Scoperto il nono pianeta nel nostro Sistema Solare: le prove sempre più convincenti dietro il mistero cosmico

Un recente studio ha rivelato l’esistenza di prove sempre più convincenti riguardo alla presenza di un misterioso nono pianeta nel nostro Sistema Solare, che potrebbe spiegare i comportamenti anomali di alcuni corpi celesti nelle regioni più remote del sistema.

L’ipotesi di un nono pianeta è stata proposta dagli astronomi da diversi anni, ma solo ora sembra che vi siano prove solide a supporto di questa teoria. Gli scienziati hanno esaminato il movimento di corpi trans-nettuniani e hanno concluso che la spiegazione più plausibile per il loro comportamento insolito è l’esistenza di un pianeta ancora non scoperto.

Il dottor Konstantin Bogytin, uno dei principali sostenitori di questa teoria, ha sottolineato che il recente studio rappresenta la prova più convincente fino ad oggi dell’esistenza del nono pianeta. L’osservazione e lo studio di questi oggetti lontani sono cruciali per comprendere appieno la presenza di questo pianeta nascosto nel nostro Sistema Solare.

L’avvio dell’Osservatorio Vera C Rubin sarà fondamentale per approfondire ulteriormente questa scoperta e analizzare meglio il comportamento di questi corpi celesti lontani. Questa nuova prospettiva potrebbe fornire informazioni cruciali per svelare i misteri delle regioni esterne del nostro Sistema Solare e cambiare per sempre la nostra comprensione dell’universo.

Questa scoperta rappresenta una vera rivoluzione nel campo dell’astronomia e sarà interessante seguire gli sviluppi futuri riguardanti il nono pianeta nascosto nel nostro Sistema Solare. Restate sintonizzati per ulteriori aggiornamenti su questo affascinante argomento che potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione del cosmo.

La Terra non è uniforme: la gravità cambia da un punto all’altro del pianeta!

Hai mai pensato che la forza di gravità che ti tiene piantato a terra possa variare a seconda di dove ti trovi? Ebbene, è proprio così! La Terra non è una sfera perfetta e uniforme, e questo si traduce in una variazione della forza gravitazionale da un punto all’altro del pianeta.

Perché la gravità non è sempre uguale?

Immagina la Terra come una trottola che gira velocemente. La sua rotazione la appiattisce leggermente ai poli e la fa gonfiare all’equatore. Questa differenza di forma, insieme ad altri fattori come la distribuzione irregolare dei materiali all’interno del pianeta e la presenza di montagne e oceani, fa sì che la forza di gravità sia un po’ più forte ai poli e un po’ più debole all’equatore.

Quanto varia la gravità?

La differenza di gravità tra i poli e l’equatore è piccola, ma misurabile. In media, la forza di gravità è di circa 9,8 m/s² (metri al secondo quadrato), ma può variare da 9,78 m/s² all’equatore a 9,83 m/s² ai poli. Per la maggior parte delle persone, questa differenza è impercettibile, ma può avere un impatto su misurazioni precise, come quelle utilizzate in geofisica o per il posizionamento satellitare.

Cosa significa questo per noi?

La variazione della gravità terrestre è un fenomeno affascinante che ci ricorda che il nostro pianeta è un luogo dinamico e complesso. Anche se non la notiamo nella nostra vita quotidiana, questa variazione ha un ruolo importante in molti processi naturali e nelle attività umane.

I Titanosauri: giganti preistorici che dominarono la Terra

I Titanosauri erano dinosauri erbivori di dimensioni colossali, che un tempo dominavano tutti e sette i continenti. Questi giganti del Cretaceo Inferiore (circa 126 milioni di anni fa) sfidavano le leggi della fisica con i loro corpi enormi e la loro capacità di adattamento.

Diversità e dimensioni:

Con quasi 100 specie identificate, i Titanosauri presentavano una straordinaria diversità. Il gigantesco Argentinosaurus superava le 60 tonnellate, mentre il più piccolo, Rinconsaurus, era simile a un elefante africano.

