La nuova mostra delle opere di Escher a Ferrara

Dal 23 marzo al 21 luglio 2024, le sale espositive del maestoso Palazzo dei Diamanti di Ferrara si apriranno per accogliere un evento senza precedenti: la mostra dedicata alle opere di Escher, un artista geniale e visionario, che ha conquistato l’apprezzamento del grande pubblico e dei matematici di tutto il mondo.

Maurits Cornelis Escher, nato nel 1898 a Leeuwarden in Olanda, ha saputo trasportare milioni di visitatori in mondi immaginifici e apparentemente impossibili, grazie alla sua straordinaria capacità artistica. Questo incredibile maestro olandese, che ha vissuto in Italia tra le due guerre, ha saputo fondere in modo unico e suggestivo diversi temi, spaziando dai teoremi geometrici alle intuizioni matematiche, dalle riflessioni filosofiche ai paradossi della logica.

Le sue opere, che hanno influenzato anche il mondo del design e della pubblicità, rappresentano una sfida alla percezione e un unicum nel panorama dell’arte di tutti i tempi. Nonostante la sua produzione artistica sia stata scoperta solo relativamente di recente dal grande pubblico, Escher è riuscito a conquistare un posto di rilievo nella storia dell’arte.

La mostra Escherè l’esito di una preziosa collaborazione tra Arthemisia, Fondazione Ferrara Arte e Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara. Inoltre, si avvale del supporto e della partecipazione della M.C. Escher Foundation e Maurits, garantendo così un evento di altissimo livello. A curare l’esposizione saranno Federico Giudiceandrea, uno dei maggiori esperti dell’artista, e Mark Veldhuysen, presidente della fondazione dedicata a Escher.

Un’occasione imperdibile per immergersi nelle meraviglie dell’arte di Escher, lasciandosi trasportare in mondi inediti e straordinari, dove la fantasia prende il sopravvento sulla realtà. Le sale del Palazzo dei Diamanti diventeranno, per qualche mese, un luogo di magia e sorpresa, in cui gli amanti dell’arte potranno ammirare da vicino le opere di uno dei più grandi e affascinanti artisti del nostro tempo.

Lego Life al Museo della Permanente di Milano dal 22 novembre 2023

Dal prossimo 22 novembre il Museo della Permanente si prepara a inaugurare il Natale all’insegna del gioco, del divertimento e dello stare insieme. Milano è infatti pronta ad accogliere Lego Life, una straordinaria mostra pensata per tutte le famiglie e gli appassionati di ogni età dei moduli per le costruzioni più famosi al mondo.

Una mostra unica nel suo genere e ricca di tantissime novità!

Accanto ad alcuni immensi diorami – dettagliatissime riproduzioni di fantastici mondi in scala ridotta costruiti attraverso la passione e l’ingegno di alcuni tra i più grandi collezionisti Lego e costruttori d’Europa – ad accompagnare e intrattenere i visitatori sono state pensate ad hoc una coloratissima sala immersiva, una mostra di opere ispirate alla storia dell’arte e rielaborate in chiave Lego, un grande laboratorio dove i bambini possono sbizzarrirsi ad assemblare le proprie costruzioni e tanti giochi di ruolo in larga scala con i quali confrontarsi durante la visita.

Città immaginifiche, ricostruzioni storiche, continenti inesplorati e interi villaggi abitati dalle popolarissime minifigures che, da sempre, sono presenti nell’immaginario collettivo del grande pubblico perché tutti, almeno una volta nella vita, ci si è trovati a mettere alla prova la propria inventiva e provato a costruire il mondo dei propri sogni.

In mostra saranno presenti 7 immensi diorami: dalle ambientazioni caraibiche dove scorrazzano i pirati a scene della seconda guerra mondiale; dalle riproduzioni di aree naturalistiche agli scorci delle vie del centro storico con quartieri, stazioni ferroviarie e strade; dalla conquista dello spazio sul suolo lunare alla suggestiva riproduzione della Roma del medioevo; ambientazioni realizzate in decine di metri quadrati con oltre mezzo milione dei mattoncini.

