100 anni del fumetto in Italia. Da Dylan Dog a Lupo Alberto, da Manara a Tex, tutti i capolavori e i migliori autori di cento anni di Fumetto Italiano.

Il 2009 è stato un anno importante per il fumetto italiano, che ha celebrato il suo centenario. Il 27 dicembre 1908, infatti, usciva il primo numero del Corriere dei Piccoli, il primo giornale a fumetti italiano, che introduceva in Italia i fumetti statunitensi e dava vita a personaggi originali come Bilbolbul di Attilio Mussino. Da allora, il fumetto italiano ha attraversato diverse fasi storiche, artistiche e culturali, dando origine a una ricca e variegata produzione che ha conquistato lettori di tutte le età e di tutto il mondo.

Il fumetto italiano ha avuto il suo primo boom negli anni trenta, quando il regime fascista favorì la nascita di riviste e case editrici nazionali, che dovevano sostituire le importazioni straniere. In questo periodo nacquero personaggi come il Topolino italiano, il cowboy Tex Willer, il pilota L’Asso di Picche e il giornalista Tintin. Il fumetto italiano si caratterizzò per il suo stile realistico, avventuroso e patriottico, ma anche per la sua capacità di inserire elementi umoristici e fantastici.

Il secondo dopoguerra e gli anni cinquanta segnarono una svolta per il fumetto italiano, che si aprì alle influenze internazionali e si diversificò in generi e formati. Nacquero le prime riviste per adulti, come Linus e Il Mago, che ospitavano fumetti di satira, critica sociale e sperimentazione grafica. Nacquero anche le prime riviste per ragazzi, come Il Giornalino e Il Corriere dei Ragazzi, che proponevano fumetti di avventura, fantascienza e sport. Tra i personaggi più famosi di questo periodo ci sono Diabolik, il ladro mascherato, Zagor, l’esploratore della foresta, e Alan Ford, l’agente segreto ironico e disilluso.

Gli anni sessanta e settanta furono gli anni d’oro del fumetto italiano, che raggiunse il massimo livello di diffusione e qualità. Il fumetto italiano si affermò come un mezzo di comunicazione e di espressione artistica, capace di raccontare la realtà e le trasformazioni della società italiana. Nacquero nuove riviste e case editrici, come Eura Editoriale, Sergio Bonelli Editore e Mondadori, che lanciarono personaggi e autori di successo. Tra i più noti ci sono Corto Maltese, il marinaio romantico e avventuriero, creato da Hugo Pratt, Valentina, la fotografa sensuale e onirica, creata da Guido Crepax, e Druuna, l’eroina erotica e futuristica, creata da Paolo Eleuteri Serpieri.

Gli anni ottanta e novanta videro il fumetto italiano confrontarsi con la crisi del mercato editoriale e con la concorrenza dei nuovi media, come la televisione e i videogiochi. Il fumetto italiano cercò di rinnovarsi e di ampliare il suo pubblico, proponendo nuovi generi e stili. Nacquero le prime riviste di fumetto d’autore, come Frigidaire e Alter, che ospitavano fumetti di avanguardia, underground e postmoderna. Nacquero anche le prime riviste di fumetto horror, come Dylan Dog e Splatter, che proponevano storie di paura, mistero e sangue. Tra i personaggi più popolari di questo periodo ci sono Lupo Alberto, il lupo innamorato della gallina Marta, creato da Silver, Cattivik, il ladro imbranato e antieroe, creato da Bonvi, e Rat-Man, il supereroe parodistico e demenziale, creato da Leo Ortolani.

Gli anni duemila e duemiladieci hanno visto il fumetto italiano affrontare le sfide della globalizzazione e della digitalizzazione, cercando di adeguarsi ai cambiamenti dei gusti e delle abitudini dei lettori. Il fumetto italiano ha ampliato i suoi orizzonti, collaborando con altri paesi e altri media, come il cinema e la televisione. Il fumetto italiano ha anche sperimentato nuove forme e nuovi linguaggi, come il graphic novel, il webcomic e il fumetto interattivo. Tra i personaggi e gli autori più rappresentativi di questo periodo ci sono Zerocalcare, il fumettista autobiografico e politico, Gipi, il fumettista intimista e poetico, e V per Vendetta, il fumetto distopico e rivoluzionario, creato da Alan Moore e David Lloyd, e trasposto in Italia da Lorenzo Mattotti.

