Come usare i cosplayer per promuovere il tuo brand

Il cosplay, l’arte di travestirsi da personaggi di film, fumetti, videogiochi o altri media, è una forma di espressione creativa e di divertimento per milioni di appassionati in tutto il mondo. Ma il cosplay può essere anche una potente strategia di marketing per i brand che vogliono raggiungere un pubblico giovane, appassionato e fedele.

I cosplayer sono infatti degli influencer naturali, che condividono le loro creazioni e le loro esperienze sui social media, generando engagement, visibilità e fiducia tra i loro follower. I cosplayer possono anche partecipare a eventi, fiere, convention o contest, dove possono interagire direttamente con il pubblico e creare un legame emotivo con il brand.

Ma come sfruttare al meglio il potenziale dei cosplayer per la tua strategia di marketing? Ecco alcuni consigli:

– Scegli i cosplayer giusti per il tuo brand. Non tutti i cosplayer sono adatti per rappresentare il tuo brand. Devi selezionare quelli che hanno una buona reputazione, una buona qualità delle loro opere, una buona presenza sui social media e una buona affinità con il tuo target. Puoi cercare i cosplayer che si occupano dei personaggi o dei temi legati al tuo brand, o che hanno già collaborato con altri brand simili al tuo.
– Offri loro dei compensi, oltre che benefici. I cosplayer non lavorano gratis. Se vuoi che promuovano il tuo brand, devi offrire loro dei benefici, come dei prodotti, dei servizi, dei buoni sconto, dei viaggi, dei premi o dei compensi. Devi anche essere trasparente e rispettoso delle loro condizioni e delle loro aspettative, e stipulare dei contratti chiari e onesti.
– Coinvolgili nella tua campagna. I cosplayer non sono solo dei testimonial, ma anche dei creatori di contenuti. Puoi coinvolgerli nella tua campagna, chiedendo loro di creare dei post, dei video, delle storie, dei tutorial o dei live sui social media, usando il tuo hashtag, il tuo logo o il tuo slogan. Puoi anche chiedere loro di partecipare a dei contest, a dei sondaggi, a delle challenge o a delle dirette, coinvolgendo anche i loro fan. Puoi anche organizzare degli eventi, delle fiere, delle convention o dei meet and greet, dove i cosplayer possono incontrare il pubblico e mostrare il tuo brand.
– Monitora i risultati. Per valutare l’efficacia della tua strategia di marketing con i cosplayer, devi monitorare i risultati, usando dei tool di analisi dei dati, come Google Analytics, Facebook Insights, Instagram Insights o altri. Devi misurare il numero di impression, di click, di like, di commenti, di condivisioni, di visualizzazioni, di follower, di conversioni o di vendite che hai ottenuto grazie ai cosplayer. Devi anche confrontare i risultati con i tuoi obiettivi e con i tuoi costi, per calcolare il tuo ROI (return on investment).

Il cosplay è una forma di marketing innovativa, creativa e coinvolgente, che può aiutarti a promuovere il tuo brand e a fidelizzare il tuo pubblico. Se segui questi consigli, potrai sfruttare al meglio il potenziale dei cosplayer per la tua strategia di marketing. Buon cosplay!

Cosplay: rispetto e parità di genere

Il fenomeno del cosplay ha conquistato sempre più popolarità negli ultimi anni, portando al centro dell’attenzione discussioni importanti sul consenso e il rispetto. Molti potrebbero essere portati a pensare che la responsabilità delle situazioni di molestia o mancanza di rispetto ricada sulla persona che indossa un costume, ma è fondamentale sottolineare che questa convinzione non è corretta e che il problema va ben oltre il genere.

Il cosplay, che consiste nell’interpretazione di personaggi di fantasia o di spicco provenienti da anime, manga, videogiochi e altre forme di media, rappresenta un modo creativo per esprimere la propria passione e amore per questi universi immaginari. Tuttavia, esso non dà alcun diritto alle persone di violare il consenso e mancare di rispetto.

Particolare attenzione va riservata alle donne, dal momento che sono spesso vittime di molestie sessuali o giudizi negativi semplicemente perché indossano un costume. Questo atteggiamento sessista e discriminatorio è inaccettabile e deve essere condannato senza alcuna esitazione. Le donne hanno il diritto di indossare i costumi che preferiscono senza dover subire offese, commenti inappropriati o toccamenti indesiderati.

Tuttavia, è cruciale sottolineare che il problema non riguarda solo le donne. La mancanza di consenso e il mancato rispetto possono coinvolgere chiunque indossi un costume, indipendentemente dal genere. Ogni individuo ha il diritto di partecipare al mondo del cosplay senza essere oggetto di violazioni della propria sfera personale.

