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Star Wars: Episode X – A New Beginning, la nuova frontiera della galassia lontana lontana

La Forza torna a vibrare. Dopo anni di speculazioni, smentite e misteri degni di un archivio Jedi, è arrivata la conferma che sta già facendo tremare i social e infiammare le community di fan: Lucasfilm ha messo ufficialmente in cantiere Star Wars: Episode X – A New Beginning. Non un semplice spin-off, non un progetto collaterale, ma il primo capitolo di una nuova trilogia numerata, che raccoglie l’eredità della Skywalker Saga e promette di aprire una nuova era.

E a firmare la sceneggiatura sarà Simon Kinberg, volto già noto agli appassionati per il suo lungo lavoro sulla saga degli X-Men e per aver co-creato insieme a Dave Filoni la serie animata Star Wars Rebels. Un nome che da solo basta a far alzare le sopracciglia dei fan più esigenti: perché Kinberg non è solo uno sceneggiatore navigato, è un autore che ha già saputo muoversi con destrezza tra eroi, saghe corali e universi condivisi. Ora tocca a lui scrivere il destino di una delle più grandi epopee cinematografiche di tutti i tempi.


Un titolo che è già leggenda: A New Beginning

Il titolo circolava già da tempo come semplice voce, bollato in fretta come “provvisorio”. Poi ribattezzato con l’etichetta New Jedi Order, che avrebbe dovuto introdurre il ritorno di Rey Skywalker. Ma adesso le ultime indiscrezioni hanno riacceso la fiamma: A New Beginning non sarebbe un nome di lavorazione, ma proprio il titolo ufficiale del film. Un richiamo diretto all’idea di rinascita che George Lucas aveva scolpito sin dal lontano A New Hope del 1977.

Un ciclo che si chiude e uno nuovo che si apre, con una risonanza simbolica che sembra fatta apposta per segnare il passaggio di testimone a una generazione diversa di Jedi, eroi e minacce cosmiche.


Trama: Rey, maestra Jedi e un futuro da costruire

Sui dettagli della storia, Lucasfilm gioca ancora a carte coperte. Quello che sappiamo è che il film sarà ambientato quindici anni dopo gli eventi di The Rise of Skywalker. Rey (interpretata ancora da Daisy Ridley) sarà ormai una maestra Jedi matura e potente, alla guida della sua Accademia Jedi. Non più la giovane apprendista incerta sul suo destino, ma una leader consapevole, chiamata a fondare un nuovo Ordine in una galassia ancora segnata dalle cicatrici delle guerre passate.

Sarà davvero l’inizio di una nuova età dell’oro per i Jedi o i semi del lato oscuro troveranno di nuovo terreno fertile? Qui sta il cuore della suspense che Lucasfilm si guarda bene dallo sciogliere.


Dietro la macchina da presa: Sharmeen Obaid-Chinoy

A dirigere l’episodio ci sarà Sharmeen Obaid-Chinoy, prima donna nella storia a sedersi sulla sedia di regista per un film di Star Wars. Una scelta che porta con sé aspettative enormi, ma anche una ventata di freschezza. Obaid-Chinoy, due volte premio Oscar per i suoi documentari, ha promesso un approccio visivo ambizioso: location reali sparse in tutto il mondo, un mix di ambientazioni naturali e scenari virtuali realizzati con le tecnologie più avanzate, e un equilibrio tra effetti speciali pratici e CGI di ultima generazione. Insomma, un ritorno a quella fusione di artigianato e innovazione che ha sempre distinto la saga.


Episodio X come primo tassello di una nuova trilogia

Ma il vero colpo di scena è un altro: A New Beginning non sarà un episodio isolato. Simon Kinberg è già al lavoro per dare vita a una nuova trilogia numerata, che comprenderebbe Episodi X, XI e XII.
Un ritorno alla struttura classica, che potrebbe riscrivere il futuro stesso della saga.

E qui nasce il dibattito: sarà una continuazione diretta della storia di Rey, con un filo narrativo che espanderà il concetto di New Jedi Order? Oppure Lucasfilm approfitterà del numero “10” per inaugurare una nuova generazione di protagonisti, lasciando Rey come figura di transizione e guida spirituale?

L’ipotesi di un nuovo arco narrativo completamente indipendente dalla Skywalker Saga non è da scartare: secondo The Hollywood Reporter, Kinberg avrebbe carta bianca per introdurre personaggi inediti e raccontare un percorso totalmente nuovo, capace di far respirare la galassia lontana lontana oltre le ombre e le eredità del passato.


Rumor, ipotesi e sogni di fan

Come sempre, quando si parla di Star Wars, la speculazione vola più veloce di un caccia TIE. Alcuni insider suggeriscono che tra i personaggi potrebbe comparire Grogu in una versione più adulta, pronto a lasciare l’iconico ruolo di “Baby Yoda” per diventare un Jedi a tutti gli effetti. Sarebbe una scelta capace di intrecciare la linea narrativa di The Mandalorian con i nuovi episodi cinematografici, creando un universo ancora più coeso.

Altri parlano del possibile ritorno di figure leggendarie del Legends, come gli alieni Yuuzhan Vong, mai canonizzati al cinema ma amatissimi dai lettori dell’Universo Espanso. Una minaccia esterna, capace di rimettere in discussione gli equilibri della galassia, sarebbe l’occasione perfetta per far collaborare Jedi, ex-Sith e nuove generazioni in un’epopea corale.


