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21 aprile 753 a.c.: La fondazione di Roma

La fondazione di Roma è una storia avvolta nel mito, eppure ci è stata tramandata con tale precisione che conosciamo non solo l’anno di nascita, ma anche il giorno esatto: il 21 aprile 753 a.C. Questo evento leggendario è stato descritto da poeti e storici, rendendo la nascita della città eterna un racconto affascinante e intricato.

Una delle versioni più celebri della storia di Roma è quella che ci arriva dall’Eneide di Virgilio, un poeta romano del I secolo a.C.

Secondo questa versione, Enea, un eroe troiano e figlio della dea Venere, dopo la caduta di Troia, raggiunse le coste del Lazio. Enea, che aveva fatto il viaggio attraverso il Mediterraneo con il suo seguito, fu il fondatore della città di Albalonga attraverso suo figlio Ascanio, che assunse il nome di Iulo. Sebbene l’Eneide di Virgilio non fosse mai completata, il poema si chiude su una nota che lascia aperti molti dettagli riguardo agli eventi successivi. Tuttavia, la leggenda ufficiale continua con la storia di Rhea Silvia, una vestale di nobili origini, discendente di Iulo, che fu sedotta dal dio Marte e diede alla luce i gemelli Romolo e Remo. Le vestali, come sacerdotesse di Vesta, erano tenute a rimanere vergini, e quindi Rhea Silvia era destinata a essere punita. La legge prevedeva la lapidazione, ma per fortuna i due gemelli furono risparmiati dai loro carnefici, che li abbandonarono in una cesta sul Tevere.

La cesta si arenò presso la palude del Velabro, vicino all’attuale chiesa di Santa Maria in Cosmedin. Qui, una lupa, che abitava nei dintorni del colle Campidoglio o del Palatino, accudì i piccoli finché un pastore di nome Faustolo, che in seguito fu associato al dio Fauno nella fantasia popolare, li trovò e li portò a casa sua insieme alla moglie Acca Larentia.

Il mito di Enea ha radici più profonde nella tradizione greca. Virgilio scrisse l’Eneide otto secoli dopo la caduta di Troia, ispirandosi a miti e leggende greche più antiche. Nei poemi omerici, ad esempio, non si fa menzione della morte di Enea, il che ha alimentato la fantasia su una nuova Troia fondata dall’eroe. Alcuni poeti antichi parlano di una città costruita da Enea sul monte Ida. Un altro mito interessante collegato a Enea è quello di Aineia, una città sulle coste macedoni, considerata una discendente diretta dell’eroe troiano. Nel V secolo a.C., Ellanico raccontò per primo di Enea arrivato nel Lazio, e successivamente furono aggiunti altri miti, come quello di Didone, per giustificare le guerre puniche. Il mito di Enea era importante per i Romani, poiché legittimava la loro discendenza diretta da Marte, pur rivelando anche un dualismo nella figura di Enea, guerriero atipico che preferiva la pace alla guerra. Questo dualismo riflette la civiltà romana, dove guerre e legge coesistevano, simboleggiato dai re Romolo e Numa Pompilio. Inoltre, Virgilio scrisse l’Eneide per esaltare Ottaviano Augusto e la sua politica di Pax.

Esiste anche una versione alternativa e piuttosto bizzarra della nascita dei gemelli Romolo e Remo. In questa leggenda, il palazzo di Numitore, re di Albalonga, era infestato da un enorme membro maschile alato, che terrorizzava i presenti con le sue intenzioni. Per scacciare questo invasore, l’oracolo consigliò di farlo accoppiare con la figlia di Numitore. Tuttavia, la figlia, spaventata, si fece sostituire da una serva. Da questo strano incontro nacquero Romolo e Remo. Sebbene questa versione sia decisamente meno nota e più insolita, riflette l’importanza dei simboli di fertilità nella cultura dell’epoca.

Dopo essere stati salvati da Faustolo e Acca Larentia, i gemelli cresceranno e alla fine spodesteranno lo zio Amulio, che aveva usurpato il trono di Albalonga. Come premio, fu concesso loro di fondare una città. Romolo scelse il colle Palatino, mentre Remo optò per l’Aventino. Il conflitto tra i due gemelli sulla scelta del luogo di fondazione fu risolto con un presunto segno divino: Remo vide sei avvoltoi, mentre Romolo, in stato di ebbrezza, ne vide dodici. Romolo quindi fondò la città, segnando i sette colli con un solco, ma quando Remo lo oltrepassò con un salto, Romolo, in un impeto di ira, lo uccise. Questa versione della leggenda rappresenta la durezza e la determinazione del fondatore di Roma, nonché la tradizione di accogliere i reietti e i fuorilegge nella nascente città.

Un’altra dimensione del mito romano è legata a Ercole, che potrebbe avere legami con la fondazione della città. Gli scavi archeologici hanno rivelato reperti risalenti a due secoli prima della fondazione ufficiale di Roma, suggerendo l’esistenza di insediamenti preesistenti. Secondo la leggenda, vicino al Palatino si trovava la Rocca di Evandro, un re arcadico che accolse Enea. Tuttavia, la città di Evandro non ci è ben nota. Ercole, noto per le sue fatiche, tra cui il furto delle mandrie di Gerione, potrebbe aver avuto un ruolo nella storia primitiva della zona. In uno dei suoi racconti, Ercole sconfisse un ladro di nome Caco, che viveva nei pressi della caverna del Lupercale, associata alla lupa che accudì Romolo e Remo.

Infine, se camminiamo tra il Campidoglio e l’Aventino, ci rendiamo conto che il territorio è effettivamente piuttosto compatto. Il Circo Massimo, un tempo un grande pantano, e le paludi di Velabro e Portico d’Ottavia, rendono chiaro che il colle Palatino era il cuore pulsante della nascente Roma. Questo colle vasto ospitava numerosi personaggi leggendari e mitologici, da Evandro e la lupa a Faustolo e Caco. Anche se la posizione esatta di Albalonga rimane incerta e l’unica città che poteva dare filo da torcere a Roma era Veio, distante solo 12 chilometri, Roma riuscì a emergere e a consolidare la sua posizione come centro di potere e cultura.

La storia di Roma, con le sue leggende e miti, continua a affascinare e a stimolare l’immaginazione, offrendoci uno sguardo unico sulle radici di una delle civiltà più influenti della storia.

