Addio ad Alfredo Castelli

Il maestro del fumetto italiano, Alfredo Castelli, ci ha lasciato nella mattinata del 7 febbraio 2024. Nato a Milano nel 1947 durante gli anni della ricostruzione post guerra, Castelli ha vissuto un’infanzia caratterizzata dalla scarsità di risorse ma anche da un grande ottimismo e dalla volontà di utilizzare la fantasia al massimo. Ai tempi, i film potevano essere visti solo al cinema, ma i fumetti erano numerosi, anche se Castelli ne leggeva poco a causa delle convinzioni dei suoi genitori che ritenevano che questi potessero essere dannosi per la sua educazione. Gli era permesso soltanto di leggere il “Corriere dei Piccoli”, ma almeno poteva sfogliare numerosi libri.

Affascinato dall’arte dell’animazione, inizialmente sognava di diventare il Disney italiano, ma ben presto capì che questa strada non faceva per lui. Fu il libro “I fumetti” di Carlo Della Corte a stimolarlo a intraprendere la carriera di cartoonist. Castelli presentò i suoi primi lavori come autore e disegnatore a diverse case editrici, tentando prima con il disegno realistico e poi con quello umoristico. Dopo alcuni tentativi falliti, Angela e Luciana Giussani acquistarono alcune puntate di una serie interpretata da un gruppo di mostri, intitolata Cattiverius Junior, ma che non venne mai pubblicata. Le geniali sorelle, autrici ed editrici di Diabolik, scelsero di introdurre in quest’ultimo un personaggio tra i comprimari di Cattiverius, uno scheletro vivente ribattezzato Scheletrino, che iniziò a comparire in appendice a Diabolik nel gennaio 1965. Rivedendo le sue semplici storie, Castelli decise che sarebbe stato meglio dedicarsi alle sceneggiature per il bene dei lettori.

Nel 1967, insieme all’amico Paolo Sala, Castelli fondò la prima fanzine italiana, Comics Club 104, e lavorò come soggettista per Cucciolo, Kolosso, Pedrito El Drito e altri personaggi umoristici. L’anno successivo, insieme a Mario Gomboli e Marco Baratelli, con i disegni di Carlo Peroni, creò TILT, una rivista che durò solo due numeri, ispirata alla celebre MAD statunitense, famosa per le sue geniali parodie di fumetti, film e programmi televisivi.

Castelli collaborò anche con la rivista Psyco, scrivendo insieme a Marco Baratelli “Van Helsing”, un fumetto con l’antagonista storico di Dracula disegnato ancora da Carlo Peroni. Insieme a Pier Carpi, Castelli diede vita a Horror, una rivista interamente dedicata all’orrore e al soprannaturale, pubblicata dal vulcanico editore Gino Sansoni, dove alcuni dei più importanti autori italiani ebbero finalmente uno spazio. Qui comparve anche Zio Boris, una striscia comica di ambientazione horror. Dopo Horror, Zio Boris ricomparve nel 1972 sul Corriere dei Ragazzi, una rivista che ha segnato una delle proposte più ricche e interessanti di giornalismo a fumetti per ragazzi. Castelli fu uno dei principali sceneggiatori, insieme al giornalista e autore Mino Milani. Su quelle pagine, Castelli trasformò TILT in una rubrica demenziale, con la collaborazione di Bonvi e Daniele Fagarazzi, creando anche l’indimenticabile Omino Bufo, una striscia disegnata in modo approssimativo e piena di umorismo demenziale, che rimase nel cuore di generazioni di lettori.

Ancora, con i disegni di Sergio Zaniboni, Castelli inventò Gli Aristocratici, un gruppo di impeccabili ladri gentiluomini inglesi. Negli stessi anni, Castelli scrisse molte storie per un’altra importante testata per ragazzi, Il Giornalino. Nel 1975, Castelli scrisse insieme a Mario Gomboli e con i disegni di Milo Manara la storia “Un fascio di bombe”, un importante esempio di fumetto giornalistico originariamente pubblicato dal PSI, che narra la strage di Piazza Fontana a Milano e l’inizio della “strategia della tensione” che ha insanguinato il Paese.

Nel 1983, Castelli e Silver (Guido Silvestri, creatore di Lupo Alberto) presero in mano la rivista Eureka, ideata nel 1967 da Luciano Secchi, noto come Max Bunker. Rinnovarono la rivista con una serie di numeri monografici e allegarono al primo numero della loro gestione “Come si diventa autore di fumetti”, un utile prontuario per chi voleva avvicinarsi alla professione o curiosare dietro le quinte della Nona Arte. Sempre attento alle novità del fumetto internazionale, Castelli curò nel 1966, per l’agenzia Opera Mundi, il famoso Blue Book, un catalogo dei personaggi del King Features Syndicate statunitense, in lingua italiana.

A distanza di tempo è anche tra i primi in Italia a parlare dei manga e delle serie animate giapponesi, curando un catalogo in lingua inglese per l’importante casa editrice giapponese Kodansha.

La creatura più importante e famosa di Alfredo Castelli, Martin Mystère, disegnato soprattutto da Giancarlo Alessandrini e pubblicato a partire dal 1982 dall’editore Sergio Bonelli (e oggi dalla Sergio Bonelli Editore). La lunga gestazione di Martin Mystère ha avuto inizio con un personaggio ispirato ad Allan Quatermain, protagonista dei romanzi di H. Rider Haggard. Nonostante non sia stato pubblicato sul Giornalino, il personaggio ha fatto la sua breve apparizione nel 1978 in due numeri di Supergulp!, un settimanale a fumetti creato in seguito all’omonima trasmissione televisiva. In una mostra recentemente organizzata, sono state presentate per la prima volta le tavole inedite disegnate da Fabrizio Busticchi per quella storia incompiuta.

