Già quest’estate Josh Gad, noto attore e sceneggiatore, aveva suscitato l’entusiasmo dei fan di “Balle Spaziali” (Spaceballs) con un post su Instagram che ha scatenato una marea di speculazioni e speranze. Nella foto condivisa sui social, si intravedeva la prima pagina di una sceneggiatura con la dicitura “Based on the Characters Created by…“, seguita da un nome parzialmente cancellato ma con la parola “Mel” chiaramente leggibile. Questo indizio ha fatto subito pensare che Gad, insieme ai suoi collaboratori Dan Hernandez e Benji Samit, stesse lavorando a una sceneggiatura per un tanto atteso “Balle Spaziali 2”, il seguito di uno dei film di culto più amati della storia del cinema.
Il film originale, uscito nel 1987, è una parodia geniale e irriverente della saga di “Star Wars” e di altre icone della fantascienza come “Star Trek”, “Alien” e “Il pianeta delle scimmie”. Diretto, prodotto e interpretato da Mel Brooks, “Balle Spaziali” non ebbe un grande successo iniziale al botteghino e ricevette recensioni miste dalla critica. Tuttavia, con il passare degli anni, il film è riuscito a guadagnarsi un posto nel cuore dei fan, diventando un vero e proprio cult grazie al suo umorismo sopra le righe, ai personaggi indimenticabili e al cast stellare che includeva Bill Pullman, John Candy, Daphne Zuniga e Rick Moranis. Nonostante la sua ricezione contrastante all’epoca, il film ha continuato a influenzare la cultura popolare e ha lasciato un segno indelebile nell’immaginario collettivo.
Da tempo si parlava di un possibile seguito, ma le dichiarazioni di Josh Gad hanno finalmente alimentato la speranza che “Balle Spaziali 2” possa davvero diventare realtà. In una recente intervista a Forbes, Gad ha confermato che la sceneggiatura è ormai pronta e che il progetto è in fase avanzata. La supervisione di Mel Brooks, che a 98 anni continua a essere una figura centrale per il film, è una delle chiavi di volta che ha convinto i fan che questo sequel potrebbe essere una continuazione fedele dello spirito originale. Gad ha anche dichiarato che lavorare con Brooks è stato uno dei momenti più alti della sua carriera, e che il regista e sceneggiatore ha mostrato un entusiasmo travolgente per il progetto, sostenendo l’iniziativa con passione.
Secondo Gad, la sceneggiatura ha impressionato chiunque l’abbia letta, alimentando la convinzione che il film sarà all’altezza delle aspettative. Sebbene i dettagli sul film siano ancora avvolti nel mistero, il coinvolgimento di Brooks come produttore e supervisore, e la presenza di Gad come protagonista, sono segnali positivi per i fan che attendono con ansia di vedere i loro personaggi preferiti ritornare sul grande schermo. Non mancano le aspettative di rivedere figure storiche come Stella Solitaria, Ruttolomeo, Yogurt e Lord Casco, che hanno reso il film così iconico e amato.
La storia di “Balle Spaziali”, nel corso degli anni, è stata ulteriormente arricchita da un aneddoto curioso: nel 1989 uscì in Italia un film dal titolo “Balle spaziali 2 – La vendetta” (Martians Go Home), che però non ha nulla a che vedere con l’opera di Mel Brooks, pur adottando un titolo simile. Questo film era basato sul romanzo satirico “Marziani, andate a casa!” di Fredric Brown, ma nonostante la confusione del titolo italiano, non faceva parte della saga originale. Nel 2009, Brooks aveva anche prodotto una serie animata intitolata “Spaceballs: The Animated Series“, che cercava di mantenere vivo lo spirito della saga, pur non riuscendo a replicare il successo del film originale.
Con il possibile arrivo di un vero e proprio sequel, la speranza di rivivere nuove e esilaranti avventure spaziali è più viva che mai. Se il progetto di Josh Gad si concretizzerà, i fan potranno finalmente ritrovare l’umorismo sfrontato e il ritmo esilarante che hanno reso “Balle Spaziali” un cult intramontabile. Con la benedizione di Mel Brooks e un team creativo appassionato, “Balle Spaziali 2” promette di essere un ritorno alle radici della commedia sci-fi, pronto a strappare risate e a regalare una nuova dose di follia intergalattica.
Il cinema “Stardust Village”, situato nel quartiere di Decima a Roma, chiude i battenti dopo 22 anni di attività, segnando la fine di un’era per la comunità nerd della capitale. Con grande tristezza, i gestori hanno annunciato la chiusura del cinema il 30 settembre 2024 attraverso i loro canali social, esprimendo una profonda gratitudine verso tutti coloro che hanno supportato questa icona della cultura pop. “A distanza di 22 anni, lo Stardust Village chiude temporaneamente in attesa che si pronunci il TAR. Ci mancherete molto, ma ci piace sapere che abbiamo lasciato qualcosa e che lo Stardust resterà sempre un posto importante del quartiere”, si legge nel messaggio di addio.
Dalla sua apertura nel 2002, lo “Stardust” ha rappresentato molto più di un semplice cinema. In un contesto in cui il mondo geek ha trovato sempre maggiore visibilità, questo luogo è diventato un vero e proprio rifugio per gli appassionati di fantascienza, fantasy e supereroi. Le sue sale hanno ospitato maratone cinematografiche, anteprime esclusive e eventi dedicati, attirando fan da ogni angolo di Roma. Durante questi anni, il “Stardust” ha celebrato innumerevoli film e franchise, creando una community affiatata e appassionata, che ha visto nascere amicizie e ricordi indimenticabili.
Originariamente parte del progetto “Punti Verde Qualità”, un’iniziativa promossa dall’amministrazione Rutelli per riqualificare aree degradate della capitale, il “Stardust” è stato uno dei pochi progetti di successo di questo programma. Situato tra i quartieri Torrino e Decima, il cinema ha trasformato uno spazio abbandonato in un polo culturale vivo e vibrante: numerose associazioni e gruppi cosplay di Roma hanno trovato nel “Stardust” il luogo ideale per organizzare eventi tributo. Chi non ricorda le serate dedicate ai nuovi film di “Ghostbusters” organizzate dai “Raiders of the Lost ’80’s“, con sfilate di costumi e attività a tema? O le grandi iniziative per i remake e i reboot dei film degli anni ’80, che hanno riportato in vita i classici amati da generazioni? Ogni evento era un’occasione per celebrare la passione condivisa e creare ricordi indimenticabili.
Tuttavia, la chiusura del “Stardust” è legata a questioni burocratiche. Nel 2018, la concessione per la gestione del cinema era stata revocata a causa di inadempienze finanziarie da parte della società concessionaria, Parco Ruva Costruzioni. Con la decisione della Giunta Municipale di trasformare il Parco dello Stardust Village in un Mercato Agricolo Comunale a Vendita Diretta, si avvia un nuovo capitolo per questa area, in collaborazione con l’Associazione Km0 e il Consorzio Agroalimentare di Filiera Corta. Questo mercato non solo rappresenterà un’opportunità per i produttori locali, ma sarà anche un centro di scambio culturale, promuovendo l’alimentazione sostenibile e i prodotti tipici del territorio.
La trasformazione del parco mira a sensibilizzare i cittadini sull’importanza di un’alimentazione consapevole, riducendo la dipendenza dall’agroindustria e valorizzando i prodotti freschi e genuini del Lazio. Sebbene il futuro dello spazio cinematografico rimanga incerto, l’iniziativa del mercato agricolo rappresenta un’opportunità per la comunità locale di continuare a interagire, promuovendo un’economia circolare e sostenibile.
La chiusura dello “Stardust” non è solo un evento isolato; segna la fine di un punto di riferimento per i fan della cultura geek a Roma. La comunità nerd si trova ora a interrogarsi sul futuro, mentre i ricordi delle maratone notturne e delle anteprime spettacolari rimangono impressi nella memoria collettiva. Anche se le porte dello Stardust sono chiuse, lo spirito di questo luogo vivrà attraverso i fan che l’hanno frequentato e attraverso gli eventi che, in futuro, troveranno nuovi spazi dove celebrare la cultura geek.
La notizia ha fatto il giro del web: Amazon ha ufficialmente dato il via alla produzione della nuova serie TV dedicata a RoboCop, un franchise che ha segnato la storia del cinema sci-fi. Secondo quanto riportato da Variety, i dettagli sui dati di uscita e sul cast rimangono avvolti nel mistero, ma l’attesa cresce tra i fan e gli appassionati del genere.
La serie, che si preannuncia un’espansione significativa dell’universo di RoboCop, sarà guidata da Peter Ocko, che avrà il compito di scrivere, produrre e fungere da showrunner. Ocko, noto per il suo lavoro in altre serie di successo, si unirà a un team di produzione di alto calibro, tra cui Michael Clear e Rob Hackett, con il celebre regista James Wan coinvolto come produttore esecutivo attraverso la sua compagnia, Atomic Monster. Wan, famoso per il suo lavoro in pellicole iconiche come “Saw – L’enigmista” e “Aquaman”, porta con sé una visione creativa che promette di dare nuova vita a questo iconico personaggio.
La sinossi ufficiale della serie rivela un intrigante sviluppo della trama. Un gigantesco conglomerato tecnologico collabora con il dipartimento di polizia locale per introdurre un agente di polizia avanzato, in parte umana e in parte macchina, per affrontare la crescente criminalità. Questo scenario non solo ricorda l’originale film del 1987 diretto da Paul Verhoeven, ma promette anche di esplorare temi attuali come la tecnologia nella giustizia e le conseguenze della sua applicazione.
RoboCop, interpretato per la prima volta da Peter Weller, ha debuttato nel 1987 e ha visto un seguito nel 1990, insieme a un terzo film con Robert Burke. La popolarità del cyborg ha portato a una serie di spin-off, merchandise e adattamenti, consolidando RoboCop come un’icona della cultura pop. La nuova serie potrebbe dunque riprendere elementi iconici del passato mentre si impegna a rimanere rilevante nel contesto moderno.