Ad arricchire la mostra e renderla più dinamica – tra boschi e palazzi, tra astronavi e pirati – il visitatore è invitato anche una divertente “caccia al personaggio”, una sfida nel rintracciare personaggi celebri (e non) nascosti all’interno delle installazioni: da Harry Potter a Dart Vader, diversi gli ospiti a sorpresa inseriti nelle divere installazioni che accompagnano nella visita tutti coloro che vogliono divertirsi a scovare tra i mattoncini.

E ancora, a dimostrare quanto i moduli Lego siano in grado di “creare arte a 360°”, in mostra al Museo della Permanente immancabili saranno anche le tele di Stefano Bolcato, rivisitazioni in versione ‘omini LEGO’ delle più grandi e famose tele e capolavori della storia dell’arte, dalla Gioconda ai più attuali quadri di Frida Kahlo.

Con il patrocinio del Comune di Milano, promossa dal Museo della Permanente, Lego Life è una mostra prodotta e organizzata da Piuma in collaborazione con Arthemisia e vede come partner Il Mercato Centrale Milano.La mostra, non è direttamente sponsorizzata da LEGO, è realizzata grazie ad alcuni dei più grandi collezionisti del mondo.

I DIORAMI

LIBERAZIONE
Con circa 150.000 pezzi questo diorama è la rappresentazione storica dell’ingresso degli alleati in uno dei paesi della provincia italiana che nel 1945 erano ancora sotto il controllo delle truppe tedesche. Le truppe si fanno strada tra i ruderi dei bombardamenti e le carcasse dei mezzi militari. La cura dei dettagli e la fedeltà delle riproduzioni restituiscono una fotografia emozionante e coinvolgente.

GRANDE DIORAMA CITY
Il Grande Diorama City è la massima espressione – composto di circa 160.000 pezzi – del tema cittadino rappresentato da costruzioni uniche e irripetibili, realizzate interamente con mattoncini originali e utilizzando sia tecniche di costruzione tradizionali, sia tecniche anticonvenzionali.
I costruttori progettano e realizzano indipendentemente le loro opere usando ispirazioni e stili diversi, utilizzando schizzi, disegni tecnici ma anche software di progettazione assistito dedicati ai mattoncini Lego. La collezione di queste creazioni viene arricchita costantemente da nuove opere composte da migliaia di mattoncini e ricche di particolari. L’assetto urbano viene definito usando software CAD più convenzionali; si delineano così i quartieri del centro storico, stazione e tratta ferroviarie, zone verdi e aree ricreative.

FORI IMPERIALI – FORO DI AUGUSTO – ANNO 2 A.C.
Con circa 60.000 pezzi Il Foro di Augusto è il secondo in ordine cronologico tra i Fori Imperiali di Roma e questo diorama ne rappresenta una fedelissima e dettagliata ricostruzione.
Nella piazza sorge il tempio dedicato a Marte Vendicatore, inaugurato nel 2 a.C., che si appoggiava sul fondo all’altissimo muro perimetrale. Alla testata del portico settentrionale un ambiente distinto ospitava una statua colossale dell’imperatore. Al centro della piazza spicca la quadriga trionfale dell’imperatore Augusto Vittorioso.

DIORAMA MEDIEVALE
120.000 pezzi rappresentano una città ispirata a Roma nel medioevo: le nuove costruzioni, create in mattoni e materiali di risulta, si addossano e si sovrappongono agli antichi edifici inglobandoli in una architettura caotica ma affascinante; case, torri e campi coltivati sorgono dove prima erano le grandi piazze pavimentate in marmo e travertino mentre chiese nascono dove prima si ergevano templi.

