Joulupukk: il Babbo Natale finlandese

In Finlandia, Joulupukki è un demone che premiava, certo, i bambini buoni, ma con quelli cattivi non si limitava al carbone. È credenza comune che Babbo Natale, il caro nonnino che si diverte a portare i regali volando su una slitta trainata da renne, abbia la sua fabbrica di giocattoli a Korvantunturi, nel Nord della Finlandia. Ma in questa località viveva, in antichità, Joulupukki, un Babbo Natale molto meno generoso.

La leggenda vuole che discendesse da caproni, che trainavano il carro del dio Thor. Joulupukki era quindi mezzo umano e mezza capra. Come il Babbo Natale odierno, tendeva a distinguere i bambini buoni da quelli cattivi anche se in modo più estremo. Joulupukki non si muoveva su una slitta per il globo, ma girava per la Finlandia e bussava alle porte.

Se gli apriva un bambino buono, gli dava un dono. Mentre quelli cattivi venivano da lui frustati e rapiti. Con il tempo, grazie al cristianesim, ha perso le corna e ha assunto un aspetto più simpatico, mantenendo però la sua caratteristica “di capra” per via delle capre che trainavano la slitta, capre poi divenute renne.

Notare come ricordi notevolmente la figura del Krampus e delle Perchten!

 

di Alessandro “Thaurwath” Ahrens

Rauhnächte: le tradizioni natalizie in Germania

In Germania, le dodici notti tra il 25 dicembre e il 6 gennaio sono dette Rauhnächte. Durante queste notti il passato e il futuro si incontrano ed interagiscono, e il nostro mondo e l’Aldilà collidono. Secondo la tradizione, questa finestra temporale è teatro di mistici avvenimenti.
 
Il Wilde Heer, l’esercito dei cacciatori soprannaturali, semina terrore sulla Terra, folletti, spiriti e streghe creano scompiglio e disordine, e gli oracoli comunicano con i mortali per svelare loro il futuro. Sono notti intrise di magia e superstizione, che affondano le radici in tempi lontani.
 
Le Rauhnächte sono accompagnate da rituali affascinanti che variano da regione a regione, dalla purificazione delle case con il fumo al divieto di stendere il bucato. Pare che le tradizioni legate alle Rauhnächte abbiano avuto origine nelle tribù celtiche e germaniche. Gli undici giorni – e dodici notti – di differenza tra l’anno lunare (354 giorni) e l’anno solare (365 giorni) erano considerati fuori dal tempo: dei giorni “morti” in cui il nostro mondo si apriva ad altre dimensioni. L’etimologia della parola Rauhnächte è controversa. Secondo alcuni, risale all’aggettivo alto-tedesco medio rûch, “peloso”. Si riferirebbe a demoni vestiti di pelliccia che vagherebbero per la terra in questo periodo, o a rituali volti a proteggere il bestiame.
 
Altri studiosi credono invece che la parola faccia riferimento al fumo dell’incenso che soprattutto i contadini cospargevano nelle stalle per purificarle e benedirle. Una delle tradizioni più diffuse è quella di non stendere il bucato durante le Rauhnächte, e in particolare durante la notte di Capodanno. Si dice che chi lasciava il bucato all’aperto correva il rischio che il Wilde Jagd, l’orda di cacciatori selvaggi composta da creature “mostruose”, ci finisse dentro, portando sventura. Oppure, una delle creature spettrali poteva rubare un lenzuolo – di solito bianco – che trovava steso, e utilizzarlo come sudario per il suo proprietario. Secondo le credenze popolari, il dio germanico Wodan (ovvero Wotan / Odino) guidava la Wilde Jagd, composto da esseri soprannaturali, corvi e lupi.
 
In alcune leggende della Germania centrale, anche Frau Holle – l’anziana signora che regola il tempo atmosferico – fa parte di questo minaccioso esercito.
 