Il progetto è in fase di sviluppo da quando Amazon ha acquisito MGM, e l’azienda sta cercando di sfruttare la vasta libreria di proprietà intellettuale di MGM per realizzare sia progetti cinematografici che televisivi. In questo contesto, RoboCop rappresenta un’opportunità significativa, accanto ad altri progetti come la serie prequel di “La rivincita delle bionde” e un nuovo adattamento di “Poltergeist”.
L’assenza di informazioni sui dati di distribuzione e sul cast rende l’attesa ancora più intrigante. Mentre i fan sperano in un ritorno dei volti noti o in nuove scoperte, non resta che aspettare ulteriori dettagli. Con il talento di Ocko e Wan al timone, la serie TV di RoboCop si prospetta come un’importante aggiunta a un franchise già ricco di storia e significato, mantenendo vivo l’interesse per uno dei più celebri eroi cibernetici della cinematografia.
Con la produzione in corso, i fan di RoboCop possono prepararsi a rivivere la nostalgia e la meraviglia di un universo che ha influenzato generazioni di appassionati di fantascienza. La serie TV promette di offrire nuove avventure e riflessioni su un futuro in cui la tecnologia e l’umanità si intersecano, rendendo RoboCop un protagonista ancora più attuale e affascinante.
Il Guerre Stellari Fan Gathering 2024 si è concluso anche quest’anno, regalando due giorni di pura magia stellare a tutti gli appassionati di “Star Wars” che si sono riuniti al parco divertimenti Movieland The Hollywood Park. Con circa 500 figuranti in costume nei due giorni, l’evento si è confermato come la più grande manifestazione italiana tributo alla leggendaria saga di George Lucas. È stato un weekend all’insegna della condivisione e della passione, dove il popolo di Star Wars senza bandiere o loghi delle singole associazioni, ha celebrato la propria comune devozione per un universo che da oltre quarant’anni fa sognare milioni di fan in tutto il mondo.
Foto di GuerreStellari.Net
La Forza della Passione: il Raduno Stellare
Il 28 e 29 settembre 2024, Movieland ha ospitato l’attesissimo evento Guerre Stellari Fan Gathering – Una nuova Speranza, organizzato in collaborazione con JTK Lab, un incontro speciale che quest’anno ha assunto un significato particolare. Si celebra, infatti, il venticinquesimo anniversario dall’uscita di “La Minaccia Fantasma“, il primo episodio della saga prequel che nel 1999 portò una nuova generazione di fan nelle sale cinematografiche, raccontando le origini di Anakin Skywalker e del mito di Star Wars.
Il Guerre Stellari Fan Gathering nasce dalla mente visionaria di Amedeo Tecchio, un nome che da trent’anni è sinonimo di passione e dedizione per il mondo di Star Wars in Italia. La collaborazione con Satyrnet ha permesso di trasformare questo sogno in realtà, portando ogni anno sempre più fan a partecipare a questo raduno che, nel tempo, è diventato un punto di riferimento per la comunità italiana.
L’evento, organizzato dai fan per i fan senza alcuno scopo di lucro ma scintilla di pura passione, con la sua atmosfera travolgente ha offerto ai presenti un’esperienza unica. Entrare a Movieland durante questo raduno è stato come varcare la soglia di una galassia lontana lontana: stormtrooper che pattugliano il parco, Jedi che sfilano brandendo le loro spade laser, e una miriade di personaggi iconici che hanno preso vita grazie alla creatività e alla dedizione dei cosplayer presenti. Ogni angolo del parco è stato trasformato in un set vivo e pulsante, offrendo ai visitatori l’opportunità di immergersi in quell’universo che ha segnato intere generazioni.
I visitatori hanno potuto camminare accanto a stormtrooper, droidi e Jedi, vivendo la sensazione di trovarsi davvero su Tatooine o nel cuore di una battaglia spaziale. La partecipazione in cosplay non è solo una questione di apparenza, ma un vero e proprio atto di amore e devozione verso l’universo di Star Wars, un modo per entrare nei panni dei propri eroi e vivere, anche solo per un giorno, quelle avventure che hanno segnato la storia del cinema.
Spettacoli di Lightsaber e Performance Indimenticabili
Uno dei momenti più emozionanti del raduno è stato senza dubbio i numerosi spettacoli di lightsaber coordinate con maestria da Michele Mariani. Le performance acrobatiche dei duellanti, addestrati nelle arti marziali, hanno lasciato il pubblico senza fiato. I combattimenti coreografati con precisione e passione hanno ricreato fedelmente i duelli epici che i fan hanno amato nei film, dando vita a scontri mozzafiato che sembravano usciti direttamente dallo schermo.
Non solo, durante i due giorni ci sono stati anche numerose inziative fandom che hanno coinvolto grandi e piccoli, rendendo il raduno non solo una festa per gli occhi, ma anche un momento di apprendimento e scoperta per tutti gli appassionati. Le attività organizzate hanno reso l’evento una vera e propria celebrazione del fandom, un’opportunità per i fan di scambiarsi storie, curiosità e creare legami che vanno ben oltre la passione condivisa per Star Wars.
Un’Esperienza di Comunità e Condivisione
Uno degli aspetti più significativi del Guerre Stellari Fan Gathering è stato lo spirito di comunità che ha permeato l’intero evento. I partecipanti, provenienti da tutta Italia, si sono uniti per condividere la propria passione senza distinzione di gruppi o associazioni. Che fosse un Sith, un Jedi o un Mandaloriano, ogni fan ha trovato il proprio posto in questa galassia, in un evento che ha voluto celebrare l’amore comune per Star Wars senza divisioni. L’atmosfera era quella di una grande famiglia stellare, dove l’unico obiettivo era divertirsi e celebrare insieme quel mondo che ha catturato i cuori di milioni di persone.
La scuola Padawan, dedicata ai più piccoli, ha permesso ai futuri Jedi di imparare i segreti dell’uso della spada laser, mentre gli adulti hanno potuto partecipare a sfilate in costume coordinate sapientemente da Lorenzo Filippini e Riccardo Di Nasso, scattare foto in veri set ispirati ai film e assistere a esibizioni dal vivo. La direzione artistica di Gianluca Falletta, la regia di Eddy Baldi e la presenza della madrina Ethel “rey.cosplay”(grazie a anc-cospro.com) hanno aggiunto un tocco di magia e professionalità a un evento già di per sé straordinario.
Un Finale di Magia Stellare
Il Guerre Stellari Fan Gathering 2024 si è concluso con la tradizionale foto di gruppo, un momento in cui tutti i partecipanti in costume si sono riuniti per immortalare un evento che resterà nella memoria di ognuno di loro. Oltre 300 figuranti si sono schierati per celebrare la fine di un weekend indimenticabile, fatto di emozioni, divertimento e, soprattutto, di passione. Questa edizione del Guerre Stellari Fan Gathering non è stato solo un evento, ma un vero e proprio viaggio galattico, un’esperienza che ha permesso a ogni partecipante di sentirsi parte di qualcosa di più grande. Per maggiori informazioni visitate il sito ufficiale all’indirizzo: guerrestellarigathering.it.
“Ci sono tre regole da seguire” con questa frase, dettata come un comandamento, si apriva la prima scena di quello che sarebbe diventato negli anni ’80 uno dei film dark comedy più famosi e memorabili nel cuore e nella mente di noi tutti teenagers e non solo che oggi compie quarant’anni! E non poteva mancare lo zampino di un allora giovane bambinone come Steven Spielberg a regalarcelo … anzi a produrcelo! Sto parlando di Gremlins, miei cari figli degli anni ’80, un film uscito nelle sale nordamericane l’8 giugno 1984, lo stesso giorno di Ghostbusters che apparentemente sembra una favoletta per bambini ma che in realtà nasconde tante piccole curiosità sul progetto e la sua realizzazione.
Il film nasce da un idea di Chris Columbus (il regista di Mamma Ho Perso L’Aereo) dopo che egli sentì un rumore brulicante di topi nel suo piccolo appartamento a Manhattan, quando ancora frequentava la scuola di cinema a New York, e da li, nella sua mente, presero forma dei mostriciattoli muta forma che vivono nell’oscurità. Columbus trasse anche ispirazione, pensate un po’, dalle leggende del folklore che raccontavano di esseri piccoli, dispettosi e con denti affilatissimi che sabotavano i velivoli dell’aviazione Britannica Royal Air Force, negli anni venti. Roal Dahl, ex aviatore inglese nel 1942, dopo un incidente aereo, scrisse un libro per bambini intitolato proprio “The Gremlins“ che fu letto perfino da Walt Disney che decise di pubblicarlo, per cui il titolo del film non è una scelta casuale. Columbus decise di elaborare la storia, inserendo anche alcuni elementi di tradizioni e mitologie orientali, da lì il termine “Mogwai”, che in cinese significa “mostro / demone” e che sarà dato a Gizmo, il mostriciattolo protagonista, un cucciolotto tenero e peloso che assomiglia a una scimmietta di colore bianco e marrone come i cani della razza cavalier spaniel, che tanto piacciono al produttore. E dobbiamo ringraziare proprio Steven Spielberg per averlo fatto diventare un piccolo eroe e mascotte, poiché all’inizio l’idea era quella di farlo diventare cattivo per trasformarsi nella sua terribile nemesi ‘Stripe’, che nel film è un altro Mogwai col ciuffo bianco.
E per saperne di più su questa razza (I Mogwai appunto), lo scrittore George Gipe ce la fa conoscere meglio in un suo libro, dove scopriamo che sono esperimenti di uno scienziato di nome Mogturmen che voleva mandarli come diplomatici galattici su altri pianeti per ripristinare la pace in ogni società (ecco spiegato, tra l’altro, il perché nel film il vecchio Mr. Wing sottintende che gli uomini non sono esseri così responsabili da volere uno stato di pace) ma scoprendo il loro lato negativo Gremlin, è costretto a sospendere gli esperimenti su di loro ma… troppo tardi.
Tornando alla storia del film, voi non ci crederete, ma doveva essere un horror in piena regola e molto più raccapricciante! Per la regia, inizialmente era stato scelto Tim Burton ma alla fine si dirottò su Joe Dante che aveva girato un episodio di ‘Ai Confini Della Realtà’ un anno prima.
