La Maschera di Giada dei Maya: Un Enigma Sepolto nella Foresta Pluviale

Nel cuore della foresta pluviale del Petén, nel poco noto ma sorprendente sito di Chochkitam in Guatemala, è emerso un enigma avvolto nella lussureggiante vegetazione: una maschera di giada. Questo straordinario reperto potrebbe gettare nuova luce sulla storia dei Maya, rivoluzionando le nostre conoscenze.

La maschera, realizzata con pezzi di giada montati su parti di conchiglia di Spondylus, presenta un verde profondo per il viso e il bianco delle conchiglie per gli occhi e i denti. Risalente a circa 1.700 anni fa, questa misteriosa maschera è stata rinvenuta in una sepoltura individuata grazie a una mappatura laser. A raccontarne la storia è il National Geographic, attraverso un articolo di Erin Blakemore e la fotografia di Ruben Salgado Escudero.

Ma cosa rende così affascinante questo ritrovamento? Oltre a certificare la devozione religiosa e la successione reale all’inizio del periodo classico dei Maya, la maschera potrebbe sostenere una teoria controversa: i re maya dell’epoca potrebbero essere stati al soldo di dinastie mesoamericane ancora più potenti. L’archeologo e National Geographic Explorer Francisco Estrada-Belli, insieme al suo team, ha scavato per oltre sette metri all’interno di una piramide, ritenuta reale, nel nucleo monumentale della città di Chochkitam. La ricompensa? Un cranio, alcuni denti e una scatola di pietra a forma di bara contenente offerte preziose: vasi, grandi gusci di conchiglia, frammenti di ossa e un gruppo di pezzi di giada lucida.

Questo straordinario reperto potrebbe ridefinire la nostra comprensione della storia maya, aprendo nuove prospettive su una civiltà antica e misteriosa. La maschera di giada è una “ulteriore picconata” alle vecchie interpretazioni, e il suo enigma continua a intrigare gli studiosi. Un tesoro nascosto tra le foglie cadute e i pezzi di pietra, pronto a svelare segreti secolari.

School of Love. Segreti d’amore

L’amore è complicato. Forse addirittura impossibile da capire! Nina e Viola stanno per scoprire i tanti segreti che si nascondono dietro a una storia d’amore. Che cos’è l’amore? Per capirci qualcosa Nina e Viola decidono di ficcare il naso nelle vite sentimentali delle ragazze più grandi della scuola: perché alcune di loro sono così popolari e altre invece hanno una “cattiva reputazione”? Perché sono tutti così ossessionati dalle apparenze? A poco a poco Nina e Viola scopriranno che le cose non sono sempre come appaiono, né per le ragazze più grandi e nemmeno per loro due, amiche del cuore con qualche segreto di troppo…

Dietro lo pseudonimo BeKa si celano due sceneggiatori francesi di lungo corso: Caroline Roque e Bertrand Escaich. Dal 2005 in poi hanno dato vita a numerose serie di successo, come Rugbymen (edito in Italia da Signs Publishing), Studio DanseLes Fées ValentinesChampignacFilles UniquesL’Ecole des Petits Monstre.

Maya, il cui vero nome è Martina Mura, è una fumettista italiana nata ad Alghero (SS) nel 1997. Ha frequentato la European Manga Academy e contemporaneamente si è dedicata all’illustrazione e alla colorazione come autodidatta. Ha pubblicato Nel linguaggio dei Fiori, la sua prima opera, con l’editore Mangasenpai.

La deformazione cranica volontaria

La deformazione cranica volontaria era praticata in diverse culture distinte tra loro sia dal punto di vista geografico che da quello cronologico. Riscontrabile ancora adesso in alcune aree (ad esempio Vanuatu, nel Pacifico meridionale). Deformazioni o modificazioni craniche artificiali, appiattimento del capo o legatura del capo sono forme di alterazione del corpo in cui il cranio di un essere umano è deformato intenzionalmente. Di regola la procedura è praticata sui lattanti dato che il cranio a quell’età è più plasmabile. Nei casi tipici la fasciatura del capo comincia circa un mese dopo la nascita e continua per circa sei mesi.