Durante le Rauhnächte, si diffondeva l’incenso in tutte le stanze delle case per tenere lontani gli spiriti maligni, per allontanare la sfortuna e scongiurare le malattie. È probabile che il nome del periodo derivi proprio da questa usanza. Per questo rituale di purificazione potevano essere utilizzati vari tipi di erbe ed essenze: artemisia, resina di abete rosso, lavanda, sambuco, vischio, salvia, alloro, timo e ginepro. Anche il bestiame veniva considerato particolarmente a rischio nel corso delle Rauhnächte. Si credeva che gli spiriti avessero il potere di uccidere gli animali o di danneggiarli: le mucche potevano smettere di produrre latte o le galline di deporre uova. Per questo le stalle venivano attentamente sorvegliate e, come le case, protette con l’incenso o l’acqua santa.
 
Soprattutto a questa credenza potrebbe risalire la figura del Krampus, ovvero umani che travestiti da creature mostruose (per non farsi riconoscere dalla Wilde Jagd) con il suono dei campanacci miravano ad allontanare le figure maligne confondendosi tra loro per poter proteggere il bestiame.
 

Le Rauhnächte per prevedere il futuro

Il numero dodici gioca un ruolo importante nelle Rauhnächten. Secondo la leggenda, le dodici notti dal 25 dicembre al 6 gennaio rappresentano ognuna un mese dell’anno che sta per cominciare. Si credeva che in questo periodo fosse possibile prevedere l’andamento del nuovo anno, così come il futuro tempo atmosferico. Ad esempio, tutto ciò che si sognava durante le Rauhnächten, doveva avverarsi nel mese corrispondente. Inoltre, se il sogno aveva luogo prima di mezzanotte, allora si sarebbe avverato nella prima metà del mese, se invece aveva luogo dopo la mezzanotte, si sarebbe avverato nella seconda metà.
 
Lo storico Adrian Rossner, originario dell’Alta Franconia, afferma che alcune persone tengono ancora un diario accanto al loro letto per prendere nota dei loro sogni.
 
L’Albero di Natale deriva dalla tradizione contadina di portare in casa dei rami profumati di abete da addobbare con candele.Con la riforma protestante di Martin Lutero l’albero diventa il simbolo del Natale per i fedeli protestanti, mentre il presepe (come ideato dal S. Francesco d’Assisi nel XIII secolo) rimane il simbolo del Natale per i cattolici. Tra le decorazioni di Natale più comuni ci sono gli angeli e gli schiaccianoci, che servono la casa dagli spiriti. Per tradizione l’Albero di Natale viene fatto tutti insieme il 24 dicembre.
 
La zona della Germania deputata per eccellenza alla costruzione di oggettistica decorativa è l’Erzgebirge, che si trova in Sassonia a sud di Chemnitz ed al confine con la Repubblica Ceca. La regione vanta una lunga tradizione artigianale e da qui provengono diversi famosi manufatti lavorati in legno, tra cui i presepi e altre decorazioni natalizie quali:
 
– Nussknacker: lo schiaccianoci, ossia il famoso omino di legno decorato che schiaccia le noci nella bocca;
– Bergmannfigur: l’uomo che viene dalle montagne con una candela;
– Reifendrehen: delle figurine in legno che possono essere animali, casette altre piccole figure;
– Spieldose: da noi conosciuti come carrilon;
– Weihnachtspyramiden: piramidi di natale, delle costruzioni piramidali ruotanti decorate con figure natalizie e luci;
– Schwibbogen: candelieri di legno ad arco con alla base decorazioni come casette o scene delle natività.
 
La tradizione della corona dell’Avvento, una ghirlanda di abete con delle candele colorate che rappresentano l’attesa per la venuta di Gesù (ovvero la luce) , venne ideata dal pastore protestante Johann Hinrich Wichern per spiegare il significato del Natale ai bambini di un orfanotrofio. Si narra che esemplari della corona vennero venduti da quel momento in poi per raccogliere fondi per i bambini bisognosi a Natale. Successivamente si diffuse anche il calendario dell’Avvento.
 