Lo script iniziale prevedeva che i Gremlins mangiassero il cane del protagonista, decapitassero la madre e lanciassero la sua testa giù per le scale e infine banchettassero in un McDonald divorando i clienti, sicuramente qualcosa di shoccante soprattutto per un prodotto destinato ai più giovani! Ma Spielberg e altri produttori insistettero che doveva per l’appunto essere un film per famiglie e la Warner Bros aveva intenzione di farlo uscire per Natale (da qui l’ambientazione natalizia), ma per non competere con ‘Indiana Jones E Il Tempio Maledetto’ e ‘Ghostbusters’, che sarebbero usciti proprio in quel periodo, Gremlins dunque dovette uscire d’estate e fu il film più visto del 1984.
La storia, penso la conoscete tutti, il giovane Billy, studente e appassionato di fumetti, riceve per Natale dal papà inventore, un cucciolo di Gremlin acquistato in un negozietto di Chinatown ma deve fare attenzione a non bagnarlo mai altrimenti si moltiplica e deve tenerlo lontano dalla luce perché gli dà fastidio e, inoltre, non farlo mangiare dopo la mezzanotte, altrimenti succede una catastrofe…. Ovviamente le regole non vengono rispettate ed ecco che Gizmo si moltiplica e diventa anche soggetto a bullismo da parte dei suoi cloni che si dimostrano a dir poco indisciplinati! E, dopo aver mangiato di tutto molto dopo la mezzanotte (per colpa di un orologio mal funzionante), si trasformano in quella che è la loro vera natura: esseri verdognoli e squamosi simili ai Goblin capitanati da Stripe (in lingua originale doppiato da Frank Welker, la voce di Megatron dei Transformer) e che nella versione italiana sarà chiamato sempre Ciuffo Bianco per la sua capigliatura. All’epoca non esisteva la CGI, per cui i produttori pensavano di far recitare delle scimmiette mascherate, ma gestirle sarebbe stato troppo complicato per cui si impiegò l’utilizzo di pupazzi animatronici che costavano tra i 30 e 40 mila dollari e che venivano costantemente controllati, perché c’era la paura che qualcuno del set li rubasse.
Ogni tanto, inoltre, questi pupazzi creavano qualche grattacapo alla troupe a causa del loro continuo malfunzionamento tanto che i tecnici dovettero dormire sul set e si dovette sperimentare parecchio su alcune trovate: ad esempio la scena di un Gremlin che esplode nel microonde è il risultato di un semplice utilizzo di palloncini ripieni di liquido che però raggiungevano l’effetto voluto.
E ora preparatevi vi racconto di un po’ di chicche che mai vi sareste immaginati di leggere!
Partiamo dalla cittadina in cui è ambientata la storia: Kingston Falls (in origine usata come set per il primo episodio di Ai Confini Della Realtà), altro non è che è High Valley, lo scenario dove un anno dopo sarà ambientato Ritorno Al Futuro! E la voce tenera di Gizmo è di Howie Mandel, noto conduttore televisivo e attore comico Canadese che grazie a un gioco di tonalità di voce è riuscito a creare un suono inconfondibile per il personaggio. Poi ci sono anche dei camei, come quello di Chuck Jones, il papà dei Looney Toons, che Billy incontra in un bar (scelto apposta dal regista per essere stato suo fan da bambino). In un vecchio corto di Bugs Bunny del 1943, tra l’altro, appare un Gremlin su un aereo della seconda guerra mondiale. Anche Jerry Goldsmith, appare. Il compositore delle musiche del film è nella scena della Convention, dove il padre di Billy parla al telefono con la moglie, e proprio in questa scena c’è pure lui: Steven Spielberg, che passa guidando una golf car con una gamba ingessata.
E poi non potevano mancare diversi citazioni e omaggi dei suoi film.
Al quinto minuto della pellicola compare un cartellone con scritto Rockin Ricky Rialto con disegnato un tipo che assomiglia stranamente ad Indiana Jones! All’ottavo minuto, il protagonista passa davanti a un cinema con sopra l’insegna che riporta i titoli provvisori di E.T. e Incontri Ravvicinati Del Terzo Tipo (Cioè A Boy’s Life e Watch The Skies). Poi, si intravede in camera di Billy un poster arrotolato di Ai Confini Della Realtà (guarda caso Spielberg e Dante avevano lavorato insieme per quella serie). Alla fine del film Ciuffo Bianco alias Stripe presso un negozio di giocattoli si nasconde in mezzo a un mucchio di peluche e tra questi compare un pupazzo di ET. Nel cast troviamo poi il compianto Dick Miller che avevamo visto anche in Terminator, qui nel ruolo di Murray Futterman, che conosce bene i Gremlins come sabotatori e fa proprio riferimento alle leggende da cui lo sceneggiatore del film ha preso spunto. E poi ci sono tanti omaggi al cinema, dalla Vita E’ Meravigliosa di Frank Capra, All’invasione Degli Ultracorpi, dal robot Robby del Pianeta Proibito, a Biancaneve E i Sette Nani (omaggio a Disney) fino a Non Aprite Quella Porta quando Stripe attacca Billy con la motosega.
Gremlins fu il primo film a riportare il logo dell’Amblin Entertainment, prima casa di produzione di Spielberg, e riscosse un grande successo al botteghino tanto da incassare 148 milioni di dollari, partendo da un budget di 11 milioni, e il successo lo si ottenne soprattutto a livello di oggettistica. Dite la verità: a quanti di voi è mai capitato tra le mani il peluche di Gizmo della Kenner che scosso su e giù emetteva una specie di squittio che doveva simulare il suono tipico che si udiva nella pellicola? In ogni caso Joe Dante, Chris Columbus e Steven Spielberg, durante i primi anni ì90 ci provarono di nuovo con il secondo capitolo chiamato: “La Nuova Stirpe”, esagerando un po’, creando innumerevoli nuove creature, una più bizzarra dell’altra (compaiono anche la Gremlin femmina e il Gremlin intellettuale parlante) e riconfermando il cast del primo film con un Billy non più studente ma architetto di un grande e futuristico centro commerciale, costruito al posto del negozietto cinese, dove tutto ha avuto inizio.
Gremlins negli anni ’80 fu un grande evento mediatico, tanto da far scuola a tanti altri film con dei mostriciattoli come protagonisti. Ad esempio: Critters, per citarne uno. Ma come accade a tanti film non fu risparmiato dalle critiche, come quelle ricevute dagli afroamericani, i quali sostenevano di essere stati ridicolizzati, visto che le creature mostruose erano alle prese con la break dance e la black music. Gremlins fu oggetto anche di trasposizioni videoludiche, come il primo videogioco, uscito nell’84 su Atari 2600, in cui chiunque poteva essere Billy, acciuffando tutti i Mogwai per poi risbatterli nelle gabbie entro un tempo limite. Ancora oggi, a distanza di vent’anni, rimane un cult, tanto che si vocifera l’idea di realizzarne una serie animata che potrebbe fare da ponte tra i due film, ma ciò non è stato ancora ufficializzato. Ad essere sinceri preferiremmo un terzo film… ma staremo a vedere.
Se qualcuno di voi non lo ha ancora visto, consiglierei di mettersi comodo e di concedersi la visione, ma attenzione… se il vostro condizionatore d’aria si mette a fare i capricci o la vostra lavatrice impazzisce o la vostra TV si oscura all’improvviso, prima di chiamare il tecnico, accendete le luci… guardate in tutti gli armadi, i cassetti, e sotto tutti i letti… perché non si sa mai… può darsi che in casa vostra sia capitato uno di loro…
Caro lettore, hai mai sognato di immergerti nel fantastico mondo dei cartoni animati e dei fumetti? Hai desiderato vestirti come il tuo personaggio preferito e vivere un’esperienza unica? Se la risposta è sì, allora non puoi perderti il Cartoon Fest @ Snodo Mandrione, un evento straordinario che si terrà il 4 febbraio 2024 alle 12:00! Questa sarà la prima edizione di un evento completamente dedicato ai cartoni animati, ai fumetti e alle persone di tutte le età. Quindi metti subito in agenda la data e preparati a divertirti!
Che cosa ti aspetta?
Beh, il programma completo è ancora in via di definizione, ma posso darti un assaggio di quello che potrai vivere. Ci saranno giveaway con fantastici premi, cibo, musica e intrattenimento per tutta la famiglia. Insomma, un’occasione da non perdere per trascorrere una giornata piena di divertimento e animazione!
Se sei un appassionato di cosplay, avrai l’opportunità di vestirti come il tuo personaggio preferito e partecipare a un contest organizzato in collaborazione con i Raiders of the lost 80’s. Metti alla prova la tua conoscenza dei classici dell’animazione con un quiz sui cartoni animati degli anni ’80. Se ti piace il mondo dei manga e degli anime, vivrai un’esperienza unica al MaidCafè, dove potrai essere servito come se fossi all’interno di un manga o di un anime.
Durante l’evento si svolgerà la presentazione del libro: A Black Carol – A ghost story of fascism di Maria Chiara Giannolla che sarà intervista da Francesca Torre. L’autrice, fumettista e docente di Storia e Filosofia, dopo aver compiuto studi classici ed essersi laureata e dottorata in Filosofia Estetica, si diploma alla “Scuola Romana dei Fumetti”. Terminati gli studi, comincia a lavorare come grafica, illustratrice freelance e storyboard artist, realizzando locandine, grafiche, copertine, pitture murali e contributi vari, soprattutto per la scena artistica underground e indipendente. In un secondo momento approda al fumetto con serie web e progetti editoriali, propri e in collaborazione con sceneggiatori. Nel 2018 debutta sul web con il suo primo fumetto da autrice completa “Miss Unicorn” che in pochi mesi diviene rivista cartacea autoprodotta. Nel 2020 realizza il fumetto “Più rosso d’amor. Storia di Valerio Verbano” che, nel 2021, viene pubblicato su “ANTIFA!nzine” #5. Nel 2021 pubblica il fumetto “A Black Carol. A ghost story of fascism” per Momo Edizioni. Nel 2023 realizza la storia a fumetti “Non al denaro”, per l’inserto a fumetti di “Domani Editoriale”, intitolato “Il baratto” (numero di febbraio). Nel 2015 fonda e dirige, a Roma, la Scuola Popolare “Fumetto e Illustrazione Lab Puzzle”, dove attualmente insegna. La moderatrice, Francesca Torre, inizia a collaborare con Panini Comics come proofreader. Inoltre, da redattrice della sezione fumetti del sito Stay Nerd, scrive nel 2020 un articolo sulle molestie nel mondo del fumetto italiano, a cui segue la co-fondazione del collettivo Moleste nell’ottobre dello stesso anno. Cura per Arf! Festival il ciclo di incontri Women in Comics di introduzione all’omonima mostra a Palazzo Merulana di Roma. Nel 2021 è tra le firme dell’antologia “Fai Rumore” di cui coordina anche il progetto editoriale per Il Castoro Editore. Attualmente è al lavoro sulla sua prima graphic novel e su una collaborazione con Emergency, sempre nell’ambito della divulgazione a fumetti. È nella redazione della rivista Smack! dedicata al fumetto e alla parità di genere.