Successivamente, Castelli ha ripreso il personaggio di Quatermain insieme a Sergio Zaniboni, con l’intenzione di pubblicarlo sul settimanale tedesco Zack. Tuttavia, il progetto non ha avuto successo. Dopo ulteriori modifiche, Quatermain è diventato Martin Mystère e finalmente è stato accettato da Sergio Bonelli. Il personaggio è stato presentato alla Fiera del libro di Bologna con il nome di Doc Robinson, ma alla fine ha ripreso il suo nome definitivo.

Prima di Martin Mystère, Castelli ha scritto per altre serie di successo come Zagor e Mister No per la Bonelli Editore. Ha sceneggiato oltre sessanta numeri di Mister No, tra cui storie come “Destinazione Haiti”, “Eldorado”, “Accusa di omicidio”, “Intrigo internazionale”, “Cinema crudele”, “La città del crimine”, “Le montagne della luna”, e “La diga del deserto”.

Nel 1991, Castelli ha ideato il mazzo di tarocchi “Martin Mystère: Tarocchi di Atlantide”, disegnato da Giancarlo Alessandrini e pubblicato da Lo Scarabeo di Torino con la supervisione di Pietro Alligo e Giordano Berti. Non contento delle sue numerose attività, nel 1997 Castelli ha anche contribuito alla realizzazione delle sceneggiature per la docufiction di Italia 1 “AleX, indagini su mondi segreti”, una serie di sei puntate che si occupavano di misteri.

Negli ultimi anni, Castelli ha esteso il suo campo di interesse al fumetto storico. Ha condotto approfondite ricerche sulle origini del fumetto, pubblicando un volume illustrato intitolato “Eccoci ancora qui” nel 2006. Questo lavoro ricopre un periodo che va dalla fine del XIX secolo ai primi del XX secolo, focalizzandosi sul fumetto americano.

La carriera di Castelli non è passata inosservata, infatti ci sono state diverse pubblicazioni biografiche su di lui da parte di associazioni e enti legati al mondo del fumetto. Tra queste ricordiamo “Castelli 25” dell’Associazione Nazionale Amici del Fumetto e dell’Illustrazione, pubblicata in occasione dei suoi 25 anni di carriera. Inoltre, il Napoli Comicon ha dedicato un libro a Castelli intitolato “Alfredo Castelli – Storie e Mysteri di un grande narratore” e l’Associazione Culturale Nipoti di Martin Mystère ha celebrato il suo quarantennale con il libro “Castelli di Carta”.

La morte di Alfredo Castelli lascia un vuoto incolmabile nel panorama del fumetto italiano, ma il suo ricordo e la sua opera resteranno vivi nei cuori e nelle menti dei suoi numerosi fan e ammiratori. A loro e ai suoi familiari va il nostro più sentito cordoglio.

115 anni del Corriere dei Piccoli

Il 27 dicembre 1908 è la data d’inizio della straordinaria avventura del Corriere dei Piccoli, quando il primo numero del nuovo giornalino appare nelle edicole di tutta Italia, a 10 centesimi. Sotto la testata, disegnata dal geniale Antonio Rubino, appare l’indicazione “supplemento illustrato del Corriere della Sera”, il principale quotidiano italiano. Si conclude così una lunga gestazione, che si ispira in parte ai supplementi domenicali dei quotidiani statunitensi, tenendo conto di precursori italiani come il Giornale per i bambini (dove era nato Pinocchio) e il Giornalino della domenica di Vamba (dove appariva a puntate il “Giornalino di Gianburrasca”).

Il progetto è di una sociologa e scrittrice, collaboratrice del Giornalino della domenica: Paola Lombroso, figlia del celebre scienziato Cesare. Ai racconti in testo, alle rubriche e alle illustrazioni si affiancano i fumetti (come verranno chiamati soltanto decenni più tardi), quei “comics” che già da una decina d’anni stanno riscuotendo grande successo negli Stati Uniti. Una preziosa corrispondenza in proposito è conservata a Milano dalla Fondazione Corriere della Sera. Al direttore del Corriere della Sera, Luigi Albertini, l’idea piace, ma è indeciso sull’affidare un progetto così importante a una donna… così coinvolge Silvio Spaventa Filippi, già impegnato nel  quotidiano e nelle altre testate supplementari, mentre a Paola Lombroso, 37 anni, coetanea dello Spaventa Filippi, nota al grande pubblico anche sotto lo pseudonimo di Zia Mariù, viene affidata la rubrica delle Lettere del nascente Corriere dei Piccoli. Paola Lombroso lascia la redazione nel 1912 disgustata dal sostegno del giornale alla conquista della Libia, ma rimane un punto di riferimento per la letteratura e per la didattica fino alle “leggi razziali” del 1938, che feriscono a sangue anche gli ambienti culturali e la migliore editoria italiana.

