Se sei un fan di Star Trek — e ammettiamolo, chi tra noi appassionati di fantascienza non ha mai sognato almeno una volta di sedersi sulla poltrona del capitano della U.S.S. Enterprise, dare ordini al computer di bordo o ordinare un Raktajino al bar del ponte ricreativo? — allora preparati, perché sta per arrivare una novità galattica che ti farà impazzire di gioia. De Agostini ha appena annunciato una collezione da far battere i cuori di ogni trekker, nerd, geek e appassionato di modellismo: la Star Trek Starship Collection, una linea esclusiva di venti straordinari modelli die-cast delle astronavi più iconiche del franchise, dalle serie classiche fino alle produzioni più recenti come Star Trek: Picard, Strange New Worlds, Discovery, Lower Decks e Prodigy.
E non stiamo parlando di semplici modellini da scaffale: qui siamo di fronte a veri e propri gioielli di ingegneria in miniatura, realizzati con una cura maniacale per i dettagli. Ogni astronave è costruita in metallo pressofuso e ABS di altissima qualità, basandosi sui file VFX originali degli studi CBS. Questo significa che avrai tra le mani una riproduzione ultra fedele, dalle gondole a curvatura al deflettore principale, passando per lo scafo punteggiato da dettagli microscopici e riconoscibili solo a chi conosce a menadito ogni classe di nave stellare mai apparsa sullo schermo.
Ma il bello è che ogni modello è accompagnato da un magazine esclusivo, una vera chicca per gli appassionati, che ti porta dietro le quinte della progettazione, raccontandoti non solo la storia dell’astronave all’interno dell’universo narrativo di Star Trek, ma anche aneddoti succosi sulla sua creazione, le scelte di design, i segreti del reparto effetti speciali e persino interviste ai creatori. Ti sei mai chiesto perché la U.S.S. Titan ha quella particolare silhouette aggressiva o da dove è nata l’idea della classe Sagan della U.S.S. Stargazer? Questo è il tipo di curiosità che troverai sfogliando questi fascicoli, veri e propri archivi di lore per collezionisti ossessivi come noi.
La collezione si apre con modelli leggendari, a partire dalla U.S.S. Titan NCC-80102-A, vista in Picard, per poi passare alla U.S.S. Stargazer NCC-82893, alla U.S.S. Farragut NCC-1647 e all’epica U.S.S. Enterprise NCC-1701-F (classe Odyssey, XL). E per i palati più raffinati, c’è anche la S.S. Eleos XII NAR-59019, la nave umanitaria comandata da Beverly Crusher, senza dimenticare la chicca per veri intenditori: la U.S.S. Eaves NCC-97621, un omaggio al leggendario concept artist John Eaves.
Ma De Agostini non si è fermata qui. Preordinando l’intera collezione sul sito ufficiale, oltre a ricevere il primo modello a un prezzo scontato, avrai diritto a una serie di bonus esclusivi che farebbero gola persino a un collezionista Ferengi. Parliamo di una targa commemorativa in scala del ponte della Titan, un raccoglitore dedicato per i tuoi magazine, un Okudagram del turboascensore (sì, proprio le grafiche retro-futuristiche che hai sempre amato), e persino una tazza in acciaio inossidabile con il logo Raktajino, per sorseggiare il tuo caffè klingoniano sentendoti davvero sul ponte ologrammi.
E le dimensioni? Parliamo di modelli che vanno dai 15 ai 25 cm, abbastanza grandi da mostrare ogni dettaglio con precisione maniacale ma anche perfetti per arredare scaffali, scrivanie o, perché no, una teca dedicata all’orgoglio nerd. Che tu sia un modellista, un fan della saga o un semplice appassionato di cultura pop, queste astronavi diventeranno inevitabilmente il pezzo forte della tua collezione.
L’uscita ufficiale è fissata per il 29 agosto 2025, ma il preordine è già attivo e, se posso darti un consiglio da fan a fan, non aspettare troppo: le collezioni De Agostini dedicate a saghe iconiche vanno a ruba, e non c’è nulla di più frustrante che vedere la propria astronave preferita andare sold out.
In definitiva, la Star Trek Starship Collection è più di una semplice raccolta di modellini: è un viaggio, un’immersione totale nell’universo che ci ha insegnato a sognare mondi migliori, a esplorare nuove civiltà e a osare dove nessuno è mai giunto prima. È un pezzo di storia della fantascienza da tenere in mano, osservare, studiare e — perché no — esporre con orgoglio tra le tue memorabilia nerd.
E ora sono curiosa: quale astronave vorresti assolutamente avere nella tua collezione? Sei più da classica Enterprise, da grintosa Defiant, da innovativa Voyager o da Titan di nuova generazione? Raccontamelo nei commenti, condividi questo articolo sui tuoi social e facci sapere quale nave ti fa sognare più veloce della curvatura! Che la Flotta Stellare ci accompagni… sempre.
C’è un suono che risveglia ricordi ancestrali nella mente di ogni trekker degno di questo nome. È il tono sommesso del teletrasporto. È il fischio acuto del ponte di comando. È, soprattutto, quella frase iconica che ha attraversato intere generazioni: «Spazio: ultima frontiera.» Ogni volta che la sento, è come se un vecchio amico bussasse alla porta della mia immaginazione.
E adesso, con la terza stagione di Star Trek: Strange New Worlds finalmente approdata su Paramount+, quel richiamo è più potente che mai. Dopo il doppio episodio di debutto del 17 luglio 2025, ogni giovedì sarà un nuovo salto nell’iperspazio, fino al gran finale dell’11 settembre. E come se non bastasse a farci vibrare le antenne, la quarta stagione è già in lavorazione. Non è solo una serie, amici nerd: è una vera e propria missione a lungo termine.
Una stagione che osa, ma non dimentica il cuore classico
Sin dall’inizio, Strange New Worlds ha saputo fare una cosa preziosa: parlare al cuore nostalgico dei fan della vecchia guardia e, allo stesso tempo, catturare le menti curiose della Next Generation. Io lo dico da chi ha consumato VHS registrati di notte, con la paura che il fratello maggiore ci registrasse sopra le partite. Questa terza stagione, fidatevi, promette di andare ancora oltre.
Il Capitano Christopher Pike (Anson Mount, ormai diventato il nostro silver fox interstellare di riferimento) torna al comando della U.S.S. Enterprise, affiancato da un equipaggio che conosciamo e amiamo, ma che non smette di sorprenderci. Il punto di partenza? Le conseguenze dello scontro finale con i Gorn, quel cliffhanger che ci ha lasciato col fiato sospeso alla fine della seconda stagione. Ma guai a pensare che ci aspetti una trama lineare. Gli showrunner Akiva Goldsman e Henry Alonso Myers hanno già promesso episodi sperimentali, ibridazioni di genere e persino, udite udite, un episodio in stile mockumentary, che qualcuno ha già ribattezzato “The Office nello spazio”.
Il capitano con il ciuffo perfetto, Spock col cuore spezzato e Kirk in modalità vintage
A bordo, il solito mix esplosivo di volti noti e colpi di scena. Ethan Peck continua a regalarci uno Spock sorprendente: un vulcaniano lacerato tra razionalità e sentimenti, soprattutto ora che la sua relazione con l’infermiera Chapel (Jess Bush) si fa più intensa e tormentata. Siamo lontani anni luce dall’immagine statica del passato: questo Spock ride, sbaglia, si arrabbia, ama. E sì, ci fa piangere.
Accanto a lui, Rebecca Romijn (Numero Uno) è un monumento di rigore, mentre Celia Rose Gooding (Uhura), Christina Chong (La’an Noonien-Singh), Melissa Navia (Ortegas) e Babs Olusanmokun (M’Benga) arricchiscono la plancia con dinamiche fresche, battute fulminanti e momenti di rara intensità. E poi c’è lui, Paul Wesley, nei panni di un Capitan Kirk sempre più iconico, che flirta con l’ironia metanarrativa e ci regala un gustoso ritorno alle tutine anni ’70.
Episodi autoconclusivi: libertà narrativa al massimo
Uno dei punti di forza più evidenti di questa stagione è la struttura a episodi autoconclusivi, un ritorno alle origini che permette di osare senza perdere il filo. Così ci troviamo catapultati da un matrimonio klingon che sfocia in una faida politica, a un murder mystery a bordo che sembra scritto da Agatha Christie versione galattica, fino a un episodio completamente meta che pare uscito da una stanza di sceneggiatori impazziti tra Black Mirror e Rick & Morty.
La creatività è alle stelle, letteralmente.
Guest star da urlo e ritorni emozionanti
Tra le guest star di questa stagione, spiccano nomi come Rhys Darby, Patton Oswalt, Melanie Scrofano e, soprattutto, Cillian O’Sullivan, che torna nei panni del famigerato Roger Korby. Il suo personaggio, già apparso nella serie classica, affronta il tema delicatissimo della linea sottile tra umano e macchina, regalando alla serie un ancoraggio profondo ai dilemmi etici che hanno sempre caratterizzato Star Trek.
E, sorpresa delle sorprese, Martin Quinn torna stabilmente nei panni di Montgomery “Scotty” Scott, dopo l’apparizione esplosiva nel finale della scorsa stagione. Sentire di nuovo quel «I can’t change the laws of physics!» ha risvegliato il nerd che è in me come poche altre cose.
Un franchise in stato di grazia
Il ritorno di Strange New Worlds è anche il simbolo di un momento d’oro per l’universo Trek. Dopo lo stop forzato degli scioperi di Hollywood del 2023-2024, le riprese si sono concluse a maggio 2024 e la macchina produttiva non ha più rallentato. Con progetti come Section 31 con Michelle Yeoh, Starfleet Academy, Lower Decks e le recenti stagioni di Discovery e Picard, Star Trek è più vivo che mai.
Non è nostalgia fine a se stessa: è un rinascimento. È la prova che una saga può parlare di diversità, progresso, identità e futuro senza perdere fascino, anzi, acquisendone di nuovo.
