Manga: Traduzioni AI per triplicare le esportazioni giapponesi in 5 anni

Un’iniziativa ambiziosa mira a rivoluzionare l’industria manga giapponese: tradurre manga in diverse lingue utilizzando l’intelligenza artificiale (AI) per triplicare le esportazioni in soli cinque anni.

Un progetto colossale

Dietro l’iniziativa troviamo un gruppo di dieci aziende, tra cui il gigante editoriale Shogakukan e la Japan Industrial Innovation Investment Corporation (JIC), unite sotto il patrocinio del Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria. Il loro investimento di 2,92 miliardi di yen sostiene la startup Manga Orange, esperta in traduzioni AI per manga.

Come funziona la traduzione AI?

Manga Orange promette di velocizzare il processo di traduzione fino a 10 volte rispetto ai metodi tradizionali. Il loro sistema combina la traduzione automatica con la revisione umana da parte di traduttori esperti. In questo modo, un intero volume manga potrebbe essere tradotto in pochi giorni, aprendo nuove e inaspettate possibilità.

Vantaggi e sfide

L’obiettivo è duplice:

  • Aumentare le esportazioni di manga: Rendere i manga più accessibili a un pubblico globale significa conquistare nuovi lettori e incrementare le vendite all’estero.
  • Combattere la pirateria: La pirateria rappresenta un problema serio per l’industria manga, con perdite stimate tra i 2,57 e i 5,40 miliardi di dollari. Tradurre i manga più rapidamente potrebbe ridurre l’attrattiva dei siti pirata, che spesso offrono capitoli tradotti in tempi più brevi rispetto alle edizioni ufficiali.

Tuttavia, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per le traduzioni non è privo di critiche. La categoria dei traduttori teme che questo possa portare a una perdita di posti di lavoro e a una diminuzione della qualità delle traduzioni.

Il futuro del manga

Nonostante le preoccupazioni, l’iniziativa rappresenta un passo avanti significativo per l’industria manga giapponese. La traduzione AI ha il potenziale per rendere i manga più accessibili a un pubblico globale, aumentare le esportazioni e contrastare la pirateria. Resta da vedere come questo impatterà sulla professione di traduttore e sulla qualità delle traduzioni, ma il futuro del manga si prospetta ricco di nuove opportunità e sfide.

Pirateria Online: La Corte di Giustizia Europea Cambia le Regole della Privacy

La recente sentenza della Corte di Giustizia Europea rappresenta un punto di svolta per la lotta alla pirateria online.

Ecco le implicazioni chiave e cosa cambia per la privacy degli utenti

La fine dell’anonimato per i pirati digitali

La Corte ha stabilito che è possibile identificare gli utenti che scaricano e condividono illegalmente contenuti protetti da copyright, come musica, film e giornali. Questo segna una crepa nel muro della privacy che precedentemente li proteggeva.

Una decisione rivoluzionaria

La sentenza del 30 aprile è stata definita dagli esperti come dirompente. In Italia, i giudici, spesso appoggiati dal Garante Privacy, hanno evitato di divulgare i dati identificativi degli utenti coinvolti in violazioni del diritto d’autore. Tuttavia, questa prassi è ora messa in discussione dalla Corte.

Impatto sui servizi peer-to-peer e oltre

La decisione non riguarda solo lo scambio di file tramite servizi peer-to-peer, ma si estende a qualsiasi canale o piattaforma online, inclusi siti e app come Telegram che offrono link per il download di opere protette.

Gli indirizzi IP non sono più intoccabili

La Corte ha chiarito che gli indirizzi IP, cruciali per rintracciare i responsabili di reati online, possono essere conservati e utilizzati contro i reati. Tuttavia, questa conservazione non deve violare la privacy personale.

Equilibrio tra privacy e diritti d’autore

La sentenza stabilisce un equilibrio tra la protezione della privacy degli utenti e i diritti dei detentori di copyright, nonché la necessità di perseguire i reati.

Controllo giudiziario sull’accesso ai dati

L’accesso agli indirizzi IP deve essere sottoposto al controllo di un giudice o di un’autorità amministrativa indipendente, garantendo così un uso appropriato di tali dati.

