Hulk Hogan’s Rock’n’ Wrestling

Alla metà degli anni 80′ vista la grande popolarità che la WWE – conosciuta all’epoca come WWF (World Wrestling Federation) –  stava avendo non solo negli States ma anche in molti paesi del mondo, il presidente della federazione Vince MCMahon, decise di estendere il franchise della Federazione di Wrestling anche nel mondo delle serie a cartoni animati.

Così nel 1985 la serie voluta da McMahon venne trasmessa negli U.S.A. con il titolo di “Hulk Hogan’s Rock’n’ Wrestling”, e sucessivamente venne trasmessa anche in Italia nel 1990 sulla rete privata di Italia 7 con il titolo modificato in “i Campioni del Wrestling”. Serie composta di una sola stagione per un totale di 26 episodi, di cui in Italia tasmessi circa 19; anche se i protagonisti sono tutti Wrestler professionisti, la serie tratta poco di combattimenti e si incentra più sulle avventure dei protagonisti divisi in due fazioni. I Face la fazione di lottatori “buoni” e gli Heel la fazione di lottatori “cattivi” come nella tradizione della maggior parte degli incontri dell’allora WWF.

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La serie parla delle avventure dei due gruppi di Wrestler della WWF divisi nelle fazioni dei “Face”, capitanata da Hulk Hogan e composta da Junkyar Dog, Captain Lou Albano, André the Giant, Wendi Richter, Jimmy “Superfly” Snuka, Hilbilly Jim e Tito Santana; la fazione degli Heel invece è capitanata da Roddy Piper e composta da Iron Sheik, Nikolai Volkoff, The Fabulous Moolah, Big John Studd e Mr Fuji  che nella WWF era il manager dei Demolition. In pratica Hulk Hogan e i suoi Face, girano per il mondo per varie motivazioni, tournée, eventi di Wrestling, in missione speciale per l’O.N.U o da organizzazioni similari oppure per semplice turismo. Alla fine l’allegro gruppo si trova sempre coinvolto in avventure di vario genere, dall’aiutare “donzelle” in difficoltà ad intrighi spionistici oppure affrontare una banda di gangsters, con gli Heel di Roddy Piper sempre alle calcagna, per mettergli i bastoni tra le ruote ai Face e farsi belli agli occhi del pubblico, ma alla fine Hogan e i suoi eroi riescono sempre a cavarsela e Roddy Piper e gli Heel finiscono sempre nei guai, con risata generale alla fine dell’episodio.

Pur essendo una bella serie, oltre ad essere l’unica basata sul Wrestling, anche se di combattimenti ve ne sono veramente pochissimi, essa ha avuto durante la sua realizzazione e la sua messa in onda vari problemi. Infatti molti dei lottatori presenti nella serie che erano Face ed Heel, nel tempo previsto per realizzare gli episodi, durante la messa in onda negli U.S.A. Avevano cambiato fazione divendneo da Face a Heel e viceversa. In Italia poi una tra le nazione che in quel periodo era seguito moltissimo la WWF, quando la serie andò in onda nel 1990, molti di quei lottatori oltre ad aver cambiato fazione, avevano anche lasciato il Ring, smettendo di combattere e di essere presenti in WWF. Però nonostante queste incongruenze e problemi di postproduzione, rimaneva sempre una bella serie da guardare per farsi due belle risate vedendo le dissavventure dei nostri beniamini del Ring, in più in alcuni episodi, vi erano alla fine dell’episodio alcuni siparietti con la presenza dei Wrestler in carne ed ossa tanto per dare quel tono di colore in più, che rallegrava la serie, in attesa di rivedere i nostri beniamini durante gli incontri veri e propri nei canali nazionali. Si riesce a reperire ancora qualcosa nel web oppure se si ha veramente fortuna in alcune fiere o mercatini delle VHS; se vi capita cercate di vederne almeno un episodio anche se in lingua originale, per i nostalgici è un risveglio di vecchi ricordi, per gli amanti del Wrestling potranno trovare divertente vedere alcuni dei loro vecchi beniamini versione cartone animato e per i neofiti, uno sguardo al passato non fa mai male; anche questa è sempre storia… nerd ma sempre storia!

