La bella addormentata nel bosco

La bella addormentata nel bosco (Sleeping Beauty) è un film d’animazione del 1959 diretto da Clyde Geronimi, Eric Larson, Wolfgang Reitherman e Les Clark, realizzato con la tecnica dell’animazione e prodotto da Walt Disney basandosi sulla fiaba La bella addormentata di Charles Perrault. È il 16º Classico Disney e uscì negli Stati Uniti il 29 gennaio 1959 distribuito dalla Buena Vista Distribution.

Trama

Il film narra la storia di Aurora, una principessa nata dal matrimonio tra il re Stefano e la regina Leah. Al suo battesimo, la principessa riceve la visita delle tre fate Flora, Fauna e Serena, che le donano rispettivamente la bellezza, la voce e il dono dell’amore. Tuttavia, prima che Serena possa esprimere il suo dono, irrompe nella sala del trono la strega Malefica, che maledice la principessa dicendo che il giorno del suo sedicesimo compleanno si pungerà il dito con il fuso di un arcolaio e morirà. Serena, pur non potendo annullare la maledizione, riesce a mitigarla dicendo che Aurora non morirà, ma cadrà in un sonno profondo dal quale potrà essere risvegliata solo dal bacio del vero amore. Per proteggere la principessa, le tre fate decidono di portarla in una casetta nel bosco e di crescerla sotto il nome di Rosa, senza usare la magia e senza rivelarle la sua vera identità. Il giorno del suo sedicesimo compleanno, Rosa incontra nel bosco il principe Filippo, di cui si innamora, senza sapere che egli è il figlio del re Uberto, con cui i suoi genitori l’avevano promessa in sposa alla nascita. Le tre fate, intanto, preparano una festa a sorpresa per Rosa e usano la magia per creare un abito e una torta, ma le loro scintille attirano l’attenzione del corvo di Malefica, che le segue fino alla casetta e scopre il nascondiglio della principessa. Rosa torna a casa e le tre fate le rivelano la verità sulla sua origine e la portano al castello dei suoi genitori, dove viene attirata da una misteriosa voce fino a una stanza dove trova un arcolaio. Rosa si punge il dito e cade in un sonno incantato, mentre le tre fate riescono a catturare il corvo e a scoprire che Filippo è il principe a cui Rosa è destinata. Le fate si recano al castello di Malefica, dove Filippo è stato fatto prigioniero, e lo liberano, donandogli una spada e uno scudo magici. Filippo affronta Malefica, che si trasforma in un enorme drago, e riesce a ucciderla con la spada, che si conficca nel suo cuore. Filippo raggiunge la torre dove giace Rosa e la bacia, spezzando la maledizione. Rosa si risveglia e abbraccia Filippo, mentre le tre fate si occupano di far combaciare il colore dell’abito di Rosa con quello preferito da ciascuna di loro. Il film si conclude con il matrimonio tra Rosa e Filippo, che ballano insieme sotto lo sguardo benevolo dei loro genitori e delle tre fate.

Produzione

La produzione de La bella addormentata nel bosco iniziò nel 1951, quando Walt Disney decise di realizzare un film basato sulla fiaba di Perrault, che aveva già ispirato il balletto di Čajkovskij. Disney affidò la sceneggiatura a Erdman Penner, che si basò sia sulla versione letteraria che su quella musicale della storia. Disney volle che il film avesse uno stile artistico diverso dai precedenti film d’animazione, più vicino all’arte medievale e al gotico. Per questo, scelse come art director Eyvind Earle, un pittore che aveva lavorato come sfondista in alcuni cortometraggi e lungometraggi Disney. Earle creò degli sfondi dettagliati e stilizzati, con colori vivaci e forme geometriche, che richiedevano un’animazione più rigida e precisa dei personaggi. Disney approvò lo stile di Earle, ma alcuni animatori, tra cui Frank Thomas e Ollie Johnston, si lamentarono della mancanza di libertà creativa e della difficoltà di adattare i personaggi agli sfondi. Il film fu realizzato con la tecnica del Super Technirama 70, che permetteva di ottenere un’immagine più ampia e definita, ma anche più costosa. Il film fu anche il primo film d’animazione ad essere girato in widescreen, con un rapporto di 2,55:1. Il film richiese sei anni di lavorazione e un budget di sei milioni di dollari, il più alto per un film d’animazione fino ad allora.

Colonna sonora

La colonna sonora del film fu composta da George Bruns, che si ispirò alle musiche del balletto di Čajkovskij. Bruns adattò le melodie di Čajkovskij in modo da renderle più adatte al film, aggiungendo anche alcune canzoni originali. Le canzoni principali del film sono:

  • Canto di primavera (Hail to the Princess Aurora), cantata dal coro durante il battesimo di Aurora.
  • Io lo so (I Wonder), cantata da Aurora nel bosco mentre sogna il suo principe.
  • E’ un sogno anche per me (Once Upon a Dream), cantata da Aurora e Filippo nel bosco mentre ballano insieme.
  • Skumps, cantata dai re Stefano e Uberto durante il banchetto per il ritorno di Aurora.
  • Malefica appare (The Gifts of Beauty and Song/Maleficent Appears/True Love Conquers All), cantata dal coro durante la scena della maledizione di Malefica.
  • Battaglia finale (The Burning of the Spinning Wheels/The Fairies Plan/Battle with the Forces of Evil), cantata dal coro durante la scena finale del film.

La colonna sonora del film fu nominata per l’Oscar alla migliore colonna sonora nel 1960, ma perse contro Porgy and Bess.

Accoglienza

La bella addormentata nel bosco uscì nelle sale statunitensi il 29 gennaio 1959, ma non ebbe il successo sperato da Disney. Il film incassò solo 5,3 milioni di dollari, non riuscendo a coprire i costi di produzione. La critica fu divisa tra chi apprezzò lo stile artistico e la colonna sonora del film, e chi lo trovò troppo freddo e distaccato rispetto ai precedenti film Disney. Il film fu anche accusato di essere troppo simile a Biancaneve e i sette nani, sia per la trama che per i personaggi. Il film fu considerato un fallimento da Disney, che decise di non produrre più film basati su fiabe per i successivi trent’anni. Il film fu riproposto nelle sale nel 1970, nel 1979, nel 1986 e nel 1995, ottenendo un maggiore successo e una rivalutazione critica. Il film fu anche restaurato e distribuito in DVD nel 2003 e in Blu-ray nel 2008. Il film è oggi considerato uno dei capolavori di Disney e uno dei più bei film d’animazione di tutti i tempi. Il film ha avuto anche un grande impatto culturale, rendendo famosi i personaggi di Aurora, Filippo e Malefica, quest’ultima considerata una delle più grandi cattive della storia del cinema. Il film ha ispirato anche numerosi adattamenti e riferimenti in altri media, tra cui il balletto, l’opera, il cinema, la televisione, i fumetti e i videogiochi.

