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Eden: La lotta per la sopravvivenza nell’isolamento delle Galápagos secondo Ron Howard

Ron Howard, regista noto per la sua abilità nel trasformare storie reali in film avvincenti, si distacca dal suo consueto stile con Eden, una pellicola che esplora la brutalità delle relazioni umane in un contesto estremo. Il film, ispirato a un caso realmente accaduto, ci immerge in un isolamento totale, dove la convivenza pacifica si trasforma ben presto in una lotta per la sopravvivenza, tanto fisica quanto psicologica. Eden arriverà nelle sale italiane il 10 aprile 2025, distribuito da 01 Distribution grazie alla collaborazione con Italian International Film e Rai Cinema. Il cast, che include nomi di spicco come Jude Law, Ana De Armas, Vanessa Kirby, Daniel Brühl e Sydney Sweeney, incornicia questa storia cupa che mette in luce il lato più oscuro della natura umana.

Ambientato nel 1929, Eden racconta la vicenda di Friedrich Ritter (interpretato da Jude Law) e sua moglie Dora Strauch (Vanessa Kirby), una coppia di europei che, stanchi della vita in Germania, decidono di abbandonare tutto e cercare una nuova esistenza su un’isola deserta nelle Galápagos. Ritter, appassionato di filosofia nietzschiana, e Dora, malata di sclerosi multipla, aspirano a un’esistenza lontano dalle convenzioni sociali, dove possano costruire una comunità autentica e libera. Ma il loro sogno di solitudine viene infranto non appena altri coloni arrivano sull’isola.

Il primo a fare la sua comparsa è Heinz Wittmer (Daniel Brühl), con sua moglie Margaret (Sydney Sweeney), una coppia che cerca di curare la tubercolosi del figlio grazie all’aria isolata dell’isola. Poi, come una tempesta che minaccia di distruggere ogni equilibrio, arriva la baronessa Eloise Bosquet de Wagner Wehrhorn (Ana De Armas), una donna affascinante e ambiziosa, che ha intenzione di costruire un hotel di lusso sull’isola, accompagnata da amanti e servitori. La convivenza tra questi personaggi molto diversi tra loro inizia a degenerare rapidamente, dando vita a un ambiente di ostilità e rivalità che segnerà irreversibilmente le vite di tutti.

Il film si sviluppa come una crescente tensione psicologica, un gioco di specchi tra i vari protagonisti, ognuno intento a soddisfare il proprio desiderio di potere, riconoscimento e sopravvivenza. Friedrich e Dora incarnano l’archetipo degli idealisti radicali, convinti di poter sfuggire alle regole della civiltà per creare una nuova comunità lontana dai valori tradizionali. Ma la realtà dell’isola è ben più dura di quanto avessero immaginato: il terreno è arido, le risorse scarse e la natura selvaggia si rivela implacabile con chi tenta di domarla.

Quello che inizialmente doveva essere un “paradiso terrestre” si trasforma presto in un inferno, dove i conflitti tra i coloni esplodono a causa di gelosie, tradimenti e minacce di violenza. La figura della baronessa Eloise rappresenta il male incarnato, ma la sua ambizione è talmente esasperata e la sua crudeltà così evidente che, a tratti, il personaggio rischia di scivolare nella caricatura. Ana De Armas, purtroppo, non riesce a dare la giusta intensità al suo ruolo di donna machiavellica, rendendo Eloise più simile a una villain da fiaba che a una figura realmente minacciosa in grado di destabilizzare l’equilibrio dei coloni.

Nel mezzo di questo scenario di miseria e disperazione, le dinamiche di potere tra i personaggi diventano sempre più complesse e pericolose. Quando la situazione degenera ulteriormente, le alleanze si frantumano, portando a eventi tragici e violenti che culminano in un finale devastante. Howard, sebbene ben conscio della brutalità che può scaturire in contesti estremi, non riesce completamente a bilanciare il dramma psicologico con la violenza fisica. Se da un lato il film affascina per la sua crudezza e la capacità di immergere lo spettatore in un mondo primitivo e senza regole, dall’altro rischia spesso di cadere nella banalità, con colpi di scena e tradimenti che appaiono più prevedibili che scioccanti.

Nonostante tutto, gli attori principali riescono in parte a sostenere il peso della pellicola. Jude Law, con un accento che sfida le convenzioni e un aspetto trasandato, offre una performance che cattura l’attenzione, ma il suo personaggio risulta statico e privo della profondità emotiva che ci si aspetterebbe da un uomo così idealista e disperato. Vanessa Kirby, nel ruolo di Dora, è probabilmente l’elemento più interessante del film: la sua capacità di trasformare un personaggio segnato dalla malattia e dal dolore in simbolo di rassegnata resistenza è una delle poche sfumature emozionali che il film riesce a trasmettere con successo.

La regia di Ron Howard, pur solida e ben strutturata, non riesce a trascendere i limiti imposti dalla trama. Eden è un film che promette molto, ma che, nella sua continua escalation di violenza e disperazione, finisce per perdere di vista l’essenza della sua storia. La tensione accumulata nei primi atti non viene pienamente soddisfatta da un finale che, sebbene ricco di colpi di scena, lascia lo spettatore con una sensazione di vuoto piuttosto che di catarsi.

David Blaine: Non Fatelo a Casa – La Nuova Serie Su Disney+ Che Sfida I Limiti Umana

Il 24 marzo 2025, Disney+ ospiterà il debutto di una serie che promette di portare il concetto di magia a un nuovo livello. David Blaine: Non Fatelo a Casa, una produzione di National Geographic, esplorerà le meraviglie straordinarie e pericolose della magia e delle performance estreme. Con un tono intimistico e un approccio documentaristico, questa serie in sei episodi ci offre uno sguardo inedito sulla vita di David Blaine, il celebre illusionista che ha ridefinito i confini tra magia, resistenza fisica e mentale. Il titolo della serie non lascia spazio a dubbi: Non Fatelo a Casa. In effetti, le straordinarie prove che Blaine e le persone che incontrerà compiono, eseguendo atti che rasentano l’impossibile, sono opere di pura audacia, destinate a non essere replicate. Il fascino di Blaine è proprio quello di non limitarsi ai trucchi, ma di mettere alla prova il corpo e la mente, sfidando le leggi della fisica e della resistenza umana.

Prodotta dalla pluripremiata Imagine Documentaries, la serie è un viaggio attraverso il mondo, dove Blaine esplora culture diverse, rituali antichi e talenti straordinari che si spingono ben oltre i limiti del possibile. Le location variano dal Brasile, al Sud-est asiatico, fino al Circolo Polare Artico, passando per l’India, il Sudafrica e il Giappone. Ogni episodio rappresenta un’immersione nelle tradizioni locali e nelle capacità umane che sembrano quasi soprannaturali.

Un Viaggio Straordinario Tra Magia e Resistenza Umana

Ogni episodio di David Blaine: Non Fatelo a Casa si concentra su una cultura diversa, rivelando come la magia e la resistenza fisica siano radicate in pratiche secolari e in realtà uniche. Nel primo episodio, che sarà disponibile il 24 marzo, Blaine si avventura in Brasile, dove entra in contatto con artisti, atleti e performer pronti a condividere con lui le loro incredibili abilità. La passione e l’energia che pervadono la cultura brasiliana saranno lo spunto per Blaine per tentare una delle sue imprese più audaci.

Nel Sud-est asiatico, Blaine esplorerà i legami con la fauna selvatica, scoprendo come alcuni praticanti locali riescano a trasformare la paura in magia. Tra punture di creature velenose e sfide fisiche straordinarie, il mago americano imparerà dai maestri come il corpo umano possa sopportare e superare i limiti del dolore. Questo incontro tra il mondo naturale e quello umano darà vita a performance mozzafiato.

In India, il mago intraprende un viaggio alla ricerca delle antiche pratiche che, da secoli, sembrano quasi magiche agli occhi degli occidentali. Qui, tra misteriosi rituali e prove fisiche che sfidano la logica, Blaine scoprirà come le credenze culturali si intrecciano con la magia, dando vita a performance estreme e, per molti versi, incomprensibili.