“Tu quoque”: La commedia che sfida il tempo con Maurizio Battista

“Tu quoque” è una commedia che gioca con il paradosso del tempo, il destino e la capacità di reinventarsi, portando sul grande schermo il talento unico di Maurizio Battista. Il film, che sarà nelle sale dal 3 al 9 aprile, segna l’approdo di Battista al cinema, dopo un imponente successo teatrale che ha visto il suo spettacolo “MB Show – Il Gran Varietà” conquistare oltre 70.000 spettatori. Il regista Gianni Quinto, che firma anche il soggetto e la sceneggiatura assieme allo stesso Battista, orchestra una narrazione che mescola il comico con il surreale, unendo il ritmo serrato della risata a una riflessione sull’identità, la famiglia e la fortuna.

Maurizio Battista, noto per la sua capacità di trasformare la quotidianità in uno spettacolo di comicità irresistibile, si trova nel ruolo di Massimo Quinto, un uomo di mezz’età con la vita appesa a un filo: pieni di debiti, un matrimonio finito male e un rapporto compromesso con il figlio. La sua esistenza prende una piega drammatica quando scopre di avere pochi mesi di vita. Un colpo di scena, però, lo catapulta nel 44 a.C., dove, grazie a un incidente che riscrive le leggi del tempo e dello spazio, salva la vita a Giulio Cesare, diventando il suo più fidato alleato. Quello che inizia come un avvenimento straordinario si trasforma rapidamente in un viaggio emotivo e comico, in cui Massimo scopre che, nonostante i secoli che li separano, lui e Cesare hanno molte più cose in comune di quanto avrebbero mai potuto immaginare.

La forza di “Tu quoque” risiede proprio nell’abilità di Battista di far emergere il lato umano e la comicità dei personaggi, rendendo ogni scena un incrocio di risate e riflessioni. Massimo, pur trovandosi in un’epoca lontana, riesce a stravolgere la vita della Roma antica con il suo approccio moderno e disincantato, lasciando un segno non solo nelle vicende storiche, ma anche nel cuore degli spettatori. Le gag che scaturiscono da questa anacronistica collisione tra tempi e culture sono esilaranti, ma non mancano momenti di sorprendente introspezione. In un’epoca in cui l’ironia è spesso la chiave per sdrammatizzare il dolore, Massimo diventa una sorta di moderno Cesare, capace di portare speranza e cambiamento anche nelle situazioni più difficili, sia nella Roma antica che nella sua vita personale.

Accanto a Battista, il cast di “Tu quoque” include attori del calibro di Paolo Triestino, Francesca Antonelli, Giorgio Caputo, Milena Miconi, Guglielmo Poggi, Jane Alexander, e molti altri, che danno vita a una serie di personaggi che arricchiscono la trama con le loro interpretazioni vivaci e diversificate. La Roma antica, ricostruita con dettagli curati dalla scenografia di Federica Luciani e Andrea Fiaschi, fa da sfondo alle disavventure comiche di Massimo, creando un contrasto affascinante tra la maestosità storica e la follia delle situazioni in cui il protagonista si trova coinvolto.

La regia di Gianni Quinto, un maestro nel coniugare il comico con il drammatico, riesce a dare al film un ritmo che alterna momenti di riflessione a gag di grande impatto. La sceneggiatura, scritta a quattro mani da Quinto e Battista, è un perfetto equilibrio tra umorismo e riflessione sul tempo, sull’identità e sulla ricerca di un riscatto, temi che emergono con naturalezza senza mai appesantire il tono generale del film. La fotografia di Antonio Scappatura cattura magnificamente i contrasti tra l’antico e il contemporaneo, mentre la colonna sonora curata da Giorgio Lorito e Francesco Tosoni accompagna il viaggio emotivo e comico del protagonista con una musicalità che rispecchia le sfumature della pellicola.

“Tu quoque” è quindi più di una semplice commedia: è una riflessione sul tempo che scorre e sulle possibilità che la vita ci offre, anche quando sembra essere troppo tardi. Massimo, nella sua avventura nell’antica Roma, trova non solo una nuova dimensione del sé, ma anche la possibilità di cambiare il proprio destino. Il titolo stesso, “Tu quoque”, richiamando l’iconica frase di Cesare, suggerisce l’incontro di due mondi lontani, ma più simili di quanto si possa pensare. Alla fine, il film ci invita a riflettere sul nostro rapporto con il passato e con le scelte che, a volte, ci sembrano irreversibili.

Con un cast brillante, una regia attenta e una sceneggiatura che sa mescolare comicità e riflessione, “Tu quoque” è un film che non solo farà ridere, ma che lascerà anche un’impronta duratura nel cuore degli spettatori. Una commedia che sa essere, con leggerezza, un affresco della condizione umana, capace di regalare risate, ma anche spunti di riflessione su temi universali e sempre attuali.

La Basilica di San Crisogono in Trastevere: Un Viaggio nei Sotterranei e nella Storia di Roma

La Basilica di San Crisogono, incastonata nel cuore del quartiere Trastevere, è un angolo storico che merita attenzione non solo per la sua architettura, ma anche per il fascino che si cela nei suoi sotterranei. Mentre la magnificenza di altre chiese trasteverine, come Santa Maria in Trastevere e Santa Cecilia, tende a oscurare la sua importanza, San Crisogono rappresenta un capitolo fondamentale nella storia di Roma e delle sue trasformazioni urbanistiche e religiose.

La Storia e la Leggenda di San Crisogono

La Basilica di San Crisogono, con il suo nome che rimanda a una figura di martire cristiano, è tra le più antiche della città, e si erge su un sito ricco di storia. Fondata su due, forse tre domus romane del II e III secolo, la basilica ha assunto la sua pianta definitiva nel IV secolo, sotto il pontificato di Papa Silvestro I. Tuttavia, l’identità del Crisogono a cui la basilica è dedicata resta avvolta nel mistero, alimentando una delle più intriganti discussioni storiche della Roma antica. Una delle teorie più accreditate identifica il santo con un soldato di Aquileia, che subì il martirio sotto l’imperatore Diocleziano nel IV secolo. La sua passio narra di un uomo che, dopo aver sofferto lunghe torture, venne decapitato e gettato in mare.