Il peso di una legacy

Lucasfilm lo sa bene: la Skywalker Saga è un’eredità pesante, un mito che nessun altro prodotto è riuscito davvero a eguagliare in termini di impatto culturale. Gli spin-off televisivi, da The Mandalorian ad Ahsoka, hanno ampliato l’universo ma senza mai toccare quella corda epica capace di unire tre generazioni di spettatori. Episodio X porta quindi una responsabilità enorme: riaccendere la fiamma del mito senza limitarsi al fan service.

Kathleen Kennedy, presidente di Lucasfilm, lo ha definito “un nuovo capitolo che segnerà l’inizio di una fase completamente diversa della saga”. Parole che fanno capire quanto questo progetto sia considerato una scommessa strategica per il futuro del brand.


Un evento culturale prima ancora che un film

Ogni annuncio legato a Star Wars non è mai solo una notizia di cinema: è un fenomeno globale. Le community online si spaccano, i forum esplodono, i fan si dividono in fazioni Jedi e Sith pronti a discutere su ogni dettaglio. È già accaduto con le trilogie precedenti e accadrà di nuovo: Episodio X è destinato a diventare un evento culturale planetario, al di là della sua qualità artistica.

E se è vero che la pazienza dei fan è stata messa alla prova da rinvii, cancellazioni e progetti fantasma (dal Rogue Squadron di Patty Jenkins al film di Kevin Feige mai decollato), questa volta l’entusiasmo sembra davvero difficile da contenere. Le riprese inizieranno a settembre ai Pinewood Studios di Londra, cuore storico della saga. L’uscita, salvo imprevisti, dovrebbe collocarsi nel 2027, in coincidenza con il 50° anniversario di Una nuova speranza.


La Forza scorre potente, ma il futuro è incerto

E allora, cosa dobbiamo aspettarci?
Un proseguimento diretto delle avventure di Rey Skywalker? Un’espansione dell’universo con nuovi eroi e minacce inedite? O una rivoluzione che metterà davvero in secondo piano i legami con il passato per spingersi oltre, verso territori narrativi mai esplorati?

La verità è che, per ora, siamo sospesi come apprendisti davanti al Consiglio Jedi: intravediamo il sentiero, ma il futuro resta avvolto nelle nebbie della Forza.

Quel che è certo è che Star Wars: Episode X – A New Beginning rappresenta una promessa. Una promessa di rinascita, di speranza, di nuove leggende pronte a nascere sotto i cieli stellati della galassia più amata del cinema.


👉 E voi, come immaginate il futuro della saga? Preferireste seguire Rey nel suo cammino di maestra Jedi o vorreste vedere una tabula rasa con nuovi protagonisti? Scrivetelo nei commenti e preparatevi: la Forza ci attende, e il prossimo capitolo sta già prendendo forma.

Timothée Chalamet e James Mangold infiammano il motocross criminale in High Side

Un motore romba, la polvere si alza in una scia che danza contro un sole implacabile. Non è solo un’immagine, ma l’anticamera di una nuova epopea cinematografica che sembra destinata a incendiare lo schermo. Timothée Chalamet, volto di un’intera generazione, si prepara a indossare di nuovo i panni di un tormentato protagonista, ma questa volta la sua arena non sarà un deserto fantascientifico o le polverose strade di un’America che fu, bensì la sabbia ribelle di un motocross ad alta velocità. Il veicolo di questo nuovo viaggio è High Side, l’ultimo progetto che segna la seconda collaborazione dell’attore con il regista James Mangold, un binomio che si sta consolidando come uno dei più promettenti del cinema contemporaneo.


Un Bivio Tra Polvere e Redenzione

Il titolo, High Side, è già una dichiarazione d’intenti. Non si tratta di un semplice termine tecnico del motocross, ma di una metafora tagliente che evoca la caduta più violenta e inaspettata, quella che spezza i sogni e devia le vite. Ed è proprio su questo precipizio che si muove la storia di Billy, ex prodigio del motocross la cui carriera è stata infranta da un incidente. La sua esistenza si trascina tra le pareti di un’officina malmessa e il peso di un padre in preda alla dipendenza, un’immagine di disillusione che è il cuore pulsante del dramma. Ma il suo precario equilibrio viene sconvolto dal ritorno di Cole, il fratello perduto, che non porta con sé una speranza di riconciliazione, ma un piano folle: rapinare banche, usando le moto da corsa come strumenti di una fuga spericolata.

Il progetto, appena approdato alla Paramount Pictures in un momento di transizione per la major, si presenta come un incrocio tra il thriller d’azione e il dramma familiare più crudo. Non è difficile cogliere l’eco di film come Heat – La sfida e Hell or High Water, citati dallo stesso Mangold come punti di riferimento. L’adrenalina delle rapine e degli inseguimenti si fonde con la tensione palpabile di un legame fraterno logorato dal tempo e dagli errori. La sceneggiatura, scritta da Jaimie Oliveira, promette di scavare a fondo in questo conflitto, trasformando il deserto non solo in un campo di battaglia, ma anche in una prigione a cielo aperto, dove le scelte dei protagonisti risuonano come un rombo lontano e inarrestabile.


