Un cilindro preistorico: ode all’anatomia maschile o antico sex toy?

Nelle profondità della grotta di Hohle Fels, in Germania, giace un reperto che stuzzica la fantasia degli archeologi: un cilindro di siltite risalente a 28.000 anni fa. La sua forma, univoca e intrigante, ha acceso un acceso dibattito sulla sua funzione.

Simbolo fallico o antico sex toy? La sua forma allungata e rastremata, con una linea di demarcazione che ricorda la circoncisione, lascia poco spazio all’immaginazione. Eppure, la sua superficie liscia e levigata, frutto di un’accurata abrasione, suggerisce un utilizzo che va oltre la mera rappresentazione.

Un oggetto di culto o uno strumento di piacere? L’ipotesi più suggestiva lo identifica come un oggetto rituale, forse utilizzato per propiziare la fertilità o per celebrare la virilità maschile. Ma la sua forma ergonomica e la sua levigatezza non possono che farci sorridere, stuzzicando l’idea che i nostri antenati preistorici fossero già esperti di “cose da grandi”.

Un’epoca di creatività e ingegno. Il ritrovamento del cilindro di Hohle Fels non è l’unico esempio di arte e cultura preistorica nella grotta. Statuine di animali, figure umane ibride e flauti d’osso testimoniano la fervida immaginazione e l’abilità artigianale dei nostri antenati.

Un viaggio nel tempo. La grotta di Hohle Fels è un vero e proprio portale che ci catapulta in un’epoca lontana, dove la vita era scandita da riti, caccia e sopravvivenza. Un luogo dove l’arte e la spiritualità si intrecciavano con la quotidianità, dando vita a oggetti curiosi e affascinanti come questo cilindro enigmatico.

Un mistero che attende di essere svelato. La sua vera funzione rimane un mistero, un enigma che alimenta la nostra immaginazione e ci invita a riflettere sulla natura umana, sulle sue pulsioni e sulla sua costante ricerca di piacere.

La Porta di Babilonia: la storia segreta rivelata dal campo magnetico

Un team di archeologi, guidato da ricercatori italiani, ha utilizzato l’archeomagnetismo per svelare la vera storia della Porta di Babilonia, uno dei monumenti più iconici dell’antica Mesopotamia.

La Porta di Ishtar, dedicata alla dea dell’amore e della guerra, si trova oggi al Museo di Pergamo di Berlino. La sua costruzione è stata tradizionalmente attribuita al re Nabucodonosor II (605-562 a.C.) per celebrare la conquista di Gerusalemme nel 586 a.C.

Tuttavia, nuove analisi archeomagnetiche di frammenti di mattoni della Porta hanno rivelato una storia più complessa.

L’archeomagnetismo è una tecnica che studia le impronte del campo magnetico terrestre conservate nei materiali archeologici. In questo caso, i ricercatori hanno misurato l’intensità del campo magnetico terrestre “impressa” nei mattoni durante la loro fabbricazione.

I risultati hanno dimostrato che i mattoni non sono stati realizzati tutti nello stesso momento, ma in almeno tre fasi distinte. La fase più antica è stata datata ad un periodo successivo alla conquista di Gerusalemme, confermando la datazione tradizionale.

Le due fasi successive, invece, suggeriscono che la costruzione della Porta si è protratta per un periodo di tempo più lungo di quanto si pensasse in precedenza.

Questa scoperta ha importanti implicazioni per la nostra comprensione della storia e della cultura babilonese. Dimostra che la Porta di Ishtar non era solo un monumento celebrativo, ma un progetto in continua evoluzione che rifletteva le mutevoli esigenze e priorità dell’impero babilonese.

Inoltre, la ricerca evidenzia il potenziale dell’archeomagnetismo come strumento per la datazione precisa di manufatti archeologici e per la ricostruzione di storie complesse.

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Scoperto un tunnel “miracolo geometrico” a Taposiris Magna: nuova pista per la tomba di Cleopatra?

