I migliori Rpg per PC secondo Google Bard

I giochi di ruolo per PC sono un genere di videogiochi che consente ai giocatori di assumere il controllo di un personaggio in un mondo immaginario. I giocatori possono esplorare il mondo, completare missioni e interagire con altri personaggi. I giochi di ruolo per PC possono essere molto coinvolgenti e offrire un’esperienza di gioco unica.

Abbiamo chiesto a Google Bard di redigere una lista dei migliori giochi di ruolo per PC, secondo le recensioni della critica e i voti dei giocatori… e secondo la sua analisi!

1. The Witcher 3: Wild Hunt

The Witcher 3: Wild Hunt è un gioco di ruolo d’azione sviluppato e pubblicato da CD Projekt RED. È il terzo gioco della serie The Witcher, dopo The Witcher e The Witcher 2: Assassins of Kings. Il gioco è ambientato in un mondo fantasy e segue le vicende di Geralt di Rivia, un cacciatore di mostri. The Witcher 3: Wild Hunt è stato acclamato dalla critica per la sua trama, il gameplay, i personaggi e la grafica. Il gioco ha vinto numerosi premi, tra cui Game of the Year al The Game Awards 2015.

2. Divinity: Original Sin II

Divinity: Original Sin II è un gioco di ruolo a turni sviluppato da Larian Studios. È il sequel di Divinity: Original Sin. Il gioco è ambientato in un mondo fantasy e segue le vicende di un gruppo di avventurieri che devono fermare la fonte oscura.Divinity: Original Sin II è stato acclamato dalla critica per la sua trama, il gameplay, i personaggi e la grafica. Il gioco è stato votato come il miglior gioco di ruolo del 2017 da numerosi siti web di videogiochi.

3. Planescape: Torment

Planescape: Torment è un gioco di ruolo sviluppato da Black Isle Studios e pubblicato da Interplay Entertainment. È ambientato nel piano di gioco Planescape, un mondo di fantasia oscura. Il gioco segue le vicende di un immortale senza nome che deve scoprire la sua identità.Planescape: Torment è stato acclamato dalla critica per la sua trama, i personaggi e la scrittura. Il gioco è stato votato come il miglior gioco di ruolo di tutti i tempi da numerosi siti web di videogiochi.

4. Baldur’s Gate III

Baldur’s Gate III è un gioco di ruolo d’azione sviluppato da Larian Studios e pubblicato da Wizards of the Coast. È il sequel di Baldur’s Gate II: Shadows of Amn e Baldur’s Gate: Enhanced Edition. Il gioco è ambientato nel mondo di Forgotten Realms e segue le vicende di un gruppo di avventurieri che devono fermare il ritorno dei Mind Flayers.Baldur’s Gate III è uscito da pochissimi giorni ma è già stato acclamato dalla critica per il suo gameplay, i personaggi e la grafica.

5. Mass Effect 2

Mass Effect 2 è un gioco di ruolo d’azione sviluppato da BioWare e pubblicato da Electronic Arts. È il sequel di Mass Effect. Il gioco è ambientato nel mondo di Mass Effect e segue le vicende di Commander Shepard, un comandante della Normandy che deve fermare il ritorno dei Razziatori. Mass Effect 2 è stato acclamato dalla critica per la sua trama, i personaggi e il gameplay. Il gioco ha vinto numerosi premi, tra cui Game of the Year al The Game Awards 2010.

Questi sono solo alcuni dei tanti grandi giochi di ruolo per PC disponibili. Noi avremo citati altri titoli iconici come la saga di Neverwinter o quella di The Elder Scrolls. Con così tante opzioni tra cui scegliere, c’è sicuramente un gioco di ruolo perfetto per tutti

L’angolo del GdR – La Storia Infinita?

Sui siti di settore si è ripreso a riflettere su un fattore importante per la bontà di un videogioco – si tratta della longevità. Titoli come Mass Effect 3, Dragon Age: Inquisition, The Witcher 3: Wild Hunt,  e il discorso in fondo vale anche per Rise of the Tomb Raider Star Wars: Battlefront 2,  escono con una campagna a giocatore singolo dalla durata prevista di un certo numero di ore. Una misura approssimativa della quantità di contenuto, e del tempo che il giocatore medio impiegherà per esaurirlo. Gli utenti navigati valutano un prodotto sulla base dei contenuti che offre, e sono spesso vogliosi di prolungare una buona esperienza di gioco.

