1997: Fuga da New York

New York 1997: l’isola di Manhattan è diventata un carcere di massima sicurezza dal quale nessuno può più fuggire ed è l’unica parte controllata dell’intera New York che è un luogo apocalittico dominato dalla fame, dalla devastazione e dalle tenebre. Colui che comanda nella città è il Duca (Isaac Hayes). Alla vigilia di un importantissimo discorso da fare al mondo il Presidente degli Stati Uniti (Donald Pleasence) viene abbattuto con il suo aereo da un gruppo di rivoluzionari, ma grazie alla sua capsula di sicurezza riesce ad atterrare vivo nella città. Qui viene catturato dagli uomini del Duca. Il comandante della polizia dell’isola di Manhattan (Lee Van Cleef) convoca il detenuto Snake, che nella versione italiana è stato tradotto Jena, Plissken (Kurt Russel) e lo incarica, diciamo che lo obbliga più che altro, ad andare a trovare il presidente e riportarlo nell’isola. Snake supererà ostacoli, incontrerà personaggi tra cui il tassista (Ernst Borgnine), oppure Brain (mente) (Harry Dean Stanton) e sua moglie, fino all’incontro con il Duca, che tra mille avversità lo condurranno dal presidente. Il finale sarà tutto da gustare…

Ora veniamo al commento: questo per quello che mi riguarda è “IL FILM” nel vero senso della parola! Sono innamorato di John Carpenter in generale, ma questo film è il massimo. Caratterizzazione dei personaggi eccezionale, location da bava alla bocca, sceneggiatura da leccarsi i baffi. Snake è il cosiddetto anti-eroe, ossia colui che se ne frega di tutto e tutti e pensa solo a sé stesso. Il Duca è un personaggio anche questo molto anticonvenzionale un po’ come tutto il film, essendo il padrone di New York, ed essendo di colore, il che la dice lunga…

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1997: Fuga da New York – la recensione

Scritto da Picked

L’era glaciale (Ice Age)

L’era glaciale (Ice Age) è un film d’animazione che racconta le avventure di tre improbabili amici: Manny, un mammuth solitario e scontroso, Sid, un bradipo chiacchierone e pasticcione, e Diego, una tigre dai denti a sciabola astuta e feroce. Il film, uscito nel 2002, è stato diretto da Chris Wedge, co-diretto da Carlos Saldanha e basato su un racconto originale di Michael J. Wilson. Il film è stato prodotto dai Blue Sky Studios, in co-produzione con 20th Century Fox Animation, e distribuito dalla 20th Century Fox. Il cast vocale originale include Ray Romano, John Leguizamo, Denis Leary e lo stesso Wedge nel ruolo di Scrat, lo scoiattolo preistorico ossessionato dalla sua ghianda.

In remoto passato, intorno a 20.000 anni fa, la Terra era minacciata da un’imminente era glaciale che avrebbe messo a rischio la sopravvivenza di molte specie viventi, privandole di cibo e costringendole a scontrarsi con il freddo pungente. Di fronte a questo pericolo, gran parte degli animali decide di intraprendere una migrazione verso sud, nella speranza di sfuggire alle gelide temperature.

Nel frattempo, uno strano scoiattolo dai denti a sciabola di nome Scrat si imbatte in un’avventura sfortunata mentre cerca di sotterrare una ghianda per la primavera. Inavvertitamente, Scrat provoca la rottura di un ghiacciaio che fa precipitare animali migratori nel suo percorso, finendo per essere calpestato in maniera comica e rimanendo incastrato sotto il piede di uno di loro.

Contrariamente agli altri animali, il mammut burbero Manfred sembra ignorare i pericoli dell’era glaciale e decide di camminare in direzione opposta rispetto alla migrazione di massa. Nel frattempo, il bradipo Sid si rende conto che la sua famiglia lo ha abbandonato, dato che era ancora addormentato quando sono partiti. Determinato a migrare da solo, Sid si attira le ire di due Brontoteri di nome Carl e Frank quando, pulendosi i piedi su un prato dopo essere calpestato accidentalmente degli escrementi, rovina il loro cibo. Nel corso della fuga, Sid incontra casualmente Manfred, che lo aiuta a liberarsi dei rinoceronti ma si rifiuta di fare amicizia con lui. Nonostante ciò, Sid inizia a vedere Manfred come una sorta di guardia del corpo e inizia a seguirlo, irritandolo non poco.

Intanto, vicino a un accampamento di uomini del Neanderthal, un branco di tigri dai denti a sciabola guidate dall’infido Soto sta organizzando un attacco in vendetta per l’uccisione di numerosi membri del branco. Soto ordina a Diego, il suo secondo in comando, di rapire il figlio del capovillaggio umano e portarglielo vivo, poiché ha intenzione di ucciderlo personalmente e sbranarlo. All’alba del giorno successivo, le tigri attaccano l’accampamento, ma la madre del bambino riesce a salvarlo gettandosi da una cascata insieme a lui per proteggerlo. Le tigri, sconfitte, battono in ritirata e Soto ordina a Diego di trovare il bambino e portarglielo, minacciando di essere sbranato al suo posto in caso di fallimento.