Biancaneve e la magica rappresentazione Disney torna in 4k

Biancaneve e i sette nani, tratto dall’omonimo libro dei fratelli Grimm, ha segnato una svolta nella storia del cinema. Questo primo lungometraggio d’animazione Disney, uscito nel 1937, ha influito su generazioni intere e ha definito un intero genere cinematografico. L’adattamento della fiaba dei fratelli Grimm ha ricevuto l’Oscar onorario alla Walt Disney nel 1938 dalla Academy Motion Pictures Arts and Sciences ed è ancora considerato un punto di riferimento di Hollywood, rimanendo rilevante anche dopo decenni.

Mentre aspettiamo l’uscita del tanto atteso live-action di Biancaneve con Rachel Zegler nel ruolo principale, che continua a dividere opinioni e a suscitare critiche, possiamo distrarci con una nuova versione restaurata in 4K del grande classico, disponibile in streaming su Disney+ dal 16 ottobre.

Il Film del 1937

Il film originale, realizzato con la tecnologia Technicolor e distribuito dalla RKO Radio Pictures, ha stabilito nuove tecniche di animazione e ha influenzato le fiabe di successo future. La caratterizzazione dei personaggi e le tecniche utilizzate in questo lungometraggio hanno fornito una base su cui sono state costruite molte delle fiabe disneyane di grande successo.

La trama del film ruota attorno a una bellissima principessa quattordicenne, Biancaneve, costretta dalla sua perfida matrigna, la Regina-Strega, a svolgere umili mansioni domestiche. Nella scena iniziale del film, Biancaneve incontra il suo Principe Azzurro vicino a un pozzo e lui si innamora di lei all’istante. Tuttavia, Biancaneve scappa perché sa di non poter realizzare i suoi sogni e desideri in quel momento. Il loro ricongiungimento avviene solo alla fine del film.

Nel frattempo, la Regina consulta il suo Specchio Magico per sapere chi è la più bella del regno e viene a sapere che non è più lei, ma è diventata la giovane e innocente Biancaneve. Furiosa per l’invidia, la Regina ordina a un cacciatore di ucciderla e di portarle il cuore come prova della sua morte. Tuttavia, il cacciatore viene commosso e non riesce ad ucciderla, quindi la lascia scappare nella foresta. Biancaneve trova rifugio in una casetta abitata da sette nani, che la accolgono dopo il suo gesto gentile di ripulire e ordinare la loro casa.

La Regina scopre che la sua rivale è ancora viva e decide di ucciderla personalmente, presentandosi a Biancaneve travestita da vecchia. Biancaneve accetta la mela avvelenata donata dalla strega in modo innocente e cade in un sonno profondo, facendo credere a tutti che sia morta. La strega muore mentre cerca di scappare dai nani inferociti e sembra non esserci speranza per Biancaneve. Viene posta in una bara di cristallo, ma viene salvata dal Principe Azzurro che, riconoscendola, la risveglia con un bacio.

Differenze con la fiaba

Una delle caratteristiche distintive dell’approccio Disney è la loro capacità di adattare e americanizzare le fiabe europee, rendendole più accessibili e adatte al pubblico moderno, evitando la censura. Questo è evidente in Biancaneve, che presenta differenze significative rispetto alla fiaba originale per renderla più adatta alle preferenze del pubblico. Assistiamo prima di tutto ad un “alleggerimento” di alcuni contenuti evidentemente quasi macabri e di conseguenza poco diretti a spettatori su cui si desiderava fare presa più tramite le immagini ,la magia dei colori e le musiche, che dal contenuto stesso.

Nella versione originale per esempio,la figura della Strega-Regina una volta ricevuto il cuore di Biancaneve, a seguito dell’aver commissionato la sua uccisione ad opera del cacciatore, si nutre di esso.Passaggio non certo riportato nel film. Inoltre ,sempre la Strega-Regina, riesce a consegnarle la mela avvelenata solo a seguito di due tentativi falliti fatti sotto mentite spoglie e la sua morte  avviene per mezzo di una tortura: al matrimonio di Biancaneve viene costretta a calzare scarpe di ferro roventi e a ballarci fino alla fine.

Nella versione Disney c’è una scena più soft in cui essa rimane schiacciata sotto un masso durante fuga dai nani.

La stessa figura della Strega-Regina appare diversa tanto che inizialmente incorse anche in alcune critiche poiché  essendo caratterizzata in maniera fortemente negativa (nel libro era una bellissima regina) tale da poter fare paura ad un bambino, ma comunque coerente con i principi Disney secondo i quali la distinzione fra i buoni e i cattivi, fra il male e il bene, doveva essere nettissima anche nelle immagini e soprattutto nei colori ( le scene in cui la Regina interagisce con il suo Specchio Magico sono rese con colori scuri e spaventosi in atmosfere inquietanti che non lasciano dubbi alla comprensione del suo personaggio).

Un’altra grande caratteristica introdotta nella versione Disney è l’inserimento dei cosiddetti co-protagonisti  , cioè personaggi che nella versione riadattata vengono dotati di grande di grande personalità  ricoprendo un ruolo quasi decisivo nella storia, inoltre costituiscono l’occasione per creare gang ed aggiungere passaggi esilaranti,  che risultano tanto utili al conseguimento dell’obiettivo piacevolezza del film.

Nel caso di Biancaneve c’è la forte caratterizzazione delle figure dei nani i quali diventano molto più importanti e significativi e vengono realizzati a seguito di uno studio ragionato.

I loro nomi vengono scelti in gruppo di circa 50 possibilità e modellati sulla base delle caratteristiche che i personaggi avrebbero assunto, quindi :

  • Dotto (Doc,dottore) affetto da divertenti problemi di pronuncia,
  • Brontolo (Grumpy, scorbutico) inizialmente infastidito dalla presenza di Biancaneve ma poi in realtà buonissimo,
  • Gongolo (Happy,contento) sempre felice e in vena di scherzi,
  • Mammolo (Bashful, cioè timido) diventa rosso di continuo,
  • Pisolo (Sleepy, sonnolento) sempre in vena di riposini,
  • Eolo (Sneezy, da sneeze starnuto)  dagli starnuti fragorosi
  • Infine Cucciolo (Dopey “addormentato” nel senso che non e’ troppo furbo)è il più giovane ma è calvo.Si decise di renderlo muto poiché non fu mai trovata una voce adatta a lui.

I nani sono molto presenti e decisivi nel ruolo di accogliere e difendere Biancaneve ; infine molto coinvolti anche nel suo triste destino.

Il Principe è anch’esso più presente in quanto compare sin dall’inizio ,innamorandosi perdutamente di Biancaneve e giurandole amore fin dalla prima scena. Inoltre viene considerato l’eroe  poiché con un bacio salvatore libera la sua amata dall’incantesimo generato dalla perfida strega. Questo finale ,molto romantico e dolce, non corrisponde affatto a quello tradizionale in cui la salvezza di lei avviene in modo fortunato ma “accidentale” in una circostanza diversa. Il Principe infatti, nota Biancaneve per la prima volta  mentre già giace apparentemente morta nella bara di cristallo vegliata dai nani. A questo punto ,catturato dalla sua bellezza, implora i nani di poterla portare nel suo castello per ammirarla in eterno  ed essi toccati dalla sua devozione accettano la richiesta. Nel mentre viene trasportata, uno dei servitori del Principe inciampa su una radice facendo ruzzolare la bara.Durante la caduta il torsolo avvelenato esce dalla bocca di lei riportandola in vita.