Per molti anni, dal 1908 al secondo Dopoguerra, sul Corriere dei Piccoli non vengono pubblicati i fumetti come li conosciamo oggi: al posto delle familiari nuvolette ci sono delle agili strofe in rima, poste sotto ogni vignetta, che raccontano e commentano. I memorabili testi del Corrierino saranno una delle ragioni dello straordinario successo del nuovo giornale e dei suoi indimenticabili personaggi, creati dai maggiori artisti italiani o provenienti da oltreoceano. Citiamo tra gli italiani Bilbolbul di Attilio Mussino (primo personaggio italiano, appare nel mitico n. 1), Quadratino di Antonio Rubino, il protobalilla Schizzo di Mussino che ci accompagna alla Prima guerra mondiale, il popolare e fortunatissimo Signor Bonaventura di Sto (l’attore e scrittore Sergio Tofano) nato nel 1917 e continuato fino agli anni Ottanta, e ancora Marmittone di Angoletta… Dagli Stati Uniti ne arrivano molti, da Buster Brown (da noi ribattezzato Mimmo, già in copertina nel primo numero) al gatto Felix, da Fortunello ad Arcibaldo e Petronilla, senza dimenticare Bibì, Bibò e Capitan Cocoricò con Tordella

La formula del giornalino si mantiene praticamente inalterata per molti anni: racconti, romanzi a puntate, poesie, rubriche e storie illustrate vengono alternate sapientemente fino alla Seconda Guerra Mondiale, uno spartiacque importante per la storia del Corriere dei Piccoli, che dopo il 25 aprile 1945 deve cambiare nome (soltanto per un anno) diventando Giornale dei Piccoli, e nel 1947 pubblica la prima storia con le nuvolette, “Il labirinto della morte”, disegnata da Nadir Quinto. Le pagine si riempiono di disegni di Grazia Nidasio e Leo Cimpellin, vere colonne redazionali per anni, oltre che autori eccellenti. Negli anni Cinquanta e Sessanta lo spazio dedicato ai fumetti aumenta o diminuisce a seconda della sensibilità e del gusto dei direttori che si avvicendano, mentre il primo vero restyling della testata è nel 1968. Ancor più importante è quanto accade nel gennaio 1972, quando la testata Corriere dei Piccoli viene “pensionata” e sostituita dal nuovo Corriere dei Ragazzi, rivista di eccellente qualità rivolta a un lettore adolescente, che mantiene comunque un modesto allegato con il vecchio storico nome. A furor di popolo la gloriosa testata originale riacquista presto la sua autonomia, nel corso dell’anno, riprendendo a crescere di pagine e contenuti. Per qualche anno le due testate corrono parallele, ma il Corriere dei Ragazzi viene prima modificato e ridimensionato, poi definitivamente chiuso nel 1984, mentre il Corriere dei Piccoli prosegue negli anni Ottanta e Novanta, con uno spazio sempre maggiore dato ai personaggi della televisione, in particolar modo dei disegni animati giapponesi. Dopo un altro cambio di nome nel 1992, con il Corriere dei Piccoli che diventa Corrierino, per di più trasformato negli ultimi mesi in un economico tabloid, finalmente la grande storica pubblicazione viene chiusa il 15 agosto 1995

Dal “Qui comincia l’avventura…” del Signor Bonaventura di Sergio Tofano al “Sor Pampurio arcicontento del suo nuovo appartamento” del Sor Pampurio di Carlo Bisi, i personaggi del Corrierino hanno lasciato traccia nell’immaginario collettivo anche per i testi che ne scandiscono le avventure. Oltre al Signor Bonaventura e a Sor Pampurio si possono ricordare Pier Cloruro de’ Lambicchi di Giovanni Manca (con la magica arcivernice che dà vita alle immagini), Marmittone di Bruno Angoletta, il Prode Anselmo di Mario Pompei, Bilbolbul di Attilio Mussino, Quadratino di Antonio Rubino e tantissimi altri. Un altro aspetto fondamentale del Corriere dei piccoli è stato l’approccio adottato da tutti coloro che vi hanno collaborato: l’idea di mettersi dalla parte del giovane lettore, senza condiscendenza ma dandogli ogni settimana qualcosa da leggere e godersi con partecipazione. Il Corriere dei Piccoli ospita così grandi firme della letteratura italiana e del giornalismo, da Luigi Barzini a Mino Milani, da Dino Buzzati a Gianni Rodari, in racconti, romanzi a puntate, fiabe e favole spesso illustrate dai grandi artisti del settimanale.

Il saggio sulla storia del «Corriere dei piccoli»

Con i suoi oltre 4.500 numeri divisi in 88 annate, il «Corriere dei Piccoli» rappresenta un tassello fondamentale della cultura italiana. A partire dal 1908, ha pubblicato racconti illustrati e introdotto le strisce americane, presentando narratori di primo piano. L’editoriale contenuto nel primo numero è considerato il manifesto di fondazione del Fumetto italiano. Il saggio «Il Corriere dei piccoli – Una supernova tra le riviste d’autore», pubblicato da Edizioni NPE, ripercorre origini ed evoluzione della rivista, passando in rassegna storie e autori ospitati nelle sue pagine. Con interviste ai protagonisti e curiosità inedite. Ricco di immagini a colori.

Nato nei primi del Novecento come supplemento del «Corriere della Sera», il «Corriere dei Piccoli» mirava alla diffusione della cultura tra coloro che fino ad allora ne erano stati esclusi. Lo spazio dedicato alle storie illustrate riscosse un tale successo da renderla nel tempo una vera e propria rivista di fumetti, la prima in Italia. Le sue pagine hanno ospitato grandi autori, come Hugo Pratt, Dino Battaglia Mino Milani, e fatto conoscere personaggi che hanno segnato un’epoca, tra cui Corto MalteseCocco Billi Puffi e Lucky Luke.

Una pubblicazione che ha attraversato tutto il XX secolo, raccontando la società e i suoi cambiamenti, e che ora rivive nell’approfondito saggio di Andrea Carta. In libreria dal 31 marzo.

