L’intelligenza artificiale entra nel mondo dei fumetti: polemica su copertine DC Comics

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la creazione di illustrazioni ha sollevato un acceso dibattito nel mondo del fumetto, dopo che la DC Comics ha ritirato le copertine di tre numeri realizzate dall’artista cinese Jingxiong Guo, conosciuto come Daxiong.

Le accuse:

Diversi lettori hanno sollevato dubbi sulla paternità artistica delle copertine, ipotizzando che siano state generate da modelli di intelligenza artificiale. Tra gli indizi, la presenza di alcune stranezze anatomiche nei personaggi e una certa rigidità nelle pose.

La risposta di Daxiong:

L’artista ha negato con fermezza le accuse, affermando di non aver mai utilizzato l’intelligenza artificiale nel suo lavoro. Ha inoltre pubblicato sui social alcuni bozzetti preliminari come prova del suo processo creativo.

Il dilemma etico:

Al di là del caso specifico, la vicenda solleva importanti questioni etiche sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito artistico. Se da un lato l’IA può essere un potente strumento creativo, dall’altro pone interrogativi sul diritto d’autore, sull’originalità e sul ruolo stesso dell’artista.

I dubbi sul copyright:

L’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale spesso avviene su grandi quantità di dati, tra cui immagini protette da copyright. Questo potrebbe portare alla creazione di opere derivative che violano i diritti degli autori originali.

L’impatto sul futuro dell’arte:

L’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenta una sfida per il mondo dell’arte, costringendo a ridefinire i concetti di originalità, autenticità e paternità artistica. Sarà necessario trovare un equilibrio tra le potenzialità creative dell’IA e la tutela dei diritti degli artisti.

Cosa riserva il futuro?

La vicenda DC Comics è solo l’inizio di un dibattito che proseguirà sicuramente nei prossimi anni. Man mano che l’intelligenza artificiale diventerà sempre più sofisticata, sarà fondamentale trovare nuove modalità per conciliare il progresso tecnologico con il rispetto per la creatività umana.

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Higgsfield AI: rivoluzione video per tutti, sfida a OpenAI e concorrenti

Creare e modificare video facili come scrivere un testo? È la promessa di Higgsfield AI, la nuova piattaforma che punta a democratizzare la produzione video grazie all’intelligenza artificiale. Nata da Alex Mashrabov, ex dirigente di Snapchat, Higgsfield si propone come alternativa user-friendly al generatore di video Sora di OpenAI, pensato per utilizzi professionali.

Come funziona Higgsfield AI?

La piattaforma offre diverse funzionalità:

  • Diffuser: la prima app di Higgsfield, permette di generare video da una descrizione testuale o da un selfie.
  • Modelli pre-generati: una libreria di clip pronte all’uso per velocizzare il processo creativo.
  • Caricamento di immagini e video: integra i propri contenuti multimediali per creare video personalizzati.
  • Editor di prompt: descrivere scene, personaggi e azioni per ottenere video su misura.

Higgsfield contro i giganti: Runway, Haiper e OpenAI

La concorrenza nel settore è agguerrita. Runway, pioniere nel campo, offre strumenti in continua evoluzione. Haiper, supportata da ex DeepMind, vanta oltre 13 milioni di dollari in fondi. OpenAI, con il suo Sora, si posiziona sul mercato professionale.

Come si distingue Higgsfield?

Mashrabov punta su una strategia mobile-first e social-forward:

  • App per iOS e Android: per creare contenuti social ovunque e in qualsiasi momento.
  • Facilità d’uso e funzioni consumer-friendly: accessibile a tutti, non solo professionisti.

Focus sui social media e marketing

Higgsfield vede nei social e nel social media marketing la sua principale nicchia di guadagno. Ipotizza un futuro con:

  • Canoni o abbonamenti per funzioni premium: rivolti a marketing manager che gestiscono campagne social su larga scala.
  • Strumenti specifici per i social media: per creare contenuti ad hoc per le diverse piattaforme.