Conseguenze future

La sentenza potrebbe avere ripercussioni significative per gli utenti che accedono illegalmente a contenuti protetti, estendendo le conseguenze legali oltre i soli operatori di siti e piattaforme che lucrano sulla pirateria.

Rockstar pubblica i suoi giochi piratati su Steam, attivando le protezioni antipirateria

I giochi Rockstar, come Grand Theft Auto e Red Dead Redemption, sono tra i più popolari al mondo. Ma lo studio ha recentemente fatto parlare di sé per una ragione inaspettata: ha pubblicato i propri giochi piratati su Steam, finendo per attivare le protezioni antipirateria della piattaforma.

Il “problema” è stato portato alla luce da un video pubblicato da Vadim M. Nel video, Vadim spiega che i problemi tecnici di Manhunt, un gioco Rockstar del 2003, sono dovuti al fatto che la società ha caricato su Steam una versione piratata del gioco. Di conseguenza, si è attivata una serie di glitch ad hoc per penalizzare l’esperienza di gioco.

Rockstar non è nuova a questo tipo di comportamento. Già nel 2008, la società aveva “riciclato” un crack per pubblicare Manhunt su Steam, ma all’epoca nessuno se ne era accorto. Poi ancora nel 2010 con Max Payne 2, ma Rockstar aveva modificato il software per tentare di nascondere l’uso di strumenti “anti-DRM”.

Esistono sistemi automatici che riconoscono questo trucchetto e introducono bug che rendono Manhunt ingiocabile. Il problema si protrae da 13 anni e colpisce solo chi ha comprato regolarmente il gioco, mentre chi lo ha piratato può giocarci senza problemi.

Il video di Vadim riapre quindi una vecchia questione e apre al sospetto che la pratica in questione sia più comune di quanto si pensi. Secondo Ben Golus, un altro sviluppatore, ci sono infatti altri studi che hanno l’abitudine di usare versioni pirata dei loro giochi per ripubblicarli in digitale.

Il problema, almeno in parte, è che con i giochi meno recenti non si sa dove andare a prendere il codice originale. A quel punto il crack è l’unica possibilità per rimettere i giochi in circolazione. Il che è un altro modo per dire che la pirateria è l’unica risposta concreta che abbiamo alla necessità di conservare opere in formato digitale.

Pirateria e Videogiochi

Dei videogiochi non si occupano solo i bambini (nonché i grandi quando nessuno li osserva). Ora se ne sono occupate anche la Corte di giustizia europea, a ciò sollecitata da un quesito posto dal Tribunale di Milano, e – da ultimo – la nostra Suprema Corte di Cassazione penale.

La cosa è meno frivola di quanto possa apparire a prima vista. Anzi è assai importante: il lettore abbia rispetto per i videogiochi! Molte opere protette dal diritto d’autore rischiano di essere copiate facilmente. Il rischio è particolarmente grave per tutte quelle opere che figurano su supporti elettronici, quali appunto i videogiochi. Qui le persone che hanno più di 16 anni (anzi più di 15, anzi più di 10) ne capiscono poco ma è risaputo che, in questo ambito, opere protette dal diritto d’ autore vengano facilmente copiate. Ne soffre in generale l’istituto del diritto d’autore, e ne soffre in concreto il creatore dell’opera, giacché quale è la convenienza a creare un’opera, sperando di trarre dei benefici, se tutti la copiano appena essa è messa a disposizione? Si viene a innestare una progressione viziosa di questo tipo: a) creazione di un’opera, con aspettativa di trarne profitto; b) copiatura indiscriminata dell’ opera; c) perdita dell’ aspettativa di profitto; d) rinuncia a creare altre opere. Dunque lo schema può essere così semplificato: a) tutte le opere sono copiate, b) non viene creata nessuna nuova opera.

Il problema non è solo dei videogiochi. È di tutte le opere che sono oggetto del diritto d’autore: il paziente lettore si doti di pazienza ulteriore, se gli dico che quasi tutto è oggetto di diritto d’autore, e quindi quasi tutto soffre del rischio della progressione viziosa. Vi sono opere importantissime protette col diritto d’ autore, che vanno da creazioni quali la Divina Commedia (ove peraltro i diritti sono scaduti) a quelle sulla teoria della relatività (anche qui, diritti scaduti: ma non mi chieda il lettore di fare un caso concreto, perché la menzione potrebbe favorire il soggetto o l’opera menzionati).

