiacque. Mentre a livello burocratico si riconoscono (finalmente!) come lavoratori, a livello di hype e relevance sembrano perdere colpi.

Ma forse, in fondo, non è un male. Dopo la corsa folle al milione di follower e alla spunta blu, magari è arrivato il momento di frenare. Di prendersi una pausa. Di fare un reset. È l’occasione perfetta per guardarsi dentro e chiedersi: “Ma davvero voglio passare la vita così?”. Vale la pena sacrificare la salute mentale per un post sponsorizzato? Citando un grande saggio (dei meme): “Go touch some grass”.

Questa “crisi” potrebbe essere l’opportunità per ripensare il mestiere, renderlo più autentico, più sostenibile e, perché no, anche più interessante per il pubblico. Staremo a vedere chi saprà reinventarsi e chi, invece, rimarrà solo un vecchio screenshot nel feed.

“The Paper”: il ritorno di The Office nel cuore del Midwest americano

Preparate i vostri stapler rossi e lucidate le vostre tazze da caffè aziendali: il mondo surreale di The Office sta per tornare. Ma questa volta, non saremo più a Scranton e la Dunder Mifflin è ormai un ricordo lontano. A oltre dieci anni dalla fine della sitcom che ha ridefinito il concetto di mockumentary, arriva ufficialmente The Paper, il reboot/spin-off che promette di riportarci in quell’assurda e affettuosa routine da ufficio che abbiamo imparato ad amare. Solo che stavolta, la posta in gioco è ancora più alta: salvare un giornale sull’orlo del fallimento. Svelato da Peacock durante l’annuale presentazione agli inserzionisti di NBCUniversal a New York, The Paper si presenta come una nuova serie ambientata nello stesso universo narrativo di The Office. Alla guida del progetto troviamo ancora una volta Greg Daniels, il creatore dell’amatissima versione americana, affiancato dal brillante Michael Koman, già co-creatore del surreale Nathan for You. Un duo creativo che fa ben sperare.

La trama si svolge nei locali ormai semi-abbandonati del Toledo Truth-Teller, uno storico quotidiano locale del Midwest, precisamente in Ohio, che arranca verso l’oblio. Quando la troupe del documentario che aveva seguito Michael Scott e colleghi a Scranton decide di immortalare un nuovo esperimento sociale, il focus si sposta su questo piccolo giornale. Il suo editore, disperatamente in cerca di un rilancio, decide di assumere un gruppo di giornalisti volontari—più che altro dei disadattati in cerca di una causa—senza sapere che saranno osservati 24/7 da una telecamera indiscreta.

Ad arricchire il cast troviamo nomi di grande talento e carisma. Il sempre intenso Domhnall Gleeson (Ex Machina, Star Wars) interpreterà un idealista appena arrivato al giornale, mentre la magnetica Sabrina Impacciatore, reduce dal successo internazionale di The White Lotus, vestirà i panni della caporedattrice, una figura tanto cinica quanto determinata. E non manca un tocco di nostalgia: Oscar Nuñez torna nei panni di Oscar, ora impiegato come contabile per il Truth-Teller, visibilmente scocciato nel rivedere la troupe.

La scelta di ambientare la nuova serie in un giornale è quanto mai significativa. In un’epoca in cui le fake news proliferano, l’editoria tradizionale agonizza e i social dettano l’agenda, mettere sotto la lente dell’umorismo il mondo del giornalismo locale è un’idea brillante e attuale. C’è qualcosa di profondamente romantico e tragico nel tentativo di tenere in vita un quotidiano cartaceo in pieno XXI secolo, ed è proprio in quel groviglio di fallimenti annunciati, ego improbabili e battaglie quotidiane per la fotocopiatrice che The Paper trova la sua linfa.

Oltre ai protagonisti già annunciati, nel cast figurano anche Melvin Gregg (The Blackening), Chelsea Frei, Ramona Young, Gbemisola Ikumelo, Alex Edelman, Tim Key ed Eric Rahill, per un ensemble corale che promette di regalarci nuovi archetipi da amare e citare nei secoli dei secoli. Il tono? In perfetta linea con lo spirito di The Office: un umorismo che rasenta l’assurdo, ma che riesce sempre a trovare la verità nascosta dietro la banalissima quotidianità.

Il debutto è previsto per settembre su Peacock, anche se la data precisa è ancora top secret. La serie, per ora intitolata semplicemente The Paper, potrebbe rappresentare il primo passo verso un universo espanso di The Office, magari con futuri spin-off o crossover. E chissà, forse un giorno rivedremo anche qualche altra vecchia conoscenza affacciarsi alla porta dell’ufficio.

Lisa Katz, presidente di NBCUniversal Entertainment, ha dichiarato che The Office continua a conquistare nuove generazioni di fan grazie allo streaming, e non sorprende: le dinamiche da ufficio sono universali, e il desiderio di vedere personaggi reali, fallibili e goffamente adorabili è più vivo che mai.

Il vero interrogativo, tuttavia, è uno solo: questo reboot sarà all’altezza del suo predecessore? Saprà far ridere e riflettere con la stessa grazia disarmante che ha reso immortali battute come “That’s what she said” o momenti di pura follia come il fuoco simulato di Dwight?

Per scoprirlo, non ci resta che aspettare settembre. Nel frattempo, tenete gli occhi puntati su The Paper e preparatevi a tornare dietro la scrivania più caotica del piccolo schermo.

E voi cosa ne pensate? Siete pronti a lasciarvi coinvolgere da un nuovo ufficio pieno di drammi, assurdità e imbarazzi a telecamera accesa? Avete già nostalgia di Scranton o siete curiosi di esplorare Toledo con occhi nuovi?

Scrivetecelo nei commenti qui sotto, condividete l’articolo sui vostri social con l’hashtag #ThePaper e fate sapere ai vostri colleghi nerd che il mockumentary da ufficio non è affatto morto. Anzi, ha appena riaperto i battenti.