Secondo una diversa tradizione, Crisogono visse a Roma e fu imprigionato per la sua fede cristiana. Durante la sua detenzione, intrattenne una corrispondenza con Anastasia, una donna cristiana perseguitata dal marito. Quando Crisogono fu trasferito ad Aquileia, Anastasia lo seguì e testimoniò il suo martirio. La figura di Crisogono è così avvolta da una molteplicità di storie che lo rendono una figura enigmatica, legata profondamente alla cristianità nascente e al martirio.

Di Anthony M. from Rome, Italy – saint and leper, s. crisogono, CC BY 2.0

La Basilica e i Suoi Sotterranei

La chiesa odierna di San Crisogono, che sorge lungo il viale Trastevere, non è l’originale struttura che venne edificata nel IV secolo. La basilica documentata per la prima volta nel 499, quando fu inclusa nell’elenco dei tituli romani invitati a partecipare al Concilio di Roma, era probabilmente una piccola chiesa che sorgeva su una domus privata del II secolo. Nel corso dei secoli, la basilica subì numerosi restauri e modifiche, il più significativo dei quali avvenne nel 1126, quando il cardinale Giovanni da Crema avviò la costruzione di un nuovo edificio basilicale che integrò la vecchia struttura come fondazione. Il campanile romanico che oggi svetta sulla basilica risale proprio a questo periodo.

Gli scavi condotti nel 1907 hanno portato alla luce i resti della chiesa originale, sepolti sotto la basilica odierna, a circa sei metri di profondità. Questi sotterranei sono un prezioso scrigno di storia, che consente di osservare da vicino le tracce delle prime chiese cristiane, in particolare una serie di affreschi dell’VIII secolo che raffigurano scene legate alla vita di San Crisogono, Rufino e Anastasia.

Un Viaggio nel Tempo: La Basilica Antica e la Reliquia di San Crisogono

Se la basilica attuale si presenta maestosa con il suo portico costruito nel 1626 grazie all’interessamento di Scipione Borghese, sono i sotterranei a custodire il vero spirito dell’antica San Crisogono. La chiesa più antica, situata sotto l’edificio moderno, include la parte inferiore dell’abside, decorata con splendidi motivi che imitano le stoffe sontuose del VIII secolo, e un battistero circolare che risale al periodo precedente. Quest’area è accessibile attraverso una scala moderna dalla sacrestia e offre una visione unica della basilica originale.

La reliquia di San Crisogono, che oggi si trova ancora nella chiesa, è un altro elemento fondamentale della storia della basilica. La reliquia, che consiste in una mano e in una calotta cranica attribuite al santo, arrivò nella basilica nel XV secolo, ma ha avuto una storia travagliata. Fu rubata nel 1960, ma ritrovata pochi giorni dopo nei pressi di Santa Maria in Trastevere, privata del prezioso reliquiario. La reliquia rappresenta non solo un simbolo di devozione, ma anche un legame tangibile con la martire cristiana che, seppur avvolto dal mistero, continua a suscitare fascino tra i visitatori.

L’Arte e le Opere della Basilica di San Crisogono

L’interno della basilica è un capolavoro di arte religiosa. Il soffitto a lacunari dipinto è uno dei più belli di Roma, mentre le colonne di granito, probabilmente provenienti dalle Terme di Settimio Severo, conferiscono una solida eleganza all’edificio. Al centro dell’abside si trova una copia della celebre tela del Guercino, La Gloria di San Crisogono, che purtroppo fu trafugata nel 1808 e venduta in Inghilterra, ma che continua a essere un elemento di grande importanza nella storia dell’arte cristiana.

Oltre agli affreschi, la basilica ospita numerose opere di pregio, tra cui il pavimento cosmatesco e la cappella del Santissimo Sacramento, opera di Gian Lorenzo Bernini. Il mosaico absidale, attribuito al Cavallini, è un altro elemento di grande rilevanza, con scene che raccontano la vita dei santi e le vicende cristiane. L’arte e la storia si fondono perfettamente in questo luogo, che risulta essere un’incantevole fusione di fede, arte e tradizione.

Un Viaggio di Scoperta

La visita alla Basilica di San Crisogono, quindi, non è solo un’esperienza religiosa, ma anche un’immersione nella storia e nell’arte di Roma. I sotterranei, in particolare, offrono uno spaccato autentico della Roma cristiana dei primi secoli, e la basilica stessa è un affascinante percorso attraverso le varie fasi della storia architettonica e religiosa della città. Ogni angolo della chiesa racconta una storia, ogni affresco è un frammento del passato che ci invita a riflettere sul cammino della cristianità e sulla memoria di chi, come San Crisogono, ha dato la propria vita per la fede.

In un quartiere di Roma dove le chiese si moltiplicano e si sovrappongono, San Crisogono merita di essere visitata con la stessa devozione che i romani hanno riservato alla sua fondazione. I suoi sotterranei, la sua arte e le sue reliquie continuano a raccontare la storia di una città che, attraverso le sue pietre e i suoi affreschi, parla ancora di fede, martirio e memoria.

Il museo di Piazza Venezia e l’odissea della Linea C di Roma

La Linea C della metropolitana di Roma sta finalmente vedendo la luce dopo anni di attese, ritardi e difficoltà. Con un finanziamento recentemente reintegrato di 425 milioni di euro, il Comune di Roma ha dato nuovo slancio a un progetto che, entro il 2033, promette di rivoluzionare il sistema di trasporto pubblico della capitale. Un’opera che non solo renderà più accessibile la città, ma contribuirà a migliorare l’esperienza di chi la visita, con fermate che si preannunciano fondamentali per il turismo e la vita quotidiana dei romani, come Piazza Venezia e il Colosseo.

Il tratto che suscita maggior interesse riguarda quello tra San Giovanni e Colosseo, che sembra essere a buon punto. I lavori sono infatti in fase avanzata e l’inaugurazione della tratta è prevista per la metà del 2025. Tra le stazioni più attese c’è quella di Colosseo/Fori Imperiali, che non sarà solo un nodo cruciale per il trasporto, ma anche una vera e propria finestra sulla storia. Gli scavi fatti in questa zona hanno portato alla luce numerosi reperti archeologici, che troveranno spazio in un museo sotterraneo, il quale si sviluppa su ben otto piani, a 45 metri di profondità. Un’esperienza che fonde la modernità della metropolitana con la secolare storia della città, facendo rivivere ai visitatori la Roma antica mentre si spostano nel cuore pulsante della capitale.

