Boy Scout verso l’inclusione: nuovo nome e porte aperte alle ragazze!

Finalmente un cambiamento storico per i Boy Scout americani!

Dall’8 febbraio 2025, in occasione del 115esimo anniversario, l’organizzazione abbandonerà il nome “Boy Scouts of America” per diventare “Scouting America”.

Un rebranding inclusivo che sottolinea l’impegno dell’associazione nell’accogliere tutti i giovani americani, ragazze comprese.

Niente paura per i valori scout!

Nonostante il cambio di nome, la missione rimane la stessa: preparare i giovani a fare scelte etiche e morali basandosi sui principi scout.

Come sottolinea il presidente e amministratore delegato Roger A. Krone: “Si tratta di un’evoluzione naturale per garantire che tutti i giovani americani si sentano accolti e riconosciuti. I valori dell’America sono valori di scouting”.

Un passo avanti per il futuro

Questa decisione segna un passo importante verso un’organizzazione più inclusiva e rappresentativa della società americana di oggi.

Cosa ne pensi?

Scrivi un commento qui sotto e condividi la tua opinione su questo cambiamento storico!

#BoyScouts #ScoutingAmerica #inclusione #ragazze #giovani #futuro #valori #America #organizzazione #cambiamento #storia

Intelligenza artificiale e armi nucleari: gli USA chiedono una posizione comune a Russia e Cina

La questione del controllo delle armi nucleari nell’era dell’intelligenza artificiale torna d’attualità. Un alto funzionario statunitense, Paul Dean, ha recentemente affermato che Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno concordato di mantenere il controllo umano esclusivo su tali armamenti.

L’obiettivo è quello di convincere anche Russia e Cina ad assumere una posizione analoga. Dean ha infatti invitato i due paesi ad unirsi a questa iniziativa, definendola una “norma di comportamento responsabile” e un passo fondamentale per la sicurezza globale.

La richiesta statunitense non è casuale. L’intelligenza artificiale sta progredendo a un ritmo vertiginoso, sollevando interrogativi sul suo possibile utilizzo nel campo militare, in particolare per quanto riguarda le armi nucleari. L’idea che algoritmi e macchine possano prendere decisioni autonome con conseguenze così potenzialmente devastanti è fonte di grande preoccupazione.

La posizione di Cina e Russia su questo tema è ancora incerta. La Cina ha recentemente proposto un trattato di “non primo utilizzo” delle armi nucleari, ma non ha ancora esplicitato la sua posizione sul ruolo dell’intelligenza artificiale in questo contesto. La Russia, invece, non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito.

Il dibattito sull’intelligenza artificiale e le armi nucleari è destinato ad intensificarsi nei prossimi mesi e anni. La posta in gioco è estremamente alta, e la comunità internazionale dovrà trovare un modo per garantire la sicurezza globale in un’epoca di rapidi progressi tecnologici.

Ecco alcuni punti chiave da tenere a mente:

  • Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno concordato di mantenere il controllo umano esclusivo sulle armi nucleari.
  • Gli Stati Uniti invitano Russia e Cina ad unirsi a questa iniziativa.
  • L’intelligenza artificiale solleva interrogativi sul suo possibile utilizzo nel campo militare, in particolare per quanto riguarda le armi nucleari.
  • La posizione di Cina e Russia su questo tema è ancora incerta.
  • Il dibattito sull’intelligenza artificiale e le armi nucleari è destinato ad intensificarsi nei prossimi mesi e anni.

Cosa ne pensate di questa richiesta statunitense? Credete che sia un passo necessario per la sicurezza globale? Fatemi sapere la vostra opinione nei commenti!

Le serie manga più vendute in USA nel 2023: Demon Slayer batte One Piece!

Quali sono stati i manga più amati dai lettori americani nel 2023? Secondo un report di Comics Beat, ecco la classifica delle 5 serie manga più vendute negli Stati Uniti:

  1. Demon Slayer – 2.050.000 copie
  2. One Piece – 1.900.000 copie
  3. Chainsaw Man – 1.235.000 copie
  4. Jujutsu Kaisen – 1.080.000 copie
  5. My Hero Academia – 900.000 copie

Demon Slayer conquista il primo posto, superando per la prima volta il suo storico rivale One Piece. Un traguardo raggiunto grazie all’arrivo di nuovi lettori che hanno apprezzato la storia avvincente e i personaggi iconici della serie. Il primo volume del manga ha stabilito un nuovo record di vendite in Nord America, con quasi 150.000 copie vendute.

