Fantaman, invincibile sei tu sei il terrore di tutti i criminali

Fantaman, un supereroe giapponese nato da un manga basato sull’omonimo personaggio introdotto nel romanzo Ōgon Batto di Takeo Nagamatsu nel lontano 1930,  è stato portato alla vita grazie alle storie scritte da Koji Kata e illustrate da Daiji Kazumine e pubblicate da Daitosha tra il 1964 e il 1965. Non solo il manga ha fatto parlare di sé, ma anche una serie animata prodotta dalla TCJ nel 1967 che è stata trasmessa in Italia nel 1981. Ma Fantaman è stato anche protagonista di due film live action, uno nel lontano 1950 e l’altro nel 1966 distribuito anche in Italia con il titolo “Il ritorno di Diavolik”.E non finisce qui, nel dicembre del 2022 è stato pubblicato un nuovo manga illustrato da Kazutoshi Yamane su Champion Red da Akita Shoten, che ci porta in un’avventura mozzafiato!

FANTAMAN sigla italiana completa

Il famoso archeologo Dottor Corallo aveva condotto una spedizione finora mai esplorata fino all’Antartide, ma la sua sfortuna fu incontrare una strana creatura robotica emergere dal mare e affondare la nave su cui si trovava. L’unica sopravvissuta fu la giovane figlia del professore, Maria, salvata dal dottor Steele e la sua ultima invenzione, l’ipermacchina. A bordo con loro si trovavano anche Terry, il figlio avventuroso di Steele, e l’assistente sbadato Gaby, che aggiungeva un tocco comico alla missione. Presto scopirono di essere finiti proprio nel territorio del perfido Dottor Zero, determinato a conquistare il mondo intero.Durante la fuga atterrano nella perduta isola di Atlantide, colpita da un’eruzione vulcanica. Alla ricerca d’acqua dolce, vengono attaccati da un mostro creato da Zero. Scoprono antichi ideogrammi che li guidano a un sepolcro dove risvegliano il leggendario guerriero Fantaman per sconfiggere il male che minaccia la Terra ogni diecimila anni. Fantaman, protettore della giustizia, si unisce al gruppo di Maria per affrontare le cospirazioni di Dottor Zero e il suo aiutante Gorgo. Ogni volta che sono in pericolo, Maria chiama in suo aiuto il guerriero, preceduto da un pipistrello d’oro e da una risata misteriosa.

Topolino: in occasione di Napoli Comicon 2024, un numero speciale con una cover variant d’eccezione

Su Topolino torna Casty! Il grande autore Disney Andrea Castellan, in occasione di Napoli Comicon 2024 – di scena dal 25 al 28 aprile – firma il nuovo, attesissimo capitolo del Ciclo di Atlantide, nella doppia veste di sceneggiatore e disegnatore. La prima parte della storia sarà presente all’interno del numero 3570, disponibile in edicola, fumetteria, su Panini.it a partire da mercoledì 24 aprile. E per lo stesso numero Casty ha realizzato l’esclusiva cover variant, impreziosita dai colori di Mario Perrotta e da uno speciale effetto iridescente rainbow: una perla per collezionisti che vede Topolino, Minni e Pluto immortalati in una “foto ricordo” con uno degli scorci più famosi del mondo. Questa variant cover sarà disponibile in esclusiva al Comicon e – a partire dal 1° maggio – in fumetteria e su Panini.it.

Con Topolino e la Spectralia Antartica Casty riprende alcune delle tematiche a lui care, portando i lettori alla ricerca di Atlantide, il continente perduto, insieme a Topolino, Pippo e all’archeologa ed esploratrice Eurasia Tost. La storia – disegnata e sceneggiata da Casty per le chine di Michela Frare e i colori di Manuel Giarolli – dà dunque il via all’imperdibile nuovo capitolo del “ciclo atlantideo”, iniziato nel lontano 2005. Un’avventura ricca di tensione e colpi di scena, tra paesaggi abbaglianti e spettacolari, perfettamente fruibile a prescindere dalle ricerche che Topolino & Co. hanno già condotto in passato.

Eurasia Tost, detta “Euri” è la coraggiosa archeologa nata dalla creatività di Casty e Giorgio Cavazzano. Partita come “topo di biblioteca” e diventata un’avventurosa esploratrice dopo l’incontro con Topolino e Pippo, fa la sua prima apparizione nel 2003 in Topolino e la spedizione perduta.

Casty commenta  a proposito di questo personaggio amato e sempre attuale:

«Eurasia è uno dei personaggi delle mie storie a cui sono più affezionato. È intraprendente, curiosa, forte e coraggiosa e rispecchia un modello femminile che, vent’anni fa, mancava nella banda di Topolinia. Trovo che con Topolino e Pippo si completino a vicenda ed è un vero piacere metterli insieme e vedere come interagiscono tra loro».

Da sceneggiatore avventuroso ad autore unico di thriller classici, Casty ha segnato gli ultimi vent’anni di fumetto Disney, in bilico fra la modernità e la tradizione di Floyd Gottfredson e Romano Scarpa. Dedicandosi soprattutto a Topolino, lo ha reso protagonista di avventure dai toni più vari: mistero, sottili inquietudini, umorismo bonario. Ma non si è accontentato di lavorare nel solco dei Maestri: ne ha tracciato uno tutto suo. E così le sue storie hanno esplorato mondi fantasiosi, spazi utopici o apocalittici, concetti e personaggi nuovi. L’autore sarà presente a Napoli con incontri e firmacopie per i lettori (tutti i dettagli sui canali social ufficiali di Panini).

Come sempre, dunque, tanti appuntamenti da non perdere per tutti gli appassionati di nuove avventure, grandi classici e protagonisti senza tempo della storia del fumetto. Topolino 3570 con l’esclusiva cover variant firmata da Casty, sarà disponibile in anteprima al Comicon da giovedì 25 aprile e (da mercoledì 1° maggio) in fumetteria e su Panini.it.

Atlantide è la Sardegna?

La leggenda di Atlantide è un antico racconto intrigante che continua a catturare l’attenzione di appassionati di misteri e studiosi. Secondo Platone, quest’isola misteriosa si trovava vicino alle Colonne d’Ercole e dominava il Mediterraneo prima di scomparire improvvisamente nelle profondità del mare. Negli anni, sono state avanzate varie ipotesi sulla sua reale ubicazione, con molte di esse che puntano verso la Sardegna.

Il legame con la storia sarda è evidente, con Platone che descrive Atlantide come abitata da un popolo marino simile agli Shardana, originari della Sardegna. Caratteristiche geografiche e mitologiche dell’isola perduta richiamano alla mente il territorio sardo, alimentando l’ipotesi che Atlantide potrebbe essere stata situata proprio in questa regione.

Recentemente, il ricercatore Luigi Usai ha proposto una teoria interessante che potrebbe gettare luce sulla ricerca di Atlantide. Secondo Usai, l’isola misteriosa potrebbe corrispondere al blocco continentale sardo-corso sommerso dopo l’ultima glaciazione a causa di eventi naturali. Usai fornisce prove oceanografiche e batimetriche dell’esistenza di possibili strutture sommerse nel Mar Mediterraneo che potrebbero essere collegati all’antica civiltà di Atlantide.