Nel Circolo Polare Artico, il freddo estremo diventa il palcoscenico per scoprire come l’essere umano possa resistere a temperature che sfidano la vita stessa. Blaine incontrerà persone che hanno trascorso anni a perfezionare la capacità di sopportare il gelo implacabile, trasformando il corpo in un vero e proprio strumento di resilienza. La perseveranza, la determinazione e la resistenza sono il cuore pulsante di questo episodio.

Il Sudafrica, con la sua storia segnata dall’apartheid, e il Giappone, dove la maestria e l’artigianato sono elevati a una forma d’arte, completano il viaggio di Blaine in una serie di esplorazioni uniche. In Sudafrica, il mago si immergerà nelle tradizioni che stanno ridefinendo la cultura del paese, mentre in Giappone scoprirà il concetto di perfezione che permea ogni ambito della vita, dalla cucina alla cultura del lavoro.

Magia e Pericolo: L’Essenza di Blaine

Quello che rende David Blaine: Non Fatelo a Casa un’esperienza unica è il mix tra magia e rischio. Ogni episodio mette in evidenza non solo l’abilità degli individui che Blaine incontra, ma anche la preparazione fisica e mentale che è necessaria per affrontare performance così estreme. La serie non è solo un viaggio nelle culture, ma una riflessione sul superamento dei limiti umani, sulla disciplina e sul sacrificio che spesso stanno dietro a questi atti stupefacenti.

David Blaine ha sempre avuto un rapporto particolare con la magia. Non è solo un illusionista; è un performer che ha portato la magia nell’era contemporanea, trattandola come una forma d’arte che va oltre il semplice intrattenimento. La sua missione è quella di offrire esperienze emotive che siano tanto uniche quanto memorabili. Blaine non è estraneo al pericolo: ha trattenuto il respiro per più di 17 minuti, è stato sepolto vivo per sette giorni, ha sopportato temperature gelide e ha affrontato esperimenti rischiosi che sfidano la comprensione umana.

Ma la sua magia non è solo spettacolo: è una riflessione su ciò che l’essere umano è capace di fare quando si spinge oltre i propri limiti. Come ha dichiarato lo stesso Blaine, “i momenti più magici non sono i trucchi, ma la realizzazione del potenziale umano”. E questa serie ne è la testimonianza vivente.

Un Invito alla Curiosità e al Rispetto

Nonostante la natura pericolosa delle performance mostrate, la serie è un tributo alla disciplina, all’impegno e alla preparazione necessaria per realizzare atti così estremi. Ogni impresa è condotta da professionisti e sotto la supervisione di una squadra di sicurezza. David Blaine: Non Fatelo a Casa è, quindi, un monito: non cercate di imitare ciò che vedete. Queste prove sono il risultato di anni di allenamento e sono eseguite da chi ha dedicato la propria vita a perfezionare tali abilità. La serie si rivolge a un pubblico adulto e non impressionabile, pronto a confrontarsi con contenuti che potrebbero urtare la sensibilità di alcuni spettatori. La forza del messaggio risiede nel fatto che ogni atto di magia non è solo illusionismo, ma una vera e propria esplorazione dei limiti fisici e mentali.

David Blaine: Non Fatelo a Casa è una serie che non deluderà i fan della magia e delle imprese straordinarie. Con un formato che mescola documentario e performance, il programma porta gli spettatori in un viaggio unico, dove magia, cultura e resistenza umana si fondono in un’esperienza sensoriale senza pari. Un’occasione imperdibile per scoprire come il potenziale umano possa andare ben oltre ciò che immaginiamo possibile. Disponibile dal 24 marzo 2025 su Disney+, questa serie è destinata a diventare una pietra miliare nel panorama della documentaristica contemporanea.

Jim Henson Idea Man sarà disponibile dal 31 Maggio

Sono disponibili il trailer ufficiale e la key art del documentario Jim Henson Idea Man che debutterà il 31 maggio su Disney+.. Diretto dal premio Oscar Ron Howard, Jim Henson Idea Man racconta la storia dello straordinario artista e visionario Jim Henson. Nei suoi 36 anni di carriera, Henson ha creato alcuni dei personaggi più amati al mondo, tra cui i classici Muppet come Kermit la rana e Miss Piggy e tutti gli iconici abitanti di Sesame Street, tra cui Big Bird, Grover, Cookie Monster e Bert ed Ernie. Henson ha anche diretto film fantasy molto amati come Dark Crystal e Labyrinth – Dove tutto è possibile.

Prodotto con la piena partecipazione e collaborazione della famiglia Henson, Jim Henson Idea Man offre uno sguardo profondo e senza precedenti sull’illustre e rivoluzionaria carriera di Henson e sulla sua complessa vita personale. Utilizzando filmati d’archivio, fotografie, schizzi e diari personali di Henson inediti, oltre a interviste con coloro che lo conoscevano meglio, il film è un ritratto autorevole di uno dei creatori più ispirati e iconoclasti del mondo.

Il documentario originale Disney Branded Television è prodotto da Imagine Documentaries. Ron Howard è anche produttore insieme a Brian Grazer, Sara Bernstein, Margaret Bodde, Justin Wilkes, Mark Monroe e Christopher St. John. Paul Crowder, Meredith Kaulfers e Michael Rosenberg sono gli executive producer.

Genius: MLK/X: la serie Disney+ su Martin Luther King Jr. e Malcolm X

Sono disponibili la key art e il trailer della serie antologica Genius: MLK/X. Per la prima volta, la docuserie esplora le vite di due geni iconici: Martin Luther King Jr. e Malcolm X. Genius: MLK/X arriverà mercoledì 13 marzo in esclusiva su Disney+ in Italia.

La nuova stagione della serie antologica Genius: MLK/X si concentra su due figure iconiche: Martin Luther King Jr. (interpretato da Kelvin Harrison Jr.) e Malcolm X (interpretato da Aaron Pierre). La serie ripercorre gli anni della formazione, influenzati da padri forti e ingiustizie, e le storie complesse e complementari che hanno plasmato le loro identità, rendendoli il cambiamento che desideravano vedere nel mondo. Questa serie offre uno sguardo intimo sulle loro vite, mostrandoli non solo come leader pubblici, ma anche come mariti, padri, fratelli e figli, mettendo in luce la loro umanità dietro le iconiche figure. Con le loro formidabili mogli, Coretta Scott King (interpretata da Weruche Opia) e Betty Shabazz (interpretata da Jayme Lawson), al loro fianco, King e X emergono come due visionari che hanno guidato un movimento.

Brian Grazer, Ron Howard e Kristen Zolner sono produttori esecutivi per Imagine Television, mentre Reggie Rock Bythewood, Gina Prince-Bythewood e Francie Calfo sono produttori esecutivi per Undisputed Cinema. Raphael Jackson Jr. e Damione Macedon sono showrunner e produttori esecutivi. Gigi Pritzker e Rachel Shane sono produttori esecutivi per Madison Wells, mentre Sam Sokolow è produttore esecutivo per EUE/Sokolow. Jeff Stetson (The Meeting) ha scritto l’episodio pilota ed è produttore esecutivo. Channing Godfrey Peoples (Miss Juneteenth) ha diretto l’episodio pilota ed è stato anche produttore esecutivo. L’ambasciatore Shabazz ha svolto il ruolo di consulting producer. La serie è prodotta da 20th Television, parte dei Disney Television Studios.