É qui che intervengono i DLC, Contenuti Scaricabili che sono eredi delle Espansioni di una volta. Il giocatore esperto vede al di là di pubblicità e presentazione: un dato titolo e i suoi eventuali capitoli aggiuntivi devono appassionare, mettere alla prova, sorprendere ed emozionare. Considerata la spesa, al termine dei giochi si spera in un bilancio positivo e “sorridente”.

“Contenuti” è il termine pragmatico e tecnico che nel caso di GdR, MMORPG, giochi di esplorazione alla Tomb Raider, e persino sparatutto in prima persona, si traduce spesso con Avventure: intrecci di vicende, viaggi, dialoghi, personaggi e azione, che prevedono un inizio e una fine. Non per niente guerrieri, maghi, ladri, chierici, druidi ed altri protagonisti da GdR sono raggruppati sotto la categoria di “avventurieri”. Questi branditori di spade ed incantesimi (o magari armi e tecnologie futuristiche) in essenza non sono così diversi da Lara Croft, o da Indiana Jones, alla ricerca di “Fortuna e Gloria”.

Che ci si ritrovi al tavolo del Master, oppure seduti davanti al PC o alla console, acquisire potere per il proprio personaggio significa aprirgli nuove possibilità, nuovi percorsi e nuovi luoghi in cui saziare la propria sete di avventura. Immaginate di possedere la forza bruta sufficiente a sbaragliare la guardia personale di un nobile arrogante che credeva di potersi esimere dal pagare la ricompensa pattuita. In un altro caso si tratterà di sottrarre un certo oggetto magico dalla collezione di un crudele boss del crimine, sfuggendo a guardie e trappole con la destrezza, con l’inganno o con l’astuzia… Anche se i GdR più noti sono da sempre sbilanciati verso il combattimento, potere per il proprio personaggio in sostanza significa capacità crescente di conoscere ed alterare il mondo di gioco. Dove -conoscere- e comprendere è una voce importante che spesso passa inosservata. In molti sensi, il personaggio del GdR è il guanto che si adatta alle abilità del giocatore, vero motore e attore che opera all’interno dell’avventura con passione, ingegno e fantasia.

Nuove possibilità, nuove avventure: la barca dei nostri avventurieri si spinge sempre più in là, verso lidi sconosciuti che prima era difficile anche solo immaginare. É un viaggio che, nei momenti più belli e preziosi, si vorrebbe infinito. La memoria di questi istanti di meraviglia ci spinge a chiederne ancora.

blood-and-wine-barca

All’origine di tutto, il “fatidico” momento in cui il giocatore sceglie una classe (“Ma è forte…?”) e una razza (“Non ho idea di come sia fatto, uno gnomo…”) per il proprio, o la propria, protagonista. In corrispondenza con le prime scelte, si muovono i primi passi in una costruzione puramente fantasiosa, che tuttavia deve rispettare delle regole di auto-coerenza. Ne fanno parte i necessari limiti cui devono sottostare non solo gli eroi, ma anche i loro nemici. Nei GdR carta & penna, per immaginarsi all’interno del mondo di gioco, il nuovo avventuriero deve poter visualizzare umidi, oscuri sotterranei, foreste secolari dal fitto sottobosco, città medievaleggianti coronate da torri, oltre naturalmente alle persone e alle creature più o meno magiche che popolano un simile scenario. In questo e in altri sensi contribuisce ed è attivo. Master e avventurieri di oggi attingono in modo naturale da un bagaglio di strumenti posti nelle loro mani da libri più o meno illustrati, dal cinema e dalla televisione, da internet e, per l’appunto, dai videogiochi.

Se su un piatto della bilancia risiede l’immaginazione, sull’altro poggia il peso altrettanto importante della logica (e spesso della semplice casualità…). Una delle eredità più importanti e difficili dei GdR carta & penna è l’effetto che le diverse forze in campo (agendo secondo certi vincoli) producono sul mondo di gioco. Il gruppo di avventurieri rappresenta una di queste forze, ma la storia si scrive a più mani: il Master ed ogni singolo avventuriero danno il proprio contributo, e il finale non è predeterminato.

