Le catacombe Romane

Le catacombe sono forse i luoghi archeologici sui quali sono nate il maggior numero di storie e leggende: è molto diffusa, ad esempio, l’idea che fossero dei rifugi, per sfuggire alle persecuzioni, e che in questi sotterranei si svolgessero delle riunioni segrete, basta pensare alle sequenze di film famosissimi…

In realtà non erano affatto dei luoghi segreti: le autorità romane sapevano benissimo dove si trovavano le catacombe, inoltre, per quanto ne sappiamo, qui i Cristiani non si riunivano affatto come dei partigiani, ma venivano alla spicciolata, unicamente per pregare i loro morti.

C’è un altro mito da sfatare, e cioè che le catacombe erano tutte collegate tra loro, creando una specie di gigantesca rete sotterranea. In realtà non potevano superare i confini delle proprietà nelle quali erano state scavate, e in questo, le leggi romane erano severissime. Proprio per questo si svilupparono in verticale, su più piani, un po’ come le miniere, a volte anche per venti metri, cioè quanto un edificio di sei piani, come, ad esempio, nelle Catacombe di Priscilla.Le catacombe non erano altro che cimiteri, e il nome di ogni catacomba deriva dal martire sepolto, o dal nome del proprietario che aveva donato il terreno sotto al quale veniva successivamente scavata.

Nell’immaginario collettivo le catacombe non sono altro che una serie infinita di loculi scavati nel tufo, attraversati da corridoi molto stretti e bui, ma in realtà (purtroppo) questo è il risultato di una serie di devastazioni avvenute in epoche successive, soprattutto a cavallo tra il 1500 e il 1700, quando si aprivano le tombe per cercare le ossa dei martiri.

I defunti venivano inumati nelle nicchie che poi venivano richiuse con delle lastre di marmo, o, molto più spesso, con delle tegole e, a volte, in un solo corridoio trovavano posto più di cinquecento tombe.

Non è vero che i corridoi fossero bui, venivano illuminati da una miriade di lucerne posate su dei piccoli davanzai, ancora oggi se ne trovano molte sigillate nella malta. Sulle lastre, a volte, si leggono ancora i nomi, ma è raro: solitamente i morti erano seppelliti senza iscrizioni, e questo perchè all’epoca c’era moltissimo analfabetismo. Così per riconoscere il loculo del proprio defunto, i parenti fissavano nell’intonaco ancora fresco, degli oggetti: piccole conchiglie o pezzi di vetro colorati.

A volte sulle lastre tombali c’erano delle forature, che servivano a far passare del cibo all’interno della tomba: era il cosiddetto “refrigerium”, cioè un rito che consisteva nel banchettare assieme al defunto il giorno dell’anniversario della sua morte…in questi riti c’era ancora un po’ di paganità.

Le catacombe nacquero nel II secolo d.C.

Inizialmente si sfruttarono delle cave abbandonate di tufo, delle cisterne, ma poi, in seguito, le catacombe vennero scavate con una straordinaria precisione ingegneristica: i soffitti erano altissimi e le pareti rettilinee. Gli autori di queste gallerie erano i “fossori”, si tramandavano la professione di padre in figlio, e gestivano tutte le catacombe: erano loro che scavavano i corridoi, scavavano i loculi, inumavano i morti, dipingevano gli affreschi e scrivevano i nomi (dietro lauto compenso, ovviamente)

Si sa di casi in cui accettavano mazzette per sostituire delle salme nei punti più ambiti, magari vicino alle tombe dei martiri, o anche rivendevano più volte la stessa tomba.La paura di essere traslati era tale, che molti specificavano addirittura sulla lastra tombale, di essere i legittimi proprietari. Non tutti però venivano messi nei loculi, chi se lo poteva permettere, aveva un proprio sarcofago. C’era anche chi aveva delle cappelle, che si trovano un po’ ovunque, disseminate in questi corridoi,e qui però, è tutto un tripudio di affreschi molto belli, e hanno mantenuto i loro colori fino ai giorni nostri.

Nelle pitture che si trovano all’interno delle cappelle ci sono anche delle piccole sorprese: ad esempio nelle Catacombe di Priscilla c’è una Madonna con il Bambino considerata la più antica che si conosca, ha quasi 2000 anni ed è un piccolo capolavoro dell’antichità, anche se è in parte danneggiato.

Con le prime incursioni barbariche nel V secolo d.C. le catacombe cominciarono ad essere gradualmente abbandonate, e le salme dei martiri vennero traslate in luoghi più protetti.

di Annarita Sanna

Gladiatori: sangue, intrighi e potere nella nuova serie “Those About to Die” su Prime Video!

“Those About To Die” è una serie che promette di trasportare gli spettatori nel cuore pulsante dell’antica Roma, offrendo un’immersione totale in un’epoca di straordinaria complessità e fascino. La serie si apre con una Roma del 79 a.C., una metropoli di contrasti estremi, dove la magnificenza e la decadenza convivono fianco a fianco. La città è un crogiolo di culture, un centro di potere politico e un luogo di intrattenimento senza eguali.