Ciclo di vita:

Nati da uova non più grandi di un pompelmo, questi giganti crescevano a ritmi sorprendenti, simili a quelli dei mammiferi. Le loro impronte fossili ci offrono uno sguardo affascinante sulla loro infanzia.

Segreto del successo:

La chiave del loro dominio risiedeva nella loro adattabilità e nella loro dieta variata. Si nutrivano di una vasta gamma di piante, sfruttando al meglio le risorse del loro habitat.

Fine di un’era:

Nonostante la loro grandezza, i Titanosauri non sono sopravvissuti all’estinzione di massa causata dall’impatto di un asteroide 66 milioni di anni fa.

Astronomia: scoperto un segnale radio da una galassia a 8,8 miliardi di anni luce dalla Terra

Un team di astronomi ha scoperto un segnale radio proveniente da una galassia a 8,8 miliardi di anni luce dalla Terra. Il segnale è stato captato dal radiotelescopio Giant Metrewave Radio Telescope (GMRT) in India, utilizzando una tecnica chiamata lente gravitazionale.

La galassia che ha emesso il segnale è chiamata SDSSJ0826+5630. Secondo le prime informazioni, il segnale sarebbe stato emesso quando l’universo aveva solo 4,9 miliardi di anni.

La scoperta è importante perché dimostra che i radiotelescopi a bassa frequenza possono essere utilizzati per osservare galassie lontane. La radioastronomia è una branca dell’astronomia che studia il cielo utilizzando le onde radio. La luce visibile è una radiazione elettromagnetica, così come le onde radio, i raggi gamma, i raggi X e gli infrarossi.

Perché è importante questa scoperta?

La scoperta di questo segnale radio ha importanti implicazioni per la nostra comprensione dell’universo. Innanzitutto, dimostra che i radiotelescopi a bassa frequenza possono essere utilizzati per osservare galassie lontane. Ciò significa che gli astronomi avranno accesso a una gamma più ampia di oggetti celesti, compresi quelli che si trovano nelle prime fasi dell’evoluzione dell’universo.

Inoltre, la scoperta suggerisce che la galassia SDSSJ0826+5630 potrebbe essere una fonte di onde radio attive, come un quasar o un buco nero supermassiccio. Queste sorgenti sono molto luminose e possono essere utilizzate per studiare l’evoluzione dell’universo e la sua struttura.

Cosa ci riserva il futuro?

Questa scoperta è solo l’inizio di una nuova era per la radioastronomia. Gli astronomi continueranno a utilizzare i radiotelescopi a bassa frequenza per studiare galassie lontane e comprendere meglio l’universo.

Due nuovi asteroidi vicini alla Terra scoperti dal telescopio cinese WFST

Due nuovi asteroidi vicini alla Terra, mai rilevati prima d’ora, sono stati scoperti dal Wide Field Survey Telescope (WFST), un telescopio situato nella provincia del Qinghai, nella Cina nord-occidentale.

I due corpi celesti, classificati come Near Earth Asteroids (NEA), sono stati avvistati per la prima volta il 18 dicembre 2023.

Uno dei due asteroidi, chiamato 2023 WX1, è stato classificato come un asteroide “potenzialmente pericoloso”, avendo una “distanza minima di intersezione dell’orbita terrestre di 0,0416 unità astronomiche”, pari a 6,22 milioni di km.

L’altro asteroide, chiamato 2023 WB2, ha una distanza minima di intersezione dell’orbita terrestre di 0,038 unità astronomiche, pari a 5,44 milioni di km.

Entrambi gli asteroidi hanno una dimensione di circa 170 metri.

I rischi di un asteroide vicino alla Terra

Gli asteroidi potenzialmente pericolosi sono monitorati costantemente dalle agenzie spaziali, come la NASA, che valutano il loro rischio di collisione con la Terra e le possibili conseguenze.

In caso di impatto di un asteroide con la Terra, le conseguenze dello schianto variano a seconda delle dimensioni, della velocità e del luogo di caduta del meoteorite.

Gli asteroidi più piccoli, di pochi metri di diametro, si disintegrano nell’atmosfera e non causano danni significativi.

