Il 17 febbraio è la Festa Nazionale del Gatto

Sebbene ci siano date diverse la Festa Nazionale del Gatto ricorre il 17 febbraio ed è stata istituita nel 1990. Nel 2002, invece, the International Fund for Animal Welfare ha stabilito come World Cat Day l’8 agosto. Per comune decisione delle maggiori associazioni feline, dopo tanto discutere, si è stabilito che la moderna giornata mondiale del gatto debba essere il 17 febbraio.

Difficile non cedere alla tentazione di chiedersi “ma perché proprio questo anonimo giorno?

La giornalista Claudia Angeletti ha richiesto ai lettori della rivista “Tuttogatto” di stabilire un giorno da dedicare ai gatti. La proposta vincitrice fu quella della signora Oriella Del Col che ha scelto una data ben precisa corredandola di motivazioni molto significative:

  • febbraio è il mese del segno zodiacale dell’ Acquario, ossia degli spiriti liberi così come vengono definiti i felini, inoltre è definito, secondo cultura popolare, “il mese dei gatti e delle streghe”
  • il numero 17, nella tradizione italiana, è collegato alla sfortuna, così come il gatto (nero) anche se sappiamo, ovviamente, che questa cosa è priva di fondamento, inoltre è l’anagramma del numero romano XVII che si trasforma in “VIXI” “sono vissuto” quindi “sono morto”. Il gatto, sempre secondo alcune leggende, può avere altre vite, quindi il 17 diventa “1 vita per 7 volte”.

Secondo alcuni la scelta del giorno 17 sarebbe invece da interpretare così: 1 volta morirò e 7 vivrò. Una teoria, quest’ultima, comprovata dal fatto che nei paesi nordici il numero 17 porta fortuna proprio perché significa “vivere una vita per sette volte”. C’è invece chi sostiene che la scelta del giorno si debba all’iniziativa della giornalista Claudia Angeletti, che nel 1990 si adoperò per creare questa ricorrenza. Sia come sia, ricordiamoci, il 17 febbraio, di fare gli auguri al nostro micio… magari aprendo una di quelle scatolette golose che gli piacciono tanto.

Il gatto nella storia

Nell’Antico Egitto i gatti erano considerati delle divinità: la dea Bastet aveva il corpo da donna e il viso da gatto. A Pompei alcuni mosaici ne testimoniano la presenza nella società romana. Nel Medioevo, in Europa, i gatti vennero associati alla stregoneria, fatto che scomparve nel Rinascimento. Ne era un grande appassionato il poeta Francesco Petrarca, a cui viene attribuito l’aforisma “L’umanità si può suddividere grosso modo in due categorie: coloro che amano i gatti e coloro che vengono puniti dalla vita“.

 

Il gatto nell’ era moderna

Come sappiamo, numerosi personaggi appartenenti al mondo dello spettacolo o della scienza erano appassionati di gatti: da Freddie Mercury a Margherita Hack, dal premio Nobel per la Letteratura Doris Lessing a David Bowie, ma anche Pablo Neruda, Fernanda Pivano e Anna Magnani.

Nel mondo del cinema, dell’animazione e dei fumetti abbiamo molto materiale sui gatti a partire da Garfield,  nasce negli USA grazie a Jim Davies fu pubblicato in una raccolta di volumi che rimase in cima alla classifica americana dei best seller per oltre 100 settimane e lo troviamo anche in altre strisce tra cui i Peanuts e ha vinto pure qualche Emmy.