Un tunnel antico di 1.305 metri, paragonabile all’acquedotto di Eupalino, è stato scoperto a Taposiris Magna in Egitto. L’incredibile scoperta potrebbe riaprire la caccia alla tomba di Cleopatra, la cui sepoltura rimane un mistero.

L’archeologa Kathleen Martinez, impegnata nella ricerca dal 2004, ritiene che il tunnel possa essere un indizio importante. Il tunnel, profondo 13 metri e alto 2 metri, è stato realizzato con una maestria ingegneristica eccezionale. Parti del tunnel sono sommerse, alimentando il mistero sulla sua funzione originale.

Taposiris Magna, fondata da Tolomeo II, antenato di Cleopatra, custodisce un tempio dedicato a Osiride e Iside, divinità venerata dalla regina.

Le precedenti scoperte, tra cui pozzi funerari e resti greco-romani, alimentano l’ipotesi che Cleopatra e Marco Antonio possano essere sepolti nelle vicinanze. Nonostante la mancanza di prove definitive, la ricerca di Martinez continua, spostandosi verso le acque di Alessandria.

Indipendentemente dalla scoperta della tomba di Cleopatra, il sito di Taposiris Magna offre nuove informazioni sulla città antica.

Il tunnel ha già restituito reperti archeologici come ceramiche e un blocco di calcare, mentre nel tempio sono state rinvenute preziose teste di alabastro.

L’archeologia al cinema: arriva il saggio “L’archeologo sul grande schermo”

Quando all’alba degli anni Ottanta apparve per la prima volta al cinema Indiana Jones, l’archeologia trovò subito la sua icona perfetta. Scopritori impavidi, mummie e misteri hanno rappresentato un filone talmente fortunato da essere replicato sino ad oggi attraverso numerose pellicole: da La mummia Stargate, passando per Lara Croft e Il mistero dei templari. Se da un lato questi film hanno contribuito a conferire grande popolarità alla figura dell’archeologo, dall’altro ne hanno veicolato alcune storture e condizionamenti. 

Il volume «L’archeologo sul grande schermo», pubblicato da Edizioni NPE, conduce un’analisi attenta del fenomeno toccando sia la storia del cinema tout court che quella dell’archeologia. Un approfondimento a cura di Francesco Bellu, archeologo anch’esso, che passa in rassegna tutte le opere di genere all’interno di un discorso prima cinematografico e poi di rilettura culturale. Il saggio contiene anche un elenco completo, in ordine cronologico, di tutti i film realizzati sul tema: dal cinema muto dei primi del Novecento fino alle ultimissime uscite. In libreria dal 18 novembre.

Giocando nel Passato di Luca Lajolo

Luca Lajolo ha pubblicato il suo nuovo approfondimentoGiocando nel Passato: Le Ricostruzioni dei Contesti Antichi nei Videogiochi di Ambientazione Storica“, basato sulla sua tesi di specializzazione in archeologia; vi consigliamo vivamente di acquistare e di leggere questo saggio, soprattutto se siete degli appassionati di videogiochi e di storia!

L’autore ha dichiarato:
 
“… avete mai pensato a quanto i videogiochi ambientati nel passato siano accurati nelle loro ricostruzioni? Molti di essi sono anche utilissimi dal punto di vista didattico e divulgativo, per insegnare e diffondere la conoscenza storica e archeologica di luoghi ed epoche molto distanti da noi. Conclusa la Scuola di Specializzazione in Archeologia Classica con una Tesi su questo argomento, ho deciso di ricavarne un libro, pubblicato con Amazon da indipendente. Se l’argomento vi interessa, andate a darci un’occhiata, acquistatelo e sostenetemi; che siate appassionati di Storia, Archeologia o Videogiochi, questo è il libro che fa per voi!!”.

I videogiochi sono ottimi strumenti didattici e divulgativi, ormai si sa, ma quanto possono essere adatti ad insegnare la Storia o a ricostruire l’aspetto originale di resti archeologici ed edifici antichi?

