Time Bokan – Le macchine del tempo

Tra il 1993 e il 1994, la Tatsunoko Production, uno dei più famosi studi di animazione giapponesi, celebrava le sue amatissime serie con un progetto speciale: due OAV che riunivano i personaggi delle sue serie più popolari, le Time Bokan Series. Il progetto si intitolava “Time Bokan – Le macchine del Tempo” e usciva il 26 novembre 1993 (con i personaggi di Yattaman, Zenderman, I predatori del tempo, Calendar Men, Ippatsuman e Itadakiman) e il 1º gennaio 1994 (con la partecipazione straordinaria di Gatchaman, Tekkaman, Polymar e Kyashan). . In Italia, l’edizione è stata curata dalla Yamato Video e trasmessa sul canale satellitare Man-ga il 31 dicembre 2010.

Il film era un omaggio ai fan delle serie storiche della Tatsunoko, che dal 1975 al 1983 avevano fatto la storia dell’animazione giapponese e del genere mecha-commedia.

Nel primo episodio, si tiene una gara di corsa tra i vari team malvagi delle Time Bokan, un vero e proprio omaggio allo stile di “Wacky Races”. Il primo team che taglierà il traguardo avrà il diritto di essere presente nel prossimo episodio. Il trio di Itadakiman è il primo ad essere eliminato, scivolando su una buccia di banana che fa deviare il loro veicolo. Il gruppo dei Predatori del Tempo si autoelimina quando una serie di asteroidi devia il loro raggio di attacco, colpendoli invece. Successivamente, il gruppo dei Calendar Men si scontra con quello di Ippatsuman, utilizzando i robot “presi in prestito” dagli eroi delle serie buone. Lo scontro tra i robot si conclude in parità e, quando Lunedì (Mirenjo) e Mun Mun li insultano, i robot si ribellano e li distruggono. Rimangono solo i tre del gruppo delle Time Bokan (la prima serie), che blocca gli altri due gruppi con l’intenzione di sparare un missile. Tuttavia, il gruppo della serie Zenderman riesce a liberarsi, lasciando il povero trio Drombo intrappolato. Fortunatamente, vengono salvati all’ultimo momento da Boyakki, che aveva inizialmente rifiutato di partecipare alla gara, deviando il missile verso Margot e i suoi compagni. Purtroppo, è lo stesso Boyakki a causare la distruzione del loro veicolo, ma il trio Drombo non si arrende e, grazie alla loro inseparabile bicicletta a tre posti, vincono la gara sfruttando il fatto che il veicolo del gruppo di Majo era fermo per mancanza di energia. Il Trio Drombo riceve quindi i complimenti da Dokrobei per la vittoria, anche se viene sottoposto al solito supplizio, secondo lui, per allenarli in vista dell’episodio successivo.

Nel secondo episodio, assistiamo a un episodio speciale di Yattaman. Dopo una delle loro solite truffe per guadagnare denaro, il trio Drombo riceve da Dokrobei la missione di rubare il cavalluccio marino, simbolo della Tatsunoko. I tre scoprono un passaggio che li conduce nel mondo della Tatsunoko, dove vivono i personaggi creati da quest’ultima. Trovando il cavalluccio in cima alla torre, attaccano utilizzando il loro robot, ma vengono a loro volta attaccati dai famosi eroi come Kyashan il ragazzo androide, Hurricane Polymar, Tekkaman e i Gatchaman. Tuttavia, grazie a un trucco ideato da Boyakki, la maggior parte degli eroi se ne va, lasciando solo Polymar, Ken e Pretty Jane che finiscono per litigare tra loro. Un trionfo facile, quindi, per il Trio Drombo. Ma a questo punto intervengono gli Yattaman, con Ganchan e Janet, che si sono appena sposati e sono ancora un po’ sopra le righe per l’emozione. Insieme a Yattacan, come sempre, tutto finisce con la sconfitta del Trio Drombo, composto da Miss Dronio, Boyakki e Tonzura, che alla fine si salutano (ancora una volta, come alla fine della serie), anche se non prima di subire la punizione di Dokrobei.

Oggi, a trent’anni dalla sua uscita, il film “Time Bokan – Le macchine del Tempo” resta un cult per gli appassionati di anime e di robot, e una testimonianza dell’importanza della Tatsunoko Production nel panorama dell’animazione giapponese.

Capitan Harlock e Kyashan: un messaggio ancora attuale per il futuro dell’umanità

Capitan Harlock e Kyashan sono due serie di cartoni animati giapponesi degli anni ’70 che, ancora oggi, sono apprezzate da grandi e piccini. Ma oltre a divertire, questi cartoni animati hanno anche un messaggio importante da trasmettere: un messaggio che è ancora attuale e che riguarda il futuro dell’umanità.