Un Talento In Corsa Verso Nuovi Orizzonti

Per Chalamet, High Side rappresenta un’altra sfida fisica e interpretativa. Abituato a passare dal malinconico Elio di Chiamami col tuo nome al guerriero tormentato di Dune, l’attore dimostra ancora una volta la sua versatilità. Dopo aver incarnato il leggendario Bob Dylan nel biopic A Complete Unknown, si cala ora in un ruolo che richiede non solo profondità emotiva, ma anche una presenza fisica intensa, la stessa di chi vive al limite. Vedremo l’attore affrontare non solo le insidie di un mondo criminale, ma anche quelle di un ruolo dove la velocità è tanto reale quanto metaforica, un’accelerazione verso il baratro o, forse, verso una redenzione a lungo cercata.


Un’Operazione a Cuore Aperto

La fiducia riposta nel progetto da parte della Paramount è un segnale forte. I nuovi co-presidenti hanno dichiarato di voler scommettere su “narrazioni audaci e originali”, e High Side sembra incarnare perfettamente questa filosofia. Ma a rendere il film davvero atteso è la regia di Mangold, un autore capace di muoversi con disinvoltura tra i generi, dal western crepuscolare di Logan al dramma sportivo di Le Mans ’66 – La grande sfida. Sul set di High Side, Mangold sembra voler spingere la sua arte ancora più in là, fondendo l’azione spettacolare con l’introspezione più viscerale. L’obiettivo non è solo mostrare un inseguimento, ma farci sentire il respiro affannoso di Billy intrappolato nel suo casco, nel momento esatto in cui decide di svoltare verso la salvezza o l’abisso.

High Side si annuncia come un’opera che ha il sapore della benzina e della sabbia, ma anche il peso emotivo di un dramma autentico. Non è solo un film su delle rapine in moto, ma una storia sul prezzo che si paga per tentare di riprendersi la vita a colpi di acceleratore. Sarà un viaggio a rotta di collo, e noi, amanti del cinema che non ha paura di sporcarsi le mani, non vediamo l’ora di salire in sella.

A Complete Unknown: Un Viaggio Intimo nella Trasformazione di Bob Dylan

In un’epoca cinematografica in cui i biopic musicali sono ormai una costante, “A Complete Unknown” di James Mangold si distingue non solo per la sua capacità di raccontare la storia di uno degli artisti più influenti di tutti i tempi, ma anche per il modo in cui lo fa. Il film non si limita a tracciare l’intera vita di Bob Dylan, ma si concentra su un periodo cruciale, dal 1961 al 1965, quando il giovane musicista ha attraversato una delle trasformazioni artistiche più significative nella storia della musica. Questo viaggio, che porta Dylan dalla scena folk del Greenwich Village alla celebre esibizione elettrica al Newport Folk Festival, è raccontato con una sensibilità che va oltre la mera ricostruzione storica.

Il film, che debutterà in Italia il 7 maggio in esclusiva su Disney+, si avvale di una straordinaria interpretazione di Timothée Chalamet nei panni di Bob Dylan, un ruolo che gli permette di mettere in luce non solo le caratteristiche superficiali del cantante, ma anche la sua complessità emotiva e la sua lotta interiore. Chalamet, con la sua consueta profondità, riesce a trasmettere lo spirito ribelle di Dylan, restituendo la sua evoluzione da giovane artista folk a figura simbolo di una rivoluzione musicale che avrebbe cambiato per sempre il corso della storia.

Diretto da James Mangold, già regista di “Quando l’amore brucia l’anima”, il film esplora non solo l’ascesa musicale di Dylan, ma anche le sue relazioni con figure chiave come Joan Baez, Pete Seeger e Woody Guthrie. Queste connessioni, seppur reso con grande rispetto per la storia, sono anche la chiave di lettura di un periodo storico segnato da enormi cambiamenti sociali e culturali. Le tensioni della Guerra del Vietnam, la lotta per i diritti civili e la crescente popolarità della musica rock come strumento di protesta sono il contesto in cui Dylan si evolve, un giovane che, armato solo della sua chitarra e della sua voce, ha scelto di non rimanere un semplice testimone, ma di essere un protagonista attivo di quella rivoluzione.

Ma “A Complete Unknown” non è solo un tributo alla musica di Dylan. È un film che riesce a entrare nell’anima di quest’uomo in costante conflitto con la sua stessa immagine pubblica, che cerca di definire chi sia realmente in un’epoca che lo costringe a scegliere tra l’autenticità e le aspettative del pubblico. La performance di Chalamet, lodata dalla critica, non si limita a imitare l’iconica voce di Dylan, ma coglie la sua essenza più profonda, offrendo una rappresentazione che risulta tanto emozionante quanto trasformativa.

Il film dipinge la New York degli anni ’60 con un’attenzione meticolosa ai dettagli, ma nonostante la cura nei costumi e nella scenografia, la città non riesce a emergere con la stessa forza che ha caratterizzato il periodo storico che racconta. In alcune scene, infatti, la vitalità di Greenwich Village, cuore pulsante della scena musicale folk, sembra quasi sopita, non riuscendo a restituire pienamente l’intensità di quei giorni. Tuttavia, la forza della narrazione e la qualità delle interpretazioni riescono a compensare questa piccola pecca, trasportando comunque lo spettatore nell’atmosfera di quell’epoca turbolenta.