La comunità del cosplay ha preso diverse iniziative per contrastare questi problemi. Gli organizzatori di eventi spesso promuovono regole di condotta che vietano qualsiasi forma di molestia, incoraggiando un ambiente sicuro e inclusivo per tutti i partecipanti. Inoltre, molti cosplayer hanno unito le forze per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere il rispetto reciproco tra i fan.

È compito di tutti noi, come comunità e come individui, combattere il sessismo e la mancanza di rispetto nel cosplay e in ogni altro ambito della vita. Dobbiamo educare le persone sul consenso, sui confini personali e sul rispetto reciproco. Solo attraverso l’empatia e la comprensione potremo creare un ambiente positivo e inclusivo dove tutti possano godere della loro passione senza paura di essere oggetto di abusi.

In conclusione, è importante ribadire che il cosplay non dovrebbe mai essere visto come un invito all’aggressione o al mancato rispetto. Non importa se si è uomini o donne, ogni individuo ha il diritto di partecipare al mondo del cosplay senza essere vittima di violazioni alla propria sfera personale. È fondamentale promuovere una cultura del rispetto e del consenso nel cosplay e in tutte le altre sfere della vita, affinché ogni fan possa godere appieno della sua passione in un ambiente sicuro e accogliente.

Cosplay: dalla creatività alla professione

La parola “ cosplay “ , deriva dai termini inglesi “ costume “ e “ play “. E’ quindi la pratica di travestirsi da personaggi fantastici provenienti soprattutto dai fumetti ( in particolar modo “manga“ ), videogiochi, cartoni animati, film e telefilm o ispirate a icone musicali, in particolare j-pop e j-rock ( esponenti della musica pop e rock nipponica,questi esistenti!)

Chi indossa un outfit cosplay è detto “ cosplayer “. Per travestimento si intende , quindi , immedesimarsi in maniera totale in un personaggio: maschera , vestito , armi , mosse , trucchi , espressioni facciali e posture , accessori ecc. I costumi non sono quasi mai acquistati già confezionati , ma sono “ creati “. Particolare cura è rivolta alla scelta della stoffa ( consistenza , qualità , lucentezza ecc. ) , e ai tagli da eseguire. E’ quindi un lavoro di “ bricolage “, di creatività-fai da te . I vestiti qualitativamente più importanti arrivano a costare oltre i mille euro.Sempre di  più quindi , parallelamente al fenomeno-cosplay ,  sta fiorendo una notevole quantità di attività ed esercizi commerciali che trattano materiali costumi ed accessori per cosplayers.

Sempre per quanto riguarda l’aspetto economico/culturale , c’è da dire che in Giappone , alcuni cosplayers sono delle vere star. Esiste cioè la “ figura professionale “ del cosplayer : è un lavoro. Realizzano buoni guadagni posando e partecipando a spot per il lancio di videogames , merchandising inerente a cartoni animati , lanci di nuovi fumetti ecc.

Un Fenomeno in espansione: Il cosplay nasce in Giappone ( patria dei manga , degli anime , e più in generale , un Paese tra i primi al mondo per cio’ che riguarda le tecnologie di comunicazione e intrattenimento ) negli anni Ottanta , e si diffonde in Europa e in Occidente in generale , a partire dalla metà degli anni Novanta. In italia , una delle prime occasioni in cui si è palesato ed è stato “ riconosciuto “ il cosplay , è stata al “ Lucca comics and games “ : la manifestazione di settore più importante a livello nazionale. I numeri parlano chiaro : nella appena citata manifestazione toscana , i cosplayers nel 1997 , partecipanti alle sfilate erano una ventina ; trecento nel 2002 e oltre 500 nelle ultimissime edizioni. Ad oggi quindi il cosplay , anche in Italia ,è un fenomeno importante che puo’ contare su : uno “zoccolo duro “di seguaci ( i pionieri dell’attività ), sempre più manifestazioni , fiere e raduni a tema e, sopratutto, un imponente aumento annuale di appassionati

Il World Cosplay Summit è la massima rassegna a livello mondiale di cosplay.In italia importanti raduni e manifestazioni in cui trovano spazio i cosplayers sono ovviamente la già citata “ Lucca comics and games “, Romics (a Roma), Comicon (a Napoli) e Cartoomics (a Milano)

Il Cosplay dal punto di vista sociologico; Il cosplay è un fenomeno molto più solido e strutturato di una semplice moda effimera. Possiamo considerare il cosplay una vera e propria “sottocultura“: si può affermare che il cosplay ha nella partecipazione e nella creatività due ragion d’essere , due elementi fondanti. Dal punto di vista più strettamente sociologico il cosplay è un’attività , un fenomeno , in cui “ convergono “ i concetti di fandom, tribalismo, performance.