Questa grande opera, che ha un costo complessivo di quasi 4 miliardi di euro, ha subito numerosi rallentamenti, ma sembra che la realizzazione della Linea C stia finalmente entrando nel vivo. Il completamento della stazione di Piazza Venezia è previsto per il 2032 e rappresenta uno degli snodi fondamentali per il trasporto pubblico, facilitando l’accesso a una delle piazze più centrali e turistiche della città. Durante il Giubileo del 2025, questa nuova linea sarà fondamentale per l’afflusso dei pellegrini e dei turisti, offrendo loro un rapido collegamento con alcuni dei luoghi simbolo di Roma.

Ma l’interesse per la Linea C non riguarda solo la sua funzionalità come mezzo di trasporto. Roma è una città costruita su strati di storia e ogni nuovo scavo può rivelare resti dell’antica capitale. Secondo l’Ufficio del Turismo, solo il 10% dell’antica Roma è stato scavato finora, il che rende ogni cantiere un’avventura archeologica. Gli scavi per la Linea C non sono stati esenti da sorprese: ogni nuovo ritrovamento ha comportato inevitabili rallentamenti, ma la capacità degli ingegneri di adattarsi alla presenza di manufatti storici ha permesso di portare avanti il progetto con successo.

Per risolvere questi problemi, il metodo di scavo adottato per la Linea C è particolarmente innovativo. Gli ingegneri stanno usando la tecnica del “top-down”, che consiste nel costruire prima il perimetro sotterraneo della stazione, per poi scavare successivamente all’interno. Questo approccio, che ha già avuto successo nella costruzione della Jubilee Line a Londra, è perfetto per un contesto urbano come quello di Roma, dove le costruzioni sono dense e il sottosuolo è ricco di reperti storici.

La stazione Colosseo/Fori Imperiali non sarà solo un punto di passaggio, ma un vero e proprio centro culturale, dove storia e mobilità si incontrano. Il nuovo museo della metropolitana, che ospiterà i reperti archeologici scoperti durante i lavori, sarà uno dei più grandi musei sotterranei al mondo, con 66.000 metri quadrati di spazio espositivo. I visitatori potranno esplorare la Roma antica mentre si muovono lungo le gallerie della metropolitana, che saranno facilmente accessibili grazie a 27 scale mobili e sei ascensori.

I tre ingressi principali della stazione Colosseo collegheranno punti iconici della città come il Vittoriano, Palazzo Venezia e le rovine del Foro Romano, creando un flusso continuo tra la modernità della metropolitana e la magnificenza del passato. La stazione non sarà solo un punto di transito, ma un vero e proprio viaggio nel tempo, che permetterà di vivere una Roma diversa, quella che si cela sotto la superficie, tra strati di storia e memoria.

In definitiva, la Linea C della metropolitana di Roma, pur con tutte le sue sfide, è un progetto straordinario che cambierà il volto della città. Non solo migliorerà la mobilità urbana, ma offrirà anche un modo unico per vivere la storia di Roma, grazie al suo museo sotterraneo che collegherà il passato al presente. Con l’inaugurazione prevista per il 2025, l’attesa è alta, e l’augurio è che questo ambizioso progetto venga completato in tempo, regalando alla capitale una metropolitana all’altezza della sua grandezza storica.

La Tragicità della Morte di Cicerone: Il Destino dell’oratore e la Sua Leggenda

Nel dicembre del 43 a.C., uno degli episodi più drammatici della storia romana ebbe luogo, mettendo fine alla vita di un uomo che aveva influenzato profondamente la politica e la cultura della Repubblica. Marco Tullio Cicerone, oratore, filosofo e politico, venne ucciso dai sicari inviati da Marco Antonio, che lo considerava un pericolo per il suo regime. L’episodio, descritto con grande intensità da Plutarco, ci restituisce l’immagine di un uomo ormai rassegnato al suo destino, ma che non cessa di rappresentare un simbolo della lotta per la libertà e per la Repubblica.

«Cicerone li sentì arrivare e immediatamente ordinò ai servi di posare a terra la lettiga. Poi, appoggiando il mento sulla mano sinistra, come era solito fare, si mise a fissare i soldati che si avvicinavano. I suoi capelli erano arruffati, il volto era segnato dall’apprensione, e la sua espressione era tale che molti si coprirono gli occhi mentre Erennio lo colpiva. Fu ucciso mentre sporgeva il collo dalla lettiga, nel suo sessantaquattresimo anno di vita».

Immaginate la scena: Cicerone sta cercando di fuggire verso il mare di Formia, trasportato su una lettiga dai suoi servi. I suoi capelli arruffati, il volto segnato dall’apprensione e l’espressione preoccupata, sono i segni di una vita che si sta spegnendo, ma anche della consapevolezza di essere arrivato a un punto di non ritorno. Quando sente i passi dei sicari avvicinarsi, ordina ai suoi servi di fermarsi. Si appoggia con la mano sinistra sul mento, come faceva solitamente, e fissa i soldati che arrivano per prenderlo. Il momento della sua morte non è solo fisicamente violento, ma anche emotivamente carico, tanto che Plutarco racconta che molti dei presenti si coprirono gli occhi al momento del colpo fatale. Cicerone morì a sessantaquattro anni, colpito da Erennio, uno dei sicari, mentre sporgeva il collo dalla lettiga, come se volesse affrontare quel destino con la dignità di chi sa che la sua battaglia è giunta al termine.

Ma la crudeltà di quella morte non si fermò solo all’assassinio. Per volere di Marco Antonio, i sicari tagliarono la testa e le mani di Cicerone, quelle mani che avevano scritto le “Filippiche”, le sue orazioni più feroci contro Antonio, che gli costarono la vita. La testa e le mani vennero inviate a Roma, dove furono esposte pubblicamente sui rostri del Foro, un atto macabro che serviva a mettere in chiaro a tutti: chi sfida l’autorità dei triumviri, finisce come Cicerone.