Tornando al nostro discorso sui contenuti videoludici, ancora una volta entriamo nel campo del gusto personale: apprezzare non vuol dire solo gradire, ma anche solo notare, vedere. Per fare degli esempi, se un certo giocatore cerca solamente azione e combattimento, la costruzione dell’ambiente, dei personaggi e dei dialoghi gli sarà indifferente, “invisibile”. Il lavoro speso nella loro realizzazione, inutile. Se invece quello che gli interessa è solo vivere una bella storia ed entrare in un mondo fantasy, ripetere scontri difficili perché non riesce a superarli, preoccuparsi del suo equipaggiamento, imparare il sistema di combattimento e delle abilità, è qualcosa che potrebbe infastidirlo. Da tempo gli sviluppatori hanno iniziato a rispondere a questo problema offrendo livelli di difficoltà compatibili con le varie esigenze, ed altre misure di adattabilità.

Giocatori con gusti diversi avranno quindi idee diverse e potenzialmente opposte, a proposito di quello che chiamerebbero “contenuto di gioco”, e “contenuto buono”, al quale siano disposti a dedicare tempo e denaro. Offrire un’esperienza variegata ed equilibrata è un’impresa difficile. Il GdR è un genere ibrido – attira un pubblico ampio, ma potenzialmente più difficile da soddisfare. Nell’ambito “carta & penna”, quando si tratta di costruire le avventure, gran parte del peso poggia sulle spalle del Master. Un Master responsabile e con esperienza si cura di venire incontro ai gusti dei suoi avventurieri. Non solo prepara quanto dovrebbe avvenire nella prossima sessione, ma anticipa, per quanto gli è possibile, le decisioni dei giocatori, guidandoli e lasciandosi guidare verso un’avventura, si spera, divertente e memorabile. I suoi mezzi, anche se “esili ed elementari”, paragonati a quelli ultramoderni e multimediali dell’industria videoludica, sono molto più adattabili, flessibili ed economici.

inquisition-war-council

D’altro canto, l’esperienza multimediale è ricca e complessa, capace di allacciarsi al suo fruitore con i mezzi dello scritto, della voce, dei suoni, della grafica, del movimento, della “cinematografia”. Per l’industria del videogioco creare contenuti di alta qualità rappresenta un investimento molto consistente. Nel caso di un titolo di alto profilo, pensato per il mercato internazionale (il cosiddetto AAA, “triple A”) si parla di anni di lavoro che impegnano un nutrito team di sviluppo, di decine di milioni di dollari di spesa, e di notevole azzardo per chi investe. Sceneggiatori e architetti dei GdR videoludici svolgono compiti simili a quelli dell’umile Master, ma sono professionisti che (almeno idealmente) puntano a standard elevati nella speranza di un largo successo di pubblico.

Nel loro caso però, i percorsi aperti all’iniziativa del giocatore (o giocatori) sono necessariamente più rigidi. Il Master e i suoi avventurieri, operando in tempo reale, anche se con mezzi rudimentali conservano adattabilità e versatilità per ora ineguagliate da qualunque copione preparato, per quanto complesso. GdR carta & penna e GdR videoludico operano attraverso canali diversi. Se vogliamo la loro relazione assomiglia a quella tra teatro semi-estemporaneo e mega-produzione cinematografica. Ognuno si sforza di sfruttare al meglio i propri specifici vantaggi.

I titoli più moderni su PC e console si sforzano di ampliare in ogni senso il territorio e le scelte che il giocatore può esplorare, ma ci sono sempre dei confini. Un GdR che sia “tutto testo”, per esempio, probabilmente garantisce più libertà ed alternative al giocatore, in quanto creare contenuto in tal caso costa meno. Di certo però non spingerà in avanti la frontiera della tecnologia, non sarà (perché non ambisce ad esserlo) una sbalorditiva esperienza multimediale, e non ne possiederà la travolgente attrattiva.

the-witcher-3-toussaint

Nei titoli prestigiosi che definiscono il genere, storia coinvolgente e ricca ambientazione non sono solo condimento per l’azione, oppure scenografia passiva e slegata. Piuttosto sono loro a dare senso alle azioni che il giocatore compie all’interno del mondo di gioco; a loro volta tali azioni influiscono in modo percepibile sulla storia e sull’ambientazione, dando luogo a un ciclo virtuoso, con relativa girandola di emozioni. Questa sinergia stabilisce un legame ancor più forte tra giocatore-attore e mondo fantastico.