Fallout stagione 2: ci siamo! Le riprese sono concluse, il Wasteland ci aspetta di nuovo

Nel deserto radioattivo del Wasteland, le telecamere si sono ufficialmente spente: la seconda stagione di Fallout, l’ambiziosa e sorprendente serie TV di Amazon Prime Video, ha terminato le riprese. A dare l’annuncio non sono stati comunicati ufficiali in tono burocratico, ma un video dal sapore ironico e liberatorio, pubblicato sui canali social della serie, in cui Walton Goggins – alias il misterioso e tormentato Ghoul – si libera finalmente del trucco prostetico che lo ha accompagnato per mesi sul set. “Obiettivo sbloccato!”, recita il post, con un linguaggio che ammicca senza troppi giri di parole alla community videoludica da cui tutto è nato. Ed è proprio da lì che vogliamo partire. Perché Fallout non è solo una serie: è il frutto di un’eredità culturale che affonda le radici in oltre due decenni di videogiochi targati Bethesda, in un’estetica retrofuturista che mescola Guerra Fredda, bunker antiatomici, creature mutanti e satira feroce. E per molti, l’annuncio della serie TV era stato accolto con lo stesso entusiasmo con cui si riceve un Fat Man caricato con una mini testata nucleare: una promessa di caos spettacolare, ma anche di un rischio devastante.

La prima stagione,, però, ha fatto centro. Con 80 milioni di spettatori e una pioggia di recensioni entusiaste, Fallout è riuscita in quello che sembrava un miracolo post-apocalittico: offrire un adattamento fedele e rispettoso del materiale originale, ma al tempo stesso capace di raccontare qualcosa di nuovo, emotivamente potente e perfettamente ritmato per il linguaggio seriale.

Al centro della narrazione troviamo Lucy, interpretata da una sorprendente Ella Purnell. È lei il cuore pulsante della storia, una giovane idealista cresciuta nel sicuro (e inquietantemente ordinato) Vault 32. Ma quando il padre viene rapito da una misteriosa figura nota come Moldaver, la sua vita viene completamente stravolta. Lucy si ritrova catapultata nella crudezza del mondo esterno, dove tra rovine radioattive, fazioni armate fino ai denti e pericoli invisibili, inizia un viaggio che è allo stesso tempo fisico e spirituale. La sua è una discesa – o forse un’ascesa? – nell’incubo del dopobomba, ma anche nella verità di ciò che resta della civiltà umana.

Accanto a lei, una galleria di personaggi memorabili. Spicca su tutti Walton Goggins, il Ghoul, un ex attore trasformato in un mutante immortale dalla guerra nucleare. Cinico, enigmatico, a tratti persino profetico, il suo personaggio è diventato immediatamente iconico. E proprio lui, in una recente intervista, ha raccontato quanto sia affascinato dalla possibilità di esplorare la complessità sociale e psicologica del suo alter ego: “Cosa succede quando visioni radicalmente diverse del mondo si scontrano? Cosa significa essere un profeta in un mondo senza fede?” – domande che sembrano anticipare i temi più profondi della nuova stagione.

E proprio così: la seconda stagione promette di scavare ancora più a fondo nei dilemmi morali e nelle tensioni politiche del mondo di Fallout. Nuove fazioni entreranno in scena, alcune direttamente ispirate agli iconici nemici e alle alleanze del franchise videoludico. Altre, probabilmente, saranno frutto della creatività degli showrunner, che già nella prima stagione hanno saputo muoversi con maestria tra fedeltà e innovazione. Lo scenario resta quello di un’America devastata, in cui il sogno di un nuovo inizio si scontra con l’istinto di sopravvivenza, in cui la nostalgia del passato è un veleno dolce che contamina ogni scelta.

Secondo Jennifer Salke, presidente degli Amazon MGM Studios, i creatori della serie – che lavorano a stretto contatto con Bethesda – hanno già completato gli script e stanno lavorando “a ritmi sostenuti” per consegnare una seconda stagione all’altezza delle aspettative. L’obiettivo è chiaro: non solo replicare il successo, ma superarlo. D’altronde, lo stesso Salke ha sottolineato come Fallout riesca a essere distopica senza cadere nel grigiore depressivo, mantenendo una vena ironica e pungente che è parte integrante del suo DNA.

Non è un dettaglio da poco. La forza di Fallout sta proprio in questo equilibrio instabile ma affascinante tra tragedia e parodia, tra brutalità e speranza, tra fucili al plasma e cartelloni vintage con sorrisi finti. È un mondo che ci dice che tutto è andato perduto, ma che – forse – qualcosa può ancora essere salvato. Un mondo dove un Vault può essere una prigione dorata, e un mutante radioattivo può diventare un eroe.

Anche se Amazon non ha ancora annunciato una data ufficiale di uscita, i pronostici parlano chiaro: l’autunno del 2025 potrebbe essere il momento giusto per tornare nel Wasteland. Fino ad allora, l’hype continua a crescere, alimentato da teaser criptici, indiscrezioni e il crescente successo della saga anche su console e PC. Sì, perché l’impatto della serie ha avuto effetti tangibili anche sul fronte videoludico: le vendite dei titoli Fallout sono esplose dopo la messa in onda della prima stagione, segno che l’universo narrativo creato da Bethesda continua a esercitare un fascino potente su vecchi fan e nuovi arrivati.

Non ci resta che prepararci. Sistemate l’armatura atomica, ricaricate il fucile a impulsi e fate scorta di Stimpak. Il mondo di Fallout sta per riaprire le sue porte radioattive, e qualcosa ci dice che stavolta il viaggio sarà ancora più pericoloso, più folle… e più epico.