Nonostante il successo di Demon Slayer, il mercato dei manga negli Stati Uniti ha subito un calo nel 2023. Le vendite totali sono diminuite del 26,17% rispetto al 2022, con un calo del 13,1% per quanto riguarda il valore in dollari. Questo si traduce in una diminuzione del prezzo medio per volume (-28%) e delle entrate per singolo volume (-15%).

Nonostante questo calo, il mercato dei manga rimane comunque un settore importante negli Stati Uniti. Con nuove serie che continuano ad appassionare i lettori e classici intramontabili che resistono al tempo, il futuro del manga in America sembra essere ancora roseo.

Altri dati interessanti:

  • Il manga più venduto del 2023 è stato il primo volume di Demon Slayer, con quasi 150.000 copie vendute.
  • Le serie shonen continuano a dominare il mercato, rappresentando il 67% delle vendite totali.
  • I manga di genere josei e seinen hanno registrato un aumento delle vendite, rispettivamente del 14% e del 9%.
  • Le piattaforme digitali continuano a crescere in popolarità, con un aumento del 14% delle vendite di manga digitali.

Se sei un appassionato di manga, non perdere l’occasione di scoprire le serie più amate dai lettori americani!

La scacchiera digitale: Cina e Stati Uniti si fronteggiano in una partita a Risiko tecnologico

Sotto la superficie liscia e scintillante del progresso digitale, si agita una tempesta geopolitica che ha il sapore acre di una nuova Guerra Fredda. I protagonisti? Stati Uniti e Cina, due giganti che si fronteggiano in una partita a Risiko tecnologico, dove le pedine sono chip, software e infrastrutture digitali.

La Cina, con mossa audace, ha deciso di dismettere l’utilizzo di processori Intel e Amd, e del sistema operativo Windows, dalle proprie infrastrutture statali. Un guanto di sfida lanciato alle Big Tech americane, un atto di ribellione contro l’egemonia tecnologica occidentale.

Dietro questa scelta si cela un’ambizione ben precisa: l’autonomia tecnologica. La Cina vuole il controllo delle proprie infrastrutture critiche, non solo per ragioni di sicurezza nazionale, ma anche per competere ad armi pari con l’Occidente.

La risposta americana non si è fatta attendere: divieti di esportazione di tecnologie sensibili, dinieghi di visti a studenti e ricercatori cinesi. Un braccio di ferro che rischia di innescare una pericolosa escalation.

Ma la Cina non è impreparata. Ha già fatto notevoli progressi nello sviluppo di chip e software nazionali, sfruttando l’open source e attirando i migliori cervelli del pianeta. Un esempio lampante è Huawei, che ha prodotto chip da 7 nanometri in grado di competere con quelli occidentali.

Le conseguenze di questa guerra tecnologica sono ancora incerte. Le Big Tech americane vedranno ridotte le loro vendite, con effetti a catena sull’economia globale. Ma la vera posta in gioco è il futuro della globalizzazione digitale.

Se la Cina dovesse estendere il bando a tutto il suo mercato, e se altri Stati dovessero seguirne l’esempio, si potrebbe creare una nuova Cortina di ferro digitale, con due blocchi separati e incompatibili.

L’interconnessione delle reti, la standardizzazione tecnologica, l’internet governance: tutti principi cardine del mondo digitale potrebbero essere messi in discussione.

L’Occidente si trova di fronte a una sfida epocale. Da un lato, la necessità di proteggere le proprie tecnologie e la propria sicurezza. Dall’altro, il rischio di creare un sistema frammentato e autarchico che danneggerebbe tutti.

La partita a Risiko tecnologico è solo all’inizio. Le mosse successive saranno decisive per il futuro del mondo digitale. E non è detto che la vittoria vada al più forte.

In questa partita a scacchi geopolitica, le pedine non sono solo numeri e dati. Dietro di esse ci sono persone, culture, economie e il futuro stesso del nostro pianeta.