In Germania è il Bambino Gesù che porta i regali il 24 dicembre e a deciderlo è stato Martin Lutero. Per alcuni, in realtà, non si tratta proprio di Gesù bambino quanto di un angelo o di una figura simile a quella di S. Lucia, molto sentita nei paesi nordici, che il 24 dicembre lascia i regali sotto l’albero di Natale. Nella tradizione cattolica i doni venivano portati il 6 gennaio con l’arrivo dei Re Magi (o della Befana, per i secolari). Partendo dalla figura di San Nicola, protettore dei bambini, in diverse regioni della Germania del Nord si diffonde il mito di Der Weihnachtsmann che porta regali. Anche qui, come nel caso di S. Nicola, o Nonno gelo dei paesi slavi, dovrebbe aver avuto origine la figura ripresa dal marchio Coca Cola per creare il celebre Babbo Natale. A differenza di Cristkindl, Weihnachtsmann è una figura laica.
 
La leggenda di San Nicola narra di un vecchio genitore che non aveva i soldi per far sposare le sue figlie; per evitare che dovessero prostituirsi, Nicola le aiutò lasciando dell’oro nel camino. Si salvarono dal loro destino, trovando l’oro nei calzini e negli stivali appesi ad asciugare. L’usanza natalizia di San Nicola si basa quindi sulla leggenda delle vergini. Si rinnova questa usanza ogni anno, attraverso la storia che ogni 6 dicembre i bambini aspettano i regali dal camino.
 
Il ciocco natalizio è chiamato Christklotz, Christbrand, Christblock, Julklotz o Julblock, si usava, in particolare in Assia e in Vestfalia, far bruciacchiare il ceppo lentamente per poi toglierlo e gettarlo di nuovo sul fuoco come protezione dai fulmini. Abbiamo poi la figura folkloristica tedesca del Belsnikel, una controparte di Babbo Natale. Porta anche lui i regali ai bambini buoni, ai cattivi però non si limita a dare del carbone, ma ha sempre con sé una bella frusta da usare come meglio crede. Da non confondere con il Krampus e le Perchten, nonostante i punti in comune.
 
La piramide natalizia (Weihnachtspyramide), una costruzione in legno a più piani con all’interno la Sacra Famiglia e altre figure, con candele o luci alla base e con in cima un’elica che la fa girare. Se ne trovano di gigantesche anche nei mercatini di Natale.
 
Il 4 dicembre, il giorno di Santa Barbara, è usanza portare a casa un ramo di un albero da frutta (Barbarazweig) e preparare il dolce alle pere, nocciole, uva sultanina e scorze di arancia candita chiamato Kletzenbrot.
 
La leggenda del ragno di Natale narra dinuna casa in Germania nella quale, la madre di una bella famiglia si era sempre adoperata per tenerla pulita e renderla come uno specchio per celebrare il giorno più melodioso dell’anno. Era il giorno della nascita del Bambin Gesù, il giorno di Natale. La donna puliva e puliva affinché non si vedesse il minimo granello di polvere. Spolverava anche gli angoli, dove di solito non si arriva con la scopa, e dove normalmente appaiono minuscole ragnatele. I piccoli ragni, vedendo i loro tessuti distrutti, fuggirono e salirono in altri pertugi meno facilmente raggiungibili. Finalmente giunse la vigilia di Natale. In quella casa collocarono e decorarono con molto orgoglio ed allegria l’albero, mentre la madre rimase vicino al camino, sperando che i figli scendessero dalle loro stanze. Tuttavia, i ragni, che erano stati confinati in invisibili fessure dai lavori domestici della madre, erano disperati perché non sarebbero stati presenti la mattina di Natale. Il ragno più vecchio e saggio suggerì di godersi la scena attraverso una piccola fenditura appena sopra le scale. Silenziosamente, uscirono dal rifugio, e si nascosero nella piccola crepa. Improvvisamente la porta si aprì e i ragni spaventati si dispersero per tutta la stanza. Si nascosero nell’albero di Natale strisciando di ramo in ramo, salendo e scendendo, e cercando di rimpiattarsi tra gli addobbi più belli. Quando, finalmente, Babbo Natale quella notte scese per il camino e si avvicinò all’albero, si rese conto con spavento che era pieno di ragni. Però, allo stesso tempo, provò pena per loro, essendo anch’essi creature di Dio; tuttavia pensò che la padrona di casa non avrebbe certo pensato la stessa cosa in merito a quel nutrito gruppo. Immediatamente, con uno schiocco di dita fece tentennare leggermente l’albero e trasformò i ragni in lunghe strisce di seta brillanti e luminose. Da allora, in Germania, tutti gli anni, i nonni raccontano ai loro nipoti la leggenda dei Ragni di Natale, e appendono dei piccoli ragnetti di legno, vetro o plastica assieme alle ghirlande, brillanti di sfumature, all’albero. E la tradizione inoltre narra che bisogna sempre includere un ragno al centro di ogni decorazione.
 