Il finale, come già menzionato, che vede la Regina-Strega  morire nelle torture, è comprensibilmente anch’esso poco in linea con l’idea di creare una favola che sia prima di tutto uno show e che dia 83 minuti di vero intrattenimento.

Musiche e Animazioni

A questo proposito è importante fare riferimento anche alla cura e al ruolo che la colonna sonora riveste poiché rende il film un musical animato accompagnando le diverse scene con musiche perfettamente in armonia con i sentimenti suscitati nei vari passaggi. Il film fu il primo ad avere un album con colonna sonora originale di cui solo otto delle venticinque canzoni realizzate vennero effettivamente utilizzate.Sempre per la colonna sonora ottenne anche una candidatura al premio Oscar.La cura delle immagini e dei colori  è importantissima e, secondo l’ottica Disney, essenziale per avere presa sul pubblico, che doveva venire eccitato e stimolato.Biancaneve e sette nani ottenne un incredibile successo di pubblico e di critica ,risultando nel 1938 il film con i maggiori incassi e  costituisce un punto di riferimento imprescindibile  poiché è un prezioso esempio d’analisi del modo in cui si sono modellate ed evolute le varie forme di lungometraggi d’animazione.Inizialmente fu fortemente criticato e la sua concreta realizzazione ebbe vita difficile in quanto tutta l’industria cinematografica di Hollywood lo definì “la follia di Disney”.Il costo complessivo fu di 1 milione e mezzo di dollari che per il 1937  era una cifra astronomica, inoltre impiegò tre anni di duro lavoro e, secondo le fonti ufficial,i furono impiegati 32 animatori,102 assistenti,167 intercalatori,20 scenografi,25 artisti dell’acquerello per dipingere gli sfondi,65 animatori per gli effetti e 158 pittori.Furono realizzate 2 milioni di illustrazioni usando 1500 tonalità di colori diversi.Il risultato ripagò ampliamente gli sforzi fatti.

L’eredità di Biancaneve

Biancaneve e i sette nani rimane  un’opera molto rappresentativa ,oltre che per il modello di qualità narrativa che costituisce ,anche come strumento d’analisi per cogliere la modalità  con cui egli ha inaugurato una tendenza che per anni ha influenzato l’industria del film fiaba.Tra i disegnatori di cartoni infatti, Disney fu  il primo a trasformare il film di fiaba in una vera istituzione per mezzo del cinema.Si potrebbe affermare  che egli fosse ossessionato da tale genere poiché in fondo gli ricordava la sua vita e le dure condizioni della sua infanzia ,dalle quali si era salvato per mezzo della creatività , elemento liberatorio e salvifico.

La scelta di Disney+ di proporre un nuovo restauro in 4K, nell’ambito del centenario della Walt Disney Company, ha rappresentato “un onore e una sfida”, ha dichiarato con orgoglio il regista Eric Goldberg (Pocahontas, Fantasia 2000), che insieme a Mike Giaimo (autore delle animazioni per Frozen) ha lavorato al restauro.

“Il nostro obiettivo era quello di rendere omaggio alla storia e far sì che il film fosse il più bello e fedele possibile nei colori originali”, hanno ammesso i due animatori, consapevoli del grande peso che incombeva su di loro nel perfezionare graficamente una pietra miliare del cinema. Il restauro è stato realizzato dal team di preservazione dei Walt Disney Studios, in stretta collaborazione con i Walt Disney Animation Studios, che erano già riusciti in un’impresa simile con l’immortale Cenerentola del 1950.

Dimenticando per un attimo le polemiche riguardanti le scelte della protagonista Rachel Zegler, siamo certi che milioni di bambini e adulti avranno l’opportunità di scoprire o riscoprire questo capolavoro generazionale, ammirandolo con gli occhi sognanti che solo Disney può suscitare.

cARToons, come nasce un capolavoro

cARToons, come nasce un capolavoro” è una nuova exhibit sul genio di Walt Disney nel centenario dalla nascita della sua “fabbrica dei cartoons” che si svolgerà dal 6 ottobre al primo novembre 2023 al Filandone di Martinengo. L’esposizione, allestita grazie alla collaborazione tra la Pro loco di Martinengo, il Comune e la galleria d’arte Art Events by Mario Mazzoleni,  propone oltre 60 bozzetti vintage originali con il timbro Disney dalla collezione degli anni ’40, insieme a opere d’arte moderne, sculture e installazioni luminose degli artisti contemporanei Si.Go. Art, Beppe Ranica, Antonio Murgia e Cartoon Maza.

La scelta di dedicare la mostra al genio di Walt Disney non è casuale, infatti, quest’anno segna il centesimo anniversario della fondazione della “The Walt Disney Company”, lo studio di animazione che è diventato un colosso mondiale nel corso dei decenni. La mostra sarà accompagnata da visite guidate, concerti, conferenze, laboratori e serate per grandi e piccini, a cui parteciperanno anche le associazioni locali.

Inoltre, il Concorso nazionale di pittura e scultura “Premio Arte Martinengo”, che si svolgerà il 8 ottobre come parte dei eventi collaterali della mostra, proporrà una sezione estemporanea sul tema “Martinengo: un borgo da favola”.

Il programma dell’evento include anche un laboratorio di Kamishibai per bambini, un concerto con le colonne sonore dei film Disney, una conferenza sul folklore europeo da cui Disney ha tratto ispirazione per i suoi famosi personaggi, una serata dedicata ai bambini con favole cupe di Disney e una serata musicale intitolata “Crepuscolo”. La mostra “cARToons, come nasce un capolavoro” rappresenta un’importante occasione per Martinengo, che ha ospitato mostre di successo in passato come “Il viaggio – Dalí incontra Dante” e “Memorabilia, il mito di Andy Warhol”.

Il presidente della Pro loco di Martinengo, Luca Plebani, sottolinea l’importanza dell’evento e ringrazia tutti coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione. Anche il curatore artistico dell’evento, Mario Mazzoleni, evidenzia l’importanza del mondo dei cartoons nell’arte contemporanea e l’influenza di Walt Disney in questo settore. Jessica Martinelli, vicesindaco e assessore alla Cultura, sottolinea il valore culturale dell’evento e l’opportunità di coinvolgere diverse fasce d’età, affermando che la mostra permette di sognare, tornare bambini e sviluppare la creatività.

Ub Iwerks e la nascita di Topolino

Ub Iwerks, noto animatore e collaboratore di Walt Disney, fu una figura chiave nella creazione dei primi cartoni animati di successo e fu fondamentale nella creazione del personaggio di Topolino.