Sfide e criticità: copyright e dati di addestramento

Come tutte le startup che utilizzano AI generativa, Higgsfield deve affrontare alcune criticità:

  • Violazione del copyright: i modelli potrebbero generare contenuti che violano i diritti d’autore se addestrati su dati non autorizzati.
  • Trasparenza dei dati: la fonte dei dati di addestramento non è stata rivelata da Mashrabov, sollevando dubbi sul loro utilizzo etico.
  • Privacy degli utenti: non è chiaro se i dati degli utenti vengano utilizzati per addestrare futuri modelli, aspetto che potrebbe generare preoccupazioni.

Higgsfield ha il potenziale per rivoluzionare il modo in cui creiamo e modifichiamo i video. Ma per conquistare la fiducia degli utenti e affermarsi sul mercato, dovrà affrontare le sfide legate al copyright e alla trasparenza dei dati.

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Gli eroi DC Comics, fra dieci anni, saranno di dominio pubblico

Il copyright di molti personaggi iconici della DC Comics, sta per scadere: Superman  diventerà di dominio pubblico rispettivamente nel 2034 insieme a Lois Lane, Batman nel 2035, la sua eterna nemisi, Joker, nel 2036 e Wonder Woman nel 2037. Questo significa che le versioni originali dei personaggi diventeranno di pubblico dominio, ovvero potranno essere utilizzati liberamente da chiunque senza dover pagare diritti d’autore alla DC Comics, la casa editrice che li possiede attualmente. Questo evento, che segue quello di Topolino di Steamboat Willie nel 2024, potrebbe avere delle ripercussioni significative sul mondo dei fumetti e dell’intrattenimento, sia per i fan che per i creatori.

Cosa significa entrare nel pubblico dominio?

Entrare nel pubblico dominio significa che un’opera o un personaggio non è più protetto dal diritto d’autore, che in genere dura per la vita dell’autore più 70 anni. Questo significa che chiunque può riprodurre, modificare, distribuire o trasformare liberamente l’opera o il personaggio, senza dover chiedere il permesso o pagare una licenza al titolare dei diritti. In questo modo, il pubblico dominio favorisce la diffusione della cultura e la creatività, permettendo a nuove opere di ispirarsi a quelle precedenti.

Quali sono le implicazioni per i nostri eroi

I supereroi DC sono tra i personaggi più iconici e popolari della storia dei fumetti, nonché tra i primi eroi mai creati. Tutti loro hanno avuto una lunga e ricca evoluzione, apparendo in migliaia di storie, sia a fumetti che in altri media, come film, serie tv, videogiochi, cartoni animati, ecc. Bisogna ricordare che la scadenza del copyright riguarda soltanto le versioni originali dei supereroi, ovvero quelle risalenti alle primissime apparizioni dei fumetti, non quelle attuali, ovvero quella apparsa per la prima volta nei rispettivi fumetti, ovvero dove Superman poteva sollevare auto, saltare edifici e resistere alle pallottole, ma non volare, e Lois Lane era una giornalista intraprendente, ma non ancora la fidanzata dell’Uomo d’Acciaio. Inoltre, non saranno di pubblico dominio le caratteristiche distintive dei personaggi, come il logo della S, il nome “Uomo d’Acciaio”, il costume rosso e blu, ecc., che sono state registrate come marchi dalla DC Comics e che rimarranno di sua proprietà.

Questo significa che chi vorrà utilizzare Superman e Lois Lane dovrà attenersi alla versione originale e non potrà usare i marchi registrati dalla DC Comics, altrimenti rischierebbe di violare il diritto dei marchi, che non ha una scadenza. Inoltre, dovrà specificare che la sua opera non è autorizzata o approvata dalla DC Comics, per evitare di confondere il pubblico. Questo potrebbe limitare la libertà creativa e l’attrattiva dei personaggi, rendendoli meno interessanti e riconoscibili rispetto alle versioni più moderne e aggiornate.

Quali sono le opportunità per i fan e i creatori?

