Final Fantasy XVI: La recensione

Final Fantasy XVI ha ormai quasi un anno. Ma ho avuto modo di finirlo da poco, complici impegni vari. E dato che ancora su questo sito una recensione completa non c’era…beh, eccola qui. In questo articolo vi parlerò di cosa ho amato e cosa ho amato di meno del sedicesimo titolo ufficiale di una delle saghe videoludiche più famose al mondo. Eccovi la recensione completa di Final Fantasy XVI.

Final Fantasy XVI – La storia

Il sole sta tramontando sulle terre di Valisthea. Per secoli, le persone si sono riunite intorno ai suoi Cristalli Madre per attingere alla loro benedizione, l’etere che alimenta la magia utilizzata nella vita di tutti i giorni. Ma la pace è minacciata dalla Piaga, una misteriosa malattia che trasforma gli esseri viventi in creature mostruose.

Clive Rosfield è un giovane guerriero del Gran Ducato di Rosaria, noto come “Primo Scudo di Rosaria”. Ha giurato di proteggere suo fratello minore Joshua, l’Araldo della Fenice, Eikon del Fuoco. Quando un’improvvisa tragedia colpisce la sua famiglia, Clive si ritrova in un vortice di eventi che lo porteranno a scontrarsi con le nazioni di Valisthea e con i Dominanti, potenti esseri umani che ospitano dentro di sé gli Eikon, divinità elementali che possono essere evocate in battaglia.

L’ambientazione Dark-Fantasy

A differenza degli altri capitoli della saga, Final Fantasy XVI presenta un’ambientazione più cupa. Esteticamente, è facilmente paragonabile a un qualsiasi videogioco souls-like, sebbene le sue dinamiche di gioco siano molto differenti. A causa della piaga il mondo di Valisthea è in decadimento. Vaste lande desolate con alberi secchi, fiori appassiti, persone impazzite e trasformate in mostri a causa dell’avvelenamento da etere, mostri ovunque. Di sicuro tra i titoli più tetri dell’intero merchandise.

Il Gameplay di Final Fantasy XVI: troppo facile?

Il gioco presenta un sistema di combattimento action in tempo reale, che permette ai giocatori di utilizzare una varietà di abilità e magie per sconfiggere i nemici. Pur esistendo ancora il party, non è possibile switchare da un personaggio all’altro, nemmeno in combattimento. Chi gioca, veste i panni di Clive dall’inizio alla fine del gioco. Salvo alcune parti in cui si è costretti a comandare Joshua, ma in solitaria e solo per un breve arco di tempo.

Le modalità di gioco iniziali sono due: Storia e Azione. Entrambe estremamente semplificate rispetto al passato. Personalmente, l’ho trovato un po’ troppo facile. Sia in modalità Storia che in Azione, gli elementi non hanno alcun significato. Puoi usare magie di fuoco, ghiaccio, fulmine e tutte le altre, ma non ci sono status associati. Non c’è congelamento, non c’è ustione, non c’è paralisi da scossa elettrica; non c’è niente. Forse se andiamo a spulciare i danni, scopriamo che alcuni elementi fanno più danno su nemici con elementi opposti, ma la cosa è talmente irrilevante da non farci caso. In più, durante tutto il corso dell’avventura non si fa caso neanche ai potenziamenti delle armi. Solo verso gli ultimi capitoli questa cosa diventa un po’ più necessaria. Ma veramente poco. Dopo la fine del gioco è possibile ripartire da Nuovo Gioco +, con l’aggiunta della Modalità Final Fantasy; che aumenta la forza dei nemici, aumenta il livello massimo raggiungibile da Clive e dai suoi alleati e, a differenza delle Modalità Storia e Azione, non consente lo switch con le altre modalità.

In conclusione

Per concludere, se dalla parte della storia e della grafica è stato fatto un lavoro eccezionale, dalla parte del gameplay ci si poteva impegnare un po’ di più. Ma se amate godervi la storia senza soffermarvi troppo sui combattimenti, allora questo titolo fa per voi. Anche se, a mio avviso, una modalità difficile da giocare subito potevano anche metterla, per chi ama misurarsi coi nemici più forti.

Archive 81 – Universi Alternativi: La recensione della serie Netflix ispirata ai racconti di H.P. Lovecraft

Ho avuto il piacere di vedere la serie Archive 81 – Universi Alternativi. Una serie targata Netflix e ispirata dai racconti di H.P. Lovecraft. La serie è tratta dall’omonimo podcast americano. Una serie del 2022  sviluppata da Rebecca Sonnenshine e da lei prodotta insieme a Paul Harris Boardman e James Wan. La trama, oltre a evidenti riferimenti ai racconti di Lovecraft, porta molte similitudini con altri film e serie come Frequency o The Butterfly Effect.

Archive 81 – Universi Alternativi: La trama

I protagonisti sono Dan Turner e Melody Pendras. Lui vive nel 2019, lei nel 1994. Dan è un archivista specializzato nel recupero e restauro di vecchie pellicole e della successiva digitalizzazione. Un giorno gli viene commissionato un lavoro apparentemente normale, se non fosse per la paga e le condizioni. Deve digitalizzare una serie di videotape andate rovinate in un incendio avvenuto nel 1994. E deve farlo in una villa isolata dal mondo, senza internet, con il divieto di ricevere ospiti e per 10.000 dollari di compenso.

Dan accetta e scopre che le videocassette appartenevano a Melody Pendras, morta durante un incendio in un condominio nel 1994, il “Condominio Vissel”. Le cassette erano una sorta di “vlog primordiale” che lei stava girando per un documentario proprio in quel palazzo. Ma andando avanti con la visione dei video, scopre di essere strettamente collegato a Melody, che era una paziente di suo padre, morto anche lui nel 1994. Oltre ciò, scopre anche che all’interno del palazzo andato a fuoco i condòmini facevano parte di una setta religiosa. Come se non bastasse, ad un certo punto della serie i due protagonisti si incontrano rispettivamente nei propri sogni e dialogano. Non vado oltre per non farvi spoiler.

Archive 81 e i riferimenti ai racconti H.P. Lovecraft

Chi è appassionato di H.P. Lovecraft e dei suoi racconti e ha visto la serie, avrà sicuramente notato molte affinità con alcuni dei suoi racconti. In particolar modo con i racconti del Ciclo di Cthulu (in particolar modo con Il Richiamo di Cthulu). Ma non solo. Nella serie infatti, si parla di un culto efferato rivolto a un’antica divinità, raffigurata da un’inquietante statua di pietra (come ne Il Richiamo di Cthulu). È poi ricorrente la presenza di una strana muffa che fa impazzire la gente (come ne La Casa Stregata). La trama poi, si sposta anche sui viaggi interdimensionali, che riportano alla mente I Sogni nella Casa Stregata.

La struttura narrativa

Come citato all’inizio dell’articolo, questa serie segue la scia di altre serie come Frequency (a sua volta ispirato dall’omonimo film) e The Butterfly Effect. Le scene infatti, sono alternate tra il presente, in cui Dan indaga sul condominio Vissel e visiona le videocassette e il passato, immortalato nei video di Melody. Le scene del passato inizialmente partono dal video, per poi passare alla narrazione dalla parte di Melody. In alcuni episodi, la narrazione parte direttamente dal punto di vista di Melody.

Archive 81 – Universi Alternativi: sì o no?

Arrivati a questo punto, eccovi il mio personalissimo giudizio: la serie è consigliatissima se amate i viaggi nel tempo, i viaggi interdimensionali (in stile “Sottosopra” di Stranger Things, o “L’Altrove” di Insidious) e soprattutto se amate Lovecraft.

