Evoluzione del fumetto e dell’animazione

Le convergenze (più frequentemente percepite come collusioni) tecnologiche hanno lasciato intravedere all’orizzonte lo spettro dell’obsolescenza di una tecnica, di un’arte o di un mestiere specifico, ogni volta che la tecnologia successiva, intrinsecamente intesa in maniera progressiva, prometteva di  distruggere quella precedente, di fagocitarla ed inglobarla al suo interno, ottenendo il doppio degli effetti ad un costo inferiore. Eppure il fumetto e l’animazione continuano a prosperare.
Nonostante la tecnologia sia in grado di catturare immagini del mondo che ci circonda in maniera sempre più definita, il disegno non ha mai smesso di evolversi, a partire da quelle pitture rupestri scoperte in Spagna, un ancestrale tentativo di riprodurre il movimento tramite disegni. Probabilmente il primo. Pietra miliare nella storia dell’animazione fu la messa a punto nel 1877 da parte di Émile Reynaud  del Prassinoscopio. Questo macchinario, attraverso un sistema di specchi, riusciva ad “ingannare” l’occhio ed indurlo a vedere oggetti e personaggi muoversi dove in realtà ci sono soltanto rappresentazioni grafiche statiche. Attraverso il rapido scorrimento dei disegni si creano immagini residue che persistono nella retina, e generano l’illusione di un movimento fluido.

Intanto anche il fumetto stampato riesce a guadagnarsi
rilevanti spazi di notorietà. Nel 1895 il New York Times, diretto all’epoca da Joseph Pulitzer, cominciò ad inserire tra le pagine del proprio prestigioso quotidiano un personaggio chiamato “Yellow Kid”, che, dall’interno delle sue strip, si ritagliava nella storia il ruolo di primo fumetto umoristico che riscontrò grandissimo successo tra i lettori. Nello stesso anno, il 28 Dicembre, nascerà il cinematografo, destinato a rivoluzionare tutto il panorama del loisir delle masse, offrendo contemporaneamente al disegno promettenti direttrici di sviluppo. Nel corso degli anni dalle matite dei più disparati autori nasceranno personaggi destinati a scrivere la storia dell’animazione e preparare il terreno alle proprie evoluzioni grafiche. Da Crazy Cat (personaggio ideato appositamente per l’animazione, che diventerà la base di ispirazione per i celeberrimi “Itchy&Sratchy” di Matt Groening) a Felix The Cat, l’animazione continuava a muoversi ed a cercare di guadagnare un proprio spazio espressivo.

Nel 1928 Walt Disney produsse Steamboy Willie
,  il primo cartone animato della storia ad essere sonorizzato. In passato Fregoli tentò maldestramente di ottenere il medesimo obiettivo attraverso il Fregoligraph, che ben presto si rivelò essere nientemeno che lo stesso Fregoli impegnatosi a doppiare “live” le animazioni che mostrava agli spettatori. Il felice connubio tra grafica animata e suoni ottenuto finalmente da Disney lo rese a lungo leader di un mastodontico impero in un nuovo settore dell’entertainment che aveva creato. Disney intuì preliminarmente il forte legame esistente tra musica ed animazione. Studiò i musicals di Broadway, cercando di carpire la stessa fantastica magia di luce, suono e movimento e trasporla successivamente dentro i suoi cartoni animati. L’animazione negli studi di Disney veniva studiata nei minimi dettagli attraverso l’osservazione di attori in carne ed ossa che servivano da modello per rendere il movimento dei disegni il più realistico possbile.

Tutti i suoi dipendenti dovevano tener conto di alcune regole da lui formalizzate. Ad esempio “Squash&Sretch” (un oggetto o un personaggio può comprimersi e schiacciarsi a patto che mantenga il proprio volume), l’anticipazione (ogni movimento deve essere preceduto da tutti quelli che lo anticipano logicamente), il Follow Through&Overlapping Acting (gli oggetti accessori dei personaggi devono muoversi in maniera correlata al personaggio, ma con un timing differente. Oppure è possibile disattendere questa regola dolosamente, per codificare un effetto umoristico, tipico dei cartoni animati). Attraverso queste regole (e dopo un premio Oscar per l’animazione ottenuto con “Skeleton Dance”) Disney impiegò un anno di risorse per dare alla luce, nel 1932, il lungometraggio di animazione di “Biancaneve” , ottenuto dalla fusione di musica danza e colore grazie al sopraggiunto Technicolor. Il processo sin qui avviato si concluderà con “Fantasia” e “Bambi”.