Happy Days, compie 50 anni: i ruggenti anni della nostra infanzia

Happy Days, compie 50 anni! Il 15 gennaio 1974 negli Stati Uniti (dicembre 1977 in Italia) andava in onda la prima puntata di questo “telefilm” che ha fatto la storia della televisione. Con protagonisti come Ron Howard, Henry Winkler e Erin Moran, Happy Days ha portato alla gloria i suoi interpreti grazie al suo successo travolgente. Negli anni ’70, gli Stati Uniti erano in piena crisi economica e politica a causa della guerra del Vietnam e dell’inflazione. La popolazione americana aveva bisogno di ritornare a valori più semplici e la serie Happy Days di Garry Marshall è stata la risposta perfetta a questa esigenza. Ambientata negli anni ’50, seguiva le vicende della famiglia Cunningham e dei loro amici, offrendo uno sguardo nostalgico e ottimista in un’epoca più ingenua e positiva.

Il successo di Happy Days è stato enorme e ha rappresentato un ritorno al passato per un pubblico desideroso di romanticismo e semplicità. Il personaggio iconico di Fonzie, interpretato da Henry Winkler, è diventato un simbolo della serie, portando la sua fama a livelli stratosferici. Nonostante l’uscita di Ron Howard dopo la settima stagione, la serie è riuscita a mantenere il suo fascino fino alla fine, con la sua ultima stagione nel 1984. Happy Days è una serie che affronta con leggerezza e ironia i temi della vita familiare degli anni ’50, aggiungendo un tocco di teppismo e intrigo con il personaggio di Fonzie. Un mix perfetto di commedia e dramma che ha conquistato il pubblico di tutto il mondo e che continua ad essere amata ancora oggi, a 50 anni dalla sua prima messa in onda.

Personaggi

  • Richie Cunningham, interpretato da Ron Howard: un tipico bravo ragazzo, con la faccia pulita e un po’ secchione; di questi tempi si direbbe uno sfigato ma all’epoca era definito semplicemente un “pivello”. Queste sue caratteristiche non lo rendono certo popolare con le ragazze che lui con i suoi amici “pivelli” cerca disperatamente di abbordare. Lui studia alla Jefferson High School di Milwaukee nel Wisconsim (la cittadina dove è ambientato il serial) e passa il suo tempo libero con gli amici nel locale Arnold, una specie di paninoteca.
  • Howard Cunningham, interpretato da Tom Bosley: è il padre di Richie ed è la figura di riferimento per tutti i personaggi. Egli ha un buon consiglio per tutti; sia per i suoi figli che per gli amici dei suoi figli, tuttavia anche lui imparerà dai giovani e scoprirà man mano che i suoi figli cresceranno che il mondo è cambiato da quanto lui faceva il cuoco nell’esercito. Howard è un piccolo imprenditore proprietario di una ferramenta, inoltre è mebro della “Loggia del Leopardo” una specie di confraternita di quarantenni di cui lui fu eletto Gran Puba.
  • Marion Cunningham, interpretata da Marion Ross: è la madre di Richie e ricopre il ruolo di una casalinga che vive praticamente per i figli che per lei sono e saranno sempre i suoi bambini; difficilmente accetterà che Richie sia cresciuto, che possa farsi crescere i baffi e persino arruolarsi nell’esercito e andare in Groenlandia. Spesso Marion diventa il simbolo delle casalinghe frustrate che hanno dovuto abbandonare il lavoro per accudire i figli e un marito pantofolaio che è peggio di un bambino.
  • Joanie Cunningham, interpretata da Erin Moran: è la sorellina teenager di Richie. Come tutte le sorelle piccole Joanie è una rompiscatole però riveste un ruolo comico di primo piano all’interno della serie e nel corso degli anni avrà sempre maggiore spazio fino ad ottenere una serie tutta sua, spin-off, di Happy Days (Joanie loves Chucky)
  • Warren “Potsie” Weber, interpretato da Anson Williams: è il miglior amico di Richie e come lui è un “pivello”. Insieme a Richie è sempre a caccia di ragazze, rimediando dei solenni due di picche. A differenza di Richie però Potsie riveste il ruolo dell’amico un po’ ingenuo. Il personaggio di Potsie è caratterizzato da una bella voce tanto da essere il cantante del piccolo complessino di Arnold, dove Richie è il sassofonista e Ralph è alla batteria.
  • Ralph Malph, interpretato da Don Most: altro amico di Richie riveste il ruolo di comico del gruppo e con la sua verve comica cerca di far innamorare le ragazze.
  • Arthur “Fonzie” Fonzarelli, interpretato da Henry Winkler:sulla figura di Fonzie sono stati scritti interi volumi. Ci limiteremo a dire che viene introdotto come elemento destabilizzante della serie ricoprendo la figura del teppista appartenente alle band degli anni cinquanta. Tuttavia man mano finisce per ricoprire il ruolo del protagonista all’interno di Happy Days e la serie finirà per identificarsi con lui.
  • Chuchi Arcola, interpretato da Scott Baio:è il cugino di Fonzie. Più volte nella serie si cercò di far entrare elementi appartenenti alla famiglia Fonzarelli, ricordo il nipotino Spadino, un bimbo di dieci anni che vestiva come Fonzie e si comportava come lui. Ma Chuchi è stato l’unico a resistere nella serie fino ad assumere un ruolo di primo piano come fidanzato di Joanie dopo la partenza di Richie.
  • Arnold (Matsuo Takahashi), interpretato da Pat Morita:è il padrone di Arnold’s. l locale dove si incontrano i ragazzi del serial. Successivamente fu sostuito alla direzione del locale (che rimase Arnold’s) da Alfred Del Vecchio interpretato da Al Molinaro.

Curiosità

E’ interessante osservare il ruolo che ha l’automobile all’interno di Happy Days. L’auto viene vista come un vero status symbol, un pivello senza nemmeno un automobile e poco più di zero. Nella serie troveremo dunque delle splendide automobile anni 50. La cabriolet di Ralph gialla con le fiamme sulle fiancate, la DeSoto anni quaranta tuitta chiusa di Howard che una volta Fonzie truccherà e farà correre come un missile, la decapottabile di Richie.

Nelle prime due serie compare la famiglia Cunningham è composta da cinque persone. Richie ha un fratello più grande Chuck Cunningham che gioca a basket. Chuck scomparirà poi senza nessuna spiegazione nelle serie successive.

Happy Days vanta almeno tre spin-off: Laverne&Shirley (che compaiono nella serie come delle amiche di Fonzie), Mork&Mindy (in Happy Days compare Mork, caratterizzato un po’ diversamente che nella serie successiva ma sempre interpretato dal grandissimo Robin Williams), Joanie loves Chuchi.

Nella serie ha fatto un’apparizione Chaterine Kelly Lang l’attrice che in Beautiful interpreta Brooke Logan Forrester.

Willow – La serie: le info e il futuro

Willow, la nuova avventura fantasy targata Lucasfilm e Imagine Entertainment, basata sul classico film del 1988 è una serie epica con una sensibilità contemporanea, ambientata in una terra incantata dalla bellezza mozzafiato. Questa nuova produzione di Disney+, vanta un cast internazionale eterogeneo con Jonathan Kasdan, Ron Howard, Wendy Mericle.

La storia ebbe inizio con un aspirante mago di un villaggio Nelwyn e una bambina destinata a unire i regni, che insieme contribuirono a distruggere una regina malvagia e a bandire le forze dell’oscurità. Sono passati molti anni dalla vittoria di Willow, Sorsha e Madmartigan contro la strega Bavmorda. Ora, in un mondo magico in cui prosperano brownies, stregoni, troll e altre creature mistiche, Madmartigan è partito lasciando il regno per andare a cercare un antico manufatto da utilizzare contro le forze del male, lasciando a corte sua moglie Sorsha, i loro due figli e in segreto Elora Danan, prescelta a salvare e regnare su Tir Asleen, la bambina salvata da Willow e Madmartigan nel film originale. Un improbabile gruppo di eroi è destinato a partire per una pericolosa missione in luoghi lontani dalla propria casa, dove devono affrontare i propri demoni interiori e unirsi per salvare il proprio mondo.