Il ricorso agli strumenti legali (tutela civile, e in molti casi anche penali) non serve a molto. Da un lato, un ragazzo di 10 anni non è del tutto conscio del contenuto dell’ art. 102-quater della legge, specie se visto alla luce della direttiva 2001/29/CE: ho persino il sospetto che non conosca veramente a fondo né il 102-quater né la direttiva né, quel che è peggio, la decisione della Corte di giustizia europea nella causa C-355/12 ( che ha deciso su un caso di videogiochi – Nintendo – a ciò sollecitata dal Tribunale di Milano; quest’ultimo – applicando i principi stabiliti dalla decisione della Corte – ha poi accertato la legittimità e proporzionalità delle misure tecnologiche di protezione apposte da Nintendo alle console Nintendo DS e Nintendo Wii ed il carattere illecito dei mezzi di circonvenzione oggetto di causa – sent. n. 12508/2015 del 6 novembre 2015) e la più recente sentenza emessa sul punto dalla Corte di Cassazione. Dall’ altro, i tempi di una tutela civile o penale non sono compatibili con l’ elettronica, dove l’uso o l’abuso del diritto si fa con un click.

Ecco quindi che i titolari di diritti d’autore ricorrono a misure di autoprotezione, che rendono impossibile o molto difficile violare il diritto d’ autore: l’uso del videogioco avviene così solo per giocare, non per copiare.
Ma sorge a questo punto un quesito, anzi due: a) è legittimo il ricorso a misure di autoprotezione? E poi, se si risponde che sì, b) come si fa a sapere se il titolare del diritto si è protetto troppo (finendo così per porre degli impedimenti eccessivi)?

La Corte di giustizia ha detto che sì: misure di autoprotezione sono legittime. Il titolare del diritto d’ autore può mettere in atto dei mezzi per impedire o rendere difficile la copiatura. Dunque ha risposto al quesito a). Ed in questa prospettiva, in linea con le decisioni ora dette della Corte di Giustizia, del Tribunale di Milano e della Corte di Cassazione, non mi pare sussistano particolari differenze tra mezzi posti sull’opera per impedirne la copia e mezzi posti anche sulla console per impedire la fruizione di copie non originali. Correlativamente, è ragionevole pensare che la protezione prevista dalla legge sul diritto di autore contro forme di elusione di tali mezzi possa comprendere qualsiasi strumento di aggiramento: sia esso fisico come ad esempio le cartucce (per semplificare il discorso) o digitale come i software e le informazioni necessarie alla loro creazione (c.d. tutorial). Infatti, questi strumenti di elusione hanno in comune la medesima funzione. In questa prospettiva, il fatto che possano avere differente natura non costituisce un valido argomento per limitare la protezione del diritto di autore contro ciascuno di essi. Invece sul quesito b) ha poi rimandato al giudice nazionale il compito di accertare in concreto se le misure di protezione attuate in concreto erano corrette o non invece eccessive. Qui la Corte di giustizia ha solo fissato il principio che le misure devono essere proporzionate. È ben comprensibile la scelta della Corte di giustizia di non decidere sul b). Da un lato, la Corte non si intende di videogiochi, o per lo meno non lo vuole confessare. Dall’altro, la tecnologia cambia, e perciò quella misura di protezione che si può attuare oggi potrebbe non andare bene domani. Certo è che la vita dell’interprete è semplificata, e non poco, dalla risposta data al quesito b) dalla nostra Corte di Cassazione (Cass. penale n. 38204/2017 del 27 aprile 2017): la Suprema Corte ha infatti rilevato come non sia necessario condurre alcuna valutazione in termini di adeguatezza e proporzionalità delle misure tecnologiche di protezione adottate dal titolare del diritto quando gli apparati siano progettati, costruiti e messi in commercio con la finalità diretta e prevalente di eludere tali misure.