Eppure, la storia di Cicerone non si esaurisce con la sua morte. Anzi, l’ironia del destino vuole che, sebbene fosse stato uno degli uomini più critici verso l’ascesa di Marco Antonio, Cicerone non venne mai completamente dimenticato. Molti anni dopo, l’imperatore Augusto – che aveva avuto una parte, seppur indiretta, nel suo omicidio – si trovò ad affrontare una situazione piuttosto singolare. Un giorno, sorprese suo nipote mentre leggeva un libro di Cicerone. Temendo di essere rimproverato, il ragazzo cercò di nascondere il libro, ma Augusto lo vide e, con un gesto che potrebbe sembrare quasi affettuoso, prese il testo e cominciò a leggerlo. Dopo un lungo silenzio, restituì il libro al nipote, dicendo: «Era un saggio, ragazzo mio, un saggio; e amava la patria». Un giudizio che, seppur di parte, rivela il rispetto che Cicerone riuscì a conquistarsi anche tra le mura di chi aveva fatto parte della sua tragedia. Augusto riconosceva in lui un uomo che, seppur nemico, aveva una grande visione per Roma e per il bene comune.

La morte di Cicerone, simbolo di una Roma che stava cambiando, dall’antica Repubblica verso l’Impero, ci racconta una storia fatta di politica, filosofia e lealtà alla patria. Le sue “Filippiche” non solo ci lasciano un legato oratorio straordinario, ma anche una lezione sul valore della libertà di pensiero e dell’opposizione al potere assoluto. Cicerone, nel suo ultimo respiro, rimase fedele a se stesso, sfidando l’autorità che alla fine lo aveva condannato. Eppure, anche dopo la morte, il suo spirito e le sue idee continuarono a riecheggiare, come se Roma non fosse mai riuscita a liberarsi completamente della sua figura.

Marco Licinio Crasso ed Elon Musk: Paralleli tra due colossi delle rispettive epoche

Nel panorama delle figure storiche che hanno lasciato un segno indelebile nella storia, è affascinante esplorare le analogie tra due uomini che, pur separati da millenni, hanno condiviso una straordinaria capacità di accumulare ricchezza e di esercitare una forte influenza sulle rispettive società: Marco Licinio Crasso e Elon Musk. Sebbene appartengano a contesti storici e culturali radicalmente diversi, le loro storie si intrecciano in un filo comune fatto di ambizione, potere, visione e innovazione.

Elon Musk, nato nel 1971, è senza dubbio uno degli uomini più ricchi e influenti del nostro tempo. Fondatore di Tesla, SpaceX, Neuralink e The Boring Company, ha rivoluzionato il panorama tecnologico e industriale con progetti che spaziano dalla produzione di auto elettriche all’esplorazione spaziale. Tesla ha accelerato la transizione verso un futuro sostenibile, mentre SpaceX ha fatto un enorme passo verso la colonizzazione di Marte, avvicinando l’umanità al sogno di esplorare lo spazio. Musk ha anche puntato su tecnologie all’avanguardia, come l’intelligenza artificiale e le interfacce cervello-computer, con l’obiettivo di modificare radicalmente l’evoluzione umana. Come Crasso, Musk non si è limitato a essere un semplice imprenditore di successo, ma ha voluto lasciare un’impronta duratura sulla storia, influenzando interi settori industriali e tecnologici.

Nel frattempo, se guardiamo indietro nel tempo, ci imbattiamo in Marco Licinio Crasso, una delle personalità più ricche e potenti della Roma antica. Vissuto tra il 115 a.C. e il 53 a.C., Crasso fu un uomo dal carisma straordinario e una mente brillante in termini di affari. Membro del Primo Triumvirato insieme a Giulio Cesare e Pompeo, la sua fortuna fu costruita su una serie di astute manovre economiche, che includevano speculazioni immobiliari, prestiti a senatori e l’approfittamento delle guerre civili. Crasso acquistava proprietà confiscate durante i conflitti, sfruttando la miseria delle persone per ottenere beni a prezzi stracciati. La sua ricchezza non era solo materiale, ma anche politica e militare, consentendogli di esercitare un’influenza straordinaria su Roma.

La visione di entrambi, Musk e Crasso, era alimentata da un desiderio di potere e grandezza. Mentre Crasso cercava di consolidare il suo potere politico e militare per dominare Roma, Musk punta a rivoluzionare settori interi, come quello dei trasporti, dell’energia e dell’esplorazione spaziale. La loro visione di grandezza non si fermava al semplice accumulo di ricchezze: entrambi volevano lasciare un segno profondo e duraturo, che potesse influenzare la storia, in un modo o nell’altro.

Uno degli aspetti che più accomuna i due è la loro abilità nel speculare e nel cogliere al volo le opportunità economiche. Crasso, ad esempio, non esitava a speculare sulle proprietà confiscate durante le guerre, capitalizzando sul disastro delle guerre civili per arricchirsi. Allo stesso modo, Musk ha saputo approfittare delle tendenze emergenti nel mercato, come la crescente domanda di veicoli elettrici con Tesla e l’espansione del settore spaziale con SpaceX, riuscendo a trasformare in oro le sue idee futuristiche. Entrambi, inoltre, hanno affrontato i rischi imprenditoriali con audacia, ribaltando le convenzioni esistenti e aprendo la strada a nuove prospettive.

Sebbene i loro contesti fossero completamente diversi, sia Crasso che Musk hanno avuto un impatto enorme sulla società. Crasso, pur non godendo della stessa fama di Cesare o Pompeo, ha avuto un ruolo cruciale nel mantenimento della stabilità della Repubblica romana. Grazie alla sua ricchezza e alle sue manovre politiche, Crasso ha influito sull’espansione dell’Impero Romano. Musk, d’altro canto, ha trasformato interi settori, come quello automobilistico, energetico e spaziale, cambiando il volto della tecnologia moderna. Entrambi, pur appartenendo a epoche storiche distanti, sono riusciti a influenzare il futuro, plasmandolo con la loro visione e ambizione.

Il loro desiderio di immortalità è un altro aspetto che li accomuna. Crasso cercava di consolidare la sua grandezza politica e militare, sperando di essere ricordato come una figura leggendaria, ma la sua morte prematura sul campo di battaglia contro i Parti gli ha impedito di completare il suo cammino. Musk, pur puntando a una stabilità imprenditoriale, non nasconde l’ambizione di lasciare una traccia indelebile sull’umanità, con progetti ambiziosi come la colonizzazione di Marte e lo sviluppo di energie rinnovabili.