Jon M. Chu (In the Heights – Sognando a New York, Crazy & Rich), regista dell’episodio pilota (scritto da Jonathan Kasdan) e produttore esecutivo insieme agli showrunner Jonathan Kasdan (Solo: A Star Wars Story) e Wendy Mericle (Arrow), ha dichiarato:

Essendo cresciuto negli anni ‘80, Willow ha avuto un profondo effetto su di meLa storia degli eroi più coraggiosi nei posti meno probabili ha permesso a me, un ragazzo asiatico-americano cresciuto in un ristorante cinese che voleva andare a Hollywood, di credere nel potere della nostra volontà, nella determinazione e, naturalmente, nella magia interiore. Poter lavorare con i miei eroi, da Kathleen Kennedy a Ron Howard, è molto più di un sogno che si avvera. Per me è un momento da ricordare. Jon Kasdan e Wendy Mericle hanno aggiunto a questa storia senza tempo nuovi personaggi all’avanguardia e sorprese deliziose e non vedo l’ora che il mondo possa vivere con noi questo viaggio epico”.

Ron Howard, regista del film originale Willow, ritorna come produttore esecutivo della serie con Bob Dolman, sceneggiatore del film originale, che sarà il consulting producer e ha dichiarato in fase di preproduzione:

“È emozionante a livello creativo non solo rivisitare il mondo e i personaggi concepiti per la prima volta da me, George Lucas e Bob Dolman, ma anche vedere tutto ciò prendere il volo in un modo così rinnovato, divertente e cinematografico attraverso l’immaginazione di Jon Kasdan e del Team Willow… “Non si tratta di un nostalgico ritorno al passato, ma di uno slancio creativo ed è uno spasso farne parte”.

La serie, che è la prima avventura targata Lucasfilm non appartenente all’universo Star Wars dal 2015, si svolge anni dopo gli eventi del film originale Willow. Introduce nuovi personaggi nel regno incantato delle fate regine e dei mostri a due teste di Eborsisk e dà il benvenuto al suo omonimo eroe, Willow Ufgood, interpretato ancora una volta dall’ineguagliabile Warwick Davis cha ha commentato:

Tanti fan mi hanno chiesto nel corso degli anni se Willow sarebbe tornato e ora sono entusiasta di dire loro che lo farà davvero… Molti mi hanno detto di essere cresciuti con Willow e che il film ha influenzato il loro modo di vedere l’eroismo nel nostro mondo. Se Willow Ufgood può rappresentare il potenziale eroico di tutti noi, allora è un personaggio che sono estremamente onorato di reinterpretare”.

Kathleen Kennedy, Michelle Rejwan, Jon M. Chu, Jonathan Kasdan, Wendy Mericle, Ron Howard e Imagine Television saranno i produttori esecutivi, con Roopesh Parekh e Hannah Friedman impegnati come co-produttori esecutivi. Inoltre, Bob Dolman sarà il consulting producer e Julia Cooperman la produttrice. La produzione prevede di tornare ai paesaggi drammatici e incantati del Galles, dove è stato girato gran parte del film originale. Il presidente di Lucasfilm ha dichiarato:

Questa è una nuova ed entusiasmante era alla Lucasfilm per raccontare storieLa visione di Jon Chu, insieme alla scrittura di Jon Kasdan e Wendy Mericle, porterà Willow verso nuove ed entusiasmanti direzioni per la serie. Riunire Ron Howard e Warwick Davis nel mondo di Willow è qualcosa che entrambi volevano fare da tempo e non potrei essere più orgogliosa dell’incredibile squadra che abbiamo messo insieme per portare questa serie su Disney+”.

Il sito web Deadline ha recentemente riportato la probabile cancellazione di una seconda stagione di Willow a causa di un’ampia rivalutazione dei prodotti appartenenti ai franchise proprietari di Lucasfilm e al maggior controllo di Disney sulle spese per i contenuti in streaming. La notizia sarebbe stata smentita dallo stesso sceneggiatore della serie Jonathan Kasdan che ha commentato la decisione affermando che la seconda Stagione 2 era già stata pianificata dal team creativo dichiarando:

La scorsa settimana è stata presa la decisione di liberare dagli impegni contrattuali il nostro cast principale per perseguire altre opportunità che potevano presentarsi per loro nel corso del prossimo anno… Con tutti i film e le serie televisive in produzione in tutto il mondo, mi sembra ingiusto limitare la disponibilità di un attore senza una chiara idea di quando si avrà di nuovo bisogno di loro. La cosa è ulteriormente complicata dalla semplice realtà che le sceneggiature a cui stiamo lavorando richiedono altrettanti attori con i quali non esiste alcun vincolo contrattuale… Ma ecco cosa è altrettanto vero: con il supporto entusiasta e incrollabile di Lucasfilm e Disney, abbiamo sviluppato e scritto quello che speriamo sarà un VOLUME II più divertente, ricco, oscuro e migliore, basato sui personaggi e sulla storia dei nostri primi otto capitoli (il Wyrm sopravvive!)”.

Han Solo e il Tempio Perduto

Harrison Ford è uno degli attori più celebri e amati del cinema mondiale, grazie ai suoi ruoli in due franchise leggendari: Indiana Jones e Star Wars. In entrambi i casi, Ford ha interpretato personaggi iconici, avventurosi e carismatici, che hanno segnato la storia del cinema e la fantasia di milioni di spettatori. Ma quali sono le somiglianze e le differenze tra i due personaggi? E come ha influito l’età dell’attore sulla sua performance nel quinto capitolo di Indiana Jones, in uscita nel 2023?

Han Solo: il contrabbandiere spaziale

Han Solo è il primo personaggio che ha reso famoso Harrison Ford, nel 1977, quando è apparso nel primo film della saga di Star Wars, Una nuova speranza. Ford era stato scelto da George Lucas, che lo aveva già diretto in American Graffiti, su suggerimento di Steven Spielberg. Han Solo è un contrabbandiere spaziale, proprietario della nave Millennium Falcon, che si unisce alla ribellione contro l’Impero Galattico. È un personaggio sarcastico, coraggioso, leale e innamorato della principessa Leia. Ford ha interpretato Han Solo in quattro film della saga: Una nuova speranza, L’Impero colpisce ancora, Il ritorno dello Jedi e Il risveglio della Forza. In quest’ultimo film, del 2015, Han Solo muore per mano di suo figlio Ben Solo, alias Kylo Ren, passato al lato oscuro della Forza.

Indiana Jones: l’archeologo avventuriero

Indiana Jones è il secondo personaggio che ha consacrato Harrison Ford come star del cinema, nel 1981, quando è apparso nel primo film della saga omonima, I predatori dell’arca perduta. Ford era stato scelto da Steven Spielberg, che lo aveva già diretto in Star Wars, su idea di George Lucas. Indiana Jones è un archeologo avventuriero, che si dedica alla ricerca di antichi manufatti e reliquie in giro per il mondo. È un personaggio intelligente, audace, ironico e appassionato. Ford ha interpretato Indiana Jones in quattro film della saga: I predatori dell’arca perduta, Il tempio maledetto, L’ultima crociata e Il regno del teschio di cristallo. Nel 2023 uscirà il quinto film della saga, Indiana Jones e il Quadrante del Destino.

Un confronto tra due icone

Han Solo e Indiana Jones sono due personaggi che hanno molti punti in comune: entrambi sono eroi d’azione, che affrontano situazioni pericolose con spirito avventuroso e senso dell’umorismo. Entrambi hanno una spalla fedele (Chewbecca per Han Solo e Sallah per Indiana Jones) e una donna da conquistare (Leia per Han Solo e Marion per Indiana Jones). Entrambi hanno una forte personalità e un certo fascino da anticonformisti.

Tuttavia, ci sono anche delle differenze tra i due personaggi: Han Solo è un personaggio fantascientifico, ambientato in una galassia lontana lontana, mentre Indiana Jones è un personaggio storico, ambientato nella prima metà del XX secolo. Han Solo è un ribelle che combatte contro un regime tirannico, mentre Indiana Jones è un accademico che si scontra con i nazisti. Han Solo ha una componente magica legata alla Forza, mentre Indiana Jones ha una componente mistica legata alle reliquie sacre.