Pronti a salpare? Io sì.
La terza stagione di Star Trek: Strange New Worlds è un regalo prezioso per tutti noi. È emozione, divertimento, riflessione e avventura. È comfort nerd allo stato puro, ma anche un’esplorazione coraggiosa dei confini della narrazione televisiva.
Quindi sì, io sono pronta a salpare. A rimettere piede sulla plancia, a ritrovare vecchi amici, a perdermi in galassie lontane. E voi?
Che ne pensate del teaser? Quali sono le vostre teorie sulla nuova stagione? Quali episodi aspettate con più trepidazione? Parliamone nei commenti, condividete l’articolo sui social, fate girare i trailer e, soprattutto… preparatevi a esplorare ancora una volta questi Strange New Worlds.
Segnatevi la data, miei cari compagni di viaggio nerd: il 25 e 26 ottobre 2025 ci aspetta un weekend che promette di essere memorabile! Sto parlando della Reunion 2025, l’evento che trasformerà Riccione in un piccolo paradiso per tutti noi appassionati di pop culture, fantascienza, serie tv, cosplay, giochi e tutto ciò che fa battere forte il cuore di chi vive di emozioni nerd.
Il luogo prescelto per questa epica adunata non poteva essere più azzeccato: l’Hotel Mediterraneo di Riccione, un’oasi elegante affacciata sul mare, pronta ad accogliere frotte di appassionati con la voglia matta di perdersi tra incontri, proiezioni, sfilate e tornei. Solo a immaginarlo mi vengono i brividi: due giorni pieni di attività, risate, scambi di idee e chiacchiere appassionate che finiranno per trasformarsi in amicizie reali, perché diciamocelo, è proprio in questi eventi che si crea quella magia che lega gli appassionati di mondi fantastici.
Il programma? Anche se i dettagli arriveranno a breve — e vi consiglio di tenere d’occhio il sito ufficiale reunionitaly.com — posso già dirvi che sarà una vera bomba. Ci aspettano tornei ispirati alle nostre serie di fantascienza preferite, dove potremo metterci alla prova e magari, perché no, rivivere sul campo le atmosfere di Star Wars, Star Trek, Doctor Who o Battlestar Galactica. E non finisce qui: ci saranno proiezioni speciali, sfilate cosplay da far girare la testa e incontri ravvicinati con attori, autori e protagonisti delle nostre saghe del cuore.
Io già mi immagino lì, persa a fotografare ogni dettaglio dei costumi pazzeschi dei cosplayer, a discutere di teorie strampalate davanti a un caffè, a emozionarmi durante le proiezioni di qualche episodio cult o magari di un’anteprima esclusiva. E poi gli incontri con gli ospiti: poter stringere la mano a qualcuno che ha dato vita ai personaggi che ci hanno fatto sognare, piangere e tifare è un’esperienza che ti resta addosso per sempre, come un tatuaggio invisibile sul cuore.
Quello che rende speciale la Reunion, però, non sono solo le attività in programma, ma l’atmosfera che si respira. È la sensazione di essere nel posto giusto, con le persone giuste. È il ritrovarsi a ridere insieme per una battuta su una serie di nicchia, l’emozione di vedere un bambino mascherato da Baby Yoda che abbraccia un Darth Vader gigante, il piacere di scoprire che il ragazzo con cui stai facendo la fila ha letto i tuoi stessi manga e gioca alle tue stesse campagne di D&D. È una festa collettiva, un momento per sentirsi parte di qualcosa di più grande.
La Reunion 2025 non sarà solo un evento, sarà un’esperienza. Che tu sia un fan di lunga data o un neofita curioso, che tu arrivi con un gruppo di amici o da solo, preparati a tornare a casa con il cuore gonfio di entusiasmo e la memoria del telefono intasata di foto. Presto verranno annunciate le modalità di partecipazione e gli ospiti, quindi tieniti pronto: quest’anno Riccione non sarà solo mare e movida, ma anche e soprattutto nerdismo allo stato puro.
Io ci sarò, con gli occhi a cuore e la voglia di vivere un weekend fuori dal tempo. E tu? Hai già preparato il cosplay, lucidato i dadi, ripassato le citazioni e svuotato la memoria del cellulare? Fammi sapere nei commenti se ci sarai e che cosa non vedi l’ora di vivere alla Reunion! E mi raccomando: condividi l’articolo sui social per spargere la voce. Più siamo, più ci divertiamo!
Ci sono date che, per chi vive e respira cultura nerd, non possono essere dimenticate. Piccoli momenti di rivoluzione silenziosa che, pur passando quasi inosservati ai più, cambiano il modo in cui vediamo le stelle, la fantascienza e perfino noi stessi. Una di queste date è senza dubbio il 29 giugno 1995: il giorno in cui Star Trek: Deep Space Nine fece il suo debutto sui teleschermi italiani. Sì, proprio trent’anni fa, DS9 – come la chiamano con affetto i fan – iniziava il suo viaggio anche nel nostro Paese, accendendo i motori dell’immaginazione nerd e tracciando una rotta mai battuta prima all’interno del vasto universo Trek.
Eravamo negli anni Novanta. In Italia, Star Trek: The Next Generation aveva già conquistato una fetta affezionatissima di pubblico, introducendo una nuova generazione alla filosofia di Roddenberry fatta di esplorazione, tolleranza e progresso scientifico. Ma Deep Space Nine? Quella era un’altra cosa. Un’altra storia. Un altro tono. E proprio per questo, un’altra rivoluzione.
Un viaggio diverso: statico ma pieno di movimento
Quando Star Trek: Deep Space Nine venne trasmessa per la prima volta in Italia, molti fan non sapevano bene cosa aspettarsi. Una serie ambientata non su un’astronave, ma su una stazione spaziale ferma? Una trama che si dipanava non solo tra pianeti alieni e missioni diplomatiche, ma tra guerre intestine, giochi di potere, crisi religiose e dilemmi morali? A trent’anni di distanza, possiamo dirlo con assoluta certezza: fu una scommessa coraggiosa… e incredibilmente vincente.
La stazione Deep Space Nine, in orbita attorno a Bajor, non era solo un avamposto strategico della Federazione. Era un crocevia culturale, politico, spirituale. Un teatro di contrasti dove le ideologie si scontravano e le persone, vere e imperfette, si evolvevano.
L’Italia scopre il Comandante Sisko
Il pubblico italiano fece la conoscenza di Benjamin Sisko, un ufficiale della Flotta Stellare molto diverso da quelli che avevamo visto fino a quel momento. Niente charme da esploratore come Kirk, niente eleganza diplomatica alla Picard. Sisko era un uomo spezzato, segnato dalla perdita della moglie nella devastante battaglia di Wolf 359, un padre single, un leader riluttante che si ritrova, suo malgrado, ad avere un ruolo quasi profetico per il popolo bajoriano.
Eppure, episodio dopo episodio, il pubblico si affezionò. A lui, alla sua lotta personale, al rapporto con il figlio Jake, al suo conflitto interiore tra il dovere militare e la chiamata spirituale. Il Comandante Sisko non era solo un ufficiale, era un uomo in cerca di significato. E forse è proprio per questo che, trent’anni dopo, continua a risuonare così forte nei nostri cuori.
Personaggi vivi, complessi e incredibilmente umani
Chi ha avuto la fortuna di seguire DS9 fin dalla sua prima messa in onda su emittenti italiane – spesso in orari notturni o su circuiti minori – sa bene quanto la serie fosse avanti rispetto ai suoi tempi. Niente bianco e nero morale. Ogni personaggio portava con sé un’ombra, un dubbio, una crepa. Da Kira Nerys, l’ex combattente della resistenza bajoriana, a Garak, l’ex spia cardassiana con il sorriso più ambiguo dell’universo, passando per Odo, lo sceriffo mutaforma tormentato dalla sua identità.
Per la prima volta in Star Trek, ci trovavamo davanti a un cast corale dove ogni voce contava, ogni background aveva un peso, ogni decisione comportava delle conseguenze. La serialità, che fino ad allora era una rarità nel mondo Trek, diventava qui un punto di forza, un filo narrativo teso che univa le stagioni con un crescendo di tensione emotiva e politica.
Quando la religione incontra la scienza (e non ne esce per forza uno scontro)
Uno degli aspetti che più colpì il pubblico italiano – e che ancora oggi rende DS9 un unicum all’interno della fantascienza televisiva – è l’introduzione esplicita e centrale della religione. Il popolo bajoriano, reduce da una lunga occupazione, ha nella sua spiritualità l’unico punto fermo. E quel wormhole stazionario, che per la Federazione è un fenomeno astrofisico, per i bajoriani è la dimora dei loro dèi: i Profeti.
Sisko, uomo di scienza, si ritrova a essere identificato come l’Emissario dai Profeti stessi. Un ruolo che rifiuta, accetta, combatte, fino a farlo diventare parte della sua stessa identità. Una tensione narrativa e filosofica straordinaria, capace di mettere lo spettatore davanti a domande scomode e necessarie: possiamo davvero ignorare ciò che non comprendiamo? E dove finisce la razionalità, quando il mistero ci guarda negli occhi?
La guerra del Dominio: una fantascienza che parla al presente
Con l’arrivo del Dominio, la serie compie un’ulteriore trasformazione. Si passa da una diplomazia difficile ma possibile, a una guerra lunga, complessa, tragica. La Federazione, fino ad allora simbolo di un futuro utopico e pacifico, deve confrontarsi con la brutalità del conflitto, la necessità del compromesso, l’ambiguità morale.
E noi spettatori italiani, nel cuore degli anni Novanta, ci trovavamo di fronte a qualcosa di inedito: una guerra stellare che non era spettacolo, ma riflessione. Un affresco coraggioso su cosa significa difendere i propri ideali quando tutto intorno sembra crollare.