Il concetto di “ fandom “ è il concetto che sta alla base di un inquadramento a livello sociologico del fenomeno cosplay. Il fandom è il regno dei ”fans “. Il “ fan “ ovvero fanatico , deriva dalla parola latina  “ fanaticus , a , um “. Ovvero ispirato ad una divinità , esaltato ed invasato. Per molto tempo quindi , il termine “ fan “ ha subito un’accezione negativa : un soggetto squilibrato , privo di coscienza critica verso l’entità adorata. Da sempre quindi i fans sono considerati estranei al regno della normale esperienza culturale , e la loro mentalità pericolosamente deviata e distaccata dalla realtà. Sempre ripercorrendo e ricalcando i concetti e le analisi della Professoressa Valeriani è importante sottolineare il contributo di Jenkins ( saggista e divulgatore dei nostri giorni , grande osservatore dei nuovi fenomeni partecipativi e interazionali : blog , videogames , fandom ecc.SI definisce: “aka-fans”,perché il suo scopo è dare visibilità e dignità accademica ai fans) ) nell’aver messo a punto un’analisi scevra da ansie e da pregiudizi sui fans , mostrando come gli interessi di quest’ultimi siano considerati a tutt’oggi minacciosi e sovversivi da coloro che hanno interesse a che gli standard culturali dominanti vengano mantenuti. I fans infatti rifiutano le strutture istituzionali educative , e sono orgogliosi di interpretare visioni e contenuti non appoggiati dall’educazione canonica. Sempre per Jenkins , i fans raccolgono ed “ assorbono “ dalla cultura di massa , materiali da rielaborare in base alle loro interpretazioni.

Per il nosto sociologo Alberto Abruzzese la tribù definisce piccole e grandi comunità dinamiche,in evoluzione, non più collegate ad un territorio ma “frantumate” in diversi modi di apparire,e in diverse rappresentazzioni di sé. Secondo Andrea Pollarini le tribù si formano come espressione di un bisogno di rappresentarsi.Si può parlare quindi di un caratteristico sistema di valori intorno a cui l’individuo costruisce un suo proprio stile di vita, ed una sua concezione di interazione con l’esterno. Come in tutte le entità comunitarie-tribali fondamentali sono i riti condivisi,i gesti , i comportamenti e gli interessi.

Infine il concetto di performance si traduce in azione: il risultato pratico delle proprie passioni ed interessi.Il cosplayer trasforma in performance la propria passione,ritualizza il proprio quotidiano, fa di ogni evento un mito. I concetti di “tribalismo” e “performance”, quindi , hanno la funzione di rafforzare una visione del fenomeno cosplay come un fenomeno socio-culturale , basato sulla reinterpretazione dei simboli della cultura di massa , sull’interesse per determinate forme culturali-comunicative( anime, fumetti ecc) sulla passione tipica dei fans e sul caposaldo dell’elemento partecipativo e comunitario.

Cosplayer: quelli tra manga e realtà

Il Cosplay da fenomeno di nicchia a fenomeno di massa: nel 1997 era poco più che un simpatico espediente per assicurarsi un ingresso gratuito alla fiera, oggi è diventato un vero e proprio fenomeno in continua evoluzione. Il fenomeno Cosplay nasce nel 1981 a Tokyo, anche se in realtà già dagli anni ’20 si possono rintracciare in Giappone sporadici fenomeni di imitazione del vestiario di alcuni protagonisti di strisce fumettistiche da parte di giovani generazioni nipponiche. Allora il fenomeno consisteva solo nell’indossare semplicemente un cappello o una maglietta del proprio personaggio preferito, ed era ben lungi da quello che sarebbe diventato qualche decennio più tardi.
 