Citazioni reciproche

Le due saghe cinematografiche di Indiana Jones e Star Wars hanno anche delle citazioni reciproche, che dimostrano la stima e l’affetto tra i due registi George Lucas e Steven Spielberg. Il primo film di Indiana Jones, uscito nel 1981, presenta cameo e tributi a Star Wars, il film di successo di Lucas. Ad esempio, nel film “I Predatori dell’Arca Perduta”, è presente un graffito raffigurante R2-D2 e C-3PO di Star Wars dietro all’Arca dell’Alleanza raggiunta da Indy. Inoltre, nel film successivo “Indiana Jones e il Tempio Maledetto”, c’è una scena in cui appare un locale chiamato “Club Obi Wan”. Anche Star Wars ha omaggiato Indiana Jones in vari modi, come ad esempio nel film “Solo: A Star Wars Story” dove viene ripresa la statuetta dell’idolo d’oro di Indiana Jones. Inoltre, nella serie animata Clone Wars, sono presenti l’Arca dell’Alleanza e il Teschio di Cristallo, che compaiono rispettivamente nel primo e nel quarto film di Indiana Jones. Questi omaggi servono a creare degli “easter egg”, ovvero dei tributi che sorprendono gli spettatori.

L’esperienza di Harrison Ford

Harrison Ford ha interpretato Han Solo e Indiana Jones a distanza di molti anni, mostrando la sua bravura e la sua versatilità come attore. Tuttavia, l’età dell’attore ha influito sulla sua performance nel quinto capitolo di Indiana Jones, in uscita nel 2023. Ford, che ha compiuto 80 anni nel 2023, ha dichiarato in una recente intervista¹ che il personaggio di Indiana Jones è cambiato con il tempo:

L’età ha preso il suo peso, ma la saggezza e l’esperienza sono state acquisite. È la stessa armatura, ma è una Indy diversa come la storia lo ha plasmato. Indy è a un punto in cui non è più l’avventuriero. Ora è un accademico che insegna archeologia“.

Il regista del film, James Mangold, ha aggiunto che il film si concentra sul tema del tempo: “cosa significa essere qualcuno che ha vissuto una vita assurda, per poi sprofondare nella normalità”.

Conclusioni

Indiana Jones e Star Wars sono due saghe cinematografiche che hanno fatto la storia del cinema e che hanno reso celebre Harrison Ford. L’attore ha interpretato due personaggi iconici, Han Solo e Indiana Jones, che hanno molti punti in comune ma anche delle differenze. Le due saghe hanno anche delle citazioni reciproche, che testimoniano il legame tra i due registi e i due attori. Il quinto capitolo di Indiana Jones, in uscita nel 2023, sarà l’occasione per vedere un Harrison Ford invecchiato ma ancora capace di emozionare il pubblico.

Solo: A Star Wars Story

Diretto dal regista premio Oscar Ron Howard, il film Solo: A Star Wars Story trasporta il pubblico in un’incredibile avventura al fianco di Han Solo (Alden Ehrenreich), il furfante più amato della galassia. Il viaggio, ricco di azione, racconta il primo incontro di Han con il suo futuro amico e copilota Chewbecca (Joonas Suotamo) e il famigerato giocatore d’azzardo Lando Calrissian (Donald Glover), nonché il suo passato avventuroso con la ladra Qi’ra (Emilia Clarke) e il criminale professionista Beckett (Woody Harrelson).

Han Solo (Alden Ehrenreich) è un giovane furfante che sogna di fare il colpo grosso della sua vita, così da potersi comprare una nave spaziale e fuggire nello spazio. Dopo una serie di avventure, sembra che il grande colpo sia finalmente arrivato. Tuttavia, le cose non andranno bene per lui e i suoi nuovi compagni. Gli spin-off dedicati a Star Wars, da quando il franchise è passato sotto la direzione della Disney, si sono rivelati un terreno fertile per sperimentare nuovi modi di raccontare la trilogia originale conclusa nel 1983. Rogue One ha aperto la strada dimostrando che c’era ancora molto da dire in termini di narrazione. Solo: A Star Wars Story, il secondo capitolo di questo progetto, è un film dedicato al famoso contrabbandiere spaziale interpretato per la prima volta da Harrison Ford. L’obiettivo è raccontare una storia inedita che aiuti lo spettatore a conoscere meglio un personaggio amato ma ancora misterioso per molti. La Disney, dopo aver licenziato i registi Miller e Lord a causa di divergenze creative, ha scelto Ron Howard come regista, anche se non sembra essere la scelta migliore per un film sui contrabbandieri spaziali.

Diretto da Ron Howard, il cast dell’irresistible film di avventure galattiche comprende: Alden Ehrenreich (Ave, Cesare!, Segreti di famiglia), Woody Harrelson (Tre manifesti a Ebbing, Missouri, Oltre le regole- The Messenger), Emilia Clarke (Io prima di te, Game of Thrones), Donald Glover (Spider-Man: Homecoming, Sopravvissuto – The Martian), Thandie Newton (Gringo, Crash: Contatto fisico), Phoebe Waller-Bridge (Fleabag, Killing Eve) e Paul Bettany (Captain America: Civil WarMaster & Commander – Sfida ai confini del mare). Joonas Suotamo (Star Wars – Gli ultimi Jedi) torna a vestire i panni di Chewbecca. Scritto da Jonathan Kasdan & Lawrence Kasdan, Solo: A Star Wars Story è prodotto da Kathleen Kennedy, Allison Shearmur e Simon Emanuel. I produttori esecutivi sono Lawrence Kasdan, Jason McGatlin, Phil Lord e Christopher Miller.

Purtroppo, il risultato lascia un po’ a desiderare. In un franchise che ha sempre cercato di sperimentare e proporre qualcosa di nuovo, Solo: A Star Wars Story rappresenta un brusco stop, con una realizzazione finale che sembra voler abbracciare un approccio più tradizionale. Ron Howard trasforma Han Solo da pirata spaziale in un coraggioso cowboy. Tutta la storia acquista tratti tipici del genere western, fino a includere una spettacolare rapina su un treno, con tutti i cliché del caso, e concede grande attenzione ai dettagli come cinturoni sfilacciati, impugnature di Blasters, sguardi sfidanti e inquadrature di sagome oscure. Solo è uno di quei casi in cui la sceneggiatura dice una cosa e la regia va nella direzione opposta, lasciando il pubblico confuso, non tanto per quanto riguarda la logica degli eventi, ma per il fatto che il film sembra mancare di un elemento fondamentale, anche se non è chiaro quale sia. Forse l’epica spaziale è completamente assente, forse l’attore non si adatta bene al ruolo e lo rende anacronistico rispetto al Solo che abbiamo conosciuto e immaginato per decenni. Un interrogativo che purtroppo non riceve una risposta.

Tuttavia, questo non toglie merito alla resa visiva e dinamica che Howard conferisce al film. In effetti, se dobbiamo arrivare a un compromesso, Solo: A Star Wars Story è un ottimo film d’avventura che si basa su pochi elementi fondamentali come l’amore, l’azione e i compagni di viaggio. Questi elementi sono gestiti molto bene, a partire dal mentore di Han Solo, Beckett (Woody Harrelson), e la vecchia fiamma di Han, Qi’ra (Emilia Clarke), che sembra nascondere dei segreti. Il personaggio meglio riuscito è sicuramente Lando Calrissian interpretato da Donald Glover, un altro contrabbandiere spaziale che, grazie al suo fascino affilato e al suo stile di vita eccentrico, risulta essere forse il personaggio più interessante del film, anche più di Solo stesso. È difficile definire questo film un passo falso o il risultato necessario di una produzione travagliata. In ogni caso, Howard cerca di fare del suo meglio per consegnare un capitolo della saga che, anziché guardare al futuro, si accontenta di un risultato concreto ottenuto con il minimo sforzo, anche se forse un po’ troppo modesto.