Those About To Die | Official Teaser | Peacock Original

La serie si concentra sulla vita dei gladiatori, figure emblematiche di questo periodo storico, esplorando non solo la loro esistenza nell’arena, dove combattono per la gloria o la morte, ma anche la loro vita al di fuori di essa. “Those About To Die” non si limita a rappresentare la violenza dei combattimenti, ma si addentra nei meandri della società romana, esponendo le dinamiche di potere, la corruzione e l’oppressione degli schiavi che costituivano il tessuto stesso dell’Impero.

Il cast stellare, guidato da Sir Anthony Hopkins nel ruolo dell’Imperatore Vespasiano, promette interpretazioni memorabili che daranno vita a personaggi storici complessi e sfaccettati. Iwan Rheon, Tom Hughes e Sara Martins, insieme a un ensemble di talenti notevoli, sono pronti a regalare al pubblico momenti di grande recitazione.

La regia di Roland Emmerich, noto per il suo tocco spettacolare e dinamico, assicura che ogni episodio sarà un’esperienza visiva mozzafiato. La sceneggiatura di Robert Rodat, già apprezzato per il suo lavoro in “Salvate il soldato Ryan”, promette di tessere una narrazione avvincente e ricca di pathos.

La produzione ha fatto uso di location autentiche e di effetti speciali avanzati per ricreare l’antica Roma in modo credibile e coinvolgente. Le riprese a Cinecittà, Cinecittà World e al Colosseo hanno permesso di catturare l’essenza di un’epoca lontana, mentre gli effetti visivi hanno portato in vita le scene di battaglia e l’architettura romana con un realismo sorprendente.

“Those About To Die” si propone di essere più di una semplice serie televisiva; è un viaggio nel tempo che offre uno sguardo intimo e crudo sulla vita quotidiana e sulle lotte di un’epoca che continua a esercitare un fascino immutato. Con una narrazione che intreccia azione, dramma e storia, la serie è destinata a diventare un punto di riferimento per gli appassionati del genere e per chiunque sia affascinato dall’antica Roma.

In attesa del debutto su Prime Video il 19 luglio, gli spettatori possono aspettarsi una saga epica che li terrà incollati allo schermo, episodio dopo episodio. “Those About To Die” è un invito a esplorare le profondità dell’animo umano, in un contesto storico che non ha perso la sua capacità di stupire e coinvolgere. Non mancate l’appuntamento con questa serie che promette di lasciare un segno indelebile nel panorama televisivo.

21 aprile 753 a.c.: La fondazione di Roma

La fondazione di Roma è intrisa del mito eppure ci è stata tramandata in modo così chiaro e preciso che conosciamo non solo l’ anno di fondazione ma anche il giorno esatto (21 aprile 753 a.c. ). Un poeta del I secolo, tale Virgilio Publio Marone fa risalire la nascita di Roma addirittura alla caduta di Troia. Ma anche altre leggende parlano della fondazione di Roma.Cerchiamo qui di entrare passo passo nella storia di Roma antica.

Secondo l’Eneide, un eroe Troiano, Enea, Figlio di Anchise e della dea Venere, dopo aver solcato il mediterraneo giunse sulle coste laziali. Lì suo figlio Ascanio, mutato il nome in Julo fonda la città di Albalonga. Purtroppo non sappiamo cosa sarebbe dovuto succedere dopo perchè il poema non è mai stato finito, ma possiamo riferirci alla leggenda ufficiale: ad Albalonga viveva una Vestale di nobili origini (e discendente da julo ,Ndr),tale Rhea Silvia.Le Vestali erano sacerdotesse di Vesta, Dea tutrice del focolare domestico, che avevano il dovere di rimanere vergini. Ma la nostra Rhea, invece venne presa ( e si lasciò prendere) nientemeno che dal Dio Marte.Da quel rapporto nacquero i due gemelli Romolo e Remo. Ora,secondo la legge la vestale fu lapidata e stessa sorte sarebbe dovuta toccare ai due bambini. .Un altra versione ci dice che Rhea fosse figlia di Numitore,re di albalonga,  e ,siccome Amulio aveva spodestato il fratello Numitore dal trono di Albalonga, fu lui a ordinare la morte dei due futuri rivali.In  ognuno dei due casi, i carnefici non se la sentirono ed abbandonarono la cesta sul Tevere. La cesta si fermò presso la palude del Velabro, presumibilmente vicino a dove ora si trova S.Maria in cosmedim. Una lupa che abitava sul vicino colle Campidolio, o forse sul Palatino, si prese cura dei piccoli finché non furono raccolti da un pastore di nome Faustolo (diventato poi il dio Fauno nella fantasia popolare).Faustolo portò i due piccoli dalla moglie Acca Larenzia (vedi sotto).

ENEA A ROMA. 