La storia dell’animazione giapponese rappresenta
per certi versi un approdo differente da quella europea. Già nei templi Shintoisti nel 1600 esistevano storie raccontate per immagini incise sulle colonne dei templi stessi. Le “immagini in movimento” avranno un successo tale da necessitare spazi autonomi su tavole di legno, data la popolarità di cui godevano, tale da motivare interi peregrinaggi ai templi organizzate specificamente per la fruizione di queste rappresentazioni grafiche. La nobilitazione del genere è passata attraverso i padri del manga e dell’animazione giapponese, da Osamu Tezuka, fino al più recente Oscar ottenuto con “La città incantata” da Miyazaki. La differente rilevanza dell’animazione in Giappone è dovuta alle caratteristiche strutturali del sistema radiotelevisivo, caratterizzato da piccolissime aziende private che, per ristrettezze di budget, non hanno potuto permettersi format di altro tipo. Le serie animate tv garantivano quindi quelle fasce di ascolto necessarie a costi moderati (l’animazione televisiva consente un minore impiego di frames per secondo rispetto al cinema d’animazione).

L’animazione stessa, nostrana ma anche quella della scuola francese di più antica tradizione, è dovuta più e più volte scendere a patti con le regole del mercato. Lo sviluppo di un prodotto di animazione richiede mastodontici investimenti iniziali, rischio decisamente alto nel caso l’opera stessa dovesse risultare poco apprezzata dal bacino di utenza. L’Italia, in cui sono riuscite a sopravvivere aziende ormai rinomate come “In Armonia”, offre un mercato scarsamente reattivo a questo genere di prodotti. Da qui il bisogno delle nostre poche case di animazione di appoggiarsi e lavorare con altre ditte di produzione estere, come quelle francesi, che dispongono di una tradizione più solida. Caratteristico che in Francia i biglietti sulle opere importate hanno una tassa specifica per sostenere ed incentivare l’animazione locale. Si evita in questo modo la fragilità tipica delle imprese nostrane. “La Matitanimata” ad esempio si appoggia ad un service in Corea del nord.

La manodopera a basso costo permette la realizzazione di un prodotto rispettando i serrati tempi di produzione e le ristrettezze dei budget iniziali. Per l’alta competitività di questo mercato, appoggiarsi ad altri services più che una scelta rappresenta una strada obbligata. Accade a volte, come per il film di animazione di “Opopomoz”, che sia lo stesso regista ad imporre, a dispetto di tempi e costi maggiori , che gli storyboard ed i disegni siano confezionati in Italia piuttosto che in Corea. L’efficacia di un prodotto di animazione sta nel disporre ogni livello, dalle musiche ai paesaggi, in modo che ognuno di essi comunichi informazioni all’utente. Nel caso di un’opera fortemente connotata a livello locale come questa (ambientata a Napoli) , i gesti e le movenze dei personaggi sarebbero risultati elementi imprescindibili per la narrazione, e la distanza culturale avrebbe reso il processo di trasposizione di ardua soluzione.

Piuttosto che distruggere l’inventiva e l’ingegnosità delle migliaia di persone che lavorano in un settore che popola la nostra immaginazione,  accompagnandoci con le sue storie ben oltre delimitazioni fisse di età e genere, la tecnologia ha dimostrato di essere un mezzo. L’animazione non è stata inglobata o pervertita dalle moderne tecniche di produzione, al contrario, queste si sono adattate per andare incontro a quella domanda del mercato che non si è mai esaurita. Di personaggi fantastici.

Dal fumetto al cartone animato

Le prime forme di fumetto  hanno origini antiche e si manifestarono sotto altre spoglie. Tra il 10000 e il 15000 A.C. in Spagna abbiamo i primi graffiti che aspirano al movimento. Nel 1000 A.C. si inizia a conoscere il teatro delle ombre che nacque in Medioriente però espressione di uso corrente è “il teatro delle ombre cinesi” proprio perchè il popolo cinese ne ha perfezionato le tecniche. Nel 1000 D.C. abbiamo le xilografie medievali e nel 1100 D.C. il manoscritto dell’Apocalisse conservato a Cambridge.
 