Proteggere chi non può farlo da sé, sventare diabolici piani, salvare persone o comunità afflitte da oscure minacce, svelare misteri sepolti da polvere e oblio accumulatisi nei secoli… Certo, ci sono molti casi in cui l’equipaggiamento e di conseguenza la pura forza del personaggio, da mezzo si trasformano in fine. Tuttavia l’intenzione iniziale, da conservare per tutto lo sviluppo del gioco, dovrebbe essere di arrivare alla conclusione (si spera felice) della storia. Gloria, gioia, soddisfazione (e ricchezza…) sono le classiche ricompense dell’eroe. Sconfiggere mostri sempre più forti, trovare porte segrete, uscire da un buio labirinto sotterraneo: anche se ci piace dimenticarlo, farci affascinare dal gioco di prestigio, si tratta di superare ostacoli per raggiungere un traguardo finale e il relativo premio, un po’ come fa Lara Croft per svelare i misteri e i tesori dell’ennesima città perduta.

rise-of-the-tomb-raider-ruins

Ogni singola quest, ogni breve avventura condivide questa matrice episodica e può essere cellula di un corpo più grande. Il tutto però prosegue solo fino a che si sa mantenere un equilibrio delicato, operazione che col procedere degli episodi si fa gradualmente più difficile. Più sono i nemici invincibili, le imprese incredibili, gli ostacoli insormontabili, gli amori impossibili, i voltafaccia imperdonabili, e di fatto le cime inviolate che vengono conquistate dallo stesso eroe o dalla stessa squadra, più il carattere per l’appunto eroico ed unico di ciascuna impresa s’incrina. Mi viene in mente il susseguirsi di espansioni sempre meno significative, tentazione tipica per i MMORPG. Altrettanto hanno fatto (o continuano a fare) serie televisive e saghe cinematografiche che si sono accorte troppo tardi di essere “esauste”.

Il sistema rischia di corrodere la propria coerenza e il proprio significato nel tentativo di offrire “una puntata in più”, oppure viene semplicemente a noia: ecco un altro scontro finale, con un nemico ancor più “definitivo” di quello, già odioso e terribile, che lo aveva preceduto. Il pubblico, memore delle precedenti esperienze, si rende più o meno conto di quando l’auto-coerenza inizia a traballare. Il rischio, nella ricerca compulsiva di sfide sempre più grandi e solo apparentemente nuove, è che ogni precedente impresa e trionfo perda valore. Infatti per molti fans il modo migliore di salvare le saghe più amate da una triste svalutazione, è limitare i danni decidendo di ricordarne solo le parti migliori.

Nessuna storia, nemmeno la più bella, può continuare all’infinito senza rischiare di erodere o addirittura tradire le proprie fondamenta e sua speciale identità.  Nell’ambito dei GdR, quando dilaga il senso di “già visto, già fatto”, il giocatore gradualmente si allontana, per noia o per frustrazione. Magari viene sedotto da pascoli più verdi, e decide, a ragione, che rappresentano un modo migliore di spendere il suo tempo. Se lo sciogliersi del gruppo prima della conclusione della campagna è un fallimento per il Master, lo è ancor più una “playerbase” che si disperde prima di essere giunta alla conclusione prevista di un certo titolo, o lo abbandona a poca distanza dall’uscita, generando un pericoloso effetto domino.

Come succede nel mondo del cinema, per un certo brand, una data saga, proseguire oltre il primo episodio (o la prima trilogia…) diventa via via più difficile. Lo stesso succede alle serie quando si allunga (magari troppo) la lista delle stagioni. Per questo motivo chi offre l’avventura, ed è bravo nel proprio mestiere, si cura di trovarle una degna e soddisfacente conclusione prima che si scada in un giro vizioso di ripetitività e frustrazione.  Un finale ben fatto esalta la qualità mantenuta per tutto il viaggio, e ne è il necessario coronamento.

me3-final-battle-1

Potrà sembrare ovvio, ma l’abilità di far entrare e di condurre qualcuno all’interno di un mondo fantastico, è tanto importante quanto la grazia necessaria a radunare ogni filo della storia e a chiudere i giochi in bellezza, quando l’esperienza è ancora in attivo, in modo che come tale venga ricordata.