Questo libro esplora sia l’utilità didattica dei videogiochi in senso generale, con un vasto supporto scientifico e bibliografico, che il loro utilizzo presente e futuro in contesti educativi, con particolare attenzione all’ambito storico-archeologico. Tre famosi videogiochi di ambientazione storica, Assassin’s Creed Odyssey, Mi Rasna e Total War: Rome 2, vengono analizzati per valutarne l’attendibilità archeologica, con qualche sorpresa.

Infine, viene proposta una classificazione dei videogiochi di ambientazione storica in base alla loro attendibilità, basata su quella elaborata da Umberto Eco per i romanzi storici, con numerosi esempi esplicativi.

Luca Lajolo è nato a Torino nel 1991; dopo il diploma al Liceo Scientifico Cattaneo si è laureato in Archeologia presso l’Università della sua città (Laurea Triennale e Magistrale), partecipando a diversi scavi nel frattempo, fra cui uno subacqueo. Successivamente si è specializzato in Archeologia Classica presso la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Milano, con la Tesi da cui deriva questo libro. Da sempre grande appassionato di videogiochi, cerca di coniugare efficacemente la sua passione e i suoi studi scrivendo articoli e recensioni su diverse riviste scientifiche di settore, come il “Journal of Public Archaeology” o “Archeologia e Calcolatori”.

Il libro è disponibile al seguente indirizzo: amazon.it/dp/B09VLCV1NX

Martin Mystère presenta La storia impossibile del mondo dal Big Bang all’anno zero

Dalla creazione dell’universo alla nascita di Agarthi, dalla genesi dell’uomo alla fine di Atlantide, dalla fondazione degli Uomini in Nero al “ritorno” della civiltà, dalle incredibili piramidi egizie al mistero dell’anno zero…

Martin Mystère presenta La storia impossibile del mondo dal Big Bang all’anno zero, a cura di Alex Dante, è una lunga cavalcata nella storia impossibile del mondo tracciata dai fumetti di Martin Mystère, affiancata da un ricco dossier sulla Storia ufficiale e da approfondimenti sulle teorie storiche più mysteriose, curiose e improbabili che hanno ispirato le avventure del Detective dell’Impossibile.

Martin Mystère, studioso laureato in antropologia alla Harvard University, specializzato in Archeologia alla Sorbona di Parigi, in Storia dell’Arte all’Istituto di Belle Arti a Firenze e in cibernetica applicata al linguaggio al Massachusetts Institute of Technology, è il celebre personaggio creato da Alfredo Castelli che firma anche la prefazione del volume.

 

Martin Mystère e La Storia Impossibile del Mondo!

 

Veritas: The Quest

Veritas: The Quest è un serial tv, realizzato nel 2003, prodotta dalla ABC, raccolta in una unica stagione con un totale di 13 episodi; per la realizzazione vennero chiamati i creatori del film Lara Croft: Tomb Raider, Patrick Massette e John Zinman. Si può affermare che il telefilm, ha come attinenza un mix fra fantascienza, fantasy e avventura, e tocca anche un po’ il sovrannaturale; per certi versi ricorda un po’ Relic Hunter e Indiana Jones. Dove gli archeologi, in questo caso una squadra di circa sei persone, i quali si impegnano a svelare gli enigmi dell’universo. Questo gruppetto di archeologhi lavora per Veritas, Veritas è una fondazione privata per trovare e studiare reperti e manufatti di vario genere, ma anche provengano dal passato, ma il loro scopo è che grazie ai manufatti e reperti che trovano di scoprire la verità sepolte con loro. Si può dire che il loro scopo è cercare di trovare verità perdute, legate alle leggende e civiltà antiche che la storia ufficiale spesso scegli di evitare o ignorare. In questo telefilm hanno partecipato: Arnold Vosloo, famoso per aver interpretato Imothep nei 2 film La Mummia e La Mummia: il ritorno, nel ruolo di Vincent Siminon; Ryan Merriman, famoso per aver partecipato nei film The Ring 2 e Final Destination 3, nel ruolo di Nikko Zond; Eric Balfour, conosciuto per aver partecipato nei telefilm Eric Balfour, conosciuto per aver partecipato nei telefilm Six Feet Under, Chicago Hope, The O.C., Conviction e NYPD Blue, nel ruolo di Calvin Banks; Cynthia Martells conosciuto per aver partecipato nei telefilm ER, NYPD Blue, Law e Order, Chicago Hope e anche nel film Gattaca, nel ruolo di Maggie Hayes; e Alex Carter, conosciuto per aver partecipato in serie televisive come JA, CSI, Nip/Tuck e Dark Angel, nel ruolo del Dr. Solomon Zond.