E voi, Soprintendenti del Vault e predoni del Mojave, siete pronti a tornare nel deserto nucleare? Avete teorie, speranze o semplicemente voglia di condividere la vostra emozione per il ritorno di Fallout? Scriveteci nei commenti e fate sentire la vostra voce. E se questo articolo vi è piaciuto, condividetelo sui vostri social e diffondete il verbo nel Wasteland digitale!

Predator: Badlands – Il futuro dei Predator è arrivato, e sarà diverso da tutto ciò che abbiamo visto finora

È ufficiale: Predator: Badlands è realtà. Il 20th Century Studios ha finalmente rilasciato il primo teaser trailer e il poster del nuovo, attesissimo capitolo del leggendario franchise fantascientifico. A dirigere il film, che arriverà nelle sale italiane il 6 novembre 2025, sarà ancora una volta Dan Trachtenberg, il regista che ha già rilanciato la saga con il sorprendente Prey nel 2022. E questa volta, promette di portarci là dove nessun Predator è mai andato prima.

Siamo di fronte a un’evoluzione epocale della mitologia dei Predator: Badlands non solo ci condurrà su un pianeta remoto in un futuro lontano, ma ribalterà completamente la prospettiva narrativa. Per la prima volta nella storia del franchise, il protagonista non sarà una preda umana in lotta per la sopravvivenza, bensì un giovane Yautja, interpretato da Dimitrius Schuster-Koloamatangi, emarginato dal suo stesso clan e pronto a sfidare il proprio destino.

Un Predator come eroe: il cambiamento che i fan aspettavano?

Dopo anni passati ad ammirare (e temere) questi letali cacciatori, Predator: Badlands ci offre un punto di vista inedito e affascinante: quello del Predator stesso. Non più la minaccia incombente nascosta tra le ombre, ma un protagonista in carne, ossa e mandibole, capace di emozionare, soffrire e combattere per il proprio riscatto. Il teaser trailer, pubblicato il 28 aprile 2025, ha già mandato in visibilio la fanbase globale. Le prime immagini mostrano un pianeta brutale e alieno, dominato da tempeste di sabbia, creature sconosciute e architetture ciclopiche di origine ignota. In questo scenario ostile si muovono Dek, il giovane Yautja in cerca del suo “avversario finale”, e Thia, un’androide della Weyland-Yutani Corporation interpretata dalla talentuosa Elle Fanning.Il loro rapporto, carico di diffidenza ma anche di crescente comprensione, promette di esplorare temi profondi come la fiducia, l’identità e il senso di appartenenza, in un universo in cui ogni legame può essere letale. Thia e Dek formano un duo improbabile, sospeso tra la brutalità primordiale del cacciatore e la freddezza calcolatrice della macchina.

Non è sfuggito agli occhi più attenti un dettaglio fondamentale del teaser: il logo della Weyland-Yutani Corporation brilla negli occhi di Thia. Una scelta tutt’altro che casuale, che ha subito riacceso le speranze dei fan circa un possibile crossover ufficiale tra Predator e Alien.

Se è vero che nel passato il franchise aveva già flirtato con l’idea di unire i due universi (basti pensare ai due film Alien vs. Predator), stavolta l’approccio sembra molto più organico e narrativamente ambizioso. La presenza della Weyland-Yutani, azienda chiave nell’universo di Alien, potrebbe essere il primo tassello di un mosaico più ampio che punta a fondere definitivamente i due immaginari in una nuova saga cinematografica.

A confermare i sospetti sono anche alcune dichiarazioni recenti dei vertici dei 20th Century Studios, che hanno lasciato intendere come il futuro di Predator potrebbe intrecciarsi sempre di più con quello di Alien, preparando il terreno per epici scontri e collaborazioni che faranno la gioia di tutti gli appassionati di fantascienza dura e pura.

Elle Fanning e Dan Trachtenberg: due assi nella manica per rivoluzionare Predator

Scegliere Elle Fanning per un ruolo tanto particolare quanto quello di Thia è stato un colpo da maestro. Attrice capace di passare con disinvoltura dal fantasy (Maleficent) al thriller (The Neon Demon), Fanning si trova ora ad affrontare una sfida inedita: interpretare un personaggio che, pur essendo un androide, dovrà comunicare un’ampia gamma di emozioni e conflitti interiori.

La sua Thia sarà molto più di una semplice “spalla” per Dek: sarà una figura chiave nello sviluppo emotivo e morale della storia, contribuendo a esplorare il sottile confine tra l’umanità artificiale e l’istinto primordiale.

Accanto a lei, la regia di Dan Trachtenberg promette di essere l’altro grande punto di forza del progetto. Dopo aver stupito tutti con 10 Cloverfield Lane e poi con Prey, Trachtenberg ha dimostrato di saper infondere nuova linfa a franchise storici senza tradirne l’anima. In Predator: Badlands, il regista sembra intenzionato a spingersi ancora oltre, combinando l’azione brutale che ci aspettiamo da un film di Predator con una narrazione densa di sottotesti emotivi e filosofici.

Il film sarà prodotto dallo stesso Trachtenberg insieme a John Davis, Marc Toberoff, Ben Rosenblatt e Brent O’Connor, a garanzia di una qualità produttiva altissima.

Un futuro radioso per Predator: la nuova era è appena iniziata

Con Predator: Badlands, il franchise nato nel 1987 sembra pronto a inaugurare una nuova era. Non più solo cacciatori implacabili e inseguimenti mortali, ma storie più complesse, sfaccettate, capaci di parlare anche alle nuove generazioni di spettatori.

Tra le voci che circolano con sempre maggiore insistenza, si parla anche di nuovi progetti ambientati nello stesso universo narrativo, compreso il possibile ritorno di Amber Midthunder nei panni della guerriera Naru, protagonista amatissima di Prey. Un’ulteriore conferma che i Predator hanno ancora moltissimo da dire – e da mostrare.