Virgilio scrive l’eneide almeno 8 secoli dopo la caduta di Troia ,e si rifà ai  miti greci e a leggende più antiche.La leggenda di Enea che lascia Troia e riesce a fuggire è abbastanza antica. Nei Poemi omerici non si menziona la morte di Enea , al contrario degli altri Eroi difensori di Troia. Questo ha permesso di fantasticare su una nuova Troia fondata dall’eroe. I Primi lirici parlano di una città costruita sul monte Ida da Enea. Un riferimento importante per queste leggende era l’esistenza dell’  antica città di Aineia che si trovava sulle coste Macedoni e vantava discendenza diretta dal guerriero. Tra le numerose leggende riguardanti i viaggi di Enea, la prima che racconta di un suo arrivo nel Lazio è di Ellanico (V SEC AC). Dopo vennero aggiunti miti minori, come la storia di Didone che giustificava agli occhi romani l’ accanimento nelle guerre puniche. Perché era  importante il mito di Enea per Roma? In fin dei conti comunque i Romani potevano vantare una discendenza  diretta da Marte! Enea è un guerriero atipico, che non ama  combattere, anzi preferisce la pace e la cura dei Penati. Enea e Marte rappresentano un dualismo tipico della civiltà romana: Guerra da una parte, legge e religione dall’ altra.Un dualismo rappresentato anche da Romolo, primo re guerriero e Numa Pompilio,  2° re, creatore della religione ufficiale. Inoltre non dimentichiamoci che Virgilio scrive espressamente per glorificare Ottaviano Augusto e la sua politica di Pax.

UN ALTRA VERSIONE. 

Ho trovato un altra leggenda sulle origini dei due gemelli che vale la pena di essere raccontata. Narra che il palazzo di Numitore, re di Albalonga era infestato da un enorme membro maschile alato.il membro si avvicinava ai presenti con chiari intenti copulatori. Non c’è da meravigliarsi che questa leggenda abbia avuto poca diffusione. Comunque il re si recò da un oracolo che gli disse che l’ unico modo per scacciare il fastidioso inquilino era farlo accoppiare con la propria figlia. Ma la figlia del re, spaventata per le generose dimensioni si fece sostituire da una serva.Da questo particolare amplesso sarebbero nati i due gemelli. Al di là dell’ immaginario erotico questa versione è piuttosto interessante ed originale.Il fallo volante era simbolo di fertilità ed era usato a scopo propiziatorio.

ROMOLO E REMO.

Comunque Siamo arrivati al punto in cui i due gemelli vengono adottati da Faustolo e Acca Laurentia.I due gemelli crescono forti e spodestano lo zio. Come ricompensa gli fu data la possibilità di fondare una propria città. Romolo scelse il colle Palatino, mentre Remo scelse l’ Aventino ; Nel mezzo scorreva un piccolo torrente che rendeva un pantano l’attuale circo Massimo. La decisione su chi avesse ragione fu demandata agli aruspici. Remo vide 6 avvoltoi, mentre Romolo ubriaco ne vide 12. Romolo allora fondò la sua città, recintando con un solco i sette colli.Ma avremo modo di parlarne in seguito.Ma il solco era stretto e per scherno, Remo lo valicò con un salto. Romolo allora, uomo di poche parole disse:” con l’ aratro si segna la città,con la spada la si difende” ed uccise il fratello. Romolo accettava  tutti in città e i primi romani erano spesso poco di buono e ladri scacciati. Lo stesso Romolo, fratellicida, non doveva essere una persona facile. Probabilmente il Ratto delle Sabine non doveva essere ne il primo ne l’ ultimo furto operato dai Romani sui vicini.

ERCOLE.  

La fondazione di Roma potrebbe essere ancora più antica. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce reperti databili a due secoli prima della fondazione di Roma.  Ci si può chiedere se potessero esistere altri insediamenti preesistenti. Probabilmente dovremmo cercare questi insediamenti sulle alture della città, perchè al tempo la zona pianeggiante era paludosa. Nei pressi del Palatino, c’era la Rocca di Evandro. Evandro veniva da Arcadia,figlio Ermes e di una ninfa di nome Timandra; forse era la stessa sibilla cumana. Sempre secondo l’ Eneide, quando Enea giunse nel Lazio vi trovò Evandro. Come fini la città di Evandro non ci è dato di saperlo.Ma un altro  eroe si ritrova da Evandro: Ercole. Una delle fatiche di Ercole fu quella di rubare le mandrie di Gerione, il più forte dei mortali. Gerione era un uomo,se così si può dire,dotato di 3 busti, di 3 tese e di sei braccia. A guardia delle mandri c’era il cane Otro dalle due teste.( troppe teste in questa storia). Comunque Ercole non si diede per vinto e sconfisse Gerione dopo aver rubato i suoi buoi. Ora non è ben chiaro dove vivesse Gerione: Poichè si dice che in quell’ occasione creò le colonne di Ercole,probabilmente  Gerione si trovava in Spagna.( tuttavia adesso qualcuno ipotizza che le colonne d’ercole erano nel canale di Sicilia, cosa che spiegherebbe molte cose). Ercole o Eracle,si scarrozzava le ex-mandrie di Gerione per l’Italia. Giunto nel Lazio Ercole incontrò Evandro.Li si fermò seppure per poco e le malelingue dicono che ebbe una storia con Acca Larentia (e se i gemelli trovati da  Faustolo fossero il risultato delle scappatelle della moglie?).Ma   i capi di bestiame gli furono rubati forse mentre era occupato in queste faccende. Seguite le tracce della Mandria scoprì che il Ladro era un ladro di nome Caco,un mostro umanoide figlio di tifone.Ercole lo prese e lo gettò da una rupe.Adesso provate ad andare sul Palatino: Nella parte sud-est troveremo un passaggio chiamato “la scala di caco” che porta alla Caverna del Lupercale dove abitava la lupa…

