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Addio a Enea Riboldi, il visionario delle copertine di Dampyr che ha colorato l’immaginario nerd per oltre vent’anni

C’è un dolore che si insinua silenzioso tra le pagine dei fumetti, come una matita che lascia un ultimo segno sulla carta prima di essere riposta per sempre. Il 7 maggio 2025 ci ha lasciati Enea Riboldi, artista straordinario, illustratore e disegnatore che ha segnato con eleganza e intensità una parte fondamentale dell’immaginario nerd italiano. Un nome forse meno noto al grande pubblico, ma familiare e amatissimo da chi, ogni mese, attendeva in edicola la nuova copertina di Dampyr — la serie horror edita da Sergio Bonelli Editore che lui ha accompagnato sin dalla sua nascita nel 2000.

Per chi ama il fumetto italiano, dire “Enea Riboldi” significa evocare subito le atmosfere gotiche, oscure e affascinanti di Dampyr, il mezzo vampiro tormentato nato dalla mente di Mauro Boselli e Maurizio Colombo. Da Dampyr n. 1 – Il figlio del diavolo ad arrivare al recentissimo e storico numero 300, Riboldi è stato il volto silenzioso ma inconfondibile della serie. Ogni copertina, una promessa. Ogni illustrazione, una porta aperta sull’ignoto. Ma il contributo di Riboldi al mondo del fumetto e dell’illustrazione va ben oltre quel celebre mensile Bonelli.

Nato a Milano il 3 agosto 1954, Enea Riboldi è stato parte di una generazione di artisti che negli anni ’70 e ’80 hanno reso Milano una fucina creativa di fervore e sperimentazione. Inizia il suo percorso presso lo StudiOriga, culla di giovani talenti dove affina la tecnica e la versatilità, realizzando le matite per collane come MisterLady e Maghella, che parlavano a un’Italia pop e trasgressiva. Parallelamente, pubblica storie brevi sulla rivista musicale Gong, diretta da Graziano Origa — un’ulteriore dimostrazione di come la sua arte fosse capace di adattarsi ai più diversi linguaggi.

Negli anni ’80, la carriera di Riboldi si espande in molte direzioni. Collabora con la RAI, realizza illustrazioni per giochi da tavolo e wargame (come Rommel, pubblicato dall’International Team, autentica chicca per gli appassionati di boardgames vintage), lavora nel settore pubblicitario e perfino sulle carte da gioco. Le sue immagini diventano presenza familiare nei luoghi più insospettabili della cultura visiva italiana.

Una delle sue collaborazioni più affascinanti è senza dubbio quella con il mercato francese: dal 1983 al 1987 lavora alla saga Vol Solitaire, un’epopea bellica ambientata tra i cieli della Seconda Guerra Mondiale, scritta da Antonio Tettamanti. La storia, pubblicata da Dargaud e poi da Comic Art in Italia, è un altro tassello che dimostra quanto Riboldi sapesse fondere l’epico con l’intimo, trasformando ogni tavola in una narrazione pittorica.

Eppure, per noi nerd italiani, l’altro grande nome legato alla sua matita è quello di Dylan Dog. Riboldi realizza tre storie giganti dell’Indagatore dell’Incubo, confrontandosi con sceneggiature di autori del calibro di Claudio Chiaverotti, Tiziano Sclavi e un giovanissimo Pasquale Ruju. In quei numeri — Cronache di straordinaria follia, Il vicino di casa, Il mistero dell’isola D’yD e Cuori randagi — si intravede una tensione narrativa cupa e poetica, pienamente in linea con l’estetica “sclaviana” che aveva reso Dylan un’icona.

Il suo stile, riconoscibilissimo ma mai monotono, si adatta anche a contesti molto diversi: illustra Caterina dei briganti per la collana Junior della Mondadori, collabora con la rivista Splatter (un cult per gli amanti dell’horror underground anni ’90), e contribuisce per oltre vent’anni con vignette alla rivista nautica Bolina, dimostrando ancora una volta la vastità del suo orizzonte artistico.

Nel 2005, ancora una volta in Francia, arriva Cap Horn – La baie tournée vers l’est, primo capitolo di una saga scritta da Christian Perrissin e pubblicata da Les Humanoïdes Associés. Riboldi, affiancato dal team di coloristi Km Zero, mostra qui la maturità raggiunta nella narrazione visiva, in una graphic novel intensa e ricercata.

Ma è con Dampyr che ha scolpito il suo nome nel cuore dei lettori. Non era solo un copertinista, era l’alchimista delle atmosfere. Chi ha seguito il cammino del dhampir Harlan Draka, tra vampiri e maestri della notte, ha sempre potuto contare sul tratto di Riboldi per essere trasportato nel mood giusto, per avvertire quel brivido pre-lettura che solo una copertina davvero evocativa può offrire. La sua arte era un invito alla lettura, una soglia tra mondo reale e dimensioni oscure.

Oggi, nel rendergli omaggio, è impossibile non riflettere su quanto la figura dell’illustratore sia spesso sottovalutata nel racconto culturale. Eppure, quante volte abbiamo scelto un fumetto proprio per quella copertina, per quel volto, per quei colori? Enea Riboldi era un custode di sogni disegnati, un demiurgo silenzioso capace di plasmare interi mondi con il solo uso della grafite e dell’inchiostro.

La sua scomparsa lascia un vuoto profondo nel mondo del fumetto italiano e francese, ma anche nella memoria affettiva di tutti noi che, mese dopo mese, abbiamo atteso il ritorno di Dampyr come un appuntamento con l’ignoto, accompagnati sempre dallo sguardo magnetico e inquietante che Riboldi sapeva imprimere su ogni copertina.

Ciao Enea, e grazie per aver colorato i nostri incubi con tanta bellezza.

Se anche voi avete amato il lavoro di Enea Riboldi, raccontateci il vostro numero preferito di Dampyr, o la vostra copertina più amata. Condividete questo omaggio sui vostri social, parlatene con gli amici appassionati di fumetti e lasciate un commento: celebriamo insieme la memoria di un artista che ha dato forma ai nostri incubi e sogni più oscuri.

“La Casati. La musa egoista”. Il graphic novel di Vanna Vinci tra eccesso, bellezza e immortale vanità

Nel vasto e vibrante panorama del fumetto d’autore, dove il linguaggio visivo si fonde con quello letterario per dare vita a opere capaci di attraversare tempo e spazio, esistono alcune storie che sembrano nate per essere raccontate attraverso le tavole illustrate. Una di queste è senza dubbio la vita straordinaria e sovversiva di Luisa Casati, marchesa dal gusto eccentrico e dallo spirito ribelle, raccontata con eleganza e precisione narrativa da Vanna Vinci nel romanzo grafico “La Casati. La musa egoista”, ora pubblicato in Italia da Sergio Bonelli Editore, dopo la prima uscita per Rizzoli Lizard.

Ci troviamo davanti a un’opera che non si limita a ricostruire la biografia di un personaggio fuori dal comune, ma che si tuffa a capofitto nel cuore pulsante della Belle Époque, in un turbine di maschere, sete, luci soffuse e scandali da salotto. Luisa Casati non è soltanto il soggetto di questo fumetto, è il suo stesso spirito guida: una presenza magnetica che attraversa le pagine come se le animasse dall’interno, con la stessa teatralità con cui solcava i salotti dell’alta società europea.

Un personaggio larger than life

Ma chi era davvero Luisa Casati? Per comprenderlo non basta etichettarla come aristocratica o mecenate. Era molto di più: una performer ante litteram, una celebrità pre-instagrammica che viveva per trasformare se stessa in un’opera d’arte vivente. Capelli fiammeggianti, occhi diabolici, mise provocatorie, ghepardi al guinzaglio, levrieri albini come accessori viventi, nudità sfacciate per le calli veneziane… ogni gesto della Casati era parte di una costruzione scenica accuratamente studiata, in cui lei era al tempo stesso regista, scenografa e protagonista.

Vanna Vinci, artista e autrice tra le più raffinate del fumetto europeo, ha saputo restituirci tutto questo con un tratto elegante, stilizzato ma denso di espressività. Ogni vignetta sembra quasi danzare, al ritmo di un valzer decadente, in bilico tra realtà e leggenda. Non c’è nulla di statico in quest’opera: è una narrazione in continuo movimento, che fluttua tra le stanze delle ville sfarzose, i saloni delle feste in maschera e le pieghe intime di una donna ossessionata dall’arte, dalla bellezza e dalla propria immagine.