Il Cosplay è un fenomeno complesso e sarebbe riduttivo e insensato ritenerlo un mero mascherarsi ispirandosi a personaggi di manga, anime o videogiochi. Il termine Cosplay,costume (“costume”) e play(“interpretare”, “recitare”), e rimanda perciò ad un’attività che consiste nell’indossare un costume che rappresenti un personaggio riconoscibile in un determinato ambito e interpretarne il modo di agire. infatti, trae origine dall’unione delle parole

 

Fare Cosplay è un concetto diverso dal mascheramento fine a sé stesso, è una fantasia che si deve tradurre in realtà, e per far si che ciò avvenga ha bisogno di almeno due dimensioni fondamentali, la prima teorica, ovvero uno studio minuzioso, quasi maniacale, di ogni dettaglio del personaggio( psiche, vestiti, movenze), che culmina in una vera e propria “immersione” psicologica; la seconda di carattere più pratico,ovvero tutta quella fase di ricerca dei materiali più adatti e dell’assemblaggio del costume, che a volte richiede anche diversi mesi per essere reso nella maniera più realistica possibile; il tutto, ovviamente, deve essere accompagnato da una componente passionale molto elevata per riuscire al meglio.

 
 

Nel Cosplay c’è una vera e propria metamorfosi degli appassionati, che da fruitori passivi ne diventano protagonisti attivi in tutto e per tutto, fino ad immedesimarsi nei panni dei propri personaggi e ad essere “loro”, almeno per un giorno. Il momento più sentito è sicuramente quello dei Contest, delle gare in cui singolarmente o in gruppo, i cosplayers si sfidano non solo a suon di costumi ma anche, e soprattutto, di esibizioni che durano qualche minuto e possono andare da semplici performance di canti o balli, a delle coreografie studiante in maniera professionale e realizzate egregiamente. E’ in queste gare che si estrinseca tutto il fascino e il magnetismo di cui il Cosplay è capace, tanto da riuscire ad attirare centinaia di spettatori di ogni età, la cui emozione è facilmente ravvisabile dai volti e dalla mole impressionante di foto che scattano ai propri beniamini in carne ed ossa.

 
 

La cosa che più colpisce gli occhi di un profano è il clima di amicizia,socievolezza e disponibilità che si respira in queste gare, vedere sfidanti che si sostengono e spesso si aiutano scambiandosi consigli a vicenda, è un esempio di fairplay che nulla ha da invidiare e, anzi, forse ha molto da insegnare a competizioni maggiormente blasonate come quelle sportive. In questi ultimi anni l’influenza della cultura Giapponese sulla cultura “popolare” Occidentale è sotto gli occhi di tutti, ha attraversato i campi più disparati, dai libri ai fumetti, dalla cucina alla moda passando per la musica e i cartoni animati, a volte arricchendoli, a volte ridefinendoli completamente.

 

Il passaggio del Cosplay da fenomeno di nicchia a fenomeno di massa, deve certamente il suo tributo al numero di prodotti giapponesi sempre maggiore che ha colpito nel nostro paese un target di persone molto ampio, che va dagli adolescenti e arriva fino ai trenta/quarantenni. Ad alimentare questo processo c’è anche un fenomeno come quello della rimediazione, nata in questo caso dal successo di tali prodotti, è sempre più frequente vedere prodotti che nascono come videogiochi, si trasformano in fumetti, diventano libri e, a volte, addirittura film per il cinema. Come il caso del celebre videogioco Resident Evil, che dal suo esordio nel 1996 può ormai vantare al suo attivo più di dieci titoli video ludici, circa otto romanzi e tre produzioni cinematografiche.

 

Questa pacifica invasione nipponica ha portato con sé non solo cartoni animati, manga, e videogiochi, come la Playstation, divenuta negli anni, un vero e proprio oggetto di culto e simbolo di intere generazioni di appassionati, ma anche tutta una serie di merchandising ad essi collegato, e che ha contribuito alla creazione di un vasto schieramento di estimatori, in gergo definiti Otaku,con il quale si è andata a colmare la mancanza di quel sostrato culturale, necessario affinché un fenomeno come il Cosplay potesse attecchire in un contesto culturale tanto lontano quanto diverso come quello Italiano.

 
 

Anche Internet ha sicuramente giocato, e gioca tutt’ora, un ruolo fondamentale nella diffusione della cultura Cosplay, con centinaia di siti dedicati, tramite i quali è possibile acquistare materiali, condividere conoscenze e consigli sulla realizzazione dei costumi, ma anche semplicemente supportare i propri cosplayers preferiti grazie ai tanti fan-club sorti sul Web. Il Cosplay finora non è stato un fenomeno statico,in Giappone ad esempio, è riuscito ad uscire dal recinto delle fiere fumettistiche, andando a sfociare in fenomeni come quello delle Gothic Lolita o dello Street Style: ovvero persone vestite con costumi particolari, non per partecipare a qualche fiera o a qualche gara, ma semplicemente perché, dopo aver decontestualizzato questo stile dai suoi canoni ordinari, lo hanno adattato alla propria vita quotidiana.