Al contrario, quelli più grandi, di dimensioni di centinaia di metri o chilometri, possono invece avere effetti catastrofici, come esplosioni o onde d’urto che distruggono tutto ciò che si trova nel raggio di molti chilometri, ma possono formare anche crateri, che alternano la morfologia della superficie terrestre, innescare eruzioni vulcaniche o terremoti, oppure tsunami, nel caso in cui l’impatto avvenga in mare.

Possono altresì scatenare incendi, a causa del calore che si genera durante l’impatto, sollevare nubi di polvere e cenere, che possono bloccare la luce solare, creando un abbassamento delle temperature e riducendo la fotosintesi delle piante, con conseguenze come carestie e estinzioni, dovute alla scarsità di cibo, acqua e ossigeno per gli esseri viventi.

Le probabilità di impatto di un asteroide contro la Terra

Le probabilità di impatto di un asteroide di grandi dimensioni contro la Terra è molto bassa ma, come detto, non è nulla.

Secondo la NASA, la possibilità che un asteroide di grandi dimensioni (un chilometro o più) colpisca il pianeta è di una volta ogni 600.000-700.000 anni.

Tuttavia, essendoci però molti asteroidi vicini alla Terra non ancora scoperti e che potrebbero rappresentare una minaccia non prevista, l’Agenzia spaziale americana e le altre agenzie spaziali monitorano costantemente la situazione.

Conclusione

La scoperta dei due nuovi asteroidi vicini alla Terra è un importante passo avanti nella ricerca di questi corpi celesti potenzialmente pericolosi.

Il monitoraggio costante di questi asteroidi da parte delle agenzie spaziali è fondamentale per ridurre il rischio di un impatto con la Terra.

Un nuovo dinosauro semiacquatico aggiunge un tassello al puzzle dell’evoluzione

I dinosauri non erano tutti animali terrestri, come si pensava in precedenza. Un nuovo studio ha scoperto un dinosauro semiacquatico, il Natovenator polydontus, che viveva in Mongolia circa 68-75 milioni di anni fa.

Il Natovenator era un dromaeosauride, un gruppo di dinosauri carnivori che comprendeva anche il Velociraptor. Aveva un collo lungo e sottile, un muso pieno di denti aguzzi e una gabbia toracica longilinea, simile a quella degli uccelli tuffatori.

Queste caratteristiche suggeriscono che il Natovenator fosse un nuotatore abile che cacciava pesci e altre prede acquatiche.

La scoperta del Natovenator è un importante passo avanti nella nostra comprensione dell’evoluzione dei dinosauri. Suggerisce che questi animali erano più diversificati di quanto si pensasse in precedenza e che alcuni di loro si erano adattati a vivere in ambienti acquatici.

Il Natovenator è solo uno dei tanti esempi di dinosauri semiacquatici. Altri esempi includono lo Spinosaurus, che era un predatore gigante che viveva in Africa, e l’Halszkaraptor, un piccolo dromaeosauride che viveva in Mongolia.

Queste scoperte ci aiutano a capire come i dinosauri si adattavano a diversi ambienti e come hanno contribuito alla diversità della vita sulla Terra.

La sonda Parker Solar Probe: un nuovo record di velocità e distanza dal Sole

La sonda Parker Solar Probe della NASA ha raggiunto un nuovo record di velocità e distanza dal Sole. Nel suo diciassettesimo incontro ravvicinato con la nostra stella, la sonda ha sfiorato la sua superficie, arrivando a una distanza di soli 7,26 milioni di chilometri.

Una nuova impresa storica

Questo nuovo record è un’impresa storica, che segna un ulteriore passo avanti nella nostra conoscenza del Sole. La sonda Parker Solar Probe è stata progettata per studiare la corona solare, la parte più esterna della nostra stella. La corona è estremamente calda e rarefatta, e avvicinarsi ad essa è un’impresa molto difficile.

Come è possibile avvicinarsi così tanto al Sole?

La sonda Parker Solar Probe è dotata di uno speciale scudo termico, che la protegge dalle temperature estreme della corona. Lo scudo è spesso 11,5 centimetri e composto da uno strato di schiuma di carbonio contenuto all’interno di due lastre di carbonio. È in grado di resistere a temperature di 1600 gradi centigradi.