Perché ho amato Hazbin Hotel

Da ormai quasi un mese non si parla d’altro. Hazbin Hotel è decisamente la serie animata del momento. Ma cosa spinge tutta questa gente a guardarlo e apprezzarlo (tranne i cattolici del ProVita)? Sicuramente è un cartone molto particolare, a tratti oserei dire blasfemo. Pieno di parolacce e riferimenti sessuali. Cosa è quindi che smuove così tanto gli animi degli spettatori? Ho provato a darmi una risposta, cercando prima di capire perché io, in primis, ho amato così tanto Hazbin Hotel.

Hazbin Hotel – La storia

Prima di tutto, riepiloghiamo un po’ la storia raccontata all’interno della serie.
L’Hazbin Hotel è un albergo dell’inferno, o meglio, della città di Inferno, in cui gli ospiti vanno a cercare redenzione per poter “salire di livello” e passare direttamente al paradiso, anch’esso una città. In questa serie animata infatti, Inferno e Paradiso sono due città in cui vivono le anime dei defunti. Al momento della morte, San Pietro analizza il comportamento in vita del trapassato e lo assegna a una delle due destinazioni. Come avviene nella mitologia cristiana, se la persona in vita è stata buona e ha seguito tutti i dettami del cristianesimo, viene assegnata a Paradiso, in caso contrario finisce a Inferno.

Ma le regole imposte dal cristianesimo sono sempre più ferree e quindi la città di Inferno vive un problema di sovrappopolamento. Così gli Angeli di Paradiso, per contenere il problema, hanno deciso di applicare lo sterminio. Ovvero ogni anno scendono a Inferno e compiono un vero e proprio genocidio. Analogamente a quanto avviene in certe regioni della nostra Terra, insomma. Ma a qualcuno questa cosa non va bene e quindi decide di farsi avanti. Ma invece di proporre una guerra contro gli Angeli Esorcisti (così sono chiamati i nazi-angeli della saga), preferisce il dialogo. Questo qualcuno non è una persona qualunque, bensì è Charlie Stella del Mattino: figlia unigenita di Lucifero Stella del Mattino e Lilith. Letteralmente la principessa dell’Inferno. Prima costruisce un Hotel con l’aiuto di Alastor, demone della radio e degli altri suoi amici, poi chiede udienza agli Angeli di Paradiso per convincerli che gli ospiti del suo albergo sono redenti. Ma Adamo, il capo degli esorcisti, non è d’accordo. Non continuo per non fare spoiler, tuttavia questa è la base della storia.

La seconda possibilità: un diritto fondamentale di tutte le anime

In Hazbin Hotel si sottolinea l’importanza della seconda possibilità. Relegare il destino di un’anima immortale a poche decine di anni di vita è ingiusto. E il mondo non è un posto in cui un sistema di regole complicato come quello cristiano può reggere. Infatti solo poche anime riescono a raggiungere il paradiso. Ma Charlie si mette di traverso e chiede pacificamente di fermare il genocidio. Il sovraffollamento non si combatte con la repressione. Ma soprattutto, una punizione non può essere eterna e tutti hanno diritto a una seconda possibilità. Ma sempre nei limiti del libero arbitrio. Ci sono infatti demoni che non hanno interesse a passare da Inferno a Paradiso. E per Charlie non c’è problema. Lei vuole dar voce solo a chi è stanco di trovarsi là.

I demoni che vogliono passare da Inferno a Paradiso sono visti un po’ come i migranti che scappano da una condizione estrema. Gli abitanti di Paradiso non sono tutti a conoscenza di questa cosa, né tantomeno sanno dello sterminio. Infatti gli stessi esorcisti, quando scendono a Inferno per applicarlo, sono mascherati. Nessuno vuole farsi riconoscere mentre compie un atto tanto crudele. Un po’ come gli squadristi che si incappucciano e vanno a vandalizzare e distruggere i centri di accoglienza. Gente senza dignità che per autoaffermarsi ha bisogno di umiliare altre persone. Ecco come vengono visti gli Angeli Esorcisti. Persone che si credono arrivate, che dalla loro posizione privilegiata pensano di poter decidere il destino di tutte le anime. Per loro non può esistere una seconda possibilità, perché loro in vita ne hanno avuta una sola e l’hanno saputa sfruttare. Non pensano minimamente al fatto che magari la vita stessa con loro era stata più clemente rispetto a quanto non lo fosse stata con altri.

Giudici e giudicati, vittime e carnefici

Ma nel pantheon di personaggi di Hazbin Hotel non tutti sono buoni o cattivi. Ogni personaggio è caratterizzato in modo diverso. Ognuno dei protagonisti vive la sua personale lotta contro sé stesso. E i rapporti tra tutti loro sono tanto profondi quanto intricati. Nel corso della serie, vediamo come ogni singola anima nasconde qualcosa. Può essere qualcosa di leggero, o di estremamente pesante. Patti con altri demoni, compravendita di anime, segreti inconfessabili. Nessuno è totalmente innocente, come nessuno è totalmente colpevole. All’inferno come in paradiso. Nella morte come in vita. Nella serie animata, come nella realtà. E forse è proprio questo il vero messaggio di Hazbin Hotel, che va al di là della redenzione e della seconda possibilità. Ovvero che non possiamo giudicare una persona solo dalle sue azioni, se non conosciamo la sua vita e non sappiamo le difficoltà che deve affrontare ogni giorno anche solo per sopravvivere.

Ma questa, ovviamente, è solo la mia personalissima opinione. Tu che ne pensi?

Voldemort, Suguru Geto, Magneto. Destini comuni legati al bullismo

Il mondo della narrativa e del cinema ci ha regalato una vasta gamma di personaggi complessi e affascinanti. Tra questi, spiccano figure come Voldemort dalla saga di Harry Potter, Suguru Geto da Jujutsu Kaisen, e Magneto dell’universo Marvel. A prima vista, questi personaggi possono sembrare molto diversi tra loro, ma se si analizzano a fondo, emergono sorprendenti somiglianze, specialmente quando si tratta del tema del bullismo.

La Ricerca del Potere

Voldemort, con la sua ossessione per l’immortalità e il controllo magico, rappresenta la sete di potere portata all’estremo. Analogamente, Suguru Geto in Jujutsu Kaisen cerca di instaurare un mondo dove i non maledetti siano oppressi, dimostrando un desiderio di dominio e controllo. Entrambi apostrofano gli umani senza poteri con aggettivi dispregiativi. Voldemort li chiama Babbani, Geto vi si riferisce come Scimmie. Questa ricerca del potere può essere vista come una risposta reattiva a esperienze passate di debolezza o sottomissione, sentimenti spesso radicati in episodi di bullismo (iconica la scena in cui Geto salva Mimiko e Nanako da bambine dalla furia della gente).

Voldemort, Suguru Geto e Magneto: La Rabbia e il Rancore verso i “normali”

Magneto, noto nemico degli X-Men, ha sempre lottato per i diritti dei mutanti, ma spesso attraverso mezzi estremi. Il suo passato, segnato dalla persecuzione e dalla discriminazione, alimenta una rabbia profonda che lo porta a vedere gli umani come nemici. Questo rancore, simile a quello di Voldemort e Geto, è alimentato da episodi traumatici di bullismo e discriminazione, che hanno plasmato la loro percezione del mondo.

L’Isolamento e la Solitudine

Un altro tratto comune tra questi personaggi è l’isolamento. Voldemort, privato dell’amore e dell’amicizia durante la sua infanzia, diventa un essere solitario e spaventoso. Geto, con la sua visione radicale, si allontana dagli altri, incapace di trovare un compromesso. Magneto, pur avendo una causa giusta, trova difficile fidarsi e si ritrova spesso isolato a causa delle sue azioni estreme. Questo isolamento può essere interpretato come una conseguenza diretta delle loro esperienze con il bullismo, che ha eroso la loro fiducia negli altri e ha alimentato un senso di alienazione.

La Cicatrice del Passato

Il bullismo, con le sue cicatrici emotive, può avere un impatto duraturo sulla psiche di un individuo. Nel caso di questi personaggi, le esperienze traumatiche del passato hanno modellato la loro personalità e i loro obiettivi. Sebbene le loro storie siano ambientate in mondi fantastici e surreali, il tema del bullismo e delle sue conseguenze rimane sorprendentemente rilevante e universale.