 

By Marco Talparius Lupani

Darkwing Duck: “Dagli addosso Duck!”

Abbiamo parlato più volte del reboot della serie disney dei Duck Tales, remake di una vecchia serie animata degli anni ’90, si trattava di una serie  che narrava delle avventure di Paperon de’ Paperoni che in compagnia dei sui nipotini Qui, Quo, Qua e del simpatico e pasticcione Jet Mcquack; in giro per il mondo alla ricerca di nuovi tesori da scoprire e affari da concludere, ritrovandosi ad affrontare ogni volta la Banda Bassotti, Amelia la Strega che Amalia e Cuordipietra Famedoro; uscendo come sempre vincitori. Però magari pochi ricorderanno che nello stesso periodo e gli stessi produttori di Duck Tales, crearono un altra serie con protagonisti una famiglia di Paperi, Darkwing Duck. Creata come Spin-off della serie di Duck Tales, la serie si basa sulle avventure di un papero mascherato dal nome appunto di Darkwing Duck, che si prefigge lo scopo di essere una sorta di vigilante per punire i criminali; pur mantenendo dei toni un pochino dark, essa sarebbe una sorta di parodia Disneyana di famosi super eroi sia DC Comics che Marvel e di altre case editrici.

Qui di seguito alcuni esempi:

  • Darkwing Duck: cittadino modello di giorno e giustiziere mascherato di notte,  come è ovvio fa il verso a Batman/Bruce Wayne, anche se il suo costume fa riferimento sia all’Uomo Ombra che a Green Hornet. Una caratteristica propria di Darkwing Duck e la sua apparizione davanti ai criminali, sbucando dalle ombre cicondato da una nube di fumo urlando con voce profonda (alla Batman appunto) e a volte modificando la prima parte, la frase “sono la gomma che si attacca al lavoro del tuo dentista, sono l’ombra che svolazza nella notte, io sono Dakwing Duck!” e nei momenti più intensi del combattimento il suo grido di battaglia, che viene usato anche nella sigla è “Dagli addosso Duck!”
  • Robopap/Roboduck: alterego di Fenton Paperconchiglia, quando si trasforma diventa un papero con indosso una ipertecnologica armatura qui i riferimenti a Iron Man, Robocop e Acciaio sono evidenti. Robopap oltre a Darkwing Duck appare anche nella serie Duck Tales.
  • Nettunia: un pesciolino mutante che utilizza i suo poteri contro gli inquinatori dei sette mari, qui vi sono palesi riferimenti a Namor e Acquaman.
  • Quackerjack: all’inizio era un tranquillo fabbricante di giocattoli, successivamente è diventato un papero pagliaccio, che ha votato la sua vita al crimine, qui ricorda il criminale Joker e il Giocattolaio.
  • Negaduck: nemesi di Darkwing Duck, proveniete da una dimensione parallela però al contrario, infatti egli è malvagio quanto Darkwing Duck sia buono. Essendo un gemello pressochè identico a Darkwing Duck tranne per i colori del costume, Negaduck è un tributo ai Doppelganger della DC comics, un omaggio a personaggi come AntiFlash, Zoom, Owlman e Ultraman.

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Come abbiamo detto prima. alla fine. è il solito scontro tra l’eroe mascherato e il cattivo di turno, il tutto svolto nella immaginaria città di St Canard, dove il tranquillo Drake Mallard per aiutare la polizia a combattere il crimine, dopo il tramonto del sole al calar delle tenebre, veste i panni del vendicatore mascherato Darkwing Duck, nelle sue imprese lo aiutano il simpatico Jet Mcquack  e la figlia Ocalina (adottata da Drake alla fine del secondo episodio), insieme combattono l’ingiustizia e la malvagità facendo trionfare alla fine la verita e la giustizia e mandando dietro le sbarre il cattivo di turno.

