Oh no, Volcano!: un’arrampicata divertente e coinvolgente

Oh no, Volcano! è un gioco da tavolo per 2-4 giocatori, edito da Buffalo Games e ancora non distribuito in Italia. I giocatori si sfidano a scalare le pendici di un vulcano attivo, disseminato di gemme preziose.

Come si gioca

Ogni giocatore ha un mazzetto di carte da cui pesca una mano di tre carte. Nel suo turno, il giocatore sceglie una carta, la attiva e la scarta. Le carte permettono di spostare uno o due scalatori lungo le pareti del vulcano, raccogliere gemme, spostare ripari o far cadere una palla infuocata.

Gli scalatori che vengono colpiti dalla palla infuocata cadono giù dal vulcano. I giocatori che perdono uno o più scalatori ricevono una carta “equipaggiamento” di consolazione, che permette di effettuare un’azione più potente.

Il gioco termina quando un giocatore raccoglie tutte le gemme indicate sul suo tableau, oppure quando finiscono le carte. In quest’ultimo caso, si contano i punti in base al numero e al tipo di gemme raccolte.

Materiali

Il vulcano è formato da incastri di plastica, sezioni di cartone e dalla scatola del gioco stessa. Il montaggio è semplice e veloce. L’artwork è colorato e piacevole.

Regolamento

Il regolamento è breve, semplice e chiaro. Esso definisce anche i casi limite che possono verificarsi durante la partita.

Ambientazione

L’ambientazione del gioco è ben resa dalle meccaniche. I giocatori si sentono come degli scalatori che devono affrontare la pericolosa scalata di un vulcano attivo.

Considerazioni

Oh no, Volcano! è un gioco divertente e coinvolgente. Le meccaniche sono semplici ma efficaci, e l’ambientazione è ben resa.

Il gioco ha però anche alcuni difetti. Il primo è che le biglie che cadono dal vulcano non sempre seguono una traiettoria lineare, e possono quindi colpire scalatori anche al di fuori della loro traiettoria. Questo può essere considerato un difetto, ma in realtà non influisce molto sul risultato della partita.

Un altro difetto è la durata del gioco, che può essere un po’ troppo lunga, soprattutto a 4 giocatori.

Infine, il prezzo del gioco è un po’ elevato.

Conclusioni

Oh no, Volcano! è un gioco che vale la pena di provare, ma è importante essere consapevoli dei suoi difetti. Se siete alla ricerca di un gioco divertente e coinvolgente, Oh no, Volcano! è una buona scelta.

Re Artù e il Regno alle pendici dell’Etna

La Sicilia è una terra ricca di storia, cultura e tradizioni, ma anche di misteri e leggende. Una di queste riguarda il leggendario Re Artù, il sovrano della Britannia che ha combattuto contro i barbari invasori e ha cercato il Santo Graal. Secondo una leggenda sicula, tramandata da secoli per via orale, Re Artù avrebbe raggiunto l’Italia per fondare un magico regno nella regione del maestoso Monte Etna, il vulcano più alto e attivo d’Europa.

Il contesto storico

Questa leggenda ci riporta indietro nel tempo, ai primi anni dell’occupazione normanna in Sicilia, iniziata intorno al 1061 e completata nel 1130 con la vittoria sui dominatori arabi e bizantini. I Normanni erano un popolo di origine scandinava che si era stabilito in Francia, nella regione della Normandia, da cui prendono il nome. Essi erano discendenti dei Vichinghi, i famosi guerrieri e navigatori che avevano esplorato e saccheggiato le coste dell’Europa occidentale.

I Normanni erano anche imparentati con i Bretoni, i popoli celtici che abitavano la Bretagna, la penisola francese a ovest della Normandia. La Bretagna era stata colonizzata dai Britanni, gli antichi abitanti della Britannia, che erano fuggiti dall’isola dopo le invasioni dei Sassoni, degli Angli e dei Juti, i popoli germanici che avevano dato origine all’Inghilterra.

La Bretagna e la Sicilia erano quindi fortemente legate tra loro, tanto che si affermava comunemente: “guerra con tutti, tranne che con gli inglesi”. I Normanni e i Bretoni condividevano infatti la stessa cultura, la stessa religione cristiana e lo stesso amore per le storie cavalleresche e le leggende arturiane.

La spada spezzata

La leggenda di Re Artù narra delle sue imprese eroiche, delle sue avventure alla ricerca del Santo Graal, del suo amore per la bella Ginevra e della sua fedeltà ai cavalieri della Tavola Rotonda. Ma narra anche della sua tragica fine, causata dal tradimento di suo figlio Mordred, frutto di una relazione incestuosa con sua sorellastra Morgana, che si era schierata contro di lui.

