Questo mondo non mi renderà cattivo. Arte che smuove la coscenza

“Ma siamo davvero sicuri che ci serva la disillusione di Zerocalcare?”. Con questa frase Luigi Rizzitelli inizia il suo articolo e questa frase è il filo conduttore di tutto il suo ragionamento (che vi consiglio di leggere) sulla nuova serie “Questo mondo non mi renderà cattivo” di Zerocalcare su Netflix. Lo dico subito: non sono d’accordo con quanto scritto da lui. E questo piccolo pezzo prenderà in considerazione alcuni suoi passaggi.

Luigi scrive:

“non è che in fondo in fondo servirebbe pure qualcosa in più? Sennò finiamo come quelli che su facebook criticano tutto, parlano dei massimi sistemi, però poi rimangono sul divano a grattarsi”.

Qui si riferisce alle azioni del protagonista durante la serie. E io rispondo: eh no, la serie di Zerocalcare non deve fare niente di più di quello che ha fatto. È arte, l’arte deve semplicemente smuovere i pensieri, non deve cambiare il mondo, deve ispirare chi (forse) deve (o ha intenzione di) cambiare il mondo.

Ancora Luigi:

“Ma da uno che crede in un mondo diverso possibile, non è che sarebbe meglio a volte, forse eh (poi fai tu), guardare quelli che magari fanno una vita intera di militanza e la battaglia la vivono ogni giorno? Magari li vedi dinosauri perché ti sembrano rari, ma guarda che ce ne stanno una cifra in giro”.

Ancora una volta: e quindi? Cioè il messaggio che veicola la serie è di minore impatto perché il protagonista filosofeggia invece di fare vero attivismo? Io non credo proprio. Anche perché Zerocalcare gli attivisti nella serie non sono compaiono ma sono proprio loro, gli attivisti, a smuovere determinate cose nei pensieri di un pigro Zero (che fino a quel momento non faceva altro che strappare i manifesti dai muri).

Luigi scrive:

“È come se tutta la tua serie – fantastica, bellissima, davvero sei il fottuto genio di cui ti dicevo prima – fosse una gigantesca narrazione della disillusione. Dell’uomo medio che ha una cultura alle spalle, che vede un mondo che va a rotoli ma poi… ma poi si perde a filosofeggiare, a dire che la colpa magari è dei giornalisti cattivi, della signora che “un euro sono come mille lire”, del “si stava meglio quando si stava peggio”.

Noto che anche Luigi si sente toccato dalla descrizione che Zerocalcare fa dei giornalisti. Io sono un giornalista e non mi sento toccato. So che io non sono così è so che molti non sono così. Ma so anche che alcuni sono proprio così. Zerocalcare descrive questa categoria in modo caricaturale e la cosa è abbastanza palese. Prendiamo per un attimo un considerazione forse la serie animata più famosa al mondo (sicuramente la più longeva): “I Simpson”. I poliziotti americani sono tutti grassi e/o pigri? I bambini sono tutti nerd o bulli? Le bambine sono tutte secchione? Le madri tutte casalinghe? No! Sono caricature, gli americani non sono tutti così. Così come sono caricature i personaggi di Zerocalcare (in questo caso i giornalisti). Non prendiamocela per questo!

Luigi scrive:

“Facci vedere un tuo personaggio che carbura, che ogni tanto ha delle emozioni vere e potenti. Io non ti conosco, ma è come se parlassi sempre in punta di piedi […]. È come se in un grado di energia che va da zero a dieci, tu rimanessi sempre tra il due di quando stai in down con i tuoi pensieri sul mondo (che ci sta eh, guai a non averli i momenti di riflessione) e il sei e mezzo di quando sei sereno con gli amici tuoi sulla panchina […]. Dacci retta Ze’, al prossimo giro, oltre a parlare con tono normale o sottovoce, mettici pure qualche risata vera”.

Qui voglio però dire una cosa importante: la prima regola della scrittura di un film o di una serie è: scrivi di quello che conosci. Non è facile scrivere una sceneggiatura, creare vari personaggi, svilupparne una psicologia. Zerocalcare lo fa nel modo più semplice e più di impatto: porta se stesso e i suoi amici in varie storie. Li prende e li butta in vari contesti. Zero è Michele Reich, Secco è un suo amico, e così via. Perché deve infilare qualche personaggio a caso? Per smuovere cosa? Cosa deve dimostrare? Cinema e serie tv sono arte. L’arte non deve far scendere in piazza, non deve iniziare le rivoluzioni.