In conclusione, Voldemort, Suguru Geto e Magneto, pur appartenendo a universi narrativi diversi, condividono profonde similitudini quando si tratta di temi come la ricerca del potere, la rabbia, l’isolamento e le cicatrici del passato. Questi personaggi ci ricordano che, anche nelle storie più fantastiche, le esperienze e le emozioni umane fondamentali continuano a riflettersi, offrendoci spunti di riflessione e comprensione.

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Jujutsu Kaisen – Confermata la Stagione 3: “Culling Game”

Jujutsu Kaisen è arrivato alla conclusione della devastante seconda stagione The Shibuya Incident, ma i fan della serie non dovranno aspettare troppo a lungo per un seguito. Infatti  MAPPA ha da poco annunciato che la terza stagione del popolare anime, intitolata Culling Game, è già in produzione presso lo studio. L’annuncio è stato fatto tramite un video condiviso sul sito web ufficiale della serie (che possiamo ammirare in fondo all’articolo). MAPPA ha inoltre specificato che la prossima stagione adatterà l’arco narrativo Culling Game del manga originale di Gege Akutami.

Jujutsu Kaisen: Culling Game

Ambientata dopo gli eventi dell’arco dell’Incidente di Shibuya, la storia segue Yuji Itadori, Megumi Fushiguro, Yuta Okkotsu e gli altri mentre affrontano di nuovo lo stregone ribelle Kenjaku. Al momento queste sono le uniche informazioni condivise. Attendiamo ulteriori aggiornamenti riguardo il regista la data di uscita (prevista comunque per il 2024).

Dal suo debutto nel 2020, l’adattamento anime di Jujutsu Kaisen ha raccolto una fanbase di appassionati e si è affermato come uno degli anime shonen contemporanei più popolari, insieme ad altre serie come Demon Slayer: Kimetsu no Yaiba e My Hero Academia. Nel 2021, la MAPPA ha prodotto Jujutsu Kaisen 0, un lungometraggio animato ambientato prima degli eventi dell’anime che introduce il personaggio di Yuta Okkotsu, potente stregone ed ex studente di Satoru Gojo.

Ma ora godiamoci il trailer d’annuncio!

TV アニメ『呪術廻戦』続編「死滅回游」制作決定映像

OcelotMDB: Matteo Di Bella al Microscopio

Eccoci qui con un nuovo creator. Uno dei più competenti in campo anime e manga, soprattutto se parliamo di Dragon Ball. Se avete un dubbio sull’opera magna di Akira Toriyama, andate a visitare il suo canale YouTube e sicuramente troverete la risposta che cercate. La sua serie di punta infatti, è “Dragon Ball al Microscopio”, in cui ad ogni video ci spiega qualche retroscena o ci introduce una curiosità sul mondo di Dragon Ball. Sto parlando di Matteo Di Bella, in arte OcelotMDB, che oggi ho l’onore di intervistare!

Ciao Matteo! Benvenuto su Corriere Nerd. Presentati e parla un po’ di te

Questa è sempre la domanda più difficile per me, fin dai tempi in cui, a inizio di una nuova scuola, i professori ti facevano alzare per presentarti a tutti! Ahaha

Beh, sono OcelotMDB (che sta per “Matteo Di Bella”, il mio nome, per chi se lo chiedesse, anche se ormai ho aggiornato il nickname dei social con anche il mio nome completo) e sul web ho iniziato parlando di Dragon Ball, che è diventato poi un parlare di fumetti, che è ora un cercare di parlare a 360° di tutta la “cultura pop”; e come dico sempre “non sta a me però giudicare se ne sia davvero capace” ahaha

Il mio percorso di studi è un po’ ingarbugliato grazie a una pandemia globale al centro di esso, che mi ha fatto perdere la voglia di studiare per quasi 2 anni… ma di base inizio come studente di Lettere e Beni Culturali indirizzo Archeologico e finirò invece come Laureato (si spera?) in Lettere e Beni Culturali ma a indirizzo di Editoria. Sarò un editore molto preparato sulla storia dei popoli antichi? Dalla mia ho anche alcuni esami extra sulla storia delle Nazioni asiatiche, che vi assicuro che è utilissimo quando devi parlare di fumetti prodotti, pensate un po’, proprio da quelle parti.

Per il resto leggo molti libri sulla politica italiana, biografie varie, manuali di storia dell’arte, saggi specifici sul fumetto (quasi sempre in inglese o francese, perché figurati…) e saggi su cose apparentemente assurde che però dici “non si sa mai” (di recente uno sulla lavorazione della porcellana tipo, perché… non si sa mai).

E studio giapponese da autodidatta, sul motivo ci torneremo in altre domande ahahah.

Matteo: la persona dietro lo YouTuber

Quando ti è venuto in mente di aprirti un canale YouTube?

Io forse appartengo alla prima generazione di “spettatori” di YouTube, quelli che hanno visto nascere canali come Willwoosh, Frank Matano (si chiama ancora “Lamentecontorta”?), Yotobi, eccetera eccetera… e quindi banalmente ho sempre avuto un po’ il pallino di YouTube, e da più piccolo caricavo anche terribili video di gameplay. A 12 anni mi feci anche regalare -per un Natale? O un compleanno?- una assolutamente terribile videocamera, dai miei genitori; erano ancora i tempi in cui queste cose le facevano solo i cellulari di chi era ricco. Mi ci divertivo molto.

“OcelotMDB” però nasce, come ogni grande storia, con una rosicata: vidi un contenuto su Dragon Ball che non condividevo, e allora feci un video per dimostrare che “avevo ragione io”.
Per un mese rimase a 10 visual, improvvisamente -Dio solo sa come- in una notte ne raggiunse 800, e io passai da 0 iscritti a 200.

Questo mi portò a pensare “vuoi vedere che forse su Dragon Ball ho qualcosa da dire?”.

Il video è oggi privato, ovviamente. Mi vergogno troppo.

Poi tutto è venuto da sé… a me piacevano i fumetti ma non avevo mai avuto possibilità di parlarne chissà come con altre persone, venendo da un paesino davvero piccolo del profondo Sud (i tempi in cui ancora “essere nerd” non era un vanto; e non perché venissi bullizzato o cose del genere, ma semplicemente perché nessuno, se non 2 o 3 conoscenti, leggevano fumetti)… e dunque il canale è diventato sì un modo per parlare di Dragon Ball, ma anche per parlare in generale delle mie passioni.

Quali sono i tuoi anime preferiti, oltre ovviamente Dragon Ball?

Permettimi di mettere prima in chiaro una cosa: a me l’anime di Dragon Ball non piace.

Nella sua interezza l’avrò visto una singola volta quando facevo le elementari, e già allora leggevo il manga.  Non metterei l’anime di Dragon Ball neanche in una mia topo 20 anime.

Detto ciò, dopo essermi attirato l’odio di chiunque leggerà questa intervista, torniamo a noi: non ho un vero anime preferito perché sono sempre stato tipo da manga; se inizio un anime, e mi piace, la prima cosa che faccio e vedere se c’è un manga… la ragione è che, banalmente, preferisco leggere, dato che tendo a essere poco costante con le serie televisive, soprattutto quando escono un episodio a settimana.

Ci sono ovviamente le dovute eccezioni eh, come a esempio “Le situazioni di Lui & Lei” o “Toradora!”, che ho molto più piacere nel guardare che non nel leggerli, come anche tutti quei prodoti yonkoma (manga a 4 panel) come “Bocchi The Rock” o “K-On”, che nella loro versione animata ritengo superiori.

“Anime preferito”, anche se ormai a quanto pare ti fa apparire come banale quando lo dici, oserei dire “Evangelion”.

