Grotta dell’Arco di Bellegra: un tesoro nascosto a pochi chilometri da Roma

Visita la Grotta dell’Arco di Bellegra e scopri il mistero degli ominidi di ferro!

La Grotta dell’Arco di Bellegra è una cavità naturale situata a pochi chilometri da Roma. È stata abitata fin dall’età del ferro e ospita pitture rupestri di ominidi intenti a cacciare. Le pitture sono state scoperte solo negli anni ’90, quando i numerosi speleologi che frequentano annualmente la grotta non sono stati più costretti a districarsi nel potente deposito di fango che interessava la zona dell’ingresso.

Le figure sono realizzate con ossido di ferro e diossido di manganese e raffigurano ominidi di sesso maschile. Non si sa ancora cosa significhino queste figure, ma sono sicuramente un mistero affascinante.

La Grotta dell’Arco di Bellegra è aperta al pubblico nei weekend da aprile a ottobre. Il biglietto d’ingresso costa 10 euro per il percorso turistico e 18 euro per il percorso speleo turistico.

Se sei alla ricerca di un’esperienza unica e misteriosa, visita la Grotta dell’Arco di Bellegra!

Ecco alcuni dei motivi per cui dovresti visitare la Grotta dell’Arco di Bellegra:

  • È una delle grotte più antiche d’Italia.
  • Ospita pitture rupestri di ominidi di ferro.
  • È situata a pochi chilometri da Roma.
  • È aperta al pubblico nei weekend da aprile a ottobre.
  • Il biglietto d’ingresso è economico.

Non perdere l’occasione di visitare la Grotta dell’Arco di Bellegra!

Dal fumetto al cartone animato

Le prime forme di fumetto  hanno origini antiche e si manifestarono sotto altre spoglie. Tra il 10000 e il 15000 A.C. in Spagna abbiamo i primi graffiti che aspirano al movimento. Nel 1000 A.C. si inizia a conoscere il teatro delle ombre che nacque in Medioriente però espressione di uso corrente è “il teatro delle ombre cinesi” proprio perchè il popolo cinese ne ha perfezionato le tecniche. Nel 1000 D.C. abbiamo le xilografie medievali e nel 1100 D.C. il manoscritto dell’Apocalisse conservato a Cambridge.
 
I primi cartoni animati nascono nel 1877 grazie al passinoscopio o praxinoscopio (dal francese paxinoscope), uno strumento ludico inventato dal francese F. L. Régnaud (1844-1918) e basato sul fenomeno della persistenza dell’immagine retinica. Il nome è parola composta di due lemmi greci e letteralmente significa “osservo (scopio) l’azione (prâxis)”. Questo dispositivo può essere considerato il prototipo abbastanza rudimentale dei moderni apparecchi cinematografici e quindi ha una notevole importanza in relazione alla storia dello sviluppo della tecnica cinematografica.
Al 5 maggio 1895 risale la prima apparizione ufficiale di “Yellow Kid”, quando, un anonimo ragazzino pelato, orecchie a sventola e vestito con un enorme camicione, fa la sua comparsa tra i tanti comprimari che popolavano le tavole della serie Hogan’s Alley, ideata e disegnata da Richard Felton Outcault e ospitata sulle pagine del supplemento domenicale del quotidiano New York World di Joseph Pulitzer. Sempre in quegli anni risale la nscita del cinema per mano dei fratelli Lumiere che usano un approccio scientifico. Nel 1908 Emile Cohl da vita ai cartoni animati su pellicola. Il primo cartone animato sonoro prodotto da Walt Disney fu “Steamboat Willie” nel 1928.
 
L’idea innovativa di Walt Disney fu quella di combinare in modo indissolubile le immagini con la musica: quando, nel 1928, venne proiettato per la prima volta al Colony Teather di New York “Steamboat Willie”, il primo cortometraggio completamente sonorizzato con Mickey Mouse come protagonista, le note musicali non costituivano un semplice accompagnamento, ma esisteva già una combinazione perfetta tra musica, immagini e carattere dei personaggi. Nel 1935 la Disney realizzò il primo lungometraggio animato a colori, l’indimenticabile “Biancaneve e i sette nani”. Avendo compreso che la musica era già considerata l’anima delle sue immagini, Walt dichiarò esplicitamente di voler creare un nuovo schema, proponendo un uso narrativo a tutto tondo della colonna sonora. Le canzoni diventarono quindi l’elemento unificante nella progressione del racconto, in modo molto più articolato di quello che normalmente si faceva per i musicals hollywoodiani, finendo per distinguersi all’interno del tessuto narrativo e diventare delle entità autonome, avvincenti e coinvolgenti per se stesse.
 