Veritas: The Quest (2003) • Sigla

La serie inizia con l’ennesima espulsione di Nikko (ragazzo adolescente) dall’ennesimo college privato e torna da suo padre, che secondo il figlio è un noiosissimo archeologo e il classico professore universitario palloso, il dottor Solomon Zond. Il padre non fu stupito dell’ennesima espulsione da scuola, perché dalla morte della madre in circostanze misteriose quando Nikko aveva 7 anni, lui incominciò ad essere irrequieto, adesso che è adolescente è in fase di ribellione, ma il padre sa che il figlio è intelligente. Il padre ha voluto allontanare il figlio, facendolo crescere lontano da lui per evitare di perdere anche lui, ma adesso deve decidere se gli conviene tenerlo al proprio fianco o allontanarlo rischiando di perderlo per sempre; decide di tenerlo un pò con se per vedere se riesce a sbloccare i ricordi del figlio, i quali Nikko non ne ha ricordo in nessun modo e nessun dettaglio, perché era presente durante lo scavo dove la madre è morta in circostanze misteriose. Il padre decide di affidare a suo figlio Nikko un insegnate temporanea, una sua ex allieva Juliet Droil, finché il ragazzo non ritornerà a scuola, all’inizio il suo incarico sarebbe dovuta essere di breve durata, ma non sarà così. Si fa anche la conoscenza, chissà come mai, dall’amico di lunga data del padre, Vincent Siminou, che va d’accordissimo con Nikko, fra Vincent e Solomon hanno un buon legame di amicizia e rispetto. Proseguendo nella storia, Nikko scopre che il famoso archeologo e monotono ma rispettato professore universitario, non è così tanto noioso, come voleva far credere, ma in realtà i dottor Solomon Zond, fa parte di una fondazione e ne è capo. Il dottor Solomon Zond dirige la fondazione “Veritas”, lo scopo di questa fondazione è cercare la verità, i quali si nascondono dietro ai grandi misteri della storia e della civilizzazione, ove si sa poco o niente; la fondazione Veritas è finanziata da un misterioso benefattore, che a quanto pare la sua identità è noto solo al dottor Solomon Zond. Nikko chiede al padre di entrare a fare parte della squadra della fondazione, il padre all’inizio è parecchio contrario, ma con abbondante riluttanza il padre decide che potrà entrare a far parte del team Veritas. Con questa decisione, Nikko comincerà l’avventura che gli cambierà la vita, questa strada che ha scelto lo porterà ad affrontare missioni pericolose che lo farà andare dal Tibet all’Antartide, e in altre moltepliche parti del mondo alla ricerca dei misteri universali. Questa avventura fa in maniera che il rapporto tra padre e figlio, che è ormai appeso ad un filo sottilissimo, riesce a riunirli nella ricerca comune sulla verità che sta dietro la morte della moglie/madre. La storia, anche se concentrata principalmente su Nikko Zond, racconta le avventure della fondazione Veritas, le quali dovrà affrontare missioni pericolose in giro per il mondo, per cercare antichi artefatti. La squadra Veritas include: il dottor Solomon Zond, il capo, uomo deciso ma con una mente analitica da studioso; c’è Nikko Zond, il giovane del gruppo, figlio del dottor Solomon Zond; poi c’è Vincent Siminou, il suo ruolo è quello di responsabile della sicurezza (da subito prende l’incarico di insegnare a Nikko l’autodifesa e cerca di spronarlo e stimolarlo a prendere coscienza delle proprie potenzialità a pensare fuori dagli schemi), è capace di un sottile senso dell’umorismo e riesce a prendere in contropiede i membri della squadra; inoltre c’è Maggie Hayes, l’esperta di computer, è una delle più vecchie collaboratrici di Solomon e lui la considera prima di tutto una amica e poi una collega, è una donna elegante e fine, con un carattere risoluto e riservato, è disposta a morire per la fondazione; c’è Calvin Banks, il ricercatore, lui è mosso dalla passione e dall’entusiasmo per il lavoro della fondazione, ammira ed a un altissima fiducia per Solomon, con l’arrivo di Nikko nella squadra prova gelosia nei suoi confronti e fa fatica ad abituarsi alla sua presenza nella squadra, questa sua antipatia nei confronti di Nikko sarà forse perché prima che arrivasse era il membro della squadra più giovane, ma poi scopre di avere delle cose in comuni con lui, nel corso della storia incomincia a provare dei sentimenti verso Juliet Droil; c’è anche Juliet Droil, insegnate privata di Nikko, e quando lui si unisce alla fondazione, anche lei ne diventa un valido membro, all’inizio è timida ma nel corso del tempo acquisisce consapevolezza delle sue capacità e si integra perfettamente nella squadra. Durante la storia si viene a scoprire che esiste una malvagia organizzazione segreta, che si chiama “Doma”, la quale ostacolerà in ogni modo e con ogni mezzo l’attività di Veritas, perché interessati agli stessi manufatti e artefatti e per il loro immenso potere. Alla fine della serie, si viene a scoprire che Vincent Siminou conosce l’identità del mistero benefattore, all’insaputa del dottor Solomon Zond, ma questo è solamente uno dei tanti segreti che nasconde.