Se la teoria di Usai fosse confermata da ulteriori ricerche e analisi, potrebbe rappresentare una svolta nella comprensione di questa leggendaria isola. Questa teoria ha ispirato numerosi studiosi e appassionati di misteri, incluso il regista premio Oscar James Cameron che ha dedicato un documentario alla ricerca di Atlantide in Sardegna. Tuttavia, nonostante le suggestioni e le speculazioni, una vasta schiera di esperti in diverse discipline ha smentito la teoria Atlantide-Sardegna, mancando di prove concrete a supporto. La leggenda di Atlantide e il suo presunto legame con la Sardegna continuano a intrigare e a stimolare l’immaginazione, aggiungendo un’altra pagina al ricco patrimonio di leggende isolane.

Lemuria: il contente perduto di Kumari Kandam

Molti di noi sono a conoscenza della storia di Atlantide, la leggendaria città sommersa descritta dall’antico filosofo greco Platone. Ancora oggi, c’è divisione di opinioni su come interpretare questa storia: ci si chiede se prenderla letteralmente o se considerarla soltanto una parabola morale. Ma sapete che c’è una storia simile, meno conosciuta rispetto ad Atlantide, nel subcontinente indiano? Stiamo parlando del “continente perduto” di Lemuria, spesso associato alla leggenda di Kumari Kandam dai parlanti della lingua tamil.

La parola Lemuria ha origine nella seconda metà del XIX secolo. Il geologo inglese Philip Sclater si trovò perplesso dalla presenza di fossili di lemuri a Madagascar e in India, ma non in Africa continentale e nel Medio Oriente. Pertanto, nel suo articolo del 1864 intitolato “I mammiferi di Madagascar“, Sclater propose che Madagascar e l’India fossero in passato parte di un continente più grande e chiamò questa terra mancante “Lemuria”. In quel periodo, la teoria di Sclater fu accettata dalla comunità scientifica come spiegazione di come i lemuri avrebbero potuto migrare da Madagascar all’India o viceversa in tempi antichi. Tuttavia, con l’emergere di concetti moderni come la deriva dei continenti e la tettonica delle placche, la proposta di un continente sommerso di Sclater non fu più sostenibile. Ma nonostante ciò, l’idea di un continente perduto non voleva morire e alcune persone credono ancora che Lemuria sia stato un continente effettivamente esistito nel passato.

Uno dei gruppi che ancora crede nell’esistenza di Lemuria è quello dei nazionalisti tamil. Il termine Kumari Kandam appare per la prima volta nel XV secolo nel testo Kanda Puranam, la versione tamil dello Skanda Puranam. Tuttavia, storie di una terra antica sommersa nell’Oceano Indiano sono state registrate in molti testi letterari tamil precedenti. Secondo queste storie, c’era una porzione di terra che un tempo era governata dai re Pandiyan ed è stata inghiottita dal mare. Quando le narrazioni su Lemuria arrivarono nell’India coloniale, il paese stava attraversando un periodo in cui la narrativa popolare stava cominciando a influenzare le conoscenze storiche come se fossero fatti. Pertanto, Lemuria fu rapidamente associata a Kumari Kandam.

La storia di Kumari Kandam non è solamente una storia, sembra anche essere carica di sentimenti nazionalistici. Si sostiene che i re Pandiyan di Kumari Kandam fossero governanti di tutto il continente indiano e che la civiltà tamil sia la più antica civiltà del mondo. Quando Kumari Kandam fu sommersa, la sua gente si sparse in tutto il mondo e fondò varie civiltà, da cui deriva l’affermazione che il continente perduto sia anche la culla della civiltà umana.

Ma quanto c’è di vero nella storia di Kumari Kandam?

Secondo i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Oceanografia dell’India, circa 14.500 anni fa il livello del mare era più basso di 100 metri e, circa 10.000 anni fa, di 60 metri. Pertanto, è del tutto possibile che in quel periodo ci fosse un ponte di terra che collegava l’isola di Sri Lanka al subcontinente indiano. Con l’aumento del riscaldamento globale tra 12.000 e 10.000 anni fa, l’innalzamento del livello del mare ha causato periodiche inondazioni. Queste inondazioni avrebbero sommerso insediamenti preistorici situati nelle aree costiere basse dell’India e di Sri Lanka. Le storie di questi eventi catastrofici potrebbero essere state tramandate oralmente di generazione in generazione e, alla fine, scritte come la storia di Kumari Kandam.

Un fattore che supporta l’esistenza di Kumari Kandam è il cosiddetto Adam’s Bridge (noto anche come Rama’s Bridge), una catena di secche di calcare composta da sabbia, limo e piccoli ciottoli situata nello Stretto di Palk, che si estende per 18 miglia dal subcontinente indiano a Sri Lanka. In passato, questa lingua di terra veniva considerata una formazione naturale, ma ci sono persone che sostengono che le immagini scattate da un satellite della NASA dimostrino che questa formazione terrestre sia in realtà un lungo ponte spezzato sotto la superficie dell’oceano.

L’esistenza di un ponte in questa posizione è anche supportata da un’altra antica leggenda. Il Rāmāyaṇa narra la storia di Sītā, moglie di Rāma, che fu tenuta prigioniera sull’isola di Lanka. Rāma commissionò un enorme progetto di costruzione per creare un ponte e trasportare il suo esercito di Vanara (uomini-scimmia) attraverso l’oceano fino a Lanka.

Come accade nella maggior parte dei miti, sembra probabile che ci sia almeno una parte di verità nelle antiche leggende tamil di Kumari Kandam, ma quanto c’è di vero deve ancora essere determinato. Sono necessarie ulteriori ricerche e scoperte scientifiche per confermare o smentire queste teorie.

Atlantide in Africa e il Dialogo Perduto di Platone

Il celebre filosofo Platone, una delle menti più influenti nella storia dell’umanità, fu oggetto di scherno da parte dei suoi contemporanei a causa di uno dei suoi scritti. La profonda delusione che derivò da ciò lo portò addirittura a non completare il secondo dei tre racconti previsti sull’argomento, senza nemmeno iniziare il terzo. Nei suoi dialoghi “Timeo” e “Crizia“, rimasto incompiuto, e inun terzo “Ermocrate“, mai scritto o andato distrutto (il famoso “Dialogo Perduto di Platone” che tutti i nerd hanno cercato nel gioco cult “Indiana Jones and The Fates of Atlantis), Platone descrive Atlantide, l’enigmatica terra perduta che da secoli affascina studiosi e appassionati.