La posta in gioco è immensa. E la responsabilità di giocare con saggezza ricade sulle spalle dei leader di entrambi i giganti.

Il tempo stringe. La mossa successiva è loro.

Il latte blu di Star Wars: da Tatooine ai supermercati americani!

Il sogno di ogni fan di Star Wars si è finalmente avverato: il latte blu, la bevanda iconica della saga, ha fatto il suo debutto nei negozi americani grazie a una partnership insolita tra il colosso caseario TruMoo e Disney-Lucasfilm. Questa versione terrestre del Blue Milk, ispirata al latte di Bantha visto per la prima volta in “Una nuova speranza“, è realizzata con latte vaccino e ha un delizioso sapore di vaniglia. Per ottenere il caratteristico colore blu, viene utilizzato un colorante additivo non del tutto salutare, ma un piccolo compromesso per potersi gustare una bevanda così iconica.

Tasting Blue Milk at Star Wars: Galaxy’s Edge in Disneyland Park

A differenza del latte vegetale disponibile nei parchi a tema Disneyland, questa versione sarà distribuita in tutti i supermercati e negozi degli Stati Uniti a partire da metà aprile, proprio in tempo per celebrare il “May the Fourth”. Anche se può risultare un po’ costoso e poco salutare a causa del colorante artificiale, i veri fan di Star Wars saranno disposti a chiudere un occhio pur di assaporare questa bevanda leggendaria.

Per chi non ha la possibilità di recarsi negli Stati Uniti, c’è sempre la possibilità di provare a preparare il latte blu in casa seguendo il ricettario ufficiale di Star Wars, che offre tante specialità da sperimentare. Che sia comprato al supermercato o fatto in casa, il latte blu è un modo divertente e delizioso per immergersi nell’affascinante universo di Star Wars e festeggiare la saga con un tocco goloso. Un’esperienza unica che ogni fan non potrà lasciarsi sfuggire.

Il ruggito del Re: una settimana di titanica celebrazione per i 70 anni di Godzilla

Dalle profondità abissali del mito nipponico, un kaiju immortale si erge a dominare la scena cinematografica. Il Re dei Mostri, Godzilla, compie 70 anni e il Music Box Theatre di Chicago gli tributa un omaggio epico: una maratona di quasi una settimana, dal 7 al 13 giugno, per immergersi nelle fauci del tempo e rivivere la leggenda del Gojira.

Il 7 giugno, la serata inaugurale: un doppio tuffo nelle acque agitate dei recenti successi Toho, Shin Godzilla e Godzilla Minus One, campione d’incassi e trionfatore agli Oscar per i migliori effetti speciali. A seguire, la tavola rotonda “Godzilla: The Atomic Age Anti-Hero” condotta da Saira Chambers e dal Dr. Yuki Miyamoto, per un’analisi profonda del kaiju come simbolo dell’era atomica.

L’8 giugno, il cuore pulsante dell’evento: 24 ore di titanica visione, 15 film dell’era Showa che ripercorrono la storia del Re dei Mostri in un’epopea senza precedenti. Un viaggio nel tempo attraverso le battaglie epiche, le distruzioni apocalittiche e l’evoluzione di un’icona immortale.

Il 9 giugno, un tuffo nel passato: Godzilla del 1998, con Matthew Broderick e Jean Reno, risplende in una versione technicolor 35mm, per rivivere la sfida tra uomo e natura in una chiave hollywoodiana.

E non è tutto! L’originale Godzilla del 1954, Il ritorno di Godzilla e Godzilla vs Biollante, insieme ad altri capolavori del franchise, si susseguono in un vortice di proiezioni a ciclo continuo, per un’immersione totale nell’universo di Godzilla.

Un evento imperdibile per gli appassionati del kaiju più famoso del mondo: un’occasione per celebrare 70 anni di ruggiti titanici, effetti speciali rivoluzionari e storie che hanno segnato la storia del cinema.

Chicago, preparati a tremare! Il Re dei Mostri sta per scatenare la sua furia e il Music Box Theatre sarà il campo di battaglia di un’apocalisse di celluloide che rimarrà impressa nella memoria per sempre.