La più antica segnalazione scritta di deformazione cranica è dovuta ad Ippocrate nel 400 AC e riguarda i Macrocefali (o Grosse Teste), così denominati per la loro pratica di deformare il cranio. Uomini con scheletri con questi caratteri sono rappresentati in varie sculture e fregi di quel periodo a noi pervenuti.

  • In America i Maya, gli Inca ed alcune tribù del Nativi Nordamericani facevano molta pratica di tale  costume.
  • In Africa,  i Mangbetu, furono notati dagli esploratori europei a causa delle loro teste allungate. Tradizionalmente il capo dei bambini era avvolto strettamente con dei tessuti allo scopo di conferire loro l’aspetto caratteristico.
  • In Europa l’abitudine di schiacciare il capo dei bambini, sebbene tendesse a svanire nel tempo, era ancora esistente nel XX secolo in Francia ed era riscontrabile anche in forme isolate nella Russia Occidentale, nel Caucaso e in Scandinavia.

Le ragioni per le quali il capo veniva modellato variavano nel tempo: da motivi estetici a teorie pseudoscientifiche circa la capacità del cervello di trattenere certi tipi di pensieri a seconda della sua forma.

Nella regione di Toulouse (Francia) queste deformazioni craniche persistettero fino agli inizi del XX secolo; tuttavia più che essere prodotte intenzionalmente, sembra fossero il risultato non voluto di un’antica pratica medica comune tra i contadini francesi nota come “ bandeau“,  con la quale la testa del bambino era avvolta strettamente allo scopo di proteggerlo da urti ed incidenti subito dopo la nascita.

Dipinto di Paul Kane che mostra un bambino Chinookan
mentre gli viene appiattito il capo e un adulto che attua il processo

                                           

Non esiste una classificazione ampiamente accettata riguardo i sistemi di deformazione cranica, una teoria moderna è che la deformazione cranica era praticata probabilmente per manifestare l’appartenenza ad un gruppo o per dimostrare uno stato sociale. Tali motivazioni possono aver giocato un ruolo cruciale nella società Maya, con l’obiettivo di creare una forma del cranio che fosse esteticamente più piacevole e associata a specifici attributi culturali. Per esempio si ritiene che una persona con la testa allungata sia più intelligente, di stato più elevato e più vicina al mondo degli spiriti.

Storicamente ci sono state numerose teorie riguardo le motivazioni di queste pratiche.  È stata anche considerata l’ipotesi che la pratica della deformazione cranica abbia tratto origine dal tentativo di imitare quei gruppi della popolazione in cui la forma allungata del capo era una condizione naturale. I crani di alcuni antichi Egizi sono tra quelli identificati come naturalmente allungati e la “macrocefalia può essere una caratteristica familiare. Come esempio possiamo menzionare alcuni feti rinvenuti con cranio allungato.

L’usanza, connessa alla regalità e alla sacralità, è rimasta viva per millenni. Era ancora praticata da numerose popolazioni stanziate a est del Mar Nero in epoca tardo-imperiale e all’inizio del Medioevo,  come tra gli Unni. La pratica è diffusa anche oggi presso alcune comunità tribali, ne abbiamo per esempio testimonianze in Congo.

Infine, alcuni studiosi guardano alle rappresentazioni delle divinità neolitiche della fertilità, quindi la pratica rimanderebbe a una simbologia fallica. Infine, c’è chi le ritiene ispirate alle figure immateriali che popolavano le visioni degli antichi sciamani, le stesse che poi sono state raffigurate in tantissime pitture rupestri sparse per il mondo.

 

In alto a sinistra: un cranio allungato proveniente da Paracas, Perù.
In alto a destra: testa femminile con il cranio allungato di una delle figlie del faraone egiziano Akhenaton.
In basso a sinistra: due giovani schiave del Congo il cui cranio è stato allungato mediante la fasciatura in giovane età (1.900-1.915 d.C. circa).
In basso a destra: cranio allungato

Fonti:

L’astronauta di Palenque

Nel giugno 1952, centododici anni dopo le scoperte di Stephens e Catherwood, l’archeologo messicano Alberto Ruz, impegnato nel restauro di alcune rovine Maya di Palenque, compì una scoperta sensazionale, che ancora oggi suscita l’interesse e la perplessità di molti studiosi.