Secondo il celebre filosofo greco, al di là delle Colonne d’Ercole si estendeva un immenso mare, punteggiato da una serie di piccole isole che conducevano a un grande continente, centro di una potenza marittima conquistatrice di vasti territori dell’Europa occidentale fino all’Etruria a nord e del Nordafrica fino all’Egitto a sud, ben novemila anni prima dell’era di Solone (ossia approssimativamente nel 9600 a.C.). Secondo la leggenda, Atlantide aveva tentato di invadere Atene ma era stata sconfitta. Come punizione per questo fallimento, Poseidone, dio degli oceani, avrebbe sprofondato l’isola-continente “in un singolo giorno e notte di disgrazia”. Il nome Atlantide deriva da Atlante, leggendario governatore dell’oceano Atlantico e figlio di Poseidone, che avrebbe anche regnato come primo sovrano di questa potenza marittima, secondo la narrazione di Platone.

L’Ermocrate è un dialogo ipotetico attribuito a Platone, che si ritiene possa essere la terza parte della trilogia composta anche da Timeo e Crizia. Tuttavia, è noto che Platone non ha mai completato il Crizia, le ragioni di ciò rimangono sconosciute. Pertanto, si suppone comunemente che Platone non abbia mai iniziato a scrivere l’Ermocrate (un’altra ipotesi suggerisce che il testo sia stato distrutto dopo l’avvento del cattolicesimo perché contrastava con i dogmi cattolici). In questo dialogo scomparso Crizia narrerebbe la storia di uno stato ideale nell’antica Atene, avvenuta nove millenni prima, e spiega come questa città sia stata in grado di resistere all’invasione dell’imperialismo navale di Atlantide. Anche questo racconto farebbe riferimento a fonti preistoriche che vanno da Solone agli Egizi.

Non potendo stabilire l’esatto contenuto del Dialogo perduto di Platone, la storia di Atlantide viene generalmente considerata come una storia funzionale ai dialoghi del filosofo, concepita per illustrare le sue idee politiche. Nonostante la funzione allegorica attribuita ad Atlantide sia chiara per la maggior parte degli studiosi, c’è un dibattito in corso su quanto e come il racconto di Platone possa essere ispirato da tradizioni più antiche. Alcuni sostengono che Platone si basò su eventi storici passati, come l’eruzione vulcanica di Thera o la guerra di Troia, mentre altri insistono sul fatto che egli possa essersi ispirato ad eventi contemporanei, come la distruzione di Elice nel 373 a.C. o il fallimento della invasione ateniese della Sicilia nel 415-413 a.C.

In ogni modo, durante l’antichità classica, l’esistenza di Atlantide fu oggetto di vivaci discussioni, ma generalmente venne rigettata e talvolta anche parodiata da autori successivi anche perchè i Greci del suo tempo sapevano perfettamente che non esisteva alcuna isola di notevoli dimensioni ai piedi del monte Atlante.

Tuttavia, la recente scoperta ottenuta grazie al satellite giapponese PALSAR dimostra che Platone aveva in effetti ragione. Un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature” il 10 novembre 2015, intitolato “African humid periods triggered the reactivation of a large river system in Western Sahara“, conferma l’esistenza di un antico sistema fluviale nell’attuale Sahara occidentale. Questo sistema fluviale, noto come fiume Tamanrasett, ha origine negli altopiani dell’Hoggar e nelle montagne dell’Atlante meridionale in Algeria, per poi sfociare nell’odierna Mauritania.

La valle del fiume Tamanrasett possiede una larghezza di circa 90 km, e la sua foce, attualmente situata sotto il mare, raggiunge una larghezza di 400 km. Ciò significa che il fiume poteva estendersi su una simile larghezza da costa a costa. Osservando la regione dall’alto, è possibile constatare che durante l’Ultimo Periodo Umido Africano, verificatosi circa 14.500-7.000 anni fa, la cosiddetta “Terra di Atlante” costituiva effettivamente un’isola, circondata a nord dal Mar Mediterraneo, a ovest dall’Oceano Atlantico e a sud dal fiume Tamanrasett. Questo fatto conferma quindi le affermazioni di Platone riguardanti la “Grande Isola”.

Ma in realtà si trattava realmente dell’Isola di Atlantide? Secondo il racconto di Platone, in prossimità di Atlantide si trovavano due strutture geologiche particolari: l’Isola di Poseidone e l’Isola della Metropoli. Le dimensioni e la disposizione di tali due strutture, individuate lungo il percorso del fiume Tamanrasett come la Cupola di Semsiyat e la Struttura di Richat, coincidono esattamente con quanto descritto da Platone. Non esiste infatti alcuna struttura simile al mondo che presenti tali peculiarità.

Grazie alla moderna tecnologia satellitare, si può oggi affermare con certezza di aver individuato il territorio di Atlantide di cui Platone parlava. Ciò pone importanti interrogativi sulla provenienza di queste informazioni da parte dei misteriosi sacerdoti egizi, nonché sulla civiltà che conosceva eventi accaduti migliaia di anni fa. Il libro intitolato “Atlantide 2021 – Il continente ritrovato” offre risposte a tali domande, basandosi su studi scientifici pubblicati in autorevoli riviste come “Science” ed altre ancora.

Dogen City, la nuova Atlantide giapponese

Il Giappone sta lavorando ad un progetto che sembra uscito dalla serie “Fushigi no umi no Nadia“. Si chiama Dogen City, e non è un’idea sci-fi di qualche Mangaka, né un nuovo grattacielo, né un parco a tema tecnologico. È un intero habitat, una città galleggiante progettata per ospitare fino a 40.000 persone e diventare una sorta di “Neo Atlantide” anzi un nuova “Arca di Noè” del futuro.

La società dietro a tutto questo, N-Ark, afferma non senza enfasi che questa Venezia nipponica potrebbe resistere perfino a un’apocalisse. Dogen City, che misurerà 4 chilometri di circonferenza, avrà una organizzazione interna tale da consentire agli abitanti di raggiungere qualsiasi punto dell’area entro un’ora.

Ma cosa conterrebbe esattamente questa città galleggiante?

Dogen City, una moderna Atlantide, sarà  un mix tra un villaggio e una metropoli futuristica: la città galleggiante di N-Ark avrà di tutto, dai campi sportivi alle strutture abitative. Una megastruttura in grado, se necessario, di spostarsi navigando fino a un’altra posizione.

La progettazione di Dogen City si basa su una struttura circolare pensata per resistere a condizioni meteorologiche estreme. La città sarà composta da tre tipi di strutture. Un anello abitabile che crea una baia e protegge la città dagli tsunami, l’anello è stratificato, con cibo e infrastrutture collocate al di sotto delle zone abitabili. All’interno dell’anello, l’architettura galleggiante permette la riconfigurazione dello spazio secondo le funzioni urbane… Proprio come l’Atlantide descritta da Platone ma a prova di calamità e disastri.

Sotto il livello del mare si trova un centro dati ad alta tecnologia raffreddato dall’oceano. Il centro ospita il sistema operativo della città, così come gran parte dei suoi servizi medici. Una città sanitaria nella città, una banca del DNA, un centro di ricerca medica, strutture chirurgiche e di test: tutto sott’acqua. Questo manterrà i costi energetici bassi, permettendo un uso efficiente dello spazio. Infine saranno allestite una serie di strutture flessibili che potranno muoversi liberamente nella baia interna a seconda delle esigenze della popolazione.