 E i tuoi autori (a parte Toriyama)?

Queste domande sono sempre difficili per me, anche la precedente, perché io sono sicuro che nel momento stesso in cui l’intervista sarà pubblicata io penserò “cavolo, ho dimenticato quell’artista!”… oh beh, eventualmente passate dai miei canali social per saperne di più 😉 😉

Scherzi a parte, se parliamo di mangaka oserei dire Yoshihiro Togashi, Natsume Ono, Kamimura e Inio Asano (l’unico che porto anche sulla pelle come tatuaggio)… in realtà vado molto a periodi, magari capita un mese che mi fisso su Fujimoto o Go Nagai, ma quelli sopra sono gli autori di cui molto raramente mi stanco, ecco, le mie “costanti”.

Autori in generare che amo sono davvero tanti… se vi è capitato di vedere un mio video collezione avrete sicuramente visto quanta roba ho, giusto? Ecco, considerate che io ho la regola “compra solo roba di autori che davvero ti piacciono” ahaha. Così su due piedi, Watterson e Schulz, Barks e Don Rosa, Craig Thompson, Marjane Satrapi, Manu Larcenet, Daniel Clowes, Andrea Pazienza, Silvia Ziche, Leo Ortolani, le storie di Spider-Man su cui era scritto “Stan Lee” ma in realtà erano palesemente di Steve Ditko… più ci penso, più me ne vengono, ops.

Cosa pensi degli adattamenti in italiano dei manga che leggi?

Eccoci qua. Sono quasi sicuro che per i miei pareri sugli adattamenti e traduzioni dei manga in italiano ci siano case editrici che mi hanno inserito sulla lista nera degli influencer da non contattare mai ahaha

Scherzi a parte, ho iniziato a studiare giapponese proprio perché volevo rendermi conto di alcune scelte fatte e… magari faccio anche la figura del pesantone puntiglioso, ma spesso ci sono proprio cose da mettersi le mani dei capelli. Da sensi del tutto cambiati (come notavo in un video che ho fatto su Berserk) a scelte poco felici tra diversi possibili sinonimi (come accade spesso su Dragon Ball)… ma questo anche perché il giapponese è davvero la lingua meno intuitiva del mondo.

Il problema che noto è che a lavorare alle traduzioni ci siano spesso persone professionali al massimo nel loro lavoro, che però non conoscono così tanto bene ciò su cui lavorano: sembra banale, ma alcune volte per una traduzione efficace serve che il traduttore sia a sua volta fan di ciò su cui sta lavorando. Lo abbiamo visto in parte con Initial D -alla sua prima stampa, poi sistemata-: tutto tradotto benissimo, nulla da dire, ma probabilmente il traduttore non era troppo ferrato sulle automobili e infatti molti termini tecnici sono stati sbagliati.

E questo succede anche con Dragon Ball, dove a esempio in un capitolo vi era un inside joke di Goku che citava una battuta fatta da un altro personaggio di Dr. Slump e, seppur siano entrambi editi da Star Comics, questa stessa battuta è stata tradotta in due modi diversi.

Soluzione a tutto ciò? Non lo so, dare più tempo per lavorare? Avere magari una figura più presente che controlli anche la “filologia” del manga?

Da quando ti viene l’idea per un video a quando poi effettivamente lo pubblichi, quanto tempo passa?

Dipende. Ci sono idee che sono banalmente “sarebbe figo fare un video su quella cosa…” che restano in questo stato per anche mesi, e idee più sicure tipo “devo parlare di quella cosa” che nel giro di una settimana sono già belle che pronte.

In linea di massima sono molto veloce nel lavorare ai video, quando voglio: Dragon Ball Al Microscopio – Saga di Bu #9 dura un’ora e passa, e tra scrittura, registrazione, montaggio, grafiche e tag vari sono tipo 4 giorni di lavoro… che se ci pensate è davvero poco.

E sapete che un copione di 7 pagine, Times New Roman, grandezza 11, è circa 25/30 minuti di video una volta montato? Dopo che lo fai per tanto tempo, inizi a rendertene conto.

E su Première ho raggiunto una dignitosa media di 20 minuti per montare 3 minuti di video.

E’ grazie a queste piccole consapevolezze che riesco a essere molto efficiente nella produzione dei video, programmando la lunghezza ancor prima di iniziare a registrare, e ritagliando il tempo per montare il tutto in maniera efficiente.

E tra l’altro anche i copioni sono a loro volta ben ragionati: già durante la scrittura divido il tutto in sezioni, usando poi grassetto e corsivo per ricordarmi punti in cui cambiare tono o modulare diversamente la voce, mettendo anche annotazioni per ricordarmi cose particolari durante il montaggio (a esempio, se scrivo “[…] questa vignetta qui!” metterò una annotazione con scritto “Volume X, pagina Y, vignetta Z”; o ancora vicino un “[…] questi erano i cartoni che guardavo da piccolo!” scriverò “Dividi lo schermo in 4 quadranti e metti le clip da questi cartoni, facendole entrare da destra e dissolvere”).

Grazie a tutto ciò, per un video da diciamo 20 minuti, dal momento in cui dico “voglio parlare di quella cosa” al momento in cui è pronto per andare online, possono anche passare solo 2 giorni.

Matteo l’Autore

Parlaci un po’ di “Punto e a Capo”

“Punto e a Capo” è stato il mio primo “tutto”, e sono davvero soddisfatto da come sia uscito, per quanto è davvero un qualcosa forse anche troppo auto-referenziale, col senno di poi.

Ho sempre voluto lavorare nel campo dei fumetti e, per quanto lo faccia ora di riflesso parlandone, in realtà “nasco” con la voglia di fare fumetto, non parlarne!

E ho sempre fatto fumetto anche per conto mio, mi è sempre e solo bastato fare fumetto, e se quel fumetto veniva apprezzato tanto meglio… ma non è un campo rose e fiori, e lo può ben dire chiunque voglia fare fumetto… poi in Italia abbiamo questa terribile abitudine di voler sempre andare con i piedi di piombo su tutto, ed ecco che magari finisci tra gli autori pubblicati professionalmente solo se hai davvero l’idea del secolo che solo un folle non riconoscerebbe, o se hai già una buona base di seguito che comprerebbe a prescindere il tuo lavoro (con dovute eccezioni, sia ben chiaro)… e in pratica mi sono quindi ritrovato con una cartella sul computer piena di progetti in cui mi ero estremamente divertito a lavorarci, ma impubblicabili per vari motivi.

Era un peso.

Sia sulla memoria del computer, che su di me: un mucchio di pixel a ricordarti che avevi fatto quello invece di… chessò, studiare, ecco. E che magari studiando, invece di produrre i sopracitati mucchi di pixel, saresti stato ora seduto a una scrivania a fare un lavoro che molti definirebbero “vero”. E quindi ho deciso che avrei voluto liberarmi di questo peso pubblicando autonomamente tutto in un singolo volume. Tutto ciò che c’è stato fino a ora è lì, punto, ora si va a capo e si ricomincia. Non potete immaginare come sia liberatorio rompere le catene che ti legano al passato. Come quando consigliano alle coppie che si lasciano di buttare nella spazzatura tutte le cose che ti ricordano lui o lei, avete presente?

A ogni storia ho aggiunto una postfazione per dare ai lettori uno scorcio di cosa ognuna significasse per me e… in realtà è anche andata bene. Il numero di copie in circolazione è un numero a tre cifre. Più di quanto avrei mai immaginato.

E ora parlaci un po’ di “Dragon Ball. Da Tezuka a Toriyama”

È il progetto su cui ho davvero speso più energie, e alcune di quelle pagine sono scritte con in corso il mal di stomaco di chi ha bevuto un energy drink di troppo per lavorare fino alle 5 del mattino, dormire fino alle 8, e rimettersi a lavoro… perché sempre così va a finire: anche se hai 8 mesi di tempo per scrivere, finisce che devi fare nottata fino al giorno prima della consegna perché se qualcosa può andare storto… beh, andrà sorto!