 
 

Questi fenomeni sono sbarcati recentemente anche in Italia, ad una velocità nettamente superiore rispetto a quella impiegata dal Cosplay, forse perché grazie ad esso hanno trovato delle porte già aperte, ma forse anche a causa della globalizzazione, che riesce a contaminare culture così diverse e così lontane tra loro in tempi sempre più brevi. E’ comunque importante sottolineare come il Cosplay, e le sue varianti urbane, non portino i tratti delle mode passeggere ma quelli di vere e proprie culture e sottoculture, che viaggiano ad una velocità impressionante da un continente all’altro, cambiando rapidamente e arricchendosi man mano che si incontrano con le diverse culture.

 

Quanto detto finora sicuramente non esaurisce tutto quello che ci sarebbe da dire su di un fenomeno come il Cosplay, che, come tutti i fenomeni sociali, è una sorta di materiale magmatico in continuo movimento; con gli anni questo fenomeno è cresciuto, è cambiato, è riuscito ad attrarre sempre più persone e, con il contributo di queste, si è evoluto ulteriormente riuscendo sempre a mantenere un carattere innovativo. E’ difficile, allora, prevedere quali saranno le direzioni future in cui il Cosplay si riuscirà a muovere, l’unica cosa certa è che questa cultura ha ancora molto da dire, per questo ritengo che sia ancora troppo presto per scrivere la parola fine.

 

Cosplay: un fenomeno grassroots

Il termine Cosplay, derivato dalla contrazione delle parole inglesi “costume” e “play” (ossia “gioco del costume”), identifica sia l’azione del travestirsi – “fare cosplay” –, sia il costume stesso –“essere in cosplay”. Il cosplay è quindi la pratica di travestirsi da personaggi di fumetti (per lo più manga giapponesi), serie animate o videogiochi, durante particolari eventi. Questi si tengono nelle fiere del fumetto, dette anche mostre-mercato o convention, in cui negozianti, distributori e appassionati del settore espongono e vendono i loro prodotti e in cui si tengono anche iniziative culturali come mostre e conferenze.

 

 I cosplayers si comportano come pubblico, nel senso che girano per gli stand e assistono alle conferenze, ma sono chiamati anche a partecipare ad iniziative specifiche, come ad esempio un concorso, in cui sfilano ed interpretano il proprio personaggio, da soli o in gruppo, davanti ad una giuria che stabilisce il miglior cosplayer. I parametri di valutazione sono: la somiglianza del costume e l’interpretazione, che può essere totale o parziale. L’interpretazione è parziale se è evidente solo nel momento della sfida, sul palco davanti alla giuria; è invece totale se il cosplayer riesce ad assumere il modo di fare del personaggio e portarlo avanti anche fuori del palco, durante tutta la durata del giorno.

All’origine del cosplay c’è una generazione di Otaku, appassionati di fumetti, serie Tv e videogiochi giapponesi, che si identificano con i loro eroi e ne assumono l’aspetto. Sono le seconde o forse terze generazioni svezzate dai cartoni animati giapponesi, i più famosi dei quali appartengono all’infanzia dei loro fratelli maggiori, se non dei loro genitori; hanno visto in successive repliche i classici Lady Oscar, i Cavalieri dello Zodiaco o Sailor Moon. Per loro quindi il modello da imitare costituisce un mito sotto forma di una ripetizione nel tempo.

Il fenomeno nasce in Giappone agli inizi degli anni ‘80 e si diffonde abbastanza rapidamente in Europa e in America tanto da arrivare a coinvolgere migliaia di persone. Ormai ogni fiera del fumetto ospita, nei giorni di maggiore affluenza, una sfilata di cosplay. In Italia, la data assunta come rivelazione del fenomeno, risale al 1997, quando per la prima volta una sfilata è stata ospitata nella fiera “Lucca Comics & Games”, anche se si crede che la pratica fosse già esistente, con la differenza di non essere organizzata.

Il cosplay non è, come al principio si potrebbe credere, un mondo immaginario in cui rifugiarsi ma un vero e proprio fenomeno sociale che unisce giovani d’oriente ed occidente. Per questo motivo, il fenomeno ha catturato l’attenzione di sociologi, antropologi e studiosi di ogni genere, come il professor Speroni, la professoressa Valeriani, il professor Di Fratta e la professoressa Vaccari, presenti alla conferenza del 2 Ottobre alla fiera del fumetto di Roma, Romics 2008. Nel corso di questa conferenza, mi ha personalmente interessato l’intervento della professoressa Vaccari: essendo professoressa all’università di Bologna del corso di laurea specialistica in Sistemi e Comunicazione della Moda, la sua attenzione si è soffermata sulle particolarità del vestito-travestimento e sul suo significato. Nel cosplay, la regola principale può essere così enunciata: “maggiore è il contributo personale al vestito, più apprezzato è il cosplay”; questo significa che il costume deve essere realizzato a mano, personalmente, da parenti o amici, o al massimo, nel caso di un vestito troppo complicato, da un sarto.

