La felicità secondo la GenZ: significato, tempo e connessioni

Cosa rende felici i giovani nati tra il 1997 e il 2012? Un nuovo studio di Gallup e Walton Family Foundation, “Voices of Gen Z: Youth Happiness”, indaga a fondo la felicità di questa generazione, offrendo spunti di riflessione per comprendere il loro mondo e le loro aspettative.

Felicità come significato e motivazione

Per la GenZ, la felicità non si limita all’assenza di emozioni negative o alla presenza di una relazione amorosa. La vera felicità è strettamente legata alla percezione di significato e motivazione che si ricava dalle attività quotidiane.

Scuola e lavoro: il valore del “fare”

Circa il 60% dei ragazzi e delle ragazze “felici” dello studio dichiarano di trovare le proprie attività quotidiane “interessanti”. Questo si traduce in una maggiore motivazione ad andare a scuola o a lavoro (60%) e a svolgere con impegno i relativi compiti (64%).

La ricerca di una direzione

La metà del campione (45%) ritiene che la propria vita sia importante, ma solo il 28% ne è certo di aver trovato la direzione da seguire. Un dato che evidenzia il desiderio della GenZ di dare un senso al proprio agire quotidiano, andando oltre la semplice routine.

Tempo: equilibrio tra produttività e riposo

Attribuire significato al tempo dedicato a scuola e lavoro è fondamentale per la felicità della GenZ. Tuttavia, il riposo è altrettanto importante. Dormire a sufficienza e avere periodi di relax durante la settimana sono fattori decisivi per il loro benessere.

Confronto sociale e preoccupazioni finanziarie

Il confronto con gli altri e le preoccupazioni finanziarie sono due fattori che possono influenzare negativamente la felicità della GenZ. Circa la metà (51%) dichiara di avere “poche preoccupazioni finanziarie”, mentre l’altra metà è preoccupata a riguardo. Il 30% che vive con i genitori o tutori afferma di preoccuparsi per i soldi, suggerendo una precoce consapevolezza delle finanze familiari.

I social media e il confronto sociale

Il confronto sociale, spesso amplificato dall’uso non ponderato dei social media, può incidere negativamente sulla felicità della GenZ. I ragazzi e le ragazze che trascorrono più di tre ore sui social media hanno il doppio delle probabilità di manifestare sintomi di depressione e ansia.

Svuotare il confronto, riempire di significato

Per contrastare il rischio di dipendenze e promuovere la felicità, la GenZ dovrebbe evitare il confronto sociale e concentrarsi sul significato che ricava dalla propria quotidianità.

Il ruolo degli adulti

Il rapporto suggerisce agli adulti di aiutare la GenZ a trovare la propria strada nel mondo accademico e professionale, assicurandosi che i giovani vedano il valore di ciò che imparano e ne siano entusiasti. Una generazione supportata e motivata sarà più felice e in grado di costruire un futuro migliore per tutti.

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TikTok: Italiani più ottimisti e connessi, sfidando i pregiudizi

Sorprendenti risultati di un sondaggio rivelano un lato inedito degli utenti TikTok in Italia. Contrariamente alle immagini stereotipate spesso dipinte dai media, la piattaforma sembra incoraggiare positività, benessere psicologico e partecipazione sociale.

Maggiore ottimismo e autostima

Gli utenti di TikTok si dimostrano più ottimisti e pieni di autostima rispetto ai non fruitori. Rispondono con maggiore entusiasmo ad affermazioni come “sento di avere molte cose di cui essere orgoglioso” e “è facile per me rilassarmi”, evidenziando un generale senso di appagamento.

Connessioni e capitale sociale

Lo studio smentisce l’idea che TikTok isoli gli utenti. Al contrario, emerge una maggiore propensione a stringere relazioni e sentirsi parte di una comunità. Gli utenti concordano con frasi come “interagire con le persone online e offline mi fa sentire parte di una comunità” e “le persone con cui interagisco mi aiuterebbero a combattere un’ingiustizia”, dimostrando un forte senso di connessione e supporto reciproco.