Inoltre, durante l’evento, sarà presente con alcune performance, il Korekara Maid Cafè è un gruppo formato da 6 Maid ed ha lo scopo di reinterpretare in chiave europea (nello specifico Romana) il fenomeno Maid Cafè orientale.Maid Yako, Maid Yami, Maid Aki, Maid Yuuki, Maid Kanna e Maid Fuyu vi accoglieranno e giocheranno con voi come se fa nella capitale e soprattutto con lo stile de ‘a maggica. Dolcezza, purezza e spensieratezza si fondono con sfrontatezza e ironia pungente.Nel Korekara vive la dualità e la cultura di due luoghi straordinari allo stesso modo ma diversi sotto tanti aspetti: Il Giappone e l’Italia.
Per coloro che amano ballare, un’opportunità da non perdere sarà il Cartoon Dance, dove potrai scatenarti sulla pista con le canzoni più allegre e famose delle serie animate. I bambini avranno la possibilità di partecipare a laboratori speciali sui supereroi, dove scopriranno i loro poteri e potranno persino creare il loro supereroe.Se sei un fan del film della Pixar “Coco”, potrai immergerti nella magia della musica e della famiglia nella zona dedicata al film. Inoltre, potrai partecipare a conferenze con i creatori di fumetti e workshop per imparare a disegnare i tuoi personaggi preferiti.
Hai un’anima da investigatore? Non perderti l’Escape Room, un’avventura cartoon piena di mistero in cui dovrai risolvere indizi per trovare l’assassino. I bambini potranno anche partecipare a laboratori speciali su Harry Potter e sui cartoni animati in generale, per scoprire il meraviglioso mondo della magia e dei personaggi più amati.
L’evento si terrà presso lo Snodo Mandrione in via del Mandrione 63, il 4 febbraio dalle 12:00 alle 21:00. L’ingresso sarà con offerta libera, quindi potrai partecipare a tutte le attività e goderti l’intero festival. Il Cartoon Fest @ Snodo Mandrione , l’evento dell’anno per tutti gli amanti dei cartoni animati, dei fumetti e per i giovani di tutte le età. Non perderti questa fantastica opportunità di divertimento e animazione.
Asian Culture Day: il 29 maggio 2022, Roma incontra l’Asia. Dalle ore 12, presso l’Eur Social Park, si apriranno le porte di un favoloso giardino orientale per rilassarsi nel verde e godersi musica, cibo e spettacoli in uno dei parchi più belli di Roma.
Per tutti gli amanti del Cosplay gli amici di Raiders of the Lost 80’s hanno realizzato un divertente set fotografico in cui scattare foto mentre si passeggia attraverso gli Stand di vendita di prodotti di artigianato asiatico.
Un’area ludoteca a tema asiatico è allestita a cura della storica Ludoteca “La Civetta sul Como”: tra le diverse offerte di gioco moderno e antico “Go Club di Roma” presenta e spiega un gioco millenario il GO .. ad oggi il gioco più giocato al mondo.
Per i palati più fini un workshop culinario sui Segreti e sulla preparazioni di Gyoza a cura delle scuole di cucina Tu Chef e Chef Master School. Cinque incontri in cui il pubblico potrà cimentarsi nella preparazione di deliziosi ravioli di carne, che in Giappone prendono il nome di Gyoza! Vi immergerete in un Sol Levante diverso: quello zen della calma, dell’abilità, della pazienza. Avvicinarsi alla cucina giapponese, infatti, non significa solo esplorare nuovi sapori, delicatamente profumati di salsa di soia, aglio e aceto di riso, ma è un po’ come intraprendere un percorso di conoscenza di sé. Almeno per qualche minuto, realizzando con la pressione delle dita un ricamo per chiudere i vostri fagottini, pregustando la sensazione di mordere la crosticina croccante dei vostri Gyoza e sprofondare nella morbidezza del ripieno di carne, vi sentirete pervadere da una serenità dorata.
Alle ore 15:00 non è possibile mancare al leggendario Gioco a quiz “Cosa succedeva in Asia negli anni 80?” a cura di Raiders of the Lost 80’sSe almeno una sola volta ti sei posto questa domanda, i Raiders of the lost 80’s, hanno la risposta. Usiamo la macchina del tempo, torniamo indietro di 40 anni, per rivivere insieme le prime uscite degli anime e dei fumetti giapponesi, i primi anni dei robottoni più famosi, e tanto altro. E durante la manifestazione, i Raiders of the Lost 80’s vi faranno divertire con un simpatico quiz di circa 90 minuti proprio dedicato ai manga e anime giapponesi che hanno visto la luce negli anni 80, contornati da figuranti che indosseranno i costumi dei film dell’epoca!Scegliete saggiamente!La “x” è il punto dove scavare!
In serata, dalle ore 19, si svolgerà il Buddha Bar Time Live Music a cura di RO.MA The New Dancefloor.
Ognuno di noi ricorda, con emozione e un pizzico di nostalgia, i cartoni animati visti da piccoli. Con i cartoni animati stabilimmo un vero e proprio appuntamento quotidiano nel pomeriggio, dopo aver finito i compiti o la sera sul divano, in compagnia dei propri genitori. Personalmente ne guardavo diversi, da quelli trasmessi alla tv nazionale a quelli in videocassetta. Anche se bambina, non mi limitavo a guardare i cartoni animati classificati per genere e mai ho avuto preferenze. All’età di 11 anni mi trasferii, insieme ai miei genitori, in una nuova casa e, in una sera qualsiasi d’inverno, mio padre mi disse: «Da questa sera inizierai a guardare con me un cartone animato che ho adorato da ragazzo». All’inizio pensai che mi sarei annoiata, d’altronde mio padre era classe 1961. Quella sera dopo cena, nel lettone, vidi Kyashan – Il ragazzo androide. Nell’appassionarmi a quel cartone animato, mio padre ebbe un ruolo fondamentale perché, al termine di ogni puntata, mi chiedeva che impressioni avessi avuto e se mi fosse piaciuta. Insomma, commentavamo la puntata appena vista e ne discutevamo a modo nostro. E così è stato per gli anni successivi, visto che ciclicamente veniva ritrasmesso.
Altro che noia! Già dalla sigla (Tatakae! Casshern – Isao Sasaki), rigorosamente in giapponese, me ne innamorai. Questo anime (termine che indica l’animazione e i film di animazione giapponesi e non) racconta la storia del Dottor Azuma, un grande scienziato esperto in robotica, che per decontaminare la Terra e renderla più vivibile per l’uomo, progetta e costruisce degli umanoidi. Tuttavia, durante un temporale, un fulmine provoca una disfunzione nei circuiti del laboratorio e anima gli umanoidi sconvolgendo il programma secondo il quale li voleva al servizio dell’uomo. Gli umanoidi acquisiscono così una volontà propria e assumono il comando di un esercito di robot con l’obiettivo di sottomettere il genere umano ritenuto (non senza una punta di ragione) il principale responsabile del degrado ambientale del pianeta. È l’inizio di un vero e proprio incubo per il Dottor Azuma e per la sua famiglia. Tetsuya, il suo unico figlio, si offre per farsi tramutare in un androide col corpo di un robot, ma col cuore umano. Al fianco del figlio, ribattezzato Kyashan, il Dottor Azuma pone Lucky, il cane morto nel tentativo di salvare la giovane Luna (amica d’infanzia di Tetsuya e figlia di un collega scienziato morto per mano degli androidi nemici) dalle aggressioni dei robot, trasformandolo nel cane robot Flender che, nonostante i poteri eccezionali, mantenne quella fedeltà tipica del cane nei confronti dell’uomo. Prima di essere catturato dagli androidi, il Dottor Azuma riesce a salvare la vita della moglie Midori, riversando la sua coscienza e i suoi ricordi nel corpo di un cigno robot Swanee che, nelle notti di luna piena, è in grado di proiettarne l’immagine e permetterle così di comunicare con il figlio. Le battaglie contro l’esercito degli androidi si susseguono senza sosta fino all’ultimo episodio nel quale l’esercito robot viene distrutto e la pace torna finalmente sulla Terra. Ogni puntata mi emozionava e ogni sera non vedevo l’ora di sostenere Kyashan nella sua lotta contro BK2 – Briking, il perfido e tiranno capo dell’esercito degli androidi che aveva un solo obiettivo, ovvero quello di portare distruzione e sterminio ovunque, in modo da assoggettare la Terra e rendere schiavi tutti gli esseri umani.
https://youtu.be/nq4RrnswtR4
Che cosa facciamo quando ci appassioniamo a un cartone animato (oppure a diversi cartoni animati)? La risposta è semplice, quasi scontata. Ogni volta che ne abbiamo l’occasione, lo rivediamo ancora, ancora e poi ancora, fino a quando siamo quasi in grado di ripetere a memoria i dialoghi dei personaggi. Ma questo non ci basta e allora, una volta adulti, ci documentiamo sulle caratteristiche di ogni personaggio, sui luoghi e sul periodo in cui si colloca il cartone animato stesso.