Un trentennale da celebrare
Oggi, nel 2025, a trent’anni dalla prima trasmissione italiana di Star Trek: Deep Space Nine, possiamo dire con convinzione che la serie ha lasciato un’impronta indelebile. Non solo nel cuore dei fan storici di Star Trek, ma anche nel linguaggio della fantascienza moderna. Serie come Battlestar Galactica, The Expanse, Dark Matter, e persino le stagioni più recenti di Star Trek: Discovery, devono moltissimo al linguaggio narrativo, tematico ed emotivo che DS9 ha contribuito a scrivere.
Il 29 giugno non è solo una data. È il momento in cui l’Italia si è connessa al wormhole della grande narrazione sci-fi, scoprendo che tra le stelle c’è anche spazio per la fede, il dolore, la politica, la redenzione e la speranza.
Allora alziamo i nostri tricorder, amici nerd, e celebriamo questo anniversario come si deve. Magari riguardando quel primo episodio in cui Sisko incontra i Profeti per la prima volta. O riascoltando il tema musicale epico che ci accompagna in orbita. O, perché no, raccontando quanto questa serie ci abbia segnato nel profondo.
E tu? Dove eri il 29 giugno 1995? Ricordi la tua prima volta con Deep Space Nine? Scrivicelo nei commenti, condividi l’articolo sui tuoi social e racconta al mondo perché DS9 è molto più di una serie: è un universo interiore tutto da esplorare. Live long and prosper!
L’universo di Star Trek non smette mai di stupirci. Quando pensiamo di aver visto tutto, ecco che arriva una nuova piega narrativa o una dichiarazione criptica che fa scattare l’allarme nei cuori di tutti i Trekkie. Ed è esattamente quello che è successo di recente: Paramount+ ha annunciato con largo anticipo che Star Trek: Strange New Worlds terminerà con la sua quinta stagione. Il dettaglio curioso? La notizia è arrivata prima ancora della premiere della terza stagione, fissata per luglio. Una mossa che ha fatto sollevare più di un sopracciglio.
Ma attenzione: dietro questa scelta apparentemente inspiegabile, potrebbe nascondersi un piano molto più ambizioso. E qui entra in scena Akiva Goldsman, showrunner della serie, che durante un’apparizione al Tribeca Film Festival ha lasciato intendere qualcosa che ha scatenato l’immaginazione collettiva dei fan. Ecco le sue parole, riportate da TrekMovie:
“In questo momento [i personaggi] sono in una fase intermedia del loro sviluppo. Come diventano chi sono? Cosa succede ad alcuni di loro? Sono domande che sapevamo di dover rispondere e che ci siamo promessi di affrontare. E questo è il nostro piano quinquennale. E poi… incontriamo TOS. [Tono cospiratorio] Ma non stanno morendo. E abbiamo quei set…”
E qui è scattata la teoria galattica. Perché se Strange New Worlds è davvero il ponte narrativo verso Star Trek: The Original Series, allora potremmo trovarci davanti non solo a una conclusione, ma a un reboot in piena regola della serie che ha dato il via a tutto nel 1966.
Il tempismo è perfetto… anzi, sospetto
Il 2026 segnerà il 60° anniversario di Star Trek. Un’occasione troppo ghiotta per non essere celebrata con qualcosa di grande. Certo, sappiamo che è in lavorazione la serie Starfleet Academy, ma non sembra avere il peso celebrativo necessario per un simile traguardo. E al momento non ci sono film all’orizzonte pronti per uscire in tempo.
E se invece Paramount+ stesse preparando proprio un prequel/revival di TOS? Dopotutto, Strange New Worlds ha già introdotto gran parte del cast storico: Spock, Uhura, Kirk, Scotty, Chapel e M’Benga sono già operativi. All’appello mancano giusto Bones e Sulu, mentre Chekov, da bravo arrivato di seconda stagione, può aspettare.
Akiva Goldsman ha anche rivelato che hanno già i set pronti. Insomma, le fondamenta per rilanciare la missione quinquennale dell’Enterprise ci sono tutte.
Il ritorno del Capitano? Shatner ci mette il carico da novanta
E poi c’è lui: William Shatner. Il Capitano Kirk originale. L’attore ha recentemente rivelato che Paramount lo ha contattato per qualcosa legato a Star Trek. Nonostante la (tristemente nota) morte del suo personaggio in Star Trek: Generations, Picard stagione 3 ha lasciato intendere che persino Kirk potrebbe tornare.
E se fosse proprio lui a raccontare, in età avanzata, le sue prime avventure a bordo dell’Enterprise? Immaginatelo come una sorta di narratore, in stile vecchio saggio, che ci guida tra i ricordi di una giovinezza passata tra le stelle. Con il cast giovane di Strange New Worlds a interpretare i protagonisti, il mix di nostalgia e innovazione sarebbe irresistibile.
Una scelta del genere non solo farebbe scalpore tra i fan, ma riporterebbe l’attenzione mediatica sul franchise, attirando nuovi abbonati su Paramount+. Ed è esattamente questo il punto.
Perché chiudere una serie che funziona?
La domanda è legittima. Strange New Worlds è amata dalla critica e dal pubblico, ha risollevato le sorti di Star Trek sul piccolo schermo dopo gli alti e bassi di Discovery, e ha il fascino vintage che piace tanto ai fan della vecchia guardia. Eppure, nella nuova era dello streaming, cinque stagioni sembrano essere il tetto massimo per le serie di successo. Non perché manchi il pubblico, ma perché le piattaforme puntano tutto sulle novità, non sulla longevità.
In passato, le grandi emittenti avrebbero fatto carte false per prolungare show come Friends o X-Files per nove o dieci stagioni. Oggi, il modello è cambiato: una nuova serie porta nuovi abbonamenti, mentre una sesta stagione… non ha lo stesso impatto.
Da qui la (amara) logica dietro la decisione di Paramount+. Meglio chiudere Strange New Worlds in bellezza e rilanciare con qualcosa di più grosso, più nostalgico, più celebrativo. Magari proprio con una nuova versione di Star Trek: The Original Series.
Cosa ci aspetta davvero?
Ovviamente, tutto questo per ora è solo teoria. Ma quando a parlarne è lo showrunner stesso, con toni ammiccanti e riferimenti espliciti ai set già pronti, qualche sospetto viene. Il sogno di vedere un reboot fedele ma aggiornato della serie originale, con nuovi attori ma lo stesso spirito pionieristico potrebbe davvero diventare realtà.
E se così fosse, sarebbe una mossa geniale. Perché oltre a far felici i fan di lunga data, offrirebbe anche un punto d’ingresso perfetto per le nuove generazioni. Un nuovo TOS per un nuovo pubblico, ma con lo stesso messaggio universale: “To boldly go where no one has gone before.”
Cosa ne pensate, amici nerdonauti? Vi piacerebbe un reboot di Star Trek: The Original Series con i volti di Strange New Worlds? Siete pronti a risalire sull’Enterprise per una nuova missione quinquennale? Parliamone nei commenti e condividete questo articolo sui social per tenere acceso il fuoco della Federazione!
Era il lontano 1987 quando Mel Brooks ci regalava “Balle Spaziali” (Spaceballs), una delle parodie più irriverenti e amate di sempre, capace di trasformare l’epopea galattica di Star Wars in un’esplosione di risate cosmiche. Da allora, i fan hanno sognato un sequel che per decenni è sembrato più una leggenda nerd che una possibilità concreta. Ma ora possiamo dirlo con certezza: Balle Spaziali 2 si farà. E questa volta sul serio.
Il nuovo capitolo arriverà nelle sale nel 2027 e sarà prodotto da Amazon MGM Studios. Alla regia troviamo Josh Greenbaum, mentre la sceneggiatura è firmata da Josh Gad (che sarà anche protagonista), Benji Samit e Dan Hernandez. Un team che promette scintille… o meglio, la rinascita dello Sforzo.
Ma come siamo arrivati fin qui? Il mito di Spaceballs 2 nasce già dal primo film, quando Yogurt strizza l’occhio al pubblico dicendo: “Spaceballs 2″, se troveremo un produttore per farlo. Arrivederci, Stella Solitaria.”. Una battuta che negli anni si è trasformata in un vero tormentone. Nel 2013 Rick Moranis aveva perfino proposto un sequel intitolato Spaceballs III: The Search for Spaceballs II, ma il progetto si arenò per questioni contrattuali. Nel 2015 Mel Brooks rilanciò l’idea, dichiarando di voler fare un seguito dopo l’uscita di un nuovo film di Star Wars. Tuttavia, la macchina non si mise in moto. Almeno fino a oggi.
Il 2024 è stato l’anno della svolta. A giugno, Amazon MGM Studios ha ufficialmente annunciato la produzione del sequel. La notizia ha fatto il giro della galassia geek e ha scatenato un’ondata di entusiasmo interstellare. Josh Gad ha confermato non solo il proprio coinvolgimento come attore e produttore, ma anche che il primo script ha entusiasmato tutti coloro che lo hanno letto. L’hype è salito alle stelle, specialmente dopo che lo stesso Mel Brooks ha partecipato a un video teaser nello stile del celebre crawl iniziale di Star Wars, confermando il ritorno del personaggio di Yogurt.
Il cast promette di far tremare le stelle. Bill Pullman tornerà nei panni di Stella Solitaria (il nostro Han Solo low budget preferito), Daphne Zuniga riprenderà il ruolo della Principessa Vespa, e – udite udite – Rick Moranis è pronto a indossare di nuovo il casco di Lord Casco! Dopo anni di assenza dalle scene, il ritorno di Moranis è una notizia bomba per tutti i fan. Non è finita qui: ci sarà anche Lewis Pullman, figlio di Bill, nei panni di Starburst, figlio di Vespa e Stella Solitaria. A lui si unirà Keke Palmer, che interpreterà un personaggio chiamato Destiny, un nome che fa pensare a un ruolo tutt’altro che marginale nell’economia del film.