GRANDE DIORAMA PIRATI
Circa 220.000 mattoncini creano il diorama che rappresenta la riproduzione degli insediamenti caraibici dei coloni inglesi del XVIII secolo. La tranquillità della natura incontaminata degli atolli vulcanici viene interrotta dal fragore delle cannonate delle navi imperiali a caccia dei pirati che inseguono i tesori nascosti, prede delle scorribande passate. Il tutto ai piedi del grande vulcano pronto ad eruttare.

DIORAMA ARTICO
In questa installazione, circa 80.000 pezzi, riproducono una porzione della calotta polare artica su cui è stata installata una base dedita allo studio delle risorse naturali. Sono presenti laboratori di analisi, hangar per il ricovero dei velivoli, zone adibite alle estrazioni minerarie, impianti eolici per la produzione di energia elettrica. Ormeggiata sulla banchina naturale c’è la grande nave rompighiaccio da ben 35.000 pezzi, completamente arredata al suo interno.

DIORAMA CLASSIC SPACE
Ideato e progettato da uno dei più grandi collezionisti al mondo di set e pezzi originali della serie anni ’80 Lego® Classic Space il grande diorama “Spazio” che con 35.000 pezzi riproduce un insediamento minerario lunare. In questo futuristico scenario l’uomo si avvale dell’aiuto di astronavi, droidi e macchinari per la ricerca di nuove risorse. La sua realizzazione è in continuo divenire in quanto di volta in volta si arricchisce di nuovi elementi unici e irripetibili creati dal costruttore che trae ispirazione oltre che dalla serie originale anche dalle più importanti saghe di fantascienza cinematografiche.

Natura e Impressionismo: Vincent van Gogh a Roma

Alla vigilia dei 170 anni dalla sua nascita, presso Palazzo Bonaparte a Roma, dall’ 8 ottobre 2022 al 26 marzo 2023, sarà possibile visitare una mostra monografica su van Gogh. Importante pittore dalla vita tormentata, che con il suo spiccato senso artistico, folle, sensibile e innovativo è riuscito a date un controverso tocco all’arte impressionista di fine ‘800.

Questa mostra vede esposti 50 suoi capolavori provenienti dal Kröller-Müller Museum di Otterlo (Paesi Bassi). Tra queste opere si potrà vivere a tutto tondo un escursus di vita del pittore. Toccandone tutti i punti più salienti. Dalla vita campestre, dove predominava l’aspetto umile e semplice della vita di campagna, al suo soggiorno parigino, dove noteremo un astile artistico più variopinto, una sorta di inno alla vita e al benessere e alla ricchezza, fino ad arrivare al momento più cruciale della sua vita, passata all’interno di istituti di sanità mentale. Questo stato di malessere non lo abbandonerà fino alla drammatica fine. Si potranno ammirare quadri molto famosi, come: L’Autoritratto del 1887, Il Seminatore o Sulla soglia dell’eternità (Il Vecchio che soffre); che lavori meno conosciuti.

“ Dall’ appassionato rapporto con gli scuri paesaggi della giovinezza allo studio sacrale del lavoro della terra scaturiscono figure che agiscono in una severa quotidianità come il seminatore, i raccoglitori di patate, i tessitori, i boscaioli, le donne intente a mansioni domestiche o affaticate a trasportare sacchi di carbone o a scavare il terreno; atteggiamenti di goffa dolcezza, espressività dei volti, la fatica intesa come ineluttabile destino. Tutte queste sono espressione della grandezza e dell’intenso rapporto con la verità del mondo di Van Gogh… L’immersione nella luce e nel calore del sud, a partire dal 1887, genera aperture ancora maggiori verso eccessi cromatici e il cromatismo e la forza del tratto si riflettono nella resa della natura.”