L’interazione tra Dylan e le figure che ha incontrato lungo il suo cammino, come Joan Baez (interpretata da Monica Barbaro) e Pete Seeger (Edward Norton), è centrale nel film. Tuttavia, alcuni momenti, come la relazione con Joan Baez, pur essendo ben scritti, sembrano più pensati per il grande pubblico che non come una riflessione profonda e storicamente accurata di quella che fu la loro dinamica. Nonostante ciò, le performance degli attori riescono comunque a rendere questi rapporti significativi, senza cadere nella trappola della superficialità.

La colonna sonora di “A Complete Unknown” è un altro punto di forza del film. Piuttosto che essere semplicemente una raccolta di brani d’epoca, la musica si intreccia con la narrazione, diventando un elemento vitale che contribuisce a raccontare la storia di Dylan. Brani come “Mr. Tambourine Man” e “Like a Rolling Stone” non sono solo pezzi iconici, ma diventano il motore emotivo che spinge il giovane Dylan ad affrontare la sua evoluzione artistica, la sua ricerca della verità e la sua resistenza contro la pressione del sistema.

“A Complete Unknown” è un film che va oltre il semplice biopic musicale. Non si limita a raccontare la vita di Bob Dylan, ma si sforza di esplorare la sua anima, la sua ricerca interiore, la sua continua reinvenzione. James Mangold, con la sua regia attenta e il supporto di un cast straordinario, crea un affresco emozionante che celebra non solo il cambiamento musicale, ma anche quello culturale, politico e personale. Con Timothée Chalamet nel ruolo di protagonista, il film non solo ci offre una nuova visione di Bob Dylan, ma ci invita a riflettere sul nostro rapporto con l’arte, la libertà e la ribellione. A Complete Unknown è quindi un viaggio che trascende il tempo e lo spazio, e che ci parla direttamente del nostro presente, facendoci capire quanto l’autenticità e la ricerca di se stessi siano ancora oggi tematiche universali e necessarie. Non è solo un film sulla musica, è un film sulla vita, sulla trasformazione, sull’incredibile potere che l’arte può avere nel cambiare il mondo.

I Nuovi Orizzonti della Galassia Lontana Lontana: tutti i film di Star Wars in Lavorazione

Di fronte a un oceano di spade laser scintillanti e cuori in tumulto, la Star Wars Celebration 2025 ha preso il via a Tokyo con la forza di un’esplosione stellare. Non è stata solo una convention, ma un’autentica tempesta emotiva che ha travolto i fan accorsi da ogni parte del mondo per assistere a quello che si è rivelato uno degli eventi più memorabili della storia della saga. In un clima che oscillava tra l’entusiasmo collettivo e la commozione nostalgica, Lucasfilm ha sganciato un vero e proprio ordigno galattico: l’annuncio ufficiale di ben otto nuovi film ambientati nell’universo di Star Wars.

Per chi è cresciuto ascoltando il ronzio delle spade laser e sognando mondi lontani, tra Jedi in cerca di equilibrio e Sith consumati dall’odio, tra droidi brillanti di umorismo e contrabbandieri dal cuore più grande delle loro astronavi, questo annuncio rappresenta molto più di una semplice anticipazione. È la promessa di una rinascita, l’inizio di una nuova era per una saga che ha saputo attraversare generazioni senza mai perdere la sua anima.

La cerimonia d’apertura, giunta alla sedicesima edizione della Celebration, ha avuto il tono solenne e vibrante di un rito collettivo. Un video celebrativo ha attraversato decenni di storia cinematografica, riportando in superficie i momenti più intensi della saga. Poi, l’ingresso in scena di due icone intramontabili, C-3PO e R2-D2, ha fatto letteralmente esplodere la sala del Makuhari Messe Convention Center: 9.000 fan in visibilio, sospesi tra ricordi e aspettative. Ma l’apice è stato toccato quando Kathleen Kennedy e Dave Filoni, due delle menti più influenti del presente e del futuro della galassia, hanno preso la parola. È bastato un nome, un titolo, a scuotere le fondamenta del fandom: Star Wars: Starfighter.

Diretto da Shawn Levy e con Ryan Gosling come protagonista, Starfighter sarà ambientato cinque anni dopo L’Ascesa di Skywalker. Un film indipendente rispetto alle saghe precedenti, che introdurrà personaggi completamente nuovi e promette di portarci in una parte inedita della galassia, mai esplorata sul grande schermo. Avventuroso, audace, vibrante: così è stato descritto il tono della pellicola, le cui riprese inizieranno nell’autunno 2025, con l’uscita già fissata per il maggio del 2027. Un salto nell’ignoto, sì, ma con la Forza come compagna di viaggio.

E se questo primo annuncio ha scatenato entusiasmo, il secondo ha letteralmente infiammato la sala. È stato il momento di The Mandalorian and Grogu, il primo film live-action tratto direttamente da una serie Disney+. Il pubblico ha accolto con un boato l’arrivo sul palco di Pedro Pascal, accompagnato da Sigourney Weaver, dallo stesso Grogu e da Jon Favreau, regista e co-sceneggiatore del progetto. L’uscita è prevista per il 20 maggio 2026, e promette un’epopea in grado di intrecciare passato, presente e futuro della saga. Per chi ha seguito le avventure del Mandaloriano e del piccolo essere dotato della Forza, questo film rappresenta la consacrazione definitiva di un legame emotivo nato sul piccolo schermo e destinato a esplodere al cinema.