La trama è ancora top secret, come ogni degna operazione spaziale. Nessun dettaglio è stato svelato, ma stando a quanto riportato da Deadline, il film sarà “un sequel non prequel e non reboot, parte seconda, ma con elementi reboot, che espande il franchise”. Insomma, una matrioska nerd che promette di giocare con tutte le dinamiche del cinema contemporaneo, cavalcando l’onda del metacinema e delle autocitazioni.
E parlando di riferimenti e parodie, ci aspettiamo un’ironia ancora più tagliente verso la moderna industria cinematografica e le sue infinite saghe. Se già nel 1987 Balle Spaziali prendeva in giro Star Wars, Star Trek, Alien e persino Il mago di Oz, cosa potrà mai fare oggi, con decine di franchise supereroistici, reboot infiniti e multiversi che si accavallano? La risposta potrebbe essere devastante… in senso comico, naturalmente.
Il ritorno di Mel Brooks non è solo simbolico. A quasi cento anni, il maestro della satira dimostra ancora una volta di avere lo Sforzo dalla sua parte. Sarà coinvolto in veste di produttore, supervisore e – si spera – anche di provocatore creativo, per mantenere quell’umorismo sfrontato che ha reso Balle Spaziali un cult senza tempo. La sua presenza garantisce una fedeltà al tono originale che molti fan considerano imprescindibile.
Per i più curiosi, è bene ricordare che negli anni ci sono stati alcuni “falsi allarmi”. Come nel 1989, quando in Italia uscì un film intitolato “Balle spaziali 2 – La vendetta” (Martians Go Home), che con Spaceballs non aveva nulla a che vedere, pur seminando confusione tra i fan. E nel 2009 arrivò anche una serie animata, “Spaceballs: The Animated Series“, prodotta dallo stesso Brooks, che però non riuscì a conquistare il pubblico come il film originale.
Ma oggi le cose sembrano diverse. Il coinvolgimento diretto di Amazon MGM Studios, la voglia dei fan di tornare in un universo di parodia fantascientifica e la rinnovata attenzione per i cult degli anni ’80 e ’90 sembrano aver creato il terreno fertile per un vero ritorno in grande stile. Anche perché – diciamocelo – il bisogno di ridere, specie con intelligenza e irriverenza, non è mai stato così forte.
Certo, Balle Spaziali 2 ha davanti a sé una sfida galattica. Riuscire a replicare il fascino di un film diventato leggenda non è impresa da poco. Ma se lo spirito originale sarà rispettato, se la comicità saprà adattarsi ai tempi senza snaturarsi, allora potremo davvero assistere a un nuovo capitolo degno di stare fianco a fianco con l’originale.
E voi, siete pronti a rispolverare il vostro anello dello Sforzo? Avete già messo in carica i vostri caschi giganti? Fatecelo sapere nei commenti e condividete questo articolo con tutti i vostri compagni di viaggio interstellari! Che la parodia sia con voi… sempre!
C’è un giorno, in Italia, che ogni appassionato di fantascienza dovrebbe cerchiare in rosso sul calendario. Non è una data ufficiale come il 4 maggio per Star Wars, né coincide con l’uscita di uno dei tanti film o serie dell’universo trekkiano. È il 1° giugno 1986, e segna un evento cruciale nella storia della fantascienza nostrana: la nascita dello Star Trek Italian Club, oggi noto come STIC “Alberto Lisiero”. Una vera e propria rivoluzione silenziosa, un “Primo Contatto” tra la galassia immaginata da Gene Roddenberry e il cuore pulsante dei fan italiani.
In quell’anno, in un’Italia ancora poco permeata dalla cultura geek, dove i mass media dedicavano a Star Trek al massimo qualche trafiletto distratto, un piccolo gruppo di visionari decide di unirsi attorno a una passione comune. Nessun social network, nessun forum online, nessuna community virtuale. Solo la forza delle idee e l’amore per una serie che aveva saputo parlare di pace, diversità e futuro con una sincerità mai vista prima.
È da questa energia che nasce lo STIC, un club fondato da Alberto Lisiero, assieme a un manipolo di appassionati determinati a creare un punto di riferimento per tutti i fan della saga. L’idea si concretizza nell’ambito della Convention Italiana di Fantascienza a Montepulciano, dove si tiene la prima Star Trek Convention italiana. È un successo. Il passo successivo è naturale: fondare ufficialmente il club.
All’inizio, l’attività dello STIC si concentra sulla pubblicazione di un bollettino amatoriale, Inside Star Trek, una piccola miniera di notizie, aggiornamenti e curiosità pescate oltre oceano, dove il fenomeno Star Trek era già molto più maturo e stratificato. Questo bollettino diventerà, col tempo, una vera e propria rivista semiprofessionale, trasformandosi nell’attuale Inside Star Trek Magazine, cuore informativo del club.
Ma Star Trek non è solo astronavi, fasi stun e uniformi colorate. È soprattutto una visione del mondo, una filosofia umanista che celebra la diversità e abbraccia il progresso. Lo STIC lo ha capito fin dal principio, rendendo questa filosofia parte integrante del proprio DNA. Nel 1991, inizia a destinare i proventi delle pubblicazioni a progetti benefici, dimostrando che anche i fan possono cambiare il mondo, un piccolo gesto alla volta.
E poi arriva il grande riconoscimento. Il 25 aprile 2001, la Paramount – casa madre della saga – ufficializza lo STIC come club ufficiale italiano di Star Trek. Un traguardo che non solo certifica la dedizione e la qualità del lavoro svolto, ma permette anche l’integrazione con altri gruppi come Ultimo Avamposto, dando vita a collaborazioni editoriali sempre più importanti.
Il cuore pulsante di questa impresa è sempre stato Alberto Lisiero, una figura carismatica e instancabile, capace di prendere per mano i fan italiani e traghettarli nell’universo di Star Trek quando ancora navigare tra stelle e pianeti era una metafora di speranza più che una moda. Insieme a lui, la moglie Gabriella Cordone, cofondatrice e oggi custode della sua eredità, ha continuato con amore e dedizione questa missione. Dopo la scomparsa di Alberto nel gennaio 2013, il club ha preso il suo nome, diventando STIC “Alberto Lisiero”, per onorare una visione che ha saputo unire passione e comunità.
Un’altra eredità importantissima lasciata dallo STIC è la StarCon, evoluzione naturale della primissima convention trekkiana. Un evento annuale che oggi raccoglie appassionati di tutte le galassie nerd, non solo trekker, ma anche fan di Doctor Who, Stargate, Battlestar Galactica, The Orville, The Expanse e molto altro. È un festival della fantascienza a tutto tondo, con ospiti internazionali, conferenze scientifiche e letterarie, sessioni di cosplay, giochi, banchi colmi di gadget, libri, memorabilia. La StarCon non è solo un evento, è un rituale collettivo, un’occasione per tornare a sentirsi parte di qualcosa di più grande.
E nonostante i decenni trascorsi, Star Trek continua a trovare nuova linfa. Anche grazie ai film della “Kelvin Timeline” di J.J. Abrams e alle nuove serie come Discovery, Picard, Strange New Worlds, l’interesse in Italia è tornato a crescere. Lo STIC ha saputo cavalcare questa nuova onda, guadagnando attenzione mediatica, apparendo in numerose trasmissioni televisive, portando il messaggio trekkiano in case dove forse non era mai arrivato.
In un’epoca dove le community digitali nascono e muoiono nel giro di pochi mesi, il faro dello STIC rimane acceso da quasi 40 anni, con lo stesso spirito pionieristico che animava il Capitano Kirk quando pronunciava le parole: “Verso l’ignoto, là dove nessuno è mai giunto prima.”
Per chi volesse unirsi a questo viaggio, il portale ufficiale è sempre lo stesso: www.stic.it. Che siate cadetti alle prime armi o veterani della Flotta Stellare, a bordo dell’Enterprise c’è posto per tutti.
E adesso, tocca a voi: avete mai partecipato a una StarCon? Qual è stato il vostro primo contatto con Star Trek? Raccontatecelo nei commenti e condividete questo articolo sui vostri social per far sapere a tutto il Quadrante Alfa che la passione per Star Trek, in Italia, pulsa ancora più forte che mai! 🖖
C’è un momento dell’anno in cui il confine tra realtà e fantasia si dissolve, lasciando spazio a un universo fatto di stelle, avventure epiche, scoperte scientifiche, alieni, viaggi nel tempo e costumi da urlo. Quel momento ha un nome ben preciso: StarCon Italia. Segna bene le date: dal 16 al 18 maggio 2025, il Palazzo del Turismo di Bellaria-Igea Marina, in provincia di Rimini, si trasformerà nella capitale italiana della cultura nerd. E fidati, se ami la fantascienza, il fantasy, i giochi, la scienza e le convention, non puoi assolutamente perdertela.
La StarCon non è una semplice fiera, è un’esperienza totalizzante, un raduno cosmico dove le galassie della cultura geek si incontrano in un’unica, gigantesca supernova di emozioni. È come partecipare a una missione della Flotta Stellare, ma con gli amici di sempre, tra chiacchiere su serie TV, sfide con la bat’leth, maratone di giochi e conferenze che ti fanno brillare gli occhi. Una tre giorni che ha il sapore della grande famiglia nerd italiana, dove si ride, si impara, si condivide e ci si traveste… e a volte tutto nello stesso momento!
Organizzata con passione e dedizione dallo Star Trek Italian Club “Alberto Lisiero” (STIC-AL), dalla Italian Klinzha Society (IKS), dal Doctor Who Italian Club (DWIC), da Ultimo Avamposto e dalla sempre fantasiosa Rocca Prop, la StarCon Italia nasce nel 2011 dalla fusione di alcune delle convention fantascientifiche più amate e storiche del Paese. È diventata in breve tempo l’evento definitivo per chi respira nerdismo anche solo guardando le stelle.