Capitan Harlock:

Nella serie di Capitan Harlock, la Terra è un pianeta morente, abbandonato dalla maggior parte della popolazione. I pochi che sono rimasti sono costretti a vivere in condizioni di estrema povertà e miseria. Il governo, corrotto e indifferente, non fa nulla per aiutare i suoi cittadini.

In questo contesto, Harlock è un pirata solitario che si batte per la giustizia e la libertà. Capitano di una gigantesca astronave chiamata Arcadia, Harlock viaggia per lo spazio alla ricerca di un nuovo mondo dove gli esseri umani possano vivere in pace e prosperità.

Il messaggio di Capitan Harlock è chiaro: se non ci batteremo per un futuro migliore, la Terra sarà destinata a perire.

Kyashan:

In Kyashan, la Terra è un pianeta inquinato e devastato. I robot, creati dall’uomo per risolvere i problemi ambientali, si sono ribellati e hanno iniziato a minacciare l’esistenza dell’umanità.

Tetsuya, un giovane ragazzo, viene trasformato in un androide chiamato Kyashan per combattere i robot ribelli. Kyashan, grazie al suo cuore umano, è in grado di sconfiggere i robot e salvare la Terra.

Il messaggio di Kyashan è che, anche se l’uomo ha creato qualcosa di pericoloso, come l’intelligenza artificiale, può ancora trovare il modo di controllarlo e utilizzarlo per il bene.

Conclusione:

Capitan Harlock e Kyashan sono due cartoni animati che ci invitano a riflettere sul futuro dell’umanità. Le storie di Harlock e Kyashan ci insegnano che, se vogliamo evitare la distruzione, dobbiamo combattere per un futuro migliore e dobbiamo essere responsabili delle nostre azioni.

Asimov In Not Dead

Isaac Asimov è stato uno dei più grandi scrittori di fantascienza e uno dei più ineguagliati divulgatori scientifici del mondo. Io, robot: un titolo diventato famoso grazie al cinema, ma che nasconde una storia ben più grandiosa rappresenta infatti l’avvento di quelle che tutti oggi conosciamo come “Le tre leggi della robotica”. Pubblicato per la prima volta nel 1950 vede formulate e applicate quelle norme che regolano il comportamento delle “macchine pensanti”. Racconti che mentre parlano di androidi ci svelano i lati più reconditi della bizzara natura umana. Un pezzo di storia contemporanea, capace di influenzare la realtà per mezzo della fantasia. Perché la letteratura, a volte, non si limita a precedere i tempi, ma ci guida verso un futuro prima impensabile.

White Dolphin Records presenta questa compilation ispirandosi a questi concetti con 6 artisti della scena elettronica italiana e con 9 tracce. Il titolo dell’opera da cui trae ispirazione, si tratta di una libera rivisitazione del libro originale dello scrittore.

  1. Un robot non può recar danno a un essere umano, né permettere che, a causa della propria negligenza, un essere umano patisca danno.
  2. Un robot deve sempre obbedire agli ordini degli esseri umani, a meno che contrastiono la Prima Legge
  3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questo questo non contrasti con la Prima o Seconda Legge.

Manuale di Robotica, 56° Edition

Il disco si apre con la band veneta elettro pop EkynoxX di Frank Rossano con le inedite “Android Poem” e “RetroFuture”, accompagnati dalla splendida voce della cantante Patty Organtini. La loro musica affonda con un approccio contemporaneo ed innovativo, nelle tematiche ‘retrofuturiste‘ affrontate con sonorità raffinate e pop.

Si prosegue con il rover marziano abbandonato nel “dance floor” del trio elettronico live “mittel-europeo” Arbeiter, l’esercito degli automi di Devya con la traccia “Kyashan” il ragazzo androide, ispirata al cartone animato giapponese creato da Tatsuo Yoshida. E’ il turno della “industria tossica” di Kabal Apokalypse con i suoi Toxic Industry della Funeral Records Autoproduction , con tre tracce (Worlds of Androids, Module Antares e Vortex) che descrivono le parole degli androidi, con chitarre inquadrate e ritmiche industriali. La compilation si conclude con Andy’s Market degli Stuka (con il loro omaggio a Flecht dei Depeche Mode) e Darquette (aka Patrizia Anzevino, AR della medesima label), eseguendo, enunciando con la tecnologia telefonica “Le Trois Lois de la Robotique” in francese con un suono vocale speech pitch formant.