Manny e Sid, casualmente presenti alla cascata, incontrano la madre del bambino in fin di vita, che prima di morire affida il figlio a Manny. Inizialmente, Manny vorrebbe abbandonare il piccolo, ma Sid insiste per riportarlo all’accampamento umano, considerandolo una specie di missione. Nel corso del tentativo di scalata di una ripida parete rocciosa, Sid fa involontariamente cadere il bambino, ma Manny si sforza di afferrarlo con la proboscide. Tuttavia, Diego compare all’improvviso e salva il bambino al volo. La tigre poi viene catturata da Manny e il bambino viene recuperato dal mammut. Durante una discussione animata tra il gruppo, Diego rivela che gli umani si stanno muovendo alla ricerca del bambino presso un altro accampamento chiamato “passo dei ghiacciai”. I tre decidono di unire le forze, nonostante le loro differenze e le antipatie reciproche, e si incamminano verso l’accampamento umano, con Diego che funge da guida.

Durante il viaggio, il bambino soffre la fame e il gruppo riesce a recuperare un’anguria, che però viene sottratta da un gruppo di dodo che sta raccogliendo cibo per sopravvivere all’era glaciale. Mentre Manny, Sid e Diego lottano per riprendersi l’anguria in mezzo agli ostacoli, i dodo si rivelano piuttosto pasticcioni e perdono le tre angurie che avevano raccolto, finendo per morire accidentalmente. Sid, comunque, riesce a recuperarne una, ma nella sua euforia la fa cadere a terra e si rompe. Nonostante ciò, il bambino riesce comunque a mangiarla. Durante la notte, mentre Manny, Sid e il bambino dormono, Diego incontra segretamente due membri del suo branco, Oscar e Zeke, che gli riferiscono che Soto sta perdendo la pazienza e sta iniziando a sospettare di lui. Diego rivela quindi il suo vero piano: portare il bambino al “Mezzo Picco” per farlo sbranare non solo dal branco, ma anche da Manny.

Dopo aver rischiato di perdere il bambino in un tunnel di ghiaccio, il gruppo si trova di fronte a una caverna ricoperta di graffiti rupestri realizzati dagli umani. Attraverso queste rappresentazioni, viene svelata la storia di Manny: prima degli eventi del film, il mammut aveva una famiglia che venne attaccata dai cacciatori. Durante lo scontro, Manny riuscì a sconfiggerne alcuni, ma gli altri bloccarono sua moglie e suo figlio contro una parete rocciosa e li uccisero scagliando loro addosso enormi massi. Rimasto solo, Manny si è da allora rifugiato nel dolore, utilizzando la sua scontrosità come protezione. Toccato dalla storia del mammut, Diego inizia a dubitare delle sue alleanze e dei suoi piani, specialmente perché il bambino sembra nutrire un affetto particolare nei suoi confronti. Dopo una notte passata nella caverna, il gruppo riprende il cammino il giorno successivo, ma si imbatte in una zona attraversata da un fiume di lava sotterraneo. Quando la lava scioglie il ghiaccio, il gruppo si trova in seri pericolo: Diego rischia di cadere nella lava, ma Manny rischia la sua stessa vita per salvarlo.

Finalmente, il gruppo giunge al Mezzo Picco, dove il branco di Soto ha organizzato un’imboscata. Pentito delle sue azioni, Diego rivela il piano al resto del gruppo. Manny è furioso per il tradimento dell’amico, ma Diego ha un’altra carta da giocare per salvarli: Sid creerà un diversivo facendo credere di avere ancora il bambino con sé, mentre in realtà il piccolo si nasconderà in un albero cavo, separando così il branco e abbattendo Soto. Tuttavia, le cose non vanno come previsto: due tigri si riuniscono a Soto e, insieme a Diego, circondano Manny. Tuttavia, Diego si ribella e decide di proteggere Manny contro il suo ex capobranco. Soto si prepara a saltare addosso a Manny per ucciderlo, ma Diego riesce ad affrontarlo, pagando un alto prezzo. Proprio quando Soto si appresta ad azzannare Manny, Diego si para davanti al mammut, venendo ferito al suo posto. Infuriato, Manny spinge Soto contro una parete con delle stalattiti prima che possa nuocere al bambino e a Sid. A causa dell’impatto le stalattiti precipitano, uccidendo Soto e facendo scappare di paura gli altri due, che moriranno di stenti durante la fuga. Una volta che Sid e il bambino li raggiungono, Diego, ormai in fin di vita, incoraggia gli amici a proseguire il cammino senza di lui. Manny e Sid riescono a raggiungere gli umani e consegnano al capo suo figlio. Prima di abbandonare per sempre il bambino, al quale erano ormai legati, promettono di non dimenticarlo mai. Il capo degli umani, ormai vedovo, lascia a Manny come ricordo la collana della moglie defunta, per poi andarsene insieme ai compagni. Manny dice a Sid di andare, visto che stava perdendo troppo tempo per salutare il piccolo, ma quando si gira vede Diego, che è sopravvissuto. Dopo questa avventura, Manny, Sid e Diego sono diventati amici e partono insieme per sfuggire al freddo dell’imminente era glaciale.