In conclusione, Marco Licinio Crasso e Elon Musk, pur vivendo in contesti radicalmente diversi, hanno in comune la capacità di usare la ricchezza come strumento per ottenere potere, di cercare di cambiare il corso della storia e di alimentare la loro ambizione con una visione che va oltre il semplice accumulo di denaro. Se Crasso cercava di dominare Roma, Musk sta cercando di conquistare il futuro. Ma entrambi, a loro modo, sono stati motori di cambiamento nei rispettivi tempi, dimostrando che la forza di volontà, l’ambizione e l’intelligenza economica sono in grado di segnare il destino di un’intera epoca.

Tempio di Ercole Vincitore: la storia del Monumento Romano a due passi dalla Bocca della Verità

Il Tempio di Ercole Vincitore, conosciuto anche come il Tempio di Ercole Oleario o Ercole Invitto, è uno dei monumenti più affascinanti di Roma, che emerge in tutta la sua maestosità in Piazza della Bocca della Verità. Situato a poca distanza dal Tempio di Portuno, nel Foro Boario, questo edificio è un autentico gioiello della Roma antica, che racconta una storia complessa fatta di miti, errori storici e un’incredibile influenza sull’architettura del futuro.

Costruito attorno al 120 a.C., il Tempio di Ercole Vincitore è il più antico edificio in marmo conservato della città. Sebbene il primo tempio in assoluto costruito in marmo fosse il Tempio di Giove Statore, eretto nel 146 a.C. e ormai perduto, questo tempio di Ercole risplende come una delle testimonianze più importanti dell’architettura romana del II secolo a.C. La sua forma circolare, che ricorda il celebre Tempio di Vesta nel Foro Romano, ha generato nel corso dei secoli una confusione di attribuzioni, tanto che, durante il Rinascimento, fu erroneamente identificato come il Tempio di Vesta. Ma sebbene l’errore persista in alcune fonti ancora oggi, il vero scopo del tempio era onorare Ercole, il dio protettore degli oleari, una figura fondamentale per la vita economica e commerciale di Roma.

La storia della sua costruzione è strettamente legata alla figura di Marco Ottavio Erennio, un ricco mercante romano che commissionò l’edificio per celebrare Ercole, protettore non solo dei commerci, ma anche della transumanza delle greggi, una funzione che rendeva il tempio particolarmente rilevante nel contesto del Foro Boario, un’area centrale per il commercio e il mercato del bestiame. La posizione strategica del tempio, quindi, non è casuale, ma sottolinea il legame diretto tra il culto di Ercole e il fiorente mercato romano, un segno tangibile della crescente potenza economica del ceto equestre, che ormai aveva la possibilità di commissionare monumenti in marmo ellenico.

Architettonicamente, il Tempio di Ercole Vincitore è un capolavoro che mescola influenze greche e romane. La sua pianta monoptero, cioè priva di cella interna e colonnato, è circondata da venti colonne scanalate alte oltre dieci metri, che reggono una peristasi che dona al tempio un senso di apertura e magnificenza. La struttura è interamente realizzata in marmo pentelico, un materiale greco di altissima qualità, e segue lo stile architettonico delle tholoi greche, edifici circolari che venivano utilizzati nei grandi santuari. Il tempio, infatti, riprende le forme del perduto Tempio di Ercole Invitto, costruito da Scipione Emiliano nel 142 a.C., ma si distingue per l’adozione di un linguaggio tardo-ellenistico, caratteristico degli artisti neoattici che operarono a Roma durante il II secolo a.C.

Anche se il tempio ha dovuto affrontare l’usura del tempo, la sua storia non si è mai fermata. Nel 15 d.C., dopo un’inondazione che danneggiò parte della città, l’imperatore Tiberio ordinò dei lavori di restauro. Ma il vero segreto della sua straordinaria conservazione è la sua trasformazione in chiesa durante il Medioevo. Nel 1132, l’edificio venne consacrato come chiesa di Santo Stefano delle Carrozze, per poi essere dedicato nel XVII secolo a Santa Maria del Sole, in onore di un’icona della Madonna che si diceva fosse stata trovata nei pressi del tempio, da cui si irradiava un raggio di sole. Questo cambiamento di destinazione d’uso ha contribuito notevolmente alla sopravvivenza del tempio fino ai giorni nostri.

Nel corso dei secoli, il Tempio di Ercole Vincitore ha continuato a influenzare l’architettura e l’arte. La sua pianta circolare, infatti, ispirò molti progetti architettonici durante il Rinascimento, contribuendo alla realizzazione di chiese a pianta centrale, come quelle progettate da Michelangelo e Bramante. Questo legame con il Rinascimento testimonia l’importanza di questo monumento non solo per la Roma antica, ma anche per le generazioni successive, che ne hanno riconosciuto il valore e l’impatto.

Oggi, il Tempio di Ercole Vincitore è stato ufficialmente riconosciuto come monumento antico nel 1935, ma il suo stato attuale non conserva più la trabeazione originaria né il soffitto della peristasi. Tuttavia, alcuni dettagli architettonici e decorativi sono ancora visibili, come le colonne e gli affreschi all’interno, risalenti al 1475, che raccontano scene della Madonna e dei Santi. Questi affreschi sono la testimonianza di come il tempio abbia continuato a vivere attraverso i secoli, evolvendo insieme alla città di Roma.

Visitarlo oggi è come fare un viaggio nel tempo. Il Tempio di Ercole Vincitore non è solo un monumento antico, ma una vera e propria capsule del tempo che ci racconta la grandezza di Roma, il suo potere economico, religioso e culturale. E, per chi ama la storia e l’architettura, rappresenta una meta imperdibile, un punto di riferimento che unisce la magnificenza dell’antichità alla bellezza eterna della città.

Megalopolis: Quando l’antica Roma incontra la New York del futuro

Francis Ford Coppola, il leggendario regista che ha plasmato il cinema con capolavori intramontabili come Il Padrino e Apocalypse Now, torna dietro la macchina da presa con un progetto audace e visionario: Megalopolis. Questo nuovo film, presentato in anteprima mondiale alla 77ª edizione del Festival di Cannes e presto nelle sale italiane, si preannuncia come un’opera epica che riflette sulla storia e il destino dell’umanità. Dopo decenni di sviluppo, Megalopolis rappresenta il culmine di una carriera straordinaria, in cui Coppola torna alle sue radici artistiche, esplorando temi universali attraverso una narrazione innovativa.