Il vestito comprato non è ben visto nell’ambiente e fa guadagnare meno punti. La difficoltà principale sta proprio nel dover tradurre nella realtà un vestito che non è stato progettato per essere realmente indossato: i disegnatori non si sono preoccupati del fatto che questo non rispondesse a logiche essenziali della sartoria e della moda, o più semplicemente della fisica, quindi i vestiti saranno pesantissimi, con pieghe o ornamenti impossibili, in generale difficilissimi da creare e indossare. L’abilità sta quindi nel reinterpretare il vestito stesso in modo che funzioni nella realtà. È qui che entra in gioco il vero e proprio mercato del cosplay, che può essere associato al pensiero di Fiske delle economie culturali ombra: questo fenomeno alimenta, infatti, sia il mercato globale, con i fumetti e l’oggettistica necessaria, sia un mercato interno alla comunità che favorisce e rafforza l’identità sociale del gruppo. Anche per la difficoltà di creazione dell’abito si sono creati nel tempo comunità virtuali, siti web o riviste specializzate, in cui i cosplayers si scambiano consigli sartoriali ma anche foto delle proprie interpretazioni, e quindi dei propri vestiti, unitamente con informazioni generali sul mondo del cosplay.

Proprio per il fatto che il cosplay non può essere considerato solo una moda passeggera ma si è espanso in poco tempo in tutto il mondo, i sociologi tendono a definirlo un fenomeno grassroots: un fenomeno quindi che nasce dal basso e si estende orizzontalmente nella società. Il cosplay è quindi una messa in scena di un abbigliamento utopico teso a dare forma concreta ai personaggi disegnati e come gioco di ruolo che coinvolge i concetti di identità, genere e transcultura.

di Camilla Sansonetti

Cosplay: fan fiction da indossare

Cosplay è una parola che deriva dalla fusione di costume e play, e indica l’attività di indossare un abito e interpretare un personaggio di un film, di un fumetto, di un videogioco o di qualsiasi altra opera di fantasia. Il cosplay nasce in Giappone negli anni ’80, quando alcuni appassionati di manga e anime iniziano a vestirsi come i loro eroi preferiti e a frequentare fiere e convention dedicate al mondo dell’animazione. Da allora, il cosplay si è diffuso in tutto il mondo, diventando una forma di espressione artistica e culturale, ma anche un divertimento e una passione per milioni di persone.

Il cosplay non è solo mettersi un costume, ma è anche studiare il personaggio, imitarne le pose, le espressioni, i gesti e le battute. Il cosplay è anche creare il proprio abito, con materiali, tecniche e strumenti diversi, spaziando dal cucito al modellismo, dalla pittura alla scultura. Il cosplay è anche condividere la propria passione con altri cosplayer, partecipare a eventi, concorsi, raduni e photoshoot, scambiare consigli, esperienze e amicizie.

Il cosplay può essere visto come una forma di fan fiction da indossare, in cui i fan reinterpretano e rielaborano le opere che amano, dando vita ai personaggi con la propria creatività e personalità. Il cosplay è anche un modo per esplorare la propria identità, sperimentando ruoli, generi, stili e culture diverse. Il cosplay è infine un fenomeno sociale e mediatico, che coinvolge non solo i cosplayer, ma anche i fotografi, i videomaker, i giornalisti, i critici e il pubblico, che possono apprezzare e interagire con le opere dei cosplayer attraverso i social network, i siti web, le riviste e i documentari.

Cosa vuol di dire Kigurumi?

Il termine giapponese “Kigurumi” si riferisce al fenomeno del gioco delle bambole viventi, dove individui indossano costumi completi con calzamaglia e maschera di resina che raffigura un personaggio umano dei manga. Questa pratica, diffusa in Giappone e in Occidente, presenta delle differenze significative rispetto al Cosplay, in cui i partecipanti si travestono da personaggi senza utilizzare maschere complete e calzamaglie.

Nei Kigurumi, il costume è completo e viene indossato sopra una calzamaglia che copre interamente il corpo, incluso il volto e le mani. La maschera, realizzata solitamente in casa in modo molto dettagliato e preciso, è fatta di resina e riproduce le fattezze di un personaggio umano dei manga. Al contrario, nel Cosplay, i costumi possono essere parziali e non c’è l’obbligo di utilizzare una maschera completa.

