C’era una volta una magica città chiamata Narnia. Sì, perché Narnia è il nome antico in latino dell’attuale Narni, uno splendido comune ubicato in Umbria. Questo luogo incantevole, situato nel cuore dell’Italia, rappresenta il meglio che la nostra terra può offrire: sorge infatti su una collina, a un’altitudine di 260 metri, ed è considerata uno dei borghi più suggestivi dell’intera regione umbra. La storia di Narni è ricca di avvenimenti: è abitata fin dal periodo Paleolitico e, nel primo millennio a.C., gli Osco-Umbri si stabilirono proprio lì chiamando il loro insediamento Nequinum. Successivamente, Narni cadde presto sotto il dominio dell’Impero Romano e il nome del borgo venne cambiato da Nequinum a Narnia, facendo parte del regno. Nonostante le prime notizie sulla città risalgano al VI secolo a.C., è solo nel Medioevo che Narni ha subito una trasformazione, assumendo l’aspetto attuale che ammiriamo oggi. Questa perla architettonica, capace di far sognare ogni viaggiatore, ha persino conquistato il famoso scrittore C.S. Lewis.
Il suo capolavoro, “Le Cronache di Narnia”, è una serie di romanzi high fantasy ambientati principalmente propro in una terra immaginaria chiamata, appunto, Narnia. Pubblicata tra il 1950 e il 1956, questa serie di romanzi è stata tradotta in 47 lingue e ha venduto oltre 100 milioni di copie, diventando una delle opere letterarie più popolari del XX secolo ispirando una serie di film cinematografici. I romanzi, pur narrando una storia fantastica. secondo la critica letteraria, rappresentano una trasfigurazione del messaggio cristiano attraverso l’uso di forti simboli esoterici.
Ma come è arrivato C.S. Lewis a tutto questo?
Il grande scrittore, una delle menti più illuminate della seconda metà del Novecento, era nato a Belfast nel 1898 ed era stato fortemente influenzato da un incontro particolare che aveva generato una grande amicizia: John Ronald Reuel Tolkien, il futuro autore de “Il Signore degli Anelli” trovo proprio in Lewis un amico con cui condividere un triste passato comune. Sia l’autore di Narnia che il Professore di Arda, che era sei anni più grande di Lewis, avevano perso prematuramente la madre: un accadimento in “comune” che per Tolkien si risolse nel conforto nella fede: entrambe le famiglie avevo radici cristiane, sebbene cattoliche per Tolkien e protestanti quella di Lewis. Inoltre entrambi avevano combattuto nella Grande Guerra, in prima linea sul fronte occidentale e ambedue avevano un profondo interesse per la mitologia e la letteratura Tolkien probabilmente era una sorta di fratello maggiore per Lewis: inizialmente, questa somiglianza aveva suscitato in Lewis una certa diffidenza, come scrive ironicamente nella sua autobiografia “Surprised by Joy” (pubblicata nel 1955):
“Alla mia venuta in questo mondo mi avevano (tacitamente) avvertito di non fidarmi mai di un papista, e (apertamente) al mio arrivo nella facoltà di inglese di non fidarmi mai di un filologo. Tolkien era entrambe le cose”.
Ma è proprio questo “papista” e “filologo” – Tolkien – a spalancare le porte di una nuova comprensione del Cristianesimo che Lewis aveva rifiutato nell’adolescenza, proprio a partire dai vecchi miti pagani i quali, secondo Tolkien, parlano tutti di morte e resurrezione.
Per Lewis, è stata una vera illuminazione. È la nascita di una compagnia esclusiva chiamata “Inklinks”, molto più di un salotto letterario, ma un legame di artisti che ha segnato la vita culturale britannica dagli anni ’30 agli anni ’50.
Nel settembre del 1931, l’opportunità si presenta durante una lunga conversazione notturna con Tolkien, Charles Williams (autore del celebre “The Place of the Lion”) e Hugo Dyson. Tolkien suggerisce a Lewis che il Cristianesimo può essere considerato come l’unica verità in grado di riassumere, comprendere e sciogliere i miti pagani e le credenze degli antichi. Alla luce di queste considerazioni, il Cristianesimo inizia ad apparire agli occhi di Lewis non solo come una religione o una filosofia, ma come il “riassunto e l’attualizzazione” di tutti i miti e le culture preesistenti, come egli stesso scrive in “Surprised by Joy”. Dopo una settimana, Lewis comunica ai suoi amici la sua conversione. E ciò che interessa a Lewis è il Cristianesimo che lui stesso non si stanca di “propagandare”, quello che ha avuto un significato particolare nella sua vita: riconoscere il significato del giusto e dell’ingiusto e la legge morale che è inscritta nel cuore di ogni uomo.
Ed è proprio questo che è facile riconoscere nelle “Cronache di Narnia“, che sono ricche di leggende gotiche e magie appartenenti al Bene e al Male, nonché di prove di iniziazione attraverso cui i quattro fratelli protagonisti riscoprono se stessi, liberando il regno di Narnia dalla tirannia della Strega Bianca.
Potrebbe sembrare che tutto questo abbia poco a che fare con la nostra amata cittadina Umbra storia, se non fosse che prove recenti hanno dimostrato l’interconnessione tra la cittadina di Narni, la sua Rocca e la saga fantastica creata da C.S. Lewis. Walter Hooper, segretario e biografo di C.S. Lewis, ha rivelato che l’autore aveva trovato il nome “Narnia” consultando il suo atlante Murray’s Small Classical Atlas, edizione G.B. Grundy del 1904, che aveva acquistato mentre leggeva i classici con il suo istitutore Kirkpatrick presso Great Bookham. A pagina 8 di questo atlante si trova una mappa dell’Italia con iscrizioni in latino. Lewis aveva sottolineato il nome di una piccola città chiamata Narnia semplicemente perché amava il suono di quella parola. Narnia, o “Narni” in italiano, si trova in Umbria, a metà strada tra Roma e Assisi, come si legge nella sua biografia del 2002 “C.S. Lewis: A Biography”. In effetti, Narni ha sempre avuto un’atmosfera magica. Esiste persino una leggenda che narra di un’alleanza tra Narni e Perugia: le due città si unirono per sconfiggere un mostruoso grifone, che venne ucciso da entrambe. La pelle di questo animale mitologico fu ottenuta da Narni, mentre Perugia conservò le ossa. Ecco perché il simbolo di Narni è un grifone rosso, mentre quello di Perugia è bianco.