I primi cartoni animati nascono nel 1877 grazie al passinoscopio o praxinoscopio (dal francese paxinoscope), uno strumento ludico inventato dal francese F. L. Régnaud (1844-1918) e basato sul fenomeno della persistenza dell’immagine retinica. Il nome è parola composta di due lemmi greci e letteralmente significa “osservo (scopio) l’azione (prâxis)”. Questo dispositivo può essere considerato il prototipo abbastanza rudimentale dei moderni apparecchi cinematografici e quindi ha una notevole importanza in relazione alla storia dello sviluppo della tecnica cinematografica.
Al 5 maggio 1895 risale la prima apparizione ufficiale di “Yellow Kid”, quando, un anonimo ragazzino pelato, orecchie a sventola e vestito con un enorme camicione, fa la sua comparsa tra i tanti comprimari che popolavano le tavole della serie Hogan’s Alley, ideata e disegnata da Richard Felton Outcault e ospitata sulle pagine del supplemento domenicale del quotidiano New York World di Joseph Pulitzer. Sempre in quegli anni risale la nscita del cinema per mano dei fratelli Lumiere che usano un approccio scientifico. Nel 1908 Emile Cohl da vita ai cartoni animati su pellicola. Il primo cartone animato sonoro prodotto da Walt Disney fu “Steamboat Willie” nel 1928.
 
L’idea innovativa di Walt Disney fu quella di combinare in modo indissolubile le immagini con la musica: quando, nel 1928, venne proiettato per la prima volta al Colony Teather di New York “Steamboat Willie”, il primo cortometraggio completamente sonorizzato con Mickey Mouse come protagonista, le note musicali non costituivano un semplice accompagnamento, ma esisteva già una combinazione perfetta tra musica, immagini e carattere dei personaggi. Nel 1935 la Disney realizzò il primo lungometraggio animato a colori, l’indimenticabile “Biancaneve e i sette nani”. Avendo compreso che la musica era già considerata l’anima delle sue immagini, Walt dichiarò esplicitamente di voler creare un nuovo schema, proponendo un uso narrativo a tutto tondo della colonna sonora. Le canzoni diventarono quindi l’elemento unificante nella progressione del racconto, in modo molto più articolato di quello che normalmente si faceva per i musicals hollywoodiani, finendo per distinguersi all’interno del tessuto narrativo e diventare delle entità autonome, avvincenti e coinvolgenti per se stesse.
 
Tradotte nelle lingue dei diversi paesi, divennero classici immortali, in grado di evocare, all’ascolto ed anche senza vederle, le immagini della fiaba. Questa caratteristica, divenuta una costante nelle opere Disney, si trasformò progressivamente in un fenomeno socio-culturale di rilevanza mondiale, che ha interessato intere generazioni. Furono pubblicati i primi LP per un pubblico infantile, nati sull’onda del successo dei film, con la storia e le canzoni di ogni fiaba, ed essi divennero inseparabili compagni di giochi per i bambini di tutto il mondo.
Ancora adesso, la musica Disney trasporta in un mondo lontano nel tempo e nello spazio, dove niente è impossibile perché vi regna il fantastico ed il meraviglioso. Ma è nel 1940 che il cinema d’animazione guadagna ufficialmente meritata dignità con il celeberrimo “Fantasia” dove si va oltre il realismo. A Walt Disney si affiancano Hanna e Barbera, che inizialmente lavorano per lui e successivamente in proprio in virtù di una concezione di cartoon piu parodistica, meno reale (“Tom e Jerry”, “Scooby Doo”, “Braccobaldo”); la Warner Bros autore dei “Looney Tunes”, che costituiscono la prima serie televisiva, la musica come sigla e non come commento sonoro, una sorta di protosigla. Il primo personaggio fu Bugs Bunny. Negli anni 40 nascono i primi superoi come fumetti che si animeranno fino agli anni 80. Il primo fu Superman e successivamente Submarine o Capitan America, figli della guerra del tempo (per esempio Capitan America era una sorta di supersoldato..). I nuovi supereroi invece sono frutto delle nostre paure (da Spiderman a Hulk). In Italia il cartone si sviluppa negli anni 60 con Bruno Pozzetto e grazie al carosello. Nascono programmi dedicati all’animazione come “Gulp” e “SuperGulp”. Il Giappone merita una citazione a parte; è qui che nascono i famosi manga nel 1600.
 
I manga vengono pubblicati in Giappone inizialmente all’interno di grossi albi, stampati in bianco e nero su carta di qualità scadente. Soltanto alcune pagine introduttive sono talvolta a colori e su carta migliore, generalmente allo scopo di introdurre i personaggi della vicenda. In ognuno di questi albi vengono raccolte numerose storie a puntate. Tramite un’inchiesta fra i lettori viene verificato il successo delle singole serie, cosicché alcune possono essere interrotte anzitempo e altre, al contrario, meritare di essere stampate a parte, sotto forma di albi monografici di qualità migliore in più volumetti. A differenza dei fumetti occidentali, le avventure dei manga hanno, per quanto riguarda i protagonisti, un inizio ed una fine. Il personaggio ideato dall’autore e/o disegnatore appare sulla scena nel primo volume, “vive” la sua vicenda e, al termine della serie (alcune storie possono raggiungere le 150 puntate), esce di scena e non “interpreterà” altre serie.
 