Tito Faraci racconta il fumetto nelle Lezioni d’Autore

Simbolo di gioco e anarchia, luogo di estrema espressione del suo autore, slegato da vincoli di denaro e al di là delle leggi di spazio e tempo, il fumetto è l’unico linguaggio dove tutto può accadere, attraverso pagine, parole e disegni pregni di morale e autoironia. Feltrinelli Education, nelle nuove Lezioni d’Autore, celebra e ripercorre le tappe della tradizione del racconto disegnato in tre appuntamenti on demand dove a tenere le redini della storia è il noto sceneggiatore Tito Faraci, autore, tra i tanti, di Topolino, Zagor e Dylan Dog, nonché uno dei primi in Italia a confrontarsi con i Marvel Comics americani.

Si provi a immaginare un luogo dove tutto è possibile, dove alle leggi di spazio e tempo si sostituiscono la forza della fantasia e la libertà di un luogo in cui a regnare è l’anarchia e l’estro dell’autore. Questo è il fumetto, il racconto disegnato che inizia a spopolare in Italia nei primi anni del Novecento, con la prima edizione della rivista il Corriere dei Piccoli nel 1908. Di lì, un susseguirsi di successi letterari in forme e contenuti talvolta lontanissimi tra loro, destinati a tutti, adulti e bambini, capaci di allargare il campo e snodarsi in un Paese che cambia ma sempre fedeli al proprio scopo: diventare un successo.

 

Tito Faraci: Breve corso di storia del fumetto italiano | Feltrinelli Education

 

Lezione d’Autore: Tito Faraci, “Breve storia del fumetto italiano. Le origini, gli eroi, gli autori”

La tradizione pluridecennale del fumetto italiano, che cent’anni dopo coinvolge ancora 9 milioni di italiani, per lo più giovani sopra i 14 anni – vale a dire il 18% della popolazione e il 35% della frazione di lettori – trova in Feltrinelli Education, la piattaforma fisica e digitale lanciata dall’omonimo editore che offre servizi formativi per trasformare la conoscenza in qualcosa di concretamente utile per capire, gestire e interpretare il cambiamento, megafono e custodia dei suoi valori più preziosi attraverso la Lezione d’Autore di Tito Faraci, fumettista e scrittore italiano, la cui esperienza nel mondo del racconto disegnato va da Topolino a Dylan Dog, passando per Zagor, Lupo Alberto, Diabolik e Magico Vento, fino ad arrivare ai più noti comic statunitensi, i Marvel Comics.

Le Lezioni d’Autore, lanciate da Feltrinelli Education a novembre 2020, sono una serie di incontri su temi come arte, letteratura, design, matematica, con videolezioni di 35 minuti l’una, condotte dalla voce narrante e l’esperienza dei professionisti in cattedra, testimoni del tempo che scorre e della cultura che muta e si evolve. Grazie all’esperienza on demand, è possibile seguire le lezioni quando si vuole, in una soluzione di intrattenimento e formazione volta a tutelare, conservare e diffondere i capitoli più preziosi della cultura italiana, in una sintesi tra aulico e popolare, analogico e digitale, cartaceo e multimediale.

 

Da Bilbolbul a Zerocalcare, una pluridecennale e imperitura tradizione

“La grande forza del fumetto risiede nel senso di libertà e anarchia che questo trasmette già dai primissimi esperimenti. Nel fumetto è lo spazio a definire il tempo, non ci sono leggi che tengano, tutto può accadere. Spesso questo medium è stato definito il cinema dei poveri, non nell’accezione negativa del termine, ma proprio perché è solo nel fumetto che non esistono effetti speciali, non c’è costo di produzione, ogni autore può permettersi di volare con la mente e creare qualcosa che equivale al più costoso film hollywoodiano, dove il gioco di parole e lo spazio indefinito si fanno forze trainanti di un messaggio pregno di morale e, perché no, autoironia”.

Nelle parole di Tito Faraci prende forma una storia che comincia nel 1908, con la prima edizione del Corriere dei Piccoli, e prosegue nel corso degli anni attraverso le avventure, i pensieri e le innovazioni di personaggi ormai diventati un simbolo del racconto disegnato, arrivando a toccare i successi più recenti, primo fra tutti Zerocalcare. Dai più lontani protagonisti come Bilbolbul e Dick Fulmine, ma anche Pippo Pertica, Palla e il Signor Bonaventura, Faraci introduce l’interlocutore ai temi più ricorrenti nella tradizione del fumetto, in cui le vicende dei personaggi si intrecciano tra loro, accomunate dal fil rouge della libertà.

 

Feltrinelli Education, spazio di condivisione e filo tra passato e futuro

Feltrinelli Education diventa così uno spazio di condivisione, conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale italiano, che nelle sue varie forme e contenuti è passato di mano in mano tra diverse generazioni e che oggi, facendo tesoro delle potenzialità del digitale, si trasforma in un momento di dialogo e contaminazione in un filo teso tra ieri e domani. Una trasformazione del mezzo ma non della missione che, sin dalla nascita di Feltrinelli Editore, di cui Feltrinelli Education è parte, è quella di “cambiare il mondo […] e salvare le ingiustizie con i libri” (Giangiacomo Feltrinelli, 1955). Cambiare il mondo attraverso messaggi di uguaglianza, ibridazione culturale, scambio e libertà, proprio come avveniva, nel 1900, tra le pagine di Topolino, e come avviene oggi, un secolo dopo, nelle vicende di Zerocalcare.

 

La Pimpa compie 45 anni… a pois!

Oggi festeggiamo il 45° compleanno di Pimpa, la cagnolina a pois rossi che ha conquistato il cuore di milioni di bambini in tutto il mondo. Creato nel 1975 dall’artista e scrittore italiano Altan, Pimpa è diventata nel corso degli anni una delle grandi beniamine del mondo del fumetto grazie alle sue storie divertenti e poetiche.