Fiducia e partecipazione sociale

Inaspettatamente, gli utenti di TikTok mostrano livelli più alti di fiducia in diverse categorie, tra cui influencer, aziende e mezzi di informazione. Inoltre, manifestano una maggiore partecipazione attiva alla vita sociale e politica, firmando petizioni, facendo volontariato e impegnandosi in partiti politici.

Unica eccezione: il voto.

L’unico dato negativo riguarda l’affluenza alle elezioni, leggermente inferiore tra gli utenti TikTok. Questo potrebbe indicare una disillusione verso la politica tradizionale, aspetto che richiederebbe ulteriori approfondimenti.

Sfatare i miti e valorizzare i lati positivi

Nel complesso, lo studio offre un’immagine di TikTok ben diversa da quella spesso descritta dai media. Certo, come per ogni piattaforma, esistono anche aspetti negativi, ma questi non sono unicamente riconducibili a TikTok e sono comuni a molti altri social network.

Evitare sensazionalismi e concentrarsi sui dati

È fondamentale basare i giudizi su ricerche concrete e non su ondate di panico morale alimentate da pregiudizi. TikTok, come ogni strumento, può essere utilizzato in modo positivo o negativo, e la responsabilità sta nelle mani di chi lo usa.

Conclusione

Lo studio invita a riconsiderare la narrativa negativa spesso associata a TikTok e ad apprezzare il suo potenziale nel favorire benessere psicologico, connessioni sociali e partecipazione attiva.

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Il caso del video virale di Leah Halton su TikTok: un’analisi tra algoritmi, semplicità e successo virale

Il panorama dei social media è costellato di fenomeni virali che, spesso, sfuggono a una facile spiegazione. Un caso emblematico è quello del video di Leah Halton su TikTok, che nel giro di poche settimane ha raggiunto un numero record di visualizzazioni, scalando le classifiche e destando l’interesse degli utenti e degli esperti.

Il video e il suo successo

Il video in questione, pubblicato il 5 febbraio 2024, mostra la modella australiana Leah Halton in auto mentre sorride e canticchia sulle note di “Praise Jah in the Moonlight” di YG Marley. Un contenuto semplice e immediato, che ha però conquistato il pubblico, ottenendo oltre 680 milioni di visualizzazioni, 46,3 milioni di like, 1,6 milioni di commenti e 4,1 milioni di salvataggi. Numeri da capogiro che lo rendono uno dei video più visti di sempre sulla piattaforma.

L’algoritmo di TikTok e la sua influenza

Sorge spontanea la domanda: come è possibile che un video così semplice abbia ottenuto un tale successo? La risposta potrebbe risiedere nel funzionamento stesso dell’algoritmo di TikTok, che premia la semplicità e l’immediatezza. Non a caso, il video più visto in assoluto sulla piattaforma è una clip di 10 secondi di Bella Poarch che canta in sincrono “M to the B” di Millie B.

L’algoritmo di TikTok sembra privilegiare contenuti brevi, accattivanti e in grado di generare engagement, favorendo la loro diffusione virale. Il caso di Leah Halton ne è la dimostrazione: un video semplice e spontaneo ha saputo conquistare il pubblico e scatenare un effetto domino di visualizzazioni, commenti e condivisioni.

Oltre il caso Halton: la viralità sui social

Il successo del video di Leah Halton ci ricorda che la viralità sui social è un fenomeno complesso e sfuggente a determinismi precisi. Spesso, il successo di un contenuto è legato a una serie di fattori connessi tra loro: la semplicità, l’immediatezza, l’attualità, la capacità di generare emozioni e la fortuna.

In alcuni casi, come quello di Leah Halton, un semplice video può diventare virale scatenando un passaparola inarrestabile. In altri, la viralità può essere il risultato di una strategia di marketing ben studiata. Indipendentemente dalle cause, la viralità sui social rappresenta un potente strumento per la comunicazione e il marketing, capace di generare visibilità e successo in modo repentino e inaspettato.

Conclusione

Il caso del video di Leah Halton su TikTok offre spunti di riflessione interessanti sul funzionamento degli algoritmi dei social media e sulle dinamiche della viralità. Un fenomeno complesso e affascinante che dimostra come, nell’era digitale, anche il contenuto più semplice e spontaneo può raggiungere un successo inaspettato, conquistando il pubblico e lasciando il segno nel panorama mediatico.