Segnatevi la data: 6 novembre 2025. Quel giorno, Predator: Badlands ci trascinerà in un’avventura adrenalinica e visionaria, pronta a ridefinire ancora una volta l’identità di uno dei mostri cinematografici più iconici di sempre.

La caccia è aperta. E stavolta, la preda siamo noi.

Il ritorno di Phineas e Ferb: il revival che tutti stavano aspettando

Nel mondo dell’animazione, pochi titoli sono riusciti a lasciare un’impronta tanto duratura quanto Phineas e Ferb. La serie, creata da Dan Povenmire e Jeff “Swampy” Marsh, ha conquistato il cuore di milioni di fan con le sue esilaranti invenzioni, i piani assurdi per riempire le vacanze estive e i memorabili momenti di puro divertimento. Ora, a distanza di dieci anni dalla conclusione della serie originale, Phineas e Ferb sta per tornare con un progetto revival che promette di riportare in vita l’energia e la creatività che hanno reso i due fratelli protagonisti di un vero e proprio fenomeno.

La notizia che ha fatto impazzire i fan è arrivata il 13 gennaio 2023, quando Disney ha annunciato ufficialmente che la serie sarebbe tornata con due nuove stagioni, per un totale di 40 episodi. Un ritorno tanto atteso che ha fatto drizzare le antenne a chiunque abbia vissuto le avventure di Phineas e Ferb durante la loro prima messa in onda. La serie, che nel frattempo è diventata una parte fondamentale della cultura pop, aveva chiuso i battenti nel 2015, ma il suo spirito di innovazione e di divertimento non ha mai smesso di affascinare, soprattutto con il boom dello streaming.

Il revival, che debutterà il 5 giugno 2025 su Disney Channel e il giorno successivo su Disney+, segna un ritorno trionfale. Non solo la serie sarà disponibile per una nuova generazione di spettatori su Disney+, ma anche i fan di vecchia data, che hanno vissuto la serie su Disney Channel, avranno il piacere di rivedere i loro personaggi preferiti. Il primo episodio sarà anche disponibile su YouTube, un’ulteriore mossa per assicurarsi che tutti possano tornare a fare il tifo per Phineas, Ferb, Candace, Perry e l’immancabile Dottor Doofenshmirtz.

La nuova stagione inizierà con due episodi e, nel corso della stagione, verranno rilasciati altri episodi, tutti disponibili in streaming su Disney+. La prima parte della stagione consisterà in 20 episodi, con i primi 10 in arrivo a breve. Ogni episodio seguirà la classica struttura della serie, composta da due segmenti di 11 minuti ciascuno, ognuno con trame autonome ma collegate da una narrativa più ampia. Come sempre, il motore delle storie sarà l’inventiva dei due protagonisti, Phineas e Ferb, che ancora una volta si troveranno a creare invenzioni folli e piani improbabili, mettendo in scena ogni volta un’avventura nuova e ricca di sorprese.

Non poteva mancare la classica lotta tra Candace, la sorella maggiore dei due, e i suoi fratelli. Determinata come sempre a smascherare le loro invenzioni, Candace non perderà occasione per cercare di fermare i fratelli, dando vita a scene comiche che saranno sicuramente un punto fermo del revival. E poi c’è sempre il Dottor Doofenshmirtz, l’antagonista goffo e maldestro, pronto a sventolare i suoi piani malvagi per conquistare la Tri-State Area. Come ogni fan sa, nulla può fermare Doofenshmirtz nel suo perpetuo tentativo di riuscire in un’impresa che, inevitabilmente, si risolverà in un fiasco.

La squadra di creatori della serie torna in blocco per questo revival, con Dan Povenmire e Jeff “Swampy” Marsh alla regia, assicurando continuità con il tono che ha reso famosa la serie. E, ovviamente, i doppiatori storici Vincent Martella e David Errigo Jr. torneranno nei panni di Phineas e Ferb, mentre Ashley Tisdale riprenderà il suo ruolo di Candace. Non dimentichiamo poi Dan Povenmire, che tornerà anche a doppiare il Dottor Doofenshmirtz, mentre Dee Bradley Baker sarà ancora una volta Perry l’ornitorinco, l’agente segreto più amato del piccolo schermo.

Con il ritorno della serie, i fan si aspettano di vivere nuove avventure, nuove invenzioni e nuovi momenti memorabili. La trama riprenderà un anno dopo gli eventi dell’ultima stagione, con i due fratelli pronti a vivere un’altra estate ricca di sfide e stravaganze. Tra i momenti più attesi c’è sicuramente la possibilità che i ragazzi battano nuovi record mondiali, mentre Candace cercherà di ottenere la patente e Perry, il nostro adorato ornitorinco, farà una visita tanto attesa dal veterinario. Le dinamiche di gruppo saranno sempre al centro della narrazione, con momenti di risate, invenzioni incredibili e la solita energia che ha caratterizzato ogni episodio delle passate stagioni.

Per i fan che non vedono l’ora di immergersi nuovamente nell’universo di Phineas e Ferb, Disney ha anche previsto un’anteprima speciale il 26 maggio 2025, che sarà trasmessa su Disney Channel, Disney XD e sul canale YouTube ufficiale della Disney. Un modo perfetto per ingannare l’attesa e prepararsi al ritorno dei fratelli più geniali della televisione.

Se il revival avrà il successo sperato, non è escluso che la Disney decida di riportare in vita altre serie animate amate dal pubblico. La possibilità di vedere un ritorno di Kim Possible è stata già lanciata da alcuni fan, che sperano che il revival di Phineas e Ferb possa aprire la strada a nuove produzioni e a un ritorno dei grandi successi del passato. In ogni caso, il 5 giugno 2025 sarà una data che tutti i fan della serie non dimenticheranno. Il revival di Phineas e Ferb è pronto a fare il suo ingresso su Disney Channel e Disney+, e noi non possiamo che aspettarci una nuova ondata di risate, invenzioni e avventure, che renderanno questa estate ancora più speciale.