Walt Disney e Ub Iwerks si incontrarono per la prima volta nel 1919, quando entrambi lavoravano presso lo studio di disegno grafico Pesmen-Rubin Commercial Art Studio. I due giovani artisti svilupparono una forte amicizia e collaborazione, che durò per molti anni e portò alla creazione di numerosi personaggi di successo. Dopo la serie Alice Comedies e la perdita dei diritti di Oswald the Lucky Rabbit, Iwerks rimase al fianco di Disney e insieme lavorarono segretamente a un nuovo personaggio: Topolino.

Secondo la biografia di Walt Disney, Topolino fu creato durante un viaggio in treno da New York a Los Angeles. Durante il viaggio, Walt Disney disegnò un topo antropomorfo ispirato a uno dei topi che aveva visto nel suo ufficio. In seguito, Disney chiese al suo amico Ub Iwerks di aiutarlo a sviluppare il personaggio. Iwerks creò i primi schizzi del personaggio e insieme i due artisti lo svilupparono ulteriormente disegnando praticamente da solo il primo cortometraggio di Topolino, L’aereo impazzito.

Il nome originale del personaggio era Mortimer Mouse, ma la moglie di Walt Disney suggerì di cambiarlo in Mickey Mouse. Il personaggio di Topolino divenne presto molto popolare e fu protagonista di numerosi cortometraggi e fumetti. Nel corso degli anni, Topolino è diventato un’icona della cultura popolare mondiale e uno dei personaggi più amati della Walt Disney Company.

Nonostante i primi corti non ottenessero successo, Walt Disney ebbe l’idea di realizzare un cartone animato sonoro. Iwerks lavorò a questo progetto e il risultato fu Steamboat Willie, proiettato il 18 novembre 1928 e diventato un successo strepitoso. Insieme a Walt Disney, Iwerks contribuì a sviluppare il design del personaggio e il suo stile distintivo nei primi cortometraggi a cartoni animati. Inoltre, Iwerks creò molti altri personaggi di successo comprimari di Mickey Mouse come Minni, Clarabella Cow, Orazio e Pietro Gambadilegno Nonostante la collaborazione tra Ub, Walt e il fratello Oliver sembrasse solida, i meriti e la gloria non furono equamente divisi.

Nel 1930, Ub Iwerks lasciò la Disney per fondare il suo studio, ma non ottenne il successo sperato e fallì dopo soli sei anni. Dopo un breve periodo alla Columbia Pictures, Iwerks tornò alla Disney nel 1940, dove si concentrò principalmente sullo sviluppo di nuovi macchinari ed effetti visivi. La sua tecnica innovativa di combinare animazione e scene dal vivo fu utilizzata per la prima volta nel film I racconti dello zio Tom. Ub Iwerks morì nel 1971, lasciando dietro di sé un’importante eredità nel mondo dell’animazione. Nel corso della sua carriera, ha ricevuto due premi Oscar per le sue innovazioni nel settore dell’animazione.

Il rapporto tra Walt Disney e Ub Iwerks fu caratterizzato da una forte amicizia e collaborazione artistica che portò alla creazione di numerosi personaggi iconici della cultura popolare mondiale. Nonostante le difficoltà incontrate nel corso degli anni, i due artisti rimasero in buoni rapporti e continuarono a collaborare in futuro.

Lo sciopero che sconvolse Walt Disney

Negli anni Quaranta, lo studio Disney era uno dei migliori ambienti di lavoro per gli animatori. Tuttavia, Walt Disney aveva posizioni rigide sulle questioni salariali e non si è piegato alle richieste dei sindacati che stavano protestando per migliorare le condizioni dei lavoratori. Nel maggio del 1941, 334 dipendenti degli studi Disney si unirono alla protesta, incrociando le braccia per chiedere migliori salari e condizioni di lavoro.

La protesta durò diversi mesi, infliggendo pesanti danni alla produzione dei film, a guidare i “rivoltosi” fu il grande animatorie Art Babbitt; lo stesso Walt Disney si senti estremamente tradito da questa situazione tanto che si rivolse al suo dipendente con parole estremamente forti che suonano come una minaccia bell’e buona:

“Non mi interessa se tieni il tuo dannato naso incollato al tavolo da disegno tutto il giorno, o quanto lavoro riesci a produrre… Se non la smetti di guidare i lavoratori ti sbatterò fuori direttamente dai cancelli principali”. 

Alla fine, Disney fu costretto a trattare con il sindacato e ad aumentare i salari e migliorare le condizioni di lavoro. . Nel settembre 1941 lo studio tornò a pieno regime e i dipendenti ottennero il riconoscimento del loro lavoro nei film. Tutavia, lo stesso Walt Disney sottolineò come lo sciopero distrusse in maniera defintiva quel senso di coesione e cameratismo che fin ad ora aleggiava negli studios e molti talentiuosi animatori lasciarono l’azienda. Inoltre, l’episodio sancì la fine dell’era della Disney come leader indiscusso dell’animazione, aprendo la strada ad altri produttori come la Warner Bros.

“Topolino: La Storia di un Topo” dal 18 Novembre su Disney+

Disney+ ha diffuso il primo trailer e la key art di Topolino: La Storia di un Topo, prodotto da Disney Original Documentary. L’annuncio è arrivato direttamente dal D23 Expo di Anaheim, che ha dato ufficialmente inizio alle celebrazioni per il 100º anniversario di The Walt Disney Company. Questo documentario debutterà in tutto il mondo su Disney+ il 18 novembre, nel giorno del compleanno di Topolino.

Disney+ | Topolino: La Storia di un Topo - Disponibile in Esclusiva dal 18 Novembre

Uno dei personaggi più amati al mondo, Topolino è considerato un simbolo della gioia e dell’innocenza dell’infanzia praticamente in tutto il mondo. Ideato in un momento difficile della promettente carriera di Walt Disney, Topolino ha riscosso un successo immediato dopo essere apparso in Steamboat Willie, il primo cortometraggio d’animazione con sonoro sincronizzato della storia. Nel corso dei decenni successivi, il personaggio si è evoluto in versioni di se stesso radicalmente diverse tra loro, che riflettono la straordinaria carriera del suo creatore e i radicali cambiamenti sociali avvenuti nella nazione che questo personaggio è arrivato a rappresentare. Il regista Jeff Malmberg e il produttore premiato con l’Academy Award Morgan Neville (che avevano già collaborato in Mister Rogers: un vicino straordinario) esaminano l’importanza culturale di questo personaggio di animazione che esiste da quasi 100 anni. Il documentario contiene inoltre un cortometraggio animato esclusivo, Topolino in un minuto, creato dalla leggendaria squadra di animazione tradizionale di Walt Disney Animation Studios.  
 
Marjon Javadi, vice president of Disney Original Documentary ha dichiarato:

“Novantaquattro anni fa, Walt Disney creò un topo che sarebbe diventato uno dei personaggi più amati al mondo”… Siamo entusiasti che gli spettatori possano vedere Topolino come non l’hanno mai visto prima. La nostra premiata squadra di filmmaker esplora il viaggio di Topolino nel corso degli anni, ricordandoci perché abbia avuto un tale impatto su di noi”.