Palenque è un importantissimo centro archeologico situato nello stato messicano di Chiapas. Si dice che sia stata la più grande città dell’emisfero occidentale; poi, circa 11 secoli fa, la popolazione la abbandonò e la lasciò alla giungla; ancora oggi non conosciamo le cause di questo esodo. Probabilmente fu fondata prima dell’età cristiana, e raggiunse il suo massimo splendore fra il 500 e il 700 d.C.; poi il misterioso abbandono, tanto che, quando nel 1519 Cortés sbarcò in Messico, Palenque era già una città fantasma sommersa dalla giungla. Bisognerà aspettare la fine del XVIII secolo perché uno spagnolo, Antonio del Rio, ne ritrovi le rovine; ma le sue ricerche non avranno seguito, e Palenque sarà nuovamente dimenticata. Nel 1830 ci fu una riscoperta della città da parte di un soldato di ventura, Jean Frédéric Waldeck, che rimase per più di tre anni nella zona realizzando diversi schizzi dei ruderi.

Furono, però, i famosi esploratori Stephens e Catherwood, che nel 1840 si recarono nella città, a scrivere un libro che parlasse di questa splendida scoperta: Palenque, però, serbava ancora nascosto gelosamente il suo tesoro più prezioso; gli scavi archeologici iniziarono soltanto nel 1930 diretti dall’archeologo M. A. Fernandez, in collaborazione con F. Blom e Ruz Lhuillier, fu nel corso di questi lavori che vennero riportati alla luce numerosi templi; soprattutto è da ricordare la scoperta del Tempio delle Iscrizioni che in futuro avrebbe rivelato una scoperta sensazionale.

Eccoci dunque al giugno del 1952: Ruz si trovava nel Tempio delle Iscrizioni per dei restauri e notò casualmente che nel pavimento una lastra aveva dei fori per le dita e poteva essere sollevata: al di sotto di questa lastra c’era una stretta scala che scendeva all’interno della piramide; a diciotto metri di profondità c’era un’altra lastra di pietra, presso la quale furono trovati sei scheletri maya, custodi di quella che doveva essere la sala più interna della piramide. Questa lastra era, in effetti, l’ingresso di una cripta di piccole dimensioni, contenente solo una tomba coperta da una colossale lastra di pietra scolpita del peso di cinque tonnellate. L’uomo che vi era sepolto era chiamato halac uinic, ossia il “Vero Uomo.” E infatti sulla lastra è ritratta una figura umana in pose molto simili a quelle di un astronauta in una navicella, in atteggiamento di pilotare il mezzo con leve e pulsanti, e alla base della raffigurazione compare una struttura (che qualcuno ha creduto di identificare con un motore) da cui fuoriescono delle fiamme; inoltre, nel groviglio di linee e forme confuse che circondano l’uomo, alcuni fantasiosi hanno creduto di vedere apparati per la respirazione e per il pilotaggio del mezzo.ù

Lo scrittore svizzero Erich von Daniken contribuì alla diffusione di questa erronea interpretazione con una pubblicazione del 1968 dal titolo “Ricordi del futuro,” nella quale sosteneva che la terra fosse stata visitata da civiltà aliene in tempi remotissimi e che successivamente si sia persa la memoria di questi contatti. Per quanto suggestiva, la teoria dello scrittore svizzero non può essere riferita all’immagine del “Vero Uomo” per alcune semplici ragioni: innanzitutto l’immagine dell’uomo non è quella di un alieno, ma evidentemente quella di un essere umano ed è altrettanto evidente dai suoi tratti somatici che si tratta di un uomo maya; in secondo luogo l’abbigliamento della figura non è adatto ad un viaggio spaziale, ma è chiaramente un vestito maya; infine l’ipotesi di un ancestrale contatto tra uomini e alieni dimenticato in epoca storica non si concilia con la data della sepoltura, che risale alla fine del VII secolo d. C.; inoltre alcuni simboli presenti in questa raffigurazione, interpretati molto fantasiosamente come strumenti spaziali, sono stati rinvenuti anche su altre pietre tombali proprio a Palenque e interpretati più correttamente tenendo conto della cultura locale: tali immagini sono simboli connessi alla sfera religiosa. Tra i simboli sono riconoscibili, ad esempio, quello relativo ad un essere soprannaturale chiamato il “Mostro della Terra,” una sorta di guardiano degli inferi, scambiato da Daniken per la parte inferiore dell’astronave; l’uccello quetzal, nella parte superiore della raffigurazione, è un simbolo solare che richiama la sorgente della vita; un oggetto a forma di croce è invece una pianta di mais.