Dichiarazioni del Cast

Nel corso di un’intervista, Glover ha parlato del suo personaggio e dell’incontro avvenuto con Billy Dee Williams, storico interprete di Lando.

“Volevo sapere, sarò tipo l’unico ragazzo nero dell’universo in quel momento: ero tipo ‘come ti sei immedesimato tu? Quali erano i tuoi pensieri?’. Mi ha dato dei buoni consigli a riguardo, mi ha detto di essere me stesso il più possibile, rendendo il personaggio una persona vera, piuttosto che l’identità  di un intero gruppo di persone.”

Anche Emilia Clarke, attrice nel Trono di spade, ha parlato del suo personaggio, mai apparso prima nell’universo di George Lucas. Sostiene che Qi’ra conosce Han già da molto tempo, ma qualcosa li porterà poi a intraprendere strade diverse.

“C’è una cosa in tutta la relazione che non puoi capire. E questa cosa è Qi’ra. Ogni volta che pensi di averla capita, ti rendi conto di non averlo fatto appieno, il che è davvero difficile da recitare. L’obiettivo è che l’ombra di Qi’ra sia presente in Han. Lei è un aspetto del personaggio così com’è quando lo incontriamo per la prima volta.”

Curiosità Made in China!

Star Wars: The Last Jedi, amato e odiato dai fan di tutto il mondo, in Cina è stato un clamoroso flop, tant’è che è stato addirittura ritirato con anticipo dalle sale. ComicBook.com e altri, riportano che in Cina Solo: A Star Wars Story ha cambiato il titolo in Ranger Solo, nella speranza di avere migliori risultati al botteghino senza il nome di Star Wars a esso associato. Una fan, Gavin Feng, riporta il fatto in questo tweet, ossia che con la traduzione dal cinese, la dicitura Star Wars è magicamente scomparsa, e il titolo ufficiale è diventato Ranger Solo,  possiamo vedere lo stesso risultato nei media locali Mtime.

La Cina, comunque, non è l’unico territorio in cui il film ha ottenuto un cambiamento del titolo, in Spagna è stato pubblicato come “Han Solo: Una storia di Star Wars” per evitare qualsiasi tipo di confusione.  Il cambio di titolo in Cina, è un ovvio tentativo di confondere il pubblico, o almeno di allontanare l’associazione con Star Wars, essendo The Last Jedi il terzo film di Star Wars uscito in tre anni consecutivi, la Cina è apparentemente sopraffatta dalla quantità di contenuti necessari per comprendere l’intera storia. È vero che i principali blockbuster pubblicati nei mercati asiatici spesso cambiano titolo, per adeguarsi e tradurre meglio una cultura diversa, come avvenne per Thor: Ragnarok, che divenne Thor: Battle Royale quando fu spedito oltreoceano in Giappone. Solo Rogue One è andato meglio in Cina, questo perché: “Per molti fan, la storia di Rogue One  ha fatto pensare alla storia rivoluzionaria della Cina”, ha sottolineato Chen Tao, che gestisce un forum fan di Star Wars cinese. “Molti personaggi erano proprio come i membri del Partito Comunista che si sono sacrificati per la rivoluzione”.

Warwick Davis ricorda ai fan che Star Wars è nato per intrattenere

Warwick Davis fa parte del franchise di Star Wars dal 1983, anno nel quale ha preso parte a Il Ritorno dello Jedi. È apparso poi in altri Episodi della saga, come La Minaccia FantasmaIl Risveglio della ForzaGli Ultimi Jedi e nello spin-off Rogue One: A Star Wars Story.

In una delle sue ultime interviste, Davis ha rivelato di aver saputo tardi che i pareri sull’ultimo film uscito a dicembre: The Last Jedi sono stati variegati e sia negativi che positivi. Alla richiesta di un commento sulle divisioni, l’attore ha ricordato che ogni parere è  legittimo e che è  normale una risposta non positiva. Tuttavia, l’attore ha invitato ad abbassare i toni delle discussioni  e a non “litigare” sulla saga, tenendo  a mente che Star Wars è un prodotto di intrattenimento e come tale va considerato, come dicevo in un mio articolo, va bene la passione ma resta sempre un Film.

Non avevo idea che [Gli Ultimi Jedi] avesse diviso molto le opinioni ma è qualcosa che può succedere. Qualsiasi film è in qualche modo divisivo: alcune persone lo apprezzano, altre no. Io amerò sempre Star Wars. È un prodotto di intrattenimento, non è una dichiarazione politica. Esiste affinché la gente possa divertirsi. Si tratta di andare al cinema e perdersi un po’ in quel mondo. È escapismo puro, permette di dimenticarsi per un paio d’ore del ventunesimo secolo. Era questa la filosofia di George Lucas per Star Wars, ovvero mettere in piedi una divertente avventura!

Davis sarà anche in Solo: A Star Wars Story, film in cui lo vedremo di nuovo accanto al regista Ron Howard, che lo ha diretto nel 1988 in Willow.

Star Wars e l’America anni’50

Sunday, monday Happy Star wars Days,
Tuesday, Wednesday, Happy Star Wars Days.
Thursday, Friday, Happy Star Wars Days.
The Empire comes, My falcon hums,
Ready to race to you.
These days are all,
Share them with me. (oh Leia)
Goodbye Death Star, hello cosmic blue.
There’s nothing can hold me when I hold you.
Feels so right, it can’t be wrong.
Rockin’ and rollin’ all week long.

Star Wars, la celebre saga creata da George Lucas, rappresenta un omaggio alla cultura americana degli anni ’50 in modi profondi e significativi. I valori di dovere, onore e lealtà che permeano la trama riflettono l’ideale di sacrificio e coraggio tipico di quell’epoca, influenzata dalla Guerra Fredda e dalla minaccia comunista. L’estetica retrò della saga richiama le immagini e i miti degli anni ’50, con costumi, scenografie e armi che richiamano lo stile della fantascienza di quegli anni. Le navi spaziali che assomigliano a vecchie macchine volanti e i mondi alieni che richiamano gli stili architettonici dell’epoca creano un’atmosfera che evoca il passato.

Guardando in modo più approfondito, possiamo trovare interessanti collegamenti tematici tra la saga famigliare dei Cunningham di “Happy Days” e quella degli Skywalker di “Star Wars”. Entrambe le storie mettono in evidenza l’importanza della famiglia, la crescita personale dei protagonisti, il ruolo del mentore e il conflitto interiore che i personaggi devono affrontare. Immaginando una fusione tra i mondi di “Happy Days” e “Star Wars”, possiamo creare una trama avvincente in cui i personaggi devono affrontare nuove sfide e mettere alla prova il loro coraggio e la loro fedeltà ai valori di giustizia e amicizia. La combinazione di temi e archetipi delle due saghe familiari offre un terreno fertile per una narrazione coinvolgente e appassionante.

Da “Happy Days” a “American Graffiti”, possiamo vedere come George Lucas abbia saputo catturare l’essenza della cultura americana degli anni ’50 attraverso le sue opere cinematografiche. Con attori come Ron Howard e Harrison Ford che hanno contribuito a entrambe le produzioni, possiamo apprezzare come i temi e i personaggi di quegli anni abbiano influenzato e ispirato una delle saghe più iconiche della storia del cinema.

Inferno: tra Ambiguità e Banalità nel Film di Ron Howard

Columbia Pictures ha portato sul grande schermo il tanto atteso adattamento del romanzo “Inferno” di Dan Brown, diretto da Ron Howard. Il film, come il libro, esplora la mente di Robert Langdon, il professore di simbologia interpretato da Tom Hanks, che si ritrova coinvolto in una corsa contro il tempo per fermare un virus mortale, frutto della mente contorta di Bertrand Zobrist, un miliardario transumanista. Ma se il romanzo aveva lasciato un’impronta forte nella cultura popolare, il film non è riuscito a replicare lo stesso impatto, lasciando gli spettatori con più interrogativi che risposte.