Secondo il piano di sviluppo di N-Ark, la città dovrebbe essere completata entro il 2030. Per allora, gli ideatori progettano di realizzare sei elementi essenziali (medico, alimentare, abitativo, informazioni, servizi elettrici) da ampliare progressivamente. Ci sono ancora molte incognite su come una tale città galleggiante potrebbe essere realizzata e mantenuta nel tempo. Ciononostante, progetti come Dogen City rappresentano tentativi importanti di pensare a come le società potrebbero adattarsi ai cambiamenti climatici in corso e alle relative sfide, prima fra tutte l’innalzamento del livello del mare.

Namor (Marvel) vs Aquaman (DC Comics)

Chi è nato prima?

Namor (Marvel) vs Aquaman (DC Comics)

Chi è il vero sovrano di Atlantide? In questo caso sembrerebbe che la Marvel abbia il primato nelle 20.000 leghe sotto i mari! Il principe di Atlantide Namor il Submariner fu creato da Bill Everett nel 1939 (Marvel Comics vol. 1) due anni prima del re di Atlantide e potente signore degli oceani Aquaman (More Fun Comics vol. 73, 1941).

In particolare Namor, durante il periodo denominato Golden Age, insieme a Capitan America e alla Torcia Umana originale, fu uno dei primi personaggi della casa editrice Timely Comics, che poi divenne la Marvel Comics. Anni dopo, Stan Lee e Jack Kirby, recuperarono il personaggio durante la Silver Age come comprimario dei Fantastici Quattro. Namor è comparso in quasi tutte le serie Marvel, dove si è messo in luce per la sua arroganza, la sua forza e il lessico regale e autoritario. Perennemente in conflitto con la razza umana colpevole di inquinare e depredare il mondo acquatico, Namor possiede una forza fisica eccezionale, oltre alla capacità di volare e di nuotare velocissimo; è in grado di respirare aria ma se rimane troppo a lungo lontano dall’acqua, le sue capacità diminuiscono fino a sparire.

Aquaman (originariametne alter ego di Orin) è stato creato da Mort Weisinger (testi) e Paul Norris (disegni), membro della Justice League. Secondo la versione più conosciuta, è Arthur Curry, il figlio di un guardiano del faro e di una regina di Atlantide, ma le sue origini vengono spesso alterate dagli autori tramite la Retrocon.

 

Indiana Jones and the Fate of Atlantis

Trent’anni fa, nel 1992, usciva nei negozi di  videogiochi’avventura grafica “Indiana Jones and the Fate of Atlantis”, probabilmente il gioco più bello di sempre! Questo straordinario titolo punta e clicca, sviluppato e pubblicato dalla LucasArts, creato da Hal Barwood e Noah Falstein, presenta una nuova avventura del famoso archeologo Indiana Jones questa volta alla ricerca del continente perduto di Atlantide in compagnia della sua vecchia assistente, ora medium di successo, Sophia Hapgood. A differenza del precedente gioco “The Last Crusade*, “The fate of Atlantis” non è basato sulla trama di uno dei film di Indy, bensì su una storia originale appositamente creata per esso… Storia che tutti gli appassionati avrebbero voluto come quarto capitolo cinematografico del leggendario archeologo con il cappello a falda larga!

La trama del gioco è ambientata nel 1939, alla vigilia della seconda guerra mondiale. Lo storytelling segue Indiana Jones mentre cerca di trovare la città perduta di Atlantide, una leggendaria città scomparsa nell’oceano, grazie al ritrovamento del mitico “Dialogo perduto di Platone”…. E ad un mistico artefatto denominato “pezzo di chiglia della nave”. Nel corso del gioco, il giocatore potrà esplorare diversi luoghi esotici, risolvere puzzle intricati e interagire con numerosi personaggi non giocanti.

INDIANA JONES and the Fate of Atlantis - Soluzione [ITA] Longplay no commentary

 

Una delle caratteristiche più interessanti del gioco è la scelta del giocatore nel determinare l’orientamento del gioco. Il gioco offre infatti l’inedita scelta tra tre diverse modalità di gioco direttamente inserita nello storytelling: Squadra, Ingegno e Azione. La modalità Squadra è focalizzata sulla risoluzione di puzzle in compagnia della seducente Sophia Hapgood, la modalità Ingegno sull’investigazione tramite la conversazione con i personaggi non giocanti e la modalità Azione sulla lotta e la sopravvivenza a suon di click di mouse. Queste diverse modalità offrono al giocatore un’esperienza di gioco unica e personalizzata ricongiungendosi poi nel capitolo finale all’interno della Città sommersa.

Il gioco è noto per i suoi personaggi ben sviluppati e la loro interazione con il giocatore. Indiana Jones è un personaggio carismatico e affascinante, e il gioco include molti altri personaggi interessanti e divertenti in linea con il franchise creato da George Lucas e Steven Spielberg. La storia è anche piena di intrighi e misteri, che mantengono il giocatore impegnato fino alla fine del gioco alla ricerca del modo corretto di interpretare il Diario di Platone.

La grafica e la colonna sonora del gioco sono state molto apprezzate al momento del rilascio del gioco. La grafica è in stile cartone animato e presenta una grande varietà di ambientazioni e personaggi. La colonna sonora è composta dal trio Michael Land, Clint Bajakian e Peter McConnell che hanno creato una ost accattivante e avventurosa che si adatta perfettamente al tema del gioco ispirandosi alle partiture di John Williams.

“Indiana Jones e il fato di Atlantide” è considerato uno dei migliori giochi d’avventura di tutti i tempi, ed è stato molto apprezzato dalla critica e dai fan. Il gioco ha ispirato numerosi altri giochi d’avventura e ha contribuito a creare il genere del gioco d’avventura punta e clicca. Il quarto vero capitolo di Indiana Jones è un gioco d’avventura punta e clicca classico che offre un’esperienza di gioco unica e personalizzata. Con la sua trama intrigante, personaggi ben sviluppati, grafica accattivante e colonna sonora avventurosa, il gioco è un must-play per gli appassionati di giochi d’avventura e gli amanti della saga di Indiana Jones.

L’uomo di Atlantide (serie televisiva)

Il mare, l’oceano, gli abissi marini, hanno sempre affascinato la fantasia di molti scrittori, come ad esempio Jules Verne in “20,000 Leghe sotto i mari”, dove all’interno del Nautilus, il sottomarino comandato dal principe Dakar, alias il Capitano Nemo, si vivono  mille avventure subacquee. Il vasto e sconfinato blu, con i suoi misteri e le sue creature che sembrano uscite da racconti fantastici, come il mito di “Scilla e Cariddi”, il “megalodonte”, ha riempito pagine e pagine di libri, fumetti, visto la realizzazione di serie televisive e film; ma più di tutti, gli abissi marini hanno affascinato per la leggenda e il mistero più grande: la mitica “Atlantide”, il continente perduto sprofondato negli abissi citato dal grande filosofo Platone. Su questo argomento poi sono innumerevoli le opere che sono state realizzate sulla di lei “mitica civiltà”; specialmente in questi giorni che nelle sale cinematografiche è uscito il lungometraggio del personaggio dei fumetti DC Comics “Acquaman”. Una di queste opere, di cui voglio parlarvi, è una serie televisiva americana di fine anni settanta “Man from Atlantis”, qui da noi conosciuta come “L’Uomo di Atlantide”.