Tutto questo ha portato gli studiosi a interpretare la raffigurazione non come un viaggio spaziale, ma come un viaggio altrettanto misterioso: il cammino dell’uomo dalla vita terrena al mondo dell’aldilà. Allora dov’è la grande importanza di questo rinvenimento? Semplice: per la prima volta è stata ritrovata una tomba in una piramide maya, solitamente costruite per ospitare solo luoghi di culto; una tale sepoltura doveva dunque essere riservata a un personaggio importantissimo nella comunità di Palenque, un personaggio temuto e rispettato proprio come se fosse veramente sceso dal cielo. Ma chi era dunque quest’uomo? Questo è uno degli interrogativi rimasti ancora senza risposta, accanto ad un altro, più inquietante, che potrebbe far tornare all’ipotesi della presenza di fenomeni paranormali nella vicenda dell’astronauta di Palenque: perché era chiamato “Vero Uomo”?

La fine del mondo? Ecco le teorie più diverse!

La fine del mondo è un tema che affascina e spaventa da sempre l’umanità, che ha cercato di immaginare e prevedere in vari modi il destino finale del pianeta e della vita. Tra le diverse teorie scientifiche, leggendarie e, soprattutto, di natura complottistica, alcune sono più note e altre meno, ma tutte hanno in comune la sfida di interpretare i segni dei tempi e di dare un senso alla storia. Vediamo alcune di queste teorie e le loro possibili date.

La fine del mondo secondo i Maya:

Secondo l’antica popolazione mesoamericana, la fine del mondo sarebbe dovuta avvenire il 21 dicembre 2012, data in cui si concludeva il loro calendario di lungo computo, basato su cicli di 144.000 giorni. Questa data avrebbe segnato la fine di un’era e l’inizio di una nuova, con grandi cambiamenti cosmici e terrestri. Tuttavia, molti studiosi hanno smentito questa interpretazione, sostenendo che i Maya non prevedevano una catastrofe globale, ma solo una transizione spirituale.

La fine del mondo secondo il calendario di Nostradamus

Il famoso astrologo e veggente francese Nostradamus scrisse nel XVI secolo una serie di quartine profetiche, raccolte nel libro Le profezie, in cui avrebbe predetto vari eventi storici e futuri. Secondo alcuni interpreti, il calendario di Nostradamus terminerebbe nel 3797, anno in cui si verrebbe a creare una grande conflagrazione che distruggerebbe il mondo.

La fine del mondo secondo Ezechiele

Il profeta biblico Ezechiele avrebbe predetto la fine del mondo in relazione alla guerra di Gog e Magog, una battaglia apocalittica tra le forze del bene e del male. Secondo alcuni interpreti, questa guerra sarebbe iniziata nel 1948 con la fondazione dello stato di Israele e si sarebbe conclusa nel 2028 con la seconda venuta di Cristo. Altri invece ritengono che la guerra di Gog e Magog sia ancora futura e che coinvolga le potenze mondiali attuali.

La fine del mondo secondo Heinz von Foerster

Il fisico e filosofo austriaco Heinz von Foerster ha formulato nel 1960 una equazione matematica che prevedeva il giorno del giudizio per il 13 novembre 2026. L’equazione si basava sui dati disponibili sulla popolazione mondiale e ipotizzava una crescita esponenziale fino a raggiungere un punto di rottura insostenibile per il pianeta. Tuttavia, lo stesso Foerster ha ammesso che si trattava di una previsione approssimativa e che non teneva conto delle variazioni demografiche annuali.