Trasmessa in Italia agli inizi degli anni 90 sulle reti Rai e dopo un decennio su Jetix, gli episodi erano sempre composti prevalentemente in due parti, la prima parte dove arriva il cattivo e di cui verso la fine dell’episodio Darkwing Duck si trovava in difficoltà (ad esempio invecchia precocemente per colpa del cattivo), e la seconda parte dove risolvevano il guaio e sconfiggevano il cattivo; per certi versi ricorda gli episodi del telefilm di Batman degli anni 60 del compianto Adam West; Alternando i toni Dark con l’ironia tipica delle serie Disney. In Italia sono stati pubblicati alcuni episodi sono in versione VHS alla fine degli anni 90, e le edizioni in DVD sono reperibili solo negli U.S.A., ed è un peccato perchè era una serie molto divertente ed anche piena di azione e i dialoghi erano molto ben fatti lasciando sempre come protagonista Darkwing Duck, ma anche dando spazio al resto dei personaggi sia essi principale che secondari. La Disney aveva annunciato che nel 2018 avrebbe rifatto la serie, alla fine ha optato per un progetto cartaceo e alla metà del 2016, Darkwing Duck divenne un fumetto (al momento sono negli States). Se mai doveste vedere in qualche fiera o mercatino oppure on line le vecchie VHS in vendita della serie ( a prezzi onesti ovviamente) e se avete la possibilità di poterli vedere grazie al supporto adatta, vi consiglio di farlo, sono passati più di vent’anni ma rimane sempre una serie fresca e attuale, dopotutto se ci pensate Diabolik ha più di 50′ anni e non li dimostra.

Che dire… “Dagli Addosso Duck!”

 

Godzilla animated series

In questi giorni è uscito nelle sale cinematografiche Italiane il film Shin Godzilla vero e proprio reboot della saga Godzilla del 1954 e del 1984, spettacolare sia per effetti speciali, sia in computer grafica che “vecchia scuola” utilizzando modellini radiocomandati, che per trama che fa ricordare agli appassionati con nostalgia il film originale. Dal 1954 ad oggi, il nostro lucertolone ha avuto moltissime evoluzioni, da mostro distruttore, a idolo dei bambini; sia nel paese del Sol Levante che negli U.S.A. Il marchio Godzilla, si può vedere su  molti prodotti, dai giocattoli ai fumetti infine ai videogiochi.

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Godzilla ha al suo attivo innumerevoli film di cui parleremo in seguito, però in pochi sanno che la Hanna & Barbera, la casa di produzione di Scooby-Doo, insieme alla nipponica Toho, hanno prodotto una serie animata composta di ben due stagioni dal 1978 al 1980 per un totale di 26 episodi; venne trasmessa anche in Italia con pochissimi passaggi sulle reti private, infatti io di Torino quando ero piccolo lo vedevo su reti televisive come Videogruppo, Telesubalpina ecc., il cartone animato di Godzilla insieme ad altre serie di Hanna & Barbera come Galaxy Trio, Birdman e i Fanatstici Quattro per fare un esempio, venivano trasmesse all’interno di un contenitore chiamato Fantasupermega, una sorta di Bim Bum Bam; la cui sigla era cantata da Nico Fidenco; dove al suo interno per circa 90 minuti trasmettevano in maniera casuale alcuni episodi delle serie di Hanna & Barbera tra cui Godzilla appunto.

L’idea base di questa serie, prende spunto dai film del periodo degli anni 70′ in quanto Godzilla era ritratto come un grosso lucertolone amante dei bambini e difensore della Terra. Partendo da questo presupposto, la trema infatti è molto semplice, un gruppo di ricercatori composta dal Capitan Majors, Brock, Quinn ed il giovanissimo Pete, vanno in giro per il Mondo esplorando ogni angolo del pianeta ad esplorare e cercare ogni mistero che può capitargli tra le mani, insieme a loro li accompagna Gudzuki, un draghetto volante di circa 3 metri di altezza, una sorta di “Godzilla in miniatura”.

