Shia LaBeouf, l’enfant terrible di Hollywood che non smette mai di sorprenderci, torna sotto i riflettori con un nuovo progetto dal sapore crudo e controverso. L’attore, già visto di recente nel kolossal visionario Megalopolis di Francis Ford Coppola, si prepara a interpretare un ruolo intenso in God of the Rodeo, un crime drama ambientato in uno dei luoghi più cupi e spietati d’America: la prigione di massima sicurezza di Angola, in Louisiana. A rendere il tutto ancora più interessante? Il film è prodotto niente meno che da Ridley Scott, leggenda del cinema e mente dietro capolavori come Blade Runner, Il Gladiatore e The Martian.
Ma God of the Rodeo non è solo un film. È una discesa vertiginosa nell’inferno carcerario, un affresco di violenza, umanità e paradossi morali, tratto dall’omonimo libro di Daniel Bergner, che ha trascorso un intero anno all’interno della famigerata prigione per documentare dall’interno una realtà surreale e spietata.
Angola non è una semplice prigione: è un mondo a parte. Un luogo dove i detenuti, spesso condannati all’ergastolo senza alcuna possibilità di libertà condizionata, vengono catapultati in una realtà in cui l’espiazione prende forme grottesche. Il rodeo carcerario annuale – sì, avete capito bene – è il teatro di uno spettacolo che ha dell’incredibile: prigionieri che si cimentano in gare contro tori e cavalli selvaggi, nel tentativo non tanto di vincere, quanto di sopravvivere. Il tutto, sotto gli occhi festanti di migliaia di spettatori, che assistono a quello che somiglia più a un moderno Colosseo che a un evento sportivo.
In questo contesto così feroce e disturbante, God of the Rodeo racconta la storia di Buckkey, un detenuto indurito dalla vita e dalla prigione, che trova nell’opportunità di partecipare al primo rodeo interno una scintilla di redenzione. Ma quel che inizialmente sembra un’occasione per riscattarsi, si rivela ben presto una messinscena sanguinosa: un rituale di dolore e spettacolo pensato per saziare la sete di intrattenimento del pubblico e alimentare l’ego del direttore del carcere, che si autoproclama profeta.
Shia LaBeouf interpreterà Buckkey, un ruolo che si preannuncia fisico, psicologicamente devastante e carico di pathos. Un ruolo che sembra cucito su misura per un attore che ha spesso scelto personaggi ai margini, tormentati, alla ricerca di una via di fuga o di salvezza. La regia è affidata a Rosalind Ross, già dietro la macchina da presa per Father Stu con Mark Wahlberg, e qui anche autrice della sceneggiatura. Ross si è fatta notare per il suo talento nel tratteggiare personaggi profondamente umani, in bilico tra fede, colpa e desiderio di riscatto – tematiche che tornano prepotentemente anche in God of the Rodeo.
La produzione, come accennato, è in mano a nomi di peso: Giannina Scott e Michael Pruss per la Scott Free Films, la casa di produzione fondata da Ridley Scott. Un team che promette qualità, profondità narrativa e una messa in scena potente. E se il libro di Bergner è stato descritto dal New York Times come “agghiacciante e straziante… un libro vivido, ambizioso e ferocemente documentato che si legge come un romanzo”, non possiamo che aspettarci un film capace di scuotere, indignare e far riflettere.
Interessante anche il quadro umano che Ross e Bergner vogliono esplorare. Tra i personaggi reali raccontati nel libro – e che potrebbero avere un posto nel film – ci sono figure tragiche come Johnny Brooks, un detenuto che sogna di diventare cowboy e sposare una donna incontrata proprio al rodeo, e Danny Fabre, incarcerato per un omicidio brutale, che lotta ogni giorno per raggiungere un livello di alfabetizzazione da scuola media. E poi c’è Terry Hawkins, perseguitato dal fantasma della sua vittima, che cerca pace in una chiesa all’interno del carcere. Figure spezzate, che incarnano il dilemma morale dell’intero progetto: è davvero possibile la redenzione? E se sì, a che prezzo?
Nel frattempo, LaBeouf continua a costruire una filmografia variegata e coraggiosa. Lo abbiamo visto di recente in Salvable, un dramma familiare su un pugile in declino alle prese con la relazione complessa con la figlia adolescente, e sarà anche protagonista di Henry Johnson, il primo film in oltre un decennio di David Mamet, adattamento della sua pièce teatrale. Con God of the Rodeo, l’attore sembra voler affrontare uno dei suoi ruoli più estremi e carichi di significato.
Il film non ha ancora una data d’uscita ufficiale né sono stati annunciati altri membri del cast, ma l’hype è già alto. Il mix tra regia autoriale, produzione di peso, tematiche forti e l’interpretazione intensa di LaBeouf promette una pellicola destinata a lasciare il segno, e forse anche a far discutere.
E voi cosa ne pensate? Vi intriga questa immersione nel lato più oscuro e crudo del sistema penitenziario americano? Siete curiosi di vedere Shia LaBeouf in un ruolo così estremo? Fatecelo sapere nei commenti e condividete l’articolo con i vostri amici cinefili e nerd sui social!