L’epico scontro tra Re Artù e Mordred si svolse nella battaglia di Camlann, dove entrambi persero la vita. Durante il duello, la mitica spada Excalibur, donata ad Artù dalla Dama del Lago, si spezzò in due parti. Excalibur era una spada magica, capace di tagliare qualsiasi cosa e di rendere invincibile chi la impugnava. La sua rottura simboleggiava la fine del regno di Artù e dei suoi ideali.

L’isola di Avalon

Dopo la battaglia di Camlann, Re Artù fu portato via dal campo di battaglia da alcuni dei suoi fedeli cavalieri. Secondo alcune versioni della leggenda, egli morì per le sue ferite e fu sepolto in un luogo segreto. Secondo altre versioni, invece, egli fu salvato dalla strega Morgana, ancora innamorata di lui. Morgana lo trasportò magicamente nella mitica e incontaminata isola di Avalon, anche conosciuta come isola delle Mele. Questo luogo paradisiaco era circondato da acque cristalline e turchesi, e abbracciato da una varietà di flora e fauna. Inoltre, era alimentato da un fuoco liquido perpetuo che manteneva una temperatura ideale.

Morgana curò le ferite di Artù con le sue arti magiche e lo lasciò sull’isola in attesa del suo ritorno. Si dice infatti che Re Artù non sia morto, ma che sia solo addormentato in una grotta, pronto a risvegliarsi quando la Britannia avrà di nuovo bisogno di lui.

Il regno nel vulcano

Ma la leggenda sicula aggiunge un altro capitolo alla storia di Re Artù e della spada Excalibur. Secondo questa versione, Artù non rimase a lungo sull’isola di Avalon, ma decise di riprendere la sua missione. Egli voleva infatti ricongiungere i due pezzi della sua spada spezzata e ripristinare il suo potere. Ma quale luogo, calore o materiale avrebbero potuto riunire i due pezzi se non quello del vulcano Etna, la leggendaria fucina di Efesto, il dio greco del fuoco e della metallurgia? Artù pregò l’arcangelo Michele, protettore dei combattenti, di portarlo lì per riparare l’arma.Michele accettò, con la condizione che Artù fondasse un nuovo regno all’interno del vulcano per proteggerlo dall’ira del maestoso vulcano che di tanto in tanto si risvegliava. Artù accettò e si recò in Sicilia, portando con sé i due pezzi della spada e alcuni dei suoi cavalieri più fidati.

Per questo motivo, chiamò la sua sorellastra Morgana, con la quale si era riconciliato, chiedendo il suo aiuto per costruire una sontuosa residenza all’interno del vulcano. Morgana accettò e usò i suoi poteri per creare un palazzo incantato, circondato da giardini meravigliosi e fontane magiche. Lì, Artù e Morgana vissero insieme per un periodo felice, dimenticando i loro passati conflitti.

Il miraggio di Morgana

Nel frattempo, Morgana, una donna capace di gesti e sacrifici estremi, avendo lasciato il regno di Avalon per fare spazio ad Artù, dovette cercare una nuova dimora. Secondo una leggenda, decise di stabilirsi nell’estremità dello stretto di Messina, dove fondò il suo nuovo regno.Si dice che l’effetto ottico di Morgana nello stretto sia la sua creazione. Questo fenomeno può essere osservato durante le giornate soleggiate, quando una corrente d’aria calda incontra una corrente d’aria fredda, e la luce, reagendo in modo diverso agli strati dell’aria, crea un effetto lente che si trasforma in un miraggio unico nel suo genere.Il miraggio di Morgana mostra immagini distorte e ingrandite di oggetti o persone che si trovano sulla costa opposta dello stretto o sulle isole vicine. A volte si possono vedere anche castelli, torri, navi o animali fantastici. Si tratta delle visioni generate dalla mente di Morgana, che proietta le sue fantasie sullo specchio d’acqua.