Cinema e serie servono a farti pensare e a smuovere la tua coscienza. “Questo mondo non mi renderà cattivo” lo fa a prescindere da tutto quello che Luigi ha scritto, e già solo per questo Zerocalcare non penso abbia bisogno di consigli. Ma soprattutto, per una volta, possiamo goderci una serie o un film senza dare consigli ad uno dei pochi autori che ancora sforna prodotti notevolmente belli?

Indiana Jones e il Quadrante del Destino

È uscito “Indiana Jones e il quadrante del destino”, quinto film della saga dell’archeologo più famoso al mondo. Ci sono alcune domande alle quali intendo rispondere per farvi capire il mio pensiero su questo film.

– Ne sentivamo il bisogno?

No.

– Era necessario?

Sì.

– Ha compiuto il suo scopo?

No, perché dopo averlo visto non si capisce quale fosse il suo scopo.

Probabilmente lo scopo di Indiana Jones 5 consisteva nel sancire un passaggio di consegne da un archeologo ad un altro oppure a chiudere definitivamente la storia del dottor Jones. Questo film non fa assolutamente niente di tutto questo. Non fa un passaggio di consegne e non chiude la storia di Henry Walton Jones Jr..

Allora a che serve?

Risponderò in modo chiaro: completamente a niente! Serve a mettere un altro film in cascina e sperare di guadagnare quanti più soldi possibili. Intendiamoci, non credo sia sbagliato, però Harrison Ford ha 81 anni e nel film si vedono tutti (la CGI non funziona benissimo, soprattutto quando devi attaccare la faccia ringiovanita di Ford sul corpo di una controfigura).

Forse il più grande difetto del film è che non ha sentimento (quell’emozione che ti trasmette un film da “chiusura della saga”, un po’ come ha fatto divinamente James Gunn con Guardiani della Galassia vol. 3). Questo è un film di transizione.

Mi sarei aspettato una chiusura della storia (bella o brutta) per andare avanti con un nuovo nome o, perché no, chiuderla definitivamente. È ora che i dirigenti di Hollywood si prendano delle responsabilità e rischino un po’!

Indiana Jones e il Quadrante del Destino | Trailer Ufficiale

Nel 1969, l’archeologo Henry Jones vive nel periodo della guerra fredda con le potenze dei due blocchi intente alla corsa allo spazio. L’ormai anziano Indiana Jones, nutre seri dubbi sul governo degli Stati Uniti che ha reclutato scienziati Nazisti, gli ex nemici della seconda guerra mondiale, nel disperato tentativo di primeggiare contro l’Unione Sovietica nella competizione per arrivare sulla Luna. La sua figlioccia, Helena, lo accompagna nel suo viaggio alla scoperta della verità. Nel frattempo, Voller, un membro dell’ente Spaziale Americano ed ex nazista, coinvolto nel programma di sbarco sulla luna, ha un piano segreto rendere il mondo un posto migliore come meglio crede.

Indiana Jones and the Dial of Destiny | Teaser Trailer

Insieme a Ford, il cast del quinto capitolo dell’iconico franchise include Phoebe Waller-Bridge (Fleabag), Mads Mikkelsen (Animali Fantastici – I segreti di Silente), Antonio Banderas (Dolor y gloria), Boyd Holbrook (Logan – The Wolverine), Shaunette Renee Wilson (Black Panther), Thomas Kretschmann (Das Boot) e Toby Jones (Jurassic World – Il regno distrutto). Il film è diretto da James Mangold (Le Mans ‘66 – La grande sfida) e prodotto da Kathleen Kenned, Frank Marshall e Simon Emanuel, mentre Steven Spielberg è il produttore esecutivo. Come per tutti e quattro i precedenti capitoli di Indiana Jones, Williams ha compostola colonna sonora del nuovo film Il film è stato girato anche in Italia, nelle splendide cornici dei monumenti e delle viuzze di alcune città Siciliane.

Indiana Jones e il Quadrante del Destino | Spot TV Big Game

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