Isidoro, fu creato nel 1973 per mano di George Gately, e le sue avventure apparirono tra gli anni ’70 e ’80 sulla testata Disney. Sempre in casa Disney dal 1925 abbiamo Pietro Gambadilegno è il criminale della serie di Topolino. Degli stessi anni sono anche Krazy Kat, impegnato a lottare con il suo eterno rivale Topo Ignazio, e Felix the Cat, la star dell’animazione prima dell’arrivo di Topolino. Negli anni Quaranta abbiamo il gatto Tom creato da Hanna & Barbera e Silvestro, star della serie Looney Tunes della Warner Bros. Negli anni ’80 Birba, il gatto che di Gargamella. Ancora abbiamo il gatto spaziale Doraemon, Luna e Artemis in Sailor Moon, Giuliano in Kiss Me Licia. Ancora nati da mamma Disney troviamo Lucifero in Cenerentola, Gli Aristogatti, il gatto eroe della Carica dei 101 e Figaro, il micetto di Pinocchio. Il Gatto con gli stivali visto in Shrek è un don Giovanni ispirato alla figura di D’Artagnan. Anche ne I Simpson, di Matt Groening vediamo sia  Palla di neve, il gatto di famiglia che Grattachecca, che Bart e Lisa vedono in tv.

Per il cinema d’animazione giapponese ricordiamo La ricompensa del gatto (The Cat Returns), prodotto dallo Sudio Ghibli e diretta da Hiroyuki Morita.

Data's Cat Spot Compilation All Appearances

In Star Trek troviamo Spot, la meravigliosa gatta rossa che riesce a far piangere Data. Brent Spiner, ha dichiarato che il gatto è, a suo parere, il peggior tipo di attore con cui poter lavorare, perché non collaborativo. Sempre nella serie classica appare una gattina nera con dotata di poteri telepatici e in grado di trasformarsi in una donna. In Discovery abbiamo invece la Maine Coone Ruggine. Nelle serie tv abbiamo anche l’indimenticabile Salem in Sabrina, sia nella versione pupazzosa e ironica sia in pelo e ossa nella versione Netflix.

Altro micio che diviene famoso è quello che appare ne “il Padrino“, in braccio a Don Vito, intento ad ascoltare le suppliche di un uomo che gli chiede di uccidere due persone. Il micio, venne poi adottato dallo stesso Marlon Brando. Un altro gatto “magico” è Cagliostro  il gatto nero, compagno di avventure della strega interpretata da Kim Novak nel film Una strega in paradiso del 1958. Sempre dall’universo Disney proviene il film F.B.I: Operazione gatto, diretto dallo stesso regista di Mary Poppins nel 1965. Ma non finisce qui perché abbiamo anche Orione, che porta un’intera galassia al collo in MIB. Restando in tema alieni oltre Sigourney Wevear, nel film di Ridley Scott anche Jones, o Jonesy, il gatto-mascotte degli astronauti della Nostromo riuscirà a salvarsi.

Aiutante del custode di HogwartsMrs Purr un’altra Maine Coon, pattuglia i corridoi della scuola per controllare i giovani maghi. In Harry Potter e la camera dei segreti, verrà pietrificata.

Captain Marvel Cat  - Goose - All Scenes 2019

Il filmCaptain Marvel” ha conquistato il pubblico di tutto il mondo grazie alla protagonista Brie Larson, ma anche grazie alla gatta Goose. Ritrovata da Nick Fury (Samuel L. Jackson), e presa in custodia da Carol Danvers. Il nome scelto per l’animale, è quello di uno dei protagonisti del film “Top Gun” anche se nel fumetto il felino era stato battezzato Chewie.

Di gatti in pelo e ossa abbiamo A spasso con Bob, ispirato a una vicenda realmente accaduta che racconta la rinascita di un musicista di strada tossicodipendente grazie al gatto Bob. Purtroppo Bob è morto recentemente dopo essere stato investito. Esistono anche dei libri che raccontano le avventure di Bob e James.

Il felino più famoso della letteratura è sicuramente lo Stregatto, nato nel 1865 dalla mente del professor Lewis Carroll. Una leggenda dell’epoca narra dell’esistenza di gatto fantasma che si aggirava per le campagne inglesi. Ma è probabile che lo scrittore si sia ispirato alla razza British Shorthair, un felino a pelo corto, dal musetto sorridente. Del 1996 è invece Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, di Luis Sepúlveda da cui è stato tratto un bellissimo lungometraggio diretto da Enzo D’Alò. Passando ad un genere più dark va ricordato il racconto di Edgar Allan Poe: Il gatto nero.