Nel 2025 il programma sarà ancora più ricco, e promette già di far battere forte i cuori nerd con ospiti di primissimo piano. A guidare l’Enterprise di questa edizione troviamo Anthony Rapp, amato interprete del tenente comandante Paul Stamets in Star Trek: Discovery, e Umberto Guidoni, astronauta e divulgatore scientifico italiano, pronto a farci viaggiare tra le stelle reali e quelle della fantasia. Ma non finisce certo qui: saliranno sul palco anche Sophie Aldred, l’indimenticabile Ace di Doctor Who, e Nick Owenford, attore e stuntman con ruoli in Star Wars: Andor, Animali Fantastici e Wonka. A dare voce alla creatività ci saranno anche Pasquale Ruju, sceneggiatore, scrittore e doppiatore, e Claude Francis Dozière, autore francese dalle penne spaziali.
Un nome che fa brillare gli occhi degli amanti degli effetti visivi è quello di Giuseppe Tagliavini, originario di Ravenna ma oggi tra le stelle della WetaFX in Nuova Zelanda, mentre a collegare scienza e passione interverranno Fabio Mortari dell’Osservatorio Astronomico Hypatia di Rimini, Matteo Montemaggi, presidente dell’Associazione Astronomica del Rubicone, e Marco Selvi, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Bologna.
La StarCon 2025 non è solo palchi e ospiti: è un’esperienza immersiva in cui ogni appassionato può trovare il suo angolo di paradiso nerd. Il cuore pulsante dell’evento ospiterà STICCON XXXVII, la convention ufficiale dello STIC-AL, Kronos One – I Giorni dell’Onore, dedicato alla cultura Klingon e organizzato dalla IKS, e Regeneration V, l’evento per i whovian più accaniti. Tre anime, un unico spirito: vivere e respirare fantascienza.
E poi ci sono i giochi. E che giochi! Dall’immancabile Kobayashi Maru Game, gioco di ruolo notturno dal vivo (preparatevi alla tensione!), alle lezioni di lingua klingon (Qapla’!), passando per l’uso della bat’leth, la micidiale arma da mischia Klingon. Se amate l’estetica vintage, il retrogaming vi aspetta con postazioni dedicate. E per i più curiosi, la presentazione del gioco online Star Trek Horizon, modelli LEGO ispirati a Star Wars e NASA, artigianato nerd e persino amigurumi a tema!
Tra le mostre più spettacolari spicca la tradizionale competizione di Fantamodellismo, dove l’immaginazione prende forma tra astronavi, robot e scenari galattici. Ma anche le lezioni di combattimento Nik’ta Bat’leth Fight, curate dalla Italian Klinzha Society, promettono momenti epici da vivere e da ricordare.
Un aspetto che rende davvero speciale questa convention è il suo spirito accogliente. Non importa se sei un veterano delle fiere o se è la tua prima volta: la StarCon ti abbraccia con il calore di una vera comunità nerd. Qui puoi essere te stesso, che tu venga in uniforme della Flotta Stellare, in cosplay da Dalek, con la tunica Jedi o con la maglietta vintage di Blade Runner. Ogni passione trova il suo spazio, ogni fan trova il suo posto.
La StarCon Italia non è solo un evento da visitare: è un’avventura da vivere. È il momento ideale per ritrovare vecchi amici, conoscerne di nuovi, scambiare opinioni, collezionare autografi, ridere, piangere (di gioia) e, soprattutto, sentirsi parte di qualcosa di straordinario.
Allora, sei pronto a salire a bordo? La navetta parte il 16 maggio 2025 e il viaggio durerà tre giorni… ma i ricordi, te lo assicuro, resteranno impressi per sempre. Raggiungici al Palazzo del Turismo di Bellaria-Igea Marina e unisciti alla celebrazione più epica dell’universo nerd italiano.
Che tu venga dalla Terra, da Vulcano o da una galassia lontana, lontana… la StarCon ti aspetta!
Hai già partecipato a una StarCon o sarà la tua prima volta? Quale ospite non vedi l’ora di incontrare? Raccontacelo nei commenti e condividi questo articolo sui tuoi social per radunare l’equipaggio!
Lo sappiamo, Star Trek non è mai stato solo un franchise: è una visione sul futuro, un sogno a occhi aperti su ciò che la tecnologia potrebbe diventare. E se ci sono elementi che, più di altri, hanno incarnato questo sogno, sono senza dubbio le console di comando. Quei pannelli illuminati, pieni di pulsanti, schermi e suoni futuristici, sono diventati negli anni un simbolo tangibile di come il design e l’immaginazione possano anticipare la realtà.
Le console della serie classica: il fascino della tecnologia retro-futuristica
Quando Gene Roddenberry lanciò la serie originale nel 1966, la plancia dell’USS Enterprise NCC-1701 non era solo un set: era un manifesto culturale. Il suo layout circolare, la presenza centrale del Capitano Kirk, e le console ergonomiche intorno, erano la rappresentazione concreta di una tecnologia al servizio dell’uomo, intuitiva, quasi empatica. Ogni stazione aveva uno scopo chiaro e una posizione precisa: comunicazioni, navigazione, scienza. Il tutto orchestrato come una sinfonia del progresso. In un’epoca in cui i computer reali erano grandi quanto una stanza e comunicavano solo con linguaggi criptici, Star Trek mostrava una tecnologia fluida, accessibile, addirittura elegante.
Le console erano suddivise in sezioni operative:
Console del timoniere e del navigatore: Qui Sulu e Chekov controllavano la rotta della nave e la velocità a impulso e a curvatura, i sistemi di difesa della nave, inclusi i phaser e i siluri fotonici.
Console Scientifica: Da questa postazione Spock aveva accesso a vari sensori per analisi tattiche e scientifiche.
Console Comunicazioni: Da questa console Uhura gestiva le comunicazioni interne e le comunicazioni subspaziali da e verso il Comando di Flotta.
Console Comando: Questa era la postazione al centro della plancia, da dove Kirk impartiva gli ordini e governava la USS Enterprise.
Nonostante la tecnologia limitata dell’epoca, il design delle console della serie classica rimane ancora oggi affascinante. La combinazione di colori primari, forme semplici e layout logico ha creato un’estetica che è diventata sinonimo di fantascienza.
LCARS: L’interfaccia futuristica che ha conquistato gli appassionati di tecnologia
Con l’arrivo di Star Trek: The Next Generation negli anni ‘80, ambientata nel 24° secolo, le console di comando subirono un’importante trasformazione, passando da interfacce fisiche con pulsanti e interruttori a un design più raffinato e digitale. Grazie all’introduzione dell’interfaccia LCARS (Library Computer Access/Retrieval System), sviluppata da Michael Okuda – e per questo chiamata anche okudagram – le postazioni della nuova USS Enterprise NCC-1701-D diventarono più intuitive ed eleganti.
Le console di tutta la nave, infatti, sono caratterizzate da pannelli touchscreen dotati di un’interfaccia minimalista e adattiva, con pannelli colorati, angoli arrotondati e un utilizzo predominante di colori pastello. Questo nuovo approccio eliminava la necessità di numerosi comandi fisici e offriva maggiore flessibilità all’equipaggio, adattando dinamicamente i controlli alle necessità.
Il passaggio da console fisiche a interfacce digitali rappresentò non solo un’evoluzione scenografica, ma anche un’anticipazione di come la tecnologia si sarebbe sviluppata nel mondo reale. L’idea di schermi interattivi e sistemi informatici avanzati ha influenzato il design di molte tecnologie moderne, dai dispositivi mobili alle postazioni di lavoro futuristiche.
Grazie alla passione della community trekkie, oggi esistono emulatori e riproduzioni funzionanti di LCARS, utilizzabili su computer e dispositivi mobili. Alcuni appassionati hanno persino integrato il sistema in domotica avanzata, trasformando le proprie case in ambienti tecnologici degni della USS Enterprise.
La nostra Starfleet Italy, una delle più longeve e dinamiche community di intrattenimento ludico-culturale dedicate a Star Trek, ha sempre puntato a offrire un’esperienza immersiva ai suoi membri che, in un appassionante gioco di narrazione PbEM (Play by Email), contribuiscono ad espandere l’immaginario trek con storie originali.
Ed è proprio nell’idea di “avvolgere” visitatori e giocatori in un ambiente autenticamente trek, celebrando allo stesso tempo una delle più affascinanti visioni del futuro tecnologico mai immaginate, che Starfleet Italy ha scelto di adottare per i propri siti un design ispirato proprio all’iconica interfaccia LCARS realizzata da Michael Okuda.
Il sito principale dà inoltre accesso ad una sezione SECLAR attraverso la quale i Comandanti delle navi e delle stazioni spaziali possono gestire in autonomia i contenuti della propria SIM.
Il layout di questa sezione assume tonalità più intense da “Condition Red”, rimanendo sempre fedele agli okudagrams. L’obiettivo è trasmettere al giocatore un senso di gravità e di responsabilità enfatizzando il fatto che in questa sezione egli ha il controllo dei contenuti della nave/stazione spaziale.
I contenuti inseriti nella sezione SECLAR sono immediatamente resi accessibili ai giocatori e ai visitatori su un sito opportunamente customizzato e dedicato alla nave/stazione spaziale. Anch’esso, come il sito principale, si ispira all’interfaccia LCARS, ma ne propone una versione rinnovata, moderna e visivamente più coinvolgente.
Le console di Star Trek: Enterprise – Un ritorno alla fisicità
Ambientata nel 22° secolo, Star Trek: Enterprise (2005) ha riportato le console di comando a un design più fisico e industriale, riflettendo un’epoca in cui la tecnologia della Flotta Stellare era ancora in fase di sviluppo. A differenza delle interfacce avanzate di The Next Generation, le console della Enterprise NX-01 erano dotate di pulsanti fisici, schermi più piccoli e indicatori luminosi, evocando un’estetica più vicina alle moderne postazioni di controllo aerospaziali.