Mentre in Occidente si possono trovare esempi simili di Kigurumi nelle mascotte che animano parchi a tema come Disneyland e Gardaland, in Giappone questa pratica è particolarmente diffusa durante le fiere del fumetto, dove i Dollers, coloro che praticano il Kigurumi, si esibiscono con costumi elaborati e maschere dettagliate.

Le maschere di resina utilizzate nei Kigurumi sono spesso realizzate artigianalmente e possono raggiungere prezzi elevati, superando anche i 1000 $. Questo costoso processo di creazione contribuisce alla rarità e al valore delle maschere nel mondo del Kigurumi.

In conclusione, il Kigurumi rappresenta una forma particolare di cosplay in cui l’attenzione ai dettagli e la completezza del costume creano un’esperienza unica sia per chi lo pratica che per chi ne rimane affascinato. La pratica dei Dollers, con le loro maschere di resina e costumi complessi, continua a suscitare curiosità e interesse tra gli appassionati del mondo dei manga e delle fiere del fumetto.

Il Fenomeno Cosplay

Dal Giappone sono arrivate anche mode, fenomeni culturali e di costume. Il più “appariscente” di questi movimenti è senza dubbio il Fenomeno “Cosplay” ed è riferito a quel fenomeno per cui gli appassionati da fruitori passivi dei loro beniamini animati si trasformano, essi stessi, in quei personaggi ricreando il loro abbigliamento e interpretandone il carattere. La parola “cosplay” è la contrazione dei termini inglesi “Costume” e “Play”, traducibile come “gioco in Costume” ma anche “interpretazione di un personaggio”. Il verbo anglosassone “Play” vuol dire sia giocare che recitare, e la recitazione è l’aspetto fondamentale di questa arte che “si crea e si indossa”.


Il Cosplay ha coinvolto centinaia di migliaia di appassionati prima in America, poi in Giappone e poi velocemente nel resto del Mondo, ampliando anche la sua scelta tematica. Dai costumi dedicati ai personaggi dei Fumetti, sono nati quelli dei videogiochi, dei film, della tv e della musica JROCK (Visual o Glamour).

I fruitori di questo movimento impiegano mesi per realizzare i propri costumi e per preparare i loro personaggi. Questa loro passione viene premiata nei vari Cosplay Contest delle più grandi Fiere Internazionali in cui sfilano e gareggiano per decretare i migliori costumi. Un lato inaspettato è l’agonismo generato da questi eventi, soprattutto se in palio per i vincitori ci sono dei riconoscimenti internazionali. Un agonismo che genera a volte situazioni di nervosismo esasperato, gelosia ed inaspettato arrivismo, che getta in  alcune situazione ombre su questo movimento famoso invece per la sua genuinità. Proprio grazie (o a colpa, dipende dal punto di vista), molti hanno ritenuto per anni il Giappone come “la patria natia” del Cosplay, in particolare per un celebre show televisivo, World Cosplay Summit, che è diventato il contest internazionale più noto in cui si sfidano i migliori cosplayer provenienti dalle più note fiere sparse nei cinque continenti.

Il Fenomeno Cosplay nato dunque nelle fiere
specializzate ha avuto la sua naturale evoluzione con il Web, sono nati a macchia d’olio in ogni parte del mondo migliaia di siti di singoli cosplayer, community, forum ed eshop. Si è inoltre diffusa in maniera globale la mania delle fotografie (Camera Cozo), vera merce di scambio per i fruitori di questa passione, foto scattate, scambiate e pubblicate a centinaia nei siti specializzati.

Per un neofita non è difficile entrare in
questo mondo “realmente” animato, ogni anno è possibile vedere in maniera tangibile quanto questo fenomeno si sta sviluppando in fasce sempre più vaste di appassionati.

JCulture: la colonizzazione della pop culture nipponica

Giappone, una nazione così lontana dalla nostra Penisola eppure così vicina alla nostra cultura giovanile. Un’invasione culturale, semiotica e mediale che ha condizionato da più di venti anni le nuove generazioni Italiane tramite uno strumento alquanto particolare: il “Cartone Animato Giapponese”.
Questi Cartoon, o Anime, dalla fine degli anni 70 sono entrati prepotentemente negli occhi e nelle menti dei giovani italiani fondando quella che si può definire “Goldrake Generation”. Un assorbimento culturale massiccio da parte dell’Occidente ma distorto perché privo del substrato culturale a cui quelli stessi prodotti mediatici sono riferiti.