La storia sulla città di Roma è quanto meno propagabile.

Se facciamo pochi passi tra il Campidoglio e L’ Aventino ci accorgiamo che il territorio è davvero piccolo.Oltre a questo aggiungiamo che al posto del Circo Massimo c’era un grande Pantano, quasi un lago chiamato fonte Murcia e che tutta la zona del Velabro e del portico d’Ottavia era fatto di Paludi. Rimane solo il colle Palatino.Il Palatino è abbastanza vasto per accogliere Evandro, La lupa,il Pastore Faustolo, Caco  e addirittura nascondere una mandria che per vastità non aveva uguali?a questo aggiungiamo che tuttora non si ha certezza della esatta posizione di Albalonga. E dobbiamo anche considerare che già ai tempi di Romolo l’ unica città che poteva dare fastidio a Roma era Veio che si trova  al 12 km dell’ attuale via cassia.

Il cuore di Nerone

Tra i 2 milioni di sanpietrini che compongono l’enorme piazza di San Pietro, si nasconde un sanpietrino molto particolare noto ai romani come “Il cuore di Nerone”. Si tratta di un piccolissimo bassorilievo a forma di cuore trovato dai ragazzini di Borgo Pio che passavano il loro tempo libero a giocare nella piazza con una palla fatta di stracci e soprannominato in questo modo per nessun motivo particolare. È conosciuto anche con i nomi di “Cuore di Bernini” e “Cuore di Michelangelo” e le leggende che corrono su questa piccolissima opera d’arte sono numerosissime. Secondo la prima è opera di Bernini in segno di un amore mai trovato, la seconda narra che è frutto del lavoro di Michelangelo come simbolo di un amore infranto, un’altra leggenda ancora dice che fu una donna a crearlo per ricordare il marito condannato a morte ingiustamente.

Un’ultima leggenda racconta che fu inciso tristemente da un soldato durante il discorso che Garibaldi tenne qui il 2 luglio 1849, prima di abbandonare Roma, sancendo così di fatto la fine della famosa “Repubblica Romana”.

Intraprendere la ricerca senza una minima traccia è un’impresa impossibile data la sua piccolezza nel complesso della piazza. Il cuore di Nerone si trova nel Libeccio della Rosa dei Venti piantata nella piazza, ed è sicuramente passata sotto milioni di occhi ma identificata poche volte.

Va anche detto che il pavimento della piazza è stato rifatto varie volte, l’ultima nel 1936. In quest’ultima occasione vennero sostituiti tutti i sampietrini preesistenti, tranne però proprio quelli interni ai riquadri della Rosa dei Venti, probabilmente per la forma irregolare dei riquadri stessi, o forse per il materiale ed il colore leggermente diversi rispetto agli altri sampietrini della piazza. Sembra perciò che il “cuore di Nerone” non sia andato perduto per una serie di circostanze incredibilmente fortunose.

Si trova ancora lì, a testimonianza di un passato che, davanti alle migliaia di opere d’arte straordinarie che Roma può vantare, potrebbe apparire ai più trascurabile ma che invece andrebbe trattato con maggior rispetto anche dai romani stessi che, di fatto, per la maggior parte, ignorano il meraviglioso coacervo di leggende, storia e identità che essa trasmette.

di Annarita Sanna

Gli obelischi di Roma

Se un antico egizio potesse visitare Roma oggi, una delle cose che lo colpirebbero di più, oltre al traffico e alle macchine, sarebbero sicuramente gli obelischi. Perchè a Roma ce ne sono tantissimi, anzi, è il luogo fuori dall’Egitto dove si concentrano più obelischi al mondo: pensate, ce ne sono addirittura tredici!

Il termine “obelisco” fu coniato dai greci, i primi viaggiatori eruditi dell’antichità: Obelos in greco vuol dire spiedo, e obelisco che è un diminutivo, vuol dire spiedino. Un termine un po’ irriverente e ironico per queste strutture che svettavano in cielo. Ogni faraone costruiva degli obelischi per avere la protezione, la forza del dio Sole, o anche solo per ringraziarlo di una vittoria…possiamo dunque considerarli dei giganteschi ex voto. Ma erano anche considerati un simbolo del potere, perchè dovevano ricordare a tutti, qualora ce ne fosse stato bisogno, proprio questo legame diretto tra il faraone e il dio Sole.