Tom & Jerry festeggiano 85 anni – Un anno di celebrazioni con esperienze, incontri, nuovi prodotti e programmazioni tv

Tom & Jerry – il leggendario duo formato da un gatto e un topo entrati nella storia della cultura pop mondiale – festeggiano il loro 85° Anniversario: un successo globale all’insegna di iconiche birichinate e risate senza fine con l’amatissima coppia che, fin dal suo debutto nel 1940, ha deliziato il pubblico di tutto il mondo con la sua giocosa rivalità, conquistando un suo spazio nell’immaginario collettivo.

Usciti per la prima volta dai fogli da disegno alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale e all’ombra della Grande Depressione, Tom & Jerry sono nati dal desiderio di creare una serie di cartoni animati in grado di accendere l’immaginazione in un mondo annebbiato. La regia calorosa ed esigente di William Hanna e la finezza creativa e comica di Joseph Barbera dettero vita a una virtuosa collaborazione che avrebbe trovato eco nel duo spiritoso da loro creato. Le personalità distintive di Tom & Jerry e il loro rapporto unico hanno attraversato le generazioni, portando sugli schermi un mondo in cui il conflitto è naturale e la giustizia è universale: prima al cinema – dove i primi film arrivarono dal 1940, conquistando negli anni ben sette Oscar al Miglior cortometraggio d’animazione – e poi in tv, dove fecero il loro debutto negli anni ‘60.

La rivalità sana e giocosa tra i due protagonisti, rafforzata da gag a ritmo, espressioni facciali ricche di sfumature e geniali partiture musicali di artisti del calibro di Scott Bradley, hanno resistito al passare del tempo, fino ad arrivare ai giorni nostri, con le recenti produzioni tv.

The Tom & Jerry Show (1975-1977)

La prima serie televisiva di Tom & Jerry è stata prodotta da Hanna-Barbera Productions per la ABC dal 1975 al 1977. La serie è composta da 48 episodi, divisi in due stagioni, ognuna con 16 episodi di 30 minuti. La serie riprende lo stile e l’umorismo dei cortometraggi originali, ma con alcune differenze: i personaggi parlano più spesso, le scene violente sono ridotte, e vengono introdotti nuovi personaggi, come Droopy, Barney Bear, Spike e Tyke. La serie ha anche una sigla iniziale e una finale, con una canzone scritta da Hoyt Curtin e cantata da Richard Bradley e Roberta Lee.

Tom & Jerry Comedy Show (1980-1982)

La seconda serie televisiva di Tom & Jerry è stata prodotta da Filmation Associates per la CBS dal 1980 al 1982. La serie è composta da 15 episodi, ognuno con due segmenti di Tom & Jerry e uno di un altro personaggio della MGM, come Droopy, Spike e Tyke, Barney Bear, il leone Leo e il canguro Joey. La serie cerca di ricreare il fascino e la comicità dei cortometraggi originali, ma con un’animazione più semplice e economica, e con una colonna sonora basata su effetti sonori elettronici.

Tom & Jerry Kids (1990-1994)

La terza serie televisiva di Tom & Jerry è stata prodotta da Hanna-Barbera Productions e Turner Entertainment per la Fox dal 1990 al 1994. La serie è composta da 65 episodi, divisi in quattro stagioni, ognuna con 13 episodi di 30 minuti. La serie presenta le versioni bambine di Tom e Jerry, che vivono le stesse avventure e le stesse rivalità dei loro alter ego adulti, ma con uno stile più moderno e colorato. La serie introduce anche nuovi personaggi, come Droopy e Dripple, McWolf, Wildmouse, Calabrone e Kyle il gatto. La serie ha anche una sigla iniziale e una finale, con una canzone scritta da Mark Koval e cantata da Charlie Adler. La serie è stata trasmessa in Italia su Italia 1 e Boomerang.

Tom & Jerry Tales (2006-2008)

La quarta serie televisiva di Tom & Jerry è stata prodotta da Warner Bros. Animation per la CW dal 2006 al 2008. La serie è composta da 26 episodi, divisi in due stagioni, ognuna con 13 episodi di 30 minuti. La serie ripropone le classiche battaglie tra Tom e Jerry, ma ambientate in vari scenari e contesti, come il Medioevo, il Far West, lo spazio, il futuro, il cinema, la musica e il Natale. La serie ha anche una sigla iniziale e una finale, con una canzone scritta da Gordon Goodwin e cantata da Billy West. La serie è stata trasmessa in Italia su Italia 1 e Cartoon Network.

The Tom & Jerry Show (2014-2021)

La quinta serie televisiva di Tom & Jerry è stata prodotta da Warner Bros. Animation e Renegade Animation per Cartoon Network dal 2014 al 2021. La serie è composta da 117 episodi, divisi in cinque stagioni, ognuna con 26 episodi di 11 minuti. La serie presenta diverse storie e situazioni in cui Tom e Jerry si affrontano o si alleano, con vari personaggi e ambientazioni. La serie ha anche una sigla iniziale e una finale, con una canzone scritta da Michael Tavera e cantata da Rick Zieff.

Tom & Jerry a New York (2021)

La sesta serie televisiva di Tom & Jerry è stata prodotta da Warner Bros. Animation per HBO Max dal 2021. La serie è composta da 13 episodi, ognuno con due segmenti di 11 minuti. La serie segue le avventure di Tom e Jerry nella città di New York, dopo gli eventi del film Tom & Jerry del 2021. La serie ha anche una sigla iniziale e una finale, con una canzone scritta da Christopher Lennertz e cantata da Erica Rabner. La serie è stata trasmessa in Italia su Boomerang dal 1° luglio 2021.

 

Per celebrare l’iconico duo, Warner Bros. Discovery dedica loro un intero anno di celebrazioni a livello globale con iniziative pensate per gli appassionati di tutte le età, che prevedono eventi ed esperienze e il lancio di nuovi prodotti tematizzati in collaborazione con prestigiosi brand.