D’altro canto, entrare nel pubblico dominio potrebbe anche offrire delle opportunità per i fan e i creatori di esplorare nuove possibilità e prospettive per questi iconici personaggi, senza dover seguire le linee guida imposte dalla DC Comics. Potrebbero, ad esempio, creare delle storie alternative, dei crossover, dei mashup, dei remake, dei reboot, dei prequel, dei sequel, dei spin-off, dei fanfiction, dei fanart, dei fanfilm, dei fangame, ecc., sperimentando generi, stili, toni, ambientazioni, tematiche, personaggi, ecc., diversi da quelli canonici. Potrebbero anche reinterpretare i personaggi in chiave critica, satirica, parodistica, omaggiale, ecc., esprimendo la loro opinione, il loro umorismo, la loro passione, la loro visione, ecc. Potrebbero, infine, contribuire a diffondere e a valorizzare i personaggi, facendoli conoscere a nuove generazioni e a nuovi pubblici, arricchendo la cultura popolare e il patrimonio comune.

Quali sono le sfide per la DC Comics?

La scadenza del copyright dei personaggi DC Comics non significa che questi personaggi diventeranno di pubblico dominio in toto. Tuttavia, ciò potrebbe portare a una maggiore creatività e innovazione nella creazione di nuove storie e personaggi. Inoltre, la DC ha già iniziato a prepararsi per questo evento, registrando accuratamente ogni dettaglio dei personaggi per limitare ciò che i creatori successivi potranno fare. Per mantenere il suo vantaggio competitivo e la sua rilevanza, la DC Comics dovrà continuare a innovare e a migliorare i suoi prodotti, offrendo al pubblico delle storie e dei contenuti di qualità, originali, coinvolgenti, emozionanti, ecc., che sappiano distinguersi da quelli non ufficiali e che sfruttino al meglio le potenzialità dei personaggi. Dovrà anche proteggere i suoi marchi, vigilando sul rispetto delle sue proprietà intellettuali e agendo legalmente in caso di violazione. Dovrà, infine, tenere conto delle esigenze e delle aspettative dei fan, cercando di coinvolgerli e di fidelizzarli, magari attraverso delle iniziative di collaborazione, di partecipazione, di feedback, ecc.

 

 

 

Come l’Intelligenza Artificiale sfida il concetto di diritto d’autore: perché le intelligenze artificiali generative non sono soggette alla tutela legale

La battaglia legale tra il New York Times e OpenAI, la nota organizzazione che si occupa di sviluppare e diffondere intelligenze artificiali avanzate, è ormai sulla bocca di tutti. Il NYT ha accusato OpenAI e il suo partner Microsoft di aver violato il suo diritto d’autore, sostenendo che i loro modelli di intelligenza artificiale, ChatGPT e Windows Copilot, avrebbero sfruttato milioni di articoli del NYT per imparare a scrivere e a generare testi simili a quelli del famoso giornale. OpenAI, dal canto suo, ha cercato di difendersi in vari modi: ha dichiarato di rispettare i diritti dei creatori umani, ha tentato di raggiungere degli accordi con il NYT per evitare la causa (come ha già fatto con altre case editrici come Springer e Associated Press) e ha messo in evidenza i benefici sociali delle sue intelligenze artificiali.

Ma cosa c’è dietro questa disputa legale?

Si tratta solo di una questione di soldi e di prestigio, o c’è qualcosa di più profondo e rivoluzionario? Io credo che questa causa sia un’occasione per riflettere sul rapporto tra intelligenza artificiale e diritto d’autore, e sulle implicazioni che questo ha per il futuro della creatività umana. Per farlo, vorrei analizzare la questione su tre livelli: legale, tecnologico e psicologico.

Iniziamo dal primo livello: quello legale.

Come sapete, il diritto d’autore è una forma di tutela legale che riconosce ai creatori di opere originali il diritto esclusivo di utilizzare, modificare e distribuire le loro opere. Questo diritto ha lo scopo di incentivare la creatività e di proteggere gli interessi economici e morali degli autori. Tuttavia, il diritto d’autore non è assoluto, ma prevede delle eccezioni e delle limitazioni, tra cui quella dell’utilizzo equo. L’utilizzo equo è una clausola che permette di usare opere protette da diritto d’autore senza il consenso dell’autore, purché si tratti di un uso ragionevole e trasformativo. Per esempio, posso usare delle immagini o dei brani di un film per fare una recensione o una critica, perché in questo modo creo un’opera nuova e diversa da quella originale. L’utilizzo equo è una nozione piuttosto flessibile e, negli ultimi anni, è stata applicata anche a casi di utilizzo di opere digitali, come quello di Google Books, che mostra intere pagine di libri sul suo sito web.