Questa serie venne prodotta dalla Solow Production Company, con protagonista Patrick Duffy, famoso per aver interpretato la serie televisiva “Dallas”, “Una Bionda per Papà” e alcune apparizioni in “Beautiful. Nonostante le premesse, pur avendo una buona trama e anche discreti effetti speciali per l’epoca, vennero realizzati solo 17 episodi, finiti i quali venne successivamente cancellata definitivamente dal network. Qui in Italia venne trasmessa nei primi anni ottanta sulle reti nazionali di Canale 5 e poi alcune sporadiche visioni su reti locali.

L'Uomo di Atlantide 1977 Sigla (Man from Atlantis)

Durante un’esplorazione subacquea, il sottomarino “Cetaceo”, un avveniristico veicolo, creato per le esplorazioni dei fondali marini, al comando della Dottoressa Elizabeth Merrill, rileva una strana creatura marina, dopo non poche difficoltà, la creatura viene portata a bordo e fu così che l’equipaggio fece una scoperta incredibile. Infatti la Dottoressa Merrill e gli altri membri del Cetaceo rimangono sbalorditi, in quanto la misteriosa creatura altri non è che un essere umano, ma la cosa più incredibile è che si trovano ad una profondità tale che nessun sub sarebbe mai riuscito a raggiungere, ma egli non solo non subisce gli effetti della decompressione, ma non ha bisogno di nessuna attrezzatura da sub; l’uomo inoltre dichiara di non rammentare nulla del suo passato tranne il nome Mark Harris, e l’unica cosa che sa è che ogni volta che lui si tuffa in mare, acquisisce abilità particolari, oltre a respirare sott’acqua senza bombole e a resistere alla pressione dei fondali, nelle sue mani, che sulla terraferma sono normali, appena si immerge, spuntano delle membrane, diventando così palmate e dandogli una velocità nell’acqua tale da poter battere un motoscafo fuoribordo, un po’ come Acquaman e Namor.

La dottoressa Merrill ipotizza che Mark Harris possa essere un sopravvissuto della mitica Atlantide, il misterioso continente perduto. Mark decide così di accettare la proposta della dottoressa Merrill e di aiutare lei e l’equipe del Cetaceo per l’esplorazione delle profondità degli abissi della fauna e della flora marina, e di difenderla da personaggi senza scrupoli che vogliono sfruttare le risorse marine per i loro loschi scopi, primo tra tutti il malvagio signor Schubert.

L uomo di atlantide sigla

Una serie che a parer mio aveva grandi potenzialità, se il network ci avesse creduto un po’ di più, oppure l’accoglienza dei fan fosse stata più numerosa, magari non sarebbe stata interrotta lasciando molti interrogativi in sospeso e magari avrebbero potuto stanziare un budget più alto così da rendere la trama e gli effetti speciali molto più interessanti. Un vero peccato perché l’oceano è sempre un argomento affascinante, per realizzare storie avventurose.

 

 

Aquaman arriva a Capodanno! [spoiler!]

Da Warner Bros. Pictures e dal regista James Wan arriva “Aquaman”, la storia delle origini di Arthur Curry, metà umano e metà atlantideo, e dell’avventura più grande della sua vita che lo costringerà non solo ad affrontare chi sia veramente, ma anche a scoprire se sia degno di essere ciò per cui è nato…un re. L’avventura ad alto tasso di azione è ambientata nel vasto e mozzafiato mondo sottomarino dei sette mari e vede protagonista Jason Momoa nel ruolo che dà il titolo al film. Nel film è protagonista anche Amber Heard nel ruolo di Mera, fiera guerriera e alleata di Aquaman nel corso dell’avventura; il candidato all’Oscar Willem Dafoe (“The Florida Project”) in quello di Vulko, consigliere al trono di Atlantide; Patrick Wilson nel ruolo di Orm, attuale Re di Atlantide; Dolph Lundgren in quello di Nereus, Re della tribù Atlantidiana ribelle Xebel; Yahya Abdul-Mateen II nel ruolo di Black Manta in cerca di vendetta; e la premio Oscar Nicole Kidman (“The Hours”) nel ruolo della madre di Arthur, Atlanna. Nel film compare anche Ludi Lin nel ruolo del Capitano Murk, soldato Atlantideo e Temuera Morrison nel ruolo del padre di Arthur, Tom Curry. Wan ha diretto da una sceneggiatura di David Leslie, Johnson-McGoldrick e Will Beall, un soggetto di Geoff Johns & James Wan e Will Beall, basato sui personaggi creati da Paul Norris e Mort Weisinger per la DC. Il film è prodotto da Peter Safran e Rob Cowan, con Deborah Snyder, Zack Snyder, Jon Berg, Geoff Johns e Walter Hamada come produttori esecutivi. Il team dietro la macchina da presa di Wan include suoi collaboratori frequenti, come il direttore della fotografia candidato all’Oscar Don Burgess (“Forrest Gump”), il montatore di cinque dei suoi film Kirk Morri, lo scenografo Bill Brzeski e il supervisore agli effetti visivi Kelvin McIlwain.  A loro si sono uniti la costumista Kym Barrett e il compositore Rupert Gregson-Williams. La Warner Bros. Pictures presenta una produzione di Peter Safran, un film di James Wan, “Aquaman”. Il film sarà presentato in 2D, 3D, 4D, Dolby Cinema e ScreenX nei migliori cinema e IMAX, e sarà distribuito nel mondo dalla Warner Bros. Pictures. Il film arriverà nelle sale italiane dal 1° gennaio 2019.

Metà uomo, metà Atlantideo, Aquaman è un guerriero valoroso che viene a conoscenza della sua legittima pretesa di salire al trono del regno subacqueo di Atlantide, ma è anche un uomo che si è autoemarginato, sia sopra che sotto la superficie del mare. Vive la sua vita come Arthur Curry, cresciuto in superficie con il padre Tom, nonostante sia il figlio primogenito della Regina Atlanna. La sua esistenza rappresenta un potenziale ponte fra gli abitanti del mare e quelli in superficie, ma un giorno spetterà a lui provare a farli unire. In “Aquaman”, quel giorno è arrivato. Lavorando insieme, James Wan e Jason Momoa hanno cercato di portare sul grande schermo l’iconico supereroe della DC, che fa onore alle sue radici di fumetto ma che è anche una rivisitazione per il pubblico cinematografico odierno, visto che vive nel mondo di oggi.