20.000 anni dopo, l’era glaciale si è conclusa e Scrat è rimasto intrappolato dentro un blocco di ghiaccio assieme alla sua amata ghianda. Trascinato dalle onde del mare, arriva in un’isola tropicale e si scongela lentamente, ma perde la sua ghianda che viene portata via dalle onde, provocando la sua ira. Lo scoiattolo usa quindi una noce di cocco e cerca di sotterrarla, provocando però un’altra crepa che fa eruttare un vulcano. A quel punto Scrat lancia un sorriso nervoso.

L’era glaciale ha ricevuto recensioni per lo più positive dalla critica ed è stato candidato come miglior film d’animazione ai Premi Oscar 2003. Il film è stato anche un successo al botteghino e ha incassato oltre 383 milioni di dollari in tutto il mondo, diventando l’ottavo film di maggior incasso del 2002 e il film d’animazione con il maggior incasso del 2002. Il film si distingue per il suo umorismo, i suoi personaggi carismatici e le sue scenografie spettacolari. Il film mescola elementi di commedia, avventura e dramma, creando una storia coinvolgente e divertente per tutta la famiglia. Il film affronta anche temi importanti come la sopravvivenza, la diversità, la lealtà e la responsabilità. Il film è considerato uno dei migliori film d’animazione degli anni 2000 e uno dei classici dell’animazione moderna.

Sherlock Holmes di Giancarlo Berardi e Giorgio Trevisan

Sherlock Holmes è ormai un’icona popolare, di cui è stato detto e ridetto tutto il dicibile. Mi limiterò a ricordarne l’autore, Sir Arthur Conan Doyle, e l’anno di nascita, il 1887, in cui fu pubblicato il primo racconto lungo (o romanzo breve) Uno Studio in Rosso. Gli adattamenti dell’infallibile detective di Baker Street non si contano: i più numerosi sono certo i film, ma vi sono anche adattamenti o semplicemente omaggi fumettistici e televisivi (qualcuno ricorderà il geniale ologramma-Moriarty di Star Trek – The Next Generation), e persino giochi da tavolo, elettronici e di ruolo.

Verso la fine degli anni Ottanta, a quasi cent’anni esatti dalla sua nascita, Sherlock Holmes viene riportato in vita per l’ennesima volta, ma con tutto il rispetto e il riguardo che si deve a un gentiluomo d’oltremanica. Su L’Eternauta, nel 1986, vengono pubblicati gli adattamenti di sei avventure di Holmes, sceneggiate da Giancarlo Berardi e disegnate da Giorgio Trevisan.

Berardi, già fumettista di una certa fama e “padre” di Ken Parker, mette in scena uno Sherlock Holmes quasi religiosamente fedele al “canone” dei racconti di Arthur Conan Doyle. Dialoghi e scene, se non riportati parola per parola, sono emendati e potati del minimo necessario per lasciar scorrere la lettura, o per riassumere lunghe digressioni nonn raffigurabili o sceneggiabili; anche le poche libertà che osa prendersi non vanno a cozzare contro lo spirito, o la lettera, dei racconti orignali – persino quando da dietro il Petrarca tascabile del buon Watson scivola allo scoperto una copia di Fanny Hill

Tale zelo nel voler rappresentare Sherlock Holmes così come fu scritto non deve però far pensare ad un adattamento pedante, verboso, logorroico; nonostante la necessità, talvolta, di lunghe spiegazioni e monologhi interminabili, il ritmo viene mantenuto dallo scorrere dei panorami, o dalle carrellate di dettagli, o dai flashback. Non mancano, sono anzi piuttosto comuni, tavole in parte o del tutto silenziose, interrotte solo dall’onomatopea di una carrozza in partenza o di un campanello che viene suonato.

In tutto questo, l’apporto di Trevisan risulta fondamentale. Dal lato tecnico le ombraggiature, ottenute con le tecniche più diverse, e il gioco di chiaroscuri fanno scivolare il lettore nell’atmosfera dei film della metà del secolo scorso, nitrato d’argento e sonoro monoaurale. Dal lato artistico, le ricostruzioni di Londra operta da Trevisan sono quanto di più meticoloso ed evocativo abbia visto, salvo il lavoro titanico di Eddie Campbell in From Hell; i suoi personaggi, inoltre, sono espressivi ed eloquenti nel solo apparire, tanto che a volte il dialogo appare quasi un sovrappiù. Da segnalare la caratterizzazione del protagonista, che resta originale pur dovendo ispirazione a Basil Rathbone, Peter Cushing e John Barrymore.