Ma la vera emozione, quella che ha fatto tremare le ginocchia a molti fan, è arrivata con l’annuncio del ritorno di Daisy Ridley nel ruolo di Rey Skywalker. Il nuovo film, affidato alla regia di Sharmeen Obaid-Chinoy, racconterà il difficile tentativo di ricostruire l’Ordine Jedi, in un futuro ancora segnato dalle cicatrici del passato. Sebbene non sia stata ancora comunicata una data d’uscita ufficiale, il progetto è già in fase avanzata di sviluppo e si preannuncia come un ponte ideale tra le trilogie esistenti e una nuova visione della galassia. Un’opera di rinascita, speranza e identità.

E proprio sulla scia dell’esplorazione delle origini si inserisce un altro progetto attesissimo: Dawn of the Jedi, diretto da James Mangold. Questo film ci porterà indietro nel tempo, molto prima degli eventi noti, in un’epoca in cui i Jedi erano ancora pionieri, esploratori spirituali alla ricerca del significato stesso della Forza. Il tono promesso è quello di un’epopea quasi sacra, un racconto dai tratti biblici che potrebbe riscrivere le fondamenta mitologiche dell’intero universo narrativo.

Tra le novità più enigmatiche, ma anche tra le più intriganti, spicca poi il progetto ancora senza titolo firmato da Taika Waititi. Il regista ha annunciato un film completamente originale, fuori dagli schemi, intriso di ironia, ma capace anche di toccare corde profonde. Poco si sa della trama, ma l’attesa è già altissima: ci si aspetta un Star Wars che ride di sé stesso, ma che allo stesso tempo racconta qualcosa di sorprendentemente autentico. Una scommessa rischiosa? Forse. Ma nel multiverso creativo di Waititi, tutto è possibile.

E infine, l’annuncio che ha lasciato senza fiato: una nuova trilogia numerata, gli Episodi X, XI e XII. A guidare questa titanica impresa sarà Simon Kinberg, già artefice del successo di Star Wars: Rebels. I dettagli sono ancora top secret, ma le speculazioni abbondano: si parla del possibile ritorno di personaggi storici, dell’evoluzione di figure amate come Finn, Poe e Rey, e della nascita di una nuova generazione di Cavalieri della Forza. Una vera e propria espansione del cuore pulsante della saga, che potrebbe segnare una nuova era mitica nel cammino del franchise.

E così, mentre le luci del palco si abbassano e l’eco degli applausi svanisce nel ronzio dei cosplay e nell’abbraccio dei fan, una cosa è chiara: Star Wars è più vivo che mai. Non sono solo le astronavi, le battaglie o i mondi alieni a renderlo immortale. È il legame, profondo e viscerale, che unisce milioni di persone in ogni angolo del pianeta. Un legame che si rinnova ogni volta che un bambino solleva per la prima volta una spada laser giocattolo, ogni volta che un adulto riscopre il bambino che è stato.

Con questi otto film in arrivo, Lucasfilm non solo espande l’universo narrativo, ma rinnova la promessa di raccontare storie che parlano di coraggio, redenzione, amicizia e speranza. La galassia lontana lontana non è mai sembrata così vicina.

E ora, come sempre, non ci resta che attendere. E ascoltare, ancora una volta, la chiamata della Forza.

Novità su Jedi Prime: Il prequel epico che svela le origini della Forza e dei primi Jedi

A 25.000 anni di distanza dalle avventure di Luke Skywalker, Jedi Prime si prepara a riscrivere le origini della Forza e dei primi Jedi, un prequel che promette di aggiungere profondità e mistero all’universo di Star Wars. Diretto da James Mangold, il regista celebre per pellicole come Logan e Indiana Jones e il quadrante del destino, il film si tuffa in un’epoca primordiale, esplorando la galassia lontana lontana da una prospettiva completamente nuova.

Jedi Prime non è solo un altro capitolo di Star Wars, ma un viaggio nelle radici più profonde della saga. Lontano dai grandi conflitti galattici e dalle avventure che abbiamo conosciuto nei film precedenti, questo prequel esplorerà la nascita dell’Ordine Jedi e il momento in cui gli esseri umani iniziano a scoprire la loro connessione con la Forza. Sarà un’epoca di incertezze e scoperte, in cui i Jedi stanno lentamente forgiando le basi della loro filosofia che influenzerà la galassia per millenni. Il film offrirà l’opportunità di esplorare una dimensione mitologica e ancestrale, arricchendo l’universo narrativo di Star Wars con nuove e affascinanti sfaccettature.

Alla guida di questo progetto c’è un team di autori di grande spessore. James Mangold, affiancato da Beau Willimon, noto per House of Cards e Andor, sta adattando la serie a fumetti Dawn of the Jedi di John Ostrander e Jan Duursema. Questo materiale ha già gettato le basi per l’esplorazione delle origini della Forza e dei Jedi, e Mangold promette di aggiungere nuove rivelazioni e dilemmi morali che affondano le radici nelle scelte dei primi Jedi. In un’intervista, il regista ha dichiarato che le riprese inizieranno nel 2025, subito dopo aver completato il suo film biografico su Bob Dylan, A Complete Unknown, con Timothée Chalamet protagonista.