Tra storia e mito: una biografia illustrata

“La Casati. La musa egoista” è a tutti gli effetti un romanzo grafico biografico, basato su documenti, testimonianze, lettere e ricordi di chi conobbe davvero la marchesa. Tra le pagine sfilano nomi altisonanti come Gabriele D’Annunzio, suo amante e sodale spirituale, la danzatrice Isadora Duncan, il futurista Tommaso Marinetti, il pittore Giovanni Boldini. È un mosaico narrativo che ripercorre la vita della Casati dalle origini – figlia della buona borghesia milanese e poi moglie di un marchese – fino alla sua morte in miseria, avvenuta a Londra nel 1957. Sulla sua tomba, un epitaffio rubato a Shakespeare recita: “L’età non può appassirla, né l’abitudine rendere insipida la sua infinita varietà”. E mai frase fu più calzante.

Natalia Aspesi, nella prefazione all’edizione italiana, sottolinea come la Casati sia stata una figura senza tempo, una “celebrità asessuata”, capace di interpretare ruoli maschili e femminili con la stessa potenza, travestendosi da Cesare Borgia o da Regina della Notte, in un continuo gioco di trasformazioni che oggi definiremmo queer, ma che allora era solo pura, sfacciata libertà.

Un’opera che parla al presente

Eppure, quello che rende questo volume così potente è la sua straordinaria attualità. In un’epoca in cui l’immagine è diventata identità, in cui i social media hanno trasformato ognuno in curatore della propria vita pubblica, la figura della Casati risuona come un’icona moderna ante litteram. Lei è stata influencer prima che esistesse il termine, body artist prima delle installazioni performative, musa e mecenate prima ancora che l’autorealizzazione diventasse una filosofia di vita. In questo senso, il lavoro di Vanna Vinci non è solo un omaggio nostalgico, ma una riflessione profonda sull’identità, la vanità, il desiderio di lasciare un segno.

Con uno stile grafico inconfondibile, fatto di tratti netti, atmosfere oniriche e sguardi penetranti, Vinci ci guida in questo viaggio tra sogno e realtà, tra arte e delirio. La postfazione dell’autrice stessa arricchisce ulteriormente la lettura, offrendo uno sguardo lucido e appassionato sulla costruzione del mito Casati, ma anche sulle scelte narrative e stilistiche che ne hanno definito la trasposizione.

Perché leggere “La Casati. La musa egoista”?

Perché è un’opera che trascende il genere. Non è solo una biografia, né soltanto un graphic novel: è un atto d’amore verso l’eccentricità, un’ode al diritto di essere diversi, una celebrazione del potere dell’immaginazione. In un mondo sempre più omologato, leggere di una donna che ha avuto il coraggio di vivere come un’opera d’arte è un atto rivoluzionario.

Chi ama i fumetti d’autore, la storia dell’arte, la moda, la cultura pop e le grandi icone del Novecento troverà in “La Casati. La musa egoista” una lettura imprescindibile, capace di divertire, affascinare e far riflettere. E per chi non la conosce ancora, Luisa Casati sarà una folgorazione.

Se siete appassionati di graphic novel biografici, di figure fuori dagli schemi e di storie che si aggirano tra il glamour e il gotico, non lasciatevi sfuggire questo gioiello.

Sergio Bonelli Editore presenta una nuova edizione di “Tex. Trapper”: Un Ritorno Leggendario nel Selvaggio West

Questa primavera promette di essere ricca di emozioni per gli appassionati di fumetti, soprattutto per quelli legati alla leggendaria saga di Tex Willer. Sergio Bonelli Editore ha deciso di riportare in auge una delle storie più iconiche del Ranger con una nuova edizione di Tex. Trapper. Se siete fan della serie o semplicemente amanti delle avventure western ben scritte, questo volume non potrà di certo mancare nella vostra collezione. Scritto dal creatore di Tex, Gianluigi Bonelli, e illustrato dal talentuoso Erio Nicolò, Tex. Trapper è una delle storie più intense del ranger più amato d’Italia. La trama ci catapulta nel cuore del Missouri, dove Tex e i suoi inseparabili compagni – i pards – si avventurano nelle fredde foreste per aiutare alcuni trappers in difficoltà. Ma il loro scopo non è solo salvare i cacciatori di pellicce. Lungo la strada, il gruppo dovrà fare i conti con la pericolosa rete criminale capeggiata da Mister Jackson, un mercante senza scrupoli della Rocky Mountains Company, che traffica illegalmente con le pelli. Se questo non fosse già abbastanza, Tex e i suoi amici dovranno affrontare anche la tribù degli indiani Snake, guidata dal feroce Piccolo Tuono, in un conflitto che raggiungerà il culmine con il rapimento di Tex e Tiger Jack, costretti a partecipare alla terribile “corsa della freccia”, un rito che mette a dura prova la loro forza e determinazione.

La nuova edizione del volume, che sarà disponibile in libreria e fumetteria a partire dall’11 aprile, presenta una copertina spettacolare realizzata da Claudio Villa, che cattura l’essenza avventurosa e implacabile di Tex. Ma non è solo la parte visiva a brillare: l’introduzione del volume è a cura di Luca Barbieri, che offre un’analisi dettagliata della storia e del contesto in cui è stata scritta, arricchendo ulteriormente l’esperienza di lettura.

Questa edizione di Tex. Trapper si inserisce all’interno del progetto editoriale di Sergio Bonelli Editore, che continua a rieditare le storie classiche di Tex in formato libro. L’obiettivo è celebrare la legacy di Tex e del suo creatore, Gianluigi Bonelli, ma anche di rendere omaggio agli autori che, come Erio Nicolò, hanno contribuito a dare vita a uno dei personaggi più iconici del fumetto italiano. Il tratto di Nicolò, pulito e dinamico, è perfetto per raccontare questa avventura, dando vita a scene mozzafiato che spaziano dall’inseguimento nelle foreste al confronto tra i pards e i loro nemici. Ogni pagina è un’immersione totale nel West selvaggio e senza legge, dove l’onore e il coraggio sono messi alla prova ogni giorno.

Un altro punto di forza del volume è la presenza di Pat Mac Ryan, uno degli amici più fedeli di Tex, che aggiunge un tocco di familiarità e di cameratismo alla trama. Il legame tra i pards è una delle caratteristiche fondamentali delle storie di Tex, e Tex. Trapper non fa eccezione, con i personaggi che si supportano a vicenda durante le sfide più dure e le battaglie più rischiose.

Ma cosa rende davvero speciale questa edizione? Non è solo la storia, né solo la qualità della pubblicazione. È l’opportunità di rivivere un pezzo di storia del fumetto italiano, una storia che continua a essere apprezzata e amata da generazioni di lettori. Tex. Trapper è una delle tante avventure che hanno costruito il mito di Tex Willer, e questa nuova edizione è il modo perfetto per riscoprirla, per apprezzare il talento di Gianluigi Bonelli come sceneggiatore e di Erio Nicolò come illustratore, ma anche per portare a casa un pezzo della cultura fumettistica italiana.

Il Ritorno di un Capolavoro: «I Promessi Sposi» a Fumetti di Attilio Micheluzzi e Mino Milani

Edizioni NPE ha recentemente dato il via a un’operazione culturale di grande valore, proponendo una nuova edizione di «I Promessi Sposi» a fumetti, il celebre adattamento realizzato negli anni Ottanta da Attilio Micheluzzi e Mino Milani. Un’opera che, da oggi, torna a far parlare di sé, in un’edizione di pregio che si aggiunge alla collana “Attilio Micheluzzi”, dedicata alla riproposizione dell’intera produzione del maestro.

Il romanzo «I Promessi Sposi», scritto da Alessandro Manzoni, è una delle opere più importanti della letteratura italiana e, con il passare degli anni, ha ispirato innumerevoli trasposizioni artistiche. Dalla letteratura al teatro, dal cinema alla musica, non c’è forma di espressione che non abbia cercato di rendere omaggio alla storia di Renzo e Lucia, due giovani protagonisti costretti a lottare contro le ingiustizie e le avversità del loro tempo. Micheluzzi e Milani, negli anni Ottanta, decisero di affrontare la sfida di portare questo capolavoro letterario nel mondo del fumetto, regalando ai lettori una versione unica, dalle tavole straordinarie.