Tutto ebbe inizio quando Altan, su richiesta della figlia, disegnò un cane su un foglio durante un pomeriggio di sole. Da quel momento, la cagnolina a pois rossi divenne protagonista delle nostre fantasie, amata da tutte le fasce d’età. Pimpa ha fatto la sua comparsa sulle pagine del settimanale Corriere dei Piccoli, fino ad avere un suo profilo Instagram ed essere impressa persino sulla pelle di coloro che hanno scelto di tatuarla. Nonostante il passare degli anni, Pimpa è rimasta immutata nel cuore dei lettori, che continuano a leggere le sue storie ai propri figli e nipoti.

La dolce cagnolina ci porta in luoghi magici, dove si celebra la meraviglia delle piccole cose, anche se siamo consapevoli delle difficoltà della vita. Con più di 53.000 follower su Instagram, Pimpa è diventata un’influencer virtuale, capace di regalare sorrisi con i suoi post colorati. È diventata anche un’icona per la Generazione Z, quella che attualmente ha tra i venti e i trent’anni, nata nel mondo digitale. Questi giovani si identificano con Pimpa, un personaggio nato molti anni prima ma che è riuscito a conquistare il loro cuore.

Pimpa è diventata un’icona pop, amata da tutti. La sua immagine si trova ovunque, dalle borse personalizzate alla musica, dai fumetti ai meme. Numerosi meme la ritraggono in situazioni divertenti o reinterpretano i classici della letteratura. La popolarità di questo personaggio si estende anche alle giovani generazioni, che apprezzano la sua ironia e dolcezza. Pimpa è diventata una figura inclusiva, che abbraccia il mondo e accoglie tutte le diversità. È un personaggio che ci invita a riflettere sulla bellezza delle piccole cose, soprattutto in tempi così difficili. E forse è proprio questo il segreto del suo successo.

Chi è Cocco Bill, il leggendario cowboy di Jacovitti?

Cocco Bill è un personaggio di fumetti creato da Benito Jacovitti, uno degli autori italiani più celebri del genere. Comparso per la prima volta nel 1957, Cocco Bill è rapidamente diventato un’icona e uno dei personaggi più amati del mondo dei fumetti italiano. Il celebre personaggio fece il suo esordio sul primo numero de Il Giorno dei Ragazzi, il supplemento settimanale gratuito de Il Giorno. Questa pubblicazione durò per circa un decennio, per poi spostarsi nel 1968 sul Corriere dei piccoli, e successivamente nel 1972 sul Corriere dei ragazzi. Dal 1987, Cocco Bill trovò la sua casa su Il Giornalino, e continuò ad essere pubblicato anche dopo la morte dell’autore nel 1998. Nel 2017, una selezione delle sue storie è stata ristampata nella collana “Cocco Bill e il meglio di Jacovitti” edita da Hachette.

La prima apparizione di Cocco Bill come cartone animato risale alla trasmissione Carosello, curata dai famosi fratelli Pagot. Durante questi spot pubblicitari, il personaggio promuoveva i gelati Eldorado. Nel 2001 venne prodotta una serie animata dedicata a Cocco Bill, composta da 52 episodi della durata di 13 minuti ciascuno. La serie fu creata da Pierluigi de Mas e de Mas & Partners. Successivamente, nel 2004, furono realizzati altri 52 episodi. La prima serie andò in onda su Rai 2, sia sul satellite che sul digitale terrestre, e successivamente fu distribuita in formato DVD. La seconda serie, invece, venne trasmessa solo sul satellite.

Cocco Bill è un eroe atipico, un cowboy stravagante con una personalità eccentrica e un incredibile talento per procurarsi guai. È alto e magro, con un cappello da cowboy sgualcito in testa e sempre vestito di un completo bianco. Il volto di Cocco Bill ha un’espressione stramba, con un naso pronunciato e gli occhi enormi che sembrano sempre esprimere sorpresa. Cocco Bill è un abile pistolero che difende la legge e che è sempre pronto a dare la caccia ai banditi, cavalgando il suo fedele destriero Trottalemme. Al bancone dei saloon, invece di ordinare il classico whisky, preferisce la camomilla.

Le avventure di Cocco Bill sono stravaganti e piene di umorismo. Da un conflitto con una tribù di indiani pazzerelli, alle lotte con banditi e fuorilegge assurdi, Cocco Bill è sempre coinvolto in situazioni bizzarre che mettono alla prova la sua forza e la sua pazienza. Tra i suoi avversari ricorrenti ci sono Bunz Barabarunz e i sette Kuknass Brothers, dei nemici giurati. Durante le avventure di Cocco Bill, è spesso possibile incontrare gli indiani Ciriuàcchi e i Piedi Neri, nativi americani il cui linguaggio suona simile al napoletano o al lombardo. Un ruolo importante è anche ricoperto dalla mozzafiato Osusanna Ailoviù, una spasimante non corrisposta.

Nonostante la sua personalità eccentrica, Cocco Bill possiede una buona dose di saggezza. Lui è un personaggio che affronta le avversità con umorismo e ironia, mantenendo sempre il sorriso sulle labbra. A volte può sembrare ingenuo o distratto, ma sotto questa facciata si nasconde un uomo coraggioso e coraggioso che è sempre pronto a fare la cosa giusta.