 

 

 

 

Mass Effect Andromeda – Una galassia da popolare

Mass Effect: Andromeda, attesissimo nuovo capitolo della serie di Mass Effect, è uscito per PC Windows e console (PS4, Xbox One) ormai due mesi fa, il 23 marzo. Come probabilmente saprete, Andromeda non ha ricevuto l’accoglienza che Electronic Arts si augurava, o meglio, che un ansioso pubblico sperava di potergli dare. Vi anticipo che, personalmente, sono stato un fan entusiasta della saga iniziata da Bioware fin dall’uscita del primo gioco, Mass Effect (2007). A mio modesto parere, Andromeda non è un brutto gioco, anzi, è piuttosto buono, e non mi pento di averlo giocato a fondo. Nei giorni immediatamente precedenti l’uscita, e subito dopo, Andromeda ha sofferto sotto il fuoco incrociato di giudizi più o meno informati, accorati, appassionati o tendenziosi. Inoltre, come accade sempre più spesso, l’uscita di un titolo di alto profilo è salutata da brigate di troll il cui obiettivo principale è insultare, offendere e vandalizzare. Voglio sorvolare sulle pecche delle animazioni facciali, su una fase di rilascio che ha creato fastidi a molti utenti, sugli occasionali bug e sul multigiocatore che anche dopo un paio di aggiornamenti correttivi mostra ancora problemi di fluidità e giocabilità.

andromeda-3

Quello su cui vorrei concentrarmi oggi è il cosiddetto storytelling, da molto tempo uno dei punti cardine dei GdR della Bioware, e ripensare assieme alla prima acclamata trilogia di Mass Effect. Lo storytelling è l’atto e l’abilità del narrare, servendosi abilmente della gamma di mezzi a disposizione. La trama dei primi tre capitoli di Mass Effect non era eccezionalmente elaborata od originale, ma molti concordano sul fatto che era molto ben raccontata, ed avvolta in una profusione di voci, colori, immagini, episodi e sfumature del “panorama galattico” nel quale era immersa e che contribuiva con forza al ritmo e al coinvolgimento. Uno degli aspetti più apprezzati della prima trilogia di Mass Effect, non solo dalla critica, ma da una larga parte del pubblico, era per l’appunto la galassia che Bioware aveva creato come sfondo vivente delle avventure del Comandante Shepard. La Via Lattea non era solamente un paesaggio spaziale fatto di pianeti, sistemi stellari, nebulose, ambienti esplorabili, abitabili od ostili (a tal riguardo Andromeda ha poco da invidiare alla prima trilogia) ma anche, cosa, penso, più importante, un crogiolo di popoli e accattivanti specie aliene.

Sarete d’accordo con me che i gusti possono variare drasticamente da un giocatore all’altro. Io personalmente mi sento vicino a quei recensori e a quella parte di pubblico che ha lamentato la “vuotezza” di Andromeda o, più correttamente, un diffuso “senso di vuoto”. L’impressione che spesso si sente, è che Andromeda manchi di quella “marcia in più” che coinvolgeva il fruitore e lo lasciava, tra una sessione di gioco e l’altra, in costante attesa della prossima mossa, della prossima battuta, dei prossimi sviluppi. É bene fermarsi un momento a specificare che all’interno di questo primo capitolo di una nuova potenziale serie, solo una regione periferica della Galassia di Andromeda (il Settore Heleus) è esplorabile. Quest’area ad alta densità stellare è incentrata attorno a un buco nero e la sua forma potrà trarre in inganno, ma rimane il fatto che il grosso della galassia è ancora al di là della nostra portata. Comunque il da fare non manca: il gioco offre moltissime missioni secondarie per chi voglia immergervisi, visuali e panorami artistici ed evocativi, esplorazione spaziale, combattimento ben fatto e abbondante, ed anche qualche rompicapo.

Il vuoto di cui parlo e che, si potrebbe dire, sta alla radice di molti altri problemi della storia, è di ordine affettivo. A seconda del gusto personale, sarà più o meno percepibile.

galaxy-map

La grande assente di Andromeda è, penso, la favolosa società galattica della prima trilogia di Mass Effect. Se mi perdonate il riferimento a Dungeons & Dragons, tra i vecchi manuali del Dungeon Master era nascosto un consiglio molto importante per coloro su cui ricade il compito di costruire storie, ambientazioni e campagne per i propri giocatori: quando si profila una minaccia agli abitanti di una certa comunità che dimora nel mondo di gioco, si deve trattare di salvare qualcuno con cui i giocatori abbiano stabilito un legame, “persone” con un valore “umano” che va al di là delle ricompense in denaro e punti esperienza. Per questo vi parlo di affetto: la comunità galattica della prima trilogia era vivida e accogliente, in breve, racchiudeva in sé un equilibrio vincente di diversità, novità, tecnologia, e somiglianza con dinamiche e problematiche di una società che conosciamo intimamente perché vi siamo calati: la nostra.