Il risultato di questa trasposizione è un’opera dalla potenza espressiva straordinaria. Il tratto deciso e dinamico di Micheluzzi, uno degli artisti più acclamati del fumetto italiano, è accompagnato dalla sceneggiatura di Mino Milani, che riesce a restituire tutta la maestosità e la complessità del romanzo manzoniano. La narrazione si sviluppa attraverso i punti di vista di alcuni dei personaggi più emblematici del romanzo, come Padre Cristoforo, l’Innominato e Don Rodrigo, i quali permettono di esplorare la trama da angolazioni diverse, riflettendo così la natura corale dell’opera di Manzoni. Ogni tavola è un inno visivo all’intensità emotiva della storia, con una cura minuziosa delle ambientazioni che rendono palpabile l’atmosfera dell’Italia seicentesca.

Le illustrazioni di Micheluzzi non solo si riflettono nella narrazione, ma contribuiscono a costruire il mondo che Manzoni ha creato nei suoi romanzi, dove la lotta tra il potere e l’umiltà, il destino e la speranza, sono raccontati con una profondità che solo un medium come il fumetto può esprimere. La trasposizione a fumetti di «I Promessi Sposi» è dunque un’interpretazione che non tradisce l’opera originale, ma la arricchisce con un dinamismo narrativo che rende l’esperienza di lettura ancora più coinvolgente e visivamente affascinante.

Pubblicata per la prima volta nel 1981 in tre numeri della rivista «Il Messaggero dei Ragazzi», questa trasposizione è ora raccolta in un unico volume in formato cartonato a colori. Edizioni NPE, con questa nuova edizione, vuole rendere omaggio a un capolavoro che non smette mai di affascinare nuove generazioni di lettori. Disponibile in libreria a partire dal 21 marzo, il volume rappresenta un’occasione imperdibile per gli appassionati del fumetto, della letteratura e della storia del nostro paese.

La nuova edizione, che rientra nella collana “Attilio Micheluzzi”, non si limita a essere una ripubblicazione, ma un atto di recupero culturale che celebra l’importanza di un’opera che ha segnato un’epoca. Micheluzzi, con il suo tratto inconfondibile, e Milani, con la sua capacità di rendere le parole di Manzoni ancora più vive e potenti, hanno creato un adattamento che è diventato, negli anni, un riferimento imprescindibile per tutti gli amanti del fumetto e della letteratura. Con questa nuova uscita, «I Promessi Sposi» a fumetti si conferma come un’opera imprescindibile per ogni appassionato di fumetto e letteratura, un incontro straordinario tra la classicità della letteratura manzoniana e la forza visiva del fumetto. Non perdere l’opportunità di rivivere una delle storie più amate della cultura italiana, sotto una nuova e affascinante veste grafica.

Frigidaire: Storia e immagini della più rivoluzionaria rivista d’arte del mondo

Si apre oggi a Roma, fino al 7 settembre, la mostra “Frigidaire: Storia e immagini della più rivoluzionaria rivista d’arte del mondo“, un evento imperdibile per gli appassionati di fumetto, arte e cultura alternativa. Ospitata nel suggestivo Museo di Roma in Trastevere, l’esposizione celebra la storia e l’eredità di una delle riviste più innovative del panorama artistico italiano e internazionale. La manifestazione vede la partecipazione di Lucca Comics & Games come unico festival partner, rafforzando il legame storico tra la rivista e il più importante evento italiano dedicato al fumetto e al gioco.

Frigidaire è stata una pubblicazione che ha segnato un’epoca, fungendo da catalizzatore per alcuni dei più grandi talenti della nona arte. Sotto la direzione di Vincenzo Sparagna e con il contributo di maestri come Andrea Pazienza, Stefano Tamburini, Tanino Liberatore, Filippo Scozzari e Massimo Mattioli, la rivista ha dato vita a un movimento culturale unico. Presentata per la prima volta a Lucca nel 1980, Frigidaire ha ridefinito i confini del fumetto, fondendo satira, giornalismo d’assalto, arte e politica in un mix esplosivo che continua a influenzare il panorama contemporaneo.

La mostra propone un viaggio straordinario attraverso l’universo visivo e concettuale di Frigidaire, con oltre 300 opere originali tra copertine iconiche, tavole inedite, fotografie e documenti d’archivio. Un ruolo centrale avrà il concetto di “Arte Maivista”, teorizzato dagli stessi autori della rivista: un approccio rivoluzionario che ha spinto i confini dell’espressività artistica e narrativa.

Il percorso espositivo ripercorre le tappe fondamentali della rivista, dall’esordio negli anni Ottanta fino alle più recenti pubblicazioni, mostrando l’evoluzione stilistica e tematica che ha reso Frigidaire un simbolo della controcultura. Tra le opere in mostra, spiccano le tavole di RanXerox, il celebre antieroe cyberpunk creato da Tamburini e Liberatore, che con la sua estetica brutale e visionaria ha ridefinito il fumetto europeo.

Oltre ai materiali storici, l’evento offrirà una serie di incontri e approfondimenti con esperti del settore, proiezioni video e performance artistiche, creando un’esperienza immersiva per i visitatori. L’obiettivo è non solo celebrare il passato glorioso della rivista, ma anche stimolare un dialogo con le nuove generazioni di artisti e lettori.

L’iniziativa si inserisce in un contesto più ampio di valorizzazione del fumetto come espressione artistica e culturale, in vista della creazione del Museo Nazionale del Fumetto, un progetto promosso da Lucca Comics & Games. “L’ecosistema di Lucca Comics & Games sta crescendo e sulla soglia di una fondazione di un museo di livello internazionale, riafferma sempre la centralità della storia del fumetto italiano”, ha dichiarato Emanuele Vietina, direttore della manifestazione lucchese.

Frigidaire non è stata solo una rivista, ma un manifesto di libertà creativa, un laboratorio di idee che ha sfidato convenzioni e censura, lasciando un’impronta indelebile nella storia della comunicazione visiva. La mostra romana rappresenta un’opportunità unica per riscoprire un capitolo fondamentale del fumetto italiano e del pensiero artistico alternativo. Per chi ama la sperimentazione, la satira e la cultura underground, questa esposizione è un appuntamento da non perdere.

Pieruigi Sangalli, il Maestro del Fumetto Italiano: Addio a un’Icona di Braccio di Ferro, Geppo e Topo Gigio

Il 13 marzo 2025, l’industria del fumetto italiano ha perso uno dei suoi maestri più discreti e silenziosi, Pierluigi Sangalli, che si è spento all’età di 86 anni. Questo nome, forse poco noto al grande pubblico ma di fondamentale importanza per i cultori del fumetto, è legato a personaggi iconici come Geppo e Braccio di Ferro, due figure che hanno segnato un’epoca della cultura popolare italiana.

Sangalli, nato a Monza il 5 novembre 1938, aveva intrapreso il cammino del disegno sin dalla sua giovinezza, dimostrando fin dai tempi scolastici una predilezione per l’arte, un talento che si manifestava già nelle caricature di compagni di scuola e insegnanti. Dopo aver conseguito il diploma di ragioneria, non volle seguire la via più tradizionale della sua formazione e decise di dedicarsi al disegno, una scelta che lo avrebbe portato a lasciare un’impronta indelebile nel panorama fumettistico nazionale.

La sua carriera, che ebbe inizio nel 1958 con le Edizioni Il Ponte di Renato Bianconi, lo portò a collaborare con alcuni dei più grandi del fumetto italiano, come Mario Sbattella, e successivamente a lavorare su alcune delle serie più popolari dell’epoca. Tra i primi progetti che lo videro coinvolto ci furono le serie di Volpetto, Trottolino e Felix the Cat, un fumetto che lo avrebbe accompagnato per tutta la sua carriera, entrando nei cuori degli appassionati di tutte le generazioni.

Il suo nome è però indelebilmente legato ai personaggi che, più di tutti, hanno rappresentato la sua essenza artistica: Geppo e Braccio di Ferro. Con Geppo, Sangalli non solo si limitò a disegnare, ma divenne anche sceneggiatore, dando nuova vita al personaggio e rinnovando la sua grafica, facendo di Geppo uno dei fumetti più amati in Italia. Il suo contributo fu fondamentale per la creazione di nuovi personaggi di complemento, e la sua firma divenne sinonimo di qualità per il periodico dedicato a Geppo, che, sotto la sua guida, non solo sopravvisse ma prosperò fino al 1996.