Fin dall’inizio, il regista suggerisce come i due abbiano condiviso una comprensione unica del dilemma di Arthur. “Credo che Jason abbia molti punti in comune con il suo personaggio, visto che anche lui ha vissuto in due mondi diversi”, dice Wan, anche lui cresciuto tra due culture differenti. “Jason è un Hawaiano cresciuto nell’America centrale. Non si è mai sentito di appartenere a nessuno dei due luoghi. E io questo lo capisco bene, visto che sono un asiatico nato in Malesia e cresciuto in Australia. Ho una forte educazione australiana, ma ho comunque conservato anche le mie radici culturali Cinesi/Malesi”. Se il personaggio di Arthur Curry è destinato a governare il regno sottomarino di Atlantide, anche Momoa era destinato ad interpretare questo ruolo. Oltre alle sue molteplici origini, il fatto di aver condotto una vita da isolano ha aiutato Momoa a calarsi nel personaggio ancora più a fondo. “Come Arthur, anche io sono un mezzosangue, diviso tra lo Iowa e le Hawaii, così ho potuto veramente indentificarmi con lui. E dalle Filippine alle Hawaii, da Tahiti alle Fiji… Molte isole hanno il loro proprio dio delle acque.  Questo mi ha coinvolto istantaneamente”, ricorda.

E non è tutto. “Ho studiato biologia marina mentre abitavo nello Iowa”, aggiunge Momoa, trovando altri punti in comune tra lui e il suo personaggio. “Ironia della sorte, c’era un campus al centro di Des Moines, ed era tutto in tema aquatico—squali, anguille e così via. Adoro il mare e la vita sulle isole. C’è qualcosa che mi spaventa ma che mi attrae allo stesso tempo. Mi infonde calma. È in continua evoluzione. È sempre in movimento. Come il fuoco, puoi stare lì e fissarti a guardarlo. I pensieri fluiscono. Ti ci puoi perdere dentro”. Momoa, che faceva surf sulle onde del Pacifico del Sud, davanti la casa che aveva affittato nella australiana Gold Coast durante le riprese del film, aggiunge che “in Polinesia, lo squalo è il protettore della nostra famiglia. Viene chiamato mana, il potere sovrannaturale. Ho fatto un sogno in cui facevo surf e vedevo uno squalo enorme. Gli ho detto ‘Hey, fratello!  Sono uno di voi!’ Mi piacerebbe molto poter parlare con i pesci, con gli squali. Ovviamente adesso che sono Aquaman…”, scherza.

Protagonista al fianco di Momoa, Amber Heard dice, “La produzione ha concesso a Jason di poter intervenire sulla nostra versione di Aquaman, e Jason ha veramente ricreato il personaggio. Credo che sia una versione di Aquaman fresca, moderna, cool e totalmente diversa, che va oltre quello che ci si aspetta da un fumetto, ma che allo stesso tempo gli rimane fedele”.             Ad ampliare il discorso sulla doppia natura di Arthur, Momoa continua, “Si comporta da spaccone, ma è comprensivo e a volte ha anche paura. È un uomo buono, ma ciò che lo rende veramente grande è il fatto di essere l’unico che può far unire quelle due società così diverse, perché è anche un Atlantideo ed è il prescelto. Tuttavia, ciò che lo rende umano, anche umile nonostante la spavalderia, è il fatto che sa di non essere pronto per tutto ciò”.

Sfortunatamente per Arthur, il tempo non è suo alleato. Il fratellastro, Orm, ha capito tutto e il suo piano di fomentare un conflitto ha permesso ai produttori di includere nella storia un messaggio importante sulla salute del nostro pianeta. “Orm ha deciso di unire tutti i regni dei mari, per poi attaccare il mondo in superficie, principalmente per l’inquinamento dei mari causato dall’uomo”, spiega Momoa. “Ad Arthur non interessa essere il re, però non vuole che Orm crei danni alla superficie. Orm sta per unire i sette regni per prendere il controllo del mondo intero. Perciò, finalmente Arthur capisce che deve fermarlo e l’unico modo per farlo è quello di lanciarsi in questa enorme crociata, un’avventura epica. Quella è la parte eccitante perché ha quella vibrazione tipo ‘Alla ricerca della pietra verde’, che mi è piaciuta molto”.

Alla guida della battaglia troviamo Mera, figlia del Re Nereus e Principessa del regno acquatico di Xebel. Oltre al suo status regale—che include l’obbedienza al fidanzamento con Orm—ha il dono della idrocinetica, una straordinaria e potente abilità nel manipolare l’acqua. “Quello che amo del nostro film, è il fatto che James, gli sceneggiatori, i produttori…nessuno di loro voleva che Mera fosse l’ennesima fanciulla in pericolo”, dice la Heard dell’orgogliosa eroina. “E io, per una volta, mi sono sentita grata per aver deciso quell’approccio per una protagonista femminile. Mera è un’individualista intraprendente e una leader. Credo che il pubblico abbia voglia di vedere una donna che occupi un ruolo forte e lei è, sotto tutti i punti di vista, l’equivalente di Aquaman poiché riesce a salvarlo tanto quanto lui salva lei”.

Mera dimostra di essere una formidabile eroina e diventa alleata di Arthur, nel tentativo di salvare il mondo. “Emerge dall’acqua nel mezzo della notte, come ultima risorsa, per trascinare per il bavero un riluttante Arthur via dal mondo in superficie, via dalla sua sciatta, malinconica e ignorante zona sicura, perché si unisca alla sua missione di fermare il Re Orm dai suoi propositi”, continua la Heard. “Lei è l’unica che può veramente convincere Arthur ad andare ad Atlantide e salvare il mondo”. “Nel mondo dei fumetti, in realtà Mera è molto più potente di Arthur, sotto molti aspetti”, nota Wan. “Ha poteri che Arthur non possiede, e penso che questo sia affascinante. So che questo è ciò che ha convinto Amber ad accettare la parte. Però Amber la interpreta mettendo in mostra anche la sua vulnerabilità, che credo sia richiesto dal ruolo. Nel film, anche Mera sta cercando di scoprire il suo posto nel mondo. Entrambi i protagonisti vivono questo pazzesco rito di passaggio, imparando entrambi chi siano e chi debbano essere. “Quando ho conosciuto Amber, sono rimasto colpito dal suo carisma e dal suo fascino.  Le giovani ragazze possono prendere Mera a modello, anche lei un personaggio intelligente e forte”.  “Amber è fantastica”, dice Momoa. “Eravamo veramente in sintonia. In questa battaglia eravamo più che altro io e lei che andavamo ovunque, ed è stato molto divertente. E poi i nostri personaggi sono entrambi dei tipi tosti. Grazie alla sua abilità con l’acqua, Mera potrebbe avere la meglio su Arthur, sul serio. Ha un potere veramente straordinario”.