Il fumetto italiano, dunque, ha una storia lunga e ricca, che testimonia la sua capacità di evolversi e di adattarsi ai tempi e ai contesti. Il fumetto italiano ha dato vita a personaggi e storie indimenticabili, che hanno fatto sognare, ridere, riflettere e emozionare generazioni di lettori. Il fumetto italiano ha anche espresso la creatività e il talento di autori e artisti, che hanno saputo interpretare e innovare il linguaggio del fumetto. Il fumetto italiano, infine, ha contribuito alla cultura e all’identità del nostro paese, rappresentandone le tradizioni, le diversità, le contraddizioni e le aspirazioni. Il fumetto italiano, insomma, è un patrimonio da valorizzare e da celebrare, non solo nel 2009, ma sempre.

John Doe, il capolavoro di Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni

Quando si pensa alla morte, il più delle volte si pensa ad una figura emaciata, malvagia, ammantata di tenebre, così fortemente legata alle nostre paure più profonde da non permetterci nemmeno di immaginarla senza provare un senso di fastidio; anche i pochi che riescono a vedere nella morte un entità non prettamente malefica, spesso immaginano un essere costretto alla solitudine, che, magari, trova sollievo alla sua condizione sfidando in lunghe partite a scacchi anime perdute. Tutt’altro punto di vista viene espresso in John Doe, surreale ed interessante fumetto edito dall’Eura Editoriale, casa editoriale romana che sta avendo un successo sempre più marcato, ideato da Roberto Recchioni e Lorenzo Bartoli, e disegnato da Alessio fortunato, e Walter Venturi.

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Il Mercenario di Vicente Segrelles

Vive sulle vette delle montagne, oltre le nuvole, dove l’aria è sottile. Cavalca terribili rettili alati che planano da rupe a rupe. Si guadagna da vivere con l’acciaio e col sangue, e col cervello di uno stratega. Non ha un nome. Non ne ha bisogno. È Il Mercenario, e tanto basta.

Questo eroe-archetipo nasce in Spagna nel 1980 dalla matita di Vicente Segrelles, già affermato disegnatore tecnico, grafico pubblicitario, illustratore e copertinista (sue le illustrazioni di una splendida edizione spagnola dei poemi omerici). Basta sfogliare qualche pagina di uno qualsiasi dei suoi albi per rendersi conto che la storia può benissimo passare in secondo piano, che vale la pena di smarrirsi nei disegni.

Eppure la storia e le storie del Mercenario, pur canoniche e fedelissime al genere, sono appassionanti e affascinanti. Segrelles utilizza in maniera particolarmente eloquente le basi della narrazione per immagini, lasciando che siano appunto le immagini a condurre il racconto, e facendo parlare i suoi personaggi o le didascalie solo quando proprio non può farne a meno.

Il mondo del Mercenario, fatto di isole di roccia in un mare di nubi e di dragoni da sella, di saggi alchimisti custodi dei segreti più pericolosi, e soprattutto di guerrieri impavidi e di bellissime e letali fanciulle dalla pelle d’avorio, ricorda in più d’un tratto l’Era Hyboriana di Robert E. Howard, a cui si mantiene più fedele di altre interpretazioni della heroic fantasy di stampo “spartano” (e sto pensando in particolare al pur ottimo DEN di Richard Corben). I personaggi che lo popolano sono, come il protagonista, poco più che topoi incarnati (“il saggio” Gran Maestro, “l’amazzone” Nan-Tay, “il mago malvagio” Claust), e allo stesso tempo restano molto umani, molto carnali nel loro vivere e nel loro morire. Non ci sono eroi senza paura, dalla forza e fortuna sovrannaturali, che sfuggirebbero anche all’Armageddon come in un action-movie hollywoodiano, ma eroi di statura più simile alla nostra, che rischiano la pelle sapendo di rischiarla, che vengono feriti e imprigionati e umiliati, che devono fare i conti con un’arma resa inservibile, con un’armatura inadatta o troppo costosa, con una cavalcatura azzoppata o gravida di prole.

Eppure è difficile, per me che vi scrivo queste due righe, concentrarmi sulla storia, togliermi dalla mente la semplice, incredibile bellezza delle tavole di Segrelles.

La prima cosa che colpisce, e che lascia incredulo chi non conosce El Mercenario e il suo autore, è che ogni tavola, ogni vignetta, è un dipinto ad olio. No, non sto scherzando: quelle che vedete sparpagliate per quasta pagina non sono tutte copertine o pin-up; anche perché andare a distinguere tra una copertina, una pin-up, una splash page o una qulasiasi vignetta è una bell’impresa. Dal punto di vista della mera qualità dell’immagine prodotta, del lavoro che si può dire artigianale che sta dietro ad ogni sequenza di primi piani, primissimi, dettagli, una pagina del Mercenario vale un’annata di spandex o un chilo e tre di retini nipponici.