Tradotte nelle lingue dei diversi paesi, divennero classici immortali, in grado di evocare, all’ascolto ed anche senza vederle, le immagini della fiaba. Questa caratteristica, divenuta una costante nelle opere Disney, si trasformò progressivamente in un fenomeno socio-culturale di rilevanza mondiale, che ha interessato intere generazioni. Furono pubblicati i primi LP per un pubblico infantile, nati sull’onda del successo dei film, con la storia e le canzoni di ogni fiaba, ed essi divennero inseparabili compagni di giochi per i bambini di tutto il mondo.
Ancora adesso, la musica Disney trasporta in un mondo lontano nel tempo e nello spazio, dove niente è impossibile perché vi regna il fantastico ed il meraviglioso. Ma è nel 1940 che il cinema d’animazione guadagna ufficialmente meritata dignità con il celeberrimo “Fantasia” dove si va oltre il realismo. A Walt Disney si affiancano Hanna e Barbera, che inizialmente lavorano per lui e successivamente in proprio in virtù di una concezione di cartoon piu parodistica, meno reale (“Tom e Jerry”, “Scooby Doo”, “Braccobaldo”); la Warner Bros autore dei “Looney Tunes”, che costituiscono la prima serie televisiva, la musica come sigla e non come commento sonoro, una sorta di protosigla. Il primo personaggio fu Bugs Bunny. Negli anni 40 nascono i primi superoi come fumetti che si animeranno fino agli anni 80. Il primo fu Superman e successivamente Submarine o Capitan America, figli della guerra del tempo (per esempio Capitan America era una sorta di supersoldato..). I nuovi supereroi invece sono frutto delle nostre paure (da Spiderman a Hulk). In Italia il cartone si sviluppa negli anni 60 con Bruno Pozzetto e grazie al carosello. Nascono programmi dedicati all’animazione come “Gulp” e “SuperGulp”. Il Giappone merita una citazione a parte; è qui che nascono i famosi manga nel 1600.
 
I manga vengono pubblicati in Giappone inizialmente all’interno di grossi albi, stampati in bianco e nero su carta di qualità scadente. Soltanto alcune pagine introduttive sono talvolta a colori e su carta migliore, generalmente allo scopo di introdurre i personaggi della vicenda. In ognuno di questi albi vengono raccolte numerose storie a puntate. Tramite un’inchiesta fra i lettori viene verificato il successo delle singole serie, cosicché alcune possono essere interrotte anzitempo e altre, al contrario, meritare di essere stampate a parte, sotto forma di albi monografici di qualità migliore in più volumetti. A differenza dei fumetti occidentali, le avventure dei manga hanno, per quanto riguarda i protagonisti, un inizio ed una fine. Il personaggio ideato dall’autore e/o disegnatore appare sulla scena nel primo volume, “vive” la sua vicenda e, al termine della serie (alcune storie possono raggiungere le 150 puntate), esce di scena e non “interpreterà” altre serie.
 
Alcune eccezioni si possono rilevare per personaggi molto amati dal pubblico, che vengono ripresentati in varianti della storia principale, oppure di cui si raccontano episodi accaduti anteriormente all’inizio della serie principale. Spesso il successo di un personaggio di un manga si risolve in una trasposizione più o meno fedele delle sue avventure sotto forma di anime, cioè di cartone animato. Tra i maestri giapponesi vanno menzionati Go Nagai autore di Mazinga Z, Jegg Robot d’acciaio nel 1972 e di “Ufo Robot Grendizer” nel 1975; Myazaki autore del “Il gatto con gli stivali”, “Alì Babà” e che vince l’orso d’oro ed il premio oscar con “La città incantata” nel 2002.
di Michele Fortunato
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