Ora, se applichiamo il criterio dell’utilizzo equo al caso di ChatGPT, ci rendiamo conto che questa intelligenza artificiale non viola il diritto d’autore del NYT, perché non copia i suoi articoli, ma li usa come fonte di ispirazione per generare testi nuovi. Infatti, la “G” nell’acronimo GPT sta per “generative”, ovvero generativo. Questo significa che ChatGPT non riproduce fedelmente i testi che legge, ma li elabora e li combina in modo creativo, seguendo le regole della lingua e le aspettative del contesto. In altre parole, ChatGPT fa quello che fanno gli scrittori umani quando leggono altri scrittori: imparano da loro, ma non li copiano.

Il motivo per cui ChatGPT è in grado di fare questo è legato al secondo livello di analisi: quello tecnologico. ChatGPT è basato su un algoritmo chiamato “transformer”, che è il cuore di tutti i modelli di linguaggio di grandi dimensioni o LLM. Il transformer è un algoritmo che, senza entrare nei dettagli tecnici, funziona in questo modo: prende in input dei testi, li analizza e li trasforma in una serie di numeri che rappresentano la probabilità di ogni parola rispetto a tutte le altre parole o frasi contenute in quel testo. Questi numeri sono i famosi parametri che determinano il comportamento di ChatGPT. Durante l’addestramento, ChatGPT non memorizza i testi che legge, ma li usa per calcolare i parametri che gli servono per generare i testi. In questo senso, ChatGPT non è un archivio di testi, ma una macchina che apprende le relazioni tra le parole e le frasi, ovvero la “T” nell’acronimo, che sta per “transformer”. Da questo punto di vista, ChatGPT assomiglia più a un cervello che a una biblioteca.

Il terzo e ultimo livello di analisi è quello psicologico.

Qui dobbiamo chiederci: perché il NYT e gli autori si sentono minacciati da ChatGPT? Perché ritengono che questa intelligenza artificiale sia una concorrente sleale e una violatrice dei loro diritti? La risposta è semplice: perché ChatGPT mette in discussione il concetto stesso di diritto d’autore, che si basa sull’idea che ci sia una differenza sostanziale tra le opere create dagli esseri umani e quelle create dalle macchine. Questa idea, però, è sempre più difficile da sostenere, perché le intelligenze artificiali generative sono sempre più capaci di produrre opere originali, creative e di qualità. Non solo testi, ma anche immagini, musica, codice e altro ancora. Queste opere, però, non sono protette dal diritto d’autore, perché le intelligenze artificiali non sono riconosciute come soggetti di diritto, ma come semplici strumenti al servizio degli esseri umani. Questa situazione, però, potrebbe cambiare in futuro, se le intelligenze artificiali diventeranno sempre più autonome, intelligenti e consapevoli. In questo caso, si porrà il problema di riconoscere loro dei diritti e delle responsabilità, tra cui il diritto d’autore.

Questa questione non riguarda solo il NYT e OpenAI, ma tutti noi.

Il diritto d’autore è una conquista importante della civiltà umana, ma è anche una costruzione storica e culturale, che può essere modificata e adattata alle nuove sfide e alle nuove opportunità. L’intelligenza artificiale è una di queste sfide e opportunità, che ci costringe a ripensare il nostro ruolo e il nostro rapporto con le macchine. Non dobbiamo avere paura di questa sfida, ma affrontarla con curiosità, apertura e responsabilità. Solo così potremo trarre il meglio dall’intelligenza artificiale, senza rinunciare alla nostra creatività e alla nostra umanità.

Topolino sta per perdere il Copyright?