Pubblicati su sei numeri de L’Eternauta del 1986, ormai difficilmente rintracciabili e comunque a prezzi da salasso, sono stati ristampati nel 1989 da Bonelli nella collana Gli Albi di Orient Express (nn. 27, 30 e 44), e recentissimamente in due volumi (“I Casi di Sherlock Holmes” e “Sherlock Holmes – Elementare, Watson!“) editi da Le Mani.

Di questi due volumi val la pena di parlare. Stampati in bicromia su un’ottima carta satinata pesante, rilegati nonostante la copertina non rigida, accompagnati da interessanti articoli e cronologie sulle riduzioni cinematografiche delle opere di Conan Doyle (scritti da Renato Venturelli) e d biografie complete ed esaurienti degli autori, nonché da una breve galleria di scorci di Londra firmati Trevisan, sono senz’altro pubblicazioni da esporre fieramente nella propria libreria, tanto per il contenuto quanto per la veste tipografica. Che poi vadano a costare la non trascurabile cifra di diciotto Euro ciascuno… certo, rovina un po’ la festa.

recensione di Matteo “Abe Zapruder” Scarabelli, tratto da blam.it

 

Il Mercenario di Vicente Segrelles

Vive sulle vette delle montagne, oltre le nuvole, dove l’aria è sottile. Cavalca terribili rettili alati che planano da rupe a rupe. Si guadagna da vivere con l’acciaio e col sangue, e col cervello di uno stratega. Non ha un nome. Non ne ha bisogno. È Il Mercenario, e tanto basta.

Questo eroe-archetipo nasce in Spagna nel 1980 dalla matita di Vicente Segrelles, già affermato disegnatore tecnico, grafico pubblicitario, illustratore e copertinista (sue le illustrazioni di una splendida edizione spagnola dei poemi omerici). Basta sfogliare qualche pagina di uno qualsiasi dei suoi albi per rendersi conto che la storia può benissimo passare in secondo piano, che vale la pena di smarrirsi nei disegni.

Eppure la storia e le storie del Mercenario, pur canoniche e fedelissime al genere, sono appassionanti e affascinanti. Segrelles utilizza in maniera particolarmente eloquente le basi della narrazione per immagini, lasciando che siano appunto le immagini a condurre il racconto, e facendo parlare i suoi personaggi o le didascalie solo quando proprio non può farne a meno.

Il mondo del Mercenario, fatto di isole di roccia in un mare di nubi e di dragoni da sella, di saggi alchimisti custodi dei segreti più pericolosi, e soprattutto di guerrieri impavidi e di bellissime e letali fanciulle dalla pelle d’avorio, ricorda in più d’un tratto l’Era Hyboriana di Robert E. Howard, a cui si mantiene più fedele di altre interpretazioni della heroic fantasy di stampo “spartano” (e sto pensando in particolare al pur ottimo DEN di Richard Corben). I personaggi che lo popolano sono, come il protagonista, poco più che topoi incarnati (“il saggio” Gran Maestro, “l’amazzone” Nan-Tay, “il mago malvagio” Claust), e allo stesso tempo restano molto umani, molto carnali nel loro vivere e nel loro morire. Non ci sono eroi senza paura, dalla forza e fortuna sovrannaturali, che sfuggirebbero anche all’Armageddon come in un action-movie hollywoodiano, ma eroi di statura più simile alla nostra, che rischiano la pelle sapendo di rischiarla, che vengono feriti e imprigionati e umiliati, che devono fare i conti con un’arma resa inservibile, con un’armatura inadatta o troppo costosa, con una cavalcatura azzoppata o gravida di prole.

Eppure è difficile, per me che vi scrivo queste due righe, concentrarmi sulla storia, togliermi dalla mente la semplice, incredibile bellezza delle tavole di Segrelles.

La prima cosa che colpisce, e che lascia incredulo chi non conosce El Mercenario e il suo autore, è che ogni tavola, ogni vignetta, è un dipinto ad olio. No, non sto scherzando: quelle che vedete sparpagliate per quasta pagina non sono tutte copertine o pin-up; anche perché andare a distinguere tra una copertina, una pin-up, una splash page o una qulasiasi vignetta è una bell’impresa. Dal punto di vista della mera qualità dell’immagine prodotta, del lavoro che si può dire artigianale che sta dietro ad ogni sequenza di primi piani, primissimi, dettagli, una pagina del Mercenario vale un’annata di spandex o un chilo e tre di retini nipponici.