Oltre ad essere tecnicamente ineccepibile (e mancherebbe altro, dopo vent’anni come disegnatore e illustratore professionista), Segrelles rivela una capacità straordinaria di visualizzare e fermare sulla carta non solo prospettive, movimenti e sequenze ma soprattutto ambienti, paesaggi, panorami di una varietà e di una bellezza sorprendenti, dalle distese rocce brulle che svettano dalle nubi alle panoramiche notturne sulle città e le fortezze arabeggianti, alle sequenze mozzafiato del Cratere, agli interni sempre diversi e sempre ricchissimi di dettagli. Anche i singoli oggetti, gli abbigliamenti dei personaggi, i particolari di contorno possiedono una ricchezza di dettaglio che ha dell’incredibile: dal realismo di ogni armatura, agli screzi sulle impugnature di una spada, alla precisione tecnica di leve e meccanismi, al modo in cui i dardi-rasoio di Nan-Tay sono fermati e allineati lungo la sella.

Le anatomie di Segrelles, infine, sono di un realismo studiato; e non solo nelle figure umane, dove i nerboruti eroi non arrivano agli eccessi da body-builder e le pur deliziose fanciulle non hanno le proporzioni disumane delle eroine di casa Marvel, e dove i volti hanno tutta l’espressività che la mano precisa di Segrelles garantisce. Sono soprattutto le anatomie “aliene”, fantastiche o comunque insolite, ad essere oggetto di un’attenzione certosina: ad esempio i grandi rettili alati, collages di anatomie di animali attuali ed estinti, mostrano una coerenza di proporzioni, posture e movimenti, con riconoscibili variazioni da specie a specie, che contribuisce paradossalmente alla loro verosimiglianza; o ancora gli occasionali cadaveri disseccati e mummificati, di un realismo a dir poco inquietante.

Rintracciare gli albi de Il Mercenario può non essere un’impresa facile. Se non avete la fortuna di avere in casa le prime annate de L’Eternauta (nel qual caso possedete alcuni gioielli del fumetto europeo e sudamericano che francamente vi invidio, anche perché chissà quando e se li si vedrà in ristampa), e non avete voglia di vendere i mobili di casa per acquistarle, potete cercare se trovate ancora i due cartonati “Il Mercenario” voll. 1 e 2, della Edizioni Produzioni Cartoons contenenti rispettivamente Il Popolo del Fuoco Sacro e La Formula, e i due albi della Collana Grandi Eroi della defunta Comic Art (in formato cartonato o brossurato) numero 31 e 35, contenenti rispettivamente Le Prove e Il Sacrificio (anche se purtroppo questi sono stampati su carta non lucida, a danno della bellezza delle tavole). Nonostante ci siano alcuni taglieggiatori capaci di chiedervi cifre astronomiche, un prezzo onesto non dovrebbe superare i dieci o quindici Euro per albo. Non dovrebbe invece essere non troppo difficile rintracciare il n. 49 della collana Euracomix dell’Eura Editoriale, intitolato semplicemente Il Mercenario e contenente La Fortezza e il breve Il Papiro.

Segrelles continua a scrivere e disegnare El Mercenario, oltre a lavorare ad altri progetti (tra questi un adattamento di alcuni racconti di Ray Bradbury). Nonostante le dichiarazioni piene di buona volontà, l’Eura Editoriale non ha ancora pubblicato nè le più recenti avventure del Mercenario nè altre opere di Segrelles. Se avete dimestichezza con lo spagnolo potete cercare gli originali (editi da Norma Editorial, se le cose non sono cambiate negli ultimi anni) o piuttosto l’edizione in lingua francese (edita da Glénat).

Giunto in fin di licenza, vi lascio con un elogio di Segrelles da parte di qualcuno che della suggestione della narrazione per immagini se ne intendeva parecchio di più di me, e che mille volte meglio di me può degnamente concludere questo viaggio nel passato.

“Ha una fantasia molto seducente, Segrelles, e un dato fascinoso: si esprime in racconti che ti coinvolgono completamente, che ti fanno aspettare con piacere e ansia infantili la puntata successiva. Ma nello stesso tempo ti porta a contemplare ogni tavola in se stessa, nei dettagli, come si spiea in un quadro ciascun particolare rivelatore […]. Il suo segno è così sapiente e nuovoda mettere, a chi ha qualche dimestichezza con matite e colore, voglia di rifare le sue tavole per scoprire qual è il segreto della loro malìa[…]. Insomma, è un bel tipo: uno che ti restituisce tutta l’emozione e la meraviglia, tutto il piacere di guardare immagini”.
Federico Fellini.

 

 

 

recensione di Matteo “Abe Zapruder” Scarabelli, tratto da blam.it
le parole di F. Fellini sono tratte dalla sua introduzione ad uno degli albi
recensiti, il primo volume de Il Mercenario delle edizioni E.P.C

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