( Maria Merola, Laurea in Beni Culturali)

Le varie opere sono state suddivise in cinque sezioni e presentate in ordine cronologico. Affiancate da interessanti note biografiche che le accompagnano in sottofondo con soave musica classica, creando un’idilliaca immersione nel suo intimo mondo.
Qui, viene approfondita un’indole volta alla venerazione della natura, cui appartiene la condizione umana, attraverso un percorso cronologico che parte dal primo periodo olandese (1881-1885), in cui domina un realismo spirituale con toni scuri. Segue il soggiorno parigino (1886-1888), dove van Gogh incontra Paul Gauguin e in cui emerge un linguaggio più immediato, fondato sull’accostamento di colori puri per un disegno sintetico. In tale periodo raggiunge, inoltre, una completa autonomia tematica, in completa simbiosi con il percorso che l’artista compie con le novità culturali che vanno maturandosi nella capitale francese. Si passa, in seguito, al suo vissuto ad Arles (1888-1889), dove descrive la campagna, servendosi del colore in maniera vibrante, come legata a una sua interiorizzazione. Infine, la reclusione a St. Remy, testimoniata dall’emblematica opera del 1889, Il giardino del manicomio a Saint-Rémy, fino all’epilogo a Auvers-Sur-Oise. La mostra, il cui lavoro di preparazione è durato cinque anni è stata prodotta e organizzata da Arthemisia e curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti.

Chi era questo emblematico pittore?

Ripercorriamo brevemente i momenti salienti della sua vita… Vincent Willem van Gogh ( Zundert, 30 marzo 1853- Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890) è stato un importante pittore olandese. Fu autore di quasi novecento dipinti e disegni, senza contare i numerosi schizzi non portati a termine. Tanto geniale quanto incompreso, Van Gogh influenzò l’arte del XX secolo. Iniziò a disegnare fin da piccolo, nonostante le critiche del padre, un pastore protestante che gli impartiva delle norme severe. Nonostante ciò non smise mai di disegnare. Iniziò però a dipingere tardi, all’età di ventisette anni. I suoi soggetti consistevano in autoritratti, paesaggi, nature morte di fiori, dipinti con cipressi, rappresentazioni di campi di grano e girasoli. La sua formazione si deve all’esempio del realismo paesaggistico dei pittori di Barbizon e di Jean-François Millet. Dopo aver trascorso diversi anni soffrendo di frequenti disturbi mentali, morì con un colpo di pistola a soli 37 anni, nel 1890; Il grande valore delle sue opere verrà riconosciuto solo successivamente la sua morte. Importanti saranno sempre i suoi scambi epistolari con il fratello Théo.

“Ma il giorno in cui ti innamorerai, ti accorgerai con stupore dell’esistenza di una forza che ti spinge ad agire e sarà la forza del cuore”

( lettera 157 inviata a Théo )

Pannello espositivo.

Van Gogh e l’arte:

La svolta definitiva in campo artistico si verificò quando van Gogh individuò nella pittura un metodo migliore per diffondere il messaggio di solidarietà verso quei lavoratori sfruttati e bisognosi. Van Gogh, voleva sublimare i propri tormenti nella professione artistica, riconoscendo in un simile atto creativo un modo ideale per riscattare la straziata insoddisfazione che lacerava il suo animo e per trovare la propria strada nel mondo. Van Gogh, d’altronde, si era sempre sentito a suo agio nel «paese dei quadri», anche negli anni più bui e disperati.

“Con I mangiatori di patate ho voluto, lavorando, far capire che questa povera gente, che alla luce di una lampada mangia patate servendosi dal piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove quelle patate sono cresciute; il quadro, dunque, evoca il lavoro manuale e lascia intendere che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano. Ho voluto che facesse pensare a un modo di vivere completamente diverso dal nostro, di noi esseri civili. Non vorrei assolutamente che tutti si limitassero a trovarlo bello o pregevole”.

(Vincent van Gogh, lettera n. 404 a Théo van Gogh, aprile 1885.)

Nel novembre del 1885 si trasferì a pensione ad Anversa, frequentando le chiese ed i musei della città, dove ammirò il vivace colorismo di Rubens (pittore fiammingo). Altrettanto importante fu la ricezione delle stampe giapponesi (una tecnica di incisione artistica unica nel panorama mondiale. Si tratta di una tecnica non tossica perché utilizza, per creare le immagini, legni naturali, colori ad acqua e carta fatta a mano), che scoprì vagabondando nel quartiere portuale della città: Vincent acquistò queste xilografie in generose quantità e le usò per adornare la propria camera da letto.