Jedi Prime non sarà solo un film d’azione, ma un vero e proprio viaggio nelle dinamiche morali e filosofiche che hanno forgiato l’Ordine Jedi. Mangold ha ribadito più volte la sua intenzione di evitare di seguire rigidamente la tradizione del franchise, proponendo una narrazione originale che esplorerà l’evoluzione di una civiltà e di una filosofia. La Forza, al centro di questa narrazione, sarà trattata come un mistero antico, con le sue radici che si intrecciano con le scelte morali dei primi Jedi e dei loro avversari. Non si tratterà solo di una lotta tra il bene e il male, ma di una riflessione profonda sui dilemmi etici che determinano il destino di un’intera galassia.

Con Jedi Prime, Mangold ha la possibilità di dar vita a una galassia completamente diversa da quella che conosciamo. Collocato decine di migliaia di anni prima degli eventi di Star Wars che tutti conosciamo, il film offre uno spazio vasto e inesplorato, lontano dai personaggi e dalle storie familiari. Questo permetterà al regista di presentare nuove culture, conflitti e forze politiche, offrendo una narrazione meno avventurosa e più solenne, che si addentra nelle incertezze di un periodo di scoperta. Non dovremo aspettarci il tono leggero e spensierato dei film più recenti, ma un viaggio riflessivo e profondo.

Anche se Jedi Prime è previsto per il 2026 come il secondo film di Star Wars di quell’anno, subito dopo il progetto su The Mandalorian e Grogu, la pellicola di Mangold rappresenta già un punto fondamentale per il futuro della saga. Con il film su Rey Skywalker, diretto da Sharmeen Obaid-Chinoy, momentaneamente sospeso, Jedi Prime sembra essere il progetto su cui la Lucasfilm punta per riportare Star Wars nelle sale cinematografiche con un grande impatto.

Raccontare la genesi dell’Ordine Jedi non è impresa facile, e Mangold è ben consapevole della sfida che lo attende. Dopo le delusioni legate a Indiana Jones e il quadrante del destino, il regista è pronto a mettersi alla prova con un progetto altrettanto ambizioso. “Non sono così interessato a essere ammanettato dalla tradizione”, ha dichiarato, sottolineando il desiderio di portare qualcosa di nuovo, senza paura di oltrepassare i limiti predefiniti dalla saga. La scelta di collocare il film in un’epoca così remota consentirà di evitare paragoni diretti con gli altri film, e di raccontare una storia che, pur restando saldamente ancorata all’universo di Star Wars, si distinguerà per il suo approccio narrativo e visivo.

Jedi Prime non si limita a raccontare la nascita dell’Ordine Jedi: è un’opportunità per ridefinire ciò che sappiamo sulla Forza e sulle sue origini. Lucasfilm intende espandere la mitologia di Star Wars, aggiungendo nuovi strati di significato e tradizione. Questo prequel non offrirà solo un’avventura mozzafiato, ma permetterà ai fan di scoprire segreti inediti e rivelazioni che getteranno nuova luce sulla saga. Per i fan più accaniti, sarà un tuffo nelle radici della Forza e della filosofia Jedi, mentre per i nuovi spettatori, Jedi Prime si preannuncia come un’epica affascinante, che pur mantenendo la potenza narrativa di Star Wars, non richiederà alcuna conoscenza pregressa per essere apprezzata.

Con il genio creativo di Mangold e la passione di Willimon, Jedi Prime potrebbe essere il film che segnerà una nuova era per il franchise, portando alla luce una parte della galassia che nessuno aveva mai osato esplorare prima. Se le premesse sono queste, Jedi Prime non può che essere un capitolo destinato a lasciare un segno indelebile nella storia di Star Wars.

Eroi senza tempo: Indiana Jones & Harrison Ford

In occasione del lancio, il prossimo 15 dicembre 2023, su Disney+ del film “Indiana Jones e il Quadrante del Destino“, l’ultimo capitolo dell’epico e iconico franchise, arriverà in esclusiva sulla piattaforma di streaming il documentario. Eroi senza tempo: Indiana Jones & Harrison Ford, che illustra la creazione del leggendario archeologo.

Il documentario, diretto da Laurent Bouzereau, esplora il fascino duraturo di Harrison Ford e la sua formazione, compreso il suo ingresso nel mondo dello spettacolo e nell’iconica saga di Indiana Jones, insieme all’impatto e all’ispirazione generati dai film. Si tratta di uno sguardo approfondito su un momento incredibile della storia del cinema, quando Steven Spielberg e George Lucas hanno riunito un team creativo straordinario per collaborare a un’altra pietra miliare, con filmati mai visti prima e interviste a Ford, Spielberg, Lucas, Kathleen Kennedy, Frank Marshall, James Mangold e molti altri.

Laurent Bouzereau è un regista pluripremiato e un autore di best-seller. Tra i suoi lavori figurano i documentari di HBO Mama’s Boy, basato sul best seller di Dustin Lance Black, e Natalie Wood: Un ritratto intimo (Natalie Wood: What Remains Behind – Sundance 2020), e l’acclamata serie di Netflix/Amblin Television Five Came Back (con la voce narrante, nella versione originale, di Meryl Streep, vincitrice di un Emmy®), con Steven Spielberg come produttore esecutivo.

Indiana Jones e il Quadrante del Destino

È uscito “Indiana Jones e il quadrante del destino”, quinto film della saga dell’archeologo più famoso al mondo. Ci sono alcune domande alle quali intendo rispondere per farvi capire il mio pensiero su questo film.

– Ne sentivamo il bisogno?

No.

– Era necessario?

Sì.