 

Alessandro “Thaurwath” Ahrens: un talento vivo e costante

Alessandro “Thaurwath” Ahrens nasce a Milano nel lontano 30/06/1970 e poi inizia il suo viaggio per l’Italia trasferendosi dapprima in provincia di Ancona e poi nel 1975 in Abruzzo. Qui inizia e completa i suoi studi sino ad avviare la sua professione sanitaria di Odontoiatra e Protesista Dentale, attività che svolge tutt’ora dopo essersi trasferito nuovamente nelle Marche, per la precisione a Gradara dove attualmente risiede. Sin dalla tenera età di 5 anni manifestava una innata tendenza alla fantasia che si è manifestata nella scrittura con poesie, racconti e romanzi che sono ora disponibili su Amazon ed i cui proventi vengono devoluti in beneficenza. 

Dal 2012 è poi entrato in punta di piedi nel mondo del cosplay portandovi, primo fra tutti, la tradizione dei Krampus e che ancora continua a portare con maschere e costumi sempre nuovi. Parallelamente si è dedicato, assieme alla sua compagna, alla realizzazione di eventi horror come la Zombie Walk Gradara od il Dans Macabre per assecondare la sua horrorfilia, ad eventi Steampunk come il Gradara 800 a Vapore, Altrofuturo e Urbinottocento per dar pieno sfogo alla sua passione per i personaggi original che proprio nel mondo Steampunk possono trovare una delle massime forme di espressione. Sempre con la sua amata compagna si dedica a poi a realizzare anche eventi a tema fantasy, medievale e pirata.  Il suo nickname è semplicemente la traduzione in elfico il suo nome di battesimo.

 

Una passione innata nella costumistica e nel performing è sempre stata insita in Thaurwath  e spesso si manifestava, in adolescenza, con costumi di Carnevale originali realizzati i proprio o fatti realizzare su precise indicazioni. Il primo vero e proprio cosplay, inteso come non original e non attinente al mondo Krampus, Thaurwath lo propose impersonando i Visitor dell’omonima serie tv ed un Centurion della Umbrella Corporation per rendere omaggio a quelle serie. E Subito dopo sono seguiti i cosplay di Sandokan e de Il Corsaro Nero per rendere omaggio ad Emilio Salgari. Dire quanti e quali cosplay abbia realizzato Thaurwath, tra original e non, è impresa ardua. Sicuramente sono oltre i cinquanta considerando che solo i suoi Krampus sono dieci, poi abbiamo Sandokan, Il Corsaro Nero, tre versioni dei Visitors, 3 versioni Umbrella corporation, il crociato Atanvaro da Gubbio, Guglielmo di Baskerville de “il nome della Rosa, Albus Silente, Lo Snaso, il bradipo Flash, una quindicina di zombie original, ed una ventina di original legati al mondo fantasy / medievale ed una decina di cosplay legati al mondo horror. Con tutti i suoi personaggi Thaurwath sente un vivo e forte legame che rende difficile stabilire una particolare preferenza. Ma forse quello a lui più caro è quello che gli ha permesso di entrare in contatto con Edoardo, il figlio con disturbo dello spettro autistico della sua compagna e che ha permesso poi la nascita di una bella storia d’amore.