Le dimensioni degli obelischi e le loro dimensioni non sfuggirono agli imperatori romani, che li vollero portare a Roma come simbolo della grandezza del loro impero.

Certo, non doveva essere facile trasportare qualcosa di così immenso: Caligola, per esempio, per trasportare l’obelisco che attualmente si trova in piazza San Pietro ed è il secondo in altezza tra i tredici presenti a Roma, dovette far costruire una nave gigantesca, che venne utilizzata in seguito dall’imperatore Claudio come isola artificiale, quando costruì il suo porto ad Ostia, la fece trainare al largo, la riempì di calcestruzzo, l’affondò e sopra ci mise il faro.

Su questo obelisco sono nate molte leggende popolari, si diceva, ad esempio, che la sfera contenesse le ceneri di Cesare, e nella Roma papalina si credeva che chi fosse riuscito a passare sotto l’obelisco, tra i leoni, avrebbe ottenuto la remissione di tutti i peccati…

Un fatto però è certo: l’obelisco di piazza San Pietro non è originale: come si può notare non ci sono dei geroglifici…ha sì più di duemila anni (Caligola lo fece trasportare nel 40 d.C.) Possiamo considerarlo un “falso originale” perchè è stato realizzato dagli antichi romani sempre in Egitto, e lì eretto in un quartiere romano della città, poi trasportato a Roma per volere dell’imperatore.

Viene da chiedersi a cosa servissero gli obelischi a Roma, visto che a raccontare le gesta degli imperatori c’erano già archi trionfali e costruzioni ciclopiche.

L’obelisco che si trova in piazza del Popolo fu costruito da uno dei faraoni più famosi e potenti dell’antico Egitto: Ramesse II e fu innalzato a Heliopolis più di tremila anni fa. Fu portato a Roma da Augusto, nel 10 a.C., e sistemato al centro del circo Massimo, così dopo aver visto le processioni dei sacerdoti egizi, questo obelisco assistette per ben cinque secoli alle corse delle bighe.

Ma non sempre gli obelischi dovevano ricordare la forza di un imperatore: l’obelisco che si trova di fronte a Montecitorio, anche questo portato da Augusto, servì come gnomone di un’immensa meridiana, più grande di un campo di calcio, in Campo Marzio.

Riflettendoci bene, nessun passante o automobilista ci fa caso, ma l’obelisco che si innalza a piazza San Giovanni, è il più grande obelisco egizio conosciuto, raggiunge i 32 metri di altezza e ha una base di 3 metri per lato, con un peso di 340 tonnellate. E’ immenso, imponente, e riassume tutta la potenza del faraone Tutmosis III, eppure, malgrado la mole, fu abbattuto : in epoca medievale infatti, la popolazione di Roma era ridottissima, avvolta dalla miseria e dall’ignoranza; dilagò la furia di un’integralismo simile a quello dei talebani oggi, si credeva infatti che dentro questi obelischi ci fosse la sede del demonio, e che per questo erano riusciti a sopravvivere a tutto: ai terremoti, alla fine dell’Impero Romano, ai saccheggi…e quindi si decise di abbatterli, vennero smussati e spezzati gli spigoli, e poi vennero buttati giù…scomparendo così dalla storia.

Vennero ritrovati solo nel Rinascimento,sotto sette metri di terra, e i papi di allora decisero di innalzarli di nuovo, in una Roma in piena rinascita, e divennero “capolavori nei capolavori”, come a piazza Navona, dove l’obelisco realizzato per celebrare l’imperatore Domiziano è come un diamante incastonato nella fontana dei Quattro Fiumi del Bernini.

Slanciandosi verso l’alto, gli obelischi contribuivano a dare movimento all’architettura delle piazze.

Straordinario è l’obelisco che si trova in piazza della Minerva: è appoggiato su un piccolo elefantino, un’opera progettata dal Bernini, che voleva sintetizzare in questo modo, la forza e lo spirito che bisogna avere per riuscire a sorreggere il peso della saggezza, ma nell’immaginario collettivo, quest’ opera aveva tutt’altra lettura: significava tutto il peso e le critiche che il Bernini aveva dovuto sopportare in quegli anni dalla Chiesa, e non è un caso che quest’elefantino porga le terga al Collegio dei Domenicani…

C’è un fatto curioso che riguarda gli obelischi a Roma, e cioè che in tempi moderni, anzi, recentissimi, ne è stato eretto uno. E’ quello è stato voluto da Mussolini; pochi lo sanno, ma dietro questo monumento, c’è stato un lavoro immenso. E’ composto da due blocchi sovrapposti che sono stati scavati nelle cave di Carrara, ed è stata un’opera davvero sovrumana, che ha avuto anche delle vittime, e che è ricaduta interamente sulle spalle degli abili scalpellini che lavoravano nelle cave di Carrara da infinite generazioni. Come in antichità, i blocchi sono stati portati su delle slitte e poi imbarcati su navi speciali, che hanno dovuto attendere le piene del Tevere per poter risalire fino al sito dell’innalzamento definitivo.