Orecchie nere e pantaloncini rossi caratterizzano il personaggio più conosciuto al mondo, Topolino, il personaggio più famoso di Superman, Babbo Natale e Gesù. Anche se i maggiori introiti provengono dalle property Marvel, Star Wars e Frozen, il personaggio creato da Walt incarna l’essenza stessa della compagnia rappresentando anche una buona fetta di patrimonio, tra oggettistica e altre produzioni. Il problema è che nel 2024 ne scadrà il copyright e diverrà di fatto di dominio pubblico.

Walt Disney, aveva già subito una lezione in merito al copyright quando il produttore Charles Mintz portò la sua precedente creazione, “Oswald il coniglio fortunato”, alla Universal, privandolo sia del personaggio che dell’intero staff di animatori. Con il solo Ub Iwerks rimastogli fedele, Disney non si arrese e il 18 novembre 1928, giorno dell’anteprima del corto Steambot Willie, nacque Mickey Mouse, (già protagonista di due corti di prova, nei mesi precedenti a Stambot Willie).

Topolino fece riferimento all’allora legge del copyright in vigore, il Copyright Act del 1909, che gli concesse 56 anni di protezione, senza alcun diritto di proroga. Negli anni Settanta, a pochi anni dallo scadere dei diritti, la Disney iniziò a preoccuparsi perché i film non andavano benissimo. Così i dirigenti Disney, insieme a quelli di altri grandi marchi, volarono a Washington e si fecero lobbisti al Congresso per promulgare una nuova legislazione in termini di copyright.

Così nel 1976 il Congresso modificò la legge nazionale sul copyright, conformandosi agli standard europei. I nuovi copyright registrati dal 1978 sarebbero durati tutta la vita del suo creatore, più 50 anni di estensione, nel caso di un’opera di proprietà di singoli; 75 anni dalla data di pubblicazione o 100 da quella di creazione nel caso di opere detenute da aziende. La durata dei copyright già registrati dopo il 1922 fu invece estesa da 56 a 75 anni (quelli prima del 1922 divennero di dominio pubblico). La data di scadenza di Topolino passò quindi dal 1984 al 2003.

Nello stesso momento storico, iniziarono a comparire parodie e riutilizzi dei prodotti Disney, che di fatto andavano a modificare il significato di un marchio avente una serie di valori avversi alla controcultura dell’epoca. Il caso più celebre è quello del collettivo Air Pirates, fondato da Dan O’Neill, che con il fumetto Air Pirates Funnies, presentava una parodia dai toni underground di Topolino.

Il nome derivava da un gruppo di antagonisti con cui Topolino si era scontrato negli anni Trenta. Per il collettivo, Topolino e gli altri personaggi Disney rappresentavano la deriva distorta del folklore statunitense ed europeo nonché l’ipocrisia conformistica della cultura americana. Stando al libro The Pirates and the Mouse: Disney’s War Against the Counterculture, in cui si raccontano gli sforzi del colosso per combattere le appropriazioni dei loro personaggi, O’Neill voleva che la Disney notasse le loro effrazioni e fece in modo di portare delle copie della rivista nella sala delle riunioni del consiglio direttivo dell’azienda, con l’aiuto del figlio di uno dei membri.

Nell’ottobre 1971, la Disney fece causa al gruppo per violazione del copyright e del trademark. La linea di difesa di O’Neill era quella del fair use, e tenne un atteggiamento di sfida per tutta la durata del processo. Il giudice dette ragione alla Disney ma O’Neill fece ricorso e, per pagare le spese legali, iniziò a vendere le tavole originali del gruppo – le stesse che ritraevano i personaggi Disney. L’iter giudiziario andò avanti per anni mentre O’Neill continuò a disegnare parodie di Topolino, affermando che «fare qualcosa di stupido una volta è stupido e basta. Fare qualcosa di stupido due volte è filosofia». Alla fine, nel 1978, la corte decise in favore della Disney (tranne nel caso della violazione di trademark, fatto che, secondo la sentenza, non sussisteva) e a nulla servì il ricorso alla Corte Suprema. L’anno successivo, durante il processo di revisione della legge, il fumettista costituì il Mouse Liberation Front per protestare contro l’estensione del copyright. I legali Disney capirono che non avrebbero mai ottenuto da O’Neill le spese del processo e il risarcimento pattuito e lasciarono perdere, in cambio della promessa degli Air Pirates di smettere con le parodie.