Il ritorno in Britannia

Secondo una versione, la leggenda sicula termina con il ritorno di Re Artù in Britannia. Dopo aver riparato la sua spada Excalibur con il fuoco dell’Etna e aver fondato il suo regno segreto nel vulcano, Artù sentì il richiamo della sua patria. Egli decise quindi di lasciare la Sicilia e Morgana e di tornare a combattere per la sua gente. Morgana lo accompagnò fino al porto e lo salutò con un bacio. Poi lo guardò allontanarsi sulla sua nave, mentre le lacrime le rigavano il viso. Si dice che da quel giorno Morgana non abbia mai più sorriso e che abbia continuato a creare il suo miraggio nello stretto per ricordare il suo amore perduto.Re Artù tornò in Britannia e riprese il suo trono. Ma non dimenticò mai la Sicilia e il suo focoso amore per la Fata Morgana

Secondo un’altra versio il leggendario sovrano rimase sull’Etna innamorato della Sicilia, delle sue bellezze naturali e della sua gente. Dimenticò la sua moglie Ginevra e i suoi cavalieri e si dedicò a proteggere l’isola dai pericoli. Si dice che l’Etna eruttasse solo quando Re Artù si assentava per portare i doni della Sicilia ai bambini inglesi .

La verità storica dietro la leggenda

La leggenda siciliana di Re Artù è ovviamente frutto di fantasia, ma contiene alcuni elementi che si rifanno alla storia reale. Innanzitutto, la figura di Re Artù è ancora oggetto di dibattito tra gli storici, che non sono concordi sull’esistenza storica del sovrano e sulla sua identificazione con un personaggio reale . Alcuni ritengono che Re Artù sia stato un capo militare romano-britannico che difese la Britannia dalle invasioni dei barbari tra il V e il VI secolo . Altri sostengono che sia stato un re celtico o un eroe mitologico .

Infine, la leggenda siciliana riflette il legame tra la Sicilia e la Britannia durante il periodo normanno. I Normanni erano un popolo di origine scandinava che si stabilì in Francia nel X secolo e poi si espansero in altre regioni d’Europa. Nel 1066, Guglielmo il Conquistatore, duca di Normandia, invase l’Inghilterra e divenne re. Nel 1061, i suoi parenti Roberto il Guiscardo e Ruggero d’Altavilla iniziarono la conquista della Sicilia, sottraendola agli Arabi e ai Bizantini. I Normanni portarono con sé la loro cultura, la loro architettura e la loro religione cristiana. Inoltre, favorirono i contatti tra la Sicilia e l’Inghilterra, sia a livello politico che commerciale . La leggenda siciliana di Re Artù è quindi un esempio di come la storia e la fantasia si possano intrecciare per creare racconti affascinanti e suggestivi.

L’Intelligenza artificiale per ricostruire la struttura interna dei vulcani

In questi giorni si parla moltissimo della situazione sismica dei Campi Flegrei e dei Vulcani attivi in Campania. Alcuni ricercatori italiani stanno sviluppando un sistema che utilizza la composizione chimica del magma per stimare la pressione e la temperatura del magma eruttato.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, potrebbe avere implicazioni importanti per la comprensione della struttura di alimentazione dei vulcani e per lo sviluppo di nuovi metodi di previsione delle eruzioni.

I ricercatori dell’Università di Firenze hanno sviluppato un sistema di intelligenza artificiale chiamato GAIA (Geo Artificial Intelligence thermobArometry), in grado di stimare le condizioni di pressione e temperatura del magma a partire dalla composizione chimica del minerale clinopirosseno trovato in superficie.

Il sistema si basa su reti neurali del tipo feed-forward, che sono state addestrate su un database di composizioni di clinopirosseni di cinque vulcani italiani attivi.

I risultati dello studio hanno mostrato che GAIA è in grado di stimare con precisione la pressione e la temperatura del magma eruttato.

I ricercatori ritengono che GAIA possa essere utilizzato per ricostruire la struttura interna dei vulcani e per prevedere le eruzioni.

Il 26 marzo è il “Leonard Nimoy Day”: Lunga vita e prosperità!

Dal 26 marzo 2021 si festeggia il “Leonard Nimoy Day” istituito dal sindaco di Boston, Marty Walsh, in occasione dei 90 anni dalla sua nascita, come tributo all’attore che interpreta Spock in Star Trek TOS.  Ma non è la prima “onorificenza” che la città attribuisce al suo Vulcaniano DOC, poiché già nel 2012 la Boston University gli aveva assegnato una laurea ad honorem. Il sindaco Walsh ha dichiarato che Nimoy “ha portato onore alla sua città natale con i suoi successi e ha dato all’immigrato, al rifugiato e agli oppressi un eroe da seguire… Incoraggiò tutti i bostoniani a riconoscere l’impegno e la dedizione di Leonard Nimoy per le arti e l’impatto eterno che ha lasciato sulla comunità”. Inoltre, Nimoy è stato commemorato anche dalla comunità degli astronomi che chiamarono un asteroide scoperto il 16 agosto 1971, Mr. Spock, mentre una luna di Plutone fu chiamata Vulcan e, nel 2021, un nuovo asteroide: 4864 Nimoy è parte della fascia di asteroidi tra Marte e Giove.