La Millennial Pause: perché i nati negli anni ’80 fanno quel gesto sui social?

Vi è mai capitato di imbattervi nella “Millennial Pause” su TikTok o Instagram? Si tratta di quel breve ritardo, una frazione di secondo, che i nati negli anni ’80 tendono a fare prima di iniziare a parlare in un video. Un gesto che ha scatenato l’ilarità e le critiche da parte della Generazione Z, ma che in realtà nasconde un interessante spaccato sociologico.

Perché lo fanno?

La “Millennial Pause” è un retaggio dell’era pre-digitale. Quando i video venivano registrati su VHS o con le prime videocamere digitali, era necessario attendere un attimo per far partire la registrazione e assicurarsi che non ci fossero interruzioni all’inizio. Un’abitudine rimasta impressa nei Millennial, che la portano avanti anche nell’era degli smartphone, dove in realtà è inutile.

Un segno di spaesamento?

Secondo alcuni esperti, la “Millennial Pause” potrebbe anche essere interpretata come un segno di disagio e spaesamento di fronte ai nuovi mezzi di comunicazione. I Millennial, dopo essere stati i pionieri dell’era digitale, si ritrovano ora a dover fare i conti con le nuove generazioni e con i loro codici comunicativi. Il ritardo iniziale potrebbe quindi essere un modo per cercare di adattarsi, di prendere fiato prima di immergersi nel flusso frenetico dei social.

Millennial vs Gen Z: due generazioni a confronto

La “Millennial Pause” si contrappone al “Gen Z Shake”, il tremolio del telefono che la Generazione Z spesso fa prima di iniziare a registrare un video. Un gesto che, secondo alcuni, serve a dare un’impressione di spontaneità e autenticità, anche se in realtà l’inquadratura è spesso studiata a tavolino.

La nostalgia del passato?

C’è chi vede nella “Millennial Pause” anche un pizzico di nostalgia per un’epoca in cui i video erano meno patinati e più genuini. Un modo per riconnettersi con le proprie radici digitali e con un modo di comunicare più semplice e diretto.

Indipendentemente dalle interpretazioni, la “Millennial Pause” rimane un fenomeno curioso e interessante che ci aiuta a capire meglio le differenze tra le generazioni e il loro rapporto con la tecnologia.

I social media stanno morendo? Come le piattaforme online perdono valore e qualità

Negli ultimi anni, molti utenti hanno notato un calo preoccupante della qualità dei contenuti sui social media. Post banali, pubblicità invasive, disinformazione dilagante: sono solo alcuni dei problemi che affliggono piattaforme come Facebook, Instagram, Twitter e TikTok. Questo fenomeno, conosciuto come enshittification, rappresenta una minaccia per il futuro dei social media e per la società in generale.

Come funziona l’enshittification?

Le piattaforme social si basano su un modello di business “two-sided market”: da un lato ci sono gli utenti, che creano e consumano contenuti, dall’altro lato gli inserzionisti, che pagano per promuovere i loro prodotti o servizi. Con il tempo, però, questo equilibrio si altera. Le piattaforme, per massimizzare i profitti, tendono a privilegiare gli interessi degli inserzionisti a scapito di quelli degli utenti.

Questo porta a diverse conseguenze:

  • Aumento della pubblicità: Le piattaforme riempiono i feed degli utenti di contenuti sponsorizzati, spesso irrilevanti e fastidiosi.
  • Diminuzione della qualità dei contenuti: Gli algoritmi premiano i contenuti che generano più engagement, indipendentemente dalla loro qualità. Questo porta alla proliferazione di post banali, clickbait e disinformazione.
  • Perdita di controllo da parte degli utenti: Le piattaforme decidono quali contenuti mostrare agli utenti e come farlo, limitando la loro libertà di scelta.
  • Danni alla democrazia: La disinformazione e l’odio online possono influenzare le opinioni politiche e minare la stabilità delle democrazie.

Cosa possiamo fare?