Per gli Egizi erano un simbolo religioso, per i Romani un simbolo di potere, e per il Rinascimento l’elemento centrale dell’architettura: hanno visto passare faraoni, imperatori, papi e re, e svettano ancora alti e possenti per raccontarci tutte le storie e le leggende che conoscono: il tempo per loro, sembra davvero non passare mai!

di Annarita Sanna

Le salsicce del Pantheon

In piazza della Rotonda a Roma c’è una targa che ricorda l’opera di demolizione, fatta eseguire da Pio VII nel 1823, con l’obiettivo di liberare la piazza da ignobili taverne e dal mercato che ne deturpavano la bellezza e restituirla al pubblico godimento:

PAPA PIO VII NEL XXIII ANNO DEL SUO REGNO

A MEZZO DI UN’ASSAI PROVVIDA DEMOLIZIONE

RIVENDICÒ DALL’ODIOSA BRUTTEZZA L’AREA DAVANTI AL PANTHEON DI M. AGRIPPA

OCCUPATA DA IGNOBILI TAVERNE E

ORDINÒ CHE LA VISUALE FOSSE LASCIATA LIBERA IN LUOGO APERTO

In zona poi, ancora aleggiava il ricordo di un certo macabro fatto di cronaca avvenuto all’inizio del Seicento. Si raccontava che due coniugi originari di Norcia vendevano con gran successo delle salsicce dalla bontà incredibile e particolare. La fama di queste salsicce tenne cartello per parecchi anni finché un giorno cominciò a girar la voce che quella che si vendeva non era propriamente tutta carne di maiale, ma bensì anche carne umana.

La notizia, che ovviamente fece restare gli attoniti consumatori a bocca aperta e con lo stomaco rivoltato, arrivò alle orecchie del Capitano di Giustizia (una sorta di attuale Commissario di Polizia), che dopo una veloce indagine, appurò che il fatto non era una semplice diceria, ma la cruda realtà. Questi due esperti norcini, per far le salsicce più saporite, attiravano infatti nella cantina della loro bottega ignari clienti piuttosto in carne e li uccidevano a colpi di bastone. Poi, bruciati i loro abiti e le ossa, impastavano la carne nelle salsicce, ottenendo così quel prodotto trovato tanto buono, al punto che molti ghiottoni di Roma lo ricercavano.Processati, vennero condannati a morte e la sentenza, tramite il taglio della testa, fu eseguita sotto il pontificato di Urbano VIII, il 3 febbraio 1638.

Al riguardo, nella tradizione dei detti romaneschi, è rimasta l’abitudine di esclamare “Ha fatto a fine dei “noricini da’ Rotonna” riferendosi a qualcuno che tarda ad arrivare o che non dà più notizie di sé.

di Annarita Sanna

Rivoluzione Caracalla: tornano i giochi d’acqua alle Terme

Il ritorno dell’acqua alle Terme di Caracalla è un evento storico che segna l’inizio di un ambizioso progetto di restauro e valorizzazione del complesso monumentale. Dopo quasi 1800 anni dalla sua costruzione, l’acqua torna a essere un elemento centrale all’interno di uno dei siti archeologici più importanti di Roma.

Le Terme di Caracalla sono un complesso termale situato a Roma, costruito dall’imperatore romano Caracalla tra il 212 e il 217 d.C. Il complesso termale includeva diverse strutture, come bagni caldi, tiepidari, frigidari, palestre e spazi per il relax. Le Terme di Caracalla erano una delle più grandi e lussuose strutture termali dell’antica Roma e rappresentano un esempio significativo dell’architettura romana. Oggi le Terme di Caracalla sono un importante sito archeologico e attrazione turistica a Roma.

Rivoluzione Caracalla, uno specchio d'acqua alle Terme 1500 anni dopo

Lo Specchio d’Acqua, concepito come una sorta di teatro dell’acqua, è il primo passo di questa rivoluzione che punta a trasformare le Terme di Caracalla in un luogo dove l’arte, lo spettacolo e la creatività contemporanea possono trovare spazio.

Questa installazione, progettata dall’architetto Hannes Peer e realizzata in collaborazione con Paolo Bornello, si armonizza perfettamente con l’antico complesso termale e offre un palcoscenico per una varietà di attività performative e culturali.

Grazie a giochi d’acqua, luce e nebulizzazione, lo Specchio d’Acqua promette di creare una suggestiva atmosfera che ricorda i vapori delle antiche terme. Questo progetto innovativo non solo mira a restaurare e valorizzare il complesso monumentale, ma anche a trasformare l’intera estensione del sito archeologico in un luogo contemporaneo e all’avanguardia.

La “Rivoluzione Caracalla”, come viene definito questo progetto, seguirà diverse linee guida e si propone di far rivivere la storia e la magnificenza delle antiche Terme attraverso un raffinato gioco di presenza e assenza. L’inaugurazione dello Specchio d’Acqua rappresenta solo l’inizio di questa trasformazione che, nel corso degli anni, renderà le Terme di Caracalla uno dei siti culturali più innovativi e interessanti della Città Eterna.