 

Nimoy, morto il 27 febbraio 2015 a Bel Air, è nato nel quartiere del West End di Boston da genitori immigrati ebrei ucraini. Cresciuto in un appartamento iniziò a recitare nei teatri della comunità dall’età di otto anni, debuttando però solo a 20 anni. Dopo due anni nell’esercito degli Stati Uniti, stava ancora ottenendo pezzi piccoli, spesso non accreditati, come un operatore di telex dell’esercito Assalto alla terra (1954). La sua parte nei panni di Narab, un marziano finalmente amico della Terra, nella scena conclusiva del banale serial della Repubblica Zombies of the Stratosphere (1952), in qualche modo prefigurò il ruolo che gli avrebbe reso un nome familiare: Mr. Spock, il funzionario scientifico metà umano / metà vulcaniano di Star Trek (1966), una delle serie televisive di maggior successo di tutti i tempi. La sua interpretazione gli è valsa tre nomination agli Emmy e ha iniziato la sua carriera come scrittore e regista in particolare, Rotta verso la Terra (1986), la storia di un salvataggio di megattera che ha dimostrato il maggior successo dei film di Star Trek. I crediti teatrali includono “Fiddler on the Roof”, “Oliver”, “Camelot” e “Equus”. Ha ospitato la famosa serie televisiva In Search of… (1976) e Ancient Mysteries (1994), autore di numerosi volumi di poesie e guest star in due episodi di I Simpson (1989). Negli ultimi anni della sua carriera, ha interpretato Mustafa Mond nel racconto di NBC Aldous Huxley ‘S Brave New World (1998), ha doppiato Sentinel Prime nel film di successo Transformers 3 (2011), e ha nuovamente interpretato Spock in due nuovi film di Star Trek, Star Trek (2009) e Into Darkness – Star Trek (2013).

 

 

Le tracce dell’antico vulcano riemergono a Sabaudia

Una scoperta straordinaria quella realizzata sul lungomare di Sabaudia, in provincia di Latina, dove sono riaffiorati i resti dell’antico vulcano indicato scogli ”molto strani”. Ad avanzare la teoria che si tratti dei resti dell’antico vulcano è il geologo ed ex sindaco di Sabaudia, Nello Ialongo. La mareggiata ha provocato un eccezionale abbassamento della sabbia con l’emersione di scogli, mai segnalati in precedenza. Gli affioramenti sono più antichi della duna perciò risalenti al Paleolitico, a quando risalgono anche le prime tracce di presenze umane nell’area del Circeo.

Un’immagine ripresa dall’alto mostra una formazione ad arco, di difficile interpretazione. In poche ore la sabbia ha ricoperto di nuovo le formazioni tufacee impedendo uno studio del materiale affiorato. Si tratterebbe di strati di tufo dovuti alle emissioni del vulcano dei Colli Albani, le cui tracce sono state scoperte nei versanti dei valloni che solcano il territorio tra le zone di Sant’Andrea e Sacramento. Il vulcano primordiale dei Colli Albani, insieme al complesso vulcanico laziale, ha avuto un’attività concentrata tra i 600.000 anni fa e i 36.000 anni fa. Si trattava di uno strato-vulcano complesso, una struttura il cui centro eruttivo si è spostata con il trascorrere del tempo. In ogni caso per gli esperti i Colli Albani rappresentano un vulcano non del tutto estinto ma quiescente, ovvero ancora in grado di eruttare, visto che lo spazio di tempo che intercorre con l’ultima eruzione, risalente a 36.000 anni fa, risulta più breve degli intervalli di riposo registrati nella sua storia eruttiva.

di Annarita Sanna

Quali sono i vulcani attivi in Italia?