Secondo l’obiettivo della produzione la serie sarebbe dovuto essere un mix tra sovrannaturale, fantastico e avventura, con un orientamento fresco e inedito, ma la serie è cessata dopo poche anzi pochissime puntate, si può dire che c’erano tutte le premesse per un prodotto ben fatto. Il mix avventuroso, con un po’ di cospirazione e del fantastico, fanno in modo che Veritas sia un prodotto di qualità, ma a quanto pare non ha convinto il network, anche se a quanto pare, è una pratica comune commissionare un tot di puntate, guardano l’indice di gradimento e in base se piace o meno al pubblico decidono se l’investimento può continuare o cessare. Secondo il mio parere, facendo vedere sol 4 dei 13 episodi non ha dato modi di avere un buon riscontro, togliendo al pubblico la possibilità di affezionarsi al prodotto, un prodotto di qualità, una serie diversa dal solito e originale, quel qualcosa di diverso nel panorama televisivo, ove spesso si predilige cose ripetitive e di un valore poco o notevolmente inferiore. Si spera che qualcuno voglia prenderlo in mano per continuarlo, ma ci spero poco, anche perché hanno lasciato molti argomenti in sospeso, ma almeno mi consola che questa serie in America ha avuto poco successo, ma degli altri paesi, ove sono stati trasmessi tutti e 13 episodi, sia diventato un cult. Un’altra cosa che mi consola, che almeno non ha fatto la fine di molto show televisivi, che all’inizio erano belli e poi chiudendo tralasciando ancora dei quesiti aperti, come ad esempio Lost.

Poggibonsi: l’archeologia “dal vivo” che non ti aspetti

Poggibonsi è un interessante comune della provincia di Siena in Toscana: sorge nel territorio dell’Alta Val d’Elsa alle propaggini occidentali delle Colline del Chianti, famose per il turismo eno-gastronomico e per le bellezze medioevali e rinascimentali.  I primi reperti di insediamenti umani nel territorio sono del Neolitico ma, i più importanti, risalgono all’epoca etrusco-romana, come testimoniano le numerose piccole necropoli sparse a breve distanza dall’attuale abitato. Alla fine dell’epoca antica (età gota), risalgono le case in terra individuate negli scavi all’interno delle mura medicee sul “poggio di bonizzo”, seguite dagli insediamenti in capanne dell’età longobarda e franca. Ad ogni modo il principale incremento demografico dato all’espansione dei nuclei abitati si verifica fra il X e il XII secolo quando Poggibonsi, in seguito al nuovo tracciato della Via Francigena, venne a trovarsi direttamente inserito su questa fondamentale arteria stradale.