Oltre ad essere tecnicamente ineccepibile (e mancherebbe altro, dopo vent’anni come disegnatore e illustratore professionista), Segrelles rivela una capacità straordinaria di visualizzare e fermare sulla carta non solo prospettive, movimenti e sequenze ma soprattutto ambienti, paesaggi, panorami di una varietà e di una bellezza sorprendenti, dalle distese rocce brulle che svettano dalle nubi alle panoramiche notturne sulle città e le fortezze arabeggianti, alle sequenze mozzafiato del Cratere, agli interni sempre diversi e sempre ricchissimi di dettagli. Anche i singoli oggetti, gli abbigliamenti dei personaggi, i particolari di contorno possiedono una ricchezza di dettaglio che ha dell’incredibile: dal realismo di ogni armatura, agli screzi sulle impugnature di una spada, alla precisione tecnica di leve e meccanismi, al modo in cui i dardi-rasoio di Nan-Tay sono fermati e allineati lungo la sella.

Le anatomie di Segrelles, infine, sono di un realismo studiato; e non solo nelle figure umane, dove i nerboruti eroi non arrivano agli eccessi da body-builder e le pur deliziose fanciulle non hanno le proporzioni disumane delle eroine di casa Marvel, e dove i volti hanno tutta l’espressività che la mano precisa di Segrelles garantisce. Sono soprattutto le anatomie “aliene”, fantastiche o comunque insolite, ad essere oggetto di un’attenzione certosina: ad esempio i grandi rettili alati, collages di anatomie di animali attuali ed estinti, mostrano una coerenza di proporzioni, posture e movimenti, con riconoscibili variazioni da specie a specie, che contribuisce paradossalmente alla loro verosimiglianza; o ancora gli occasionali cadaveri disseccati e mummificati, di un realismo a dir poco inquietante.

Rintracciare gli albi de Il Mercenario può non essere un’impresa facile. Se non avete la fortuna di avere in casa le prime annate de L’Eternauta (nel qual caso possedete alcuni gioielli del fumetto europeo e sudamericano che francamente vi invidio, anche perché chissà quando e se li si vedrà in ristampa), e non avete voglia di vendere i mobili di casa per acquistarle, potete cercare se trovate ancora i due cartonati “Il Mercenario” voll. 1 e 2, della Edizioni Produzioni Cartoons contenenti rispettivamente Il Popolo del Fuoco Sacro e La Formula, e i due albi della Collana Grandi Eroi della defunta Comic Art (in formato cartonato o brossurato) numero 31 e 35, contenenti rispettivamente Le Prove e Il Sacrificio (anche se purtroppo questi sono stampati su carta non lucida, a danno della bellezza delle tavole). Nonostante ci siano alcuni taglieggiatori capaci di chiedervi cifre astronomiche, un prezzo onesto non dovrebbe superare i dieci o quindici Euro per albo. Non dovrebbe invece essere non troppo difficile rintracciare il n. 49 della collana Euracomix dell’Eura Editoriale, intitolato semplicemente Il Mercenario e contenente La Fortezza e il breve Il Papiro.

Segrelles continua a scrivere e disegnare El Mercenario, oltre a lavorare ad altri progetti (tra questi un adattamento di alcuni racconti di Ray Bradbury). Nonostante le dichiarazioni piene di buona volontà, l’Eura Editoriale non ha ancora pubblicato nè le più recenti avventure del Mercenario nè altre opere di Segrelles. Se avete dimestichezza con lo spagnolo potete cercare gli originali (editi da Norma Editorial, se le cose non sono cambiate negli ultimi anni) o piuttosto l’edizione in lingua francese (edita da Glénat).

Giunto in fin di licenza, vi lascio con un elogio di Segrelles da parte di qualcuno che della suggestione della narrazione per immagini se ne intendeva parecchio di più di me, e che mille volte meglio di me può degnamente concludere questo viaggio nel passato.

“Ha una fantasia molto seducente, Segrelles, e un dato fascinoso: si esprime in racconti che ti coinvolgono completamente, che ti fanno aspettare con piacere e ansia infantili la puntata successiva. Ma nello stesso tempo ti porta a contemplare ogni tavola in se stessa, nei dettagli, come si spiea in un quadro ciascun particolare rivelatore […]. Il suo segno è così sapiente e nuovoda mettere, a chi ha qualche dimestichezza con matite e colore, voglia di rifare le sue tavole per scoprire qual è il segreto della loro malìa[…]. Insomma, è un bel tipo: uno che ti restituisce tutta l’emozione e la meraviglia, tutto il piacere di guardare immagini”.
Federico Fellini.

 

 

 

recensione di Matteo “Abe Zapruder” Scarabelli, tratto da blam.it
le parole di F. Fellini sono tratte dalla sua introduzione ad uno degli albi
recensiti, il primo volume de Il Mercenario delle edizioni E.P.C

Chi è Ken Parker?

Kenneth “Ken” Parker è un leggendario personaggio dei fumetti, creato da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo nel lontano 1974. Si tratta di un personaggio unico nel suo genere nel contesto del western, con una serie di fumetti ambientata principalmente in America del Nord tra il 1868 e il 1908, che si distingue per l’originalità delle trame, la varietà delle ambientazioni e la profondità degli argomenti trattati.