Nel caso di Kyashan – Il ragazzo androide, sappiamo che è stato creato nel 1973 da Tatsuo Yoshida e prodotto dalla Tatsunoko, storica casa di produzione giapponese da lui fondata, che vanta diverse serie animate di successo mondiale. Il nome originale è Casshern e questo spiega anche il motivo della lettera “C” sulla tuta. Arrivato tardi in Italia, divenne in poco tempo un cartone animato di culto, principalmente per i ragazzi degli anni ’80. Il laboratorio del Dottor Azuma ha sicuramente sede in Giappone, ma le battaglie e gli scontri tra Kyashan e l’esercito robot si svolgono in diverse zone, tanto da non riuscire a riconoscere un Paese in particolare oppure una Nazione specifica. Per quanto riguarda l’ambientazione temporale, considerando anche gli abiti dei vari personaggi, si può collocare questa serie agli inizi degli anni ’70. Rispetto ad altre serie giapponesi, robotiche e non, dello stesso periodo, gli spunti comici assenti lasciano spazio a personaggi e storie dal carattere cupo e malinconico.
Ancora oggi Kyashan – Il ragazzo androide è molto più di un cartone animato nel senso comune del termine. BK2 o Briking è un robot decisamente anomalo. È sufficiente soffermarsi su di lui per comprendere che l’intento degli autori è quello di alludere alle tirannie moderne. In generale la caratterizzazione dei cattivi rimanda alla dittatura nazista. BK2 o Briking è “graficamente” simile a Benito Mussolini, con tratti caratteriali simili a quelli di Adolf Hitler, come l’amore per gli animali (Swanee è il suo robot prediletto) e la passione per la pittura e i robot al suo servizio si rivolgono a lui salutandolo con il saluto nazista. In questo senso Kyashan regala la libertà all’uomo schiacciato dalla tirannia, rappresentando il trionfo dell’umanità sull’ingiustizia e sul sopruso. Lui, androide nel corpo ma non nei sentimenti, si accosta all’uomo molto più di quanto il suo corpo non lo avvicini alle macchine.
Questa serie, un vero e proprio gioiello d’animazione, può avere anche un’altra chiave di lettura: gli androidi, nemici dell’umanità, sono una creazione dell’uomo, così come l’uomo è una creazione di una divinità (spesso invocata attraverso lunghe preghiere); se l’uomo ha cercato di rendersi creatore di altri esseri e il risultato è quello che si vede nella serie, è evidente che per vivere in armonia e in pace è necessario tornare a riconoscere un solo creatore e rinunciare a volersi sostituire alla divinità.
Pur ritenendo valide entrambe le chiavi di lettura, oggi come allora non do loro importanza perché, quando guardo per l’ennesima volta Kyashan – Il ragazzo androide torno a essere la bambina di 11 anni che, nel lettone con suo padre, se ne innamorò.
Tra i giocattoli più insoliti che negli anni ottanta riempivano gli scaffali dei negozi e, per il loro aspetto buffo, attiravano l’attenzione di noi bambini, vi erano sicuramente i Food Fighters, originariamente tradotti come: ”i combattenti del cibo”. Erano prodotti dalla Mattel (la casa di produzione dei Masters Of The Universe e di Barbie) e rappresentavano due fazioni in lotta, raffigurando, in chiave antropomorfa, i cibi di street food americani più calorici e pericolosi per i diabetici e un po’ per tutti. Si distinguevano per il colore degli elmetti, degli zainetti e delle armi.
Da una parte c’erano i Kitchen Commandos, con i loro elmetti verdi e dall’altra i Refrigetor Rejects con quelli neri. I primi, che in teoria rappresentavano i buoni, erano capitanati da Burgedier General, che aveva le fattezze di un panino con l’hamburger, al suo fianco c’erano poi: Lieutenant Legg (una coscia di pollo fritto) Major Munch (una ciambella glassata), Scoop (un cono gelato con crema e cioccolato) e Private Pizza (un trancio di pizza). I nemici invece erano sotto il comando di un hot dog che si chiamava Mean Weener che aveva come scagnozzi: Chip The Ripper (il classico cookie), Taco Terror (il taco messicano), Short Stack (le frittelle con tanto di sciroppo d’acero) e infine Fat Frenchy (le patatine fritte) che, tra l’altro attualmente, per i collezionisti di oggi, è un pezzo davvero raro da trovare.
Per i bambini di quel tempo, era davvero uno spasso simulare una guerra tra questi mini personaggi a bordo di veicoli assurdi dalle forme di accessori da cucina. Come dimenticare, ad esempio, la padella elicottero munita di wurstel, con scatolette di verdura da lanciare come bombe, o il BBQ carro armato, composto da spiedini e spatola catapulta. Ma il pezzo forte era sicuramente il Combat Carton, ovvero un contenitore di uova che fungeva da trasporto per inserire tutti i personaggi al suo interno (nel catalogo erano indicati i cattivi) e aveva un cannone a forma di bottiglia di ketchup. La Mattel doveva produrre anche il quartier generale che ovviamente doveva essere un frigo ma, a causa delle scarsità delle vendite, non vide mai la luce.
In Italia ci pensò la Burghy a promuoverli, che allora era la catena di fast food italiana concorrente della McDonald (poi assimilata dallo stesso colosso americano), inserendoli come sorpresa nei propri cestini, praticamente come Happy Meal.
I Food Fighters esordirono nel 1988 e furono lanciati da uno spot che li mostrava prendere vita grazie alla tecnica della stop motion all’interno di una cucina. Nonostante in passato fossero un po’ snobbati per dare più visibilità ad action figures come He-Man o Skeletor, da qualche tempo sono divenuti oggetto di collezionismo per i nostalgici e i ricercatori del vintage.
I più accesi appassionati, infatti, sono sempre in cerca delle varianti colorate di questi piccoli pupazzetti e bisogna avere molta fortuna nel trovarle, soprattutto se si desidera acquistare quelle ancora chiuse nella custodia originale, un blister di cartone impreziosito da illustrazioni fantastiche. Il loro valore si aggira, attualmente, sui 60/70 euro a pezzo. Tra l’altro trovarli completi di tutti gli accessori è davvero difficile per via del fatto che le minuscole armi si perdevano con facilità.
La Mattel è notoriamente dedita ad esperimenti stravaganti in campo di toy design e, in questo caso, fu anche un pò provocatorio giocare visivamente con una sorta di esagerazione alimentare, cosa che oggi farebbe inorridire dietisti e vegani di tutto il Mondo. I Food Fighters, potremmo dire, sono i combattenti più rari in tal senso e non possono mancare sulla vostra tavola (calda)!
Grosso Guaio a Chinatown irrompe nelle sale cinematografiche italiane il 5 settembre 1986 (a pochi giorni dal mio primo compleanno ndr.) il film risultò un flop al botteghino forse perché finì per scontrarsi direttamente con il secondo film della saga di Alien, fortemente pubblicizzato all’epoca. Il film ottenne poi il successo che gli spettava grazie alle videocassette e ai passaggi in televisione diventando uno dei film cult del genere avventura degli anni 80.
Il film segue le vicissitudini del rozzo camionista Jack Burton, magistralmente interpretato da un Kurt Russell in forma smagliante, che si trova catapultato nel mondo e nella cultura cinese a lui sconosciuta fino a quel momento. Quando Jack accompagna il suo amico Wang all’aeroporto per prendere la sua bellissima ragazza in arrivo dalla Cina, il rapimento di quest’ultima porta i due amici in una rocambolesca serie di eventi che vanno da combattimenti tra bande rivali, a tre uomini che grazie a dei poteri che sembrano soprannaturali, spazzano via le persone come insetti, fino ad un personaggio che sembra essere un innocuo vecchietto, ma che si scoprirà essere un demone senza tempo, il famigerato David Lo Pan. Vagando per una San Francisco ricca di sotterranei stregati, fogne piene di mostri leggendari e ditte di trasporti contenenti mausolei degni dei migliori templi cinesi, John Carpenter crea un film che racchiude diversi generi, tra la commedia, l’azione, l’avventura e i film d’arti marziali.
E’ forse la semplicità mischiata alla rozzezza del protagonista che ha reso Jack Burton una delle icone più rappresentative dell’eroe d’avventura degli anni 80. Uno di quegli eroi che nel momento dell’azione è impacciato, che si perde i momento clou per rientrare in gioco a partita finita. E’ forse questo il motivo per il quale il ruolo venne rifiutato da Jack Nicholson e Clint Eastwood, scelti inizialmente dalla 20th Century Fox per il ruolo principale, contro il volere di Carpenter che già dall’inizio aveva scelto Russell con il quale aveva già lavorato in passato.
Inizialmente il film fu scritto per essere ambientato nel vecchio west e Jack Burton doveva essere un Cowboy senza passato venuto in città per salvare una povera ragazza dalle grinfie di Lo Pan, combinando il genere western con elementi fantasy cinesi, ma dopo vari riadattamenti, venne ambientata all’epoca moderna regalandoci il capolavoro che possiamo goderci oggi.
Una piccola curiosità che forse non tutti sanno è che le musiche del film sono scritte dallo stesso Carpenter che era solito scriverle per i suoi stessi film e che, in questo caso, ha fuso in un modo unico lo stile elettronico a quello dei temi cinesi.
La pellicola inoltre fu di ispirazione per diversi personaggi del videogioco Mortal Kombat, dove vediamo uno Shan Tsung ispirato al malvagio Lo Pan e il temibile Raiden ispirato ad una delle tre Bufere.
Tutt’oggi, questo film rimane un cult e non si può dire di amare gli anni 80 se non lo si conosce, in quanto ricco di azione, di testosterone e comicità con battute che rimarranno uniche nel loro genere. Inoltre chi di noi non vorrebbe passare le serate ascoltando i consigli del Pork Chop Express dati dal nostro saggio e scapestrato camionista Jack Burton.
Questa è forse la frase più iconica di uno dei Film culto degli anni 80. Robocop, un film visionario e al limite dello splatter, per le scene crude che lo contraddistinguono. Uscito nel 1987, il lungometraggio di Paul Verhoeven, regista di altrettanti film cult usciti a cavallo tra gli anni 80 e 90, racconta la storia di una società in mano al crimine, dove potere e criminalità vanno a braccetto per spartirsi la loro fetta di mercato, finchè non viene creato il super poliziotto robotico e quasi indistruttibile dal corpo di un agente di polizia rimasto vittima di questo sistema corrotto. La trasformazione da agente di polizia a robot pronto a combattere il crimine avviene quasi subito, con una delle scene più crude e forti dell’epoca. Una scena drammatica in cui il nostro protagonista non viene semplicemente ucciso, ma viene torturato a colpi d’arma da fuoco e infine giustiziato con un colpo alla testa. Il tutto fantasticamente rappresentato da un fantastico animatronic dalle perfette sembianze del nostro protagonista.