Il personaggio di Cocco Bill ha guadagnato una grande popolarità in Italia grazie ai fumetti di Jacovitti. Le storie di Cocco Bill sono state pubblicate in numerose riviste di fumetti nella seconda metà del XX secolo e sono diventate un pilastro della cultura popolare italiana. Il fascino duraturo di Cocco Bill si deve in parte alla sua capacità di rappresentare l’italiano medio, che si sente vicino a lui e alle sue avventure quotidiane. Cocco Bill è un uomo comune che vive avventure straordinarie, rendendo quindi il personaggio facilmente identificabile per i lettori italiani di ogni età.L’eredità di Cocco Bill è ancora forte oggi. Il personaggio può vantare innumerevoli fan e ha continuato a essere popolare in Italia e all’estero, anche dopo la morte di Benito Jacovitti nel 1997. I fumetti di Cocco Bill sono stati tradotti in diverse lingue ed è un’icona del fumetto italiano.

100 anni del fumetto in Italia. Da Dylan Dog a Lupo Alberto, da Manara a Tex, tutti i capolavori e i migliori autori di cento anni di Fumetto Italiano.

Il 2009 è stato un anno importante per il fumetto italiano, che ha celebrato il suo centenario. Il 27 dicembre 1908, infatti, usciva il primo numero del Corriere dei Piccoli, il primo giornale a fumetti italiano, che introduceva in Italia i fumetti statunitensi e dava vita a personaggi originali come Bilbolbul di Attilio Mussino. Da allora, il fumetto italiano ha attraversato diverse fasi storiche, artistiche e culturali, dando origine a una ricca e variegata produzione che ha conquistato lettori di tutte le età e di tutto il mondo.

Il fumetto italiano ha avuto il suo primo boom negli anni trenta, quando il regime fascista favorì la nascita di riviste e case editrici nazionali, che dovevano sostituire le importazioni straniere. In questo periodo nacquero personaggi come il Topolino italiano, il cowboy Tex Willer, il pilota L’Asso di Picche e il giornalista Tintin. Il fumetto italiano si caratterizzò per il suo stile realistico, avventuroso e patriottico, ma anche per la sua capacità di inserire elementi umoristici e fantastici.

Il secondo dopoguerra e gli anni cinquanta segnarono una svolta per il fumetto italiano, che si aprì alle influenze internazionali e si diversificò in generi e formati. Nacquero le prime riviste per adulti, come Linus e Il Mago, che ospitavano fumetti di satira, critica sociale e sperimentazione grafica. Nacquero anche le prime riviste per ragazzi, come Il Giornalino e Il Corriere dei Ragazzi, che proponevano fumetti di avventura, fantascienza e sport. Tra i personaggi più famosi di questo periodo ci sono Diabolik, il ladro mascherato, Zagor, l’esploratore della foresta, e Alan Ford, l’agente segreto ironico e disilluso.

Gli anni sessanta e settanta furono gli anni d’oro del fumetto italiano, che raggiunse il massimo livello di diffusione e qualità. Il fumetto italiano si affermò come un mezzo di comunicazione e di espressione artistica, capace di raccontare la realtà e le trasformazioni della società italiana. Nacquero nuove riviste e case editrici, come Eura Editoriale, Sergio Bonelli Editore e Mondadori, che lanciarono personaggi e autori di successo. Tra i più noti ci sono Corto Maltese, il marinaio romantico e avventuriero, creato da Hugo Pratt, Valentina, la fotografa sensuale e onirica, creata da Guido Crepax, e Druuna, l’eroina erotica e futuristica, creata da Paolo Eleuteri Serpieri.

Gli anni ottanta e novanta videro il fumetto italiano confrontarsi con la crisi del mercato editoriale e con la concorrenza dei nuovi media, come la televisione e i videogiochi. Il fumetto italiano cercò di rinnovarsi e di ampliare il suo pubblico, proponendo nuovi generi e stili. Nacquero le prime riviste di fumetto d’autore, come Frigidaire e Alter, che ospitavano fumetti di avanguardia, underground e postmoderna. Nacquero anche le prime riviste di fumetto horror, come Dylan Dog e Splatter, che proponevano storie di paura, mistero e sangue. Tra i personaggi più popolari di questo periodo ci sono Lupo Alberto, il lupo innamorato della gallina Marta, creato da Silver, Cattivik, il ladro imbranato e antieroe, creato da Bonvi, e Rat-Man, il supereroe parodistico e demenziale, creato da Leo Ortolani.

Gli anni duemila e duemiladieci hanno visto il fumetto italiano affrontare le sfide della globalizzazione e della digitalizzazione, cercando di adeguarsi ai cambiamenti dei gusti e delle abitudini dei lettori. Il fumetto italiano ha ampliato i suoi orizzonti, collaborando con altri paesi e altri media, come il cinema e la televisione. Il fumetto italiano ha anche sperimentato nuove forme e nuovi linguaggi, come il graphic novel, il webcomic e il fumetto interattivo. Tra i personaggi e gli autori più rappresentativi di questo periodo ci sono Zerocalcare, il fumettista autobiografico e politico, Gipi, il fumettista intimista e poetico, e V per Vendetta, il fumetto distopico e rivoluzionario, creato da Alan Moore e David Lloyd, e trasposto in Italia da Lorenzo Mattotti.

Il fumetto italiano, dunque, ha una storia lunga e ricca, che testimonia la sua capacità di evolversi e di adattarsi ai tempi e ai contesti. Il fumetto italiano ha dato vita a personaggi e storie indimenticabili, che hanno fatto sognare, ridere, riflettere e emozionare generazioni di lettori. Il fumetto italiano ha anche espresso la creatività e il talento di autori e artisti, che hanno saputo interpretare e innovare il linguaggio del fumetto. Il fumetto italiano, infine, ha contribuito alla cultura e all’identità del nostro paese, rappresentandone le tradizioni, le diversità, le contraddizioni e le aspirazioni. Il fumetto italiano, insomma, è un patrimonio da valorizzare e da celebrare, non solo nel 2009, ma sempre.