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Perché un cosplayer italiano dovrebbe andare in Giappone?

Il Giappone è la patria del cosplay, ovvero l’arte di travestirsi da personaggi di manga, anime, videogiochi e altri media. Il cosplay è una forma di espressione creativa e di divertimento che coinvolge milioni di appassionati in tutto il mondo. Ma perché un cosplayer italiano dovrebbe andare in Giappone? Quali sono i vantaggi e le opportunità che offre questo paese?

La cultura del cosplay

Il Giappone è il luogo dove il cosplay è nato e si è sviluppato, influenzando anche le altre culture. Il cosplay in Giappone non è solo un hobby, ma una vera e propria cultura, che ha le sue regole, le sue tradizioni e i suoi eventi. Andare in Giappone significa entrare in contatto con la fonte di ispirazione di molti cosplayer, scoprire le origini e le evoluzioni di questo fenomeno e confrontarsi con altri appassionati che condividono la stessa passione. In Giappone, il cosplay è molto diffuso e accettato, e si può trovare facilmente il materiale e gli accessori necessari per realizzare i propri costumi, sia nei negozi specializzati che online. Inoltre, il Giappone offre molte occasioni per indossare i propri cosplay e mostrare la propria bravura, sia in contest che in eventi dedicati.

Gli eventi cosplay

Il Giappone ospita alcuni dei più grandi e famosi eventi di cosplay del mondo, che attirano ogni anno migliaia di visitatori e partecipanti. Tra questi, i più noti sono il Comiket, il World Cosplay Summit e il Tokyo Game Show. Il Comiket è la più grande fiera del fumetto e del cosplay del Giappone, che si tiene due volte l’anno a Tokyo e che vede la partecipazione di oltre 500.000 persone. Il World Cosplay Summit è il più prestigioso concorso internazionale di cosplay, che si svolge ogni anno a Nagoya e che vede la partecipazione di rappresentanti di oltre 40 paesi. Il Tokyo Game Show è la più importante fiera dei videogiochi del Giappone, che si tiene ogni anno a Chiba e che ospita anche una sezione dedicata al cosplay. Questi eventi sono delle occasioni uniche per i cosplayer italiani di conoscere e confrontarsi con i cosplayer giapponesi e di altri paesi, di ammirare i loro costumi e le loro performance, di scambiare esperienze e consigli, e di divertirsi in un’atmosfera di festa e di condivisione.

Le attrazioni turistiche

Il Giappone non è solo il paese del cosplay, ma anche il paese di molte altre attrazioni turistiche che possono interessare e affascinare i cosplayer italiani. Il Giappone è infatti ricco di storia, cultura, arte, natura, gastronomia e divertimento, che si possono scoprire visitando le sue città, i suoi templi, i suoi parchi, i suoi musei, i suoi ristoranti e i suoi locali. Tra le mete più popolari per i cosplayer, ci sono sicuramente Tokyo, la capitale del Giappone e della cultura pop, dove si possono trovare i quartieri di Akihabara, Shibuya e Harajuku, famosi per i negozi di manga, anime, videogiochi e cosplay, e per le strade animate da giovani in costume; Kyoto, l’antica capitale del Giappone e il cuore della tradizione, dove si possono ammirare i magnifici templi, i giardini zen e le geishe; Osaka, la città più vivace e divertente del Giappone, dove si possono gustare le specialità culinarie locali e visitare il parco a tema Universal Studios Japan, che ospita anche una zona dedicata al mondo di Harry Potter; e Hokkaido, l’isola più settentrionale del Giappone e il paradiso della natura, dove si possono ammirare i paesaggi innevati, le sorgenti termali e i festival di ghiaccio.

Quando si parte?

In conclusione, un cosplayer italiano dovrebbe andare in Giappone perché è il paese dove il cosplay è nato e si è sviluppato, e dove si può vivere appieno questa passione, partecipando a eventi di livello mondiale, incontrando altri cosplayer e scoprendo le fonti di ispirazione di molti personaggi. Inoltre, il Giappone è un paese che offre molte altre attrazioni turistiche, che possono arricchire il viaggio e rendere l’esperienza indimenticabile. Andare in Giappone è quindi un sogno per molti cosplayer, ma anche una possibilità concreta, grazie alle numerose offerte di voli e di pacchetti turistici che si possono trovare online. Se sei un cosplayer italiano e vuoi andare in Giappone, non esitare, prepara il tuo cosplay e la tua valigia, e parti alla scoperta di questo meraviglioso paese!

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