Il fumetto ha fatto il suo debutto nelle edicole nel giugno del 1977, pubblicato dalla Cepim. Non è stato un successo immediato, ma ha iniziato a conquistare una base di fan grazie alla sua alta qualità e alla meticolosa ricostruzione storica che lo caratterizza. Nonostante alterne vicende editoriali, l’ultima storia inedita del personaggio è stata pubblicata nell’aprile del 2015 con l’episodio intitolato “Fin dove arriva il mattino”.

Ken Parker si distingue dagli altri fumetti western grazie alle sue sceneggiature che affrontano tematiche importanti come il razzismo, lo sfruttamento e la condizione femminile dell’epoca. Il protagonista stesso non è un eroe perfetto, ma un uomo che cerca di essere coerente con i suoi valori, in un contesto ricco di sfide e cambiamenti. La serie ha influenze da diverse fonti cinematografiche e letterarie, offrendo agli artisti emergenti una piattaforma per esprimere il loro talento. Ken Parker ha avuto molte pubblicazioni e ristampe nel corso degli anni, permettendo ai lettori di immergersi nelle avventure di questo personaggio affascinante.

In definitiva, Ken Parker è un fumetto che ha lasciato un segno indelebile nel panorama italiano, affrontando tematiche profonde con un approccio unico e originale. Chiunque decida di esplorare il mondo di Ken Parker troverà una serie ricca di emozioni e spunti di riflessione su temi universali.

Evelyn e la magia di un sogno d’amore

“Evelyn e la magia di un sogno d’amore” è un anime mahō shōjo, prodotto dallo Studio Pierrot e trasmesso in Giappone su Nippon Television tra il luglio 1984 e il maggio 1985. In Italia è stato trasmesso su Rete 4 tra il settembre e l’ottobre 1985. La serie gode anche di una trasposizione manga, distribuita dalla Shūeisha parallelamente alla trasmissione, e di un OAV.

Evelyn e la magia di un sogno d'amore (Sigla completa, 1985)

La serie narra le avventure di Persha Hayami (Evelyn, in Italia), una bambina di 11 anni cresciuta in Africa, che torna in Giappone dai suoi genitori. Durante il viaggio, viene trasportata in una dimensione parallela chiamata Lovely Dream (Sogno d’Amore, in Italia), dove le viene affidata una missione: raccogliere l’energia dell’amore per scongelare il regno fatato, minacciato da un eterno inverno. Per farlo, Persha riceve un cerchietto magico che le permette di trasformarsi in una bellissima diciottenne, capace di qualsiasi cosa. Insieme ai suoi amici animali e ai tre kappa di Lovely Dream, Persha aiuterà le persone in difficoltà e scoprirà i sentimenti dell’amore.

“Evelyn e la magia di un sogno d’amore” è la seconda serie della saga delle maghette dello Studio Pierrot, ed è preceduta da “L’incantevole Creamy e seguita da “Magica magica Emi”. La serie si distingue per il suo tono allegro e spensierato, ma anche per la sua capacità di affrontare temi delicati come la solitudine, la gelosia, la famiglia, l’amicizia e la crescita. Il personaggio di Persha/Evelyn è molto carismatico e simpatico, e si fa amare sia nella sua versione bambina che in quella adulta. La sua doppia vita le crea spesso dei problemi, ma anche delle opportunità di divertimento e di apprendimento. La serie è ricca di situazioni comiche, romantiche e avventurose, che coinvolgono il pubblico di tutte le età.

Dal punto di vista tecnico, la serie presenta una buona qualità di animazione e di disegno, tipica dello Studio Pierrot degli anni ’80. I colori sono vivaci e le ambientazioni sono varie e curate. Le musiche sono orecchiabili e accompagnano bene le scene. Il doppiaggio italiano è ben fatto e rispetta i nomi originali dei personaggi, tranne quello della protagonista. La sigla italiana, cantata da Cristina D’Avena, è molto bella e rimane nella memoria.

L’imbattibile Daitarn 3

L’imbattibile Daitarn 3 è un anime di genere mecha che narra le avventure di Haran Banjo, un giovane pilota che combatte contro i Meganoidi, dei cyborg malvagi che vogliono conquistare la Terra. Banjo dispone di un’arma segreta: il Daitarn 3, un gigantesco robot trasformabile che può assumere tre diverse configurazioni: Daitarn Jet, Daitarn Tank e Daitarn Car. Banjo è affiancato da una squadra di amici e alleati, tra cui Beauty Tachibana, Reika Sanjo, Garrison Tokida e Toppy.