E ogni qualvolta che il nostro simpatico gruppo di eroi si trova nei guai da parte di mostri giganti, enormi creature aliene e robot creati da scienziati pazzi; al Capitan Majors basta premere un pulsante situato su una sorta di comando a distanza che porta sempre con se, infatti dall’apparecchiatura si propaga una specie di ultrasuono, ma in caso esso non funzioni basta anche un urlo di Gudzuki; e ovunque essi si trovano, Godzilla appare e come consuetudine affronta e abbatte il nemico di turno e dopo aver risolto la situazione ritorna a riposare nei profondi abissi marini.

Serie molto ben fatta dal punto di vista grafico dell’epoca, in fodno sappiamo che la Hanna&Barbera per i suoi prodotti cercava sempre di dedicare la massima qualità consentita, e con l’introduzione di Gudzuki il Godzilla in “miniatura, ha ricalcato il tono umoristico tipico delle loro serie animate. Anche qui solita questione, può piacere o come non piacere, se la rivedo adesso mettendola a confronto con le serie animate moderne ovviamente noterei le pecche tecniche e magari anche per certi sensi la ingenuità della trama, ma dopotutto sono passati quasi qurant’anni; ma nonostante tutto non la cambierei di una virgola, perchè anche se sono passati decenni e ovviamente sono “cresciuto” anche io, riguardo con nostalgia quelle puntate, provando le stesse emozioni che provavo all’epoca; e poi a chi non piace vedere un il nostro amato Godzilla che sfascia tutto con la sua mole e il suo alito infuocato. In breve Godzilla sia che sia un film, un fumetto oppure una serie animata, e che sia degli anni 50, degli anni 70 o del 2000, alla fine è sempre uno spettacolo da vedere e anche da rivedere. “Il classico non lo batte nessuno!”

by Marco Talparius Lupani

Transformers – L’ultimo cavaliere

Cosa poter dire dell’ultimo capitolo, appena uscito, dei Transformers? Stupendo! Come sempre vi fornisco il mio parere personale e di chi viene a vedere con me il film (in questo caso mia moglie) che è stata d’accordo con me nel dire che questo è un film bellissimo che si può rivedere molto volentieri anche una seconda volta, probabilmente bisseremo molto volentieri.Il film presenta pochissimi punti morti; il passaggio da una situazione ad un altra totalmente differente e così fluida da non far perdere un solo momento saliente del film, tranne se ci si distrae per motivazioni esterne.

Grazie al breve riassunto iniziale, sotto forma di monologo di Optimus Prime, che ci riassume precedente capitolo, “Transformers l’Ultimo Cavaliere” si può guardare come un film a se stante senza per forza aver visto i precedenti capitoli; ovviamente, vi consiglio però di vederli perché sono sempre un bello spettacolo specie per chi è cresciuto, come me, vedendo in televisione le serie animate: dopotutto, uno scontro tra robot è sempre un bello da vedere.

Sono passati alcuni anni da quando Optimus Prime ha lasciato il Pianeta Terra lanciandosi nello Spazio Profondo in cerca dei creatori dei Transformers; sulla Terra intanto sia gli Autobot che i Decepticon, entrambi senza un leader a guidarli; continuano a combattersi tra loro in nome della loro eterna rivalità, senza preoccuparsi dei danni collaterali. Per evitare di vedersi le proprie città vengano usate dai Transformers come un campo di battaglia, le Nazioni Unite hanno formato una Task Force multinazionale chiamata TRF specializzata nel trovare e neutralizzare con ogni mezzo possibile sia i Decepticon che gli Autobot senza alcuna distinzione.

Nel frattempo sull’intero pianeta cominciano a spuntar fuori dal terreno delle gigantesche strutture  metalliche che sembrano presagire nulla di buono. Le notizie che giungono da tutto il Mondo riguardanti queste antiche strutture mandano nel panico ogni abitante della Terra: il mondo è nel caos, tranne una remota zona della campagna Inglese, dove un Lord di una antica Casata, accompagnato dal suo maggiordomo robotico, accolgono tali notizie come se le attendessero da tempo immemore. Nelle profondità dello Spazio Optimus Prime incontra finalmente i suoi creatori e … mi spiace ma basta così, niente spoiler, il resto lo saprete andando al cinema.