Socks the Cat Rocks the Hill (SNES) Playthrough - NintendoComplete

Nel mondo dei videogiochi abbiamo Socks the Cat Rocks the Hill nato per SNES, la console Nintendo ha come protagonista il first cat, il micio di proprietà di Bill e Hillary Clinton, ma venne cancellato a causa del fallimento della società produttrice. Il progetto è stato poi recuperato dal collezionista Tom Curtin e dall’editore Adam Welch che lo hanno lanciato con una campagna Kickstarter.

Per Atari nasce nel 1983, Alley Cat. Il protagonista è un gatto randagio il cui scopo è l’esecuzione di alcune attività dentro case di estranei.

Un altro prodotto per gamer gattofili è la app Neko Atsume, che ha inspiegabilmente raggiunto un numero altissimo di giocatori e il cui scopo è quello di attirare 51 gattini nel proprio giardino virtuale. Il successo è stato tanto da indurre la AMG Entertainment a produrre un live-action movie ispirato dal gioco.

Ovviamente, di primo acchitto, tra i felini più famosi al mondo, soprattutto per gli innumerevoli gadget di ogni forma e fattura, dovremmo trovare l’intramontabile Hello Kitty, ideata dalla designer Yuko Shimizu. Vi stupirà sapere che questa simpatica creatuina alla quale sono stati dedicati oggetti di ogni genere, dalle chitarre elettriche agli aeroplani, dai ristoranti fino a parchi giochi, in realtà NON è un gatto, ma una bambina inglese di circa 8 anni dal nome “Kitty White“. Nonostante il vostro stupore in merito a questa rivelazione, l’immagine iconica di Hello Kitty è divenuta traino di iniziative sociali e culturali: nel 1984 Hello Kitty diviene Ambasciatrice Unicef, nel 2004 è nominata Amica Speciale dei Bambini, sempre per Unicef, e nel 2008 è eletta Ambasciatrice del Turismo Giapponese.

Se come Kitty White anche voi vi sentite anche voi un po’ “gatti” (oltre che gattari!) esiste una particolare moda, ovviamente importata dal Giappone, in cui otaku, ragazze appassionate di anime e amanti della cultura giapponese hanno scelto di esprimere “verso l’esterno” le proprie passioni abbracciando l’estetica “Cat Girl“. Questa particolare interpretazione è conosciuta anche con il termine “Neko Chan” che, a differenza del Cosplay “tradizionale”, non si riferisce esclusivamente ad un personaggio specifico di un anime o di un manga ma, piuttosto, ad una figura generica della cultura giapponese “gattonizzata“.

 

Immagine di copertina di Risachantag

La storia dell’umanità e dei gatti: un legame antico e misterioso

I gatti sono creature affascinanti e misteriose che hanno accompagnato gli esseri umani per secoli. La loro presenza nella storia è stata significativa e diversificata, e i gatti sono stati oggetto di adorazione, superstizione, persecuzione e venerazione in diverse culture e periodi storici. Esplorare il ruolo dei gatti nella storia ci offre un’interessante prospettiva sulla relazione tra gli esseri umani e questi animali.

L’origine del gatto domestico

A differenza dei cani, i gatti non sono stati addomesticati di proposito da noi, hanno iniziato a convivere con noi in una sorta di partnership che si è sviluppata naturalmente grazie ai benefici reciproci che le specie hanno osservato. Si ritiene che il primo contatto tra i gatti e gli esseri umani sia avvenuto circa 10.000 anni fa, con la nascita dei primi insediamenti agricoli in Medio Oriente. I gatti selvatici, progenitori dei gatti domestici, erano attratti dai granai dove si accumulavano i raccolti, e in cambio offrivano il loro servizio di cacciatori di roditori. Gli esseri umani apprezzavano questa collaborazione e iniziavano a tollerare e poi a proteggere i gatti, che a loro volta si abituavano alla presenza umana e diventavano più socievoli e mansueti.