 

In Italia Tom & Jerry saranno protagonisti dal 3 al 6 aprile a Romics, il Festival Internazionale del Fumetto, Animazione, Cinema e Games. Il Festival dedicherà il key visual dell’edizione primaverile proprio a Tom & Jerry che avranno un’area dedicata all’interno della manifestazione, nel Movie Village del Padiglione 5: qui i fan potranno trovare un’incredibile installazione a forma di torta di compleanno per scattare foto ricordo memorabili, ripercorrere la storia di questo incredibile duo con video ufficiali e immagini storiche, e una serie di opere inedite realizzate dagli studenti dello IED di Roma per celebrare l’anniversario.

Immancabile la presenza anche in tv di Tom & Jerry: su Cartoonito (canale 46 DTT) è on air da lunedì a venerdì dalle 13.00 lo stunt “A Pranzo con Tom & Jerry” che prevede le serie “Tom & Jerry a New York”, “The Tom and Jerry Show” e i corti “Hurry Up”, mentre il sabato mattina alle 8.30 fino ad aprile sono in rotazione i film; su Boomerang (Canale 609 di Sky) sono in onda tutti i giorni “The Tom and Jerry Show” e “Tom & Jerry a New York” dalle 6.00 alle 7.50, dalle 11.25 alle 12.35 e il pomeriggio alle 16.25. Inoltre, sull’app di Cartoonito sono presenti per tutto l’anno 12 nuovi giochi in esclusiva legati a Tom & Jerry raccolti in una sezione dedicata.

In occasione dell’importante ricorrenza, Warner Bros. Discovery Global Consumer Products ha collaborato con prestigiosi brand, anche in Italia, per offrire agli appassionati una serie di prodotti ispirati a Tom & Jerry.

LEGO festeggia gli 85 anni con LEGO® BrickHeadz™ Tom & Jerry per riaccendere la comica rivalità dei cartoni animati costruendo le figure del gatto e del topo con gli accessori. Perfetto per i bambini dai 10 anni di età e per tutti gli appassionati, contiene 212 pezzi per costruire il personaggio del gatto Tom alto 8 cm e quello del topo Jerry alto 6 cm.

OVS dedica una linea di OVS Kids al duo più simpatico e popolare dei cartoon per portare ironia e colore a tutto il guardaroba. Per i più piccoli, tutine, body e t-shirt in 100% cotone organico. Per le bambine più grandi, una collezione di t-shirt ad A con maxi stampe che rimandano agli anni ’80, mentre la collezione bambino è caratterizzata da un’attitude street, con grafiche funny che ritraggono il gatto e il topo più famosi del piccolo schermo accostate alle stampe graffiti. A completare la collezione, disegni colorati e divertenti vivacizzano l’abbigliamento underwear e la pigiameria.

 

La collezione di Intimissimi Uomo realizzata in esclusiva per Tom & Jerry è una linea pensata per gli appassionati di questi leggendari personaggi. Composta da un pigiama corto, un boxer, una t-shirt dallo stile vintage e un paio di pantofole, ogni capo riporta un dettaglio dei protagonisti dell’iconico cartone. Una collezione speciale che celebra la simpatia e l’energia senza tempo di Tom e Jerry.

 

Original Marines offre invece una capsule collection che si ispira al mondo streetwear, pensata per bambini che amano l’avventura e i giochi all’aria aperta. Le grafiche ispirate al mondo dei graffiti e dello skate, con fantasie all over di Tom & Jerry reinterpretate in versione supereroi per un look contemporaneo, perfetto per i piccoli che cercano ispirazione dal mondo dei grandi.

Infine, LC23 lancia una serie di capi a tema, che si inseriscono nella collezione LC23 SS25. T-shirt e felpe dal sapore vintage che riprendono vecchie stampe di Tom & Jerry. L’idea è quella di “ripescare” dall’armadio t-shirt o felpe degli anni ‘90 appartenenti ai guardaroba dei nostri genitori.

Segui tutte le novità e le iniziative sull’85° Anniversario di Tom & Jerry sui canali social @warnerbrositalia e rivivi le avventure dell’iconico duo sul canale YouTube @WBKidsItaliano.

Oscar 2025: tra trionfi epici, sconfitte clamorose e un nuovo record degno della storia del cinema

La notte più attesa dell’anno per i cinefili di tutto il mondo è finalmente arrivata, e gli Oscar 2025 non hanno deluso le aspettative. Con una cerimonia che ha mischiato emozione, spettacolo e qualche sorpresa inaspettata, Hollywood ha celebrato i migliori film dell’anno in grande stile. E come ogni edizione che si rispetti, la premiazione ha regalato momenti da pelle d’oca, vittorie schiaccianti e qualche boccone amaro per i favoriti della vigilia. A dominare la serata è stato senza ombra di dubbio Anora, l’ultimo film di Sean Baker, che ha scritto il suo nome nella storia degli Academy Awards con una performance straordinaria. Il film ha messo a segno un poker di premi, portando a casa le statuette per Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura Originale e Miglior Montaggio. Un’impresa titanica che eguaglia il record di Walt Disney negli anni ’50, con la differenza che Baker ha centrato il bersaglio con un’unica opera. Già incoronato con la Palma d’Oro a Cannes nel 2024, Anora ha cementato il suo status di capolavoro contemporaneo, spinto anche dalla performance magistrale di Mikey Madison, che si è imposta nella categoria Miglior Attrice Protagonista battendo avversarie del calibro di Demi Moore.