Ma parliamo di cose belle, dai ahaha

Crac Edizioni è una piccola casa editrice con un grande catalogo di saggistica musicale che ha deciso di buttarsi anche in quella legata al fumetto, e si dia il caso io sia stato il primo candidato a parlare di manga! La prima volta in cui ci siamo parlati, con l’editore, è stato in una videochiamata che ricordo a tratti perché -loro non lo sanno- avevo il Covid.

Ricordo però, perché credo sia stata la parte più bella di tutto il lavoro, che mi diedero completa carta bianca su qualsiasi cosa, a patto che fosse comunque inerente a ciò che faccio su YouTube. L’unica condizione era il cercare di non uscire dalle 250 pagine di lunghezza e… non l’ho rispettata, il saggio è di 310 pagine circa. Ops. Però questo può farvi anche capire come tutto ciò che è tra quelle pagine è così come l’avrei voluta io: niente è stato tagliato via durante l’editing.

“Dragon Ball. Da Tezuka a Toriyama” non l’ho mai inteso, durante la scrittura, come un saggio su Dragon Ball, bensì come un saggio su ciò che ha portato alla nascita di Dragon Ball… che sono concettualmente due cose molto diverse.

Dragon Ball è il punto di arrivo di quelle 310 pagine, perché prima di parlare di Dragon Ball, e dell’arte e narrativa di Toriyama, bisogna anche capire come mai il manga si sia sviluppato in una determinata direzione; cosa questo abbia a che fare con gli americani, la bomba atomica, Godzilla e il teatro Kabuki; come una compagnia di sole attrici femminili abbia modificato lo stile artistico di una generazione di mangaka; e come uno show anni ’60 con un tizio in calzamaglia che picchia mostri di plastica sia quasi un vero proto-Dragon Ball.

Scrivere questo saggio è stato in realtà semplice perché è davvero un argomento per cui sono io stesso il primo vero grande appassionato, la parte difficile è stata recuperare decine di libri -quando andava bene in inglese, ma per lo più in giapponese- da cui ricavare quante più informazioni possibili e riorganizzarle poi in maniera coerente.

Sono davvero contento che chi lo sta leggendo mi abbia scritto per dirmi che lo sta anche apprezzando… certo, mi hanno fatto notare 2 o 3 errori di battitura (in una pagina ho scritto “Tokusatsu” senza una “u” e non me ne sono accorto!!) che mi hanno messo addosso un’ansia tale che non ho più aperto il mio stesso libro (non sia mai scoprissi che da quei 3 errori di battitura se leggi bene esce fuori che ce ne sono altri 397), ma sapere di essere apprezzato per una cosa che ho scritto con tutta la mia passione è molto gratificante.

Oltre ai manga e agli autori giapponesi, segui anche autori di altri paesi?

Ops, a questo ho già risposto sopra!

Ne approfitto per dire che invece come registi provo una profonda ammirazione per Woody Allen e Roman Polanski. Ammirazione per i loro lavori, non per altro. Non sia mai qualcuno possa venire qui a dirmi che supporto cose che non è il caso di ricordare in questa intervista.

 Come sta messo il fumetto italiano secondo te, ora che inizi a vederlo anche in veste di autore?

Quando inizi a essere un “autore” inizi davvero ad avere possibilità di parlarne in maniera più ragionata, il problema è che questo però ti fa apparire anche come il “rosicone” che magari non riesce a raggiungere il traguardo sperato e quindi si lamenta dell’ambiente.

Paradossalmente, sei più ascoltato quando parli da esterno.

Questa cosa l’ho sempre percepita anche da semplice “youtuber”. Uno youtuber fa un brutto video? Se sei un utente puoi dirlo, puoi scrivergli che fa schifo, puoi dire a tutti di non guardare quel video… Se sei a tua volta un creator invece, e dici che quel video è brutto, allora stai sicuramente rosicando perché lui è più famoso di te.

Che possiamo farci? Niente.

Torniamo al fumetto però, non allo pseudo gossip. Sinceramente non so bene cosa dirti, perché in linea di massima sono sempre stato un pessimista a livelli patologici su queste cose: per me il fumetto in Italia è… “ok”… abbiamo grandi autori che tirano avanti il carrozzone, ma autori giovani faticano sempre più a imporsi a meno che non abbiano già decine di migliaia di follower capaci di assicurare vendite a prescindere da tutto.

È come aver ereditato una grandissima somma da un lontano parente (= pubblicare gli autori affermati, un Zerocalcare per dire) e campare di quella rendita facendo ogni tanto un lavoretto giusto per non dire in giro che passi il giorno a giocare ai videogiochi (= pubblicare piccoli autori).

Ma lo dico io, che oltre a rosicone sono anche un pessimista.

 Ho letto che stai lavorando a un altro fumetto. Vuoi svelarci qualcosa? Sarà serializzato o stand-alone?

È ancora davvero proprio un progetto in fase embrionale, quindi non saprei neanche come parlarne in maniera più specifica, ma so già che l’idea è quella di un volume singolo.

Ho quaderni di appunti a riguardo della storia che vorrei scrivere, ma il saggio ha completamente assorbito il mio tempo per praticamente un intero anno (dato che anche dopo aver consegnato il tutto ho comunque lavorato anche sul suo marketing)… quindi chissà quanto ci vorrà!

Però sarà una storia nata in parte da esperienze personali, perché come diceva anche Andrea Pazienza: noi fumettisti parliamo di noi perché siamo il modello più a buon mercato che conosciamo.

Progetti per il futuro?

A parte trovare il tempo di lavorare al sopracitato fumetto, sto già pensando a un nuovo possibile saggio… non è detto sarà nuovamente con la stessa casa editrice (non perché io non voglia, ma perché non ho ancora osato chiedere ahaha), ma nel peggiore dei casi sarà semplicemente autoprodotto. Perché banalmente è ciò che mi piace fare.

Argomento del futuro saggio? Chi lo sa, qualche spunto c’è, ma se ne riparlerà a tempo debito.

Su YouTube invece il progetto per il mio futuro è variare sempre di più gli argomenti… per quanto mi piacciano alcuni fumetti in particolare e ne parlerei per ore, non voglio precludermi di parlare di altre cose che mi piacciono solo perché “Ocelot è quello che parla di quella cosa”.

Un giorno mi piacerebbe anche provare la mossa “Zeb89”, come la chiamo io in codice scherzandoci sopra: fare video in inglese. Ovviamente senza abbandonare il pubblico italiano, ma fare un sorta di riciclo: registrare ogni audio sia in italiano che in inglese, quindi montare un singolo video limitandomi a caricare su OcelotMDB la versione italiana e su un secondo canale l’esatto identico video ma in inglese… alcuni miei video hanno già la possibilità di attivare i sottotitoli in inglese, e ho notato che hanno generato visual anche da spettatori non italiani.

 

E ora qualche domandina un po’ più leggera…

 I tuoi video sono sempre molto dettagliati. Quando li guardo mi immagino con quanta dovizia e meticolosità scegli le cose da dire, fai screening delle informazioni, filtri le fake news….e poi arrivano i commentatori molesti. Hai mai pensato “ma chi me lo fa fare?”

Ammazza, leggerissima ahahah Beh, sì, io penso “chi me la fa fare” costantemente. Non c’è un singolo video per cui non lo abbia pensato dalle 3 alle 30 volte anche nel solo giorno di uscita.

E chi me la fa fare?

Non l’ho ancora capito neanche io, ma immagino sia semplicemente perché, come tutti quelli che ci mettono così tanto la faccia in ciò che fanno, mi faccia anche piacere “essere visto”.

 

Se un domani ti trovassi davanti a una folla, durante una fiera del fumetto e stessi facendo una conferenza e qualcuno dal pubblico urlasse “Dragon Ball fa schifo!”…useresti la Kamehameha, il Garlic Cannon o una bella Genkidama creata con le energie di noialtri fan di DB?