Il testo che mi hai inviato racconta di una delle prime testimonianze storiche dell’arrivo dei gatti in Europa, intorno al 3.000 a.C., quando i greci li scoprirono grazie ai fenici, che li portavano sulle loro navi come controllori dei topi. I greci rimasero estasiati da quella strana bestia, che era la soluzione perfetta all’annoso problema dei topi che mangiavano il grano e danneggiano un’economia totalmente agricola. Fino a quel momento avevano eliminato i topi usando donnole, faine e puzzole, animali selvatici, fastidiosi, spesso maleodoranti; invece questo strano e nuovo animaletto non puzza, si deterge ogni giorno, non è aggressivo con gli uomini, quando non caccia dorme pacifico ed è anche molto elegante da guardare.

Il gatto nell’antico Egitto: un animale sacro

Ma se i greci furono i primi a conoscere i gatti in Europa, furono gli egizi a renderli celebri in tutto il mondo antico. L’antico Egitto fu la prima civiltà a considerare i gatti come animali sacri, venerati e protetti. I gatti erano associati alla dea Bastet, che simboleggiava la maternità, la fertilità e la protezione. Essi erano talmente apprezzati che quando un gatto moriva, la famiglia indossava abiti di lutto e si radeva le sopracciglia per esprimere il proprio dolore. I gatti venivano anche mummificati e sepolti in appositi cimiteri, spesso con offerte di cibo e giocattoli. Gli egizi proibivano l’esportazione dei gatti, ma alcuni di essi riuscirono a raggiungere altre terre grazie ai mercanti e ai viaggiatori che li apprezzavano per la loro bellezza e la loro utilità.

Gli egizi chiamavano i gatti “Mau” sia per il loro verso sia perché la parola Mau rimanda al vedere e gli egizi credevano che il gatto, capace di vedere al buio, potesse vedere anche oltre la vita, nel regno delle tenebre. Il gatto era quindi considerato un simbolo di saggezza e di misticismo, e alcuni sacerdoti lo usavano come oracolo per interpretare i segni divini.

Il gatto nel Medioevo: un animale maledetto

Durante il Medioevo in Europa, tuttavia, l’immagine del gatto cambiò drasticamente. I gatti vennero associati all’occulto, alle streghe e alla magia nera. Sono stati spesso perseguitati e uccisi in massa durante l’isteria della caccia alle streghe. La persecuzione dei gatti è stata in parte attribuita alla loro relazione con i culti pagani e alla diffusione del Cristianesimo, che demonizzava gli antichi simboli religiosi. Ma è stata anche una conseguenza della paura e dell’ignoranza che dominavano quell’epoca, in cui si credeva che i gatti fossero i famigli delle streghe, capaci di trasformarsi e di comunicare con il diavolo. I gatti neri, in particolare, erano considerati portatori di sventura e di malocchio, e venivano spesso bruciati vivi o torturati in pubblico.

La crudeltà verso i gatti ebbe però anche delle ripercussioni negative per l’umanità, poiché la diminuzione della popolazione felina favorì la proliferazione dei topi, che a loro volta diffusero la peste bubbonica, una delle più devastanti epidemie della storia, che uccise circa un terzo della popolazione europea tra il 1347 e il 1351.

Il gatto nel Rinascimento: un animale ammirato

Dopo il buio del Medioevo, il Rinascimento portò una nuova luce sulla cultura e sull’arte in Europa, e anche i gatti ne beneficiarono. Durante il Rinascimento, i gatti erano molto apprezzati nelle corti europee. Erano amati per la loro grazia, la loro eleganza e il loro spirito indipendente. I gatti divennero soggetti di opere d’arte e vennero spesso raffigurati nelle tele dei grandi maestri, e furono fonte di ispirazione per poeti e scrittori.