Riaprono a Villa Torlonia il Bunker e il Rifugio antiaereo: un viaggio nella Roma bombardata

Dopo un’attenta opera di restauro, il Bunker e il Rifugio antiaereo di Villa Torlonia riaprono al pubblico, offrendo un’immersiva esperienza nella storia della Seconda Guerra Mondiale e della vita a Roma durante i bombardamenti.

Un tuffo nel passato con un allestimento multimediale

Scendendo le scale che conducono ai sotterranei del Casino Nobile, ci si trova catapultati in un’altra epoca. L’allestimento multimediale, curato da Federica Pirani e Annapaola Agati, rievoca la drammatica realtà della guerra attraverso foto, filmati e suoni, trasportando i visitatori nel cuore di un rifugio antiaereo durante un bombardamento.

La vita di Mussolini a Villa Torlonia

Il percorso inizia con un video che narra la vita di Mussolini e della sua famiglia nella villa. Si vedono immagini di feste, cerimonie ufficiali, momenti di svago, ma anche l’incombente minaccia della guerra che porterà alla costruzione dei rifugi e del bunker.

La paura dei bombardamenti

Le sale successive raccontano la paura e la sofferenza della popolazione romana durante i bombardamenti. Cinegiornali dell’epoca, collage fotografici e proiezioni immersive ricostruiscono la drammatica quotidianità di chi viveva sotto la costante minaccia dal cielo.

Il Bunker: un’esperienza sensoriale

Cuore del percorso è il Bunker vero e proprio, situato a 6 metri di profondità. La sua struttura cilindrica, lasciata volutamente spoglia di oggetti e proiezioni, amplifica il senso di claustrofobia e oppressione. Un’incursione aerea viene simulata attraverso suoni e vibrazioni, rendendo l’esperienza ancora più realistica.

Un monito per le future generazioni

Il Bunker e il Rifugio antiaereo di Villa Torlonia non sono solo un luogo di memoria, ma anche un monito per le future generazioni. Attraverso la ricostruzione storica e l’esperienza immersiva, questi luoghi invitano a riflettere sugli orrori della guerra e sull’importanza della pace.

Informazioni utili

  • Apertura: Dal 5 aprile 2024
  • Orari: Visite guidate per singoli e gruppi (fino a 20 persone) e scuole (massimo 30 studenti). Info e prenotazioni: 060608 (dalle 9.00 alle 19.00); www.museivillatorlonia.it e www.museiincomuneroma.it oppure direttamente presso le biglietterie del Casino Nobile, della Serra Moresca e di Technotown.
  • Ingresso: Ridotto con la MIC card e con Roma Pass.

Un’esperienza da non perdere per chi vuole approfondire la storia di Roma e rivivere le tragiche vicende della Seconda Guerra Mondiale.

In alto i piatti! Il 6 aprile è il Carbonara Day

Il Carbonara Day è un evento speciale che coinvolge chef e nutrizionisti per condividere i segreti della preparazione della famosa Carbonara. Questa giornata, che cade il 6 aprile, è dedicata interamente alla celebrazione di questo iconico piatto della cucina italiana, simbolo di Roma. La festa della Carbonara viene celebrata in tutto il mondo e nel 2024, nell’ottava edizione, diventa ancora più speciale in occasione del 70esimo anniversario dalla pubblicazione della prima ricetta in Italia. Nel lontano 1954, la Carbonara comparve su “La Cucina Italiana” in una versione molto diversa da quella attuale, con ingredienti come aglio, gruviera e pancetta che ora sono esclusi dalla ricetta tradizionale.

La Carbonara è un piatto che ha conquistato il cuore di molti, diventando un simbolo della cucina italiana nel mondo. Le sue origini sono avvolte da mistero e dibattito, ma una cosa è certa: il suo gusto ricco e irresistibile è inconfondibile.

La leggenda vuole che la Carbonara abbia fatto la sua comparsa nelle case romane negli anni ’40, quando i soldati Alleati arricchirono alcune ricettr italiane preesistent con guanciale o pancetta affumicata americana. Questa fusione di sapori ha dato vita a uno dei piatti più amati della tradizione culinaria romana.