Contemporaneamente, Sangalli si dedicò anima e corpo a Braccio di Ferro, il mitico personaggio dei fumetti americani che negli anni Sessanta conobbe una nuova vita grazie alla versione italiana pubblicata dalla Casa Editrice Bianconi. Non solo disegnò le storie per oltre tre decenni, ma fu anche l’autore delle copertine di tutte le testate del personaggio, regalando un volto riconoscibile e distintivo a Braccio di Ferro, che divenne un simbolo per molte generazioni di lettori.

Nel corso degli anni, Sangalli si dedicò anche alla realizzazione di storie per altri personaggi di rilievo, come Felix the Cat, Provolino e Topo Gigio, lasciando un segno in tutte le serie in cui intervenne, dalla sua partecipazione nel 1967 alla realizzazione di storie di Provolino, fino agli anni Novanta, quando lavorò anche sulle storie di Topo Gigio per FPM Editore.

Ma la sua produzione non si limitò solo ai fumetti di personaggi noti. Sangalli si avventurò anche nella creazione di storie più personali e inedite, come quelle di Zurlino, Monico l’Olimpionico e Saruzzo, un personaggio legato al mondo dello spettacolo e creato per i fumetti ispirati al pupazzo di Franco Franchi. Questi progetti, pur non avendo la stessa visibilità dei suoi lavori su Geppo o Braccio di Ferro, dimostrano la sua capacità di spaziare e reinventarsi costantemente, sempre con la stessa passione e dedizione.

La sua carriera, che si estende oltre i confini dei fumetti per bambini, toccò anche ambiti più maturi e riflessivi. Dopo il 1998, infatti, Sangalli si dedicò a un’attività più intima e meno conosciuta, realizzando illustrazioni per enti locali, creando manifesti e materiale promozionale per il turismo e l’educazione, attività che lo vedevano come una figura preziosa nella valorizzazione culturale del suo territorio.

L’addio di Pierluigi Sangalli rappresenta una perdita significativa per il mondo del fumetto, ma anche per quella parte della cultura italiana che ha visto in lui non solo un artista, ma un narratore silenzioso delle storie più amate. I suoi disegni hanno fatto parte delle vite di milioni di lettori, dai bambini agli adulti, che hanno trovato nelle sue tavole non solo un tratto riconoscibile ma anche un senso di familiarità, come se quei personaggi fossero parte della loro quotidianità. Ora che Sangalli ci ha lasciato, rimarranno solo le sue opere, a testimoniare l’incredibile percorso di un uomo che, attraverso il fumetto, ha saputo regalare sorrisi e riflessioni a intere generazioni. Un addio che lascia un vuoto difficile da colmare.

Protagoniste: eroine e autrici dei fumetti nel Corriere dei Piccoli della prima metà del ‘900

Per celebrare la Giornata Internazionale della Donna, l’8 marzo, arriva in libreria un libro che promette di far luce su un aspetto spesso trascurato della storia del fumetto italiano: la presenza femminile tra le pagine del Corriere dei Piccoli. Il volume, intitolato Protagoniste: eroine e autrici dei fumetti nel Corriere dei Piccoli della prima metà del 900, è un’opera a cura di Laura Scarpa e Alessandra Lazzari, con un saggio di Paola Pallottino, che esplora il ruolo delle donne, tanto come personaggi che come autrici, nella nascita e nello sviluppo del fumetto in Italia.

Attraverso un’attenta analisi, Protagoniste racconta di come, nelle prime fasi del fumetto italiano, le protagoniste femminili fossero spesso relegati a ruoli secondari o a figure stereotipate, legate alla figura della donna ideale, dolce e incline alle virtù domestiche. Queste eroine, nate dalla penna e dai disegni di autori prevalentemente maschi, si muovevano in contesti che riflettevano un’immagine idealizzata della borghesia, ma anche una curiosa interazione con figure femminili più modeste, spesso protagoniste di piccole storie umoristiche o avventurose.

Una delle caratteristiche peculiari delle protagoniste create dai primi autori, come Antonio Rubino, Mario Pompei e altri, è la loro vivacità e ambizione, purtroppo spesso espressa attraverso situazioni in cui finivano coinvolte in disavventure o pasticci. Alcune, come le gemelle Bice e Bauci create da Mario Pompei, o la banda di Didì composta da una capra, un cane e un gatto, diventano figure di rottura rispetto ai canoni dominanti, portando una ventata di freschezza e originalità. La presenza femminile nei fumetti inizia a evolversi lentamente, ma è solo verso la fine degli anni ’70, in concomitanza con le conquiste politiche e sociali del movimento femminista, che le fumettiste cominciano ad emergere in maniera significativa.

Protagoniste non si limita solo ad analizzare le prime eroine di carta, ma dedica anche un ampio spazio alle autrici che hanno dato vita a queste storie. Sebbene le prime scrittrici di fumetti siano state in gran parte anche illustratrici e autrici di racconti, le vere e proprie fumettiste si fanno strada timidamente solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Tra le prime ad emergere c’è Paola Bologna, una figura poliedrica che si distingue non solo come fumettista, ma anche come tennista e ceramista. Un’altra figura enigmatica è Emita, che rimane uno dei misteri più affascinanti della storia del fumetto italiano. Con il tempo, però, il panorama si arricchisce di nuovi nomi: Grazia Nidasio, Gioia, Iris De Paoli e, al di fuori del Corriere dei Piccoli, anche Lina Buffolente, che aprono la strada a una nuova generazione di autrici che rivoluzionano il panorama fumettistico italiano.

Il volume, arricchito dalla consulenza di Paola Pallottino, vuole essere un omaggio a quelle donne che hanno spezzato le gabbie di ruolo in cui la società le confinava, restituendo loro una visibilità che per troppo tempo era stata negata. Non si tratta solo di analizzare la presenza femminile nei fumetti, ma di raccontare una vera e propria rivoluzione culturale, che ha visto le donne passare da semplici figure di contorno a protagoniste di storie più complesse e affascinanti.

“Protagoniste: eroine e autrici dei fumetti nel Corriere dei Piccoli della prima metà del 900” si inserisce quindi in un progetto più ampio che cerca di raccontare e valorizzare le voci femminili che hanno saputo rivoluzionare il mondo del fumetto, partendo dai suoi albori fino ad arrivare alle autrici contemporanee che continuano a dare vita a storie di grande impatto e rilevanza culturale. La narrazione della storia del fumetto italiano attraverso il Corriere dei Piccoli non è solo un viaggio nel passato, ma anche un’occasione per riflettere sul cammino che ancora oggi le donne devono percorrere per conquistare il pieno riconoscimento del loro ruolo nell’arte del fumetto.

Questo libro è un’opera che, grazie alla sua ricca documentazione e alla prospettiva storica che offre, diventa un punto di riferimento per chi vuole comprendere le dinamiche di un’industria che ha visto crescere e affermarsi anche le voci femminili, troppo spesso ignorate nel racconto tradizionale della cultura popolare. Un omaggio necessario a chi, con creatività e determinazione, ha saputo cambiare le regole del gioco.

I Peanuts compiono 75 anni: Panini Comics celebra l’anniversario con The Complete Peanuts

Era il 2 ottobre 1950 quando un gruppo di bambini, guidati dall’adorabile ma sfortunato Charlie Brown, fece il suo debutto sulle pagine di alcuni importanti quotidiani americani. Da quel giorno, i Peanuts sono diventati un fenomeno culturale senza precedenti, conquistando generazioni di lettori con la loro miscela unica di umorismo e riflessione filosofica. Oggi, a 75 anni di distanza, l’amatissima striscia creata da Charles M. Schulz continua a essere un’icona della cultura pop, capace di emozionare e far sorridere grandi e piccini. Per celebrare questa straordinaria ricorrenza, Panini Comics lancia The Complete Peanuts, una collana monumentale che raccoglie l’intera epopea del fumetto dal 1950 al 2000.