– Ha compiuto il suo scopo?

No, perché dopo averlo visto non si capisce quale fosse il suo scopo.

Probabilmente lo scopo di Indiana Jones 5 consisteva nel sancire un passaggio di consegne da un archeologo ad un altro oppure a chiudere definitivamente la storia del dottor Jones. Questo film non fa assolutamente niente di tutto questo. Non fa un passaggio di consegne e non chiude la storia di Henry Walton Jones Jr..

Allora a che serve?

Risponderò in modo chiaro: completamente a niente! Serve a mettere un altro film in cascina e sperare di guadagnare quanti più soldi possibili. Intendiamoci, non credo sia sbagliato, però Harrison Ford ha 81 anni e nel film si vedono tutti (la CGI non funziona benissimo, soprattutto quando devi attaccare la faccia ringiovanita di Ford sul corpo di una controfigura).

Forse il più grande difetto del film è che non ha sentimento (quell’emozione che ti trasmette un film da “chiusura della saga”, un po’ come ha fatto divinamente James Gunn con Guardiani della Galassia vol. 3). Questo è un film di transizione.

Mi sarei aspettato una chiusura della storia (bella o brutta) per andare avanti con un nuovo nome o, perché no, chiuderla definitivamente. È ora che i dirigenti di Hollywood si prendano delle responsabilità e rischino un po’!

Nel 1969, l’archeologo Henry Jones vive nel periodo della guerra fredda con le potenze dei due blocchi intente alla corsa allo spazio. L’ormai anziano Indiana Jones, nutre seri dubbi sul governo degli Stati Uniti che ha reclutato scienziati Nazisti, gli ex nemici della seconda guerra mondiale, nel disperato tentativo di primeggiare contro l’Unione Sovietica nella competizione per arrivare sulla Luna. La sua figlioccia, Helena, lo accompagna nel suo viaggio alla scoperta della verità. Nel frattempo, Voller, un membro dell’ente Spaziale Americano ed ex nazista, coinvolto nel programma di sbarco sulla luna, ha un piano segreto rendere il mondo un posto migliore come meglio crede.

Insieme a Ford, il cast del quinto capitolo dell’iconico franchise include Phoebe Waller-Bridge (Fleabag), Mads Mikkelsen (Animali Fantastici – I segreti di Silente), Antonio Banderas (Dolor y gloria), Boyd Holbrook (Logan – The Wolverine), Shaunette Renee Wilson (Black Panther), Thomas Kretschmann (Das Boot) e Toby Jones (Jurassic World – Il regno distrutto). Il film è diretto da James Mangold (Le Mans ‘66 – La grande sfida) e prodotto da Kathleen Kenned, Frank Marshall e Simon Emanuel, mentre Steven Spielberg è il produttore esecutivo. Come per tutti e quattro i precedenti capitoli di Indiana Jones, Williams ha compostola colonna sonora del nuovo film Il film è stato girato anche in Italia, nelle splendide cornici dei monumenti e delle viuzze di alcune città Siciliane.

Logan – The Wolverine: Un’epica conclusione per il mutante più amato

“Logan – The Wolverine” ha segnato un’importante svolta per il genere dei film sui supereroi, con un tono più maturo e riflessivo, lontano dai tradizionali blockbuster d’azione. Diretto da James Mangold, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Scott Frank e Michael Green, il film è liberamente ispirato alla graphic novel “Old Man Logan” di Mark Millar e Steve McNiven, ma si distingue per la sua capacità di trattare temi universali con un tocco di realismo emotivo.

Il film è il terzo e, al momento, l’ultimo capitolo della saga spin-off di Wolverine, e vede protagonista Hugh Jackman nel ruolo che l’ha reso celebre. In un futuro distopico, nel 2029, Logan è ormai esausto, segnato da un declino fisico che lo ha ridotto a un’ombra del potente mutante che era stato. Si rifugia in un angolo sperduto del mondo, al confine tra Stati Uniti e Messico, dove si occupa di un malato e debilitato Professor X, interpretato ancora una volta da Patrick Stewart. Quest’ultimo, purtroppo, sta perdendo il controllo delle proprie capacità a causa dell’Alzheimer, creando una dinamica di cura e protezione che arricchisce la trama di una dimensione fortemente emotiva. La quiete apparente della loro esistenza viene presto interrotta dall’incontro con Laura, una giovane mutante con abilità simili a quelle di Logan, che si ritrova a dover proteggere da forze oscure e pericolose.

“Logan” non è il tipico film d’azione: con il suo approccio più intimista, esplora temi profondi come la vecchiaia, la morte e la solitudine, non solo dei protagonisti, ma dei mutanti in generale, un popolo ormai ridotto all’estinzione. La storia del film è una riflessione sulla condizione di chi, come Logan, ha vissuto una vita segnata dalla violenza e dalla sofferenza, ma che alla fine trova un barlume di redenzione e di pace interiore. Mangold, con la sua regia, opta per un’atmosfera quasi western, con paesaggi spettacolari e scene di violenza cruda che accentuano la decadenza del mondo che Logan e Xavier devono affrontare.