L’Italia è un paese ancora attivo dal punto di vista vulcanologico. Sebbene non siano pochi coloro che considerano spenti i nostri vulcani, tuttavia essi non mancano, periodicamente, di attirare l’attenzione con manifestazioni più o meno evidenti e macroscopiche. Il problema, dunque, è a monte, è insito nel concetto di vulcanismo o, meglio, di attività vulcanica, che i più considerano tale esclusivamente riferendosi ad esplosioni e colate laviche. Innanzitutto spieghiamo quanto più brevemente possibile cosa è un vulcano. Per vulcano (termine che deriva dal nome del dio del fuoco Vulcano, di etimologia etrusca) si intende un’apertura nella superficie terrestre da cui fuoriescono gas, lave e materiali piroclastici. Non soltanto, quindi, eruzioni esplosive e fiumi di lava. Un vulcano, per potersi definire spento, estinto, non deve mostrare alcun tipo di attività nell’arco di migliaia di anni. Ecco una panoramica del vulcanismo italiano, che comprende 10 complessi vulcanici che presentano tuttora attività, alcuni di livello esplosivo, con fuoriuscita di materiali piroclastici e colate laviche, altri caratterizzati da esalazioni gassose e di vapore.

Campi Flegrei

E’ sconosciuta l’età del vulcanismo di questa zona. Sono stati rivenuti materiali risalenti a circa due milioni di anni fa, eseguendo delle perforazioni, sebbene in superficie affiorino prodotti più recenti, risalenti a circa 60.000 anni fa.
La zona vulcanica chiamata Campi Flegrei, che proviene dal verbo greco flego (infiammo) si trova a nord-ovest di Napoli. E’ disseminata da crateri, alcuni dei quali divenuti laghi. L’ultima eruzione si è avuta nel 1538, dando vita al Monte Nuovo. Attualmente si verificano attività secondarie, legate all’attività vulcanica, come fuoriuscita di gas, solfatare, mofete e sorgenti termali.

Colli Albani

L’attività vulcanica della zona conosciuta ora con questo nome risale a circa 600.000 anni fa, ed è caratterizzata da un grande numero di eruzioni. Nella sua cronologia si riscontrano 3 fasi principali, che abbracciano un arco di tempo compreso fra 600.000 e 20.000 anni fa.
I Colli Albani fanno parte del cosiddetto vulcanismo laziale e sono un’area montuosa situata a sud-est di Roma. L’ultima eruzione si è verificata diverse migliaia di anni fa, sono quindi considerati un vulcano quiescente, non estinto. La fase di quiescenza implica che il tempo trascorso dall’ultima attività eruttiva è inferiore rispetto alla media fra un’eruzione e la successiva.

Etna

La sua attività inizia fra i 700.000 e i 500.000 anni fa, con eruzioni sottomarine in un golfo ora scomparso, riempito dai materiali vulcanici. Si forma quindi il Monte Calanna, quindi il monte Trifoglietto, vulcano molto pericoloso, nasce quindi una seconda bocca, detta Trifoglietto II. L’intero sistema è poi collassato, fino alla nascita dell’odierno cono vulcanico.
L’Etna è situato a nord di Catania, la sua ultima eruzione è avvenuta nel maggio 2008, che ha prodotto emissione di ceneri e fontane di lava. L’Etna è quindi un vulcano attivo. Il suo nome deriva dal verbo greco aitho (brucio). E’ uno dei più grandi vulcani della terra ed il più alto d’Europa. La sua attività continua con manifestazioni stromboliane e lanci di materiale piroclastico.

Ischia

L’attività più antica si registra circa 150.000 anni fa. L’eruzione più importante fu quella avvenuta circa 55.000 anni fa, chiamata del Tufo Verde dell’Epomeo, che ha portato alla formazione di una caldera e allo sprofondamento della parte centrale dell’isola. A questa sono susseguite eruzioni esplosive e il sollevamento del fondo della caldera fino alla formazione del Monte Epomeo.
Ischia è un’isola vulcanica del Mar Tirreno, di fronte al golfo di Napoli. E’ la parte emersa di un rilievo vulcanico sottomarino di grandi dimensioni. L’ultima eruzione si è verificata nel 1302, che ha portato alla formazione del vulcano Arso. Attualmente la zona è interessata da attività di vulcanismo secondario, con fumarole e sorgenti termali.

Isola Ferdinandea

Si tratta di un’isola vulcanica che emerse in seguito ad un’eruzione avvenuta nel 1831. L’isola è situata fra la Sicilia e Pantelleria. L’isolotto fu poi eroso dalle onde, per riapparire l’anno dopo e inabissarsi nuovamente. La sua cima si trova attualmente a circa 6 metri sotto il livello marino. Si è verificata un’attività sismica nel 2002, ma l’isola continua a restare inabissata e il vulcano a dormire.