Una storia lunga cinquant’anni

I Peanuts non sono mai stati un semplice fumetto, ma un vero e proprio specchio della società. Le strisce di Schulz raccontano la vita quotidiana attraverso gli occhi di un gruppo di bambini, ognuno con una personalità ben definita: Charlie Brown, l’eterno insicuro con la sua lotta per il successo; Snoopy, il suo fedele e stravagante bracchetto dalla fantasia sconfinata; Lucy, determinata e spesso insopportabile, in costante conflitto con il dolce e riflessivo Linus, inseparabile dalla sua iconica coperta di sicurezza. Accanto a loro troviamo il prodigioso pianista Schroeder, innamorato della musica di Beethoven, e Piperita Patty, sportiva e dal carattere deciso.

Le strisce dei Peanuts, pubblicate su quotidiani come il Washington Post e il Chicago Tribune, hanno saputo affrontare temi universali come l’amicizia, il fallimento e il senso della vita con una leggerezza che cela una profondità inaspettata. Anche dopo la conclusione della serie, avvenuta il 13 febbraio 2000, il giorno successivo alla morte di Schulz, il loro impatto sulla cultura contemporanea resta immutato.

The Complete Peanuts: l’edizione definitiva

Per celebrare questo incredibile anniversario, Panini Comics presenta The Complete Peanuts, una collezione che raccoglie tutte le strisce pubblicate nei 50 anni di vita del fumetto. La serie, disponibile a partire dal 30 gennaio in libreria, fumetteria e su Panini.it, è suddivisa in 26 volumi pubblicati mensilmente. Ogni volume è arricchito da approfondimenti esclusivi e saggi redatti da esperti del settore: il primo include un’introduzione di Garrison Keillor e un saggio biografico su Schulz scritto da David Michaelis.

The Complete Peanuts è molto più di una semplice ristampa: è un viaggio attraverso la storia del fumetto e della società stessa. La narrazione di Schulz ha influenzato generazioni di artisti e lettori, lasciando un’eredità che continua a ispirare. Questa edizione rappresenta un’occasione unica per scoprire (o riscoprire) il mondo dei Peanuts, immergendosi in una delle più grandi opere della storia del fumetto mondiale.

In occasione dei 75 anni dei Peanuts, non c’è modo migliore per celebrare questa pietra miliare se non tornando alle origini di una delle strisce più amate di sempre. Grazie a Panini Comics, l’intera epopea dei Peanuts è finalmente disponibile in una collezione definitiva che permetterà a nuove generazioni di lettori di innamorarsi ancora una volta di Charlie Brown e dei suoi amici.

Chi ha paura di Baba Yaga? Il genio di Crepax tra magia, seduzione e arte

Con la pubblicazione di “Chi ha paura di Baba Yaga?”, le storie raccolte in questo volume ci conducono nel cuore pulsante del genio artistico di Guido Crepax. Un viaggio che celebra uno dei vertici assoluti del fumetto italiano e mondiale, dove il personaggio di Valentina trova la sua piena maturità narrativa, intrecciandosi in un intricato e seducente duello con la figura di Baba Yaga, la strega moderna, ambigua e perversa, che si erge come sua nemesi. Disponibile in libreria dal 25 febbraio, questo volume è un invito irresistibile a immergersi in un universo di erotismo, poesia, analisi sociale, fantasia, sogno e realtà. Ogni pagina di Crepax conserva una straordinaria attualità, un ponte fra epoche che dialogano attraverso il linguaggio universale dell’arte.

La magia oscura di Baba Yaga

Valentina si trova faccia a faccia con la sua sinistra e affascinante controparte, Baba Yaga. Non è solo una strega nel senso classico del termine: è una creatura aristocratica e inquietante, un simbolo di manipolazione e seduzione. Baba Yaga rappresenta la modernità perversa che si scontra con l’’umanità e le debolezze di Valentina, in una danza narrativa che esplora i limiti del desiderio e della paura. La loro relazione non è soltanto uno scontro, ma un intreccio di potere e vulnerabilità, in cui ogni pagina diventa un labirinto di significati.Queste storie si intrecciano con titoli iconici come Baba Yaga, Barbablù, Chi ha paura di Baba Yaga?, Annette e Il Piccolo Re. Sono racconti che trascendono il tempo e lo spazio, portando il lettore in una dimensione onirica dove il confine tra reale e immaginario si dissolve.

Nel 1974, il fascino oscuro di Baba Yaga venne trasposto sul grande schermo in un film oggi considerato di culto, in cui Guido Crepax stesso collaborò per dare forma visiva alla sua visione unica. Questo lungometraggio rimane un pilastro della cinematografia d’autore, capace di incantare e inquietare con la sua estetica avanguardistica.

La rivoluzione di Valentina

Creata nel 1965, Valentina è ben più di una semplice protagonista di fumetti. Con il suo taglio cinematografico e onirico, la serie dedicata a lei è un caleidoscopio di citazioni che spaziano dalla storia all’arte, fino al fumetto stesso. Nelle sue avventure, il confine tra reale e immaginario si dissolve, lasciando spazio a un universo dove sogno e realtà si fondono in una danza ipnotica. Valentina è diventata un’icona, tanto da apparire in ambiti pubblicitari e persino in una serie televisiva del 1989.

Nato a Milano il 15 luglio 1933, Guido Crepax inizia il suo percorso creativo nel mondo dell’illustrazione e della grafica pubblicitaria, parallelamente agli studi di architettura. Nel 1963 torna al fumetto, il suo primo amore, e pochi anni dopo dà vita a Valentina, che debutta nel numero 3 della leggendaria rivista Linus. Da lì in poi, Crepax diventa un punto di riferimento internazionale, dando vita a una galleria di eroine indimenticabili come Belinda, Bianca e Anita.Oltre a creare personaggi originali, Crepax reinterpreta i classici della letteratura erotica con sofisticate trasposizioni a fumetti, da Emmanuelle a Justine e Histoire d’O. Le sue opere hanno varcato i confini nazionali, conquistando pubblico e critica in paesi come Francia, Germania, Giappone e Stati Uniti.Dopo una lunga carriera di successi e innovazioni, Crepax ci ha lasciati il 31 luglio 2003, ma la sua eredità continua a vivere nelle sue tavole, che restano pietre miliari studiate e imitate da generazioni di artisti.

“Chi ha paura di Baba Yaga?” non è solo un volume di fumetti, ma un’esperienza immersiva che celebra la maestria di Guido Crepax e la complessità di Valentina. Un’opera da riscoprire, capace di sedurre con il suo fascino intramontabile e di stimolare riflessioni profonde sul potere dell’immaginazione.

Le grandi imprese dell’uomo di Dino Battaglia: una raccolta imperdibile

Edizioni NPE sta per pubblicare un volume che ogni appassionato di fumetti e storia non può perdere: Le grandi imprese dell’uomo di Dino Battaglia. Questo straordinario lavoro raccoglie per la prima volta in un unico libro le indimenticabili storie che hanno segnato un’epoca, cambiando per sempre il modo di raccontare le vicende dell’uomo e i suoi conflitti.

Con ben quindici storie, accompagnate da numerose illustrazioni, l’opera esplora una varietà di temi che spaziano dalla guerra all’umanità, riuscendo a toccare corde emotive che trascendono il tempo. Realizzate tra gli anni Sessanta e Settanta, queste storie sono state pubblicate inizialmente sulle riviste Corriere dei Piccoli, Corriere dei Ragazzi e Sgt. Kirk, ma non erano mai state raccolte in un volume completo. Alcune di esse non erano nemmeno più state ripubblicate da tempo, rendendo questa edizione ancora più preziosa.

Un altro grande nome del fumetto italiano, Milo Milani, che all’epoca usava gli pseudonimi Eugenio Ventura e Piero Selva, ha curato i testi di quasi tutte le storie, portando il suo stile unico e profondo che ha saputo dare voce a temi universali. Il risultato è una narrazione che, seppur radicata in un contesto storico preciso, rimane attuale e capace di toccare temi universali come l’umanità, la lotta e la speranza, temi che nessuna guerra può cancellare.

Questa raccolta si inserisce nella collana dedicata a Dino Battaglia di Edizioni NPE, giunta al suo diciannovesimo volume, e sarà disponibile in libreria a partire dal 13 dicembre. Per gli appassionati del maestro e del fumetto in generale, Le grandi imprese dell’uomo rappresenta un’occasione unica per rivivere una parte fondamentale della storia del fumetto italiano. Non perdere questa straordinaria occasione di immergerti in storie che hanno fatto la storia del fumetto e continuano a parlare al cuore dei lettori.