 
Topolino: La Storia di un Topo vede la presenza dei leggendari animatori Disney Eric Goldberg, Mark Henn e Randy Haycock, oltre che dell’animatore e Disney Legend Floyd Norman. Nel documentario, sono presenti anche la storica d’arte Carmenita Higginbotham, la direttrice di Walt Disney Archives Rebecca Cline e l’archivista Kevin Kern. Con interviste e filmati d’archivio esclusivi, il lungometraggio esamina la persistente importanza artistica e culturale, oltre alle controversie, che caratterizza questo personaggio d’animazione che esiste da quasi 100 anni. Il documentario contiene un nuovissimo cortometraggio Topolino in un minuto, realizzato in animazione tradizionale da Walt Disney Animation Studios e racconta il processo d’animazione intrapreso da Eric Goldberg, Mark Henn e Randy Haycock per realizzare il cortometraggio.

Il regista Jeff Malmberg ha dichiarato:

Topolino è un simbolo che vediamo ogni giorno della nostra vitaTutti conosciamo Topolino, ma il personaggio riveste significati diversi per ogni persona. Eravamo convinti che Topolino avesse bisogno di un documentario che fosse allegro ma anche onesto. Sono lieto che Disney ci abbia permesso di esaminare così a fondo le evoluzioni e i significati del topo più famoso al mondo”.

Jeff Malmberg è un documentarista: il suo lungometraggio d’esordio, Marwencol, ha vinto più di due dozzine di premi, tra cui il Gran Premio della Giuria allo SXSW. È stato recentemente selezionato per The Criterion Channel ed è stato inserito tra i Cinema Eye Decade Film in qualità di uno dei migliori 20 documentari degli ultimi 10 anni. Malmberg ha ricevuto la Guggenheim Fellowship grazie al suo secondo lungometraggio, Spettacolo, candidato al Critics’ Choice per il miglior documentario. Malmberg ha montato il documentario di Morgan Neville Mister Rogers: un vicino straordinario, che è stato distribuito da Focus Features. Più recentemente, è stato candidato al GRAMMY® per aver co-diretto e montato Shangri-La, una serie di Showtime in quattro episodi dedicata a Rick Rubin e al processo creativo.
 

Bambi, il nostro comune trauma infantile compie ottant’anni

Ottant’anni fa usciva nei cinema uno dei film più belli, tristi e appassionanti nati dalla fantasia di Walt Disney. Bambi, diretto da David Hand, è un film d’animazione che tocca il cuore in maniera dolorosa. Questo lungometraggio animato statunitense, prodotto da Walt Disney, si basa sul romanzo di Felix Salten, intitolato Bambi, la vita di un capriolo. Il suo rilascio negli Stati Uniti avvenne proprio ottant’anni fa, il 13 agosto del 1942, rendendolo il quinto Classico Disney. In Italia, invece, venne distribuito l’11 febbraio del 1948.

Tra tutti i film Disney, Bambi è forse quello che riesce a toccare corde tanto profonde da far versare lacrime, insieme a Dumbo. La sua storia racconta la tragica vita di un giovane cerbiatto che, a causa di un crudele destino, perde sua madre. L’opera cinematografica di David Hand, ispirata al libro di Felix Salten, ha richiesto enormi sacrifici alla casa di produzione Disney. Uscito inizialmente nelle sale il 13 agosto del 1942, questo film ha subito una lavorazione travagliata e tormentata.

Si dice che l’idea di trasporre il libro di Salten in un film sia stata suggerita addirittura da Thomas Mann, celebre scrittore tedesco, che incontrò Walt Disney durante un suo viaggio negli Stati Uniti nel luglio del 1935. Entrambi ricevettero una laurea honoris causa dall’Università di Harvard lo stesso giorno. Mann era un grande ammiratore delle opere di Salten e sembra che abbia parlato di lui a Disney non solo per motivi artistici. Salten, infatti, viveva in condizioni economiche precarie e vendere i diritti per l’adattamento cinematografico del suo romanzo avrebbe rappresentato un aiuto concreto. Dopo aver acquisito i diritti d’autore nel 1937, Walt Disney affidò agli sceneggiatori Perce Pearce e Larry Morey il compito di trasformare il libro in una sceneggiatura cinematografica. Tuttavia, a causa del lavoro che era già in corso su Pinocchio e Fantasia, l’adattamento di Bambi subì notevoli rallentamenti. Questi due film, infatti, erano stati iniziati dopo Bambi ma riuscirono a essere conclusi e distribuiti prima di quest’ultimo. La sceneggiatura realizzata da Pearce e Morey rimase fedele all’opera di Salten, che era scritta per un pubblico adulto e quindi ricca di momenti drammatici. L’antropomorfismo degli animali fu ridotto al minimo, aspetto che si riflette anche nel film.

La produzione di Bambi iniziò alla fine del 1939, dopo diverse settimane di esplorazione dei boschi del Vermont e del Maine, per fotografare cervi, cerbiatti e gli ambienti naturali in cui la storia si sarebbe svolta. Tuttavia, dopo quattro anni dall’idea iniziale, sembrava che l’avventura della realizzazione del film stesse finalmente prendendo forma. Nella primavera del 1940, gli artisti che avevano lavorato alla pre-produzione di Bambi ricevettero l’incarico di animare definitivamente il film. Ma i problemi non erano ancora finiti. La realizzazione di Fantasia e Pinocchio aveva comportato un’enorme spesa per gli studios Disney e i ricavi al botteghino erano risultati deludenti. Di conseguenza, l’azienda si trovava in difficoltà finanziarie. Nella primavera del 1941, agli animatori fu chiesto di ridurre le spese per la realizzazione di Bambi della metà, il che portò a numerosi tagli nel progetto. Poi, l’entrata in guerra degli Stati Uniti rallentò ulteriormente il lavoro sul film, che alla fine venne rilasciato nelle sale americane all’inizio di agosto del 1942 e giunse in Italia solo nel 1948.

La storia, riccamente illustrata da Milt Kahl e Frank Thomas, inizia in un giorno di primavera, quando una cerva dà alla luce un cerbiatto di nome Bambi, soprannominato “il principino” perché figlio del Grande Principe della foresta, un anziano e saggio cervo che guida la comunità. Nei suoi primi giorni di vita, Bambi fa amicizia con un coniglietto vivace chiamato Tamburino, che gli insegna a camminare e parlare, e con un cucciolo di moffetta timido chiamato Fiore. Durante l’estate e l’autunno, Bambi è curioso del mondo che lo circonda e chiede spesso informazioni. La madre, a cui Bambi è legato, lo avverte dei pericoli della vita nella foresta. Quando sua madre lo porta per la prima volta sulla prateria, Bambi incontra una cerbiatta vivace di nome Faline e ha il suo primo incontro con cervi adulti, inclusi suo padre, il Grande Principe. Durante un attacco dei cacciatori nella foresta, suo padre li salva, portando Bambi e sua madre in salvo.