Il Rinascimento fu anche il periodo in cui i gatti iniziarono a diffondersi in altre parti del mondo, grazie alle esplorazioni e alle conquiste dei navigatori europei. I gatti venivano portati sulle navi come controllori dei topi, ma anche come compagni di viaggio e come doni per le popolazioni locali. Così i gatti arrivarono in America, in Asia e in Africa, dove si mescolarono con le specie autoctone e diedero origine a nuove razze e varietà.

Il gatto nell’età moderna: un animale domestico

Nel corso della storia moderna, i gatti sono diventati compagni domestici popolari in tutto il mondo. La loro natura indipendente, affettuosa e misteriosa li rende amati da molte persone. I gatti hanno anche giocato un ruolo importante nel mondo dell’arte e della letteratura. Sono stati raffigurati in romanzi, film e opere teatrali, spesso come personaggi affascinanti e enigmatici.

La presenza dei gatti nella storia non si limita solo alla sfera domestica. Nei secoli scorsi, i gatti sono stati utilizzati come cacciatori di roditori sulle navi, nei monasteri e in altri ambienti in cui era necessario controllare le infestazioni di topi. La loro capacità di cacciare e uccidere i roditori li ha resi compagni preziosi per l’umanità, soprattutto nel controllo delle malattie associate ai roditori.

Oggi i gatti sono tra gli animali domestici più diffusi al mondo, con una popolazione stimata di oltre 600 milioni di esemplari.

Il 17 novembre è la Giornata del Gatto Nero 

Il numero 17, così come un gatto nero, non portano sfortuna, anzi! Proprio il 17  novembre è la Giornata del gatto nero, una festività nata per sfatare tutte le superstizioni legate al meraviglioso colore di questi felini e, al contempo, stimolare gli umani all’adozione di tutti gli animali che, loro malgrado, non sono così “appetibili” a certa gentaglia superficiale!

Mentre nel resto del mondo si festeggia il 17 agosto la Giornata della valorizzazione del gatto nero (Black Cat Appreciation Day), nel nostro paese questa celebrazione  ricade il 17 novembre e nasce dall’amore e dalla passione di Lorenzo Croce presidente istituita dall’Associazione italiana difesa animali ed ambiente (AIDAA).  Nel 2014, Lorenzo Croce invitò ad accendere un cero alla finestra in onore di tutti i gatti neri vittime di violenze; l’anno successivio, invece, è stato invece inaugurato l’Albo del Gatto Nero, una sorta di censimento dei gatti neri in Italia. Scrive, in una nota, l’AIDAA promotrice della giornata:

“Sono oltre mezzo milione i gatti neri presenti nelle famiglie italiane, ed altrettanti si pensa siano presenti nelle colonie feline in quanto il gatto nero proprio a causa del vecchio retaggio che lo indica come portatore di sfortuna è il gatto meno adottato sia in Italia che in Europa.. e ancora oggi molti vengono uccisi sia a causa degli incidenti stradali, ma anche per combattere la sfortuna ed in alcuni casi per fare sacrifici animali da parte di alcune sette pseudo sataniste. Noi abbiamo voluto questa giornata per tutelare il gatto nero  ed oggi vogliamo ribadire che questo bellissimo animale non solo non porta sfortuna, ma è invece foriero di ventura…”

Se si torna indietro nel tempo si possono trovare matrici davvero eterogenee per questa strana superstizione. Ad esempio nell’Antico Egitto, il gatto nero era l’incarnazione della Dea Bastet e di sua sorella Sekhmet raffigurate con corpo di donna e testa di gatto.  Il felino descriveva il potere divino rivolto alla fertilità e la chiaroveggenza. Inoltre, il gatto era anche sacro alla Dea Iside (Artemide per i Greci e Diana per i Romani), divinità della notte, il cui colore era appunto il nero. La notte è sempre stata per l’umanità una fase di mistero e timore, ma ha anche esercitato una seduzione magica.  Un gatto nero nella notte è pressoché invisibile, ma se i suoi occhi incontrano una luce, brillano in modo inquietante.