Il Giappone crea un archivio nazionale per preservare l’animazione e il manga

Una notizia entusiastica per gli appassionati di anime e manga arriva direttamente dal Giappone: il governo giapponese ha deciso di istituire un archivio nazionale dedicato alla conservazione e valorizzazione di queste forme d’arte fondamentali per la cultura nipponica. Un’iniziativa che ha già catturato l’immaginazione di chi da sempre considera gli anime e i manga non solo come intrattenimento, ma come una vera e propria parte del patrimonio culturale del paese.

La notizia arriva grazie a una collaborazione tra il governo e alcune figure iconiche dell’industria dell’animazione giapponese, tra cui Hideaki Anno e Machiko Satonaka, che hanno contribuito a dare forma a questo progetto ambizioso. L’obiettivo? Proteggere per il futuro i genga (i disegni preparatori), i rodovetri (i fondali dipinti) e tutti quei materiali che sono stati parte integrante della storia dell’animazione e del fumetto giapponese, molti dei quali sono stati a lungo ignorati o addirittura gettati via.

Per comprendere meglio l’importanza di questo progetto, basta pensare a quanto gli anime e i manga abbiano avuto un impatto enorme non solo in Giappone, ma in tutto il mondo. Questi media sono diventati veicoli di valori, tradizioni e storie che parlano a generazioni di persone, riflettendo la società nipponica e le sue trasformazioni. Purtroppo, per molto tempo, i materiali utilizzati per creare queste opere non sono stati considerati come tesori da preservare, ma solo come prodotti di consumo destinati a sparire una volta utilizzati. Molti di questi reperti, quindi, sono andati perduti nel corso degli anni, lasciando un vuoto difficile da colmare.

L’archivio nazionale che verrà creato avrà il compito di proteggere e conservare questi materiali storici, per garantire che le future generazioni possano accedere e studiare il lavoro che ha reso grande l’industria dell’animazione giapponese. Oltre alla conservazione, una parte fondamentale del progetto sarà la catalogazione e l’organizzazione di tutti i reperti per facilitare la ricerca. L’intento è anche quello di promuovere la conoscenza e l’apprezzamento di questa forma d’arte, sia in Giappone che all’estero, offrendo uno spazio che renda onore alla storia e all’evoluzione degli anime e dei manga.

Questo ambizioso progetto, tuttavia, non sarà facile da realizzare. Si dovranno individuare e acquisire molti dei materiali dispersi in studi di animazione, case editrici e collezioni private. La costruzione di questo archivio richiederà tempo, risorse e un impegno costante per portare a termine una missione tanto importante quanto sfidante.

Con questa mossa, il Giappone dimostra ancora una volta il suo profondo rispetto per la propria cultura e la sua volontà di preservarla per le generazioni future. Non solo è un passo importante per tutelare un patrimonio unico al mondo, ma è anche un gesto che dimostra quanto la passione per gli anime e i manga abbia conquistato il cuore di milioni di persone in tutto il mondo, e come questa arte continui a vivere e ad evolversi.

Fonte

Kingdom Come: L’epica di un futuro distopico che ha riscritto la storia dei supereroi

Pubblicato a metà degli anni Novanta, Kingdom Come è una miniserie che ha lasciato un segno indelebile nell’universo fumettistico. Scritta da Mark Waid e illustrata dal genio pittorico di Alex Ross, quest’opera si distingue per la sua profondità narrativa e la sua straordinaria realizzazione visiva. Ambientata in un futuro distopico, Kingdom Come esplora il conflitto tra una generazione di eroi anziani e un’irruenta nuova ondata di vigilanti spregiudicati, creando uno degli universi alternativi più affascinanti mai concepiti.

Il successo di Kingdom Come non è stato solo un trionfo critico, ma anche commerciale. La miniserie, pubblicata dalla DC Comics sotto la linea Elseworlds, ha ottenuto consensi sia dai lettori di lunga data che dai neofiti. Lo stile pittorico di Ross, caratterizzato da un realismo che rasenta la fotografia, ha contribuito a dare nuova linfa al fumetto come forma d’arte, trasportando il medium a un livello superiore. La narrazione di Waid, sempre intensa e riflessiva, esplora temi universali come la giustizia, il sacrificio e il concetto di eroe, rendendo la storia non solo un affascinante racconto di superpoteri, ma anche una riflessione sul nostro mondo.

Un’opera atemporale: l’impatto di Kingdom Come sulla cultura popolare

Kingdom Come non è solo un fumetto, è un’opera che ha saputo emozionare diverse generazioni. La sua trama, pur essendo radicata nell’universo DC, parla di temi universali che vanno oltre il confine dei fumetti. La storia si svolge circa una generazione dopo gli eventi canonici dell’universo DC, con un mondo in cui gli eroi della vecchia guardia, come Superman, Batman e Wonder Woman, si scontrano con una nuova generazione di supereroi che ha perso il senso del dovere e della moralità. Questi nuovi eroi, dotati di incredibili poteri, sembrano più concentrati sulla violenza e sull’autosufficienza che sulla protezione della popolazione, creando un ambiente caotico e pericoloso.

Il punto di vista esterno della storia è quello di Norman McCay, un pastore che, assieme allo Spettro, è chiamato a testimoniare l’inevitabile conflitto che segnerà la fine di un’era e l’inizio di una nuova. Questo approccio narrativo, che non segue direttamente gli eroi ma si concentra su un osservatore esterno, conferisce un’atmosfera unica alla miniserie, rendendo la lotta tra le generazioni di eroi ancora più epica.

La rivalità tra Superman e la nuova generazione, rappresentata dal temibile Magog, è il cuore pulsante della trama. Magog, che in un primo momento viene visto come un eroe dalla popolazione, diventa il simbolo della corruzione di un sistema che ha perso il suo scopo. Questo scontro, che si sviluppa in un crescendo di violenza e perdita, culmina in un disastro apocalittico che cambia per sempre il volto del mondo. Ma è proprio in questo momento di crisi che Superman decide di tornare in azione, unendosi a Wonder Woman per fermare il caos.

Alex Ross: Il genio dietro le immagini che raccontano storie

Uno degli aspetti che ha reso Kingdom Come così speciale è senza dubbio il suo stile artistico. Alex Ross, con la sua pittura fotorealistica, è riuscito a dare vita a personaggi iconici come mai prima d’ora. I suoi supereroi non sono solo delle figure stilizzate, ma sembrano veri esseri umani, con emozioni e imperfezioni che li rendono ancora più affascinanti. La sua attenzione ai dettagli, la resa dei volti e l’uso dei colori vivaci hanno creato un’esperienza visiva che ha trasformato Kingdom Come in una vera e propria opera d’arte.

Ross ha saputo sfruttare al massimo la sua tecnica pittorica per trasmettere l’intensità delle emozioni dei personaggi. Ogni scena è costruita con una cura maniacale, e ogni personaggio appare straordinariamente realistico, pur rimanendo fedele alla sua natura supereroica. Le sue illustrazioni non sono solo rappresentazioni visive, ma vere e proprie narrazioni visive che comunicano emozioni, tensione e dramma con una forza straordinaria.

Il ritorno a Kingdom Come: Una campagna di successo su Kickstarter

Recentemente, Kingdom Come ha vissuto una nuova rinascita grazie a una campagna Kickstarter dedicata alla realizzazione di un documentario che esplora l’impatto di questa miniserie sulla cultura popolare. La risposta dei fan è stata straordinaria, con il traguardo dell’obiettivo iniziale raggiunto in poche ore, segno dell’affetto che i lettori nutrono ancora per questa storia leggendaria. La campagna ha confermato che Kingdom Come non è solo un capolavoro del passato, ma un’opera che continua a emozionare e a ispirare nuove generazioni di fan.

La fine di un’era e l’inizio di una nuova: Il messaggio di Kingdom Come

In un mondo dove la figura dell’eroe è spesso associata a potere e violenza, Kingdom Come ci invita a riflettere sul vero significato di essere un eroe. La miniserie ci mostra che essere un eroe non significa solo avere poteri, ma anche avere un senso morale, una bussola interiore che guida le azioni. Superman, il più grande tra gli eroi, è costretto a confrontarsi con la sua missione, il suo ruolo nel mondo e la sua responsabilità verso l’umanità. La sua lotta contro la nuova generazione di eroi è, in fondo, una lotta per salvare l’anima stessa dell’umanità.