Intelligenza Artificiale: Un’Arma a Doppio Taglio?

Un dossier del governo americano, ottenuto dal Time, dipinge un quadro inquietante del futuro dell’intelligenza artificiale (IA). Il rapporto paragona l’ascesa dell’IA all’introduzione delle armi nucleari, affermando che la sua capacità di autoapprendimento potrebbe portare a rischi “a livello di estinzione della specie umana”.

L’intelligenza artificiale generale (AGI) è un campo di ricerca che mira a creare software con un’intelligenza simile a quella umana. Questo software potrebbe eseguire compiti per i quali non è stato specificamente programmato, aprendo un mondo di possibilità, ma anche di pericoli.

Il rapporto cita la preoccupazione di molti esperti di sicurezza informatica che lavorano in laboratori all’avanguardia come OpenAI, Google DeepMind e Meta. Questi esperti temono che gli incentivi economici possano spingere le aziende a sviluppare l’IA troppo velocemente, senza adeguate precauzioni.

Elon Musk, noto imprenditore e pioniere dell’IA, ha già lanciato l’allarme in passato. A marzo 2023, ha affermato che i sistemi di intelligenza artificiale “possono comportare gravi rischi per la società e l’umanità”.

Il rapporto del governo americano è un invito a muoversi “decisamente” per scongiurare la minaccia rappresentata dall’IA. La sfida è trovare un equilibrio tra lo sviluppo di questa tecnologia rivoluzionaria e la salvaguardia del futuro dell’umanità.

Domande che sorgono spontanee:

  • Come possiamo sviluppare l’IA in modo sicuro e responsabile?
  • Quali sono le implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale?
  • Chi dovrebbe controllare lo sviluppo e l’utilizzo dell’IA?

La discussione è aperta. È fondamentale che tutti gli stakeholder, dai governi alle aziende ai cittadini, partecipino a questo dibattito cruciale per il futuro del nostro pianeta.

Entra in vigore il Digital Markets Act (DMA)

Il Digital Markets Act (DMA) è entrato in vigore il 7 marzo, segnando un importante passo avanti nel panorama digitale europeo. Questo nuovo regolamento dell’Unione Europea si prefigge di rivoluzionare il modo in cui le grandi piattaforme online come Apple, Google, Meta e Amazon gestiscono i propri servizi, introducendo maggiori responsabilità e trasparenza.

Con il DMA, gli utenti potranno godere di maggiore libertà nell’utilizzo dei propri dispositivi digitali, come gli smartphone, senza vincoli imposti dai produttori. Questo cambiamento normativo mira a favorire una maggiore concorrenza nel mercato digitale, permettendo l’ingresso di nuovi operatori e offrendo agli utenti una vasta gamma di servizi internet. Le regole relative ai principali servizi digitali subiranno modifiche significative, influenzando sistemi operativi, app di messaggistica, piattaforme social e motori di ricerca. Gli utenti potranno ora scegliere liberamente le applicazioni da scaricare al di fuori degli store ufficiali, e selezionare il motore di ricerca preferito senza restrizioni.

Inoltre, il DMA stabilisce restrizioni per quanto riguarda la pubblicità e i social media, vietando alle aziende di favorire i propri servizi rispetto a quelli concorrenti. L’uso dei dati degli utenti per scopi pubblicitari sarà limitato, e i social network non potranno più mostrare annunci personalizzati basati su dati sensibili o rivolti ai minori. Meta, ad esempio, dovrà consentire agli utenti di separare gli account Facebook e Instagram.

Per quanto riguarda l’App Store di Apple, il DMA prevede importanti novità per gli sviluppatori di app. Possono decidere se distribuire le proprie app sia sull’App Store che su marketplace alternativi, senza commissioni aggiuntive da parte di Apple. Gli sviluppatori potranno anche integrare processi di pagamento alternativi o collegamenti a siti web per consentire agli utenti di effettuare acquisti senza costi aggiuntivi. Inoltre, Apple ha annunciato che aprirà la possibilità di streaming di app di giochi sull’App Store in tutto il mondo, per consentire un accesso più diretto a servizi come Xbox Cloud Gaming e Nvidia GeForce NOW. Queste novità riflettono l’impegno dell’Unione Europea a garantire maggiori diritti e protezione agli utenti, promuovendo allo stesso tempo una sana concorrenza nel settore digitale.