Alcune eccezioni si possono rilevare per personaggi molto amati dal pubblico, che vengono ripresentati in varianti della storia principale, oppure di cui si raccontano episodi accaduti anteriormente all’inizio della serie principale. Spesso il successo di un personaggio di un manga si risolve in una trasposizione più o meno fedele delle sue avventure sotto forma di anime, cioè di cartone animato. Tra i maestri giapponesi vanno menzionati Go Nagai autore di Mazinga Z, Jegg Robot d’acciaio nel 1972 e di “Ufo Robot Grendizer” nel 1975; Myazaki autore del “Il gatto con gli stivali”, “Alì Babà” e che vince l’orso d’oro ed il premio oscar con “La città incantata” nel 2002.
di Michele Fortunato

Il Fumetto: il Valore della Sequenza

È mio intento valutare,in questa relazione,la posizione del medium fumetto all’interno del più vasto sistema comunicativo,essendo oggi i medium tutti collegati tra loro,come segmenti di un unica sequenza,il fumetto finisce col fungere da base e o estensione ad una produzione culturale che riscontra a pieno le nuove caratterische di strategia incentrate sulla moltiplicazione e segmentazione del senso;a tal proposito ho considerato  il legame che oggi sembra legare in maniera quasi asfissiante cinema e fumetto ed il legame tra stampa e fumetto,nello specifico il fenomeno degli allegati,unioni che in maniera sufficiente riescono a dimostrare le tendenze più generali del consumo culturale ed aiutano ad inquadrare il medium fumetto all’interno del sistema.

Breve Evoluzione del Fumetto:

In questo primo e breve capitolo non si analizza il percorso genealogico del fumetto ma bensì il processo che lo ha portato ad essere valutato come prodotto culturale vero e proprio,una breve riflessione utile ai nostri fini. Eco e Morin,per primi,mettono a punto una chiave di lettura che ridefinisce il concetto stesso di cultura che acquisisce nuovi significati grazie alla considerazione del sistema media,ciò permette la considerazione di forme di intrattenimento che la cultura tradizionale etichettava come volgari. Così dal 1964 la considerazione del fumetto in campo culturale ed accademico cambia e la sua  rivalutazione va inscritta nel processo di messa in discussione del concetto stesso di cultura. Sottovalutato come forma narrativa,rappresentava un prodotto di intrattenimento popolare,spesso ritenuto infantile,considerato come un sottogenere paraletterario. Il fumetto però sia in Italia che in altri paesi,primo fra tutti gli Stati Uniti,aveva dimostrato una notevole versatilità,una grande capacità evocativa,arricchendo il panorama dell’immaginario collettivo novecentesco di nuovi personaggi,di storie e simbologie in grado di reinterpretare i miti più radicati della cultura occidentale. Constatando,quindi,la diffusione,i dati di vendita,le contaminazioni prodotte e assorbite il fumetto dimostra certamente di possedere una dimensione di massa unitamente ad un’incredibile potenzialità narrativa e creativa.

Fumetto e Cinema:

Interpretando la cultura di massa come un flusso possiamo avere i mezzi per vedere come,oggi,i media siano legati tra loro da stretti rapporti,il fumetto rientra a pieno titolo in questo fiume ed il suo contributo alla proliferazione di altri prodotti culturali è oggi vasta e continua,a tal proposito si possono citare molti esempi,dalle pubblicazioni in allegato stampa,ai gadget a fenomeni legati alla moda ed in particolare al cinema,qui intendo soffermarmi brevemente partendo da unaconsiderazione:l’aumento della produzione di film tratti e ispirati a fumetti.Che il cinema sia in crisi di idee non è più una novità, comunque, lascia sempre più perplesso il continuo andare a rovistare nei “grandi magazzini/archivi dell’ispirazione” dove si può trovare ogni tipo di merce che abbia a che vedere con la fabbrica delle immagini.Quindi dai tanti remake alla trasposizione di graphic novel, da serie tv  traslate su grande schermo a saccheggi di opere letterarie… sembra che gli sceneggiatori siano in crisi di identità e di guizzi autoriali non riuscendo a trovare più uno straccio di idea originale da portare sullo schermo.Ma perché tutto questo?Possiamo provare a rispondere,in primo luogo la poetica cinematografica si sta appiattendo sempre più mutando in canoni più televisivi il suo modo di essere,Una seconda risposta potrebbe essere un livellamento su prodotti medi, con scarsità di prodotti alti ,ed anche di bassi, per cercare di avere un livello costante e rischiare anche meno, il tutto a scapito di ricerca, innovazione, creazione, che quindi ci restituiscono un cinema meno affascinante ma anche meno rischioso produttivamente.Cercando  ora di essere pertinenti notiamo che il cinema ha prelevato e continua a farlo da più bacini con una predilizione,forse per il fumetto,ed anche in quresto caso sono due li risposte immediate che ci giuncono,una prima risposta ci rimanda alla capicità,del fumetto,di avere insite in molti casi enfatizzazioni della spettacolarità e strutture narrative ideali che si combinano a meraviglia con la tendenza cinematografica,nota a tutti,di spettacolarizzare i film con ampio uso di effetti speciali combinata alla preservazione di determinati stereotipi sociali;in secondo luogo svolge anche una funzione rivelatrice in quanto permette l’emergere di prodotti underground,quest’ultima caratteristica di molta della produzione fumettistica;possiamo quindi concludere che tale tendenza è dovuta per lo più alle innovazioni tecnologiche,come l’utilizzo del digitale,che a prescindere dagli scopi commerciali o no,rende possibile la traduzione del medium nelle sue più varie sfumature;ed alle caratteristiche strutturali del fumetto stesso.Come verdemo poi più avanti un’altra causa  sarà data dall’andamento della produzione culturale stessa,ma per giungere a ciò va esplorata,seppur brevemente un altro matrimonio felice.

Fumetto e Quotidiani:

Resta quindi da valutare un altro punto:La tendenza ,italiana, e non solo di allegare ristampe di fumetti ai quotidiani e periodici; a mio umile avviso va senz’altro valutata positivamente poichè assemblandosi ad altri veivoli commerciali gode senz’altro di maggiore espansione;detto ciò bisogna analizzare una propensione editoriale che ha toccato più settori della produzione culturale come ad esempio a ristampa di romanzi,raccolte di cd ecc… Come far rientrare tale tendenza allora?Un punto forzato e determinante è da individuare nel pubblico stesso,oggi il fumetto è usato per completare sequenze di senso,che delle volte,si generano altrove,ad un livello maggiore di astrazione possiamo cogliere questo legame ipotizzando che le persone usufruiscano di prodotti cuturali le ciu istruzioni sono date in altri prodotti,è un punto importante questo perchè pone un primo punto di arrivo,ora possiamo cogliere meglio il fumetto all’interno del più vasto sistema mediale. Questo modo di vendere i fumetti da l’impressione che quest’ultimi siano un segmento di una sequenza più ampia,che la gente usa correttamente,un prolungamento del mondo del giornale.Leggere Tex diventa un gesto perfettamente collocabile in una sequenza col ricevere notizie,avere determinati gusti culturali,condividere una certa passione politica o praticare un medesimo hobby;in qualche modo chi legge quel giornale ha le istruzioni d’uso per far poter funzionare gli oggetti-allegati.Si può facilmente dissentire da ciò ma è bastato che qualcuno schiudesse la possibilità concettuale che Dylan Dog  fosse collocabile in sequenza con altre narrazioni,per far sì che il pubblico rispondesse con istintivo entusiasmo. Il risultato è che hanno comprato Corto Maltese persone che mai e poi mai l’avrebbero comprato,e l’hanno ricomprato pesone che gi dà ne possedevano una copia;da qui possiamo quindi osservare dall’alto il punto a noi caro per i fini della ricerca,ovvero,l’installazione del medium fumetto all’interno di una più vasta sequenza che pone in relazione i vari medium e i prodotti commerciali e sociali da essi derivanti.

La conclusione a cui giungiamo,come naturale fine del nostro percorso,ci mostra una produzione culturale moderna che frammenta il senso,è privilegiata una comunicazione che diventa tasselo più ampio dell’esperienza;la qualità diventa la quantità di energia che quel fumetto è in grado di ricevere e riversare dagli e neglia altri media;il valore è la sequenza .Possiamo concludere affermando che i fumetti rientrano nella sequenza del senso generato dalla sua frammentazone,la cui consegenza è la moltiplicazione del senso.Questo movimento generato da esigenze commerciali sacrifica ma allo stesso tempo offre visibilità ad un universo considerato sempre di nicchia e mai riconosciuto a pieni titoli come arte,nuove persone  hanno accesso a questo mondo a spese della parte pù nobile sacrificata per la dinamizzazione del senso

 di Bruno Pietro

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