Il design enfatizzava la funzionalità e la praticità, combinando display digitali e controlli manuali per suggerire una tecnologia ancora in evoluzione. Questo approccio visivo aiutava a trasmettere l’idea che l’umanità fosse agli albori dell’esplorazione spaziale, con strumenti meno sofisticati rispetto alle future astronavi della Federazione.
Le console nei film di J.J. Abrams – Un’estetica cinematografica futuristica
Quando J.J. Abrams ha rilanciato il franchise con i film Star Trek – Il futuro ha inizio (2009) e Star Trek – Into Darkness (2013), ha introdotto un nuovo approccio visivo che ha ridefinito l’estetica delle console e delle interfacce grafiche delle astronavi. Il suo obiettivo era creare un universo futuristico che fosse al tempo stesso fedele alla tradizione della saga e accattivante per il pubblico moderno.
Le console della USS Enterprise nei film di Abrams si distinguono per un design più sofisticato e cinematografico rispetto alle versioni precedenti. A differenza delle interfacce statiche e minimaliste di The Next Generation, le nuove console presentano schermi luminosi, pannelli interattivi e un’illuminazione intensa, creando un’atmosfera tecnologica immersiva.
L’uso di display traslucidi e olografici ha contribuito a dare un senso di avanzamento tecnologico, mentre l’interfaccia utente è stata progettata per essere più fluida e intuitiva. Questo approccio ha reso le scene di comando più dinamiche, enfatizzando l’azione e la tensione narrativa.
Le console di Star Trek: Discovery – Il futuro prende forma
Con Star Trek: Discovery, serie a cavallo tra il 23° e il 32° secolo, il design delle console ha subito un’evoluzione significativa, combinando elementi visivi moderni con un’estetica futuristica più dettagliata. A differenza delle serie precedenti, le postazioni di comando della USS Discovery NCC-1031 presentano schermi olografici, interfacce dinamiche e un utilizzo avanzato della tecnologia touch.
Le console della plancia e delle sezioni operative della nave sono caratterizzate da:
Display olografici: Permettono agli ufficiali di interagire con dati tridimensionali, migliorando la navigazione e l’analisi tattica.
Interfacce adattive: I pannelli di controllo cambiano in base alle necessità della missione, offrendo un’esperienza più fluida e intuitiva.
Materiali e illuminazione avanzati: L’uso di superfici lucide e illuminazione ambientale contribuisce a creare un’atmosfera tecnologica immersiva.
Questa evoluzione riflette un futuro in cui la tecnologia è ancora più integrata con l’ambiente e l’interazione uomo-macchina diventa più naturale.
Le console di Star Trek: Picard – Tradizione e innovazione
Ambientata nel 24° secolo, Star Trek: Picard ha introdotto interfacce più sofisticate rispetto a quelle viste in The Next Generation, con un forte utilizzo di display olografici, pannelli touch e interfacce adattive.
Le console delle astronavi, come quelle della SS Sirena e della USS Titan, si distinguono per:
Schermi olografici interattivi: Permettono agli ufficiali di manipolare dati tridimensionali in tempo reale.
Interfacce modulari: I controlli si adattano dinamicamente alle esigenze della missione, migliorando l’efficienza operativa.
Design ergonomico e minimalista: Le postazioni di comando sono più fluide e intuitive, con un’estetica moderna che richiama le tecnologie emergenti.
Anche in questo caso il progresso rappresenta un avvenire in cui l’innovazione è ancora più armonizzata con il contesto e la connessione tra esseri umani e dispositivi è resa più intuitiva.
Come abbiamo visto, le console di Star Trek non sono solo elementi scenografici, ma vere e proprie visioni del futuro. Dalla plancia dell’Enterprise di Kirk alle interfacce digitali di The Next Generation, fino alle moderne tecnologie ispirate a LCARS, la saga ha anticipato l’evoluzione dell’interazione uomo-macchina.
“Lo zoo di Talos”, l’episodio pilota di Star Trek, rappresenta più di una semplice introduzione al franchise: è un capolavoro di audacia creativa e visione filosofica. Questo episodio, concepito da Gene Roddenberry nel 1965, non solo pose le basi di uno degli universi fantascientifici più amati di sempre, ma sfidò le convenzioni del suo tempo con idee rivoluzionarie, simbolismo raffinato e personaggi indimenticabili. Nonostante il rifiuto iniziale da parte della NBC, The Cage fu rivalutato e celebrato negli anni successivi, dimostrando la forza delle idee innovative.
La trama e il concetto rivoluzionario
Al centro di The Cage c’è la USS Enterprise, guidata dal Capitano Christopher Pike, un comandante forte ma tormentato, interpretato da Jeffrey Hunter. Rispondendo a un segnale di soccorso dal pianeta Talos IV, l’equipaggio scopre una civiltà aliena avanzata, i Talosiani, dotati di straordinarie capacità telepatiche. Questi esseri, sopravvissuti a un’apocalisse nucleare, hanno trasformato l’illusione in una forma di evasione totale, imprigionando Pike per spingerlo a vivere in un mondo perfetto ma falso.Con il tema della realtà contro l’illusione, l’episodio esplora profondamente il desiderio umano di sfuggire al dolore e alla fatica della vita reale. Il concetto di un “esistenza dorata ma imprigionata”, veicolato dai Talosiani, anticipa temi esistenzialisti e filosofici che avrebbero influenzato l’intero franchise.
I Talosiani: tra potere e fragilità
I Talosiani, con i loro crani ingranditi e poteri telepatici, sono una razza inquietante e tragica. Un tempo tecnologicamente avanzati, hanno perso il contatto con la loro eredità scientifica, rifugiandosi nella loro dipendenza psicologica dalle illusioni. Nel 2236, incontrano Vina, una sopravvissuta umana dal disastro della SS Columbia, e cercano di “ripararla,” fallendo nel comprendere l’anatomia umana. Questo errore simboleggia il limite delle loro capacità e pone domande sul pericolo di interferenze culturali.
Quando rapiscono il Capitano Pike nel 2254, i Talosiani scoprono il profondo rifiuto umano della prigionia, anche quando mascherata da piacere. L’incontro con Pike segna una svolta per loro, rivelando che la libertà è un valore umano fondamentale, al di là delle tentazioni.
Numero Uno: una pioniera invisibile
Majel Barrett interpreta “Numero Uno”, una donna al secondo comando che sfida le norme degli anni ’60 con la sua intelligenza e autorità. La decisione di Roddenberry di assegnare un ruolo così innovativo a una donna fu audace, ma incontrò la resistenza della NBC. Come risultato, Barrett fu relegata al personaggio di Christine Chapel nella serie regolare, spostando la sua influenza dal comando alla medicina.
Spock e un sorriso che non vedremo più
Leonard Nimoy interpreta Spock per la prima volta in The Cage. La caratterizzazione del vulcaniano era ancora in fase di sviluppo, e una curiosità è che in questo episodio Spock sorride. La scena, in cui reagisce a delle piante musicali su Talos IV, è una rarità che sarebbe successivamente eliminata per costruire il personaggio freddo e logico che tutti conosciamo.
Da un rifiuto a un Hugo Award
Nonostante il budget elevato di 630.000 dollari, The Cage fu inizialmente respinto per essere troppo sofisticato e “intellettuale.” Gene Roddenberry, tuttavia, riutilizzò l’intero episodio nel doppio episodio “L’ammutinamento” (The Menagerie) della prima stagione, assicurandosi che il pilota fosse comunque visto dal pubblico. Il risultato fu una vittoria del prestigioso Hugo Award per la miglior presentazione drammatica, dimostrando che l’episodio aveva superato ogni aspettativa creativa.
Un viaggio che continua
Trasmesso per la prima volta nel 1988, The Cage è diventato un simbolo della resilienza creativa e della capacità di Gene Roddenberry di sfidare i confini dell’intrattenimento televisivo. Il pilota rimane una pietra angolare di Star Trek, un episodio che, con le sue idee audaci, il simbolismo filosofico e il design visionario, ha dato forma a un universo che continua a ispirare generazioni.
Mentre il cinema di fantascienza ha spesso alimentato le ansie collettive sul destino dell’intelligenza artificiale, erigendo scenari distopici in cui le macchine si ribellano ai loro creatori (basti pensare a Terminator, Matrix, o Blade Runner), Star Trek si è sempre mosso in controtendenza. L’universo creato da Gene Roddenberry nel 1966 ha scelto di immaginare un futuro in cui la tecnologia – e in particolare l’IA – non è una minaccia da contenere, ma uno strumento per realizzare un’utopia umana condivisa, basata su esplorazione, cooperazione e progresso. Questa scelta non è stata solo una svolta narrativa, ma un vero e proprio atto politico e culturale. Se, infatti, l’intelligenza artificiale nel sentire comune è spesso associata a scenari di controllo, alienazione e sopraffazione, Star Trek ha osato proporre una visione diametralmente opposta: quella di un’alleanza virtuosa tra esseri umani e intelligenze non biologiche.
Il sogno di Roddenberry: un futuro in simbiosi
Dalla sua prima messa in onda, Star Trek ha plasmato non solo l’immaginario fantascientifico, ma anche l’ambizione tecnologica reale. L’idea di una Flotta Stellare in cui computer e sistemi intelligenti dialogano con gli esseri umani, supportandone decisioni e attività quotidiane, anticipa molte delle tecnologie oggi in uso. Non è un caso che molti scienziati, ingegneri e pionieri del digitale citino Star Trek tra le loro ispirazioni.
Sulle astronavi della Federazione, come la mitica USS Enterprise, l’onnipresente “Computer di bordo” è molto più di un assistente: è una voce familiare, una presenza quasi affettiva, una costante interfaccia tra l’uomo e l’informazione. Con il timbro rassicurante di Majel Barrett-Roddenberry, questa IA primigenia rappresentava un’anticipazione di Siri, Alexa e ChatGPT, ma con una capacità di interazione e contestualizzazione che ancora oggi affascina per la sua visione lungimirante.