 Thaurwath, quando possibile e se nelle sue corde, preferisce realizzare in proprio i suoi costumi e accessori come per il suo elfo dei boschi Feonor Telperien ma quando ciò non è possibile si occupa della ideazione e commissiona la creazione pratica a coloro che più ritiene in grado di soddisfarlo. Alessandro crede che gli original siano una componente essenziale del cosplay, quella che può fornire spunti creativi ad illustratori, scrittori, filmmaker oltre che contribuire alla realizzazione di fanart a cui altri possano ispirarsi.

Alessandro, seguendo il suo talento, non si è ispirato a nessun modello ma semplicemente segue la propria passione dedicandosi a personaggi in cui si riconosce senza seguire un filone mainstream giusto per apparire o farsi notare. Crede che si possa diventare “bravi” cosplayer seguendo e vivendo il proprio personaggio senza farsi condizionare da terzi ma semmai accettando consigli.

Negli anni Thaurwath ha partecipato a tanti eventi anche se ultimamente a causa di impegni sta riducendo la sua partecipazione alle manifestazioni. Tra gli eventi che preferisce ci sono sicuramente quelli curati dai BHC, da Mara Pelizza con la quale collabora anche come presentatore / ospite /coorganizzatore, ed alcuni eventi Epicos. Diciamo che la sua partecipazione è più legata alla logistica ed agli altri impegni lavorativi.

Alessandro non trova stressante di imbattersi in persone che  criticano il suo stile Cosplay semplicemente perchè ha la capacità di ignorare certi atteggiamenti conscio di fare ciò che fa per passione e per regalare emozioni ad altri. Di aneddoti ne avrebbe tanti Alessandro da raccontare, piacevoli o meno, ma preferisce tenerli per sé anche per per non scatenare flames e mettere in difficoltà terze persone. Alla fine sono proprio questi “eventi particolari” che contribuiscono a tener viva la passione.

Thaurwath vive la sua creatività a 360° portando i suoi personaggi non solo durante degli eventi ma talvolta anche quotidianamente. Inoltre si dedica alla scrittura dei suoi racconti e romanzi ed alla organizzazione di eventi. La sua creatività Cosplay si connetta moltissimo nella sua vita sociale, privata e professionale: basti pensare che nel suo Studio Dentistico in Pesaro, Thaurwath ha una area dedicata al mondo cosplay. Spesso usa proprio questo mondo anche per aumentare la compliance dei pazienti, specialmente pediatrici o disabili cognitivi.

Personalmente negli ultimi anni Alessandro ha notato, da un lato, un notevole miglioramento della parte “scenica” del Cosplay, con costumi ed accessori di alta qualità ma talvolta un decadimento della parte “interpretativa” con un sempre più frequente ricorso al playback a discapito di una interpretazione “Live” del proprio personaggio. Quasi un dedicarsi più all’apparenza che alla sostanza. Purtroppo inoltre ha visto negli anni accrescersi una accesa e malsana competitività che talvolta ha assunto toni esasperati, con taluni cosplayer che vivono questa passione più come rivalsa sociale che come passione e divertimento fine a sé stesso.

Secondo Thaurwath si può decisamente parlare di Industria legata al mondo cosplay per il volume di affari che vi gira attorno e di tutto l’indotto che si è creato grazie a valenti costumisti, propmaker. Sul guadagnare con la propria passione non si arroga il diritto di giudicare perchè ognuno deve essere libero di fare ciò che ritiene giusto per sé stesso. Thaurwath pensa che i Social, se da un lato hanno permesso un allargamento della platea ed una diffusione del mondo cosplay dall’altro lo hanno contaminato portandovi all’interno influenze negative che lo stanno corrodendo e talvolta dandogli una accezione negativa. Non crede esista trasgressione nel cosplay ma la libera espressione della propria individualità. Semmai sono gli altri a non percepirla come tale e attribuirle un concetto di trasgressione perchè al di fuori dei propri canoni. Essere sé stessi è sempre stato e sempre sarà difficile se non si ha la forza di resistere a critiche ed attacchi; purtroppo i pregiudizi son sempre esistiti e sempre esisteranno perchè insiti nella natura umana.