Al contrario, andando lontano, nell’antichissima cultura cinese, si ipotizza che i gatti neri siano portatori di fame e di povertà. D’altro canto, i gatti neri sono considerati benauguranti in tutto il Giappone. Nella simbologia islamica sono un animale ambivalente con “sette anime” (seba’aruah). In Birmania e nel Siam vi era la credenza secondo cui, quando un uomo moriva, il suo spirito, prima di andare in cielo, andasse in un gatto fino alla morte fisica del felino.

Nel periodo medioevale si inizia la “caccia” al gatto nero considerato vettore di spiriti malevoli perchè erano solito far imbizzarrire i destrieri creando scompiglio tra i passeggeri,. Nel 1200me Papa Gregorio IX apostrofò il gatto nero come federe amico delle streghe, dando così il via libera ad una caccia spietata. Purtroppo da quel momento molti simpatici felini sono stati  arsi vivi, gettati dalla cima dei castelli o uccisi a vista con l’intento di tenere lontani gli spiriti malevoli.

Fortunatamente questa visione distorta non attecchi dappertutto: per i paesi del Nord Europa, in particolare dagli Scozzesi,  il gatto nero è considerato un vero portatore di prosperità: nella mitologia celtica, una fata nota come Sìth prende la forma di un gatto nero. In Germania, tutt’ora, si pensa che se se un gatto nero attraversa la strada da destra a sinistra in genere si pensa porti sfortuna; al contrario, da sinistra a destra, porterà fortuna. In Lettonia la nascita di gattini neri indica che ci sarà un buon raccolto.  Dopotutto, i marinai “volevano un “gatto della nave” nero perché avrebbe portato fortuna”, come scrive Jonathan Eyers in ‘Don’t Shoot the Albatross!: Nautical Myths and Superstitions’. A volte, le mogli dei pescatori tenevano gatti neri anche a casa, con la speranza che sarebbero in grado di usare la loro influenza per proteggere i loro mariti in mare.

Probabilmente la nostra versione distorta “occidentale” deriva dalla colonizzazione del Nord America (in particolare in quel del Massachusetts), dove i Padri pellegrini nel XVII secolo avevano un tale sospetto verso qualsiasi cosa ritenuta demoniaco che presero a considerare il gatto nero come suo emissario, e chi veniva sorpreso con un gatto nero poteva essere severamente punito e considerato usufruitore di magia arcana.

Secondo la moderna interpretazione dei sogni, sognare un gatto nero significa esprimere un bisogno di indipendenza e ribellione verso imposizioni troppo soffocanti; il colore nero potrebbe enfatizzare la connessione con il mistero e l’inconscio, e quindi essere un invito ad aprirti verso questa dimensione, a fidarti di più del tuo istinto.

Da quando è stata istituita nel 2014, la Giornata del Gatto Nero è una festa globale, con mostre, iniziative e concerti in onore dei simpatici felini. Sono infatti diverse centinaia le iniziative che si svolgeranno in tutti quei paesi dove la figura del gatto nero è considerata portatrice di fortuna.