“Murphy, sei tu?”
Con questa frase Lewis, la partner di pattuglia del nostro protagonista, che poi lo accompagnerà in tutte le sue avventure, risveglia in lui una serie di flashback che fanno tornare il suo lato umano a scapito del freddo cinismo robotico. E’ forse questo che rende Robocop uno di quei personaggi rimasti nel cuore della nostra generazione: un freddo Robot con un cuore umano, capace di provare dei sentimenti.
Il protagonista, Peter Weller, è stato un’icona del cinema anni 80 e 90, partecipando a molte pellicole che hanno fatto la storia del cinema di quegli anni, tra cui Poliziotto in Blue Jeans, Screamers – Urla dallo Spazio, un horror fantascientifico che ancora oggi, con le sue ambientazioni e le scene ricche di suspance, riesce a tenere lo spettatore incollato allo schermo e molte altre. Un’altra delle cose che maggiormente risalta in questo film e che forse si ricorda anche di più, è la colonna sonora di Basil Poledouris, che scrisse anche quelle di Conan, Free Willy, Hot Shots e tanti altri capolavori degli anni 80 e 90. Tutt’oggi, a distanza di 30 anni se ci chiedono del primo Robocop, non possiamo non cantare nella testa il motivetto che accompagna le azioni eroiche del nostro protagonista nella lotta al crimine.
Da questo film sono poi partiti diversi filoni che hanno influenzato la cultura pop dei primi anni 90, tra cui due sequel che non hanno avuto lo stesso successo del primo, ma che ripercorrono le vicissitudini del nostro eroe, una seguitissima serie tv, in onda su canali importanti come italia 1, una serie animata anch’essa seguitissima, ma soprattutto una linea di giocattoli e videogiochi che hanno rubato molte ore alla nostra infanzia a cercare di emulare il nostro stoico poliziotto robot nella lotta contro il crimine.
Adesso, dopo un remake del 2014 a dir poco fallimentare, alcuni rumor vogliono che sia in fase di produzione un nuovo film con Peter Weller pronto a rimettere l’armatura ambientato 30 anni dopo rispetto al primo film.
Nella speranza di rivivere in futuro il nostro passato, incrociamo le dita e cantiamo nella nostra testa l’iconica canzone!
“Delitto al Ristorante Cinese” film del 1981 diretto da Bruno Corbucci, è il secondo film della serie “Delitti” e l’ottavo film della saga dell’ispettore di Polizia Nico Giraldi (personaggio creato dallo sceneggiatore Mario Amendola e dallo stesso Bruno Corbucci, un ex ladro divenuto dapprima maresciallo della Polizia di Stato ed infine Ispettore).
“Pocoto pocoto…….pocoto un par de c….!”
Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non ha pronunciato questa frase memorabile, che resta scolpita negli annali come una delle frasi più conosciute, simbolo ed icona trash del cinema popolare italiano.
Le vicende raccontate in “Delitto al Ristorante Cinese” sono più o meno le stesse degli altri film della serie. L’ennesimo caso di omicidio, stavolta di un cliente del ristorante cinese Tai Tung, che l’autopsia dichiarerà morto per avvelenamento da ingestione di arsenico. Coinvolti nel delitto, loro malgrado, saranno anche i lavoranti del locale, il ruspante e verace Bombolo, il cameriere napoletano Vincenzo Quagliarulo e il nuovo cuoco arrivato dall’Estremo Oriente, Ciu Ci Ciao. Le indagini, affidate come sempre all’ispettore Giraldi, porteranno quest’ultimo a smascherare una fitta rete di spie in cui è implicato proprio il viscido titolare del ristorante, Chan Zeng Piao.
https://youtu.be/AogQV-_cWI4
Quello al ristorante cinese è indubbiamente uno dei capitoli più divertenti girati da Corbucci, un film che conserva come sempre una forte anima trasteverina, senza ricorrere però alla solita dose di comicità irriverente e a tratti volgare, grazie anche alla fantastica trovata di presentare un ispettore Giraldi ingessato e costretto a rispettare un voto religioso che gli proibisce di dire parolacce.
Per la prima volta il film propone Tomas Milian in una doppia veste: non solo quella del colorito e sfacciato Ispettore di polizia, ma anche quella del cuoco cinese Ciu Ci Ciao doppiato dallo stesso Tomas Milian (figura che ricorda un altro personaggio interpretato sempre dall’attore cubano, Sakura detto Il Giallo, uno dei protagonisti del film western “ Il bianco, il giallo, il nero” dell’altro fratello Corbucci, Sergio.)
La pellicola ritrova le storiche spalle di Bombolo ed Enzo Cannavale che, pur recitando in altri titoli della serie, non riprendono i loro vecchi ruoli. Difatti Bombolo non è qui chiamato Venticello o Bertarelli Franco, ma viene chiamato col suo vero soprannome, e Cannavale non impersona l’emigrato pizzaiolo Salvatore Esposito (al fianco di Giraldi nel film Squadra Antigangsters ) ma il simpatico cameriere napoletano Vincenzo Quagliarulo.
Nel film recitano poi, oltre a Olimpia Di Nardo nel ruolo della moglie di Giraldi, Angelina, anche Sergio Di Pinto nei panni di Oscaretto il fotografo (che interpreterà poi nel successivo Delitto in Formula 1 il cognato dell’ispettore finito nei guai per un furto d’auto), l’attore e stuntman Massimo Vanni nel ruolo del brigadiere Gargiulo e Marcello Martana nel ruolo del commissario Trentini. Da sottolineare la presenza nel cast di Giacomo Furia , grande interprete della commedia italiana anni ’40 e ’50, che ha lavorato nel corso della sua carriera con i più grandi del nostro cinema, da Anna Magnani a Sophia Loren, passando per Totò e Peppino de Filippo.
Come sfondo ritroviamo sempre la nostra amata e bistrattata Roma, con i suoi vicoli, la sua storia i suoi personaggi e le sua costante bellezza. La Fontana di Trevi, Vicolo del Forno, Ponte Sant’Angelo, Piazza delle Coppelle e la famossima Viale Cal….Viale Caz….ehm…Viale Carso!!!!
Degna di nota anche la famosa scena in cui Bombolo e Ciu Ci Ciao vengono prelevati di notte da un inquietante automobilista che propone loro un impiego stagionale presso un certo Hotel Shining (simpatico omaggio al celebre film horror di Stanley Kubrik uscito un anno prima, nel 1980.)
Delitto al Ristorante Cinese si conferma come sempre un evergreen della cinematografia trash italiana, da acquistare e custodire gelosamente nella propria bacheca, un fantastico ed irriverente b-movie che, nonostante il tempo che passa, mantiene inalterata la sua verve comica ed è come un vino che più invecchia e più diventa buono…anzi a proposito di vino, vi lascio con una fantastica ricetta presente nel film…il famigerato Riso Imbottito :
“Si plende bistuli, si taglia chicco, si plende pinza, folmichina dentlo chicco, chiudi….leghi bene bene sennò si spapalanza, tili, tili, tagliale…fatto!”
Fracchia la belva umana è un film del 1981 diretto da Neri Parenti con un eccezionale Paolo Villaggio. Pochi sanno che questa pellicola è un remake dell’americano “Tutta la città ne parla” (The Whole Town’s Talking), di John Ford, con protagonista Edward G. Robinson (1935). Per molti di noi Fracchia la Belva Umena, come lo chiamava con la sua cadenza pugliese il commissario Auricchio, è un film comico che ha fatto storia e un ricordo esilarante della nostra gioventù.
Fracchia è stato una delle prime creazioni di Paolo Villaggio, ancora prima del famoso ragioniere. Le sue prime apparizioni televisive risalgono al 1968 in Quelli della Domenica, grazie a Maurizio Costanzo che lo scopre durante uno dei suoi spettacoli di Cabaret a Genova, città d’origine di Villaggio. Fracchia era un nevrotico, uno che di fronte ad una ragazza che gli piaceva non riusciva a spiccicar parola e di fronte al capufficio si cagava addosso. Ed è una malattia molto comune, cioè un eccesso di paura, di timidezza. Così descriveva Villaggio il personaggio di Fracchia. In uno dei suoi sketch in Quelli della Domenica, spalleggiato da altri membri del cast come capitava spesso, come Gian o Renato Pozzetto, Fracchia curiosamente, cita uno dei suoi colleghi, un certo Fantozzi, un cognome senza nessun significato, almeno fino al 1971, uscita del primo libro di Villaggio.
Nel 1969 Fracchia avrà una trasformazione importante e intorno a lui inizierà a crearsi quel mondo che poi ritroveremo nel film. Nei suoi Sketch viene affiancato da Gianni Agus, che interpreta la sua controparte, a volte nel ruolo del severo e irascibile direttore, ma anche nel ruolo di un intraprendente e deciso venditore, dove viene introdotto il tormentone della poltrona sacco, sulla quale Fracchia tenta invano di sentirsi a suo agio, rotolandosi puntualmente per terra.
Nel 1975, sulla scia del fortunatissimo film su Fantozzi, Villaggio ripropone il personaggio di Fracchia in televisione nella serie Giandomenico Fracchia – Sogni proibiti di uno di noi, una serie composta da 4 puntate della durata di un’ora, insieme a Gianni Agus nella parte del cavalier Acetti, Ombretta Colli nella parte della Signorina Ruini, e Gigi Reder.
Passano altri 6 anni e finalmente Fracchia arriva sul grande schermo, in Fracchia la Belva Umana. Film diretto dall’immancabile Neri Parenti, nel cast ritroviamo facce vecchie come Agus e Reder, facce meno vecchie come Anna Mazzamauro che interpreterà l’amore di Fracchia, la Signora Corvino e una faccia nuovissima per il film di Villaggio, il Re dei film Cult e Sexy all’Italiana, Lino Banfi. Villaggio e Banfi insieme formano una coppia esplosiva, questo film è solo l’inizio di una serie di film che li vedrà insieme ( Scuola di Ladri, I Pompieri, Com’ è dura l’avventura, Pappa e Ciccia e tanti altri…).