 

L’unico consiglio che si sente di dare a coloro che vogliono iniziare il proprio percorso creativo nel Cosplay è:

“Siate sempre voi stessi, vivete il personaggio che vi piace senza farvi condizionare o tarpare le ali da chi si arroga il diritto di giudicarvi invece di elargire semmai consigli utili. Non permettete a nessuno di dirvi NON PUOI FARLO. Vi piace? Fatelo e basta. Dovete solo divertirvi!”.

Per scoprire l’affascinante talento di Alessandro “Thaurwath” Ahrens non vi resta che seguirlo nei suoi canali ufficiali: Facebook, InstagramTikTok.

 

AlpiMagia: riti, leggende e misteri dei popoli alpini

Il CAI Bolzano , in occasione dei 100 anni dalla sua costituzione che ricorrono nel 2021, presenta la mostra AlpiMagia: riti, leggende e misteri dei popoli alpini, un progetto fotografico di Stefano Torrione a cura di Augusto Golin con la supervisione di Maurizio Veronese, Vice Presidente della sezione e Responsabile delle Attività Culturali. IL CAI, Club Alpino Italiano, fonda la sua nascita sulla conoscenza, l’amore, il rispetto e la preservazione della montagna, tutti concetti si cui si basa la cultura della montagna soprattutto, ma non solo, per chi ci vive e opera. Gli scatti del fotografo valdostano Stefano Torrione sono il miglior modo per celebrarla, ripercorrendo le tappe di un Anno Solare nelle Alpi, documentando per immagini riti, leggende e tradizioni popolari delle genti alpine, tra passato e presente.

L’esposizione, presso il Museo Civico di Bolzano dal 27 aprile al 31 agosto 2021,  presenta 78 fotografie di grande formato che mettono in mostra più di settanta eventi, tra Liguria e Friuli, documentati dall’autore nei cinque anni di lavoro dedicati al progetto. Le Alpi sono le montagne più famose al Mondo, le più popolate, le più raccontate e studiate e da lì sono passati Romani, Celti, Reti e Germanici, e vi abitavano già Salassi, Camuni e Leponzi. Dal Piemonte al Friuli un filo conduttore di Magia e Mistero lega tutti i riti che vengono rappresentati e che segnano il rapporto intrinseco che le popolazioni autoctone hanno con il territorio, con calendario della vita contadina e con la natura circostante: dalla leggenda delle Anguane a quella dell’Uomo Selvatico e dei Krampus, dai fuochi Epifanici a quelli del Solstizio d’estate, dai falò del Diavolo a quelli in alta quota, dalle rappresentazioni dei Lupi a quelle degli Orsi, dai riti Primaverili a quelli di Aratura propiziatoria, dai Guaritori mistici ai riti Arborei, dai rituali di passaggio ai canti epitalamici e, ancora, dalla notte delle Streghe a quella delle Stelle

Nelle Alpi le credenze pagane sono sopravvissute al Cristianesimo, mischiandosi ad esso e dando vita a una cultura arcaica e mistica per il controllo spirituale e temporale degli eventi e la mostra ne restituisce un affresco composito coinvolgente e affascinante, che illustra le differenti sfaccettature di un’unica cultura millenaria, legata a quel territorio e alle popolazioni che lo abitano da generazioni: dai popoli occitani ai sudtirolesi, dai ladini ai valdostani, dai cimbri ai friulani.

Il fotografo Stefano Torrione, con i suoi scatti suggestivi ed empatici, immerge lo spettatore in un appassionante viaggio visivo in cui le Alpi si rivelano come uno straordinario scenario “terrificante e magico”, ricco di storie da raccontare che testimonia al contempo la voglia di resistere all’omologazione del mondo contemporaneo.