Le ipotesi sull’origine di questo piatto sono numerose, ma non esistono prove che dimostrino la sua esistenza prima dei primi decenni del ‘900. La romantica storia dei pastori o dei carbonai che preparavano la carbonara da secoli è affascinante ma non storica. La prima volta che la ricetta è stata pubblicata è avvenuta negli Stati Uniti nel 1954, mentre in Italia è apparsa sulla rivista La Cucina italiana.Anche se la carbonara è comunemente associata alla cucina laziale, il piatto ha avuto origine in circostanze poco chiare negli anni Quaranta del Novecento e si è poi evoluto diventando romano solo negli anni Novanta. Le sue origini sono incerte e esistono diverse teorie a riguardo.Una delle ipotesi suggerisce che la carbonara abbia avuto origine durante la Seconda Guerra Mondiale, quando soldati americani combinavano ingredienti come uova, pancetta e spaghetti per prepararsi da mangiare, ispirando successivamente la ricetta italiana.Altre supposizioni suggeriscono che l’origine del piatto possa essere collegata alla cucina napoletana o magari agli abruzzesi carbonai, i quali preparavano un piatto simile chiamato cacio e uova che potrebbe essere stato il precursore della carbonara. In ogni caso, le origini della carbonara rimangono oscure e avvolte nel mistero, e non c’è una risposta definitiva su come questo delizioso piatto sia nato. Ciò che è certo è che la carbonara è diventata uno dei piatti più amati e iconici della cucina italiana, apprezzato in tutto il mondo per il suo gusto ricco e cremoso.

La Carbonara è un piatto ricco e cremoso, capace di deliziare il palato di chiunque lo assaggi.

Gli ingredienti fondamentali per preparare la Carbonara sono semplici ma di grande qualità: guanciale, tuorli d’uovo, pecorino romano grattugiato, pepe e pasta, preferibilmente “lunga”. La chiave per ottenere una Carbonara perfetta è la giusta cottura del guanciale, che deve essere fatto soffriggere lentamente per rilasciare tutto il suo sapore. Durante la cottura del guanciale, ad esempio, è fondamentale dorarlo delicatamente senza l’aggiunta di olio, in modo da far emergere i sapori autentici della carne e creare una base gustosa per il piatto. Questa attenzione ai dettagli si riflette poi nell’emulsione cremosa dei tuorli d’uovo con il pecorino e il grasso di cottura del guanciale, che dona alla Carbonara quel sapore irresistibile.

Per preparare la Carbonara in modo sano e gustoso, bisogna seguire alcuni semplici passaggi. Ad esempio, è importante salare l’acqua per la cottura della pasta con moderazione, considerando che il pecorino è già molto saporito. Inoltre, la scelta di ingredienti di qualità come tuorli di uova fresche, pecorino crosta nera e guanciale stagionato è fondamentale per ottenere un piatto davvero delizioso. Anche la scelta della pasta, preferibilmente lunga, può fare la differenza in termini di sazietà e digestione.

Dal punto di vista nutrizionale, la Carbonara offre un’importante fonte proteica grazie alle uova, che possono contribuire a bilanciare il piatto e a ridurre il picco glicemico. La presenza del grasso del guanciale e del formaggio fa sì che l’aggiunta di olio non sia necessaria, e la scelta di una pasta lunga può aiutare a mantenere basso il picco glicemico e a favorire una digestione più lenta. Inoltre, se consumata con moderazione, la Carbonara può tranquillamente inserirsi in un piano alimentare equilibrato, senza dover essere considerata un peccato da evitare.

Insomma, preparare una Carbonara perfetta non è solo una questione di sapori e consistenze, ma anche di attenzione alla qualità degli ingredienti e alle scelte nutrizionali. Seguendo questi consigli e mettendo in pratica i segreti dello chef, sarà possibile deliziare il palato con una Carbonara sana e gustosa.

La Scala Santa a Roma: un viaggio di fede e storia

Un luogo di devozione millenaria

La Scala Santa, situata nel Santuario Pontificio a Roma, custodisce 28 gradini in marmo che, secondo la tradizione cristiana, Gesù Cristo salì per presentarsi a Ponzio Pilato. Un luogo di profonda devozione che attira ogni anno migliaia di fedeli da tutto il mondo.

Salire i gradini in ginocchio: un atto di fede e penitenza

Ogni Venerdì di Quaresima, innumerevoli pellegrini salgono la Scala Santa in ginocchio, pregando e meditando sulla Passione di Cristo. Un atto di fede e penitenza che permette di ottenere l’Indulgenza plenaria.

Un percorso ricco di storia e spiritualità

I 28 gradini, originariamente a Gerusalemme, furono trasportati a Roma da Sant’Elena nel IV secolo. La loro storia si intreccia con quella della Chiesa e di innumerevoli Papi che hanno percorso questi gradini in segno di devozione.

Un Santuario da scoprire

Oltre alla Scala Santa, il Santuario Pontificio custodisce il Sancta Sanctorum, la cappella privata dei Papi con l’immagine del Santissimo Salvatore. Un luogo di grande spiritualità che conserva reliquie di inestimabile valore.

Informazioni utili per la visita

Dove si trova: Piazza di San Giovanni in Laterano 14, Roma

Orari di apertura:

  • Scala Santa: tutti i giorni dalle 9:00 alle 13:30 e dalle 15:00 alle 18:30
  • Sancta Sanctorum: dalle 9:00 alle 13:30 e dalle 15:00 alle 17:00

Consigli:

  • Per evitare lunghe code, si consiglia di visitare la Scala Santa al di fuori dei periodi di maggiore affluenza.
  • È possibile ottenere l’Indulgenza plenaria salendo i gradini in ginocchio, pregando e confessandosi.
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