La tragedia finale, con il sacrificio di Capitan Marvel e l’esplosione nucleare che segna la fine di una generazione di eroi, è un richiamo a quanto sia fragile l’equilibrio tra il bene e il male. Ma è anche una rinascita, una nuova opportunità per Superman di guidare l’umanità verso un futuro migliore, un futuro dove la speranza e la giustizia non sono solo ideali, ma principi concreti da difendere.

In conclusione, Kingdom Come non è solo un fumetto, è una riflessione profonda sul potere, sul sacrificio e sulla natura dell’eroismo. La sua capacità di parlare a tutte le generazioni, mescolando il fascino del fumetto con la gravità dei temi trattati, lo rende un’opera che non smette mai di emozionare e di far riflettere. Alex Ross e Mark Waid hanno creato un capolavoro che rimarrà per sempre nel cuore dei lettori e che continuerà a ispirare nuove opere e generazioni di creativi.

Non sono stato io di Gianni Bono e Raffaele Mangano

Intorno alla nascita di Diabolik, protagonista indiscusso del fumetto italiano da oltre sessant’anni, ha sempre aleggiato il mistero legato all’identità del disegnatore del primo numero, uscito nel novembre del 1962.  Per decenni, studiosi e appassionati hanno avanzato le ipotesi più disparate. Oggi, finalmente, con il libro “Non sono stato io” pubblicato da IF Edizioni (gruppo Giunti), Raffaele Mangano e Gianni Bono, seguendo tracce e ritrovamenti, ricostruiscono la vicenda e ne svelano i contorni, mettendo fine al mistero.

Ma perché un uomo sparisce nel nulla, rinnega il proprio lavoro, la sua arte, e non reclama i meriti nemmeno quando la sua creazione diventa un enorme successo?

È esattamente quello che ha fatto Angelo Zarcone. Ed è proprio di quest’uomo, dalla cui matita sono nati gli occhi del “Re del Terrore”, che Gianni Bono e Raffaele Mangano raccontano nel libro. Nella postfazione, Mario Gomboli, direttore editoriale di Astorina,  definisce la pubblicazione a quattro mani un vero e proprio romanzo, poiché la vita di Zarcone è sicuramente una storia degna di essere narrata con questa formula.

Soprannominato “il Tedesco” (per calzare d’abitudine sandali e portare spesso un bambino biondo con sé al lavoro), Zarcone era un aspirante pittore nella Milano degli anni ’60, una città che offriva speranze e opportunità a molti giovani provenienti da tutta Italia. Non riuscendo a vivere della sua arte, lavorava come disegnatore per la casa editrice Astoria di Gino Sansoni, specializzata in pubblicazioni rivolte a un pubblico maschile. I titoli di alcune di queste pubblicazioni, come Realtà proibita, I libri del buco, Le inchieste del vizio e Donne di piacere, avevano persino la dicitura “Edizione piombata”, accompagnata da parole provocatorie come perdizione, peccato e perversione.

Creare storie con protagoniste “donnine discinte” era la prassi di  Gino Sansoni,  invece fu la moglie Angela Giussani, ispirata dalla lettura di Fantomas, a concepire per la sua casa editrice Astorina, il progetto di un fumetto incentrato su un uomo malvagio, che volle chiamare Diabolik. Angela, affascinata dalla lettera K, battezzò anche il personaggio Ginko (nome che richiamava quello di suo marito, con l’aggiunta di una K).

Fu lei a commissionare proprio a Zarcone la creazione dell’immagine del protagonista e le illustrazioni del primo fumetto. Ma subito dopo aver consegnato le tavole, alcune delle quali solo abbozzate,  Zarcone scomparve senza lasciare traccia. Nessuno riuscì più a trovarlo e la realizzazione delle successive storie di Diabolik, che presto sarebbe diventato uno dei fumetti più famosi e longevi, venne affidata ad altri disegnatori.

Il “mistero Zarcone” non venne mai risolto, nonostante l’intervento del celebre investigatore Tom Ponzi, i numerosi avvistamenti e varie ipotesi, che oggi definiremmo fake news. Si parlava di lui su un mercantile o su un’isola a gestire un ristorante, o emigrato all’estero. Fu persino identificato come un macellaio di Bagheria, arrivato a Milano da giovane e poi tornato in Sicilia, oppure come paziente in una casa di cura per malattie mentali. Nel 2005, a proposito del caso Orlandi e del ritrovamento della tomba di De Pedis nella basilica di Sant’Apollinare, emerse un indizio inspiegabile: in una delle cappelle della basilica si trova un quadro di Zarcone del 1994, raffigurante San Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei.

Nel romanzo, Bono e Mangano ricostruiscono inoltre le vicende delle Case Editrici Astoria e Astorina, il successo di Diabolik, il legame tra  cronaca ed editoria, sullo sfondo della Milano viva e pulsante degli anni sessanta.

Come in ogni mistero che si rispetti, c’è sempre qualcuno che non si arrende e, per oltre cinquant’ anni, esplora tutte le strade per spiegarsi il rifiuto di Zarcone a rivendicare la paternità di un’opera che gli avrebbe garantito fama e fortuna.

È come se Zarcone avesse voluto dire: “Non sono stato io,” abbandonando il progetto alla sua nascita.

Ma un giorno, quando ormai ogni speranza di ritrovarlo sembrava persa, alla redazione di Astorina arriva un’email impossibile da ignorare: Buongiorno, mi chiamo Davide Tedesco e premetto subito di non essere mai stato un appassionato lettore di Diabolik. Vorrei però raccontare una serie di coincidenze che hanno suscitato la mia curiosità. Di recente ho ristrutturato il mio appartamento a Palermo e, tra i vari arredi, ho acquistato un dipinto a olio firmato Angelo Zarcone…

Gianni Bono è nato a Genova. Giornalista e storico, ha curato Le Tre Giornate del Fumetto, prima manifestazione popolare italiana di settore (1971) e Cartoomics (1992). Ha ideato la Guida al Fumetto Italiano (1993) e creato a Lucca il Museo Italiano del Fumetto (2004). Tra i suoi saggi:Fumetti made in Italy, Topolino 80 anni insieme, Gli anni del Corriere dei Ragazzi, Tex un eroe per amico, Fumetto! 150 anni di Storie Italiane, I Bonelli e G.L. Bonelli Tex sono Io!

Raffaele Mangano è nato a Milano. Durante la sua carriera giornalistica ha diretto periodici e condotto trasmissioni televisive. Dal 2015 al 2020 è stato direttore artistico del Premio Brancati. Nel 2015 ha scritto il saggio: Italiani schiavi per scelta. Ha pubblicato i romanzi: Le lumache non bevono vino (2001), Il mio amico Abdul (2003), Andiamo a bere la pioggia (2005), L’ultimo terrestre (2009), Il pescatore di tonni (2011), Atto Unico (2016),La colpa (2018), La riga sulla emme (2022).

Diabolik – Il nuovo corso artistico e gli stili espressi dalle origini ad oggi

Il saggio “Diabolik – Il nuovo corso artistico e gli stili espressi dalle origini ad oggi” di Carlo Derudas è una vera e propria pietra miliare per tutti gli appassionati del fumetto italiano e internazionale, che desiderano approfondire la storia, l’evoluzione e gli stili grafici della serie che ha segnato un’epoca. Pubblicato da NPE nel 2023, il volume offre una panoramica completa sul processo evolutivo di Diabolik, partendo dalle sue origini negli anni ’60 fino ad arrivare alle moderne incursioni grafiche e stilistiche che hanno contribuito a mantenerlo sempre vivo e innovativo nel panorama fumettistico.Il personaggio di Diabolik, creato dalle sorelle Giussani nel 1962, è riuscito a scuotere il mondo del fumetto con la sua visione audace e il suo stile inconfondibile. Fin dall’inizio, la serie ha rotto gli schemi con un formato tascabile che la rendeva accessibile a un pubblico più ampio, ma anche con il suo approccio crudo e realista al noir, tematiche oscure e protagonisti anti-eroici che sfidano le convenzioni del fumetto classico. Da allora, la serie ha accumulato decenni di storie e cambiamenti, adattandosi ai tempi senza mai perdere la sua anima.