Kyashan – Il ragazzo androide

Ognuno di noi ricorda, con emozione e un pizzico di nostalgia, i cartoni animati visti da piccoli. Con i cartoni animati stabilimmo un vero e proprio appuntamento quotidiano nel pomeriggio, dopo aver finito i compiti o la sera sul divano, in compagnia dei propri genitori. Personalmente ne guardavo diversi, da quelli trasmessi alla tv nazionale a quelli in videocassetta. Anche se bambina, non mi limitavo a guardare i cartoni animati classificati per genere e mai ho avuto preferenze. All’età di 11 anni mi trasferii, insieme ai miei genitori, in una nuova casa e, in una sera qualsiasi d’inverno, mio padre mi disse: «Da questa sera inizierai a guardare con me un cartone animato che ho adorato da ragazzo». All’inizio pensai che mi sarei annoiata, d’altronde mio padre era classe 1961. Quella sera dopo cena, nel lettone, vidi Kyashan – Il ragazzo androide. Nell’appassionarmi a quel cartone animato, mio padre ebbe un ruolo fondamentale perché, al termine di ogni puntata, mi chiedeva che impressioni avessi avuto e se mi fosse piaciuta. Insomma, commentavamo la puntata appena vista e ne discutevamo a modo nostro. E così è stato per gli anni successivi, visto che ciclicamente veniva ritrasmesso.

Kyashan il Ragazzo Androide - Sigla Iniziale e Finale (1980)

Altro che noia! Già dalla sigla (Tatakae! Casshern – Isao Sasaki), rigorosamente in giapponese, me ne innamorai. Questo anime (termine che indica l’animazione e i film di animazione giapponesi e non) racconta la storia del Dottor Azuma, un grande scienziato esperto in robotica, che per decontaminare la Terra e renderla più vivibile per l’uomo, progetta e costruisce degli umanoidi. Tuttavia, durante un temporale, un fulmine provoca una disfunzione nei circuiti del laboratorio e anima gli umanoidi sconvolgendo il programma secondo il quale li voleva al servizio dell’uomo. Gli umanoidi acquisiscono così una volontà propria e assumono il comando di un esercito di robot con l’obiettivo di sottomettere il genere umano ritenuto (non senza una punta di ragione) il principale responsabile del degrado ambientale del pianeta. È l’inizio di un vero e proprio incubo per il Dottor Azuma e per la sua famiglia. Tetsuya, il suo unico figlio, si offre per farsi tramutare in un androide col corpo di un robot, ma col cuore umano. Al fianco del figlio, ribattezzato Kyashan, il Dottor Azuma pone Lucky, il cane morto nel tentativo di salvare la giovane Luna (amica d’infanzia di Tetsuya e figlia di un collega scienziato morto per mano degli androidi nemici) dalle aggressioni dei robot, trasformandolo nel cane robot Flender che, nonostante i poteri eccezionali, mantenne quella fedeltà tipica del cane nei confronti dell’uomo. Prima di essere catturato dagli androidi, il Dottor Azuma riesce a salvare la vita della moglie Midori, riversando la sua coscienza e i suoi ricordi nel corpo di un cigno robot Swanee che, nelle notti di luna piena, è in grado di proiettarne l’immagine e permetterle così di comunicare con il figlio. Le battaglie contro l’esercito degli androidi si susseguono senza sosta fino all’ultimo episodio nel quale l’esercito robot viene distrutto e la pace torna finalmente sulla Terra. Ogni puntata mi emozionava e ogni sera non vedevo l’ora di sostenere Kyashan nella sua lotta contro BK2 – Briking, il perfido e tiranno capo dell’esercito degli androidi che aveva un solo obiettivo, ovvero quello di portare distruzione e sterminio ovunque, in modo da assoggettare la Terra e rendere schiavi tutti gli esseri umani.

https://youtu.be/nq4RrnswtR4

Che cosa facciamo quando ci appassioniamo a un cartone animato (oppure a diversi cartoni animati)? La risposta è semplice, quasi scontata. Ogni volta che ne abbiamo l’occasione, lo rivediamo ancora, ancora e poi ancora, fino a quando siamo quasi in grado di ripetere a memoria i dialoghi dei personaggi. Ma questo non ci basta e allora, una volta adulti, ci documentiamo sulle caratteristiche di ogni personaggio, sui luoghi e sul periodo in cui si colloca il cartone animato stesso.