Un Affresco Storico che Risuona nel Futuro

Al centro della trama di Megalopolis c’è una riflessione su due epoche che, seppur distanti, condividono molteplici similitudini: l’antica Roma e l’America contemporanea. Il protagonista, Cesar Catilina, un architetto visionario interpretato da Adam Driver, ha l’obiettivo ambizioso di ricostruire una città devastata da una catastrofe naturale, trasformandola in un’utopia moderna chiamata “Nuova Roma”. Questo progetto titanico si scontra con l’opposizione di Franklin Cicerone, il corrotto sindaco della città, interpretato da Giancarlo Esposito, che cerca disperatamente di mantenere lo status quo e difendere i suoi interessi.

La figura di Catilina richiama Lucio Sergio Catilina, il nobile romano che nel 63 a.C. cercò di sovvertire la Repubblica Romana. Coppola intreccia questo evento storico con un futuro distopico, creando un potente parallelismo tra la decadenza dell’antica Roma e i pericoli che minacciano le moderne democrazie. Il film esplora temi come il potere, l’ambizione, la corruzione e la speranza, offrendo al pubblico una visione inquietante ma affascinante del nostro futuro possibile.

Un Conflitto Epico di Ideali

Il cuore pulsante di Megalopolis è il dramma che si sviluppa attorno a Julia Cicero, interpretata da Nathalie Emmanuel. Figlia di Cicerone e innamorata di Catilina, Julia si trova divisa tra la lealtà verso il padre e il desiderio di costruire una città migliore accanto all’architetto. Questo conflitto rappresenta una metafora delle lotte interiori che affliggono la nostra società: da un lato la volontà di cambiare e progredire, dall’altro la resistenza al cambiamento, spesso incarnata da figure di potere consolidate.

La tensione politica e personale che permea il film sottolinea la complessità della narrazione di Coppola, che intreccia sapientemente il destino dei suoi personaggi con temi di rilevanza globale. Il pubblico viene così invitato a riflettere su questioni di grande attualità, come il prezzo del progresso e le dinamiche del potere.

Un’Opera Visionaria e Politica

Coppola, con Megalopolis, non si limita a creare un film di intrattenimento, ma offre una profonda riflessione sulla condizione umana. La figura di Catilina diventa simbolo di ogni sognatore che cerca di sfidare le istituzioni per costruire un futuro migliore, mentre Cicerone incarna la forza reazionaria di chi resiste al cambiamento. Il regista invita il pubblico a porsi domande cruciali: possiamo davvero costruire un futuro migliore, o siamo condannati a ripetere gli errori del passato? Qual è il prezzo della modernità e fino a che punto le ambizioni individuali possono interferire con il bene comune?

L’aspetto più affascinante del film è il modo in cui Coppola riesce a unire storia antica e fantascienza, creando un dialogo tra passato e futuro. Attraverso il suo linguaggio cinematografico visionario, il regista esplora il rischio che le civiltà moderne possano subire lo stesso destino di Roma: un impero che, pur nel suo splendore, fu incapace di evitare il declino.

Il Ritorno di un Maestro

Per Francis Ford Coppola, Megalopolis non è solo un film, ma una dichiarazione di intenti. Il progetto ha attraversato decenni di sviluppo, fin dagli anni Ottanta, ma è solo nel 2019 che Coppola ha deciso di finanziarlo personalmente, vendendo parte della sua azienda vinicola per raggiungere un budget di circa 120 milioni di dollari. Questo investimento personale riflette l’importanza che il film riveste per il regista, il quale lo considera una riflessione sulla sua carriera e una sintesi della sua visione del mondo.

Nonostante le difficoltà incontrate durante la produzione, Megalopolis ha riscosso un enorme successo alla sua presentazione a Cannes, ricevendo una standing ovation e consolidando Coppola come uno dei più grandi maestri del cinema. L’opera, che mescola politica, filosofia e dramma, si rivolge a un pubblico attento e desideroso di esplorare temi complessi e provocatori.

Una Performance Magistrale

Uno degli elementi che contribuiscono al successo di Megalopolis è l’eccezionale cast. Adam Driver, con la sua interpretazione intensa di Catilina, incarna perfettamente il conflitto interiore di un uomo diviso tra il desiderio di cambiare il mondo e la difficoltà di farlo in un sistema corrotto. Giancarlo Esposito, nei panni del sindaco Cicerone, offre una performance memorabile, mentre Shia LaBeouf, nel ruolo di Clodio, un populista carismatico, aggiunge un ulteriore livello di tensione politica alla narrazione.

Un’Opera da Non Perdere

Con la sua uscita italiana prevista per il 16 ottobre 2024, Megalopolis si candida a diventare uno dei film più discussi dell’anno. La sua distribuzione internazionale, attesa per la fine del 2024, segnerà un momento cruciale per il cinema contemporaneo, offrendo al pubblico un’opera che sfida i confini del medium e invita a una profonda riflessione sul nostro futuro collettivo.

Megalopolis non è solo un film, ma un’esperienza cinematografica che trascende il tempo e lo spazio, proponendo una visione audace e potente dell’umanità, in bilico tra ambizione e distruzione, sogno e realtà. Con la sua regia impeccabile e un cast stellare, Coppola ci regala un’opera che resterà impressa nella storia del cinema.

Scoperta a Roma una domus tardo-repubblicana con mosaico unico

Roma, dove la storia si intreccia con la vita moderna, un’importante scoperta archeologica ha destato l’interesse di studiosi e appassionati di storia antica. L’area del Parco archeologico del Colosseo, già nota per le sue meraviglie, ha rivelato i resti di una lussuosa domus risalente alla tarda Repubblica, un tesoro nascosto che affonda le radici nella seconda metà del II secolo aC e nella fine del I secolo aC Questo rinvenimento non solo arricchisce il patrimonio archeologico romano, ma offre anche una finestra unica sulla vita dell’epoca.

La domus, che si sviluppa su più piani, si organizza attorno a un atrio centrale, un elemento architettonico simbolo della grandezza delle abitazioni romane dell’epoca. Ma il vero protagonista di questa scoperta è senza dubbio la sala per banchetti, nota come specus aestivus, un ambiente che trasmette l’opulenza e la raffinatezza dei suoi abitanti. Qui, i banchetti dovevano essere momenti di grande convivialità, in cui i nobili romani si riunivano per discutere di affari, politica e cultura, mentre venivano serviti piatti squisiti e vini pregiati.