Pini al tramonto. Tipologia di disegno che quasi riprende alcuni tratti orientali

A Parigi (1886-87), spronato dal miglioramento dei rapporti, con il fratello Théo, votato al recupero di un rapporto più autentico, Vincent iniziò a produrre quadri più colorati e gioiosi. Con gamme cromatiche più leggere e luminose: era felice. All’inverno 1886 risale l’incontro con il pittore Paul Gauguin. La metropoli parigina fornì stimoli indispensabili non solo al van Gogh-artista, che poté finalmente fruire di un crogiolo di esperienze artistiche ininterrotte, ma anche al van Gogh-uomo, che iniziò a rivelare una sicurezza di sé poi sfociata, purtroppo, anche nella vanità e nell’alcolismo, distanziandosi così dal misticismo religioso degli esordi. Il Meridione francese (Provenza), luogo di Zola, Cézanne e di Monticelli, rispose splendidamente alle esigenze di van Gogh, che vi si stabilì nel febbraio del 1888. Eccitato da uno “stato febbrile”, ad Arles van Gogh realizzò ben duecento dipinti e cento altre opere tra disegni e acquerelli. Opere come: La sedia di Vincent, La camera di Vincent ad Arles, Il caffè di notte, Terrazza del caffè la sera, e Notte stellata sul Rodano, oltre che la serie dei Girasoli, furono tutte realizzate durante il soggiorno arlesiano.

La Collina di Montmatre, Parigi

Gauguin giunse ad Arles il 29 ottobre 1888. Van Gogh, manifestava un’aperta ammirazione per Gauguin, lo considerava un artista superiore. A giudizio di Gauguin, la permanenza con un personaggio strano come van Gogh erano mortificanti per la sua maturazione pittorica. Le continue tensioni tra i due toccarono il loro apice il pomeriggio del 23 dicembre. Quel giorno van Gogh dopo un’accesa discussione rincorse per strada Gauguin con un rasoio, rinunciando ad aggredirlo quando l’uomo si voltò per affrontarlo. Gauguin corse in albergo con i bagagli, preparandosi a lasciare Arles; van Gogh invece, in preda a disperate allucinazioni, rivolse su di sé la sua furia, tagliandosi il lobo dell’orecchio sinistro. La vita del pittore, purtroppo, continuò a essere costellata di eventi spiacevoli: subendo repentini attacchi allucinatori. Nella clinica di Saint-Rémy dipinse il famosissimo quadro: Notte stellata, oggi esposta al Museum of Modern Art di New York.

«Osservo negli altri che anch’essi durante le crisi percepiscono suoni e voci strane come me e vedono le cose trasformate. E questo mitiga l’orrore che conservavo delle crisi che ho avuto […] oso credere che una volta che si sa quello che si è, una volta che si ha coscienza del proprio stato e di poter essere soggetti a delle crisi, allora si può fare qualcosa per non essere sorpresi dall’angoscia e dal terrore […] Quelli che sono in questo luogo da molti anni, a mio parere soffrono di un completo afflosciamento. Il mio lavoro mi preserverà in qualche misura da un tale pericolo.

(Lettera a Théo van Gogh, 25 maggio 1889)

Ritratti e Autoritratti:

Van Gogh, noto per i suoi paesaggi, sembrava però avere la sua più grande ambizione nei ritratti. A proposito di essi, ebbe a dire: “ L’unica cosa in pittura che mi emoziona nel profondo della mia anima, e che mi fa sentire più infinito di ogni altra cosa “ L’interesse per la figura umana, presente all’interno della mostra anche attraverso formati cartacei, l’immersione nel calore, tipico del sud francese, in quelli che Gauguin definiva “infiniti soli in piena luce di sole “, genera aperture verso un’intensità con cui va a definire i mutamenti della natura circostante. Tra il 1886 e il 1889 van Gogh eseguì anche una trentina (37 per la precisione) di autoritratti dalla forte valenza psicologica, che consentono all’osservatore di cogliere tutte le inquietudini che tormentavano il suo animo. I dipinti variano in intensità e colore e alcuni ritraggono l’artista con la barba e altri senza. Particolari sono gli autoritratti che lo rappresentano bendato, dipinti dopo l’episodio in cui lo ha visto recidersi un orecchio. Tutti gli autoritratti dipinti a Saint-Rémy mostrano il lato del volto dell’artista con l’orecchio sano, cioè il destro. Tuttavia, essendo realizzati allo specchio, il lato sano che appare in questi dipinti è il sinistro. Importante opera è l’Autoritratto, 1889, Musée d’Orsay, Parigi, presente attualmente in mostra.

Tecnica pittorica:

La tecnica pittorica da lui utilizzata è la così detta tecnica a impasto o pittura a impasto è una tecnica pittorica, in cui il colore viene posto sulla tela con strati molto spessi. L’interesse per i girasoli e per i vasi di fiori in generale rappresenta l’altra faccia della passione di van Gogh e in generale degli artisti di scuola impressionista per la natura. Nella serie dei Girasoli possiamo ammirare il giallo tanto caro a Van Gogh; si tratta del giallo cadmio che era un colore nuovo all’epoca. Sperimentando un approccio espressivo, la materia pittorica si fa estremamente spessa, densa, tracciando un solco che verrà portato avanti dalla pittura espressionista del XX secolo. Vincent, come si firma l’artista sulla parte bassa del vaso, vede in questi fiori il calore ed il colore della Provenza, la regione da lui scelta per creare una sorta di sodalizio di pittori. Durante il periodo di Arles, poi, vede una incredibile esplosione coloristica della tavolozza dell’olandese, infatti e tinte cupe e brune di pochi anni prima sono totalmente dimenticate. In alcuni quadri van Gogh sperimenta la tecnica delle variazioni tonali di un unico colore, mentre un’altra sua tecnica molto utilizzata è quella di accostare i colori complementari.

NB. Molto interessante è il percorso sensoriale presente nella mostra, accanto ai pannelli descrittivi, messo a disposizione per tutti i visitatori, grandi e piccini.

In conclusione…

La mostra ripercorre le tappe di questo travagliato percorso attraverso l’amore difficile per Sien, la donna “sola” della quale van Gogh si innamora perdutamente e frammenti delle lettere al fratello Theo, che ci accompagnano durante tutta la visita. Alla scoperta di un uomo colto, sensibile, amante della vita ma allo stesso tempo complesso e tormentato. Animato da speranza e forza di volontà, nonostante le intemperie della vita. Tutta questa forte intensità dell’animo umano espressa dal pittore, può portarci a riflettere e interrogarci con molta più sensibilità su cosa sia realmente “giusto o sbagliato”. Cosa sia la normalità che tanto viene decantata e etichettata dalla nostra società. Quella società che al più delle volte ci fa sentire stretti, senza fiato e fuori posto. Come la genialità, la magnificenza e lo splendore dell’arte non deve essere mai giudicata dall’uomo medio incline e pronto a etichettare “ folle” l’anticonformismo e il pensiero fuori dagli schemi. Tutto ciò che fa paura perché non compreso.

Bibliografia:

  •  Giulio Carlo Argan, Storia dell’arte italiana, vol. 3, Firenze, Sansoni, 1979.
  • Enrica Crispino, Van Gogh, Giunti, 2010, ISBN 978-88-09-05063-1.
  • Vincent Van Gogh, The Letters of Vincent Van Gogh, Penguin, 2003, ISBN 978-0-14-192044-3.