È successo. Non letteralmente “Dragon Ball fa schifo”, ma qualcuno l’ha chiesto “non sarà un po’ sopravvalutato?” ahahah In realtà a me piace parlare con chi non la pensa come me, a patto che siano effettivamente disposti ad avere una conversazione costruttiva e non solo a strillare a caso… perché altrimenti sì, Kamehameha e via ahaha.

O un “Sokidan”, la mossa di mio fratello Yamcha ingiustamente insultato da tutti!

Vuoi lasciare un messaggio ai lettori di Corriere Nerd?

Anche nelle cose che la maggior parte delle persone considerano banali o stupide può esserci tanto di cui parlare, e ciò che faccio io ne è la prova. Chi mai avrebbe pensato che su Dragon Ball, prodotto conosciuto perché “si danno le botte e diventano con i capelli gialli”, ci fosse così tanto da dire? Eppure eccoci qua.

Quindi non abbiate paura di parlare delle vostre passioni con chiunque, e di mettervi in gioco.

La nostra intervista finisce qui ragazzi e ragazze. Se vi è piaciuta e volete seguire Matteo nei suoi progetti, eccovi i suoi link:

Linktree (con tutti i social) | Dragon Ball – da Tezuka a Toriyama (saggio) | Punto e a Capo (fumetto)

Ecco Eleonora Sayaka: il retrocomputing si fa giovane!

Il retrocomputing può essere una passione giovane? Di sicuro con Eleonora Sayaka sì. Ci sono passioni che sembra abbiano “il marchio di fabbrica”. Ne sentiamo parlare e ci facciamo subito un’idea di come potrebbe essere la persona collegata. Se io adesso vi dicessi “retrocomoputing”, voi così, di primo acchitto a chi pensereste? Non vale se avete guardato l’immagine di copertina di questo articolo però. Di solito il retrocomputing è una passione associata a uomini o donne sopra i 40 anni (e raramente anche 30). Persone che hanno vissuto l’era dei vari Commodore 64, Amiga 500, Sega Master System, Super Nintendo, le prime PlayStation…persone che quando queste tecnologie erano in auge, loro erano bambini e cominciavano ad appassionarsi all’informatica.

E invece io oggi vi presento Eleonora, in arte Sayaka. Una Nerd come noi, con la passione per il retrocomputing. E no, non ha 42 anni portati molto bene. Ne ha la metà! E si interessa di retrocomputing. Il suo Canale YouTube, con oltre 22.000 iscritti è tutto a tema retrocomputing. Ma non si limita a parlarne, lei prende, smonta e rimonta vecchie macchine per riportarle in vita. E mentre lo fa ci dà anche preziosi cenni storici. Per chi è già appassionato, o ha vissuto quell’epoca (come me) ogni video è un tuffo nel passato. Un piacevole senso di nostalgia. Per chi invece non è appassionato, o non ha vissuto quei momenti, beh sono video molto educativi! Se non sappiamo da dove veniamo, come possiamo tracciare una direzione per il futuro? Ma bando alle ciance ora, tutto queso papocchio di introduzione era solo per dirvi che ho avuto l’onore di scambiare con Eleonora quattro chiacchiere. Ed ecco qua quello che ne è uscito fuori!

Intervista a Eleonora Sayaka, colei che ha reso il retrocomputing più giovane

Ciao Eleonora! Benvenuta su CorriereNerd. Ho già anticipato qualcosa io, ma ora tocca a te. Presentati e parla un po’ di te; quando nasce la tua passione per il retrocomputing?

Ciao! La mia passione per il retrocomputing è nata quando avevo circa 15 anni, ma solo alcuni anni fa, quando ho iniziato i miei studi in ingegneria informatica al Politecnico di Torino l’ho approfondita ulteriormente. Tuttavia, fin da piccola sono sempre stata circondata da retro computer e console, grazie alla collezione dei miei genitori. Da diversi anni però, hanno sviluppato altri interessi e priorità, e io ho iniziato ad utilizzare la loro collezione per i miei progetti di restauro e riparazione.

 

Nel tuo canale specifichi che non sei una professionista, ma le tue mani raccontano il contrario. Come hai imparato a restaurare tutti quei vecchi dispositivi?

Nonostante io stia studiando ingegneria informatica, molte delle mie conoscenze di elettronica e di retro computer le ho acquisite attraverso l’esperienza pratica e soprattutto seguendo altri Youtubers del settore come The 8-Bit Guy.

Pensi di farlo come lavoro in futuro? Magari facendo manutenzione anche su dispositivi contemporanei?

Al momento, considero questo più come una passione che un lavoro. Amo ciò che faccio e condividere i progetti e riparazioni attraverso il mio canale. Per quanto riguarda i dispositivi contemporanei, al momento mi sto concentrando principalmente sul restauro e la manutenzione dei computer a 8 bit. Tuttavia, sono sempre aperta a nuove opportunità e sfide nel campo dell’elettronica

A casa ripari tutto da sola? 

Sì, per i miei progetti di restauro e riparazione mi piace lavorare in autonomia. Tuttavia, è importante sottolineare che c’è una vasta comunità di appassionati di retrocomputer che sono una fonte inestimabile di informazioni e supporto. Video, forum e blog creati da altri appassionati sono spesso una risorsa preziosa di informazioni.

Ti intendi anche di software?

Sì, studiando al Politecnico, ho approfondito diversi linguaggi di programmazione, tra cui MySQL, Python e soprattutto C. Inoltre, ho avuto l’opportunità di seguire un corso su Linux che mi ha fornito una comprensione più approfondita del sistema operativo.

Avere dimestichezza con computer vintage aiuta a capire meglio la tecnologia contemporanea?

Assolutamente sì, credo che avere una solida comprensione dei computer vintage sia fondamentale per comprendere appieno l’evoluzione della tecnologia moderna. Le basi apprese da questi dispositivi rappresentano un punto di partenza cruciale per comprendere le radici e lo sviluppo della tecnologia contemporanea.

Cosa ti ha spinto ad aprire un canale YouTube per parlare di questa passione?

All’inizio, non avevo pianificato di aprire un canale YouTube , per un po’ di tempo, ho semplicemente svolto i miei progetti di riparazione senza documentarli. Tuttavia, dopo aver visto altri YouTubers con interessi simili, ho pensato che sarebbe stato divertente condividere i miei progetti per mostrare ad altri appassionati ciò che stavo facendo , ricevere consigli e magari ispirarli a fare lo stesso

Quale è stato il dispositivo più antico su cui hai mai messo mano?

Penso un gioco anni ’70 della Mattel che usavo quando ero piccola.

E quello più moderno?

Le mie cuffie bluetooth.

Pensi di portare altri format nel tuo canale? Ad esempio: ti vedremo mai aprire un iPhone? O comunque un apparecchio dei giorni nostri?

Al momento, sono focalizzata principalmente su computer e console retro. Non ho piani immediati per espandere il mio canale in direzioni diverse, ma non posso escludere la possibilità di esplorare altre aree in futuro. Tuttavia, al momento la mia passione e interesse prevalente rimangono i computer e le console retro, i computer retro pongono le basi per la comprensione dell’elettronica moderna. Capire come funzionano questi dispositivi vintage può sicuramente contribuire a una maggiore comprensione anche dei dispositivi moderni e delle loro funzionalità.

Ora qualche domandina un po’ più leggera:

La tua retro-console preferita?

Il Gameboy SP

Videogioco preferito dagli anni 70 ai 90? (Anche più di uno)

Super Mario 64 e Sonic the Hedgehog

Home Computer preferito (sempre di quel periodo)?

Il Commodore 64

Secondo te, storicamente, quale è stato il computer che ha veramente cambiato il mondo dell’informatica?

A mio parere il VIC-20

E la console?