Per realizzare questo film, il regista Michael Bay ha miscelato bene tra loro alcuni dei protagonisti umani dei precedenti capitoli, come se il tutto facesse parte non di due trilogie separate ma di un unica e grande saga. Mark Wahlberg riprende il suo ruolo da L’era dell’estinzione, mentre Josh Duhamel e John Turturro riprendono i loro ruoli dai primi tre film della serie. Fanno parte del cast anche Anthony Hopkins, Laura Haddock, Isabela Moner, Jerrod Carmichael, Santiago Cabrera, Liam Garrigan e Mitch Pileggi. Per quanto gli attori siano bravissimi nei loro ruoli, in questo quinto capitolo della saga, a farla da padrone sono i Transformers stessi in maniera molto più preponderante dei capitoli precedenti.

Oltre a scoprire parte delle origini dei Transformers, finalmente si risolve l’annoso dubbio per il quale il nostro pianeta sembri attirare dallo spazio tutte le forme di vita robotiche dei Transformers. La sceneggiatura dunque mescola la storia umana, i miti e le leggende che ci hanno accompagnato sin dagli albori della storia e, come recita il trailer, “la Storia Segreta dei Transformers”. Una trama fluida e piacevolmente scorrevole, piena di colpi di scena e rivelazioni, effetti speciali ben fatti, combattimenti al cardiopalma, apparizioni di vecchi personaggi che credevamo ormai “accantonati” e, per i fan della serie animata, alcune citazioni dei protagonisti del cartone.

Al 27 giugno 2017, Transformers – L’ultimo cavaliere ha incassato 82,1 milioni di dollari in Nord America e 199,2 milioni negli altri territori, totalizzando a livello mondiale 281,3 milioni di dollari, a fronte di un budget di 217 milioni

Vi posso assicurare che vale veramente la pena andare a vedere “Transformers – L’ultimo cavaliere”, specie se in compagnia di persone appassionate del genere, sia dei Transformers che di Fantascienza: vi posso assicurare che vi divertirete moltissimo e avrete voglia di rivederlo una seconda volta.Alla prossima!

by Marco Talparius Lupani

La Stop-Motion


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Sorella minore della tecnica a Disegni Animati, la stop-motion ha trovato forse più spazio ed impiego, in modo particolare nel cinema “dal vero” dove è stata e viene comunemente usata nella creazione di effetti speciali. I principi fondamentali rimangono quelli dei disegni animati, si procede, cioè, a passo uno (frame by frame). In questo caso però, l’oggetto da animare è una scultura in plastilina come nell’ottimo Wallace and Gromit di Nick Park o un pupazzo meccanico come nel caso del più recente The Nightmare before Christmas del notturno e geniale Tim Burton, oggetti già dotati di una propria tridimensionalità e consistenza.
Nell’arco di ogni secondo, il personaggio viene mosso leggermente per ben 24 volte e, come accade frequentemente, anche in modo estremamente complesso, in uno scenario costruito con le debite proporzioni. La stop-motion che sfrutta le sculture di plastilina risulta chiaramente la più impegnativa, poiché ad ogni variazione di espressione o movimento, lo scultore è costretto ad intervenire sul modello per apportare le modifiche del caso. Con i pupazzi meccanici, ove con il termine “meccanico”si intende indicare un’anima di metallo dotata di snodi articolari, il problema viene risolto intervenendo sulle articolazioni e mettendo così “in posa” il soggetto o sostituendo la testa per modificare l’espressione del viso. Un impiego recente della stop-motion, insieme ad altre tecniche che considereremo in seguito, è stato fatto anche in Jurassic Park di Steven Spielberg, la scena che vede l’attacco dei due Raptors nella cucina del centro turistico è stata appunto “costruita” in parte con questa tecnica da artisti quali Phil Tippet e Randy Dutra.