Ma Anora non è stato l’unico protagonista della serata. The Brutalist si è distinto con tre premi importanti, tra cui quello per Miglior Attore Protagonista assegnato ad Adrien Brody. Il film ha inoltre conquistato le categorie Miglior Fotografia e Miglior Colonna Sonora, confermando l’eleganza visiva e la potenza emotiva della sua narrazione.E poi c’è stato Dune – Parte 2. Nonostante l’hype gigantesco e le aspettative altissime, il kolossal di Denis Villeneuve ha dovuto accontentarsi di soli due premi tecnici. Un risultato che lascia un po’ di amaro in bocca ai fan, soprattutto considerando il successo clamoroso del primo capitolo.

La vera disfatta della serata, però, è toccata a A Complete Unknown di James Mangold. Nonostante ben otto nomination, il biopic su Bob Dylan è uscito completamente a mani vuote. Un risultato che ha colto di sorpresa molti spettatori, vista la caratura del progetto e la curiosità che lo circondava sin dal suo annuncio.

La cerimonia non ha mancato di regalare momenti destinati a diventare virali, come l’intervento di Kieran Culkin, premiato come Miglior Attore Non Protagonista per A Real Pain. L’attore ha colto tutti di sorpresa con una richiesta inaspettata alla moglie sul palco, scatenando immediatamente il delirio sui social. E come se non bastasse, un piccolo dettaglio notato dai fan ha acceso il fuoco delle speculazioni su chi potrebbe essere la prossima Bond Girl nel nuovo capitolo della saga di 007. I riflettori si sono puntati su Margaret Qualley, e ora il web è in fermento.Non sono mancati momenti di riflessione, come quello offerto dal team di No Other Land, vincitore del premio per Miglior Documentario. Durante il discorso di ringraziamento, i registi hanno portato la politica sul palco, lanciando un accorato appello per la fine delle distruzioni a Gaza.

Quali sono stati i film e gli artisti che hanno trionfato?

La lista completa dei vincitori degli Oscar 2025

Per non perderti neanche un dettaglio, ecco la lista completa dei vincitori degli Oscar 2025, con i film e gli artisti che hanno fatto la storia del cinema:

Miglior Film

  • Anora
  • The Brutalist
  • A Complete Unknown
  • Conclave
  • Dune: Parte Due
  • Emilia Pérez
  • Io sono ancora qui
  • Nickel Boys
  • The Substance
  • Wicked

Miglior Regia

  • Sean Baker (Anora)
  • Brady Corbet (The Brutalist)
  • James Mangold (A Complete Unknown)
  • Jacques Audiard (Emilia Pérez)
  • Coralie Fargeat (The Substance)

Miglior Attore Protagonista

  • Adrien Brody (The Brutalist)
  • Timothée Chalamet (A Complete Unknown)
  • Colman Domingo (Sing Sing)
  • Ralph Fiennes (Conclave)
  • Sebastian Stan (The Apprentice)

Miglior Attrice Protagonista

  • Cynthia Erivo (Wicked)
  • Karla Sofia Gascon (Emilia Pérez)
  • Mikey Madison (Anora)
  • Demi Moore (The Substance)
  • Fernanda Torres (Io sono ancora qui)

Miglior Attore Non Protagonista

  • Yura Borisov (Anora)
  • Kieran Culkin (A Real Pain)
  • Edward Norton (A Complete Unknown)
  • Guy Pearce (The Brutalist)
  • Jeremy Strong (The Apprentice)

Miglior Attrice Non Protagonista

  • Monica Barbaro (A Complete Unknown)
  • Ariana Grande (Wicked)
  • Felicity Jones (The Brutalist)
  • Isabella Rossellini (Conclave)
  • Zoe Saldaña (Emilia Pérez)

Miglior Sceneggiatura non originale

  • A Complete Unknown
  • Conclave
  • Emilia Pérez
  • Nickel Boys
  • Sing Sing

Miglior Sceneggiatura Originale

  • Sean Baker (Anora)
  • Brady Corbet e Mona Fastvold (The Brutalist)
  • Jesse Eisenberg (A Real Pain)
  • Moritz Binder, Tim Fehlbaum e Alex David (September 5)
  • Coralie Fargeat (The Substance)

Miglior Film d’Animazione

  • Flow
  • Inside Out 2
  • Memoir of a Snail
  • The Wild Robot
  • Wallace & Gromit: Vengeance Most Fowl

Miglior Documentario

  • Black Box Diaries
  • No Other Land
  • Porcelain War
  • Soundtrack to a Coup D’Etat
  • Sugarcane

Miglior Film Internazionale

  • Io sono ancora qui (Brasile)
  • La ragazza con l’ago (Danimarca)
  • Emilia Pérez (Francia)
  • Il seme del fico sacro (Germania)
  • Flow (Lettonia)

Miglior Montaggio

  • Anora
  • The Brutalist
  • Conclave
  • Emilia Pérez
  • Wicked

Miglior Fotografia

  • The Brutalist
  • Dune: Parte Due
  • Emilia Pérez
  • Maria
  • Nosferatu

Miglior Scenografia

  • The Brutalist
  • Conclave
  • Dune: Part Two
  • Nosferatu
  • Wicked

Migliori Costumi

  • A Complete Unknown
  • Conclave
  • Gladiator II
  • Nosferatu
  • Wicked

Miglior Trucco e Acconciature

  • A Different Man
  • Emilia Pérez
  • Nosferatu
  • The Substance
  • Wicked

Miglior Canzone Originale

  • “El Mal” (Emilia Pérez)
  • “The Journey” (The Six Triple Eight)
  • “Like a Bird” (Sing Sing)
  • “Mi Camino” (Emilia Pérez)
  • “Never Too Late” (Elton John: Never Too Late)

Miglior Colonna Sonora Originale

  • The Brutalist
  • Conclave
  • Emilia Pérez
  • Wicked
  • The Wild Robot

Miglior Sonoro

  • A Complete Unknown
  • Dune: Part Two
  • Emilia Pérez
  • Wicked
  • The Wild Robot

Migliori Effetti Speciali

  • Alien: Romulus
  • Better Man
  • Dune: Part Two
  • Kingdom of the Planet of the Apes
  • Wicked

Miglior Cortometraggio Live Action

  • A Lien
  • Anuja
  • I’m Not a Robot
  • The Last Ranger
  • The Man Who Could Not Remain Silent

Miglior Cortometraggio Animato

  • Beautiful Men
  • In the Shadow of the Cypress
  • Magic Candies
  • Wander to Wonder
  • Yuck!