La fine del mondo secondo la Messiah Foundation International

La Messiah Foundation International è un’organizzazione spirituale fondata nel 2002 dal leader pakistano Riaz Ahmed Gohar Shahi, che sostiene di armonizzare le profezie e i credi delle principali religioni mondiali. Secondo questa organizzazione, la fine del mondo sarebbe prevista per il 2026, anno in cui si verificherebbe il ritorno dei messia delle diverse tradizioni religiose e l’inizio di un’era di amore divino e pace universale.

La fine del mondo secondo la scienza

La scienza non ha una data precisa per la fine del mondo, ma ipotizza vari scenari possibili che potrebbero causare la distruzione della vita sulla Terra o dell’intero pianeta. Alcuni di questi scenari sono: l’impatto con un asteroide o una cometa, l’eruzione di un supervulcano, una guerra nucleare o biologica, una pandemia globale, un’inversione del campo magnetico terrestre, un cambiamento climatico irreversibile, l’esaurimento delle risorse naturali, l’espansione del Sole o la collisione con un’altra galassia.

Queste sono solo alcune delle tante teorie sulla fine del mondo che sono state proposte nel corso della storia. Alcune sono già state, fortunatamente, smentite dai fatti, altre sono ancora in attesa di verifica. Ciò che è certo è che la fine del mondo è un tema che non smette di incuriosire e interrogare l’umanità, che cerca di dare un senso al proprio destino e al proprio ruolo nell’universo.

Camazotz: il Dio pipistrello che non è Batman

Il concetto di Dio pipistrello rappresenta un insieme di divinità minori presenti nelle antiche popolazioni mesoamericane, le quali condividevano una somiglianza nella forma fisica rappresentata, ovvero quella di un pipistrello o di un pipistrello con corpo umano. Queste divinità erano strettamente legate alla notte e alla morte, con differenti nomi e connotazioni a seconda delle diverse culture. Ad esempio, gli Zapotechi lo chiamavano Bigidiri zinia, Bigidiri beela o Piquete Ziña, mentre i Mixtechi lo conoscevano come Ticuchi léhle e i Maya come Zotz o Camazotz, che significa “pipistrello della morte” in lingua k’iche’ (Maya) e “pipistrello che morde” in lingua nahuatl (Aztechi).

Nelle credenze mesoamericane, i pipistrelli erano associati all’oltretomba, alla morte e al sacrificio, particolarmente attraverso la decapitazione. Erano anche visti come simbolo di impollinazione, forse a causa della presenza di specie impollinate da pipistrelli in Mesoamerica. Queste divinità ricoprivano un ruolo fondamentale nelle offerte fatte alle divinità maggiori, partecipando al principio del nextlāhualli, ovvero il pagamento del debito tramite sacrifici di sangue o carne per ringraziare le divinità per ciò che concedevano.

Associati ai colibrì come versione notturna e ai messaggeri infernali come le farfalle, i pipistrelli erano venerati e celebrati in diverse culture mesoamericane, con specifici giorni dedicati alla loro adorazione e al loro ruolo di nume tutelare, protettore di casate e città. Nelle leggende Maya, il pipistrello compare come un tipo di mostro con il muso affilato come una lama, coinvolto in avventure mitologiche e leggende legate al sacrificio e all’oltretomba.

 

Recentemente, sui social network è circolata una teoria che ha fatto molto parlare di sé: secondo alcuni utenti, il personaggio di Batman non sarebbe soltanto frutto della fantasia dei fumettisti, bensì avrebbe radici antiche nelle civiltà Maya. Questa ipotesi è stata alimentata da una foto di una statua che presenta delle somiglianze sorprendenti con il supereroe mascherato.