Jem e le Holograms: il film

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Dal cartone animato della Hasbro negli anni ’80 si arriva alla trasposizione in film, la linea di bambole più famosa prenderà vita, diventerà carne e ossa a ottobre 2015 grazie alla Blumhouse Productions e alla Scooter Braun Productions, regista John M. Chu.  Nel film vediamo le vicende di un gruppo di giovani che cercando di rimanere fedele a alla loro vero modo di essere senza venire sopraffatti dalla fama. Jem vorrebbe soltanto riuscire a essere il personaggio che interpreta senza abusare di trucco e vestiti appariscenti ma semplicemente con la fiducia in se stessa.

Quello che vediamo è il divario che si troverà ad affrontare divisa tra due identità, la ragazza e la star. Il cast di Jem and The Holograms è interpretato da Aubrey Peeples (Jem), Stefanie Scott (Kimber), Hayley Kiyoko (Aja),  Aurora Perrineau (Shana) e Juliette Lewis che potrebbe interpretare il ruolo della vocalist antagonista Pizzazz. Non si tratta della prima volta che un cartone animato finisce con l’essere interpretato da attori veri e propri, tanto per citarne uno che riguarda sempre le band musicali, si può parlare di Nana.

Quello che fa storcere il naso però è che per avvicinarlo agli adolescenti degli anni 2000 si è pensato di fare ricorso al regista del film di Justin Bieber e una canzone degli One Direction, non ci soffermiamo sulla bravura o meno di questi personaggi, sia perché andremo fuori tema sia per non aizzare le fan, ma ci domandiamo che fine abbiano fatto i famosi orecchini a stella per esempio e che ne è stato di Sinergy e di molti altri simboli che sono scomparsi per dare posto a un più moderno Youtube, fonte di fortuna per molti esordienti. A che pro quindi fare un film chiamato Jem e le Holograms, se di Jem non è rimasto che il guscio? Se si mirava a colpire le nuove generazioni per poi deludere invece quelle anni 80, sarebbe stato meglio creare un film da zero senza ispirarsi a qualcosa che secondo la regia è troppo obsoleto da essere capito e fare colpo oggi.

Storyboard, sogni su carta

Lo storyboard è una parte chiave dell’animazione e della produzione cinematografica. È una fase cruciale per qualsiasi regista in erba con un’idea in testa, poiché dovrebbe catturare in formato visivo l’essenza e la struttura dell’animazione pianificata. Gli artisti dello storyboard traducono la sceneggiatura in disegni in sequenza simili a tavole di fumetto, che permettono la pre-visualizzazione della messa in scena inquadratura per inquadratura. Lo storyboard è essenzialmente costituito da una serie di schizzi che mappano gli eventi chiave della narrazione, presentati in ordine cronologico. Ogni schizzo rappresenta solitamente una ripresa fondamentale o un fotogramma. Conosciuti anche come “pannelli”, raffigurano dettagli tecnici, solitamente in riquadri separati.

Gli storyboard artist sono figure professionali che lavorano a stretto contatto con registi, animatori e altri membri del team di produzione. Essi aiutano a trasformare le idee e i concetti iniziali in una forma visiva che può essere compresa da tutti i membri del team. I registi amatoriali potrebbero creare correttamente il proprio storyboard, ma molti professionisti lavoreranno con artisti dello storyboard, spesso identificati come artisti specializzati, per realizzare la loro visione.

Gli storyboard per l’animazione sono strumenti potenti che danno vita alla narrazione, aiutando registi, animatori e artisti dello storyboard a trasformare la loro visione creativa in un progetto tangibile. Lo storyboard consente di sviluppare una storia più ampia e può essere utilizzato come un modo economico per creare contenuti per vedere se funziona prima di eseguire l’intera produzione4.

Sigle: ieri, oggi e domani

Le sigle sono un elemento fondamentale dei cartoni animati, perché ne “riassumono” i contenuti e mostrano allo spettatore chi sono i personaggi e quali le loro caratteristiche distintive. Si tratta di un mix di musica, effetti sonori, voci ed immagini, sapientemente mescolati, in grado di lasciare la propria impronta sul pubblico. Innanzitutto, le sigle hanno la funzione di fissare nella memoria il cartone stesso: se ascoltiamo, ad esempio “invincibili guerrieri, valenti condottieri…”, capiamo di avere a che fare con i Cavalieri dello Zodiaco.

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