Lipari

Il vulcanismo delle isole Eolie risale a circa 1.000.000 di anni fa, nella prima fase del quale si è formata l’isola di Lipari, completatasi nella fase successiva. La sua origine è cominciata 223.000 anni fa. Nella sua storia vengono riconosciute due fasi dell’attività vulcanica: una prima fase che ha portato alla formazione del Monte Sant’Angelo ed una seconda che ha portato alla formazione dei crateri a sud e a nord dell’isola.
Lipari è la più grande delle isole Eolie, la cui ultima eruzione è avvenuta nel 729 d.C., ad opera del monte Pelato, considerato l’ultimo dei vulcani attivi delle isole, costituito da pomici e da colate ossidianiche, il vetro nero. Sebbene oggi la sua attività sia ridotta alla presenza di fumarole, solfatare e sorgenti termali, il vulcano non può essere considerato estinto, ma piuttosto in fase quiescente.

Pantelleria

E’ difficoltoso ricostruire la storia geologica dell’isola, per mancanza di affioramenti. I prodotti più antichi, risalenti a circa 325.000 anni fa, si rinvengono in vicinanza della località di Scauri. Una forte attività esplosiva ha portato, circa 45.000 anni fa, alla formazione del Tufo Verde, in cui si forma la caldera dei Cinque Denti.
L’isola di Pantelleria si trova nel Mediterraneo centrale, a sud-ovest della Sicilia. La sua ultima eruzione si è verificata nel 1891 ad opera del vulcano Foerstner. Il suo picco più alto si chiama Montagna Grande. Ora le attività sono quelle relative al vulcanismo secondario: emissione di gas ed anidride carbonica, sorgenti termali, saune naturali.

Stromboli

Le sue attività hanno inizio circa 200.000 anni fa, con l’emersione di un vulcano, di cui ora resta soltanto il condotto eruttivo (lo Strombolicchio). Si forma poi, circa 100.000 anni fa, un vulcano chiamato Paleostromboli I, la cui attività cessa col collasso della caldera. Cominciano poi l’attività il Paleostromboli II e III, rispettivamente 64.000 e 34.000 anni fa. Circa 13.000 anni fa nasce il Neostromboli. 6.000 anni fa comincia l’attività dello Stromboli attuale.
Altra isola dell’arcipelago delle Eolie, nel mar Tirreno. Il nome deriva dal termine greco strongulos (rotondo), ma anche strombos (trottola), per le sue forme sinuose. Il vulcano è perennemente attivo, con continue manifestazioni, sia esplosive, con lanci di materiale piroclastico e ceneri, che sottoforma di colate laviche. Con la sua persistente attività, lo Stromboli è considerato uno dei più attivi vulcani della terra.

Vesuvio

Il Vesuvio è il risultato del collasso di un edificio vulcanico ben più grande, il monte Somma, che ha portato alla formazione di una caldera e, successivamente, del monte Vesuvio. L’attività della zona risale a circa 400.000 anni fa. Il Somma-Vesuvio ha invece iniziato la sua storia circa 25.000 anni fa, mentre l’edificio del Vesuvio è nato circa 19.000 anni fa. Il vulcano, situato sulla costa est del golfo di Napoli, è divenuto celebre per la distruttiva esplosione avvenuta nel 79 d.C., che ha sepolto le città di Ercolano e Pompei. La sua ultima eruzione si è verificata nel 1944. L’etimologia del nome è tanto oscura quanto discussa. Potrebbe derivare dal latino ves (fiamma). I romani chiamavano il vulcano Iuppiter Vesuvius. Attualmente si trova in fase di quiescenza, ma dal momento che è stato scoperto un fiume di lava recentemente il vulcano è monitorato continuamente.

Vulcano

L’attività ha inizio circa 120.000 anni fa, con eruzioni che hanno portato alla formazione di una caldera. Si susseguono quindi attività eruttive che portano alla formazione di altri edifici vulcanici e caldere (complesso di Lentia-Mastro Minico e Caldera della Fossa, cono de La Fossa, Vulcanello). Altra isola delle Eolie, Vulcano ha avuto l’ultima eruzione nel 1888-1890. Il suo nome deriva dal dio Vulcano e il termine è stato poi utilizzato per indicare tutte le montagne con attività eruttiva. La sua attività era caratterizzata prevalentemente da fasi esplosive con abbondanza di materiale piroclastico. Oggi le manifestazioni di Vulcano si esplicano sottoforma di fumarole, ossia attraverso l’emissione di gas e vapori.

Informazioni sull’Autore

Daniele Imperi  – articolista su Article-Marketing.it. Sono un web writer freelance, scrivo articoli per blog e testi per pagine web aziendali.