Durante l’inverno, Bambi gioca con Tamburino nella neve, ma scopre anche la durezza di sopravvivere in una stagione difficile per i cervi. Poi, la madre viene uccisa da un cacciatore nella prateria. Bambi vaga senza meta sotto la nevicata cercando sua madre, ma alla fine incontra suo padre, che gli dice che sua madre non tornerà mai più e lo invita a seguirlo.Nella primavera successiva, Bambi è cresciuto ed è diventato un giovane cervo con corna. Anche i suoi amici d’infanzia sono diventati adulti. Vengono avvertiti dell’amore primaverile dall’Amico Gufo, ma sono convinti di non innamorarsi. Tuttavia, sia Tamburino che Fiore incontrano le loro anime gemelle mentre Bambi rimane solo. Ma un giorno, mentre beve ad uno stagno, Bambi incontra Faline, la sua amica d’infanzia diventata una splendida cerva. Bambi è intimidito dalla sua presenza, ma basta una leccata sulla guancia da parte di Faline per farlo innamorare di lei e per inseguirla felicemente.

Tuttavia, l’incanto viene interrotto da un cervo di nome Ronno, che vuole prendere Faline con la forza. Bambi si scontra con Ronno e riesce a sconfiggerlo, guadagnandosi l’amore di Faline.Un mattino d’autunno, Bambi viene svegliato da un odore strano e scopre che c’è un falò di cacciatori. Suo padre gli ordina di seguirlo per mettersi in salvo, ma Bambi decide invece di cercare Faline. Quando Bambi la trova, scopre che sta scappando da un branco di cani da caccia. Bambi aiuta Faline e affronta i cani, seppellendoli sotto una valanga di rocce. Ma un colpo di fucile lo colpisce al fianco, lasciandolo ferito e incapace di stare in piedi.Nel frattempo, l’incendio causato dal falò dei cacciatori si diffonde per la foresta. Bambi, ormai senza forze, viene raggiunto da suo padre, che lo incoraggia a alzarsi. Miracolosamente, Bambi riesce ad alzarsi e i due cervi fuggono attraverso il fuoco. Alla fine, si riuniscono con Faline e gli altri animali sopravvissuti.

Nella primavera successiva, la foresta rifiorisce e Faline dà alla luce due gemelli sotto lo sguardo fiero di Bambi, che è diventato il nuovo Grande Principe della foresta. La gioia riempie gli abitanti della foresta.

Nonostante le critiche iniziali, nel dicembre 2011 il film è stato aggiunto al National Film Registry della Biblioteca del Congresso. Tra le curiosità che circondano questa pellicola, vale la pena menzionare che nella versione italiana ridoppiata del 1968, la voce del cerbiatto neonato e cucciolo fu interpretata da Loretta Goggi.

Buon Compleanno Paperino!

Il popolarissimo personaggio di Donald Duck esordiva il 9 giugno del 1934 nel cortometraggio cinematografico animato “The Wise Little Hen“ (La Gallinella Saggia), appartenente alle Silly Symphonies. Da allora, il papero più famoso del mondo è apparso oltre 150 cortometraggi e mediometraggi cinematografici. Paperino, così ribattezzato in Italia, è un personaggio poliedrico che sperimenta sia le gioie dell’amicizia sia le frustrazioni provocate dalle futili seccature della vita quotidiana  e proprio per questo motivo i fan di tutte le età possono identificarsi facilmente nei suoi numerosi cambi d’umore. Paperino è il migliore amico di Topolino ed è fidanzato con Paperina sulla quale cerca costantemente di far colpo. Ha un atteggiamento da spaccone ma in fondo è facile ferire il suo ego e ogni fallimento lo fa sentire alquanto frustrato. Tuttavia, nonostante questi suoi adorabili limiti, Paperino è un buono dal cuore d’oro e ha moltissimi fan in tutto il mondo.

Qualche curiosità in pillole

  • Paperino esordì al cinema il 9 giugno 1934 nel cortometraggio d’animazione La Gallinella Saggia, appartenente alle Silly Symphonies: in questo corto, la combinazione tra le divertenti buffonate di Paperino e il suo carattere irascibile conquistò subito il pubblico che si innamorò del personaggio;
  • In lingua originale la prima voce di Paperino apparteneva a Clarence “Ducky” Nash, che dopo cinquant’anni fu sostituito dall’animatore della Disney Tony Anselmo;
  • Il secondo nome di Paolino Paperino è Fauntleroy;
  • Paperino ha una stella sulla Hollywood Walk of Fame e nel 1958 presentò la cerimonia di consegna degli Oscar® insieme a Bob Hope, Jack Lemmon, David Niven, Rosalind Russell e James Stewart;
  • Lo zio di Paperino è Paperon de’ Paperoni, magnate scozzese e intrepido avventuriero. Paperone crede nel risparmio, nel duro lavoro, nell’ingegno e nella dedizione nei confronti degli affari;
  • Qui, Quo e Qua, i nipoti combinaguai di Paperino, vivono con la loro mamma Dumbella “Della” Duck a Paperopoli nello stato del Calisota (USA) e Paperino si prende spesso cura di loro;
  • Paperino appare in milioni di fumetti venduti in oltre 40 paesi in tutto il mondo;
  • All’interno dell’area EMEA, Paperino è apparso in dozzine di serie e programmi televisivi Disney, tra cui La Casa di Topolino su Disney Channel e Disney Junior e I Corti di Topolino su Disney Channel e Disney XD; 
  • Paperino è apparso in ogni spettacolo di Disney On Ice fin dal debutto di Walt Disney’s World On Ice nel 1981;
  • Lo spettacolo Walt Disney’s World On Ice – Donald Duck’s Birthday ha debuttato in Europa nel 1988: era uno show pieno di starnazzi, perseveranza e amicizia creato per celebrare il compleanno di Paperino;
  • Nel 2017 Paperino è stato il protagonista di una collezione di moda targata Gucci. Questa linea d’abbigliamento comprendeva T-shirt, felpe con cappuccio, maglieria e scarpe. Anche le case di moda JC De Castelbajac e Monnalisa hanno creato svariati articoli di moda che avevano per protagonista il famoso papero.

Donald Duck è un papero bianco con becco e piedi arancioni. Solitamente indossa una blusa e un berretto da marinaio. Secondo l’albero genealogico ideato da Don Rosa in base alle indicazioni contenute nelle storie a fumetti di Carl Barks è figlio di Ortensia de’ Paperoni (sorella di Paperon de’ Paperoni) e Quackmore Duck (figlio di Nonna Papera). Ha una sorella gemella, Della Duck, madre di Qui, Quo, Qua. La prima apparizione del personaggio risale al 1934 nel cortometraggio La gallinella saggia diretto da Wilfred Jackson nel quale Paperino è il vicepresidente del Circolo dei pigri che ha come presidente Meo Porcello. I due si riveleranno degli inguaribili scansafatiche.