Tra il 2003 3 il 2009 quando i copyright di Topolino, Pluto, Paperino e Pippo erano nuovamente in procinto di scadere, quindi la Disney formò un PAC (Political Action Committee), un comitato di raccolta fondi e investì milioni di dollari per promuovere una nuova legge nota come Micjey Mouse Protection (o Sonny Bono Act), che passò alla Camera e al Senato senza udienze pubbliche, dibattiti o annunci di generi, nonostante l’opposizione di alcuni.

Il Copyright Term Extension Act del 1998, aggiungeva altri vent’anni di diritti alle due tipologie di copyright (quelli creati tra il 1922 e il 1978 e quelli dopo il 1978), portando il totale, nel caso di Topolino, a 95 anni. L’obiettivo era però quello di ottenere un copyright ‘eterno’ che però risultasse ‘limitato’ come impone la Costituzione (la parlamentare Mary Bono Mack, vedova di Sonny Bono, aveva proposto il limite «per sempre meno un giorno»).

La nuova scadenza è fissata al primo gennaio 2024, ma la momento la Disney possiede ancora 19 marchi registrati legati a Topolino – che possono essere rinnovati ad libitum – e questo protegge il personaggio dalla creazione di eventuali nuovi cartoni animati o prodotti per l’infanzia a lui intitolati. Per quanto riguarda altri usi, come ad esempio opere d’arte, si fa riferimento a un precedente del 1979, per cui un marchio registrato può proteggere un personaggio di dominio pubblico se questo è dotato di un cosiddetto “significato secondario”, che riguarda la stretta correlazione tra creatura e creatore. Se si riesce a dimostrare che il consumatore, vedendo un certo prodotto, lo colleghi subito a un marchio e quindi lo creda diramazione dello stesso, allora vale quanto detto.  Una sentenza della Corte Suprema datata 2003 ha decretato che non si possono usare marchi registrati come sostituti per copyright scaduti, inoltre, se anche qualcuno avesse intenzione di adoperare Topolino dovrebbe utilizzarlo così come appare in Steamboat Willie, senza modificarlo in alcun modo, perché qualsiasi modifica potrebbe essere ricondotta alla versione del personaggio ancora protetta dal copyright.

Eris Edizioni pubblica un libro di D’Isa realizzato con l’IA: la scena fumettistica insorge

Un’opera artistica originale e innovativa, o una truffa? I toni si scaldano sui social.

La casa editrice Eris ha annunciato la pubblicazione di un nuovo libro, “Sunyata”, realizzato dal filosofo e artista Francesco D’Isa in collaborazione con intelligenze artificiali generative. La notizia ha fatto scalpore nella scena fumettistica italiana, che ha reagito con scetticismo e ironia.

Il libro verrà presentato in anteprima anche nell’ambito della manifestazione Lucca Comics&Games e sarà disponibile per l’acquisto dal 7 novembre, ma non solo.

Sunyata è una storia onirica su una ragazza che attraversa un mondo desolato. Il libro è stato illustrato con immagini evocative e suggestive, che creano un’atmosfera sospesa e onirica.

Tuttavia, l’uso di intelligenze artificiali nel processo creativo ha suscitato molte polemiche. Alcuni artisti italiani hanno accusato l’autore di aver “rubato” le loro opere, mentre altri hanno sostenuto che l’intelligenza artificiale non può essere considerata un vero e proprio strumento artistico.

Eris Edizioni ha risposto alle critiche sostenendo che “Sunyata” è un’opera artistica originale e innovativa, che rappresenta il percorso artistico di Francesco D’Isa. La casa editrice ha inoltre specificato che l’opera sarà anche rilasciata in Pubblico Dominio, scaricabile quindi liberamente da internet in “formato” COPYLEFT (il contrario di Copyright)

Le polemiche sui social non si sono placate, e la questione è ancora oggetto di discussione.