La Playstation 1

Vuoi lasciare un messaggio ai nostri lettori?

Credo che esplorare la storia dell’informatica ci permetta di apprezzare appieno l’evoluzione dei computer nel corso dei decenni. Ogni macchina racconta una storia unica di creatività umana e innovazione tecnologica, trasmettendo un senso di ammirazione per l’ingegno che ha plasmato il mondo digitale di oggi. Spero che ognuno di voi possa cogliere l’opportunità di immergersi in questo affascinante viaggio nel passato tecnologico e scoprire l’ispirazione dietro ogni retrocomputer e console che attraversa il vostro cammino.

Bene ragazze e ragazzi, questa è Eleonora Sayaka. Se volete seguirla, vi lascio qui sotto tutti i suoi link. Mi raccomando fate un salto sul suo canale YouTube che è veamente interessante!

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Le Radici del Samhain: Alla Scoperta della Festa Celtica dell’Halloween

Mentre nelle nostre case fervono i preparativi per la notte di Halloween, io ho deciso di spiegarvi cosa è il Samhain; ovvero da dove Halloween ha origine. Il Samhain, pronunciato “sow-in,” è una festa antica celebrata dai Celti, principalmente in Irlanda, Scozia e Galles. Questa festività, che ha influenzato in modo significativo l’Halloween moderno, è caratterizzata da tradizioni di riti religiosi, celebrazioni comunitarie e credenze legate all’aldilà. In questo articolo, esploreremo le profonde radici del Samhain e come essa abbia contribuito a plasmare la nostra attuale festa di Halloween.

Origini Celtiche

Il Samhain, che significa letteralmente “fine dell’estate” in gaelico, era una festa celtica che segnava la fine del raccolto e l’inizio dell’inverno. I Celti credevano che in questa notte, il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigliasse, consentendo agli spiriti dei defunti di tornare sulla terra. Questa credenza sottolineava l’importanza dei riti propiziatori per placare gli spiriti e garantire il benessere della comunità nell’inverno imminente.

Tradizioni Samhain

Il Samhain era caratterizzato da una serie di tradizioni significative:

  1. Fuochi Sacri: I Celti accendevano grandi falò, chiamati “fuochi sacri,” per scacciare gli spiriti maligni e purificare la terra per il nuovo anno.
  2. Costumi: Si dice che i Celti indossassero costumi e maschere per confondere gli spiriti e sfuggire alla loro attenzione durante il Samhain. Questa tradizione è un chiaro antecedente delle attuali feste in costume dell’Halloween.
  3. Raccolta del Raccolto: Durante il Samhain, i Celti completavano il raccolto rimanente e sacrificavano bestiame per prepararsi all’inverno. Questo era un momento di condivisione comunitaria e solidarietà.
  4. Divinazione: Era comune praticare la divinazione durante il Samhain per cercare di prevedere il futuro. Questa pratica era spesso collegata all’amore, al matrimonio e alla prosperità.

Influenza sull’Halloween

Con l’arrivo del cristianesimo nelle terre celtiche, molte tradizioni del Samhain furono assimilate nella festa cristiana di Ognissanti, che si celebra l’1 novembre. Tuttavia, molte credenze e pratiche pagane persistettero sotto forma di tradizioni popolari.

L’arrivo degli immigrati irlandesi negli Stati Uniti nel XIX secolo portò il Samhain negli Stati Uniti, dove si mescolò con altre tradizioni e diede vita all’Halloween moderno. Le candele all’interno delle zucche, i costumi, il trick-or-treating e le storie spaventose hanno tutti radici nelle antiche tradizioni del Samhain.

In conclusione

Il Samhain è una festa celtica dalle radici profonde che ha influenzato notevolmente l’Halloween moderno. Questa festività, originariamente concepita per onorare gli spiriti e preparare la comunità all’inverno imminente, è stata tramandata attraverso i secoli e ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura contemporanea. Mentre celebriamo l’Halloween oggi con costumi spaventosi e dolcetti, è importante ricordare le sue radici e l’antica festa celtica che ha contribuito a darle vita.

Passkey: cos’è e come funziona il nuovo sistema di autenticazione senza password

Dopo aver parlato dei VPN, affronterò oggi un nuovo argomento inerente la sicurezza online: la Passkey, ovvero l’autenticazione senza password, per una navigazione ancora più sicura.

Le password sono uno dei metodi più diffusi per proteggere i propri account online, ma sono anche uno dei più vulnerabili. Infatti, le password possono essere facilmente dimenticate, rubate, intercettate o indovinate da malintenzionati, mettendo a rischio la sicurezza e la privacy degli utenti. Per questo motivo, molte aziende tecnologiche stanno cercando di sostituire le password con sistemi di autenticazione più sicuri e comodi, basati su fattori biometrici o su token di sicurezza hardware. Tra queste, c’è anche Google, che ha recentemente introdotto il supporto per le Passkey, un nuovo sistema di autenticazione senza password che promette di rendere l’accesso ai servizi di Google più facile e sicuro che mai. Ma cos’è esattamente una Passkey e come funziona? Scopriamolo insieme in questo articolo.

Cos’è la Passkey: l’autenticazione senza password

Una Passkey è una credenziale digitale, legata a un account utente e a un sito web o a un’applicazione. Le Passkey permettono agli utenti di autenticarsi senza dover inserire un nome utente o una password, o fornire alcun fattore di autenticazione aggiuntivo. Questa tecnologia mira a sostituire i meccanismi di autenticazione tradizionali come le password.

Le Passkey si basano sul protocollo FIDO2, uno standard aperto e interoperabile che consente di usare fattori di autenticazione basati su crittografia asimmetrica, come il riconoscimento biometrico del viso o delle impronte digitali, o una chiave di sicurezza hardware. Questi fattori sono molto più sicuri delle password, in quanto sono univoci per ogni sito web o applicazione, non possono essere rubati o intercettati da terze parti e sono resistenti ai tentativi di phishing.

Le Passkey sono anche molto comode da usare, in quanto eliminano la necessità di memorizzare o digitare password lunghe e complesse. Inoltre, le Passkey possono essere usate su tutti i dispositivi supportati, tra cui smartphone, tablet e computer. Basta autenticarsi con il metodo di sblocco preferito per ottenere l’accesso all’account in pochi secondi.

Come attivare una Passkey

Per attivare una Passkey e poter effettuare un’autenticazione senza password su un dispositivo Windows o macOS, è necessario avere un browser supportato come Chrome, Safari o Edge. Inoltre, è necessario avere un account Google e aver abilitato la verifica in due passaggi.

Segui questi passaggi per attivare una Passkey:

  • Apri il sito web o l’app che supporta le Passkey (ad esempio Gmail)
  • Accedi al tuo account Google con la tua password e il tuo fattore di verifica in due passaggi
  • Vai alle impostazioni dell’account e seleziona la voce “Passkey”
  • Scegli dove salvare la Passkey. Per impostazione predefinita, Windows offre la possibilità di salvare la Passkey in locale se usi Windows Hello. Se selezioni l’opzione “Usa un altro dispositivo”, puoi scegliere di salvare la Passkey in una delle seguenti posizioni:
    • Questo dispositivo Windows: la Passkey viene salvata in locale nel dispositivo Windows e protetta da Windows Hello (biometrica e PIN)
    • iPhone, iPad o dispositivi Android: la Passkey viene salvata in un telefono o tablet, protetta dalla biometria del dispositivo, se offerta dal dispositivo. Questa opzione richiede la scansione di un codice QR con il telefono o il tablet, che deve essere vicino al dispositivo Windows
    • Dispositivo collegato: la Passkey viene salvata in un telefono o tablet, protetta dalla biometria del dispositivo, se offerta dal dispositivo. Questa opzione richiede che il dispositivo collegato sia in prossimità del dispositivo Windows ed è supportata solo per i dispositivi Android
    • Chiave di sicurezza: la Passkey viene salvata in una chiave di sicurezza FIDO2, protetta dal meccanismo di sblocco della chiave (ad esempio biometria o PIN)
  • Seleziona “Avanti” e completa il processo nel dispositivo scelto

Per attivare una Passkey su un dispositivo Android o iOS, è necessario avere un browser supportato come Chrome (versione 109 o successiva) o Safari (versione 16 o successiva). Inoltre, è necessario avere un account Google e aver abilitato la verifica in due passaggi.