Fonte: Article-Marketing.it

Tai nasha no karosha: Vulcano esiste!

Tai nasha no karosha, Lunga vita e prosperità! Probabilmente non siamo molto lontani da poterlo dire sul serio ad un Vulcaniano, probabilmente proprio nel suo pianeta d’origine! Spazio, Ultima frontiera: a soli 16,5 anni luce (poco più di 4 giorni di navigazione a Curvatura 9!) dal nostro piccolo pianeta azzurro esiste sul serio un Sistema Solare molto simile a quello abitato da Spock e dai suoi fratelli dediti alla logica proprio come descritto in Star Trek. Il Sistema 40 Eridiani è composto, proprio come Vulcano viene descritto dalla saga di Gene Roddenberry, da tre stelle che si muovono nello spazio come in una danza, oggi ricostruita digitalmente dagli scienziati della Nasa. Probabilmente, il creatore della Serie Classica, si era ispirato ad un altro sistema trestellare, quello di Keid con tre astri più piccole del nostro Sole ma facilmente osservabile anche ad occhio nudo.

Nel Sistema 40 Eridiani. le tre stelle sono legate gravitazionalmente tra loro in un modo complesso, con le due piccole (Eridani B e Eridani C) molto vicine in costante rotazione attorno a un asse comune attorno a un baricentro insieme alla più grande e luminosa Eridani C (dove dovrebbe l’immaginario Vulcano).

La Nasa ha diffuso un’immagine digitale interattiva (clicca qui) che permette di esplorare il sistema solare spostando il punto di vista. In attesa dei motori a curvatura, Plato dell’Agenzia Spaziale Europea e Tess della Nasa, i due telescopi spaziali che saranno presto messi in orbida ci aiuteranno a scoprire il pianeta diSpock esista davvero: per ora sogniamo magari rivedendo la scena di Star Trek che descrive il Primo Contatto (nome anche della pellicola da dove è tratta la sequenza) tra umani e vulcaniani!

Le eruzioni vulcaniche che hanno segnato la storia della Campania

La Campania è una regione ricca di bellezze naturali, ma anche di pericoli vulcanici. Due delle aree più note e studiate sono il Vesuvio e i Campi Flegrei, due vulcani attivi che hanno avuto eruzioni devastanti nel corso della storia. In questo articolo vedremo quali sono state le eruzioni più importanti e quali sono le conseguenze per il territorio e la popolazione.

Il Vesuvio: il vulcano più famoso del mondo

Il Vesuvio è un vulcano a forma di cono situato a sud-est di Napoli, che domina il golfo omonimo. Si tratta di uno dei vulcani più pericolosi al mondo, in quanto si trova in una zona densamente abitata, con circa 3 milioni di persone che vivono nel raggio di 20 km dal cratere. Il Vesuvio è famoso per la sua eruzione del 79 d.C., che distrusse le città romane di Pompei ed Ercolano, ma non è stata l’unica. Vediamo quali sono state le altre eruzioni significative.

L’eruzione del 79 d.C.: la distruzione di Pompei ed Ercolano

L’eruzione del 79 d.C. è stata la prima eruzione storica del Vesuvio, documentata da fonti scritte come le lettere di Plinio il Giovane, che assistette alla tragedia da Miseno. Secondo le fonti, l’eruzione avvenne il 24 agosto, con un’esplosione che causò la fuoriuscita di una nube di piroclastici (gas, ceneri e lapilli) che raggiunse i 30 km di altezza. La nube si divise in due rami, uno verso sud-est, che ricoprì Pompei, e uno verso nord-ovest, che investì Ercolano. Le due città furono sepolte da uno strato di materiale vulcanico che variava da 4 a 6 metri a Pompei e da 15 a 25 metri a Ercolano. Si stima che morirono circa 16.000 persone, tra cui Plinio il Vecchio, zio di Plinio il Giovane, che si recò in soccorso dei fuggitivi con una flotta navale. L’eruzione del 79 d.C. ha permesso di conservare le due città in uno stato eccezionale, con le loro case, i loro affreschi, i loro oggetti e i loro abitanti, che sono stati ritrovati grazie agli scavi archeologici iniziati nel XVIII secolo.