Il film segna un’epoca per Hugh Jackman, che offre una delle sue interpretazioni più apprezzate, presentando un Logan umano e vulnerabile, lontano dal supereroe invincibile che aveva interpretato in precedenza. La chimica tra Jackman e Patrick Stewart è palpabile, con la loro relazione che evolve da un legame di dipendenza reciproca a un affetto quasi paterno, rendendo ancora più intensa la drammatica conclusione del film. Stewart, a 76 anni, si è anche sottoposto a un duro regime di allenamento per perdere peso e interpretare un Professor X fisicamente debilitato ma ancora presente nel cuore della narrazione.

“Logan” è stato accolto positivamente dalla critica, con un incredibile 93% di recensioni positive su Rotten Tomatoes, e ha ottenuto un notevole successo al botteghino. Il film ha incassato oltre 600 milioni di dollari in tutto il mondo, a fronte di un budget di 97 milioni, dimostrando come anche un film con una dimensione più adulta possa attrarre un vasto pubblico. Questo risultato testimonia il desiderio del pubblico di vedere storie più profonde e complesse, anche nell’ambito dei supereroi.

Il film è stato presentato in anteprima alla Berlinale, dove ha ricevuto consensi per la sua capacità di mescolare intrattenimento e riflessione. La sceneggiatura e la regia non si limitano infatti a proporre una semplice storia di azione, ma offrono anche una visione intima del personaggio di Logan, il quale, pur avviandosi al sacrificio finale, trova una ragione per difendere la vita di un’altra generazione di mutanti. Il suo ultimo atto, il suo “testamento spirituale”, diventa un atto di speranza e redenzione, un ritorno alla natura e un simbolo di resistenza contro il male.

La pellicola affronta anche la paura e l’odio dell’umanità verso i mutanti, che sono visti come simboli di cambiamento e di incertezze. In questo senso, “Logan” rappresenta non solo una conclusione per il personaggio, ma anche una riflessione sulle difficoltà di accettare ciò che è diverso, sulle lotte interne dei mutanti e sul loro posto in un mondo che non li accoglie.

Le performance degli attori, in particolare quelle di Hugh Jackman e Patrick Stewart, sono state elogiati da molti critici come le migliori della saga. Jackman offre una versione di Logan più sfaccettata e complessa, lontana dallo stereotipo del supereroe, mentre Stewart riesce a trasmettere tutta la fragilità del suo personaggio, ormai ridotto a un uomo vulnerabile. La loro relazione, che si sviluppa nel corso del film, diventa il cuore pulsante della storia, aggiungendo una componente emotiva che raramente si trova nei film di supereroi.

“Logan – The Wolverine” non è solo un film di supereroi: è una riflessione sulla condizione umana, sull’eredità che lasciamo dietro di noi e sul nostro desiderio di redenzione. Una conclusione epica per uno dei personaggi più amati del cinema contemporaneo, che trova finalmente una sua dimensione tragica e liberatoria, lontana dalle tradizionali convenzioni del genere.

Wolverine – L’immortale

Wolverine – L’immortale è il secondo film dedicato al personaggio più popolare degli X-Men, interpretato da Hugh Jackman. Il film si svolge dopo gli eventi di X-Men – Conflitto finale e vede il mutante con gli artigli di adamantio alle prese con il suo passato e il suo futuro in Giappone. Qui, Wolverine incontra un vecchio amico che gli offre la possibilità di liberarsi dalla sua maledizione dell’immortalità, ma si ritrova coinvolto in una pericolosa cospirazione che mette a rischio la sua vita e quella di una giovane ereditiera.

Il film, diretto da James Mangold, si ispira alla celebre saga a fumetti di Chris Claremont e Frank Miller, ambientata nel Sol Levante. Il regista cerca di dare spessore drammatico e psicologico al protagonista, esplorando i suoi tormenti e le sue domande sul senso della vita eterna. Il film si presenta come un noir giapponese, con elementi di azione, fantascienza e arti marziali. Il tono è più cupo e violento rispetto ai precedenti film sugli X-Men, ma non mancano momenti di ironia e di omaggio alla cultura orientale.

Hugh Jackman è ancora una volta perfetto nel ruolo di Wolverine, mostrando sia la sua forza fisica che la sua fragilità emotiva. Il suo personaggio è al centro della storia e delle scene più spettacolari, come il combattimento sul treno ad alta velocità o lo scontro finale con il Samurai d’argento. Gli altri attori, per lo più giapponesi, sono abbastanza convincenti nei loro ruoli, anche se alcuni risultano un po’ stereotipati o poco approfonditi. Tra le figure femminili, spicca la bella e coraggiosa Yukio, interpretata da Rila Fukushima, che fa da spalla e guida a Wolverine.

Wolverine – L’immortale è un film che può piacere ai fan del personaggio Marvel, che ritrovano almeno un paio di sequenze ad alto tasso di adrenalina che sanno rendergli giustizia. Tuttavia, il film soffre di alcuni difetti, come una trama troppo complicata e piena di sottotrame, una regia a volte poco incisiva e un uso eccessivo di effetti speciali, che tolgono realismo e credibilità alle scene. Inoltre, il film non riesce a sfruttare appieno il potenziale del contesto giapponese, che rimane spesso solo una cornice esotica e non una vera fonte di ispirazione.

In conclusione, Wolverine – L’immortale è un film discreto, che offre qualche momento di intrattenimento e di emozione, ma che non raggiunge i livelli di qualità e di originalità di altri cinecomic recenti. Il film vale la pena di essere visto soprattutto per la bravura e il carisma di Hugh Jackman, che conferma di essere l’attore ideale per interpretare Wolverine.