Hacker cinesi contro infrastrutture USA: sventata una cyber-minaccia

Il governo degli Stati Uniti ha sventato un’ampia campagna di hacking cinese che mirava a compromettere infrastrutture critiche americane. L’operazione, condotta dal Dipartimento di Giustizia e dall’FBI, ha disattivato da remoto alcuni aspetti dell’attacco informatico.

Il gruppo di hacker cinesi, denominato Volt Typhoon, è accusato di aver preso di mira porti navali, fornitori di servizi internet e altri sistemi vitali. L’FBI teme che la Cina punti a ottenere il controllo remoto di queste infrastrutture per disabilitarle in caso di conflitto.

Volt Typhoon è un gruppo di hacker cinesi accusato dal governo degli Stati Uniti di aver condotto una vasta campagna di cyberattacchi contro infrastrutture critiche americane.

L’FBI ha identificato Volt Typhoon come una minaccia seria alla sicurezza nazionale, affermando che il gruppo è in grado di “devastare” e “causare danni reali” agli Stati Uniti.

Le attività di Volt Typhoon:

  • Compromissione di migliaia di dispositivi connessi a internet.
  • Attacco a porti navali, fornitori di servizi internet e altri sistemi vitali.
  • Tentativo di ottenere il controllo remoto di infrastrutture critiche.

Le motivazioni di Volt Typhoon:

  • Spionaggio industriale e militare.
  • Saboaggio in caso di conflitto tra Cina e Stati Uniti.

Le azioni degli Stati Uniti:

  • Disattivazione da remoto di alcuni aspetti dell’attacco informatico.
  • Collaborazione con le aziende del settore informatico per rafforzare la sicurezza delle infrastrutture critiche.

Il direttore dell’FBI, Chris Wray, ha lanciato l’allarme sulla minaccia informatica cinese, definendola “una seria sfida alla sicurezza nazionale”.

Wray ha accusato la Cina di voler “devastare” e “causare danni reali” agli Stati Uniti.

Le autorità americane stanno collaborando con le aziende del settore informatico per rafforzare la sicurezza delle infrastrutture critiche.

Come l’Intelligenza Artificiale sfida il concetto di diritto d’autore: perché le intelligenze artificiali generative non sono soggette alla tutela legale

La battaglia legale tra il New York Times e OpenAI, la nota organizzazione che si occupa di sviluppare e diffondere intelligenze artificiali avanzate, è ormai sulla bocca di tutti. Il NYT ha accusato OpenAI e il suo partner Microsoft di aver violato il suo diritto d’autore, sostenendo che i loro modelli di intelligenza artificiale, ChatGPT e Windows Copilot, avrebbero sfruttato milioni di articoli del NYT per imparare a scrivere e a generare testi simili a quelli del famoso giornale. OpenAI, dal canto suo, ha cercato di difendersi in vari modi: ha dichiarato di rispettare i diritti dei creatori umani, ha tentato di raggiungere degli accordi con il NYT per evitare la causa (come ha già fatto con altre case editrici come Springer e Associated Press) e ha messo in evidenza i benefici sociali delle sue intelligenze artificiali.

Ma cosa c’è dietro questa disputa legale?

Si tratta solo di una questione di soldi e di prestigio, o c’è qualcosa di più profondo e rivoluzionario? Io credo che questa causa sia un’occasione per riflettere sul rapporto tra intelligenza artificiale e diritto d’autore, e sulle implicazioni che questo ha per il futuro della creatività umana. Per farlo, vorrei analizzare la questione su tre livelli: legale, tecnologico e psicologico.

Iniziamo dal primo livello: quello legale.