Emi, lo strumento IA di generazione di arte “pulita” per uso commerciale

L’etica della tecnologia IA nel mondo dell’arte è stata un argomento controverso negli ultimi anni, con l’emergere di vari strumenti di creazione generativa IA criticati per la violazione dei diritti d’autore degli artisti. Lo sviluppatore giapponese AI Picasso ha lanciato il 25 settembre Emi (Ethereal master of illustration), uno strumento “pulito” di generazione di arte artificiale per uso commerciale gratuito.

Emi è uno strumento gratuito per la generazione di immagini che presumibilmente non utilizza immagini non autorizzate nel suo processo di apprendimento automatico. A differenza di molti altri generatori di immagini IA che utilizzano indiscriminatamente immagini protette da copyright nel loro processo di apprendimento automatico, AI Picasso sostiene che la sua IA viene addestrata esclusivamente su immagini di dominio pubblico e su quelle autorizzate per l’apprendimento automatico dai detentori del copyright.

Emi utilizza Stable Diffusion XL 1.0 (SDXL), un modello di generazione di immagini IA specializzato nella creazione di immagini dettagliate e fotorealistiche, e dispone di una licenza CreativeML Open RAIL++-M, che consente l’uso commerciale delle immagini create dal generatore. Oltre ad avere una licenza Open Rail, il modello Manga Diffusion del generatore è addestrato esclusivamente su immagini di dominio pubblico e integrato con il set di dati Manga109, ottenuto con il permesso dei detentori del copyright.

Manga109 è un database di 109 volumi di manga giapponesi, accumulato a scopo di ricerca accademica sull’elaborazione dei media. Secondo il sito del database, “l’autorizzazione all’uso del dataset Manga109 è concessa dagli autori di ciascuna delle opere contenute nel dataset, a condizione che venga utilizzato per scopi accademici presso organizzazioni senza scopo di lucro, per usi legati alla ricerca come esperimenti e pubblicazione di articoli accademici. Inoltre, tra le 109 opere contenute nel dataset, per 87 opere è stata concessa l’autorizzazione per organizzazioni commerciali”.

Ed ora parliamo di protezione dei diritti d’autore degli artisti: progetti come Emi possono rappresentare un passo nella giusta direzione per l’IA. Emi è stato rilasciato come strumento gratuito per uso commerciale e non. È disponibile anche una demo. Gli sviluppatori sottolineano che lo strumento è conforme alla legge giapponese.

OpenAI citata in giudizio da 17 autori famosi per violazione del copyright

Jonathan Franzen, John Grisham, George R.R. Martin e Jodi Picoult fanno causa all’azienda per aver utilizzato i loro libri per addestrare modelli di IA

L’Authors Guild e 17 autori famosi hanno citato in giudizio OpenAI per violazione del copyright. La causa, intentata presso il Southern District di New York, sostiene che l’azienda ha utilizzato i libri dei querelanti per addestrare i suoi modelli di IA senza autorizzazione.

Secondo la denuncia, OpenAI ha “copiato le opere dei querelanti all’ingrosso” e ha inserito i materiali protetti da copyright in grandi modelli linguistici.

Gli autori hanno aggiunto che le LLM di OpenAI potrebbero dar luogo a lavori derivati che si basano, imitano, riassumono o parafrasano i loro libri, il che potrebbe danneggiare il loro mercato.

OpenAI ha dichiarato di essere “delusa” dalla causa e ha affermato di essere “convinta di aver agito in modo legale”.

Questa è l’ultima causa contro OpenAI da parte di autori famosi. Lo scrittore di Amazing Adventures of Kavalier and Clay Michael Chabon e altri hanno citato in giudizio l’azienda per aver utilizzato i loro libri per addestrare GPT a settembre. Anche la comica Sarah Silverman e gli autori Christopher Golden e Richard Kadrey hanno avviato un’azione legale contro OpenAI e Meta, mentre Paul Tremblay e Mona Awad hanno presentato la loro denuncia a giugno.