Introdotto abilmente nel primo Mass Effect, questo vivace e variegato panorama si è ulteriormente allargato ed arricchito, attraverso l’inserimento di una miriade di piccoli dettagli che, a mio giudizio, avevano la funzione tutt’altro che secondaria di “abbracciare” il giocatore e tirarlo dentro un universo credibile e divertente. Si pensi agli annunci personalizzati che invitavano Shepard a proseguire la sua educazione, promuovevano un film commerciale sulla sua ultima impresa, o cercavano di reclutarlo per un programma di colonizzazione facendo leva sul suo status di “disoccupato”. In un angolo della Cittadella, un krogan affamato rivelava al suo amico il sogno di poter gustare un pesce pescato dalle lucenti vasche del Presidium, il prestigioso quartiere diplomatico in cui i krogan non sono visti di buon occhio. A poca distanza un buffo negoziante turian, mettendosi “in copertura” dietro al suo bancone, aveva mimato a beneficio del Comandante una pericolosa battuta di caccia grossa. Questi piccoli episodi si saldavano bene con le missioni, con le variegate conversazioni e con la ricca atmosfera che era stata poco a poco costruita. L’impressione, quando si viaggiava di pianeta in pianeta sull’amata nave “Normandy” era di solcare le acque di un oceano vivente, e immagino che fosse lecito aspettarsi che questo genere di amorevole attenzione ai dettagli sarebbe continuata.

Dico questo senza avere propriamente chiamato in causa gli altrettanto amati compagni di viaggio della prima trilogia. Paragonarli al nuovo equipaggio richiederebbe un articolo dedicato. L’impressione è che gli amici di Ryder, in nostro nuovo protagonista, siano stati tutti quanti, per l’una o per l’altra ragione, “sradicati” dalle loro esistenze nella Via Lattea, e cerchino di mantenersi positivi nei confronti di un’operazione che si prospetta molto più difficile e complicata del previsto. Unica eccezione è Jaal, nativo della galassia di Andromeda.

andromeda-2

SPOILER ALERT – Quanto segue contiene accenni allo sviluppo della trama di Mass Effect: Andromeda.

Ironicamente, l’entusiasmo che l’Iniziativa Andromeda ha cercato di fomentare nei coloni si mostra forzato non solo perché all’inizio del gioco ci si rivela che i vari pianeti-Habitat designati sono compromessi, ma perché l’intero Settore Heleus è e rimane privo dell’atmosfera accogliente della Via Lattea, almeno fino alla conclusione del gioco.

Andromeda, abbandonando la nostra galassia, ha necessariamente dovuto ripartire da zero. Il Nexus, stazione spaziale che è il centro nevralgico della colonizzazione del Settore Heleus, è senz’altro un rimando alla Cittadella, ma di certo non la eguaglia, e rimane comunque un’isola circondata da una miriade di sistemi in larghissima parte inospitali od ostili. Le colonie fondate da Ryder sono poco più che stazioni isolate circondate da terre incontaminate, ma brulle e desolate; solo in un caso si tratta di una giungla popolata da animali feroci ed aggressivi. Nel corso di tutto il gioco, se gli insediamenti crescono, lo fanno di poco, focalizzandosi quasi esclusivamente sulla sopravvivenza. Per quanto ci si sforzi di trasformare questo desolato settore in qualcosa che assomigli alla casa che ricordiamo (obiettivo a volte espresso a chiare parole) è difficile piantare radici in un terreno che, a sensazione, pare avere molto in comune con una lastra di roccia. Riattivare le cosiddette “cripte” aliene collocate su ciascun pianeta-Habitat migliora la situazione nell’immediato, ma gli effetti a lungo termine sono al di fuori di quello che possiamo vedere nel corso di Andromeda, e si aggiungono alle promesse da mantenere nei prossimi capitoli.