Daitarn 3 - Sigla Completa con audio HQ

La serie, creata da Yoshiyuki Tomino, autore anche di Gundam, si distingue per il suo tono ironico e scanzonato, che contrasta con la serietà e il dramma tipici del genere mecha. Le battaglie tra il Daitarn 3 e i Megaborg, i robot nemici, sono spettacolari e ricche di colpi di scena, ma anche di umorismo e gag. I personaggi sono ben caratterizzati e simpatici, e spesso si trovano coinvolti in situazioni comiche o romantiche. Le musiche di Takeo Watanabe e Yūshi Matsuyama sono orecchiabili e coinvolgenti, e le sigle sono diventate famose tra gli appassionati di anime.

L’imbattibile Daitarn 3 è un anime che ha saputo conquistare il pubblico italiano, grazie alla sua trama avvincente, ai suoi personaggi carismatici e al suo stile divertente e originale. Si tratta di un’opera che ha fatto la storia del genere mecha, e che ancora oggi riesce a divertire e a emozionare. È un anime che consiglio a tutti gli amanti dell’animazione giapponese, e a chi vuole passare un’ora di puro divertimento. La mia valutazione è: 9/10.

Candy Candy

Candy Candy è uno dei manga shōjo più famosi e amati di tutti i tempi, una saga romantica e avventurosa che ha appassionato milioni di lettori in tutto il mondo. La protagonista è Candy, una dolce e coraggiosa orfana che vive in un orfanotrofio sulle colline del Michigan, insieme al suo amico d’infanzia Annie. La vita di Candy cambia quando viene adottata dalla ricca famiglia Legrand, che la tratta come una serva e la separa da Annie. Candy non si perde d’animo e cerca di farsi degli amici nella sua nuova casa, tra cui il ribelle Terry, il figlio di un famoso attore, e il gentile Archie, il nipote dei Legrand. Candy scopre anche di avere una misteriosa benefattrice, che le invia dei regali e delle lettere, e che si firma con le iniziali A.A.

Il manga segue le vicende di Candy dalla sua infanzia alla sua maturità, attraverso vari paesi e continenti, tra amori, amicizie, rivalità, tragedie e speranze. Candy incontra molti personaggi indimenticabili, come il principe dei colli, il cowboy Anthony, il medico Albert, la perfida Eliza, la nobile Susanna, e molti altri. Candy deve affrontare molte sfide e prove, ma non perde mai il suo sorriso e la sua voglia di vivere.

Candy Candy è un manga che sa emozionare, divertire, commuovere e far sognare. Il disegno di Yumiko Igarashi è delicato e raffinato, con una grande cura per i dettagli e le espressioni dei personaggi. La sceneggiatura di Kyoko Mizuki è ricca di colpi di scena, di humor, di pathos e di poesia. Il manga è diviso in nove volumi, che raccontano le diverse fasi della vita di Candy, dalla sua nascita alla sua felicità finale. Il manga ha avuto anche una trasposizione animata, che ha riscosso un enorme successo in tutto il mondo, e un romanzo, che approfondisce alcuni aspetti della storia.

Candy Candy - Sigla Iniziale

L’anime, prodotto da Toei Animation, è andato in onda in Giappone dal 1976 al 1979, per un totale di 115 episodi. In Italia, l’anime è stato trasmesso per la prima volta nel 1980 da alcune televisioni locali, e successivamente replicato da varie emittenti. L’anime segue le vicende di Candy dalla sua infanzia alla sua maturità, attraverso vari paesi e continenti, tra amori, amicizie, rivalità, tragedie e speranze. Candy incontra molti personaggi indimenticabili, come il principe dei colli, il cowboy Anthony, il medico Albert, la perfida Eliza, la nobile Susanna, e molti altri. Candy deve affrontare molte sfide e prove, ma non perde mai il suo sorriso e la sua voglia di vivere.

Dolce Candy (Sigla italiana)

Candy Candy è un anime che ha fatto la storia dell’animazione giapponese, e che ha conquistato il cuore di milioni di spettatori in tutto il mondo. L’anime è caratterizzato da un disegno delicato e raffinato, con una grande cura per i dettagli e le espressioni dei personaggi. La colonna sonora, composta da Takeo Watanabe, è composta da brani melodici e coinvolgenti, che accompagnano le scene più emozionanti e commoventi. L’anime è fedele al manga, anche se presenta alcune differenze e aggiunte, come l’OAV del 1992, che racconta il finale della storia.

Candy Candy è un anime che sa emozionare, divertire, commuovere e far sognare. È un anime che parla di amore, di amicizia, di crescita, di libertà, di coraggio, di speranza. È un anime che fa piangere e ridere, che fa innamorare e soffrire, che fa riflettere e sognare.

Cybernella

Cybernella è un anime che mescola fantascienza, dramma e commedia, basato sul manga di Shinji Nagashima. La serie, prodotta da Toei Animation e trasmessa in Giappone nel 1973, narra le vicende di Cybernella, una bambina che viene riportata in vita dal padre scienziato dopo aver perso la madre in un incidente aereo. Cybernella, però, non è più una bambina normale, ma un cyborg dotato di poteri straordinari, che deve nascondere al mondo per non essere scoperta. Cybernella vive così una vita doppia, tra la scuola, gli amici, i primi amori e le avventure in cui usa i suoi poteri per aiutare gli altri, ma anche il suo tormento per la sua diversità e il suo desiderio di tornare umana.