Un secolo di fumetti: un fenomeno tra storia e futuro

Si può parlare ancora di fenomeno fumetto?

 
Il fumetto è nato in Italia nel 1908 con il “Corriere dei Piccoli”, dove inizialmente le nuvolette erano sostituite da strofe in rima. Il percorso del fumetto non è stato semplice, ma esso è riuscito ad superare momenti veramente difficili e ad andare avanti nonostante tutto. Infatti nel dopoguerra, uno dei periodi più duri, è nato Tex che ancora oggi può essere definito più che attuale, riuscendo ad appassionare milioni di lettori, e rappresenta un mito nel mondo del fumetto.
 
 

Alberto Abruzzese scrive:

“il mito di Tex è cresciuto con la forza di un buco nero e con la capacità di reazione nucleare nell’immaginario…Tex non è soltanto un collettore della vita nazionale italiana, ma, attraverso il lavoro di ibridazione dell’immaginazione dei Bonelli & Co., ha rielaborato mille e mille storie di ogni tempo e luogo. E, come ben sappiamo, le storie si incontrano, amano, respingono e vivono per conto loro”.

In occasione del centenario del fumetto, è stato presentato il 4 ottobre, in uno degli incontri, il libro “Il secolo di fumetto” (Tunué), a cura di Sergio Brancato. Come spiegano i vari autori che hanno collaborato alla stesura del libro, si tratta di una serie di saggi che non hanno avuto lo scopo di mettere in evidenza l’attenta e precisa evoluzione della storia del fumetto ma bensì di un lavoro con  approccio prospettico volto a riconoscere sì la storia ma a puntare, soprattutto, un occhio di riguardo allo stato attuale delle cose. Non si tratta di un’esposizione organica né completa, ma di un’esposizione esaustiva, come sostiene E. Fornaroli, uno degli autori.

Esaustiva perché vengono analizzati gli aspetti più disparati del fumetto: dalla storia in sé, alla relazione fra tradizione letteraria e tradizione del fumetto (saggio di E. Fornaroli). Inoltre, nel libro, A. Abruzzese mette in evidenza alcuni aspetti rilevanti, o meglio alcuni interrogativi: “Scrivere di fumetto oggi ha senso?” e ancora “il fumetto è attuale?”. Volendo dare una risposta alle domande di Abruzzese, che sono state al centro del dibattito dell’università del fumetto, ci si può chiedere soprattutto quale sia lo spazio dedicato al fumetto oggi e cosa ci permette di capire se esso è ancora attuale. Lo spazio dedicato al fumetto è indubbiamente poco. Sono poche le occasioni per scrivere di fumetto, ma soprattutto sono pochi gli spazi che i giornali o gli altri mezzi di comunicazione offrono a questo media nonostante sia stato protagonista di ben cento anni della nostra storia.  Allora viene da chiedersi, perché oggi il fumetto è rievocato continuamente?

Forse perché è più attuale che mai. Forse, semplicemente, perché continua a coinvolgere generazioni diverse in diverse forme. O, forse, per quello che il fumetto rappresenta per i suoi fruitori e per i suoi autori. Vittorio Giardino sostiene che il “fumetto è anche disegno, ma non solo”; lo definisce “un racconto che si serve di parole e di immagini” e pone l’accento proprio sull’importanza del ruolo della scrittura. Il legame con il romanzo è dunque più palese di quel che sembra; il fumetto condivide con esso il voltar pagina, la fruizione attiva che il lettore compie dalla prima all’ultima pagina. Ma il fumetto si differenzia per contenuto e forma. Ha in più la percezione estetica, una prevalenza del visivo sul testo che sfocia in diversi livelli e modalità di fruizione e che permette sia di “seguire le mode visive” sia di “essere realistici senza esserlo”, come sostiene F. Giromini. Ci permette dunque di trascendere.

 

Ma, all’interno di un contesto di nuovi media, può sorgere il dubbio se il fumetto rappresenti ancora tutto ciò, se quello che rappresenta oggi è una reazione del fumetto ai nuovi mercati e alle nuove sfide oppure si tratta della fase finale di questo medium. É necessario in tal senso dare uno sguardo al nuovo contesto mediale in cui il fumetto è tenuto a confrontarsi. Il dato di fatto è che le nuove tecnologie sono percepite dagli utilizzatori come strumenti entrati a pieno nelle vite quotidiane, le loro utilità e innovazioni sono considerate oramai acquisite; ma è altrettanto vero che queste innovazioni hanno provocato dei cambiamenti alla base del sistema mediale, un mutamento di caratteristiche che ha permesso di parlare di “nuovi media”.

 

Gianni Ciofalo, in un intervento durante l’edizione 2008 di Romics, ha spiegato proprio le caratteristiche che sono alla base del nuovo sistema di media:

“ una struttura reticolare basata su figurazioni, la multimedialità, la personalizzazione, la mobilità”; caratteristiche che hanno inciso su altre componenti, provocando “un mutamento: nel rapporto offerta/domanda, dell’innovazione tecnologica, sociale e culturale, della produzione/consumo del prodotto mediale; ma anche una diversa interpretazione della dimensione percettiva (rapporto tecnologia/società) e di quella culturale (ruolo del prodotto culturale)”.

 

Ma, allora, come si inserisce il fumetto in questo contesto?