L’enshittification è un problema complesso che non ha una soluzione facile. Tuttavia, ci sono alcune azioni che possiamo intraprendere:

  • Essere più critici nei confronti dei contenuti che consumiamo: Non credere a tutto quello che leggiamo online e verifichiamo sempre le fonti.
  • Utilizzare piattaforme alternative: Esistono diverse piattaforme social più piccole e focalizzate sulla qualità dei contenuti e sulla privacy degli utenti.
  • Sostenere le iniziative per una maggiore regolamentazione dei social media: I governi e le organizzazioni internazionali dovrebbero intervenire per limitare il potere delle grandi piattaforme e tutelare i diritti degli utenti.

Il futuro dei social media è incerto, ma è importante che ci impegniamo per renderli spazi più democratici, inclusivi e piacevoli per tutti.

Higgsfield AI: rivoluzione video per tutti, sfida a OpenAI e concorrenti

Creare e modificare video facili come scrivere un testo? È la promessa di Higgsfield AI, la nuova piattaforma che punta a democratizzare la produzione video grazie all’intelligenza artificiale. Nata da Alex Mashrabov, ex dirigente di Snapchat, Higgsfield si propone come alternativa user-friendly al generatore di video Sora di OpenAI, pensato per utilizzi professionali.

Come funziona Higgsfield AI?

La piattaforma offre diverse funzionalità:

  • Diffuser: la prima app di Higgsfield, permette di generare video da una descrizione testuale o da un selfie.
  • Modelli pre-generati: una libreria di clip pronte all’uso per velocizzare il processo creativo.
  • Caricamento di immagini e video: integra i propri contenuti multimediali per creare video personalizzati.
  • Editor di prompt: descrivere scene, personaggi e azioni per ottenere video su misura.

Higgsfield contro i giganti: Runway, Haiper e OpenAI

La concorrenza nel settore è agguerrita. Runway, pioniere nel campo, offre strumenti in continua evoluzione. Haiper, supportata da ex DeepMind, vanta oltre 13 milioni di dollari in fondi. OpenAI, con il suo Sora, si posiziona sul mercato professionale.

Come si distingue Higgsfield?

Mashrabov punta su una strategia mobile-first e social-forward:

  • App per iOS e Android: per creare contenuti social ovunque e in qualsiasi momento.
  • Facilità d’uso e funzioni consumer-friendly: accessibile a tutti, non solo professionisti.

Focus sui social media e marketing

Higgsfield vede nei social e nel social media marketing la sua principale nicchia di guadagno. Ipotizza un futuro con:

  • Canoni o abbonamenti per funzioni premium: rivolti a marketing manager che gestiscono campagne social su larga scala.
  • Strumenti specifici per i social media: per creare contenuti ad hoc per le diverse piattaforme.

Sfide e criticità: copyright e dati di addestramento

Come tutte le startup che utilizzano AI generativa, Higgsfield deve affrontare alcune criticità:

  • Violazione del copyright: i modelli potrebbero generare contenuti che violano i diritti d’autore se addestrati su dati non autorizzati.
  • Trasparenza dei dati: la fonte dei dati di addestramento non è stata rivelata da Mashrabov, sollevando dubbi sul loro utilizzo etico.
  • Privacy degli utenti: non è chiaro se i dati degli utenti vengano utilizzati per addestrare futuri modelli, aspetto che potrebbe generare preoccupazioni.

Higgsfield ha il potenziale per rivoluzionare il modo in cui creiamo e modifichiamo i video. Ma per conquistare la fiducia degli utenti e affermarsi sul mercato, dovrà affrontare le sfide legate al copyright e alla trasparenza dei dati.

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Einaudi Ragazzi lancia la collana “BookTok”: 50 racconti brevi per catturare l’attenzione dei ragazzi

Un’alternativa allo smartphone?

Einaudi Ragazzi scommette su TikTok e lancia una collana di libri ispirata al celebre social media. La collana, intitolata “BookTok”, proporrà raccolte di testi brevi, fulminanti e coinvolgenti, proprio come i reel.

L’obiettivo: catturare l’attenzione dei ragazzi e invogliarli alla lettura anche nei momenti “morti” della giornata, come in attesa dell’autobus o in sala d’attesa.