Miglior Cortometraggio Documentario

  • The Only Girl in the Orchestra
  • Death by Numbers
  • I am Ready, Warden
  • Incident
  • Instruments of a Beating Heart

Addio a Michelle Trachtenberg: un ricordo indelebile tra cinema e TV

Michelle Christine Trachtenberg, nata a New York l’11 ottobre 1985 e tragicamente scomparsa il 26 febbraio 2025, è stata una figura poliedrica che ha saputo emergere e lasciare il segno nel panorama cinematografico e televisivo degli anni ’90 e 2000. La sua carriera, iniziata precocemente, ha attraversato diverse fasi e generi, portandola ad essere una delle attrici più amate di una generazione che l’ha seguita sin dai suoi esordi, fino ai ruoli che l’hanno consacrata come un’icona della cultura popolare.

Nata e cresciuta a Brooklyn, in un contesto familiare eterogeneo – madre ebraica-russa e padre ebreo-tedesco – Michelle ha vissuto una giovinezza ricca di stimoli e contrasti. La sua carriera artistica ha avuto inizio da giovanissima, quando appena tre anni si trovò davanti a una fotocamera, diventando modella per importanti campagne pubblicitarie, come quelle per i giocattoli Kids ‘R’ Us. Questo periodo d’oro come modella l’ha vista affermarsi anche in collaborazioni con brand di fama internazionale, come Panasonic e Kraft. Tuttavia, la sua anima artistica non si esauriva nelle foto: Michelle aveva nel sangue il desiderio di esprimersi davanti alla telecamera.

Il suo debutto televisivo avvenne nel 1994 con The Adventures of Pete & Pete, una serie cult che segnò i suoi primi passi nel mondo dello spettacolo. La vera svolta, però, arrivò nel 1996, quando interpretò Harriet nel film Harriet la spia. A soli dieci anni, Michelle diede vita a una protagonista intraprendente e curiosa, con una performance che stupì critica e pubblico. Il film, tratto dal romanzo omonimo di Louise Fitzhugh, divenne uno dei più amati dai ragazzi degli anni ’90, grazie anche al suo tocco personale e alla sua capacità di interpretare una giovane protagonista in grado di ispirare il pubblico.

L’ingresso di Michelle nel mondo di Buffy l’ammazzavampiri, nel ruolo di Dawn Summers, segnò la sua consacrazione definitiva. Arrivata alla serie nel 2000, con la quinta stagione, Michelle portò una ventata di freschezza in un mondo già ben consolidato. Dawn, la sorella minore di Buffy, si inserì in un contesto narrativo complesso, dove la sua evoluzione da ragazza misteriosa a un personaggio centrale fu parte integrante dell’ultimo ciclo della serie. Il suo percorso non fu solo quello di una sorella, ma di un’individuo che affrontava la crescita e il cambiamento, proprio come lo spettatore che seguiva con attenzione le vicende della serie. La sua performance, purtroppo, non venne mai abbastanza valorizzata, ma restò comunque una delle più importanti e significative della sua carriera.

Il passaggio da Buffy al cinema e alla televisione fu per Michelle un percorso ricco di scelte diversificate. Interpretò personaggi in commedie come EuroTrip (2004), una parodia del viaggio europeo dei giovani americani, e in horror come Black Christmas (2006), ma fu anche presente in produzioni televisive di successo come Gossip Girl. Qui, nei panni di Georgina Sparks, Michelle riprese il suo ruolo da protagonista, portando sul piccolo schermo una figura complessa e ambigua che divenne uno dei punti di riferimento più memorabili della serie. La sua capacità di oscillare tra il personaggio di ragazza traviata e quello di donna in cerca di redenzione rese la sua presenza estremamente interessante per i fan della serie.

Nonostante il grande successo che ha raggiunto negli anni, Michelle Trachtenberg ha sempre mantenuto una certa discrezione rispetto alla sua vita privata. Eppure, questa riservatezza non ha mai impedito al pubblico di affezionarsi a lei, sia per la sua carriera che per la sua autenticità. Michelle ha sempre cercato di sfidare le aspettative, scegliendo ruoli lontani dagli stereotipi e cercando di reinventarsi in ogni interpretazione, che fosse un film, una serie o un’apparizione in un video musicale.

Purtroppo, la sua morte prematura ha sconvolto il mondo dello spettacolo e i suoi numerosi fan. A soli 39 anni, Michelle Trachtenberg ha lasciato un vuoto incolmabile, ma la sua eredità artistica rimarrà indelebile. La sua carriera, seppur tragicamente spezzata, ha regalato a tutti coloro che l’hanno seguita una serie di personaggi iconici, che rimarranno per sempre legati all’immaginario collettivo di una generazione. Lontana dalle luci della ribalta, Michelle ha continuato a dare il suo contributo al mondo dell’intrattenimento fino all’ultimo, segnando la fine di un’era per tutti coloro che l’hanno amata come attrice, modello e persona. La sua morte, avvenuta in circostanze ancora non del tutto chiare, lascia uno strascico di tristezza, ma anche di gratitudine per i tanti momenti che ci ha regalato sul grande e piccolo schermo.

La sua memoria continuerà a vivere nei ruoli che ha interpretato, nel cuore di chi l’ha seguita e in tutti i progetti che ha contribuito a realizzare con dedizione e passione.

Foto di copertina di Greg2600 – Michelle Trachtenberg, CC BY-SA 2.0