La fonte dei super poteri di Arthur come Aquaman, è sua madre, Atlanna, che è stata di ispirazione per la giovane Mera. Wan lancia l’intera avventura con la presentazione di un guardiano del faro del New England, chiamato Tom Curry, mentre salva la vita a una creatura marina umanoide. Era naufragata sulla spiaggia rocciosa adiacente il faro durante un violento uragano e, mentre la aiuta a riprendere i sensi, scopre che si tratta di Atlanna, Regina di Atlantide, fuggita dal suo regno sottomarino dopo essere stata promessa come sposa al suo ripugnante re. Così si innamorano e dal loro amore nasce un figlio, Arthur, in onore del leggendario re di Camelot. Nicole Kidman è interprete della regale Atlantidiana, la cui lotta per la libertà dà il via alla storia delle origini. “È una regina, ma anche una madre che deve sacrificarsi per potere stare accanto al figlio e salvarlo”, dice la Kidman. “Il suo sacrificio è un grande tema, ciò che le costa come persona e come si riflette sulla sua famiglia. Amo questo personaggio per la sua forza.  James mi diceva sempre che Atlanna è il cuore pulsante della storia, una definizione che mi piace molto”.  “Quando abbiamo iniziato a fare le scelte del casting per il ruolo di Atlanna, sapevamo di aver bisogno di un’attrice icona che interpretasse la parte”, dichiara Safran. “Sapevamo che dovesse essere qualcuno che portasse qualcosa di suo, che mettesse in campo la propria esperienza. Avevamo saputo che Nicole Kidman voleva lavorare con James, così l’abbiamo cercata e lei si è dimostrata entusiasta dal fatto di dover interpretare una supereroina, perché non aveva mai un ruolo del genere nella sua carriera”. Il genere ha suscitato un enorme fascino per l’attrice, che dice, “Ho appena finito di girare due film molto drammatici, quindi passare ora in questo mondo è stata un’opportunità divertente.  James mi ha fatto vedere alcuni disegni dello storyboard e ha detto, ‘Questa è la prova che ho sempre pensato a te’, e così mi ha conquistata. Come potevo dire di no? E poi lo amo, amo la sua energia, il suo entusiasmo, quello che offre al mondo. Lui è un autore che si applica con passione e conoscenza. E poi è una brava persona, quindi per me la scelta è stata facile. Infine, mi ha confidato che avremmo girato in Australia, che ovviamente ho preso come un favore personale’”. “Non immaginavo nessun’altra che potesse interpretare Atlanna che non fosse Nicole”, gli fa eco Cowan. “Ci sono momenti durante il casting, in cui non sei sicuro delle disponibilità degli attori. Perciò devi trovare delle alternative e domandarti, ‘E se poi non funziona? Dovremo ricominciare da capo’.  Per il ruolo di Atlanna non abbiamo mai avuto alcun dubbio”. Quando Arthur è poco più che un poppante, Atlanna fa ritorno controvoglia ad Atlantide a causa di circostanze insormontabili. Una volta arrivata, si sposerà con Orvax come da accordi, e partorirà un secondo figlio…

AQUAMAN (2018) | Trailer Esteso Ita del Film DC con Jason Momoa

Aquaman è stato girato in gran parte nella australiana Gold Coast, Queensland, sulla costa orientale del continente a sud di Brisbane. La produzione ha utilizzato tutti e nove i teatri di posa della Village Roadshow Studios, tra cui l’ultimo nato, Teatro 9. Tra gli oltre 50 set creati per il film, ha ospitato i luoghi deputati a Sala del Trono di Atlantide e il Coliseum, la nave da guerra di Re Orm e il magnifico Trono del Re Morto.  Anche se dotati di spazi enormi, la difficoltà maggiore di girare un film che si svolge principalmente sott’acqua è…l’acqua. “Fin quando possibile, sono una persona molto pratica. Amo girare con effetti reali, mi piace vederli e toccarli”, dice Wan. “Più riesco a lavorare con il mondo del reale e meglio è, così abbiamo girato molte scene asciutto per bagnato. Abbiamo fatto ampio uso del blue screen, ma abbiamo cercato di per quanto possibile di realizzare set materiali, e poi li abbiamo sommersi nelle cisterne di acqua a disposizione. Per me, certe cose vanno girate dal vivo; preferisco lasciare il campo ai ragazzi del digitale proprio quando non se ne può fare a meno. Abbiamo avuto difficoltà con alcune scene e abbiamo dovuto usare sia set veri che digitalizzati”. Lo scenografo Bill Brzeski dice, “la difficoltà nella creazione di un film di supereroi è comunque enorme. Intanto bisogna far apparire come se tutto fosse girato sotto la superficie dell’acqua e poi bisogna fare i conti con le realtà del mondo sottomarino.  Abbiamo compreso che non potevamo lavorare sott’acqua, e perlomeno due terzi del film è ambientato proprio lì, perciò è stato molto complicato”.

Brzeski dice, “Atlantide iniziò quando un’intera cultura scese sott’acqua e decise di rimanervi, evolvendosi in sette diversi regni: Atlantis, Brine, Fisherman, Xebel, Trench, Deserter e Lost. E la maggior parte di loro è ignara di cosa ci sia in superficie, perché non ci vanno mai.  Perciò, è come se due diversi mondi occupassero lo stesso pianeta senza mai entrare in contatto.  O perlomeno era così prima di questo film”. Per creare il set reale di Atlantide, Brzeski ha progettato “una cultura neoclassica proveniente da qualche parte del Mediterraneo…forse precursori dei Greci o del periodo Ellenico.   Perfino pre-Egizi. Ma ciò che sorprende è che questa cultura era sul punto di scoprire la tecnologia digitale”. Come per la Barrett con i costumi, Wan ha parlato a lungo con Brzeski “sul fatto di dovessero costruire materiali in superficie come i mattoni, legno, metallo e i vari tipi di tessuto che indossiamo. Materiali forse sconosciuti sotto il mare”, dice il regista. “Perciò, abbiamo cercato di lasciarci influenzare dagli oceani e dal mondo marittimo e nautico. Abbiamo pensato che le loro costruzioni fossero costituite da materiale organico, come il corallo. Vivono dentro cose vive?  E poi, da cosa ricavano la luce?  Vivono talmente in profondità che i raggi del sole non riescono a penetrare il mare. Quale è il loro sole? Il ciclo del sole è quello che regola il nostro orologio biologico, i nostri bioritmi, giusto?  Se non c’è il sole, cos’è che lo fa? Cos’è che fornisce energia?”. “Quello è stato un bel problema”, nota Brzeski, “così abbiamo pensato alla bioluminescenza e alla luminosità dei coralli. Le creature degli abissi oceanici si fanno luce da sole grazie alla bioluminescenza, così siamo rimasti dell’idea che gli Atlantidiani non erano una cultura primitiva trasferita sott’acqua, anzi, erano molto avanzati”.