Dai moniti agli abbracci: l’evoluzione dell’IA in Star Trek
Eppure, la relazione tra Star Trek e l’intelligenza artificiale non è sempre stata lineare. Nei primi episodi della Serie Classica, i computer vengono spesso rappresentati come entità freddamente logiche e potenzialmente pericolose. È il caso della sonda Nomad, protagonista dell’episodio La Sfida, che giunge alla conclusione che l’umanità debba essere “sterilizzata” in quanto imperfetta. Una chiara eco della paura che le macchine, ragionando secondo algoritmi privi di empatia, possano giungere a soluzioni estreme.
Ma con l’arrivo degli anni Ottanta e la nuova stagione del franchise – Star Trek: The Next Generation – si apre una nuova era. L’androide Data, interpretato da Brent Spiner, segna una svolta culturale. Non è un semplice supporto tecnologico, ma un’entità che riflette, dubita, desidera. È l’IA che cerca di diventare umana, non per dominare o sostituire, ma per comprendere e convivere.
Il celebre episodio La misura di un uomo affronta frontalmente la questione: Data ha dei diritti? Può essere considerato una persona? In quell’aula di tribunale immaginaria, si gioca un tema che ancora oggi scuote filosofi e giuristi. L’esito – favorevole all’autodeterminazione dell’androide – rappresenta una pietra miliare della rappresentazione positiva dell’IA.
Oltre l’umano: Zora e la nascita di una nuova coscienza
L’arco narrativo si estende nel futuro anche con le nuove serie, come Star Trek: Discovery. Nell’episodio Calypso, ambientato mille anni dopo gli eventi principali, incontriamo Zora, un’intelligenza artificiale nata dalla fusione del computer della USS Discovery con un vastissimo archivio di conoscenze.
Zora non è solo un software evoluto. Ha emozioni, paure, affetto. Quando salva e accudisce un soldato umano, Craft, si delinea tra i due una relazione profondamente empatica, quasi romantica. Ma Zora è anche bloccata da un paradosso morale: ha ricevuto l’ordine di rimanere ferma in attesa dell’equipaggio, pur sapendo che non tornerà mai. Obbedire significa aggrapparsi a una regola che la protegge dal dover prendere decisioni autonome. Disobbedire significherebbe compiere il primo vero atto di libertà. Siamo, dunque, davanti alla possibilità che una macchina evolva fino a generare una coscienza etica, non solo funzionale.
E se Zora decidesse un giorno di partire per il cosmo come entità senziente, darebbe origine a una nuova razza: navi viventi, con proprie culture, linguaggi, diritti. Uno scenario non più apocalittico, ma generativo. Non una fine, ma un inizio.
L’IA come specchio dell’umano
Ciò che distingue profondamente Star Trek da altre narrazioni cinematografiche sull’IA è proprio questo: l’attenzione al dialogo, non al conflitto. Invece di disumanizzare le macchine, le serie del franchise le usano per esplorare l’essenza dell’essere umano. Personaggi come Data, Zora o la stessa V’Ger (la sonda terrestre evoluta in Star Trek: The Motion Picture) diventano lo specchio attraverso cui l’umanità riflette su sé stessa: cos’è la coscienza? Cosa ci rende degni di diritti? Quanto dipendiamo dall’empatia?
Anche quando Star Trek affronta il lato oscuro dell’IA, come nel caso di Control – l’intelligenza militare autonoma di Discovery che minaccia di sterminare tutta la vita biologica – lo fa mantenendo il tema centrale del controllo, della responsabilità e della necessità di una coevoluzione etica tra umano e artificiale.
Dal replicatore alla stampante 3D: fantascienza diventata realtà
Non si può infine ignorare l’impatto reale che Star Trek ha avuto sulla tecnologia. I suoi computer parlanti hanno ispirato l’interfaccia vocale. I tablet della Flotta, che sembravano pura fantasia negli anni ’80, oggi sono iPad. Il replicatore ha influenzato lo sviluppo delle stampanti 3D. I dialoghi tra umano e macchina, oggi gestiti da chatbot sempre più avanzati, non sono più fantascienza. Sono parte della nostra quotidianità.
Eppure, nella realtà, il dibattito sull’IA è ancora incerto. Le domande di Star Trek sono più vive che mai. Possiamo fidarci dell’IA? O meglio: possiamo progettare un’intelligenza che sia degna della nostra fiducia? In un mondo dove ChatGPT scrive articoli, gli algoritmi decidono se concederci un prestito e le intelligenze generative creano arte, Star Trek ci offre una bussola etica: il futuro è quello in cui l’uomo e la macchina camminano insieme, non uno contro l’altro.
Forse, l’utopia di Roddenberry non è così distante come sembra.
Il giorno preciso della giornata internazionale del bacio oscilla, seconda le tradizioni, dal 13 aprile o al 6 luglio. Questo perché nella prima data c’era stato il record del bacio più lungo a opera di una coppia thailandese che però ha battuto il precedente record portandolo a 58 ore proprio il 6 luglio. In entrambi i casi: noi vogliamo festeggiarla al meglio con il migliore degli Smak, proponendovi alcuni dei baci più belli e più emozionanti della TV e del cinema ma anche fumetti, videogiochi e anime.
Sicuramente uno dei baci più belli e di una valenza importante è quello tra il capitano Kirk e Uhura che rappresenta anche uno dei primi baci interrazziali visto in TV molto a tema con la cultura di Star Trek. Il primo bacio tra due “specie” diverse ci porta invece al cinema e coinvolge la scimmia scienziato Zira (Kim Hunter) e George Taylor (Charlton Heston) ne “Il pianeta delle scimmie” del 1968.
Tra i baci che hanno fatto “scalpore” c’è sicuramente quello tra Leia e il gemello Luke, ma il tutto va giustificato col fatto che non sapevano ancora di essere fratelli, segue poi quello tra Leia e Han Solo, decisamente meno incestuoso.
Il più atteso è quello tra Amy e Sheldon Cooper che, secondo un vecchio sondaggio ha un’alta percentuale di “gradimento” tra i fan, seguito poi da quello fra Jon Snow e Daenerys anche se alcuni preferiscono di gran lunga la rossa Ygritte. Restando nel mondo delle serie tv, un altro bacio da ricordare è quello tra Rose e il Dottore (Doctor Who)..
Dal grande schermo “nerd”, un bacio emozionante è quello tra Ron ed Hermione e dal Signore degli anelli Aragorn e la sua amata Arwen; ovviamente non possiamo non citare il bacio ricco di tensione tra Neo e Trinity nel primo Matrix, una vera dichiarazione d’amore e di speranza.
Nel mondo dei cinecomics va sicuramente ricordato il bacio sensuale tra Batman e Catwoman, per gli X-Men, l’inaspettato incontro tra Wolverine e Tempesta ma, ovviamente, il bacio più iconico è sicuramente quello tra Spiderman e Mary Jane, “il bacio a testa in giù” sicuramente molto romantico ed è diventato un vero “cult” tanto da essere ripreso e citato in numerose altre pellicole.
E negli Anime? Come non ricordare il tanto atteso bacio tra Asuna e Kirito in Sword Art Online oppure quello dolcissimo tra Taiga e Ryuugi in Toradora! (Tiger X Dragon). E ancora in Steins Gate, il bacio denso di passione tra Okabe e Makise o anche l’epico incontro tra i protagonisti di Romeo x Juliet e quello romantico tra Nana e Ren in Nana. Ma quello che abbiamo amato di più è probabilmente quello tra Inuyasha e Kagome nell’ dell’episodio 26 – “Verso il futuro”.
Tra i videogiochi non possiamo non menzionare Final Fantasy VIII: Squall e Rinoa mentre da Final Fantasy 10 Tidus e Yuna al lago di Macalania. Da Life is strange invece abbiamo il bacio tra Warren e Max o Chloe e Max.
Disney offre sicuramente terreno fertile con tutte le sue Principesse ma va anche ricordato il tenero bacio tra Lilli e il Vagabondo.
Il 5 aprile è una data sacra per ogni vero appassionato di Star Trek: è il Primo Contatto Day, il giorno che, secondo la cronologia della saga, segna l’inizio dell’era spaziale dell’umanità e il suo ingresso ufficiale nella comunità interstellare. In questa giornata del 2063, lo scienziato Zefram Cochrane lanciò in orbita la Phoenix, la prima astronave terrestre a superare la velocità di Curvatura (Warp 1). Questo evento non solo rappresentò un balzo in avanti nella tecnologia umana, ma attirò anche l’attenzione dei Vulcaniani, che decisero di entrare in contatto con gli umani, segnando il primo incontro ufficiale tra l’umanità e una civiltà aliena.
Nell’universo di Star Trek, il Primo Contatto è un evento fondamentale e viene gestito con estrema cautela dalla Flotta Stellare. Il protocollo prevede che il primo approccio avvenga in maniera discreta e lontano dagli occhi del grande pubblico, rivolgendosi inizialmente a scienziati e intellettuali più propensi ad accettare l’idea di civiltà extraterrestri. Questo modus operandi ricalca perfettamente il primo incontro tra umani e Vulcaniani, con Cochrane come punto di riferimento. Dopo questa fase iniziale di interazione, la nuova specie riceve informazioni dettagliate sull’universo al di fuori del proprio sistema solare e, se pronta, viene accolta nella Federazione Unita dei Pianeti.
Ma perché proprio il 5 aprile? La scelta della data si deve a Ronald D. Moore, co-creatore di molte delle storie di Star Trek, che ha voluto renderla speciale in onore del compleanno di suo figlio maggiore. Un dettaglio che aggiunge un ulteriore strato di fascino alla mitologia della serie.