Rimangono per l’appunto promesse anche le informazioni caratterizzanti a proposito del fenomeno spaziale noto come “Flagello” (Scourge), dei robot “Relictum” (Remnant) o sulla civiltà e le motivazioni dei Kett. Va bene l’essenziale senso di mistero, ma la mia impressione è che ce ne sia anche troppo. La decisione di lasciare così tanto in sospeso, penso, nuoce ad Andromeda, e contribuisce al senso di vuoto di cui parlavamo. Inoltre, conferisce al prodotto nel suo complesso un’aria di incompiutezza che va oltre l’intenzione di “lasciare aperti i giochi” dopo il finale. Il Flagello ha, tra l’altro, contribuito a rendere il settore ancor più desolato, distruggendo sistematicamente quelle tracce di vita e di civiltà che avrebbero invece potuto renderlo più interessante. Gli Angara, alieni nativi di Andromeda, malgrado le giustificabili ritrosie, rappresentano l’unico volto amichevole e l’unica autentica traccia di vita intelligente autoctona che troveremo nel Settore Heleus.

Mass Effect: Andromeda quindi si ritrova in più di un senso a vivere di quello che ha potuto portar via dalla Via Lattea: il patrimonio “umano” dei capitoli precedenti. Mi sono presto reso conto che una delle massime priorità per me era salvare le varie arche che contenevano i coloni turian, salarian ed asari. Mi spiace di non avere trovato alcun modo di visitarle dopo le rispettive missioni di salvataggio, e di non avere visto nuovi volti in giro, con l’eccezione dei rispettivi “Pionieri” (Pathfinders) designati. In sintesi, ogni volta che il mio Ryder è stato interpellato in tal senso, rispondeva che sì, sentiva nostalgia della Via Lattea, e io, da giocatore, ne sentivo ancora di più.

Mass Effect

Mass Effect è un videogioco di ruolo e azione ambientato in un universo fantascientifico ricco di dettagli e personaggi memorabili. Il gioco segue le avventure del Comandante Shepard, un agente speciale dell’Alleanza che deve fermare un traditore chiamato Saren, il quale vuole scatenare una razza di macchine senzienti chiamate Razziatori, che minacciano di distruggere ogni forma di vita nella galassia.

La grafica di Mass Effect è buona, ma non eccezionale. Il Gameplay combina elementi di ruolo e di azione, permettendo al giocatore di personalizzare il proprio personaggio, scegliere la sua classe, le sue abilità, le sue armi e le sue armature, e di interagire con i membri del suo equipaggio e con altri personaggi non giocanti. Il gioco presenta anche una componente esplorativa, che consente di visitare diversi pianeti e luoghi con il veicolo Mako.

Il gioco presenta una trama avvincente e coinvolgente, che si basa su una ricca lore fantascientifica e che offre al giocatore diverse scelte morali e narrative, che influenzano lo svolgimento degli eventi e le relazioni con gli altri personaggi. Il gioco presenta anche dei colpi di scena e dei momenti epici, che rendono la storia di Mass Effect una delle più apprezzate nel panorama videoludico. La storia di Mass Effect è il punto di forza del gioco, e riesce a catturare l’attenzione e l’immaginazione del giocatore dal principio alla fine.

Mass Effect presenta un cast di personaggi vari e interessanti, sia tra i membri dell’equipaggio della Normandy, sia tra gli altri personaggi che il giocatore incontra nel corso della sua avventura. I personaggi sono caratterizzati da una personalità, una storia, una cultura e una motivazione proprie, e il giocatore può approfondire la loro conoscenza e il loro rapporto attraverso le conversazioni e le missioni personali. Il gioco offre anche la possibilità di instaurare delle relazioni romantiche con alcuni personaggi, a seconda delle preferenze e delle scelte del giocatore. I personaggi di Mass Effect sono ben scritti e doppiati, e contribuiscono a rendere il gioco più immersivo e coinvolgente.

In conclusione, Mass Effect è un videogioco di ruolo e azione che merita di essere giocato e apprezzato, sia per i fan della saga, sia per i nuovi giocatori. La Legendary Edition offre una versione migliorata e aggiornata del gioco originale, che ne corregge alcuni difetti e ne esalta le qualità. Mass Effect è un gioco che ha fatto la storia del medium, e che offre al giocatore un’esperienza unica e indimenticabile.

Exit mobile version