Non so se conoscete i pirati: una volta si limitavano ad assaltare i galeoni, ma oggi… Ne inventano una ogni giorno. E chi assalta il galeone – sembra dire la Cassazione – lo fa evidentemente per rubare il bottino. Se un tempo dovevamo temere i pirati, oggi ancora di più dobbiamo temere gli hackers.

Prof. Mario Franzosi

P2p libertà civili, bugie e questioni serie

Le libertà civili sono i diritti fondamentali di ogni cittadino, che riguardano la sua sfera personale, sociale e politica. Tra queste libertà, ci sono quella di non essere spiati, quella di essere giudicati dalla magistratura per i propri comportamenti, e quella di subire una sanzione penale solo per atti previsti dalla legge e in modo proporzionato alla loro gravità. Ci sono anche le libertà economiche, che riguardano la possibilità degli imprenditori e degli autori di trarre un legittimo profitto dalle loro opere, senza subire concorrenza sleale o violazione dei diritti di proprietà intellettuale.

Queste libertà, però, sono spesso messe in discussione da chi ha interessi diversi o contrastanti. È il caso delle grandi case discografiche, che vengono chiamate Major, che si oppongono a ogni forma di cambiamento nel mercato del multimediale, che è stato rivoluzionato dall’avvento di internet e delle nuove tecnologie. Le Major non hanno saputo adeguarsi a questa nuova realtà, in cui non sono più loro a controllare la produzione e la riproduzione della musica, ma sono i consumatori stessi, che possono accedere a una vasta offerta di contenuti online, spesso gratuitamente o a basso costo. Le Major, invece di cercare di innovare e di offrire servizi più competitivi e di qualità, hanno preferito difendere i loro vecchi modelli di business, basati sulla vendita di supporti fisici come CD o DVD, e hanno lanciato una campagna di guerra contro la cosiddetta pirateria, accusando chi scarica o condivide musica online di essere un ladro e un criminale.

Le Major, per sostenere le loro tesi, hanno diffuso dati falsi o esagerati, come è stato dimostrato da diverse fonti indipendenti. Hanno anche cercato di influenzare le politiche e le leggi a livello nazionale e internazionale, per ottenere misure repressive e restrittive nei confronti degli utenti di internet, come il blocco dei siti, la sospensione della connessione, o addirittura la denuncia penale. In alcuni paesi, come la Francia, le Major hanno ottenuto dei successi, grazie al sostegno di alcuni politici, come il presidente Sarkozy, che ha promosso la legge Hadopi, che prevede la possibilità di tagliare la linea internet a chi viene sorpreso a scaricare illegalmente. In altri paesi, come l’Europa, le Major hanno subito delle sconfitte, grazie alla resistenza di alcuni parlamentari, che hanno difeso i diritti degli utenti e la libertà di espressione.

In Italia, la situazione è ancora incerta. Il governo ha creato il Comitato AntiPirateria, formato da rappresentanti del governo stesso e dal presidente della Siae, l’ente che gestisce i diritti d’autore in Italia. Il Comitato ha il compito di elaborare strategie di contrasto alla pirateria, che viene definita dal presidente della Siae, Giorgio Assuma, come “la sfaccettatura di un fenomeno di inciviltà culturale”. Secondo Assuma, i giovani che scaricano musica online sono paragonabili a quelli che imbrattano i muri, che rovinano le suppellettili nelle scuole, o che fanno le corse ubriachi. Per lui, bisogna insegnare ai giovani cosa è lecito e cosa è illecito, e far rispettare le leggi vigenti.

Ma è davvero così? La pirateria è un fenomeno di inciviltà o di ribellione? Chi scarica musica online lo fa per rubare o per esprimere le proprie preferenze e gusti? Quali sono le vere motivazioni e le conseguenze della pirateria? Quali sono le alternative possibili e le soluzioni più efficaci? Queste sono le domande che dovremmo porci, prima di accettare acriticamente le posizioni delle Major o di chi le sostiene. Per approfondire il tema, si può leggere il libro “Copio dunque Sono” di Ernesto Assante, che analizza in modo critico e documentato la storia e le dinamiche della pirateria musicale, e propone una visione diversa e più aperta del rapporto tra musica, tecnologia e società.

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