Quali sono gli obiettivi della missione?

L’obiettivo della missione Parker Solar Probe è studiare la corona solare e il vento solare. Il vento solare è un flusso di particelle cariche che fuoriesce dalla corona e si propaga in tutto il Sistema solare.

La sonda Parker Solar Probe dovrebbe raccogliere informazioni preziose che ci aiuteranno a capire meglio il comportamento del Sole. Dopo un totale di 24 orbite intorno alla nostra stella, la sonda dovrebbe aver raccolto una serie di dati che ci permetteranno di comprendere meglio la struttura e il funzionamento della corona solare e del vento solare.

Conclusione

La sonda Parker Solar Probe è una missione rivoluzionaria che sta aprendo nuove frontiere nella nostra conoscenza del Sole. I dati raccolti dalla sonda ci aiuteranno a capire meglio il comportamento della nostra stella e a prevedere eventi solari come le tempeste solari, che possono avere gravi conseguenze sulla Terra.

Il futuro della vita nell’universo dipende da noi

La Terra è una bellissima e fragile sfera blu sospesa nello spazio. È l’unico pianeta che conosciamo in grado di ospitare la vita, ma la sua esistenza è limitata. Il Sole, la nostra stella, sta invecchiando e in circa 5 miliardi di anni diventerà una gigante rossa. Questo significa che il Sole diventerà più grande e più caldo, e la Terra verrà inghiottita.

Prima che la Terra venga distrutta, la vita su di essa inizierà a scomparire. Questo perché il Sole si sta già riscaldando e la temperatura della Terra sta aumentando. In un miliardo di anni, gli oceani si saranno evaporati e l’atmosfera sarà piena di vapore acqueo. La Terra diventerà un pianeta simile a Venere, una palla rovente e arida.

La fine della vita sulla Terra sarà un evento tragico, ma è importante ricordare che non è la fine dell’universo. Ci sono miliardi di altre stelle nell’universo e molte di esse potrebbero ospitare pianeti abitabili. È possibile che la vita riesca a sopravvivere sulla Terra, o che si evolva su altri pianeti.

Il destino della vita nell’universo è incerto, ma è importante ricordare che siamo tutti parte di qualcosa di più grande di noi stessi. Siamo tutti figli delle stelle e siamo tutti legati dalla stessa forza vitale. Non importa quanto sia breve la nostra esistenza, dobbiamo sfruttare al massimo il tempo che abbiamo. Dobbiamo prenderci cura della Terra e dobbiamo cercare di trovare un modo per sopravvivere alla morte del Sole.

Il futuro della vita nell’universo è nelle nostre mani. Dobbiamo lavorare insieme per trovare una soluzione al problema del cambiamento climatico e dobbiamo cercare di trovare nuovi pianeti abitabili. Dobbiamo essere coraggiosi e dobbiamo avere speranza. Il futuro della vita nell’universo dipende da noi.

Quanti sono i “veri esopianeti” come la Terra?

Spazio, Ultima Frontiera…“. Con questa iconica frase iniziavano le avventure delle astronavi della Flotta Stellare di Star Trekalla ricerca di strani nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme e nuove civiltà…“. In particolare la rotta delle Enterprise era rivolta all’esplorazione dei cosiddetti pianeti di “classe M”. Nell’universo di Star Trek insiste infatti una classificazione dei pianeti introdotta dagli scienziati Vulcaniani. La classe più citata nello show è senza dubbio la Classe M. ovvero di “classe Minshara”, che definisce i pianeti abitabili praticamente molti simili alla nostra cara Terra. Le condizioni necessarie e sufficienti in Star Trek per ottenere questa classificazione è essere composti per la maggior parte da silicati e acqua, con almeno il 20% di superficie emersa; l’atmosfera di questi pianeti deve essere un mix di ossigeno e azoto, con una spruzzata di altri gas, condizioni perfette per essere pieni di vita. Infine devono essere geologicamente attivi.

Ma quanti sono in realtà i pianeti simili alla Terra?