Carlo Derudas, autore del saggio, ha voluto esplorare questo lungo percorso di trasformazione, analizzando in dettaglio le scelte editoriali, le tecniche artistiche e i vari stili che hanno caratterizzato le diverse fasi della serie. Partendo dalla sua nascita, Derudas traccia un’analisi degli autori che si sono succeduti nel tempo, ognuno portando la propria visione e il proprio stile, arricchendo l’opera con sfumature sempre più variegate. Questo approccio permette di vedere come Diabolik, pur mantenendo un’identità grafica solida e riconoscibile, abbia saputo evolversi e rispondere ai cambiamenti della società e del mercato, senza mai tradire la sua essenza.

Il saggio esplora anche il periodo di transizione che ha caratterizzato gli anni a cavallo tra i due secoli, un’epoca in cui la serie ha dovuto confrontarsi con nuove sfide. La necessità di rinnovarsi è diventata evidente con l’ingresso di nuovi autori e una maggiore attenzione alla grafica, che ha visto il fumetto Diabolik abbracciare linguaggi visuali più moderni e complessi. Questo processo di rinnovamento ha portato a una comunicazione più attuale, con un maggiore impiego delle tecnologie digitali e una comunicazione virtuale che ha permesso alla serie di rimanere vicina ai suoi lettori, in particolare alle nuove generazioni.

Derudas, sassarese classe 1967, ha un percorso professionale che lo ha visto specializzarsi nello studio delle tavole e delle tecniche espressive di autori che hanno fatto la storia del fumetto internazionale. Autore di approfondimenti su maestri come Milton Caniff, Alex Ross e Hugo Pratt, Derudas ha sviluppato un approccio critico e analitico che ha trovato piena espressione nel suo studio su Diabolik. Il suo interesse per il noir e per il fumetto come arte visiva lo ha portato a scrivere numerosi saggi e articoli, collaborando con riviste di settore e progettando anche sculture in 1/6 scale di celebri protagonisti del fumetto, come Zagor, di cui ha presentato una versione alla Sergio Bonelli Editore.

Il lavoro di Derudas su Diabolik non si limita a un semplice resoconto storico, ma è una riflessione sul valore di una serie che, pur rimanendo fedele ai suoi principi originali, ha saputo esplorare nuove dimensioni artistiche e narrative. Il volume non solo celebra la longevità del personaggio, ma si addentra nei meccanismi che hanno reso Diabolik un fenomeno culturale, un punto di riferimento per il fumetto noir e un simbolo di adattamento e innovazione.

In conclusione, “Diabolik – Il nuovo corso artistico e gli stili espressi dalle origini ad oggi” è una lettura imprescindibile per chiunque voglia comprendere come un personaggio creato oltre 60 anni fa sia riuscito a mantenere il suo fascino, rinnovandosi continuamente e rispondendo alle sfide dei tempi. Grazie alla capacità di Derudas di analizzare in modo preciso e affascinante ogni aspetto della serie, il volume si presenta come un contributo fondamentale per chiunque sia appassionato di fumetti, storia del fumetto e della Nona Arte in generale.

B.C.: il fumetto preistorico (e geniale) che ha anticipato i Flintstones e ci ha fatto ridere per 65 anni

C’era una volta… molto prima di Bedrock, dei Flintstones, dei dinosauri domestici e delle macchine a pedali. Era il 17 febbraio del 1958 quando un certo Johnny Hart — un disegnatore statunitense con la satira nel sangue e la matita infuocata — lanciava per la prima volta nelle strisce a fumetti americane una delle creazioni più strambe e geniali del fumetto umoristico: B.C.. Sì, proprio B.C., acronimo di Before Christ, che in inglese sta per “avanti Cristo”. Un titolo che è tutto un programma, visto che ci catapulta in un’epoca preistorica che, in realtà, non è mai stata così moderna. In un mondo fatto di rocce appuntite, dolmen, caverne e vulcani fumanti, Johnny Hart ha avuto l’illuminazione di raccontare l’uomo delle caverne… come se vivesse in una versione primordiale del nostro presente. E lo ha fatto con una dose di ironia corrosiva, surrealismo intelligente e un senso dell’umorismo capace di attraversare i millenni.

E così, proprio oggi, 17 febbraio 2023, B.C. spegne ben 65 candeline, festeggiando con il sorriso un anniversario che molti non si aspettavano. Perché sì, prima che Hanna & Barbera sfornassero Fred e Barney, i nerd americani degli anni ’50 già ridevano delle sventure di cavernicoli con problemi moderni.

I personaggi di B.C. non sono rozzi bruti che grugniscono accanto a un fuoco acceso per caso. No, sono uomini preistorici con una sorprendente dose di lucidità filosofica, nevrosi da manuale e un’irresistibile tendenza al sarcasmo. Usano le conchiglie come valuta (altro che bitcoin), hanno inventato la ruota (che usano anche per sfrecciare come su una tavola da skate), e persino la scrittura, che sfruttano per comunicare con misteriosi sconosciuti oltre oceano lanciando pietre-messaggi in mare come se fossero email ante litteram. Un mondo surreale, certo, ma paradossalmente più coerente e sensato del nostro.

A rendere tutto ancora più brillante c’è il cast di comprimari, un gruppo di personalità folli, un po’ visionarie e completamente irresistibili. Thor, l’inventore tanto geniale quanto sprovveduto, è uno dei primi nerd della storia del fumetto: sempre in bilico tra la scoperta rivoluzionaria e il disastro cosmico. Poi ci sono Peter, Wiley, Grog e tanti altri, ciascuno con i suoi tormenti esistenziali, tic modernissimi e battute fulminanti. Le loro giornate si svolgono in un mondo che mescola preistoria e attualità con una nonchalance degna di un film dei Monty Python. Ci sono segnali stradali incisi nella roccia, uffici meteo con caverne meteorologiche, e persino divani di pietra per le sedute psicanalitiche. Freud approverebbe.

E anche se può sembrare assurdo, B.C. ha avuto una vita editoriale importante anche in Italia. Le sue prime apparizioni risalgono ai tempi della gloriosa rivista settimanale di fantascienza Urania. Ma il vero riconoscimento arrivò nel 1965, quando Mondadori pubblicò L’antichissimo mondo di B.C. nella collana Nuovi scrittori stranieri. Un gesto quasi rivoluzionario, che lanciava un messaggio chiaro: anche un fumettista che disegna invece di scrivere paragrafi ha qualcosa di profondo da dire. La forma non è un limite quando il contenuto è così brillante.

Ma non è finita qui. Negli anni ’80, mentre i cabinati da bar e i primi home computer conquistavano il mondo, B.C. fece il salto anche nel mondo dei videogiochi. Nel 1983 arrivò B.C.’s Quest for Tires, un platform avventuroso in cui guidavamo Thor su una ruota gigante tra ostacoli e pericoli. Per molti di noi è stato uno dei primi giochi davvero strani e divertenti su Commodore 64, Apple II e altri sistemi dell’epoca. Un piccolo gioiello d’altri tempi che oggi avrebbe sicuramente un seguito indie con pixel art e musica chiptune.

Guardando indietro, è davvero incredibile come B.C. sia riuscito a diventare un classico della comic strip americana. Oltre 1300 testate giornalistiche in tutto il mondo hanno pubblicato le sue strisce, e il fumetto ha raggiunto un pubblico di oltre 100 milioni di lettori. Numeri da capogiro per un gruppo di cavernicoli disillusi e brillanti, che ci ricordano ogni giorno quanto poco sia cambiata la natura umana in fondo.

In un’epoca dominata dall’intelligenza artificiale, dai social network e dalle criptovalute, B.C. ci fa ancora ridere con battute sulla ruota, le tasse fatte con le conchiglie e i dilemmi esistenziali di un cavernicolo qualunque. Forse, in fondo, non siamo mai davvero usciti dalla caverna. Abbiamo solo cambiato il tipo di pietra su cui scriviamo i nostri messaggi. Ti ricordavi di B.C.? Hai mai letto una delle sue strisce o giocato al videogioco? Se sei anche tu un fan dei fumetti “di un tempo” o vuoi semplicemente condividere una risata preistorica, commenta qui sotto e condividi l’articolo sui tuoi social! Perché anche nella giungla digitale di oggi, un buon fumetto resta sempre una scoperta da tramandare.