Nel caso di Kyashan – Il ragazzo androide, sappiamo che è stato creato nel 1973 da Tatsuo Yoshida e prodotto dalla Tatsunoko, storica casa di produzione giapponese da lui fondata, che vanta diverse serie animate di successo mondiale. Il nome originale è Casshern e questo spiega anche il motivo della lettera “C” sulla tuta. Arrivato tardi in Italia, divenne in poco tempo un cartone animato di culto, principalmente per i ragazzi degli anni ’80. Il laboratorio del Dottor Azuma ha sicuramente sede in Giappone, ma le battaglie e gli scontri tra Kyashan e l’esercito robot si svolgono in diverse zone, tanto da non riuscire a riconoscere un Paese in particolare oppure una Nazione specifica. Per quanto riguarda l’ambientazione temporale, considerando anche gli abiti dei vari personaggi, si può collocare questa serie agli inizi degli anni ’70. Rispetto ad altre serie giapponesi, robotiche e non, dello stesso periodo, gli spunti comici assenti lasciano spazio a personaggi e storie dal carattere cupo e malinconico.

Ancora oggi Kyashan – Il ragazzo androide è molto più di un cartone animato nel senso comune del termine. BK2 o Briking è un robot decisamente anomalo. È sufficiente soffermarsi su di lui per comprendere che l’intento degli autori è quello di alludere alle tirannie moderne. In generale la caratterizzazione dei cattivi rimanda alla dittatura nazista. BK2 o Briking è “graficamente” simile a Benito Mussolini, con tratti caratteriali simili a quelli di Adolf Hitler, come l’amore per gli animali (Swanee è il suo robot prediletto) e la passione per la pittura e i robot al suo servizio si rivolgono a lui salutandolo con il saluto nazista. In questo senso Kyashan regala la libertà all’uomo schiacciato dalla tirannia, rappresentando il trionfo dell’umanità sull’ingiustizia e sul sopruso. Lui, androide nel corpo ma non nei sentimenti, si accosta all’uomo molto più di quanto il suo corpo non lo avvicini alle macchine.

Questa serie, un vero e proprio gioiello d’animazione, può avere anche un’altra chiave di lettura: gli androidi, nemici dell’umanità, sono una creazione dell’uomo, così come l’uomo è una creazione di una divinità (spesso invocata attraverso lunghe preghiere); se l’uomo ha cercato di rendersi creatore di altri esseri e il risultato è quello che si vede nella serie, è evidente che per vivere in armonia e in pace è necessario tornare a riconoscere un solo creatore e rinunciare a volersi sostituire alla divinità.

Pur ritenendo valide entrambe le chiavi di lettura, oggi come allora non do loro importanza perché, quando guardo per l’ennesima volta Kyashan – Il ragazzo androide torno a essere la bambina di 11 anni che, nel lettone con suo padre, se ne innamorò.

di Serena Di Marcantonio

tratto da

Kyashan Sins

La storia narra di un futuro totalmente desolato in cui umani ed androidi condividono lo stesso inesorabile destino: gli umani sono sull’orlo dell’estinzione perché costretti a vivere in un mondo ormai sterile che non concede loro quasi più nulla se non aride distese a perdita d’occhio; i robot e gli androidi sono soggetti al “deterioramento”, un miscuglio di ruggine e corrosione che pervade l’aria avvelenando i corpi immortali e le componenti meccaniche. Solo cambiando costantemente le parti danneggiate un essere artificiale può sperare di prolungare la propria vita ed è per questo che solo i più forti posso sopravvivere in questo folle mondo. Tutto questo decadimento è stato causato da un singolo evento avvenuto oltre cento anni prima: Kyashan ha ucciso Luna.

 

KYASHAN SINS (Casshern Sins) - Trailer / Teaser

Onestamente, a quanti di voi è caduta la mascella dopo aver letto che Kyashan ha ucciso Luna? E quanti di voi sono riusciti ad essere così lucidi ad afferrare il concetto che la morte di Luna ha causato l’avvelenamento del pianeta e scatenato il “deterioramento” che distrugge tutte le macchine? Bene, se siete ancora connessi, aggiungiamo che cento anni dopo questo famigerato evento il nostro Kyashan gira per il mondo senza una meta precisa, non ricordando più chi è e per che cosa è stato creato. Compresa la portata di questa rivelazione, a me erano partite tutta una serie di supposizioni sul fatto che Luna non era stata uccisa da Kyashan e che gli eventi narrati oltre cento anni prima erano menzogne messe in giro per nascondere delle verità ancora più scomode. Insomma ero partito con dei trip mentali che, dannazione, sono diventati una TRAPPOLA! Si perché ti viene naturale provare ad immaginare cosa è successo realmente durante una estenuante sequenza di episodi lenti e volutamente macchinosi che non ti dicono niente se non ribadire lo stesso concetto di base: “Kyashan ha ucciso Luna”.