La trama, che si snoda tra Firenze, Venezia e Istanbul, racconta di Langdon che, affiancato dalla dottoressa Sienna Brooks (interpretata da Felicity Jones), deve fermare la diffusione di un virus letale che minaccia di decimare la popolazione mondiale. Il pericolo è stato scatenato da Zobrist, il cui piano apocalittico si intreccia con le visioni infernali di Dante Alighieri, elemento centrale nel racconto. La fotografia e l’ambientazione, con le riprese a Firenze, tra monumenti e chiese storiche, sono indubbiamente uno dei punti forti del film. Tuttavia, l’impatto visivo non basta a colmare le lacune della sceneggiatura.

Il film si presenta con una serie di situazioni che rasentano l’assurdo: amnesie improvvise, personaggi che sembrano muoversi senza una logica temporale ben definita, e un intreccio che si perde in cliché narrativi già visti in precedenti adattamenti dei romanzi di Dan Brown. La tensione crescente del libro viene sostituita in parte da un susseguirsi di eventi che sembrano risolversi con una rapidità eccessiva, in un turbine di inseguimenti e colpi di scena che, anziché coinvolgere, finiscono per lasciare lo spettatore distante.

Un punto di rottura per molti è la decisione di modificare il finale rispetto al romanzo. Nel film, infatti, il rilascio del virus viene fermato in extremis, mentre nel libro l’esito è molto più ambiguo e inquietante. Questa variazione, pur comprensibile dal punto di vista cinematografico, sembra snaturare la filosofia di fondo della trama, che giocava sulla possibilità di un futuro incerto, segnato dalla follia di Zobrist.

Sebbene il cast di attori sia di grande livello, con Hanks nel suo ormai consolidato ruolo di Langdon, la sua interpretazione appare più come una presenza autorevole che una vera e propria guida emotiva del film. Felicity Jones, seppur brava, è relegata a una sorta di “co-protagonista” che, pur svolgendo un ruolo fondamentale nel finale, rimane spesso in ombra, senza mai emergere pienamente come figura di spicco.

La sceneggiatura, purtroppo, è uno degli elementi più deludenti del film. Spesso scontata, si trascina pericolosamente verso una conclusione che risulta ovvia già dopo mezz’ora di visione, soprattutto per chi ha un’infarinatura di base sulla Divina Commedia di Dante. La continua evocazione dei gironi infernali e delle lettere misteriose che dovrebbero svelare il piano di Zobrist risulta forzata, come se l’intento fosse quello di “catturare” l’attenzione dello spettatore più con il nome di Dante che con una narrazione coerente.

In particolare, la gestione del tempo all’interno del film lascia molto a desiderare. Come può Langdon spostarsi in così poco tempo da una location all’altra, attraversando Firenze, Venezia e Istanbul in un batter d’occhio? Le scelte di montaggio, che spesso ignorano la logica temporale, sembrano voler accelerare un ritmo che avrebbe bisogno di maggiore respiro. E poi ci sono le incongruenze nella scenografia e nel montaggio che sfuggono all’attenzione meno critica, ma che risultano quasi grottesche se analizzate con attenzione: oggetti che spariscono e ricompaiono, cambiamenti repentini di scenario che non trovano giustificazione nel contesto narrativo.

In questo contesto, le tematiche profonde e ambiziose del libro sembrano svanire sotto il peso di un film che non riesce a trovare il giusto equilibrio tra intrattenimento e riflessione. La potenza simbolica dei luoghi danteschi, seppur visivamente affascinante, non si traduce in una vera e propria esplorazione intellettuale. Piuttosto, sembra un pretesto per aggiungere un ulteriore strato di mistero che, alla fine, risulta solo decorativo.

Il risultato finale è un film che, pur con alcuni pregi estetici e una fotografia che esalta la bellezza delle città italiane, non riesce a restituire la stessa intensità e profondità dell’opera letteraria. Per quanto intrigante possa sembrare l’idea di un virus apocalittico legato a una delle opere più celebri della letteratura mondiale, la narrazione risulta povera e sbrigativa, con personaggi che si muovono come pedine in un gioco che non riesce a coinvolgere davvero lo spettatore.

In definitiva, “Inferno” di Ron Howard è un film che lascia più domande che risposte, un’opera che avrebbe potuto sfruttare la ricchezza del materiale di partenza per dar vita a un thriller avvincente, ma che si perde in una miriade di incongruenze narrative. Si potrebbe quasi dire che, sebbene il titolo evochi l’inferno dantesco, il vero inferno del film risieda nelle sue numerose falle strutturali e nel suo approccio troppo superficiale alla trama e ai suoi temi.

L’Inferno di Dante al Cinema

Il portale Deadline e Comingsoon hanno riportato la notizia della trasposizione cinematografica dell’Inferno di Dante Alighieri per la Warner Bros. Finalmente, il più grande libro della storia della letteratura si trasforma in un film grazie alla penna dello sceneggiatore Dwain Worrell (autore nel 2010 del film  Walking the Dead).

“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!” così inizia il grande poema Dantesco scritto nel 1300, in cui lui stesso viaggia nell’Oltretomba, accompagnato dal vate Virgilio per raggiungere, nel Paradiso, l’amata Beatrice. Un viaggio allegorico attraverso i difetti, le colpe e le virtù “dell’umana gente” in cui non mancano riferimenti politici e sociali del 1300 italiano.

Il film americano, come recita lo stesso Deadline ha una sinossi molto più semplificata: “Dante viaggerà attraverso i nove cerchi dell’Inferno per salvare la donna che ama” una specie di Orfeo versione Hollywodiana.

Ricordiamo che questo non è l’unico progetto per la “trilogia ante litteram” Dantesca: Ron Howard ha appena terminato le riprese del suo “Inferno”, versione cinematografica del romanzo di Don Brown e la Universal è, da anni ,alla ricerca di un soggetto valido per l’adattamento del celebre videogioco “Dante’s Inferno” in cui è protagonista Dante in versione cavaliere templare.

Ovviamente, quello che fa un po’ di tristezza è che un tale capolavoro della letteratura italiana debba diventare un franchise americano, perchè nessun produttore italiano ha mai voluto investire nella creazione di un film del genere?Sarebbe potuto diventare il “fantasy definitivo”, passateci il termine, tutto italiano: un prodotto da esportare all’estero per rilanciare la nostra stantia cinematografia.

Intanto se noi Italiani vogliamo entrare nell’Inferno Dantesco, attraverso le splendide illustrazioni di Gustav Dorè, non ci resta che visitare Cinecittà World e la splendida attrazione Darkmare – Till the last Circle, realizzata con il supporto creativo di … beh il sottoscritto 😀

Angeli e Demoni: Tra simbolismi e cospirazioni, il thriller che coinvolge

“Angeli e Demoni” (Angels & Demons), diretto da Ron Howard, è un film che riprende l’omonimo romanzo di Dan Brown, una sorta di seguito del successo mondiale de “Il Codice Da Vinci“. Howard, dopo aver adattato il precedente lavoro di Brown, torna con un mix di thriller, religione e mistero, tematiche che sembrano perfette per il grande schermo, soprattutto grazie a un cast di prim’ordine che include Tom Hanks, Ewan McGregor e Pierfrancesco Favino. Nonostante la trama accattivante e l’alto budget, il film non sfugge a qualche momento di incertezza, ma riesce comunque a coinvolgere il pubblico.

La storia segue Robert Langdon, il professore di simbologia religiosa interpretato da Tom Hanks, che viene chiamato a intervenire d’urgenza per svelare i misteri che ruotano intorno alla setta degli Illuminati e a una serie di omicidi di cardinali che minacciano la Chiesa Cattolica. Il film si sviluppa come un vero e proprio puzzle, con indizi nascosti in ogni angolo del Vaticano e una corsa contro il tempo per fermare l’esplosione di una bomba contenente antimateria. La sceneggiatura gioca molto sull’idea di simboli misteriosi e opere d’arte religiose, dando vita a un’atmosfera da thriller ad alta tensione.