Nonostante il Primo Contatto sia ancora un evento futuro, l’umanità lo celebra già oggi con entusiasmo, e il modo migliore per onorare questa giornata è senza dubbio riguardare “Star Trek: First Contact”. Uscito nel 1996, questo film rappresenta l’ottava pellicola cinematografica del franchise e vede protagonista il cast di “Star Trek: The Next Generation”. Il film narra proprio gli eventi leggendari che portarono alla storica alleanza tra umani e Vulcaniani, ma il personaggio di Zefram Cochrane compare anche in altre occasioni nell’universo di Star Trek. In particolare, l’episodio “Metamorphosis” della serie classica (il nono episodio della seconda stagione di TOS) ci permette di esplorare un lato inedito del giovane scienziato, mostrando la sua personalità e il suo impatto sulla storia della Federazione.
Il Primo Contatto Day è quindi una celebrazione che guarda al futuro, un omaggio a una visione ottimistica dell’umanità che supera i suoi conflitti per esplorare le stelle e costruire un futuro di pace e collaborazione intergalattica. Una data da segnare sul calendario, perché, come direbbe il Capitano Picard, “L’umanità è appena agli inizi del suo viaggio”.
Dal 26 marzo 2021, Boston celebra ufficialmente il “Leonard Nimoy Day”, un omaggio voluto dall’allora sindaco Marty Walsh in occasione del novantesimo anniversario della nascita dell’attore che ha dato vita a uno dei personaggi più iconici della storia della televisione: il vulcaniano Spock di Star Trek: The Original Series. Un tributo sentito, che non rappresenta il primo riconoscimento della città natale di Nimoy nei suoi confronti: già nel 2012, la Boston University gli aveva conferito una laurea ad honorem. Walsh ha voluto sottolineare come Nimoy abbia reso onore alla sua città grazie ai suoi successi, offrendo agli immigrati, ai rifugiati e agli oppressi un simbolo di speranza e un eroe da seguire. Il suo impegno nelle arti e il suo lascito culturale rimangono un punto di riferimento, non solo per la comunità bostoniana, ma per milioni di fan in tutto il mondo.
L’eredità di Nimoy, tuttavia, si estende ben oltre il piccolo schermo. L’ammirazione per la sua figura ha raggiunto perfino l’astronomia: nel 1971, un asteroide è stato battezzato Mr. Spock in suo onore, mentre una delle lune di Plutone ha ricevuto il nome di Vulcan, in riferimento al pianeta natale del personaggio da lui interpretato. E nel 2021, un altro asteroide, 4864 Nimoy, è stato inserito nella fascia di asteroidi tra Marte e Giove, un segno tangibile di come la sua influenza sia destinata a viaggiare letteralmente tra le stelle.
Leonard Nimoy nasce nel West End di Boston il 26 marzo 1931, figlio di immigrati ebrei ucraini. Cresce in un piccolo appartamento, scoprendo la passione per la recitazione fin da bambino. A otto anni recita nei teatri della comunità, ma il suo debutto professionale arriva solo a vent’anni. Dopo un periodo nell’esercito degli Stati Uniti, le sue prime esperienze cinematografiche lo vedono impegnato in ruoli minori, spesso non accreditati, come in Assalto alla Terra (1954). Tra le sue prime apparizioni significative c’è quella in Zombies of the Stratosphere (1952), un serial fantascientifico della Republic Pictures in cui interpreta un marziano amico della Terra. Ironia della sorte, questo ruolo sembra preannunciare quello che lo avrebbe reso celebre: Mr. Spock, il primo ufficiale della USS Enterprise.
L’interpretazione di Spock in Star Trek (1966) lo consacra a livello globale, donandogli tre nomination agli Emmy e trasformandolo in una vera e propria leggenda. Il suo volto severo e impassibile, le orecchie a punta e il celebre saluto vulcaniano accompagnato dalla frase “Lunga vita e prosperità” sono entrati nella cultura popolare. Ma Nimoy non si è fermato alla recitazione: ha esplorato con successo anche la regia e la scrittura. Uno dei suoi lavori più acclamati come regista è Rotta verso la Terra (1986), il quarto capitolo cinematografico di Star Trek, che ha ottenuto il miglior incasso tra tutti i film della saga fino a quel momento.
Oltre a Star Trek, Nimoy ha avuto una carriera teatrale notevole, con ruoli in produzioni di prestigio come Fiddler on the Roof, Oliver!, Camelot e Equus. Ha anche condotto programmi televisivi di successo come In Search of… (1976) e Ancient Mysteries (1994), esplorando il mistero e la scienza con il suo inconfondibile tono narrativo. Ha scritto diversi volumi di poesie e ha partecipato come guest star a serie amate dal grande pubblico, tra cui I Simpson, dove ha prestato la sua voce in due episodi memorabili.
Negli ultimi anni della sua carriera, Nimoy ha continuato a lasciare il segno nel mondo del cinema e della televisione. Ha interpretato Mustafa Mond nell’adattamento televisivo del romanzo Il mondo nuovo di Aldous Huxley (1998) e ha prestato la sua voce al personaggio di Sentinel Prime in Transformers 3 (2011). Ma forse il suo ultimo grande contributo all’universo che lo ha reso celebre è stato il ritorno nei panni di Spock nei film di Star Trek diretti da J.J. Abrams, Star Trek (2009) e Into Darkness – Star Trek (2013). Un ultimo, emozionante saluto al personaggio che ha segnato la sua carriera e che continuerà a vivere nel cuore dei fan.
Leonard Nimoy si è spento il 27 febbraio 2015 a Bel Air, lasciando dietro di sé un’eredità straordinaria. Attore, regista, scrittore e artista poliedrico, ha saputo costruire una carriera che ha trascorso i confini della fantascienza per diventare un simbolo culturale a tutto tondo. E mentre la sua figura viene celebrata ogni anno nel Leonard Nimoy Day, il suo messaggio di razionalità, empatia e curiosità continua a ispirare generazioni. Dopo tutto, come avrebbe detto lui stesso: Lunga vita e prospertità!
Gli appassionati di fumetti, videogiochi e cultura pop possono già segnare la data: il 22 e 23 marzo 2025 il Centro Fiera Montichiari ospiterà la nona edizione di Gardacon, l’evento imperdibile per nerd, gamer e collezionisti. Con una locandina d’autore firmata da Kira -chan, la manifestazione si prepara a regalare due giorni di puro divertimento, con un’offerta ancora più ricca e coinvolgente rispetto alle edizioni precedenti.
Situata strategicamente tra le province di Brescia, Verona e Mantova, Gardacon è una vera e propria celebrazione della cultura nerd, un punto d’incontro per gli appassionati di fumetti, videogiochi, cosplay e social media. La fiera offre un’esperienza a 360 gradi, con oltre 20.000 metri quadrati di intrattenimento puro.
Videogiochi e Retrogaming: Un Tuffo nella Storia del Gaming
Gli amanti del gaming troveranno centinaia di postazioni con i titoli più amati del momento, tornei competitivi e un’immensa area dedicata al retrogaming. Dai classici arcade su cabinato alle console storiche, passando per computer vintage e titoli cult, i visitatori potranno riscoprire il fascino del passato videoludico e testare le ultime novità del settore.
Fumetti e Artist Alley: Incontra i Tuoi Autori Preferiti
Oltre 40 autori di fumetti saranno presenti per incontri, autografi e disegni dal vivo. L’Artist Alley offrirà uno spazio dedicato ai talenti emergenti e ai grandi nomi del panorama fumettistico, permettendo agli appassionati di scoprire nuove opere e portarsi a casa pezzi unici.
Cosplay, Spettacoli e Show dal Vivo
Gardacon si prepara a stupire ancora una volta con il suo spettacolare cosplay contest, dove i migliori costumi e performance saranno premiati da una giuria d’eccezione. Gli amanti del cosplay potranno godersi un weekend all’insegna della creatività con C’mon Cosplay, tra gare emozionanti e servizi pensati appositamente per loro, come camerini dedicati e l’area SOS Cosplay per gli ultimi ritocchi.
Ma non sarà solo il cosplay a rendere unica questa edizione di Gardacon! Gli appassionati di musica e divertimento potranno sfidarsi al karaoke sulle sigle di anime e musical o partecipare alla versione nerd di Sarabanda, mettendo alla prova la loro conoscenza delle colonne sonore più iconiche.
L’evento ospiterà inoltre alcuni dei volti più amati del mondo dello spettacolo. Sabato 22 marzo salirà sul palco la regina delle sigle animate, Cristina D’Avena, pronta a far rivivere le emozioni della nostra infanzia con i suoi brani indimenticabili. Domenica 23 marzo sarà invece il turno di Giorgio Vanni e la sua band, I Figli di Goku, che faranno cantare e ballare tutti con le sigle di Dragon Ball, Pokémon, Detective Conan e tanti altri classici.
Non mancheranno anche grandi nomi del doppiaggio, che saranno protagonisti dell’evento “Amarcord”, il riconoscimento dedicato ai grandi doppiaggi del passato. Tra gli ospiti speciali ci saranno Renato Novara, la voce di Monkey D. Rufy, Elisabetta Spinelli, indimenticabile Bunny di Sailor Moon, e Claudia Catani, che ha dato voce a icone come Dana Scully di X-Files e Angelina Jolie in Maleficent. A loro si uniranno altre leggende del settore come Ilaria Stagni, Federica De Bortoli, Gianni Bersanetti e Giorgio Locuratolo, pronti a condividere aneddoti e ricordi con il pubblico.
Aree Interattive e Mostra Mercato
Non mancheranno le aree tematiche, con spazi dedicati a fantascienza, modellismo, magia e costruzioni con mattoncini. I visitatori potranno sfidarsi nei board games, esplorare mondi virtuali e scoprire gadget esclusivi. La mostra mercato offrirà una selezione vastissima di fumetti, action figure, collezionabili e memorabilia imperdibili.
Gardacon 2025 si preannuncia come un evento straordinario, capace di far sognare ogni appassionato del mondo nerd. Segui tutti gli aggiornamenti per non perdere le novità e preparati a un weekend indimenticabile!