Sitografia:

 

Selfie Fun House Experience

Da oggi 3 giugno 2022 il J Museo di Jesolo apre le sue porte alla prima Fun House Experience del nord-est in Italia. Un luogo dove far scatenare la fantasia e l’immaginazione per consumare la bruciante passione dell’autoscatto. Uno spazio inedito in cui i visitatori sono liberi di esprimere la propria creatività con fotografie, immagini e videoclip memorabili da condividere con i propri amici. Tra stanze tematiche, innumerevoli sfondi e fantastiche ambientazioni, il visitatore viene catapultato in un’esperienza immersiva unica, in un mondo colorato e divertente pensato per divertirsi e condividere momenti memorabili e foto da sogno in cui chi scatta è a sua volta artista. Fun House Experience è un evento organizzato da Superfly LabPiuma e Arthemisia in collaborazione con il Comune di Jesolo.

SUPERFLY LAB

I temi varieranno dalle ambientazioni che ripropongono paesaggi, illusioni ottiche, giochi di specchi, neon design, interior design e trend stilistici. In un’epoca in cui imperano l’uso dei social network e la voglia di condivisione delle proprie esperienze, l’obiettivo di Selfie Fun House è proprio quello di stimolare la fantasia, creare i propri contenuti in maniera originale e del tutto personale, fare rete tramite le foto e i video che diventano Superfly Lab, che dal 2015 progetta strategie di marketing per raggiungere gli obiettivi dei brand. Sviluppando storytelling, contenuti online e offline, comunicazione integrata creando pubblicità tradizionali e strategie social. Sono inoltre proprietari di format di eventi che coinvolgono ogni anno 250.000 persone.

ARTHEMISIA

Arthemisia, i professionisti dell’Arte: azienda leader nella produzione, organizzazione e allestimento di mostre d’arte a livello nazionale, Arthemisia vanta di uno strutturato e fortemente integrato team di esperti garantendo un’esperienza straordinaria, un alto livello di affidabilità e il massimo coinvolgimento.

La mostra sarà aperta al pubblico dal 3 giugno al 18 settembre 2022, dalle 19.00 alle 24.00 (ultimo ingresso ore 23.00).Per info: info@selfiehousejesolo.it  |  selfiehouseexperience.it

Andrea Pazienza: Fino all’estremo

Fino all’estremo. Così si intitolava la prima stesura di quello che sarebbe poi diventato Gli ultimi giorni di Pompeo, il vertice artistico e narrativo di Andrea Pazienza. Classe 1956, fumettista, disegnatore, illustratore e pittore: Andrea Pazienza è stato – senza alcun dubbio – il massimo esponente di quello storytelling tutto italiano così libero, al servizio di un flusso di coscienza inarrestabile e senza precedenti che da quel momento ha caratterizzato il mondo della nona arte: il fumettoA 24 anni dall’ultima mostra antologica del 1997 a lui dedicata nel capoluogo emiliano e dopo tanti mesi di chiusura a causa della pandemia – a dimostrazione che l’arte non arresta mai il suo corso -, dal 7 maggio arriva a Palazzo Albergati di Bologna il genio creativo di Andrea Pazienza, fumettista che con le sue vignette ha cambiato per sempre il mondo del fumetto e che si trasferì all’ombra delle Due Torri nel ’74 per iscriversi al DAMS e iniziare nel ’77 la sua carriera sulle pagine di “Alter Alter”, delineando fino all’84 i tratti del suo periodo più creativo e stimolante.