Secondo uno studio condotto nel 2020, si stima che ci siano più di 6 miliardi di pianeti simili alla Terra nella Via Lattea, la nostra galassia. Queste stime sono state ottenute dagli astronomi dell’Università della Columbia Britannica utilizzando i dati raccolti dalla missione Kepler della NASA, che purtroppo si è conclusa.

Secondo gli scienziati, potrebbe esistere almeno un pianeta simile alla Terra ogni cinque stelle simili al Sole presenti nella Via Lattea. Per essere considerato simile alla Terra, un pianeta deve avere una composizione rocciosa simile e orbitare attorno a una stella di tipo G, come il nostro Sole. Inoltre, questi esopianeti devono trovarsi in una zona abitabile, cioè a una distanza dalla loro stella tale da permettere la presenza di acqua liquida e possibilmente di vita sulla loro superficie.

Le stime precedenti sulla frequenza dei pianeti simili alla Terra erano molto diverse, oscillando da 0,02 a uno per ogni stella simile al Sole. I pianeti di tipo terrestre sono generalmente più difficili da individuare rispetto ad altri tipi di pianeti, poiché sono più piccoli e orbitano a una maggiore distanza dalla loro stella madre. Questo significa che i dati raccolti finora rappresentano solo una piccola frazione dei pianeti realmente presenti nel nostro universo. Gli scienziati hanno quindi utilizzato una tecnica chiamata “modellazione in avanti” per superare tali limiti.

La ricerca ha anche contribuito a migliorare la comprensione di un fenomeno noto come “radius gap” dei pianeti. Questo gap dimostra che è piuttosto raro trovare pianeti con un periodo orbitale inferiore a 100 giorni che abbiano una dimensione compresa tra 1,5 e 2 volte il raggio terrestre. Gli studiosi hanno scoperto che questo gap è in realtà molto più ristretto rispetto a quanto si pensava in precedenza per certi intervalli di periodi orbitali. La ricerca su questi argomenti continua, con l’obiettivo di svelare sempre più segreti del nostro vasto universo.

Daleks Invasion Earth 2150 AD. / Daleks – Il futuro fra un milione di anni

Tra i miei vari interessi, mi sono sempre considerata una grande appassionata della serie del Dr Who. La famosa serie televisiva Britannica, riguardante le avventure di un curioso e simpatico personaggio che viaggia nel tempo e nello spazio a bordo di un’astronave a forma di cabina del telefono della polizia chiamata Tardis. Di lui si sa solo che è considerato l’ultimo dei Signori del Tempo, ed è pressoché quasi immortale, infatti egli quando viene ferito mortalmente oppure giunge alla fine del ciclo vitale, subisce un’incarnazione che gli cambia completamente sia l’aspetto che la voce e anche il carattere, (ed ecco spiegato il perché nei cambi di stagione viene cambiato anche l’attore). Una serie nata negli anni 60, e poi ripresa negli anni duemila, sempre dinamica e sempre divertente coi suoi alti e bassi. Però oggi non ho voglia di parlare nello specifico della serie, in quanto di essa se ne è parlato in mille salse diverse con mille punti di vista differenti, specie ora che dovrebbe esserci la stagione con il nuovo “Dottore” incarnato questa volta in un corpo femminile; bensì oggi voglio farvi riscoprire un tesoro per fortuna non andato completamente perduto, un film tutto dedicato al Dr. Who, Daleks Invasion Earth 2150 AD, diretto nel 1966 da Gordon Flemyng, sarebbe una sorta di remake della puntata della serie intitolata “The Dalek Invasion of Earth” riguardante le avventure del primo “Dottore”, e a interpretare l’ultimo “Signore del Tempo” fu scelto Peter Cushing il famoso Gran Moff Tarkin di Star Wars Episode IV.