Bastet: la dea gatto egiziana

La dea egizia dalla testa di gatto, Bastet era in senso stretto una divinità del culto solare fino all’arrivo dell’influenza greca sulla società egiziana, quando ella divenne una dea lunare, ciò dovuto al fatto che i Greci la identificassero con Artemide. A partire dalla II Dinastia( approssimativamente 2890-2686 a.C.), Bastet era originariamente raffigurata come un gatto selvatico del deserto oppure come una leonessa, e venne associata ad un felino domestico solo intorno al 1000 a.C. Ella era comunemente accoppiata a Sekhmet, la dea dalla testa di leone di Memphis, Wadjet e ad Hathor. Bastet era la “Figlia di Ra”, una designazione che la collocava nello stesso rango di dee quali Maat e Tefnut. In più, Bastet era uno degli “Occhi di Ra, titolo di un dio “vendicatore” mandato specificamente ad annientare i nemici dell’Egitto e dei Suoi dei. Il culto di Bastet era centrato a Bubastis(localizzata nella regione del delta, vicino l’attuale Zagazig) da almeno la IV Dinastia. Nel tardo periodo Bubastis fu la capitale dell’Egitto per una dinastia, e pochi re annoverarono il suo nome nei loro titoli reali. Bubastis fu resa famosa da Erodoto nel IV secolo a.C., quando egli descrisse nei suoi annali una delle festività che avevano luogo in onore di Bastet.

 

Scavi nelle rovine di Tell-Basta (l’antica Bubastis) hanno fruttato molte scoperte, incluso un cimitero di gatti sacri mummificati. Poiché i Greci identificarono Bastet con Diana ed Artemide e Horus con Apollo, Bastet fu annoverata nel mito di Osiride ed Iside come loro figlia(questa associazione, comunque, non fu mai fatta prima dell’arrivo dell’ellenismo in Egitto. Ella è detta madre del dio dalla testa di leone Mihos(che era anch’egli venerato a Bubastis, insieme a Thoth).Ella è raffigurata più comunemente come una donna con la testa di un domestico o selvatico gatto o leone, o con un gatto proprio

Giulia Simonelli in arte Aicha Cosplay

Oggi facciamo amicizia con Aicha Cosplay, Giulia Simonelli, nata a Modena, città emiliana famosa Pavarotti, la Ferrari, la buona cucina e molto altro, è  sempre molto attiva ed in continua fase creativa. Giulia, proprio come la sua città natale è piena di passioni e di creatività: ama viaggiare ed ama follemente il mondo del cosplay. Sin da piccola, grazie anche alla mamma e alla nonna, è innamorata dei costumi di carnevale, le sue preferite sono le maschere veneziane. Giulia inizia così a partecipare a numerose sfilate carnevalesche, in particolare nel Veneto, dove la tradizione del carnevale è molto sentita.

Inizialmente, il mondo del cosplay non era fra i suoi interessi: da sempre lo guardava incuriosita, soprattutto in occasione dei vari eventi comix dove era possibile vedere cosplayers da vicino. Due anni fa, la svolta: tutto inizia con la richiesta di aiuto da parte di un collega, per la realizzazione del suo cosplay per Lucca Comics… Da quel momento scatta la voglia di provare. A marzo 2020 partecipa al Cartoomics di Milano nei panni di Ahri kda, il suo primo cosplay: un’emozione nuova, tanto da imparare e da conoscere di quel mondo così nuovo. Quando le dicevano che il cosplay “creava dipendenza” non voleva crederci…e invece, si è ritrovata in poco più di anno, ad aver creato circa 13 cosplay. Decide così di creare il suo profilo Instagram, sotto il nickname di Aicha Cosplay: nome d’arte (aicha) che già aveva per la sua passione per la danza orientale. Tra tutti i suoi cosplay, uno in particolare la coinvolge molto: le sue versioni di Malefica, tratte dall’ultimo film disney… sotto certi aspetti, il personaggio è davvero simile a lei.

Come un po’ per tutti, l’inizio è sempre con costumi o accessori comprati già fatti o commerciali: poi, con il passare del tempo, prendendo confidenza con i materiali e con la creazione dei costumi, ama crearli in casa. Iniziando un po’ per caso ad entrare nel mondo del cosplay, non ha mai avuto modelli di riferimento da seguire: anzi, ritiene che “imitare” qualcuno non sia il percorso giusto, ma anzi bisogna lasciar trasparire la propria personalità…questo è sicuramente un valore aggiunto. Per “crescere” nella qualità dei propri cosplay per Giulia sono fondamentali la voglia di imparare, di migliorare sempre di più e l’umiltà, che non deve mai mancare.