Vi parliamo di questa splendida città toscana per introdurvi un progetto davvero interessante che rende l’archeologia “viva” e che trasforma gli archeologi in veri e propri giocatori di ruolo dal vivo, per raccontare uno splendido passato in maniera “altamente interattiva”. Il Parco Archeologico, nato nel 2003 da una sinergia tra il Comune di Poggibonsi e l’Università di Siena, corona un lavoro durato oltre 10 anni che ha permesso agli archeologi di narrare il lungo passato della collina, dai villaggi di capanne alto medievali alla“quasi città” basso medievale, fino all’attuale Fortezza Medicea che lo ospita. Il Cassero, vero centro del Parco, accoglie un Centro di Documentazione in cui pannelli esplicativi, plastici ricostruttivi, reperti, ricostruzioni in scala 1:1 e riproduzioni di oggetti e abiti, narrano la storia del sito, seguendo un modello touch the past. Il concept del Parco, fondato su una solida base scientifica, si caratterizza per una continua contaminazione fra il reale ed il virtuale dove a tecnologie digitali di valorizzazione “leggera” (grafica 3D, realtà aumentata) si affiancano sistemi di comunicazione basati sulla living history e l’archeologia sperimentale. Da questo tipo di approccio nascono le numerose iniziative che vanno dai convegni specialistici alle attività didattiche e divulgative per grandi e piccini.

L’idea Archeodromo nasce per riprodurre in scala 1:1 una delle più importanti scoperte sulla collina di Poggio Imperiale, il villaggio di periodo franco (IX – metà X secolo) nel quale si riconosce la conformazione di una possibile azienda curtense con una residenza padronale costituita da una grande capanna (longhouse) di 17 x 8,5 metri, circondata da diverse strutture più piccole destinate ad attività artigianali e all’immagazzinamento di derrate alimentari e prodotti agricoli, nonché da edifici di servizio. Nell’ottobre del 2014 è stato inaugurato il primo step realizzativo e nel gennaio 2016 il secondo. L’Archeodromo di Poggibonsi è un progetto che persegue la ricostruzione in progress delle 17 strutture riscontrate nello scavo dei depositi relativi al villaggio di periodo carolingio. Ad oggi sono stati edificati la longhouse (grande abitazione della famiglia padronale), una capanna contadina con aia e pollaio, la forgia del fabbro, un forno da pane, due pagliai e l’orto; ad essi si aggiungono alcune tettoie provvisorie per attività artigianali ma destinate in un prossimo futuro a essere sostituite da altre strutture.Nel corso dei prossimi anni l’archeodromo sarà quindi ampliato con la ricostruzione di molte altre capanne, dalla macelleria, al granaio, alle capanne dei dipendenti, alla fornace da ceramica e a tutte le altre strutture accessorie per attività economiche incentrate sullo sfruttamento agricolo dei terreni circostanti e sull’allevamento. Archeologia, pratiche sperimentali, living history si integrano nelle nostre attività didattiche secondo un modello “Touch the past”: vivere in prima persona consuetudini, mestieri, vestire abiti, mangiare, lavorare secondo i modi del passato.Questo tipo di esperienze forniscono uno strumento attraverso il quale comprendere gli insegnamenti scolastici e stimolano la formazione di un pensiero critico con cui migliorare l’approccio allo studio della storia: contribuiscono cioè ad accorciare la distanza con una disciplina che, se studiata in maniera teorica e secondo sistemi di comunicazione lontani da quelli attuali, non sempre riesce ad appassionare ma che, veicolata attraverso il gioco e la manualità, può diventare un argomento stimolante e coinvolgente.

Per info e per scoprire tutti gli eventi “dal vivo”http://www.archeodromopoggibonsi.it/    |    https://www.facebook.com/archeopb/

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