I volumi:

  • 6 volumi in uscita il 2 aprile
  • 50 racconti brevissimi in ogni volume (2500 battute)
  • Generi: romance, umorismo, fantasy, gialli, storie commoventi, horror
  • Curatori: Elena Peduzzi, Lara Pollero, Christian Hill, Daniele Nicastro, Gisella Laterza, Manlio Castagna
  • Prezzo: 6 euro a volume

Critiche:

La scelta di Einaudi Ragazzi ha già acceso il dibattito. C’è chi teme che la collana possa incentivare una fruizione “mordi e fuggi” della letteratura, a discapito di letture più impegnative e profonde.

E tu cosa ne pensi?

La collana “BookTok” può essere una valida alternativa per avvicinare i ragazzi alla lettura? Oppure rischia di impoverire il loro rapporto con la letteratura?

Le malattie “Internet-based”: il caso del morbo di Morgellons e della vulvodinia

Un’esplorazione affascinante e inquietante del nesso tra malattie, social media e la nostra percezione della realtà.

Due storie parallele:

  • Il morbo di Morgellons: nato online nel 2001, caratterizzato da dermatiti, prurito e “strani filamenti” che fuoriescono dalle piaghe. Considerato dalla comunità scientifica come “parassitosi delirante”, è stato respinto ai margini di Internet.
  • La vulvodinia: una condizione dolorosa che colpisce i genitali femminili. Ha acquisito grande popolarità online, con stime non verificate sulla sua diffusione. Associata al femminismo performativo e all’attivismo online, è stata recentemente inserita nell’ICD-11 dell’OMS.
  • Disturbo da Dipendenza da Internet (IAD): Non è una malattia fisica, ma piuttosto un disturbo comportamentale. Colpisce sempre più persone, soprattutto giovani, a causa dell’uso eccessivo di Internet. L’IAD può portare a problemi di salute mentale e fisica.

Complessità e interrogativi:

Queste malattie nascono come “content” online, con un nome e una narrativa che si diffondono rapidamente. Le community online offrono conforto e supporto, ma possono anche alimentare la paranoia e l’isolamento. Il ruolo di Internet: amplifica la sofferenza? Crea nuove forme di isteria collettiva. Il rapporto controverso con la medicina: i pazienti accusano i medici di non credere al loro dolore, mentre la scienza cerca di trovare spiegazioni razionali.

Un invito alla riflessione:

  • Come possiamo distinguere tra malattia reale e “performance” online?
  • Qual è la responsabilità delle piattaforme social nel diffondere informazioni non verificate?
  • Come possiamo supportare la ricerca scientifica su queste nuove sfide?

Un articolo stimolante che apre nuovi spunti di riflessione sul rapporto tra salute, tecnologia e società.

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Social media: New York denuncia Meta, Google, Snap e TikTok per danni alla salute mentale dei giovani

Tik Tok, Instagram, Facebook: i social media sono davvero così pericolosi per i ragazzi? New York City ha deciso di fare causa a Meta, Google, Snap e TikTok, accusandole di aver contribuito alla crisi di ansia e depressione che colpisce i più giovani.

Le accuse:

  • Le Big Tech avrebbero progettato le loro piattaforme per creare dipendenza nei bambini e negli adolescenti.
  • Attraverso la ricerca psicologica, avrebbero reso i social sempre più coinvolgenti, per spingere i ragazzi a passarci più tempo possibile.
  • Questo flusso continuo di contenuti può essere dannoso per la salute mentale dei giovani, causando ansia, depressione, autolesionismo e persino il suicidio.

La causa:

  • New York, il dipartimento della salute e la Hospitals Corporations chiedono un risarcimento danni.
  • Vogliono anche che vengano introdotte regole più severe per proteggere i minori sui social media.

Le scuse di Zuckerberg:

  • Durante un’audizione al Senato degli Stati Uniti, Mark Zuckerberg si è scusato con i genitori dei ragazzi che hanno sofferto a causa dei social media.
  • Ha detto che Meta vuole che gli adolescenti abbiano esperienze online sicure e adatte all’età.

Le Big Tech respingono le accuse:

  • Meta, Google, Snap e TikTok hanno negato di aver creato intenzionalmente dei social media dannosi per i ragazzi.
  • Dicono di aver già adottato diverse misure per proteggere la salute mentale dei più giovani.

E tu cosa ne pensi? I social media sono davvero un pericolo per i ragazzi?

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Discutiamone nei commenti!

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