Partiamo dalla definizione di fumetto secondo Gianni Ciofalo:

“Il Fumetto è un mezzo di comunicazione di massa che veicola messaggi principalmente indirizzati all’intrattenimento, ma anche all’informazione; che si basa su un linguaggio iconico – testuale, costituito dalla giustapposizione spaziale in una deliberata sequenza di elementi grafici visuali, in cui possono inserirsi unità di scrittura fonetica. I supporti tramite cui avviene la sua fruizione sono cartacei e sfruttano un procedimento manuale , il voltar pagina, che il lettore deve compiere dall’inizio alla fine”.

Dunque il fumetto è un mezzo di comunicazione ma è anche un prodotto culturale, che a sua volta ha a che fare con genere, formato, pubblico e tecnologia. Ma a conformarsi al contesto dei nuovi media non è il prodotto culturale in sé, bensì la percezione del fumetto nell’immaginario collettivo. Infatti, quando si parla del nuovo sistema dei media, ci si chiede quale sia il futuro del fumetto in relazione proprio ai cambiamenti. A tal proposito, sono stati individuati tre orientamenti:

  • una digitalizzazione del fumetto
  • la trasformazione in un genere di nicchia
  • declino della dimensione di massa di questo medium
 

È forte la suggestione fatta da G. Ciofalo:

“Sulla base dei tre orientamenti principali, si potrebbe sostenere che il (neo)fumetto attraverso un processo di digitalizzazione (inteso come risultato di innovazione tecnologica e passaggio al digitale)  sia divenuto un genere di massa?”.

Egli però specifica che occorre tener conto di due variabili:

  • una variabile culturale che prevede un abbattimento delle distinzioni culturali, un cambiamento del concetto di prodotto culturale (fumetto come significato condiviso incorporato in una moltitudine di forme), una diversa sensibilità nei confronti del fumetto e nuove modalità di diffusione del fumetto;
  • una variabile tecnologica con nuovi effetti per una nuova rappresentazione del fumetto sul grande schermo e la creazione di nuove modalità di produzione/consumo e fruizione del fumetto: rimediazione e long tail. Quest’ultimo è espressione di una concezione di Anderson secondo cui “…il futuro dell’economia è di vendere una minor quantità di un maggior numero di beni” che essenzialmente indica un mercato fumetto come somma di piccoli mercati di nicchia.
 
 

La rimediazione merita un discorso a parte. L’idea della rimediazione parte da un’intuizione dell’esponente per eccellenza del determinismo tecnologico, Marshall McLuhan: “il contenuto di un medium è sempre un altro medium”; e si basa sulla presa d’atto che nella nostra cultura un singolo medium non può mai operare in forma isolata poiché “si appropria di tecniche, forme e significati sociali degli altri media e cerca di competere con loro e di rimodellarli in nome del reale”, ovvero i nuovi media rimodellano i vecchi media, costruendo forme di ibridazione innovative, mentre i vecchi media rimodellano continuamente se stessi per rispondere alle sfide delle nuove forme emergenti.

 

La rimediazione si basa su due logiche:

 

l  la logica dell’immediatezza: tesa a rendere trasparente il dispositivo di mediazione;

 

l  la logica dell’ipermediazione: tesa a moltiplicare i segni della mediazione e a renderli visibili, come nello stile a finestre.

 
 

Forse il riferimento al fumetto non appare così logico, eppure lo è! Attraverso la digitalizzazione il medium fumetto rimodella se stesso. Questa tendenza, che ha caratterizzato molti medium con l’avvento del digitale, in risposta al nuovo sistema mediale caratteristico del tempo, ha portato benefici al prodotto culturale veicolato a livello di mercato mediale, e nel caso specifico di mercato fumetto. Si è spesso accennato a un’ipotetica fine del fumetto, ad un suo tramonto definitivo, specie all’inizio dell’avvento del digitale in quanto la caratteristica saliente del fumetto è la sua forma cartacea. Invece, non solo il fumetto ha superato le numerose sfide relative al nuovo contesto, ma è continuamente rimediato. Perché se è vero che il fumetto, specie il fumetto western, deve molto al fermo immagine cinematografico, è altrettanto vero che oggi il cinema continua a utilizzare il fumetto come fonte di ispirazione, appropriandosi di storie, di personaggi e di significati sociali. Ma non solo. Le nuove tecnologie aprono molteplici strade al fumetto. Questa conformazione alle innovazioni, ai nuovi media interattivi è più forte che mai. Basta pensare all’avvento dei webcomics. Il fumetto è approdato su internet. Si tratta di un prodotto dell’editoria on line del fumetto e rappresenta una rimediazione attraverso diverse strade: mobile comic, comic ebook e webcomic.

 

Di certo, a differenza degli Usa dove si sono formati diversi modelli di business, in Italia si è ancora in fase di sperimentazione (scarsa), ma se tale fase portasse a una consolidazione di modelli di socialnetworking a fumetti, questi rappresenterebbero una strada futura per un’ulteriore espansione. Una rimediazione a pieno titolo che rende ancora più solido il ruolo di questo medium all’interno del nuovo contesto mediale e che fa riflettere sulle perplessità in merito al futuro del fumetto spesso poste da molti, specie dagli scettici. Forse non siamo né davanti a un tramonto della dimensione di massa, né davanti a una trasformazione in un genere di nicchia. Forse ci troviamo di fronte a una nuova era del fumetto, un’era che il fumetto può e deve affrontare dato che rappresenta la dimostrazione che questo mezzo di comunicazione è in grado di mobilitare ancora milioni di persone; è in grado di appassionare lettori di età, sesso, stato sociale e culturale differenti; è in grado di far notizia.Una sfida in un’era che ci permette di capire che il fumetto è tuttora un fenomeno!

 
 
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