Tom Hanks, nel ruolo di Langdon, fa ciò che sa fare meglio: il professore curioso e riflessivo, ma il suo personaggio sembra un po’ distante dal punto di vista emotivo. Nonostante la sua grande interpretazione, il film gioca meno sulla sua profondità interiore rispetto ad altri suoi ruoli. Langdon deve non solo risolvere enigmi scientifici e religiosi, ma anche confrontarsi con un conflitto personale che riguarda la sua visione della fede. Questo aggiunge un elemento di introspezione al personaggio, ma la tensione tra scienza e religione non è mai davvero esplorata in modo profondo come potrebbe essere.

Ewan McGregor, nel ruolo del Camerlengo, è una piacevole sorpresa. Inizialmente, sembrava una scelta poco adatta, ma la sua performance è credibile e coinvolgente. La sua interpretazione, pur non essendo particolarmente complessa, aggiunge il giusto grado di mistero al film. Pierfrancesco Favino, sebbene in un ruolo minore, è sempre una garanzia e riesce a rendere il suo personaggio memorabile, con la consueta grinta che lo contraddistingue. È uno di quei pochi attori italiani che riesce a farsi notare anche in un contesto internazionale.

Dal punto di vista tecnico, il film è ben realizzato. Le sequenze d’azione sono tese e coinvolgenti, con alcuni momenti che lasciano davvero con il fiato sospeso. Tuttavia, ci sono anche alcune scelte registiche discutibili. La scena dell’elicottero, con il camerlengo che si lancia nel vuoto per disinnescare la bomba, ha il sapore di un colpo di scena banale e un po’ forzato, che smorza un po’ la tensione accumulata fino a quel punto. Lo stesso vale per l’incontro finale tra Langdon, Vittoria e il misterioso Signor Gray, che perde ogni emozione, dando l’impressione di un momento che potrebbe essere stato scritto con più suspense.

Nonostante queste piccole sbavature, “Angeli e Demoni” è decisamente un film superiore al suo predecessore, “Il Codice Da Vinci”. Quest’ultimo era molto più fedele al libro, ma “Angeli e Demoni” riesce a essere più scorrevole e meno incline a scivolamenti nella banalità. Le modifiche apportate alla trama originale sono evidenti, ma non danneggiano la narrazione, e nonostante il ritmo a volte un po’ lento, la storia resta comunque avvincente.

Nel complesso, “Angeli e Demoni” è un buon thriller che mescola mistero, simbolismo e religione, senza mai cadere nel banale. Certo, non è un film che rimarrà impresso nella memoria per sempre, ma è perfetto per una serata all’insegna del mistero, delle cospirazioni e delle meraviglie del Vaticano. Se vi piacciono i thriller con colpi di scena e simboli nascosti, “Angeli e Demoni” farà sicuramente al caso vostro.

Il Codice Da Vinci: Un Intricato Labirinto di Mistero, Religione e Simbologia

Il codice da Vinci (The Da Vinci Code) è un film che ha scatenato una tempesta mediatica. Diretto da Ron Howard e tratto dal romanzo omonimo di Dan Brown, la pellicola è diventata rapidamente un fenomeno globale, tanto da scatenare un mix di reazioni entusiaste e critiche feroci. Prodotto da Columbia Pictures e distribuito da Sony Pictures, il film ha incassato una fortuna al botteghino, ma ha fatto parlare di sé soprattutto per la sua trama scottante e la controversia che ha sollevato, in particolare con la Chiesa Cattolica e l’Opus Dei, temi centrali all’interno della storia.

Nel cuore della storia, troviamo Robert Langdon, interpretato da Tom Hanks, professore di simbologia che si ritrova coinvolto in una serie di eventi misteriosi e pericolosi. L’avventura prende il via quando Jacques Saunière, il curatore del Museo del Louvre, viene ucciso da un monaco dell’Opus Dei, Silas (interpretato da Paul Bettany), proprio nel museo parigino. Prima di morire, Saunière lascia indizi criptici, tra cui una serie di simboli misteriosi che coinvolgono opere d’arte famose di Leonardo Da Vinci, come la Gioconda e la Vergine delle Rocce. Langdon viene chiamato a interpretare questi indizi, scoprendo che il suo coinvolgimento non è casuale e che dietro tutto ciò si nasconde un segreto antico: il Santo Graal.

Ad accompagnare Langdon nel suo viaggio c’è Sophie Neveu (Audrey Tautou), una crittologa che, tra l’altro, scoprirà di avere legami profondi con il mistero che si sta rivelando. Il film è una corsa contro il tempo attraverso Parigi, Londra e oltre, con i protagonisti braccati dalla polizia e da una misteriosa organizzazione che non si fa scrupoli nel ricorrere a violenza pur di impedire che il segreto venga svelato.

Dal punto di vista della trama, Il codice da Vinci è un cocktail di enigmi, simboli e colpi di scena, che spingono lo spettatore a riflettere sulla storia, la religione e la verità nascosta. La sceneggiatura di Akiva Goldsman si sforza di rimanere fedele al romanzo, ma alcune scelte narrative e un ritmo a tratti frenato creano un effetto di disconnessione tra il lettore e lo spettatore. Il film, infatti, non risparmia al pubblico l’intelletto: le soluzioni ai misteri richiedono attenzione e una buona conoscenza delle opere artistiche e religiose. A tratti, la trama può sembrare densa, eppure è proprio questo uno degli elementi che ha conquistato i fan del libro. La sfida intellettuale che il film lancia è proprio quella di decifrare i segreti insieme ai protagonisti.

Per quanto riguarda il cast, Tom Hanks è la scelta perfetta per Langdon, con il suo carattere sobrio che si adatta alla perfezione al ruolo del professore di simbologia che si trova a dover risolvere un mistero che mette in discussione secoli di storia. Audrey Tautou, nel ruolo di Sophie, aggiunge al film una dimensione emotiva importante, soprattutto quando la sua connessione personale con il mistero viene svelata. Tuttavia, a rubare la scena è sicuramente Ian McKellen, nei panni di Leigh Teabing, il misterioso esperto di storia e ricerca del Graal che guida i protagonisti nella loro avventura.

Visivamente, Il codice da Vinci è avvincente. La ricostruzione del Louvre, la maestosità delle location europee, l’uso simbolico di colori e inquadrature arricchiscono la sensazione di un viaggio attraverso il mistero e la storia. La regia di Ron Howard gioca molto sulle suggestioni visive e sull’intensità del thriller, anche se il film, a tratti, può sembrare lento e poco dinamico rispetto alle aspettative di un thriller d’azione.

Il tema centrale del film – la ricerca della verità, spesso velata e soggetta a interpretazioni personali – è uno degli aspetti che più ha fatto discutere. La pellicola esplora l’idea che la storia sia stata scritta dai vincitori, mettendo in dubbio alcune delle verità che abbiamo dato per scontate per secoli. Eppure, questo approccio è stato considerato blasfemo da molte figure religiose, in particolare dalla Chiesa Cattolica, che ha accusato il film di voler minare le fondamenta della fede cristiana. In effetti, il film solleva interrogativi potenti su religione, fede e verità storica, ma forse non riesce completamente a sviscerare queste tematiche in maniera equilibrata, preferendo piuttosto rimanere sul piano del mistero e del thriller.

In definitiva, Il codice da Vinci è un film che non lascia indifferente: o lo si ama per la sua capacità di stimolare curiosità e dibattito, o lo si critica per la superficialità con cui affronta temi così profondi. Certo, è un’opera che ha fatto scalpore, con un cast stellare, un’ambientazione affascinante e una trama che, pur nelle sue imperfezioni, tiene lo spettatore incollato allo schermo fino all’ultimo colpo di scena. Se non si è già lettori del libro, il film può risultare un po’ arduo da seguire, ma è un ottimo punto di partenza per chi vuole immergersi nell’enigmatico universo di Dan Brown.