In mostra oltre 100 opere provenienti dagli archivi delle persone a lui più vicine come il fratello, la sorella, la moglie e altri, tra tavole originali dei fumetti e opere pittoriche fatte con i materiali più diversi: dai pennarelli alle tempere, dalle matite ai colori acrilici e molto altro. Ad arricchire la mostra anche una selezione di bellissime e storiche immagini del grande fotografo e artista visuale Enrico Scuro
Partendo dalla sua produzione artistica che poggia sui tre pilastri PentothalZanardi e Pompeo, la mostra è un viaggio nella vita dell’artista e tra le vie di una Bologna resa calda dai movimenti studenteschi del ’77. Un racconto di rivolte, amori, guerre politiche e turbamenti vissuti da una generazione di meravigliosi sognatori che hanno inciso sulla loro pelle una via crucis di libertà e rivoluzione. A raccontarci tutto questo sono la forza, la potenza e l’urlo espressivo coi quali Andrea Pazienza, nel giro di un solo decennio (muore infatti prematuramente a soli 32 nella sua casa di Montepulciano il 16 giugno 1988), lascia la sua firma indelebile nella narrativa illustrata non solo coi bianchi e neri dell’epopea di Fiabeschi, ma anche coi colori del Giallo Matematico e delle Notti di Carnevale di ZannaColas e Petrilli, i pennarelli sui fogli a quadretti coi quali Pompeo correva incontro al suo destino, ma anche tutte quelle meravigliose illustrazioni che – da Betta sullo squalo al Corteo di Bologna – hanno fatto di Andrea Pazienza uno dei più grandi maestri del colore di tutti i tempi.

Con il Patrocinio del Comune di Bologna, prodotta e organizzata da Piuma in collaborazione con Arthemisia e a cura di ARF! – Festival di storie, segni & disegni, la mostra è realizzata con il contributo della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, grazie alla quale tutti i bambini al di sotto dei 12 anni potranno usufruire dell’ingresso omaggio e tutti gli studenti delle scuole secondarie e delle università dell’ingresso ridotto. La mostra vede come Media Partner BilBOlbul Festival Internazionale di Fumetto e RIFF Rete Italiana Festival di Fumetto. L’evento è consigliato da Sky Arte.Il Comune di Bologna, in collaborazione con Bologna Welcome, partecipa attivamente alla promozione della mostra, anche attraverso lo strumento della Card Cultura.

Il 23 maggio 1956, da Enrico Pazienza e Giuliana Di Cretico, nasce a San Benedetto del Tronto Andrea Pazienza, figura mitica del fumetto italiano e internazionale. La sua infanzia trascorre tra San Severo, la cittadina pugliese di cui era originario il padre, e San Menaio, frazione di Vico del Gargano. Terminato il liceo, nel 1974 si iscrive al DAMS dell’Università di Bologna, in quelli che sono gli anni più caldi della contestazione giovanile, di cui riesce a cogliere l’essenza nella sua prima storia a fumetti, Le straordinarie avventure di Pentothal, che inizia ad apparire dall’aprile del 1977 sulla rivista Alter Alter. Sempre nel ’77, insieme a Filippo ScòzzariStefano TamburiniMassimo Mattioli e Tanino Liberatore crea la Primo Carnera Editore e la rivista Cannibale. Dal 1979 al 1981 contribuisce al settimanale Il Male e nel 1980, con il gruppo di Cannibale e con Vincenzo Sparagna, fonda il mensile Frigidaire, sulle cui pagine comparirà il personaggio di Zanardi, che in seguito sarà pubblicato anche da altre riviste, come Alter Alter, Corto Maltese Comic Art. Continua a collaborare con le più importanti riviste del fumetto italiane, pubblicando anche su Linus. Partecipa inoltre alla creazione di Frizzer, mensile che si affianca a Frigidaire, e che cura per i primi numeri anche nella grafica. Partecipa alla rivista Tempi Supplementari e dal 1986 collabora anche con Avaj, supplemento al mensile Linus, con Tango, supplemento del quotidiano L’Unità, con Zut, rivista satirica diretta da Vincino. Muore il 16 giugno 1988 a Montepulciano. I fumetti di Andrea Pazienza, negli anni, sono stati pubblicati da Primo Carnera Editore, Editori del Grifo, Rizzoli Milano Libri, Glamour International, Legambiente, Babel Editore, Edizioni ART Core, Edizioni Di, Baldini & Castoldi, Einaudi, Panini, Editoriale Cosmo, Gruppo Editoriale L’Espresso, Fandango Libri e Coconino Press.

Per informazioni: palazzoalbergati.com  |
www.arthemisia.it

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