Segui questi passaggi per attivare una Passkey:

  • Apri il sito web o l’app che supporta le Passkey (ad esempio Gmail)
  • Accedi al tuo account Google con la tua password e il tuo fattore di verifica in due passaggi
  • Vai alle impostazioni dell’account e seleziona la voce “Passkey”
  • Scegli dove salvare la Passkey. Per impostazione predefinita, il tuo dispositivo offre la possibilità di salvare la Passkey in locale e protetta dalla biometria del dispositivo, se offerta dal dispositivo. Se selezioni l’opzione “Usa un altro dispositivo”, puoi scegliere di salvare la Passkey in una chiave di sicurezza FIDO2, protetta dal meccanismo di sblocco della chiave (ad esempio biometria o PIN)
  • Seleziona “Avanti” e completa il processo nel dispositivo scelto

Come rimuovere una Passkey

Se vuoi rimuovere una Passkey da un dispositivo, devi seguire questi passaggi:

  • Apri il sito web o l’app che supporta le Passkey (ad esempio Gmail)
  • Accedi al tuo account Google con la tua password e il tuo fattore di verifica in due passaggi
  • Vai alle impostazioni dell’account e seleziona la voce “Passkey”
  • Trova il dispositivo da cui vuoi rimuovere la Passkey e seleziona l’icona del cestino
  • Conferma la rimozione della Passkey

Nota: rimuovendo una Passkey da un dispositivo, non rimuovi le altre Passkey associate allo stesso account. Se vuoi disattivare completamente le Passkey per il tuo account, devi rimuovere tutte le Passkey associate.

In Conclusione

Le Passkey sono un nuovo sistema di autenticazione senza password che offre agli utenti un modo più sicuro e comodo per accedere ai servizi di Google. Le Passkey si basano su fattori di autenticazione basati su crittografia asimmetrica, come il riconoscimento biometrico del viso o delle impronte digitali, o una chiave di sicurezza hardware. Questi fattori sono molto più sicuri delle password, in quanto sono univoci per ogni sito web o applicazione, non possono essere rubati o intercettati da terze parti e sono resistenti ai tentativi di phishing. Le Passkey sono anche molto comode da usare, in quanto eliminano la necessità di memorizzare o digitare password lunghe e complesse. Inoltre, le Passkey possono essere usate su tutti i dispositivi supportati, tra cui smartphone, tablet e computer. Basta autenticarsi con il metodo di sblocco preferito per ottenere l’accesso all’account in pochi secondi.

Per attivare una Passkey, è necessario avere un browser supportato come Chrome (versione 109 o successiva), Safari (versione 16 o successiva) o Edge (versione 109 o successiva). Inoltre, è necessario avere un account Google e aver abilitato la verifica in due passaggi. Il processo di attivazione è semplice e veloce e può essere eseguito su qualsiasi dispositivo supportato. Per rimuovere una Passkey da un dispositivo, basta seguire i passaggi indicati nelle impostazioni dell’account.

Le Passkey sono il futuro dell’autenticazione e per un buon motivo! Sono incredibilmente facili da usare e intuitivi, eliminando la necessità di complicati processi di creazione delle password e l’inconveniente di ricordarli. Inoltre, sono un’opzione molto più sicura rispetto alle password tradizionali. Se vuoi rendere la tua vita online più facile e sicura, ti consiglio di provare le Passkey e scoprire i loro vantaggi. Non te ne pentirai!

Finalmente è arrivato Microsoft Copilot. Ma cos’è?

Microsoft Copilot è uno strumento di produttività basato sull’intelligenza artificiale che ti aiuta a creare contenuti di qualità in modo rapido e semplice. In questo articolo, ti spiegherò cos’è Microsoft Copilot, come funziona, quali sono i suoi vantaggi e come puoi usarlo per migliorare la tua esperienza di lavoro.

Cos’è Microsoft Copilot?

Con l’aggiornamento 22H2, su Windows 11 finalmente è arrivato Microsoft Copilot. Ma cos’è nel dettaglio Microsoft Copilot? Perché fa così tanto scalpore questa novità? Beh, per dirla in gergo NERD; ci stiamo sempre di più avvicinando ai computer intelligenti di Star Trek. Se infatti con gli assistenti vocali possiamo controllare la nostra smart home e fare acquisti su internet (tra le tante altre funzionalità), con Microsoft Copilot abbiamo il pieno controllo del nostro computer senza sforzo.

Microsoft Copilot è una funzionalità integrata in alcune applicazioni di Microsoft 365, come Word, Excel, PowerPoint, Outlook e Teams, che vi permette di generare testo, immagini, grafici e presentazioni usando il linguaggio naturale. Potete chiedere a Copilot di scrivere una frase, un paragrafo, un riassunto, una lista, una domanda o qualsiasi altra cosa vi serva. Copilot usa i modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) per capire la vostra richiesta e creare un contenuto personalizzato e rilevante per il vostro contesto. Copilot si basa anche sui dati della vostra organizzazione, disponibili nel Microsoft Graph, per fornirvi informazioni aggiornate e accurate. Ma non finisce qui! Microsoft Copilot è anche un’app capace di aiutarci a gestire il nostro computer senza dover imparare tutti i passaggi per fare qualsiasi cosa. E anche con la voce!

Come posso usare Microsoft Copilot?

Con l’ultimo aggiornamento di Windows, Microsoft Copilot si è integrato nel sistema e parte come applicazione. Purtroppo, per l’UE bisogna ancora aspettare per via di questioni burocratiche, anche se esistono diversi metodi alternativi (che potete trovare online) per riuscire ad averlo in anteprima anche nel nostro paese.

Microsoft Copilot può essere utilizzato in un contesto di lavoro, in quanto strumento integrato di Microsoft 365 (il caro vecchio “Office”). Può scrivere articoli ed email, elaborare presentazioni in Power Point, estrapolare i dati da una relazione e generare grafici e statistiche, tradurre testi da e in altre lingue, trascrivere testi da video di YouTube e tanto altro ancora. Un assistente virtuale attivo 24 ore a cui possiamo chiedere tutto che ci farà risparmiare la metà del tempo per fare qualsiasi cosa. Ma non solo: vuoi cambiare il tema del tuo computer da chiaro a scuro o viceversa? Vuoi cambiare una qualsiasi impostazione? Vuoi fare una ricerca sul web? Basta chiedere a Copilot in chat (anche usando la voce) di farlo, e lui lo farà!

Eccoti un video in cui Copilot viene usato per l’ufficio:

Introducing Microsoft 365 Copilot | Your Copilot for Work

Ed eccoti un altro video che illustra le sue funzionalità complete:

Microsoft Copilot: Your everyday AI companion

Il futuro è già qui?

Penso che questa novità, unita agli assistenti vocali da casa, ci avvicini sempre di più a quel “futuro alla star trek” di cui abbiamo già parlato in questo blog. Anche se le IA ormai non sono più il futuro, ma il presente. La cosa ti spaventa? Aspetta. Pensa solo una cosa: il cambiamento è in atto e il futuro è già in corso. Il progresso non può essere fermato e tu non devi permettere alla paura di farti rimanere indietro. L’Intelligenza Artificiale non “ruberà il lavoro” agli umani, bensì lo migliorerà. Lo semplificherà. A parità di salari e lavorando su obiettivi (e non più a orario), avremo tutti la possibilità di guadagnare di più, lavorando di meno, ma più organizzati. Un sogno che si avvera.

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