Con Carl Barks si ha la crescita del personaggio e i successivi approfondimenti nel carattere. Agli inizi della sua carriera Barks realizza una gag nel corto Modern Inventions dove una macchina-barbiere rade il fondoschiena di Paperino, scambiandolo per la sua testa, iniziando una lunga collaborazione con Jack Hannah col quale prima fa esordire Qui, Quo e Qua nel corto I nipoti di Paperino e poi realizzando la sua prima storia a fumetti, Paperino e l’oro del pirata, che è anche la prima storia avventurosa mai scritta con Paperino protagonista negli Stati Uniti. La creatività di Barks porta la Western Publishing, editore dei fumetti Disney, a pubblicarne i lavori nella collana Walt Disney’s Comics and Stories, dove realizza storie di vita quotidiana di non più di dieci tavole, e Four Color, dove realizza storie di ampio respiro che contribuiranno a porre le basi per il Paperino avventuroso che, negli anni successivi, andrà a caccia di tesori accompagnando lo zio Paperone. Del primo gruppo si ricordano Paperino nel tempo che fu!, dove Paperino e nipoti fanno un viaggio nella California del 1848, in quelle del secondo abbiamo Paperino e il mistero degli Incas, una storia che porterà i paperi a Testaquadra, una città dove tutto è quadrato e le cose rotonde sono vietate, a parte la bussola del professor Sentimento Cuorcontento di Sacramento (California), conservata come cimelio nel museo locale oppure Paperino sceriffo di Valmitraglia nella quale il personaggio entra a contatto anche con il vecchio west americano, o Paperino e l’anello della mummia ambientata nell’Egitto, o i misteri dell’Africa Nera ambientazione di storie come Paperino e il feticcio, Paperino nell’Africa più nera e Paperino e la valle proibita.Oltre alle avventure in giro per il mondo Barks impegna il personaggio in gag dove è impegnato in molti lavori spesso improbabili (p.e., accordatore di campanelli, propagandista di farina, venditore di frullini, incantatore di serpenti) tutti destinati al fallimento. L’unico lavoro “permanente” è quello di lucidatore di monete al servizio di Paperone pagato «30 centesimi di dollaro all’ora» nonostante l’inflazione.L’ampia mole di storie e di parenti creata da Barks gli suggerisce, nel corso degli anni cinquanta, di realizzare un albero genealogico a suo uso e consumo, dal quale anni dopo il disegnatore Don Rosa trarrà ispirazione per realizzare l’albero genealogico dei paperi, dal quale risulta che Paperino è il figlio di Quackmore Duck, uno dei figli di Nonna Papera, e di Ortensia de’ Paperoni, sorella dello zio Paperone, nonché fratello gemello di Della Duck, la madre di Qui, Quo e Qua.

In Italia il personaggio appare per la prima volta in un supplemento del settimanale Topolino edito dalla Casa Editrice Nerbini nel 1935 e successivamente, con il passaggio dei diritti alla Mondadori, guadagna una testata propria con il settimanale Paperino nel 1937 edito dalla A.P.I. e successivamente inizia ad apparire su tutte le testate Mondadori che pubblicano materiale Disney. Le prime storie realizzate in Italia apparvero tra il 1937 e il 1940 nel settimanale Paperino realizzate da Federico Pedrocchi, coadiuvato talvolta da altri autori come Nino Pagot, nel quale il personaggio era protagonista di storie lunghe e avventurose molto prima che questo avenisse negli Stati Uniti dove all’epoca le strisce a fumetti di Al Taliaferro erano sostanzialmente auto-conclusive e si dovrà aspettare Carl Barks nel 1942 per averne di equivalenti. Oltre che in Italia anche in Inghilterra c’erano già stati dei tentativi di storie a più ampio respiro con Paperino protagonista, realizzati da William A. Ward, che vedevano Paperino in compagnia prima di Donna Duck (un’antesignana di Paperina, dalle origini messicane) e poi del marinaio Mac, un personaggio presto dimenticato. In quegli anni era abbastanza semplice introdurre nuovi personaggi per le storie di Paperino, vista l’assoluta mancanza di comprimari. Ma quasi nessuno dei personaggi introdotti da Pedrocchi sopravvisse al suo autore. Col gli anni decine di altri autori italiani si occuparono del personaggio a cominciare da Luciano Bottaro, Giovan Battista Carpi e Romano Scarpa e successivamente Giorgio Cavazzano, Massimo De Vita e Marco Rota.

Silvia Lupi, in arte Silviee, rotta verso i theme park!

Silvia Lupi, in arte Silviee, ha sempre avuto la passione per tutto ciò che è creativo. Portata per il disegno e per le arti grafiche fin da bambina, ha seguito i suoi percorsi di studio inerenti alla sua passione. Realizza, per lo più, opere originali inspirandosi a uno dei suoi artisti preferiti, Mucha (tra disegni e realizzazioni di altro tipo). Ma, considerato che le sue opere originali sono, per la maggior parte commissioni, alle Fiere o manifestazioni porta molto spesso le sue Fanart, in modo da esporre le sue diverse tecniche di disegno, impaginazione e colorazione.

Ricorda ancora, con immensa gioia, il giorno in cui andò al cinema da bambina a vedere “La Bella e la Bestia” e che, durante i titoli di coda si chiese quanto potesse essere gratificante far parte di un progetto del genere. Da quel momento pensò che creare dei Mondi Fantastici, fosse l’unica cosa che avrebbe fatto.

Così, terminata la scuola media, frequentò e si diplomò, in Grafica Pubblicitaria, Editoriale e Web. Proseguì gli studi alla Scuola Internazionale di Comics con successivo master in Animazione. Nel frattempo, portò avanti le sue passioni come il cucito (abiti e pupazzi di ogni genere), la scolpitura e la modellazione. iniziò anche a lavorare per realizzare Scenografie ed Oggetti di Scena per alcuni eventi, dalla progettazione alla realizzazione. Ma, tra le tante cose, ciò a cui tiene di più, è il disegno. Anche perché, tutto ciò che realizza parte da un disegno. Che sia un oggetto, un pupazzo o un qualcosa di grafico.

Fin da bambina ha idolatrato Walt Disney con il suo motto “se puoi immaginarlo, puoi realizzarlo. Per questo pensa che, l’Imagineer sia il lavoro perfetto. Racchiude tutto ciò che c’è di creativo, spaziando per molteplici materiali e ruoli. Sono i creativi completi!
Sfortunatamente, è difficile intraprendere questo tipo di attività dove viviamo. Si è imbattuta spesso nel vecchio modo di pensare per il quale, realizzare qualcosa con le proprie mani, può essere considerato poco più di un hobby o da fare come aggiunta a qualcos’altro.

Le cose, poco alla volta stanno cambiando, ma la strada è ancora lunga. Anche perché, per lei il creare qualcosa, è parte integrante della sua vita sia professionale che sociale. Si può dire che si ritrova immersa in questi Mondi h24. Riuscire a creare qualcosa che possa trasmettere emozioni a qualcun altro è la ragione della sua vita. “L’arte più nobile è rendere felici gli altri.” Ultimamente ha iniziato a frequentare, come Artista, alcune Fiere in Italia. E ciò gli ha ricordato quante persone come lei ci sono. Sono ambienti che sta riscoprendo dopo esser stata impegnata troppo con le Scenografie.