Giulia ama partecipare ai numerosissimi eventi che da qualche anno vengono organizzati in Italia: uno degli aspetti più belli è vedere le emozioni del pubblico di tutte le età, alla vista dei cosplayer, magari che vestono i panni dei propri personaggi preferiti. Il suo lavoro è stato un altro punto a favore per l’inizio della passione per il cosplay: lavora in una azienda dove i fumetti, i games, le action figure e tutto ciò che è nerd, sono all’ordine del giorno. E’ sempre poi bello contare anche sugli affetti più cari: la famiglia che viene coinvolta nella creazione dei costumi e il fidanzato, diventato cosplayer dopo averla seguita in diversi eventi. Giulia vede il cosplay come una bella passione da coltivare, non la vorrebbe mai far diventare un lavoro: proprio perché si tratta di uno svago, la voglia di creare personaggi e di interpretarli non manca mai…. Trasformandolo in un lavoro, diventerebbe un “dovere” a lungo andare…e forse la passione inizialmente si andrebbe a spegnere lentamente. Attiva e quasi sempre presente in tutti gli eventi comix del nord e centro Italia, apprezza maggiormente quelli all’aperto, occasione anche per visitarle e scoprire nuove città.

Pubblicando i propri scatti su Facebook ed Instagram ci si può imbattere nella dura e vera realtà che si nasconde dietro a questi Social… data la facilità di nascondersi dietro ad uno schermo purtroppo e sempre più spesso, si assiste ad attacchi gratuiti, offese, invidie verso categorie o singoli cosplayer. Ma almeno c’è anche un aspetto positivo nella condivisione social, per esempio i vari gruppi per rimanere in contatto con le varie amicizie che si stringono , per sapere gli eventi in programma, la condivisione di foto, di consigli… Il cosplay per Giulia è stato l’ennesimo passo di un percorso di ricostruzione della fiducia  e della sicurezza in se stessa: come succede spesso, nel periodo scolastico, veniva derisa ed emarginata…quando le parole fanno più male di uno schiaffo e lasciano segni profondi nel nostro “io”. aggiungiamoci anche come accade spesso nel mondo femminile, la poca autostima. Poi gli anni passano e piano piano ci si rialza…e si cerca di iniziare ad apprezzarsi, a volersi bene. Il cosplay l’ha aiutata tanto in questo, ad affrontare le proprie paure e a diventare più sicura.

Come tutte le attività che comportano una esposizione pubblica, può capitare di ricevere apprezzamenti ma anche critiche: Giulia preferisce ricevere critiche  costruttive, da ascoltare e di cui far tesoro, piuttosto che finti complimenti di facciata… Tra i suoi cosplay preferiti, c’è quello dedicato alla dea Bastet, nato per via della sua grande passione per l’Egitto: è anche il suo primo Original. Per i puristi, questo genere dovrebbe essere bannato mentre invece per Giulia, si tratta di una ulteriore possibilità di espressione e creatività… consente di creare un proprio personaggio in tutto e per tutto. Come già detto, e’ bello indossare i propri cosplay negli eventi… soprattutto quando decidi di portare il tuo preferito, nel suo caso Malefica. In quasi tutti gli eventi, almeno una bimba si sente un po’ “Aurora” e corre ad abbracciare la sua fata madrina.

Capita spesso di trovare persone incuriosite che chiedono di più sul mondo del cosplay: Giulia consiglia sempre di venire a “curiosare” negli eventi e perché no provare anche a fare cosplay… perché non è necessario avere per forza un costume splendido, basta avere tanta voglia di divertirsi, di fare amicizia, di “giocare” ad essere qualcun’altro…. È un mondo tutto da scoprire.

Per conoscere meglio Giulia e la sua creatività vi invitiamo a conoscerla nei suoi profiliinstagram.com/aicha_cosplay/   | facebook.com/giulia.simonelli.16

 

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