Il nostro androide non ricorda nulla, ma sente di aver fatto qualcosa di profondamente sbagliato. Durante il viaggio per scoprire il suo passato, incontrerà molti robot che lo odiano per aver privato il mondo della speranza. Incontrerà anche molti altri robot che invece tenteranno di divorarlo sperando di ottenere la vita eterna che solo lui pare aver mantenuto dopo la morte di Luna. Molte notizie si accavallano e si smentiscono l’una con l’altra. Qualcuno afferma addirittura che Luna è ancora viva. Tante notizie che sembrano essere più fantasia che realtà alimentano uno stato di costante confusione gestito alla grande anche dalla sequenza degli episodi che ti danno la sensazione di un ordine temporale non congruente.

Questo caos, che genera ancora più dubbi nello spettatore, è l’arma vincente della serie. Così mi sono dovuto arrendere ed apprezzare le lente scene accompagnate da perfette musiche che sottolineano ancora di più la gravità della situazione. Affascinante è la profonda e cervellotica analisi sullo stato effimero della vita e sulla condanna della solitudine dovuta all’immortalità che matura con gli incontri e con il graduale ritorno della memoria di Kyashan. In più di un momento mi sono ritrovato a pensare di assistere ad un trattato filosofico piuttosto che alla trama di un anime che dovrebbe intrattenere facendo passare qualche ora spensierata. Tutto questo a causa della trappola fatta dal dubbio e dalla curiosità di sapere come sono andate realmente le cose che mi ha avvinto e soggiogato per tutta la durata della serie.

Tratto e continua a leggere la conclusione dell’articolo su:

Kyashan Sins: la recensione

Scritto da MarcoF  

 

I magnifici eroi (vinile 45 giri)

“Dieci Magnifici Eroi, sono i Magnifici Eroi, che nessuno mai Fermerà!”. Come diceva un vecchio proverbio, “l’uomo non vive di solo pane”, anche gli appassionati di serie tv non vivono di soli episodi, infatti molto spesso, una serie può piacere anche solo per la sigla, infatti oggi vi parlerò di una sigla che io ho sempre adorato.

Negli anni 80, nelle reti locali, imperversava una serie televisiva d’animazione, non giapponese, benché molti degli episodi erano ispirati alle serie nipponiche, ma coreana, la serie televisiva si chiamava “Dieci Magnifici Eroi”, ed era una serie animata che comprendeva vari capitoli, ognuno riguardante un determinato personaggio, ogni capitolo era composto da un minimo di due episodi e massimo quattro episodi, come fossero delle serie brevi, e molte di queste serie si ispiravano a eroi come i Gatchaman, Fantaman, Astroboy, Kyashan e così via. Come caratterizzazione, non era il massimo, e anche la trama era molto  “ingenua”, infatti ripercorreva il suo equivalente nipponico ma in maniera più sbrigativa e in alcuni episodi anche approssimativa, però il bello di questa serie, almeno qui in Italia, è che quando veniva trasmessa, era la sigla di apertura, “I Magnifici Eroi!”.

I dieci magnifici eroi - videosigla ending

Questo è uno dei pochi casi dove la sigla fa la differenza, infatti, almeno nel mio caso, non mi perdevo un episodio, pur di sentire cantare la sigla e poi alla fine dell’episodio, ricantarla quasi in karaoke, non vi dico poi quando comprai il vinile. Questo piccolo esempio di capolavoro, su mio parere personale, in quanto è una delle mie sigle preferite che uso anche come suoneria del cellulare, è stata realizzata in formato 45 Giri in vinile, con i due lati dedicati alla canzone: Lato A la canzone completa, Lato B la versione strumentale, non vi dico quando mi feci regalare da bambino il vinile quanto rendevo sordi i miei genitori mentre la cantavo in Loop. Prodotta e distribuita dalla Lupus/dischi Ricordi, è scritta ed eseguita dai Fratelli Balestra che all’epoca si facevano conoscere con lo pseudonimo “I Condor” realizzatori di tante altre belle sigle dei nostri nostalgici cartoni animati. Come ho detto, è solo il mio parere personale come sempre, ma questa è una delle sigle più orecchiabili e belle che abbia mai sentito e il mio 45 giri me lo tengo stretto stretto.

https://www.youtube.com/watch?v=NNabwzx9tsI

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