Fracchia la Belva Umana racconta le disavventure di un uomo piccolo borghese, come lo definisce la Signora Corvino. Lavora presso un’azienda di merendine di cioccolato ed è vittima degli scherzi dei suo colleghi e le sfuriate del suo capo il dottor Orimbelli che vede il ritorno di Gianni Agus questo ruolo. A causa della sua somiglianza fisica con un pericoloso criminale, soprannominato La belva umana, responsabile di numerosi omicidi e ricercato dalle forze dell’ordine, viene arrestato ben tre volte in una sola notte, da Carabinieri, Polizia di Stato e DIGOS. Fracchia viene quindi continuamente scambiato per il criminale ricercato e trattato come tale, fino a quando la polizia decide di fornirgli uno speciale lasciapassare, che gli permetterà di essere identificato come l’innocente Fracchia. A un certo punto però la vera belva umana viene in contatto con Fracchia e capisce di poter sfruttare la somiglianza a suo vantaggio; come prima cosa la belva si impossessa della casa di Fracchia e del lasciapassare per continuare indisturbato a svolgere le proprie attività illecite. In alcuni casi, però, è Fracchia a dover uscire e sostituire il criminale, portando con sé il documento, come quando è costretto ad incontrare la terribile madre del criminale, ex prostituta di origini siciliane interpretato da un fantastico Gigi Reder, e a partecipare ad una rapina in banca organizzata in precedenza dalla Belva Umana con i suoi complici: Neuro interpretato da Francesco Salvi, Massimo Boldi nei panni di Pera e Tino il più duro dei tre è Roberto della Casa. Alla fine la polizia decide di far ricoverare la madre della belva umana in una clinica, sperando che il figlio, essendole molto legato, la vada a trovare, e in questa occasione sarà possibile catturarlo. La belva però capisce il trucco e costringe Fracchia ad andare al posto suo. Nel conflitto a fuoco finale vengono uccisi entrambi e si ritrovano nell’aldilà, dove a Fracchia e alla belva verrà nuovamente richiesto di esibire il lasciapassare, di cui però la Belva si era già appropriato lasciando a Fracchia una busta piena di frammenti di giornale, quindi il criminale va in Paradiso e Fracchia finisce all’inferno.
In Fracchia la Belva Umana vengono riproposti tanti Sketch creati per la serie televisiva degli anni 70, tra le tante quella con il capoufficio e la sua difficoltà a restare seduto nella poltrona sacco. Paolo Villaggio non era invidioso dei suoi colleghi e dava spazio agli altri attori dei suoi film, talmente tanto che Fracchia rischia quasi di passare in secondo piano, vista la forte presenza scenica che possiede il commissario Auricchio insieme al suo secondo De Simone. Banfi durante un’intervista radiofonica del luglio 2017 per ricordare il suo amico appena scomparso, racconta che fu chiamato inizialmente per fare un’apparizione e sarebbe stato indicato nella locandina come “ con la partecipazione di…” e poi inconsapevolmente diventa coprotagonista.
La famosa scena del ristorante nasce da un’improvvisazione di Banfi. Il copione voleva tutt’altro, dopo lo stornello che sbeffeggia i carabinieri in borghese appena giunti per arrestare la belva nel ristorante, Auricchio avrebbe dovuto rispondere: ah che ciò a dire? Arrestatelo sto stronzone. Invece dopo la parte cantata, Banfi stette al gioco e improvvisò: continua continua. L’attore generico che faceva finta di suonare la chitarra, spiazzato dalla battuta fuori copione di Auricchio, non sapeva che fare, Neri Parenti da dietro la cinepresa con accanto Villaggio che assistevano alla scena, invitavano all’attore generico a continuare e a stare al gioco di Lino. L’attore Pugliese improvvisò tutto in quel momento, inventandosi musica e parole: Non sono frocione, non sono sono fri fri, sono commissario e ti faccio un culo così.
S’è svejato! Inizia con questa battuta “Il Marchese del Grillo”, il leggendario film ambientato ad inizio 1800, in piena rivoluzione francese, che parla di un nobile che, vivendo nell’ozio più totale, come passatempo si divertiva a fare scherzi, di cui spesso erano vittime preferite la sua famiglia nobile ed in occasioni speciali persino il Papa di quell’epoca (Pio VII). Capolavoro assoluto dei primi anni ’80 “Il Marchese Del Grillo”, interpretato dall’immortale Alberto Sordi, ha regalato risate a chiunque, nonostante nel film ci siano alcuni temi drammatici di quell’epoca.
Cito l’episodio del povero Aronne Piperno che dopo tanto lavoro si vede rifiutare il pagamento del Marchese e, nonostante avesse ragione, viene condannano a morte dagli avvocati e dai giudici… Salvato poi dallo stesso Marchese il quale voleva mettere alla prova la giustizia e dimostrare che purtroppo giudicava in base a quanto si aveva in tasca piuttosto che alla vera moralità.
Un altro tassello che va a completare questo meraviglioso film è il collegamento dell’episodio di Gasperino il carbonaro con l’opera di Mark Twain scritta nel 1881: “Il principe e il povero” in cui viene esposto il tema di come la vita di ogni uomo venga condizionata dall’ambiente e dalla famiglia in cui viene al mondo. Il Marchese lo dimostra infatti scambiandosi con il carbonaro, altra vittima degli scherzi del Marchese che stava per essere decapitato proprio perché scambiato per il nobile. Verrà poi salvato dalla grazia del Papa nell’intento di fargliela pagare in qualche modo.
Concludo con l’epico discorso di Fra Bastiano (un sacerdote scomunicato finito al patibolo per volere del Papa, personaggio fra i più amati de “Il Marchese del Grillo”) uno dei più memorabili nella storia del cinema italiano:
[cit.] “E voi, massa di pecoroni invigliacchiti, sempre pronti a inginocchiarvi, a chinare la testa davanti ai potenti! Adesso inginocchiatevi e chinate la testa davanti a uno che la testa non l’ha chinata mai se non davanti a questo strummolo qua! Inginocchiatevi, forza! E fatevi il segno della croce!
E ricordatevi che pure Nostro Signore Gesù Cristo è morto da infame, sul patibolo che è diventato poi il simbolo della redenzione! Inginocchiatevi, tutti quanti! E segnatevi, avanti! E adesso pure io posso perdonare a chi mi ha fatto male. In primis, al Papa, che si crede il padrone del Cielo. In secundis, a Napulione, che si crede il padrone della Terra. E per ultimo al boia, qua, che si crede il padrone della Morte. Ma soprattutto, posso perdonare a voi, figli miei, che non siete padroni di un cazzo! E adesso, boia, mandami pure all’altro mondo, da quel Dio Onnipotente, Lui sì padrone del Cielo e della Terra, al quale, al posto dell’altra guancia, io porgo… tutta la capoccia!”.
Ci sono altre tantissime perle in questo film, ma se le scrivo tutte qui, rovinerei l’interesse di vederlo a chi non lo ha ancora fatto!
“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, celebre frase di Spiderman, può essere rielaborata ogni qualvolta si produce la parodia cinematografica di uno o più film celebri in “con la realizzazione della parodia di un grande Blockbuster ci si assume una grande responsabilità”. Già maestro di regia ed umorismo in Frankenstein Junior, in Blazing Saddles ed in High Anxiety, con Spaceballs, o in italiano Balle Spaziali, Mel Brooks nel 1987 mira più in alto, prendendo in giro non un solo film, ma addirittura l’intero genere della fantascienza. E sicuramente raggiunge l’obiettivo, prendendo in giro personaggi e filosofie, non risparmiando la Forza che qui diviene lo Sforzo, con tutti i doppi sensi della parola, ed in qualche modo la “scienza” di molte pellicole del periodo, spesso astrusa ed inspiegabile.
Prodotto, interpretato e diretto da Mel Brooks è una commedia fantascientifica, parodia della saga di Guerre stellari ma anche di Star Trek, Alien e Il Pianeta delle Scimmie. Tutto ciò è visibile dalle numerose citazioni e gag come ad esempio la tavola calda spaziale in cui si assiste alla ri-nascita del “chestburster” di Alien dal petto del povero John Hurt, e il piccolo Darth Vader / Lord Casco, intepretato da Rick Moranis.