Con i Social Network, condividere la propria creatività, è diventato più semplice ma, poter realmente entrare in questo Mondo è più complesso. Sei uno del mucchio, e uscirne fuori e farti notare può essere dura. Consiglia comunque, quando possibile, di avere incontri reali e conoscere le persone dal vivo. Rende più facile lo scambio di opinioni, di consigli, aumentando la crescita personale e la conoscenza di ciò che c’è intorno.

Per approfondire lo straordinario taalento di Silvia Lupi vi invitiamo a visitare i suoi profili ufficiali Facebook e Instagram.

Walter Elias Disney

Risalendo l’albero genealogico della famiglia Disney, scopriamo che essa fece il suo ingresso nel Nuovo Mondo nel 1834. I Disney venivano dall’Inghilterra, dove avevano fondato due villaggi che portavano il loro stesso nome, essi discendevano da un’antica stirpe di crociati e, più direttamente da una famiglia di contadini insediati nel villaggio francese d’Isigny. Dunque le radici dei Disney affondano nella Francia .Walter Elias Disney, quarto di cinque fratelli, nasce il 5 dicembre del 1901 a Chicago da Elias Disney e Flora Call. Nel 1906 la famiglia si stabilisce a Marceline, Missouri, dove si dedica alla coltivazione di  frutta e all’allevamento. I due fratelli più grandi lasciano ben presto la casa, così che pesa sulle spalle del piccolo Walt e del fratello Roy il pesante fardello di aiutare nel lavoro dei campi il padre Elias e subire le punizioni corporali che questi infligge ai figli quasi quotidianamente.
Il mancato conforto della madre e la sensazione che quel padre violento non possa essere il suo vero padre portano Walt a vedere sempre più in Roy la figura che incarna un ideale di genitore. Egli porterà con sé nel tempo il segno di questi anni, tre elementi che influenzeranno non poco la sua opera: il dubbio sulla legittimità paterna o materna4, la mancanza di una madre consolatrice, il rapporto d’affetto quasi morboso con il fratello Roy. Già a otto anni Walt scopre il suo amore per il disegno, divertendosi a ritrarre gli animali della fattoria. Ma nel 1909 un raccolto disastroso costringe Elias a vendere la fattoria e traslocare a Kansas City, dove ottiene in appalto la consegna di alcuni quotidiani. Per Walt e Roy sono cambiati la città e il lavoro, ma la loro situazione resta la medesima: continuano ad aiutare il padre e a ricevere percosse.
Nel 1911, a diciotto anni, Roy decide di abbandonare la casa, dopo aver lasciato a Walt gli ultimi consigli su come difendersi dal padre. Una sera Elias entra minaccioso in camera dell’ultimo figlio maschio rimastogli in casa, ma questi lo ferma serrandogli i polsi e guardandolo negli occhi; sarà l’ultimo tentativo di alzare le mani sul piccolo Walt. Nei seguenti cinque anni la passione del disegno andò sempre più sviluppandosi, anche grazie a un corso di d1isegno tenuto per corrispondenza. Si avvicinò anche al teatro; insieme all’amico Walt Pfeiffer si esibiva talvolta in spettacoli serali. Ma soprattutto restò sempre in contatto e strettamente legato al fratello Roy, che lo lasciava affascinato con i suoi racconti avventurosi; tanto che per ben due volte mentì sulla sua età pur di emularlo. Una prima volta nell’estate del 1917 (anno in cui la famiglia Disney si trasferì nuovamente a Chicago), quando lavorò come venditore ambulante di giornali sulla linea Missouri-Colorado. Questa esperienza lo segnò profondamente e benché il lavoro si fosse rivelato per niente remunerativo il ricordo di quei viaggi resterà indelebile. Forse è da questo momento che si sviluppa la sua folle passione per i treni. L’anno successivo decise di arruolarsi. La guerra terminò, ma gli fu comunque possibile “aiutare” la patria prestando servizio per la Croce Rossa in Francia. Il rapporto tra Walt Disney e le due “grandi guerre”, ovvero tra Walt e l’establishment durante le due guerre, è indicativo del suo marcato nazionalismo, o perlomeno di quanto fosse forte il suo sentirsi americano. Già ai tempi della scuola, disegnando per il giornale scolastico, egli incitava a fare tutto il possibile per appoggiare la nazione e spingerla alla vittoria.
I film che faccio non sono rivolti in primo luogo all’infanzia: a meno di non considerare l’infanzia come simbolo dell’innocenza. Anche il peggiore di noi ha in sé dell’innocenza, per quanto possa essere sepolta nel suo profondo. Nella mia opera, cerco di raggiungere e di parlare a questa innocenza.
Con queste parole Walt Disney descrive la sua produzione cinematografica, che, al momento della morte dello “Zio Walt”, il 15 dicembre 1966, aveva accumulato oltre settecento tra premi, onorificenze e titoli. Quando Beauty and the Beast fu candidato all’Oscar come Miglior Film, in molti si interrogarono sulla legittimità di tale scelta. Si può giudicare un film d’animazione secondo gli stessi metri di valutazione adottati per il cinema dal vero? O dobbiamo considerare il cartoon e il film live come prodotti diversi? Nello statuto dell’ASIFA (Association internationale du film d’animation) veniva detto che “in un film d’animazione gli avvenimenti hanno luogo per la prima volta sullo schermo” e nel 1988 ancora si definiva animazione “tutto ciò che non è semplice ripresa della vita reale a ventiquattro fotogrammi al secondo”. Ma negli ultimi quindici anni c’è stata una vera e propria rivoluzione portata dal digitale e dal perfezionamento degli effetti speciali visivi. ma anche come il cinema, in ogni sua forma, stia sfuggendo sempre più ad ogni tipo di definizione. Inteso come “arte a sé”, o come più ironicamente è stato qualificato arte “settima-bis”7, il cinema d’animazione è considerato come cinema in cui non compaiono affatto né attori né luoghi del mondo reale. Include invece film in stop-motion, come Nightmare Before Christmas; ma lo stop-motion è in realtà una tecnica che nasce al servizio degli effetti speciali, seppure i primissimi film d’animazione non sono che un esercizio basato solo su tale tecnica. Nel film Polar Express di Robert Zemeckis, grazie al perfezionamento della tecnica nota come mocap (Motion Capture), con la recitazione di un solo attore, Tom Hanks, si riuscirà a dare volto ed espressione a tutti e cinque i protagonisti (animati) del film.
Inevitabilmente il cinema d’animazione è avvolto da un’aura di sogno e di mistero, di dimensione reale ma non tangibile, da un lato quale specchio di un mondo altro necessario all’uomo contemporaneo, luogo o meglio non luogo nel quale trovare rifugio o identificarsi, dall’altro come mezzo di spinta alla conservazione delle proprie radici, della propria identità, o di interrogazione sulla realtà che ci circonda, alla ricerca di un cinema che sappia interpretare al meglio il nostro tempo.

[continua con “Verso i Disney Studios”]

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