Molti hanno condiviso su Facebook il confronto tra Batman e la divinità Maya Camazotz, un essere metà uomo e metà pipistrello venerato dagli antichi Maya. La statua è stata associata alla figura di Batman, e alcuni hanno ipotizzato che il personaggio possa essere nato proprio da questa antica divinità. Tuttavia, una ricerca più approfondita ha svelato che la statua in questione è in realtà molto più recente di quanto si potesse pensare. Realizzata nel 2014 in occasione del 75° anniversario di Batman, l’opera è stata parte di una mostra dedicata al supereroe della DC Comics presso il Museo messicano del design.

Sebbene l’ispirazione alla mitologia Maya sia presente nell’opera, il legame diretto con la figura di Camazotz non è così evidente come potrebbe sembrare. La statua ha infatti preso spunto da elementi preispanici del Messico, ma non rappresenta esattamente la divinità Maya.

Questa teoria ha fatto il giro dei social e ha generato molte discussioni, ma la realtà dei fatti ci porta a comprendere che Batman resta comunque un personaggio di pura fantasia, anche se può aver tratto ispirazione da antiche culture e miti. La storia della statua è interessante, ma non conferma che il cavaliere oscuro abbia origini Maya. Infatti, l’opera è stata creata da artisti contemporanei in omaggio al supereroe iconico, senza alcun legame con le leggende Maya.

21 dicembre 2012: il cataclisma o una nuova era?

Il 21 dicembre 2012 è la data in cui, secondo alcuni, dovrebbe verificarsi una qualche forma di cataclisma. Tale aspettativa diffusa attraverso siti internet, libri e documentari TV si baserebbe sulla fine di uno dei cicli (b’ak’tun) del calendario Maya. Una simile idea non trova alcun sostegno nell’ambito della scienza astronomica. I maya, come altre culture mesoamericane, misuravano il tempo utilizzando un sistema di tre calendari. I giorni erano organizzati attraverso un calendario religioso rituale della durata di 260 giorni (chiamato Tzolk’in), suddiviso in trecene (periodi temporali di 13 giorni) e utilizzato prevalentemente a scopo divinatorio, e un calendario solare di 365 giorni (Haab’), suddiviso in 18 periodi di 20 giorni ciascuno.
 

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Chi ha creato i misteriosi Crystal skulls?

Sono stati ritrovati, sparsi per il mondo, una serie di tredici manufatti in quarzo levigato, i quali ora appartengono a musei e privati. Non si sa con precisione che sia stato a crearli. Potrebbero essere stati i Maya, gli Aztechi o altre popolazioni; inoltre altro problema è che ancora ad oggi non si è del tutto capito quale fosse la loro funzione.

Per questo motivo sono nate intorno a questi manufatti molti aneddoti e credenze, tra cui attribuzioni di poteri magici legati a rituali ai quali sarebbero stati coinvolti, e alle quali si sono aggiunte in seguito molte altre inerenti all’occultismo, il paranormale e l’ufologia. Infatti molti dibattiti sono accresciuti nel tempo in base alla possibilità di eventuali proprietà ESP, e sono stati inoltre classificati come manufatti alieni abbandonati sulla Terra. Infine è interessante è che, secondo una antica leggenda Maya, di dubbia origine, con la riunione dei teschi si darebbe inizio ad una nuova era nella data fissata per il 21 dicembre 2012.

Alcuni di questi manufatti furono dichiarati reperti archeologici mesoamericani precolombiani dai loro pretesi scopritori. Nessuno degli esemplari resi disponibili per studi scientifici è stato tuttavia autenticato come di origine precolombiana. I risultati di questi studi dimostrano che erano stati realizzati alla metà dell’Ottocento e in periodi successivi, quasi certamente in Europa. Malgrado varie opere di letteratura popolare lascino intendere il contrario, le leggende sui teschi di cristallo non sono presenti nelle mitologie dei popoli mesoamericani o di altri nativi americani.

Da alcuni appartenenti del movimento New Age sono stati attribuiti ai teschi fenomeni paranormali, come anche in varie opere di fantasia; tra queste rappresentazioni, quella del film del 2008 Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. I teschi di cristallo sono apparsi in serie televisive di fantascienza, romanzi fumetti, e videogiochi. Nuovi teschi ricavati dal cristallo vengono prodotti e venduti regolarmente.

Didi e Tommy

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