Le eruzioni medievali: il Vesuvio si risveglia

Dopo l’eruzione del 79 d.C., il Vesuvio entrò in un periodo di quiescenza che durò circa 700 anni. Nel 472 d.C. ci fu una nuova eruzione, ma di minore intensità, che produsse una nube di ceneri che raggiunse Costantinopoli. Il vulcano si risvegliò definitivamente nel 1036, quando eruttò dopo un forte terremoto che scosse la Campania. Da allora, il Vesuvio ha avuto una serie di eruzioni di tipo esplosivo, con intervalli di pochi anni o decenni, che hanno modificato la forma del cono e del cratere. Tra le eruzioni più importanti di questo periodo, possiamo ricordare quella del 1139, che causò la morte di 4.000 persone, quella del 1306, che distrusse la città di Resina (l’attuale Ercolano), quella del 1631, che provocò circa 4.000 vittime e la distruzione di numerosi villaggi, e quella del 1794, che danneggiò gravemente Torre del Greco e Torre Annunziata.

Le eruzioni moderne: il Vesuvio sotto controllo

Nel XIX secolo, il Vesuvio continuò ad avere eruzioni frequenti, ma di minore intensità, che attirarono l’attenzione di molti scienziati e turisti. Tra le eruzioni più spettacolari, possiamo citare quella del 1822, che modificò notevolmente il cratere, quella del 1855, che fu osservata da Alessandro Volta, e quella del 1872, che fu la più violenta del secolo e causò la morte di 26 persone. Nel XX secolo, il Vesuvio ha avuto solo due eruzioni, entrambe molto significative. La prima fu quella del 1906, che fu la più potente dal 1631 e che provocò circa 100 vittime e la distruzione di Boscotrecase, San Giuseppe Vesuviano e parte di Torre Annunziata. Questa eruzione ebbe anche un impatto politico, in quanto costrinse il governo italiano a rinunciare all’organizzazione delle Olimpiadi di Roma del 1908, che furono trasferite a Londra. La seconda eruzione fu quella del 1944, che avvenne durante la seconda guerra mondiale e che fu testimoniata da molti soldati alleati. Questa eruzione causò la morte di 57 persone e la distruzione di Massa di Somma, San Sebastiano al Vesuvio e parte di Ottaviano e di San Giorgio a Cremano. Fu anche l’ultima eruzione del Vesuvio, che da allora è in uno stato di quiete. Tuttavia, il vulcano non è spento, ma solo addormentato, e potrebbe risvegliarsi in qualsiasi momento. Per questo motivo, esiste un piano di emergenza per l’evacuazione delle zone a rischio, che coinvolge circa 600.000 persone.

I Campi Flegrei: il supervulcano più pericoloso d’Europa

I Campi Flegrei sono una vasta area di origine vulcanica situata a nord-ovest della città di Napoli. Si tratta di uno dei supervulcani (o grandi caldere) tra i più pericolosi al mondo ed è famoso per il fenomeno del bradisismo, un periodico innalzamento e abbassamento del livello del terreno causato dalla risalita di fluidi magmatici. I Campi Flegrei possono essere descritti come una grande area di origine vulcanica, da considerare attiva, che si trova nel golfo di Pozzuoli, con un’estensione di circa 180-200 km 2. L’area è delimitata dalla collina di Posillipo, dalla collina dei Camaldoli, dai rilievi settentrionali del cratere di Quarto, la collina di Sanseverino, l’acropoli di Cuma, e dal Monte di Procida. Nel circuito si contano numerosi crateri e piccoli edifici vulcanici, alcuni dei quali presentano manifestazioni gassose effusive o idrotermali.

La storia eruttiva dei Campi Flegrei: un supervulcano in azione

L’inizio dell’attività eruttiva dei Campi Flegrei risale a circa 60-80 mila anni fa e l’insieme delle eruzioni ha originato la caldera che osserviamo oggi, con i suoi 12 km di diametro. I due eventi eruttivi principali sono sicuramente quello dell’ Ignimbrite Campana (circa 39 mila anni fa) e quello del Tufo Giallo Napoletano (circa 15 mila anni fa).

L’Ignimbrite Campana: l’eruzione più violenta dell’area mediterranea

La formazione dell’Ignimbrite Campana è il risultato dell’eruzione vulcanica più violenta dell’area mediterranea negli ultimi 200 mila anni. Un evento letteralmente epocale. Vennero emessi 150 km 3 di magma e la Campania venne seppellita da uno spesso strato di tufo. Più nel dettaglio, la ricostruzione ci suggerisce che l’eruzione pliniana sviluppò una colonna eruttiva di circa 44 km che, verso le fasi finali, collassò, creando nubi ardenti che raggiunsero i 50 km di distanza. Queste nubi depositarono uno strato di tufo che coprì un’area di circa 30.000 km 2, che comprendeva gran parte della

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