Il mosaico che decora questa sala è di una bellezza straordinaria e rappresenta un unicum nel panorama dell’arte romana tardo-repubblicana. Denominato “rustico”, esso si compone di una complessa sequenza di scena che narrano storie di armi, navi e la vita marittima, evocando un senso di avventura e potere. Cataste di armi, prue di navi, tridenti e timoni si intrecciano con l’immagine di una città affacciata sul mare, un simbolo della connessione di Roma con il Mediterraneo e oltre.

La realizzazione di questo mosaico è stata un’impresa artistica notevole, impiegando materiali pregiati che riflettono l’abilità e la creatività degli artigiani dell’epoca. Conchiglie, tessere in blu egizio, vetri preziosi, scaglie di marmo bianco e tartari sono stati utilizzati per creare un’opera d’arte che non solo abbelliva gli ambienti, ma comunicava anche il prestigio e la ricchezza della famiglia che vi abitava. Questo mosaico, quindi, è più di un semplice decoro; è una testimonianza dell’influenza della cosiddetta “luxuria asiatica”, un fenomeno culturale e artistico che caratterizzò l’epoca e che scatenò aspre lotte politiche tra le fazioni aristocratiche romane.

Gli scavi della domus, che si concluderanno nei primi mesi del 2024, rappresentano un’opportunità unica per approfondire la conoscenza della vita quotidiana nell’antica Roma. La prospettiva di rendere accessibile al pubblico questo straordinario sito archeologico, una volta completati i lavori, suscita già grande attesa. I visitatori potranno immergersi nella storia e vivere l’emozione di camminare tra le vestigia di un passato affascinante, esplorando la vita aristocratica di una Roma che, sebbene distante nel tempo, continua a soffrire la nostra cultura moderna.

In conclusione, questa scoperta non è solo un contributo al patrimonio archeologico italiano, ma un richiamo potente alla nostra storia condivisa. Roma, con la sua straordinaria capacità di sorprendere e incantare, continua a rivelarsi custode di tesori inaspettati, invitando tutti a scoprire le storie che giacciono silenziose sotto la sua terra.

Grotta dell’Arco di Bellegra: un tesoro nascosto a pochi chilometri da Roma

A pochi chilometri da Roma, immersa in un paesaggio incantevole e ricco di storia, si trova la Grotta dell’Arco di Bellegra. Questa straordinaria cavità naturale, abitata fin dall’età del ferro, è una delle più antiche e affascinanti d’Italia. La grotta non solo offre uno spettacolo naturale di grande bellezza, ma racchiude anche un mistero che ha catturato l’attenzione di speleologi e archeologi: le enigmatiche pitture rupestri di ominidi di ferro.

La scoperta di queste pitture risale agli anni ’90, quando un gruppo di speleologi, finalmente liberato da un ingombrante deposito di fango all’ingresso della grotta, ha avuto l’opportunità di esplorare e documentare ciò che si cela all’interno. Le immagini, realizzate con ossido di ferro e diossido di manganese, raffigurano ominidi di sesso maschile intenti a cacciare. Ma cosa significano queste rappresentazioni? Quali storie raccontano? Il mistero di queste figure è ancora irrisolto, alimentando la curiosità di chiunque visiti la grotta.

La Grotta dell’Arco di Bellegra si distingue non solo per la sua importanza storica, ma anche per l’atmosfera unica che riesce a trasmettere. Gli amanti della natura e della storia possono immergersi in un viaggio nel tempo, esplorando un luogo che ha visto il passare di millenni. Ogni visita diventa un’avventura, un’opportunità per entrare in contatto con le tracce lasciate dai nostri antenati, scoprendo come vivere e quali erano le loro paure e speranze.

La grotta è aperta al pubblico nei weekend da aprile a ottobre, offrendo due percorsi: il percorso turistico, accessibile a tutti, e il percorso speleo turistico, pensato per gli appassionati di avventure sotterranee. Il costo del biglietto è contenuto, con 10 euro per il percorso turistico e 18 euro per quello speleo, rendendo questa esperienza accessibile a tutti coloro che desiderano scoprire i segreti della Grotta dell’Arco di Bellegra.

Visitare la Grotta dell’Arco di Bellegra significa non solo vivere un’esperienza unica e immersiva, ma anche partecipare a un racconto che affonda le radici nella preistoria. Gli ambienti sotterranei, le pareti decorate da misteriose pitture e l’aria carica di storia creano un’atmosfera che è difficile da descrivere, ma impossibile da dimenticare. Ogni angolo della grotta racconta una storia, e ogni visita può diventare un’opportunità per scoprire nuovi dettagli e nuove interpretazioni di ciò che ci è stato tramandato.

In un’epoca in cui la frenesia della vita quotidiana può farci perdere di vista le nostre origini e la nostra storia, la Grotta dell’Arco di Bellegra offre un rifugio, un luogo in cui riflettere e scoprire. Non perdere l’occasione di visitare questo tesoro nascosto e di esplorare il mistero degli ominidi di ferro. Ogni visita non è solo un viaggio nel passato, ma anche un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, riscoprendo il legame profondo che ci unisce alla nostra storia e alla nostra terra.

Foto di copertina tratta dal sito ufficiale: grottadellarco.sotterraneidiroma.it.

Roma antica: Alix Senator – il potere e l’eredità

Mondadori Comics presenta il volume “Roma antica: Alix Senator – il potere e l’eredità”. Mai l’universo della Roma antica creato da Jacques Martin è stato tanto pericoloso e storicamente accurato.

La Storia

Roma, 12 A.C., l’imperatore Augusto regna incontrastato e l’intero Mediterraneo è sotto il dominio di Roma. Nessun esercito terreno può opporsi alla potenza dell’urbe, ma esoterici culti orientali promettono ai propri seguaci una scorciatoia per la gloria. Chefren, figlioccio del senatore Alix, ha già pagato a caro prezzo la sua folle ricerca della statua di Oricalco di Cibele, e ora trascina chi vuole bene attraverso il terribile deserto egiziano, fino all’oasi del dio Amon, persuaso che in quel santuario si nasconda il segreto per il potere e l’eternità.