Maurizio Veronese, vicepresidente del CAI di Bolzano e referente per le attività culturali dell’associazione afferma:

“Siamo stati subito molto interessati, quando si è prospettata la possibilità di avere a Bolzano le stupende immagini fotografiche di Stefano Torrione, che spaziano dalla Liguria al Friuli Venezia Giulia toccando tutte le regioni dell’arco alpino. Perché parlare di Alpi e di Dolomiti, raccontarne la storia, le tradizioni, la cultura dei popoli della montagna ci è sembrato un modo fantastico per iniziare a festeggiare la ricorrenza dei 100 anni della sezione di Bolzano del CAI. La mostra è un magnifico ritratto della cultura alpina, nel quale si potrà apprezzare la ricchezza e il fascino di un progetto che, come in un gioco di specchi, riflette squarci di vita dei piccoli mondi alpini, separati tra di loro da vallate impervie, ma uniti in un unico spirito.”

Sottolinea il curatore della mostra bolzanina Augusto Golin:

“Si tratta di una serie di riti che hanno un’origine comune, come affermato dall’etnologo Giovanni Kezich. Un grande puzzle che si è frantumato disperdendosi nei territori alpini ma che hanno una fonte condivisa. Riti legati al calendario contadino, al cambio delle stagioni, al fuoco purificatore ma anche rigenerativo; le gesta di uomini inselvatichiti con sembianze di orsi, lupi e diavoli, l’acqua e la terra che produce frutti per gli uomini e gli animali, per finire con i riti legati all’Avvento. Riti che hanno affrontato nei secoli, se non nei millenni, diverse sfide che tendevano a snaturarli o abolirli. La rinascita e la sopravvivenza di queste tradizioni le ha viste trasformarsi nuovamente, alcune diventando un fenomeno turistico, in particolare i riti legati al Carnevale, altri mantenendo un carattere più intimo. Stefano Torrione, con la sua macchina fotografica, è riuscito a documentare tutto questo non rimanendo ai margini. L’obiettivo non separa il fotografo dall’azione. Ma vi partecipa intimamente, ne viene coinvolto, il fuoco brucia, le faville accecano…”

All’esposizione “Alpimagia” si accompagna l’omonimo catalogo della mostra, edito da Stefano Torrione Editore, che presenta 85 fotografie e alcuni testi dello scrittore Premio Strega Paolo Cognetti. La mostra è resa possibile grazie al patrocinio del Comune di Bolzano e della Fondazione Dolomiti Unesco, al supporto degli uffici cultura della Provincia Autonoma di Bolzano e del Comune di Bolzano e della Regione Trentino Alto Adige e allo sponsoring di Banca Popolare, Potenza Assicurazioni, Salewa, Microgate, Finstral e Stuefer Bau. Il CAI Bolzano  ringrazia per la collaborazione anche l’Associazione Nazionale Alpini di Bolzano e il Soccorso Alpino.

Il fotografo Stefano Torrione nasce ad Aosta nel 1962. Dopo la laurea in Scienze Politiche si dedica esclusivamente alla professione di fotografo, occupandosi in prevalenza di reportage geografico ed etnografico. Dal 1992 è fotografo di Epoca e nel 1994 vince ad Arles (Francia) il prestigioso Panorama European Kodak Award. Successivamente pubblica importanti servizi su numerose riviste italiane e straniere (National Geographic Italia, Geo, Panorama Travel, Meridiani Montagne, Traveller, Rutas del Mundi…) continuando a viaggiare e testimoniando con le sue fotografie la realtà di moltissimi paesi. Ha all’attivo diverse pubblicazioni monografiche e ha preso parte a numerose esposizioni personali e collettive. Dal 2009 sviluppa progetti fotografici continuativi sui territori alpini. Da queste esperienze fotografiche sono nate le pubblicazioni La grande Guerra Bianca (2018) e Spiriti d’inverno (2019), entrambe edite dalla sua casa editrice Stefano Torrione Editore. Attualmente vive e lavora a Milano.

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