Come sapete, il diritto d’autore è una forma di tutela legale che riconosce ai creatori di opere originali il diritto esclusivo di utilizzare, modificare e distribuire le loro opere. Questo diritto ha lo scopo di incentivare la creatività e di proteggere gli interessi economici e morali degli autori. Tuttavia, il diritto d’autore non è assoluto, ma prevede delle eccezioni e delle limitazioni, tra cui quella dell’utilizzo equo. L’utilizzo equo è una clausola che permette di usare opere protette da diritto d’autore senza il consenso dell’autore, purché si tratti di un uso ragionevole e trasformativo. Per esempio, posso usare delle immagini o dei brani di un film per fare una recensione o una critica, perché in questo modo creo un’opera nuova e diversa da quella originale. L’utilizzo equo è una nozione piuttosto flessibile e, negli ultimi anni, è stata applicata anche a casi di utilizzo di opere digitali, come quello di Google Books, che mostra intere pagine di libri sul suo sito web.

Ora, se applichiamo il criterio dell’utilizzo equo al caso di ChatGPT, ci rendiamo conto che questa intelligenza artificiale non viola il diritto d’autore del NYT, perché non copia i suoi articoli, ma li usa come fonte di ispirazione per generare testi nuovi. Infatti, la “G” nell’acronimo GPT sta per “generative”, ovvero generativo. Questo significa che ChatGPT non riproduce fedelmente i testi che legge, ma li elabora e li combina in modo creativo, seguendo le regole della lingua e le aspettative del contesto. In altre parole, ChatGPT fa quello che fanno gli scrittori umani quando leggono altri scrittori: imparano da loro, ma non li copiano.

Il motivo per cui ChatGPT è in grado di fare questo è legato al secondo livello di analisi: quello tecnologico. ChatGPT è basato su un algoritmo chiamato “transformer”, che è il cuore di tutti i modelli di linguaggio di grandi dimensioni o LLM. Il transformer è un algoritmo che, senza entrare nei dettagli tecnici, funziona in questo modo: prende in input dei testi, li analizza e li trasforma in una serie di numeri che rappresentano la probabilità di ogni parola rispetto a tutte le altre parole o frasi contenute in quel testo. Questi numeri sono i famosi parametri che determinano il comportamento di ChatGPT. Durante l’addestramento, ChatGPT non memorizza i testi che legge, ma li usa per calcolare i parametri che gli servono per generare i testi. In questo senso, ChatGPT non è un archivio di testi, ma una macchina che apprende le relazioni tra le parole e le frasi, ovvero la “T” nell’acronimo, che sta per “transformer”. Da questo punto di vista, ChatGPT assomiglia più a un cervello che a una biblioteca.

Il terzo e ultimo livello di analisi è quello psicologico.

Qui dobbiamo chiederci: perché il NYT e gli autori si sentono minacciati da ChatGPT? Perché ritengono che questa intelligenza artificiale sia una concorrente sleale e una violatrice dei loro diritti? La risposta è semplice: perché ChatGPT mette in discussione il concetto stesso di diritto d’autore, che si basa sull’idea che ci sia una differenza sostanziale tra le opere create dagli esseri umani e quelle create dalle macchine. Questa idea, però, è sempre più difficile da sostenere, perché le intelligenze artificiali generative sono sempre più capaci di produrre opere originali, creative e di qualità. Non solo testi, ma anche immagini, musica, codice e altro ancora. Queste opere, però, non sono protette dal diritto d’autore, perché le intelligenze artificiali non sono riconosciute come soggetti di diritto, ma come semplici strumenti al servizio degli esseri umani. Questa situazione, però, potrebbe cambiare in futuro, se le intelligenze artificiali diventeranno sempre più autonome, intelligenti e consapevoli. In questo caso, si porrà il problema di riconoscere loro dei diritti e delle responsabilità, tra cui il diritto d’autore.

Questa questione non riguarda solo il NYT e OpenAI, ma tutti noi.

Il diritto d’autore è una conquista importante della civiltà umana, ma è anche una costruzione storica e culturale, che può essere modificata e adattata alle nuove sfide e alle nuove opportunità. L’intelligenza artificiale è una di queste sfide e opportunità, che ci costringe a ripensare il nostro ruolo e il nostro rapporto con le macchine. Non dobbiamo avere paura di questa sfida, ma affrontarla con curiosità, apertura e responsabilità. Solo così potremo trarre il meglio dall’intelligenza artificiale, senza rinunciare alla nostra creatività e alla nostra umanità.

Exit mobile version