Cybernella - sigla iniziale DVDMUX

Cybernella è un anime che affronta temi profondi e attuali, come l’identità, la diversità, l’accettazione, la solitudine, la famiglia, l’amicizia e l’amore. La protagonista è un personaggio complesso e sfaccettato, che esprime le sue emozioni in modo sincero e commovente, facendo empatizzare lo spettatore con le sue gioie e i suoi dolori. Il padre di Cybernella è un altro personaggio chiave, che rappresenta il legame tra la scienza e l’umanità, e che cerca di realizzare il sogno di restituire alla figlia la sua vera natura. Gli altri personaggi sono ben caratterizzati e contribuiscono a creare una storia ricca di colpi di scena, humor e sentimenti.

Cybernella è un anime che si distingue per la sua originalità e la sua qualità. L’animazione è fluida e curata, i disegni sono graziosi e dettagliati, i colori sono vivaci e armoniosi. La colonna sonora è coinvolgente e adeguata alle diverse situazioni, le sigle sono orecchiabili e memorabili. La serie ha un ritmo sostenuto e non annoia mai, alternando momenti divertenti e leggeri a momenti drammatici e intensi, senza cadere nella banalità o nella retorica. La serie ha anche il merito di essere una delle prime a introdurre il genere delle “maghette”, ovvero delle ragazze dotate di poteri magici, che poi avrà grande successo negli anni successivi.

Cybernella è un anime che merita di essere visto e apprezzato, sia dai fan dell’animazione giapponese che da chi cerca una storia emozionante e coinvolgente. Cybernella è un anime che parla al cuore e alla mente, che fa riflettere e sognare, che fa ridere e piangere, che fa amare e sperare. Cybernella è un anime che non si dimentica.

Isao Takahata & Hayao Miyazaki per Lupin III

Lupin III è uno dei personaggi più famosi e longevi dell’animazione giapponese. Creato nel 1967 dal mangaka Monkey Punch, il ladro gentiluomo è il nipote di Arsène Lupin, il celebre personaggio letterario francese. Le sue avventure sono state raccontate in manga, anime, film, videogiochi e altri media, ma forse la sua incarnazione più memorabile è quella della seconda serie televisiva, nota anche come Lupin III – La seconda serie o Lupin III – Le avventure di Lupin III.

Questa serie, trasmessa in Giappone dal 1977 al 1980, ha segnato un punto di svolta nella storia di Lupin III e dell’animazione giapponese in generale. Il motivo principale è la presenza di due registi che avrebbero poi fondato lo Studio Ghibli e dato vita a capolavori come La tomba delle lucciole, Il mio vicino Totoro, La principessa Mononoke e Il castello errante di Howl: Isao Takahata e Hayao Miyazaki.

I due registi, che avevano già lavorato insieme alla prima serie di Lupin III e al film Lupin III – Il castello di Cagliostro, hanno preso in mano la seconda serie dopo i primi 26 episodi, diretti da Seijun Suzuki e altri. Il loro obiettivo era di rinnovare lo stile e il tono della serie, rendendola più dinamica, divertente, avventurosa e sofisticata.

Per farlo, hanno apportato diverse modifiche ai personaggi, alla trama, al disegno e alla colonna sonora. Lupin III diventa più intelligente, elegante e simpatico, ma anche più vulnerabile e umano. Il suo eterno rivale, l’ispettore Zenigata, diventa più competente e rispettabile, ma anche più comico e affezionato a Lupin. La bella e astuta Fujiko Mine diventa più indipendente e meno interessata al denaro, ma anche più ambigua e imprevedibile. Il tiratore scelto Jigen e il maestro del travestimento Goemon diventano più fedeli e amichevoli con Lupin, ma anche più caratterizzati e profondi.

Le storie diventano più varie e originali, spaziando dal giallo al fantastico, dallo spionaggio alla fantascienza, dalla commedia al dramma. I luoghi diventano più realistici e dettagliati, ispirati a paesi e città reali o immaginari. Il disegno diventa più fluido e espressivo, grazie alla cura dei movimenti, delle espressioni e delle inquadrature. La colonna sonora diventa più ricca e coinvolgente, grazie alle musiche di Yuji Ohno, che mescolano jazz, rock, pop e altri generi.

Il risultato è una serie che ha conquistato il pubblico e la critica, sia in Giappone che all’estero, e che ha influenzato generazioni di autori e fan dell’animazione. Quando Isao Takahata e Hayao Miyazaki reinventarono Lupin III, hanno creato un capolavoro senza tempo, che ancora oggi si può apprezzare e ammirare.

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