Per riprendere questa civilizzazione con la macchina da presa, Wan ha collaborato con il direttore della fotografia Don Burgess, giunto sul set con alcune speciali tecniche di illuminazione, ideali per le riprese in acqua. “Questo è un vecchio trucco: vassoi d’acqua sotto il palcoscenico, posti al di sotto delle lampade alla trave. Poi si mettono a fuoco queste luci comandate dal computer, per indirizzarle verso una trama che ti fa sembrare come se si fosse sotto l’acqua, con una reazione a catena creata dall’uso di corde per far brillare l’acqua nei vassoi”, rivela. “Ho girato molti film sull’acqua e sotto l’acqua”, continua Burgess. “La difficoltà in questo film, era data dal fatto di dover creare un mondo sottomarino in un ambiente asciutto. Per questo motivo abbiamo sviluppato delle tecniche che avevo già provato in passato, ma mai per queste dimensioni. Qui abbiamo dovuto spingere al massimo, e io adoro le sfide in cui devo fare cose mai fatte prima”. Elaborando, Burgess dice, “In questo film, abbiamo usato molte luci comandate dal computer e molti movimenti di macchina per creare la sensazione di trovarci sott’acqua. La luce viaggia attraverso l’acqua in una certa maniera. Abbiamo studiato questo fenomeno prima di emularlo in alcuni dei set che abbiamo costruito. Abbiamo provato anche diverse velocità di otturazione, angoli di ripresa e lunghezze di esposizione per manipolare l’immagine, così da permettere al pubblico di sentirsi seduto sul fondo del mare”.

Nonostante molto di Atlantide sia stato creato dalla CGI in post-produzione, due dei set reali di Brzeski replicavano il regno sottomarino, incluso l’anello di fuoco dojo, che lui definisce “la nostra versione del Colosseo dei gladiatori” e la stanza delle armi dove, dice lui, “i gladiatori si vestivano. Si tratta di una stanza con colonne adornate da vestiti da gladiatore e numerose armature, antiche migliaia di anni”. Uno dei pezzi sommersi più impressionanti progettati, riempiva l’intero teatro di posa 8: un galeone affondato completamente incrostato di cirripedi e alghe. “Quel set era fenomenale”, commenta entusiasta Safran. “È lì che Vulko parla della battaglia a Mera e Arthur, ed è lì che si tiene una grande scena d’azione con i commando di Atlantide che attaccano Arthur.  Non riuscivamo a credere al look e alla sensazione che dava quel set, ogni crostaceo, ogni pezzo di corallo sembra che si trovi lì da sempre. Con quel lavoro Bill ha fatto veramente centro”. Nella storia, all’interno dello scafo del galeone si è formata una sacca d’aria, così la squadra ha costruito un meccanismo vecchia maniera per la cascata d’acqua, chiamato “flusso laminare”, un muro di acqua in cui Arthur e Mera nuotano dalle profondità dell’oceano fino all’interno vuoto della nave. Il meccanismo è risultato complesso, poiché la lastra d’acqua durava parecchio prima che la velocità terminale la rompesse. Nonostante questi intoppi, l’effetto generale è stato realizzato alla grande. Il flusso laminare è stato triplicato in grandezza per scene girate in seguito, quelle in cui Arthur passa attraverso una cascata vestito in pompa magna da Aquaman—la tuta dell’eroe in oro e verde.

Brzeski ammette che uno dei suoi set preferiti, era il “Tempio del Re Morto”, una struttura piramidale eretta in un angolo del teatro 9, nella quale il cadavere del defunto Re Atlan siede su un trono, con le sue fredde mani senza vita saldamente strette attorno al sacro tridente. “Questo tempio è una cavernosa stanza a cupola, una enorme cavità sotto la crosta terrestre”, racconta Brzeski del fondamentale set, posizionato contro10 metri di blue-screen pe consentire ai tecnici della CG di creare il loro fondale. “È un luogo magico all’interno della storia, una sorta di ‘viaggio al centro della Terra’, l’oceano all’interno del nucleo terrestre simile alle caverne di Carlsbad, ma molto, molto più grande”, dice il designer. Un set nettamente poco Atlantideo, era il sottomarino russo requisito dai pirati, una parte del quale—la sua camera di lancio— è stata costruita sopra una cisterna poi sommersa durante una lotta fra Arthur e David Kane. L’azione è stata realizzata grazie a uno dei tanti cardani meccanizzati del supervisore agli SFX Brian Cox, costruiti per una varietà di set smuovibili.

Altri set spaziano da quello a raggiera di Black Manta e il suo laboratorio, all’interno della bocca di una balena, dove Arthur e Mera trovano rifugio, fino all’accogliente interno del faro di Tom Curry. La casa di Curry era annidata nella città fittizia del New England, Amnesty Bay; alcune riprese effettuate nel Newfoundland sono servite a questo proposito.  Brzeski e il suo art director Bill Booth hanno disegnato il set, un faro completo di tutto affacciato sul Pacifico del Sud nel villaggio di Hastings Point, New South Wales. Brzeski dichiara, “Abbiamo cercato paesaggi che ricordassero il Maine e, in gran parte, l’Australia non ricorda certo il Maine. Le sue rocce sono diverse. Anche la fauna e la flora sono differenti. Ma Hastings Point è stata un’ottima scoperta: una bellissima roccaforte, dove le rocce escono dal mare spazzate dalle onde e balene in lontananza. Era un grane posto dove costruire il nostro faro e farlo sembrare il New England”. Costruito in un magazzino a decine di chilometri di distanza, gli esterni del faro sono stati trasportati a pezzi e assemblati in loco, come un puzzle gigante. “Il luogo è un parco nazionale proprio sul mare, e noi non volevamo disturbare o danneggiare il paesaggio”, spiega Brzeski. Come ogni quartiere accogliente sul mare, anche Amnesty Bay ha il suo bar che si rispetti: quello di Tom e Arthur è il Terry’s Sunken Galleon Bar, situato su un pezzo di terra chiamato The Spit, una duna di sabbia permanente che separa un canale dalle acque del Pacifico del Sud, sulla Main Beach della Gold Coast, una mezzora di distanza dai teatri di posa. È diventato immediatamente uno dei preferiti dalla produzione. Il cast e la troupe non erano gli unici a sentirsi a casa al Terry’s. “C’era gente del posto che si avvicinava per la prima volta, dopo aver messo le insegne fuori dal locale, commentando che non sapevano neanche della sua esistenza”, dice l’arredatore Bev Dunn. “Un punto a favore di quel set era l’odore del mare, che era proprio fuori dalla finestra. Quello non avremmo mai potuto riprodurlo in un teatro”.

Un altro luogo perfetto per le sequenze drammatiche del film, è stato scoperto su un’antiquata isola paradisiaca chiamata North Stradbroke Island, poco al largo di Brisbane, la capitale del Queensland. Una gola appartata sulla spiaggia nord dell’isola, chiamata Lookout Point, è servita come parziale esterno della “Isola del Re Morto”. Oltre ai vari luoghi scoperti e ai numerosi set costruiti nei teatri di posa, la produzione ha anche usato gli sterminati spazi aperti dello studio, dove Brzeski ha eretto una bellissima piazza Italiana, basata su quella del villaggio collinare Siciliano di Erice, teatro di un’intensa scena di inseguimento. Le cineprese hanno anche catturato esterni mozzafiato in Italia e Marocco.

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