Sul pianeta Druidia, la principessa Vespa è promessa sposa, contro la sua volontà, al catalettico principe Valium; decide quindi di fuggire nello spazio, accompagnata dalla sua damigella-droide Dorothy. In un’altra zona della galassia, il popolo del pianeta Spaceball ha completamente consumato la propria atmosfera ed è alla disperata ricerca di aria in altri mondi. Così il presidente Scrocco e il comandante militare Lord Casco, detentore del lato posteriore dello Sforzo, elaborano con l’aiuto del colonnello Nunziatella un piano per rapire la principessa Vespa e chiedere come riscatto l’aria del pianeta Druidia. Il padre di Vespa, Re Rolando, assolda il contrabbandiere Stella Solitaria e il suo fedele aiutante Rutto, un canuomo (metà cane e metà uomo) per riportare a casa la principessa fuggiasca. Però i due, in viaggio tra le stelle in un singolare camper spaziale, essendo in debito con il boss mafioso Pizza Margherita utilizzeranno tutti i soldi promessi dal padre di Vespa. Riescono a raggiungere la principessa Vespa e Dorothy, appena prima che siano catturate con un raggio traente dall’astronave Spaceball One e si allontanano a velocità iperattiva. I quattro, però, sono costretti a un atterraggio di fortuna sulla luna di Vega perché è finita la benzina. Dove nel frattempo gli Spaceballs, si stavano dirigendo grazie alla visione della cassetta istantanea del film Balle Spaziali. Nel frattempo i quattro, sfiniti dal sole del deserto, vengono soccorsi da alcuni ometti che li portano al cospetto del “grande” Yogurt, detentore del lato anteriore dello Sforzo. Yogurt allena Stella Solitaria all’uso dello Sforzo, ma nella notte la principessa Vespa viene rapita con l’inganno da Lord Casco, che si allontana a bordo della sua astronave verso Druidia dove Re Rolando viene costretto a rivelare a Lord Casco la combinazione per aprire lo scudo spaziale che protegge l’atmosfera di Druidia pena un intervento di chirurgia plastica che avrebbe ridato alla principessa il suo naso originale. Per poter succhiare l’aria dal pianeta, la Spaceball One si trasforma in una gigantesca donna delle pulizie (simile anche alla Statua della Libertà) con tanto di aspirapolvere. Nel frattempo, Stella Solitaria e Rutto raggiungono con il loro camper la prigione sul pianeta Spaceball dove sono tenute prigioniere la principessa e Dorothy. Una volta fuggiti dal pianeta, raggiungono la Spaceball One e, grazie all’anello dello Sforzo che Yogurt ha donato a Stella Solitaria, riescono a invertire l’aspirapolvere e a rigettare l’aria sul pianeta Druidia. Stella Solitaria, dopo essersi introdotto nell’astronave, si mette in cerca del dispositivo di autodistruzione ma si trova a combattere contro Lord Casco il quale, prima del duello, gli rivela di essere «stato il primo compagno di stanza del cugino del nipote del fratello di suo padre». Segue uno scontro con gli anelli laser durante il quale Lord Casco riesce con l’inganno a sfilare l’anello dello Sforzo dal dito di Stella Solitaria e si prepara a infliggere il colpo mortale. La voce di Yogurt rivela a Stella Solitaria che l’anello è solo un pezzo di latta (trovato in un uovo di Pasqua) e che lo Sforzo è in lui. Così, attirato a sé uno specchio, Stella Solitaria riflette il colpo di Lord Casco che, tramortito, aziona il dispositivo di auto-distruzione. Stella Solitaria torna sul camper spaziale e, grazie alla velocità iperattiva, riesce a mettersi in salvo. Invece, Lord Casco, il presidente Scrocco e il colonnello Nunziatella vengono catapultati sul pianeta delle scimmie. Due scimmie a cavallo, infatti, vedendo i tre scendere dai resti dell’astronave, esclamano con tono disperato: «Spaceballs? Oh maledizione, è l’inizio della fine…». Dopo il sollievo circa la morte di Pizza Margherita, Stella Solitaria resta comunque triste perché non è un nobile e non può sposare la principessa Vespa, di cui si è innamorato, ma spezzando un biscotto della fortuna appare Yogurt che rivela a Stella Solitaria che lui è un principe. Il viaggiatore spaziale irrompe così durante la seconda cerimonia tra Vespa e Valium, chiedendo, corrisposto, la mano della principessa. I due partono per la luna di miele sul camper spaziale.
L’attore Bill Pullman ci racconta la sua avventura come Stella Solitaria e sul suo rapporto con il regista Mel Brooks, conosciuto al Los Angeles Theatre Center. L’interprete ha svelato che del periodo trascorso sul set ricorda in particolare gli occhiali da sole:
“All’epoca credevano che lo schermo blu facesse male agli occhi. Non ricordo se fosse Mel o se fossero gli assistenti alla regia che avevano sentito questa teoria, ma interrompevano le riprese e tutti indossavano gli occhiali da sole”.
Non tutti seguivano però l’indicazione perché era davvero difficile mantenere l’atmosfera leggera e a sfumature comiche mentre si tenevano indossati gli occhiali durante le pause. Pullman ha poi ricordato una delle prime sequenze girate insieme a John Candy, interprete di Barf, che aveva dei problemi con le orecchie meccaniche:
“E’ stata una giornata che l’ha messo alla prova. Voleva recitare in un certo modo, Mel voleva un altro approccio e poi ha dovuto affrontare i problemi meccanici con le orecchie e la coda. Il senso della comicità di John era così effimero e c’erano questi brevi momenti di timidezza così difficili da offrire mentre si cercava di controllare quegli elementi. Ma non ha mai urlato. Non si è mai arrabbiato. Si sedeva, diceva che doveva prendersi una pausa e tutti lo lasciavano stare. E poi si rialzava e diceva ‘Ok, riproviamoci'”.
Bill ha inoltre raccontato che Brooks aveva avuto qualche difficoltà nel delineare il personaggio che doveva interpretare portandolo in crisi perché non aveva mai lavorato con qualcuno con lo stile di Mel:
“Mi ricordo che a un certo punto durante le prove mi ha chiesto “Ti stanca tutto questo?”. Dovevo avere un aspetto esausto. Gli ho detto che stavo bene e ha replicato ‘Semplicemente non voglio che tu arrivi al tour per incontrare la stampa e pensi ‘Oh, ora so come dire la battuta!’. E semplicemente quella frase mi ha insegnato molto”. Rick Moranis, inoltre, non sempre andava d’accordo con il regista perché aveva uno stile più concettuale, tutto questo causava un po’ di tensione sul set: “Nessuno vuole dire ‘Non è divertente’ mentre stai lavorando”.
La star ha inoltre raccontato che Mel Brooks si concedeva delle pause, in cui faceva dei sonnellini di cinque minuti, sia per ricaricare le energie che trovare il modo di risolvere problemi. Pullman ha infine lodato il lavoro compiuto dal make up artist Bob Mills e dal costumista Donfeld. L’attore, dopo trenta anni, conserva ancora un ricordo positivo degli insegnamenti ricevuti da Brooks: “Mel diceva che il 10% di qualsiasi cosa è buono. Era un modo per dire che nell’arte e nell’essere creativi ci sono delle cose, suggerimenti, idee e qualsiasi elemento per arrivare a quel 10% che sono davvero buone. E’ il concetto di cercare l’eccezionale, e sapere che è raro e devi sempre essere consapevole di quanto duramente devi cercarlo”.
Il film riesce ad usare l’ovvio, il noto e l’iconico come strumento per celebrare e prendere in giro, pur molte scene essendo prevedibili, addirittura scontate, riescono a stupire ed ad essere esilaranti.
Appoggiando la pellicola sulla struttura narrativa e iconografica di Star Wars, in quegli anni vessillo e simbolo del genere, non risparmia altri film altrettanto celebri sia contemporanei sia pietre miliari della fantascienza. Ecco quindi la testa dell’astronave aspiratutto precipitata che fa il verso al pianeta delle scimmie, un teletrasporto instabile che capovolge i glutei del presidente Scrocco, parodiare Star Trek sottolineandolo con la frase “che diavolo su Star Trek funziona” e che viene azionato dal tecnico Snotty, storpiatura di Scotty, o battute isolate come “sembra il tempio maledetto” “beh benedetto non sembra davvero” a ricordare Indiana Jones.
Memorabile è la trasposizione del personaggio di Chewbecca in Rutto, il canuomo o come lui stesso si definisce “il migliore amico di me stesso”, interpretato da un meraviglioso John Candy. O l’acconciatura della principessa Vespa che si riveleranno in seguito essere delle cuffie acustiche. Ma se queste scene alla fine sono solo piccole citazioni, un’intera sequenza è dedicata a prendere in giro Alien di Ridley Scott, addirittura utilizzando lo stesso attore della sequenza originale: un magnifico John Hurt rievoca il momento in cui l’alieno gli esce dall’addome recitando “oh, no!!! Ancora!!!”, con la differenza che la creatura in questo caso non trova di meglio che ballare con paglietta e bastone sul bancone della tavola calda spaziale in cui si svolge la scena, sulle note di Hello My Baby, riproponendo la medesima scena del cartoon Michigan J. Frog.
Altrettanto iconica è la sequenza dello scontro tra Casco Nero e Stella Solitaria che ricalca la scena del combattimento tra Darth Vader e Luke Skywalker nella stazione di Bespin, la sequenza di battute “sono stato il primo compagno di stanza del cugino del nipote del fratello di tuo padre”, “che comporta per noi?”, “assolutamente niente”, rendono omaggio in modo magistrale al “io sono tuo padre”, frase che ha segnato una generazione.
Una curiosità riguarda il fatto che pur parlando esplicitamente del merchandising del film, famosa è la battuta “Spaceballs il lanciafiamme, i bambini lo adorano”, nella realtà non ne è mai stato prodotto alcuno. La motivazione risiede nel fatto che Lucas per concedere il nulla osta al rilascio del film, visti gli espliciti e massicci riferimenti alla saga di Star Wars, obbligò Mel Brooks a non produrre alcun tipo di prodotto legato alla pellicola. Ovviamente il regista non trovò di meglio che parodiare la cosa, prendendo in giro Lucas sul fatto che quest’ultimo abbia costruito il suo impero proprio sul merchandising della Saga. Infatti Yogurt, alla domanda di Stella Solitaria se si sarebbero rivisti ancora, risponde “forse in Spaceballs 2: The Search for more money”, chiaro riferimento all’incredibile macchina finanziaria dietro al colosso Lucasfilm. In effetti uno “Balle Spaziali 2 – La vendetta (Martian go home!)” usci nel nostro paese, ma non vi era nessun collegamento ab orgine con l’esilerante vil di Mel Brooks.
Il merchandising è costantemente preso in giro, basti pensare alla perri-air che beve il Presidente Scrocco, chiaro riferimento nel nome come nell’etichetta all’acqua Perrier, o alla scena in cui Lord Casco gioca con le minifigures di se stesso e degli altri personaggi del film.
Mel Brooks riesce a creare un piccolo capolavoro di genere demenziale comico, destreggiandosi abilmente nel genere fantascientifico e cogliendone i paradossi, le incongruenze e le contraddizioni. Riesce ad essere originale pur citando continuamente, giocando tra scene celebri ed altrettanto celebri modi dire, giusto per ricordare, gli Spaceballs che “passano al pettine” il deserto con un enorme pettine. In conclusione Balle Spaziali è un film molto ben realizzato, godibilissimo per qualsiasi spettatore, ma particolarmente divertente per le innumerevoli citazioni e riferimenti presenti.
Il leggendario Elmo di Lord Casco è composto da una parte in plastica con un casco da muratore interno e ha una visiera mobile con ventole e una bocca ricavata da uno scarico di una doccia di metallo.
Vi abbiamo detto che questo film è stato fondamentale per Satyrnet! Era il lontano 2005 e noi organizzavamo una delle prime gare cosplay “di nuova generazione” in quel di RomaCartoon al Palalottomatica di Roma: eccoci nei panni stellari di Rutto, Casco Nero e soci!