Le aziende di IA generativa hanno dovuto affrontare più volte il campo minato del copyright, con cause intentate anche contro le piattaforme di immagini di IA. Microsoft, che collabora con OpenAI, ha annunciato che si assumerà le responsabilità legali se gli utenti commerciali del suo servizio Copilot AI verranno citati in giudizio.

Un tribunale nega il copyright a un’immagine generata da intelligenza artificiale

Un giudice federale statunitense ha respinto la richiesta di un inventore di ottenere il diritto d’autore su un’immagine prodotta da un algoritmo di intelligenza artificiale. L’inventore, Stephen Thaler, aveva sviluppato la Creativity Machine, un sistema di intelligenza artificiale in grado di generare immagini originali.

Thaler aveva sostenuto di essere il proprietario dell’immagine, in quanto essa era stata creata come un’opera a noleggio dalla sua Creativity Machine. Tuttavia, l’Ufficio statunitense per i diritti d’autore aveva rifiutato più volte di registrare l’immagine, affermando che essa non era frutto dell’intervento umano.Thaler aveva quindi fatto causa all’Ufficio nel 2022, accusandolo di aver agito in modo “arbitrario, capriccioso… e contrario alla legge”.

Ma il giudice della Corte distrettuale degli Stati Uniti, Beryl A. Howell, ha confermato la decisione dell’Ufficio. Nella sua sentenza, Howell ha affermato che il diritto d’autore richiede la paternità umana, che non è presente nel caso di un’immagine generata da intelligenza artificiale. Howell ha tuttavia ammesso che l’intelligenza artificiale potrebbe essere usata sempre più come uno strumento creativo in futuro, ponendo così delle sfide riguardo al ruolo e al contributo umano necessari per il diritto d’autore.

Il solido matrimonio tra Shutterstock e OpenAI

Da quando i computer hanno iniziato a creare contenuti artistici, il mondo è stato scosso da un dibattito infuocato sul copyright e sui diritti di utilizzo delle immagini, dei testi e di altre informazioni presenti sul web per addestrare l’intelligenza artificiale. I giganti come Getty Images hanno subito stretto i pugni e dichiarato guerra a Stable Diffusion, colpevole di aver addestrato illegalmente l’IA utilizzando milioni di immagini protette dal diritto d’autore. Ma c’è chi invece ha deciso di mettere da parte l’astio e abbracciare questa nuova tecnologia. Shutterstock, infatti, ha annunciato una collaborazione straordinaria con OpenAI per fornire a questa startup tutti i dati di cui ha bisogno per addestrare i suoi modelli.

Il matrimonio tra Shutterstock e OpenAI sembra essere davvero solido. Per sei lunghi anni, OpenAI avrà la possibilità di utilizzare le immagini, i video, la musica e tutti i metadati di Shutterstock. Ma non è tutto! Shutterstock avrà anche un “accesso prioritario” alle tecnologie più all’avanguardia di OpenAI, consentendo ai suoi clienti di trasformare le immagini con l’aiuto di questa intelligenza artificiale. E non è finita qui, nemmeno la nostra amata libreria GIF Giphy è stata dimenticata: grazie a questa alleanza, anche lei beneficerà dell’intelligenza artificiale.

Il CEO di Shutterstock ha spiegato che questa collaborazione rafforza il loro impegno nel campo dell’IA generativa e li posiziona come partner privilegiato nel settore. Ma naturalmente, ogni medaglia ha il suo rovescio. Shutterstock, per calmare le ire degli artisti che potrebbero sentirsi traditi da questa scelta, ha deciso di mantenere attivo un fondo che premia i principali contributor della piattaforma, retribuendoli per il loro impegno nell’addestramento dell’IA generativa. In fondo, tutti dovrebbero essere remunerati per il loro lavoro, anche se a crearlo è stata una macchina!

Insomma, l’intelligenza artificiale avanza a passi da gigante e sembra che il copyright debba arrendersi alla sua supremazia. Ora non ci resta che aspettare e vedere quali meraviglie la coppia Shutterstock-OpenAI riuscirà a creare. Chissà, magari saremo noi umani a dover imparare da loro come diventare degli artisti di successo!

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