 

Daleks - Invasion Earth 2150 AD (Fan Trailer)

Mentre è di ronda per le strade di Londra, il poliziotto Tom Campbell durante un tentativo di rapina, entra in una delle cabine telefoniche azzurre della polizia, però appena entrato si accorge che lo spazio all’interno della cabina è molto più grande e in più anche il suo aspetto è molto diverso, infatti l’interno sembra un’astronave proveniente dal futuro, qui ad accogliere Tom c’è un uomo di mezza età che si definisce “il Dottore”, insieme a lui ci sono le sue due nipoti Susan e Louise egli spiega che si trova all’interno non di una semplice cabina telefonica, ma nel Tardis la sua astronave Spaziotemporale. Tom vuole fare altre domande al Dottore, però non fa in tempo a pronunciare una sola parola, che il Tardis parte per una nuova destinazione e così il gruppo si ritrova sempre sulla Terra ma nell’anno 2150. Il gruppo decide di esplorare la zona e si ritrovano in una Londra devastata da una tremenda guerra, i cui vincitori non solo sulla capitale britannica, ma sull’intero pianeta sono i Dalek, il cui unico scopo è conquistare e distruggere ogni forma di vita, per questo il loro grido di battaglia è “Sterminare! Sterminare!”, antichi avversari dei Signori del Tempo e di conseguenza del Dottore. I 4 vengono attaccati dai Dalek e dai loro schiavi i Roboman, umani trasformati in schiavi dai Dalek, però in aiuto del Dottore arrivano altri umani che a differenza dei soggiogati Roboman, sono liberi e hanno formato una resistenza contro l’invasore, però riescono solo a salvare Susan e Louise, mentre il Dottore e Tom vengono fatti prigionieri. Però, grazie a un attacco della resistenza, alcuni prigionieri tra cui Tom e il Dottore riescono a evadere, non senza che molti membri della resistenza vengano eliminati dai Dalek.  Mentre la resistenza cerca di riorganizzarsi, il Dottore grazie anche alle sue nipoti Susan e Louise, scopre che la maggior parte delle forze dei Dalek è concentrata presso una miniera nei dintorni di Bedford, stimolato dalla sua curiosità, il Dottore decide di indagare seguito da Tom, le sue nipoti e il resto della resistenza, qui scoprono che i Dalek stanno scavando la crosta terrestre per mettere a nudo il nucleo magnetico del pianeta, perché così lo utilizzerebbero come una sorta di motore per spostare la Terra verso Skaro il loro mondo di origine e utilizzare la Terra come una nuova colonia di soli Dalek. Scoperto il loro piano, il Dottore grazie al suo cacciavite sonico e alla sua intelligenza, riesce a cambiare polarità del nucleo magnetico, così tutti i Dalek sul pianeta vengono distrutti salvando la Terra del futuro. Finita la loro avventura, il Dottore ritorna indietro nel tempo a bordo del Tardis, riportando Tom nel momento in cui è entrato in esso, permettendogli di catturare i ladri del furto avvenuto all’inizio dell’avventura, così il Dottore Susan e Louise proseguono il loro viaggio nel tempo e nello spazio.

 

Dr. Who: Daleks' Invasion Earth 2150 A.D. - Clip

Come abbiamo detto prima per interpretare i panni del Dottore venne scelto Peter Cushing. Il personaggio di Susan era già presente nella serie originale, mentre il personaggio di Louise venne creato apposta per il film, infatti non se ne fa menzione in nessun punto delle varie stagioni della serie. Bernard Cribbins che interpreta il ruolo del poliziotto Tom Campbell, ritornerà nella serie del Dr. Who rivestendo però i panni di Wilfred Mott il nonno di Donna Noble la compagna di viaggio del Decimo Dottore. Mentre Andrew Keir uno dei leader della resistenza dell’umanità contro i Dalek, interpreterà il professor Quatermass nel terzo film dedicato alla saga del professore Quatermass and the Pit tradotto da noi come “L’astronave degli essere perduti”. La colonna sonora fu curata da Barry Gray che successivamente divenne famoso per aver curato le musiche delle serie televisive britanniche UFO e Spazio 1999.

Dalek Invasion Earth 2150 AD Thompson

Anche se non è mai stato considerato nell’Universo Canonico della serie del Dr. Who, esso rimane comunque un bel film, che si può benissimo guardare o come  parte della serie televisiva, oppure come film di fantascienza a sé stante, ricco di azione, avventura e quel pizzico di misticismo tipico del Dottore. E poi alla fine le avventure del Dottore a bordo del Tardis sono sempre affascinanti sia che esse siano canoniche oppure no.

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