Regole della scrittura: i consigli degli autori di ieri e di oggi

La scrittura è un’arte antica quanto l’uomo, e nel corso dei secoli molti autori hanno espresso le proprie idee su come scrivere bene. Queste regole, che si applicano a qualsiasi tipo di scrittura, possono essere utili per migliorare la propria capacità di comunicazione e di espressione.

Omero, il grande poeta greco autore dell’Iliade e dell’Odissea, sosteneva che la scrittura dovesse essere chiara e concisa, in modo da essere facilmente comprensibile. Egli consigliava inoltre di usare un linguaggio semplice e diretto, evitando le parole difficili e le frasi complicate.

Platone, il filosofo greco, riteneva che la scrittura dovesse essere utile alla ricerca della verità. Egli sosteneva che la scrittura dovesse essere un mezzo per trasmettere conoscenze e idee, e non un semplice intrattenimento.

Aristotele, il filosofo greco, affermava che la scrittura dovesse essere piacevole da leggere. Egli consigliava di usare un linguaggio armonioso e melodioso, in modo da coinvolgere il lettore e suscitare in lui emozioni.

Cicero, il retore e politico romano, riteneva che la scrittura dovesse essere efficace. Egli sosteneva che la scrittura dovesse essere in grado di persuadere il lettore e di convincerlo delle proprie idee.

Petrarca, il poeta e scrittore italiano, affermava che la scrittura dovesse essere sincera e autentica. Egli consigliava di scrivere con il cuore, in modo da trasmettere le proprie emozioni e i propri pensieri al lettore.

Dante Alighieri, il poeta italiano, sosteneva che la scrittura dovesse essere bella e poetica. Egli riteneva che la scrittura dovesse essere un’opera d’arte, in grado di emozionare e di stupire il lettore.

Michelangelo, il pittore, scultore e architetto italiano, affermava che la scrittura dovesse essere originale e creativa. Egli consigliava di non copiare gli altri, ma di trovare il proprio stile personale.

Shakespeare, il drammaturgo inglese, riteneva che la scrittura dovesse essere divertente e coinvolgente. Egli consigliava di usare un linguaggio vivace e accattivante, in modo da tenere il lettore incollato alla pagina.

Proust, lo scrittore francese, affermava che la scrittura dovesse essere evocativa e suggestiva. Egli consigliava di usare le parole per creare immagini e sensazioni, in modo da far vivere al lettore un’esperienza immersiva.

Orwell, lo scrittore e giornalista inglese, sosteneva che la scrittura dovesse essere chiara e trasparente. Egli riteneva che la scrittura dovesse essere un mezzo per comunicare informazioni, e non per nasconderle o distorcerle.

Hemingway, lo scrittore americano, affermava che la scrittura dovesse essere semplice e diretta. Egli consigliava di usare un linguaggio essenziale e conciso, in modo da trasmettere il proprio messaggio in modo chiaro e immediato.

Fellini, il regista italiano, riteneva che la scrittura dovesse essere immaginifica e cinematografica. Egli consigliava di usare le parole per creare scene e atmosfere, in modo da dare vita al proprio immaginario.

Eco, lo scrittore e semiologo italiano, sosteneva che la scrittura dovesse essere multiforme e polisemantica. Egli riteneva che la scrittura dovesse essere un gioco di significati, in grado di stimolare la riflessione del lettore. Per la precisione elenca precisamente 40 regole:

  1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
  2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
  3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
  4. Esprimiti siccome ti nutri.
  5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
  6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
  7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.
  8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
  9. Non generalizzare mai.
  10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
  11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu”.
  12. I paragoni sono come le frasi fatte.
  13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
  14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
  15. Sii sempre più o meno specifico.
  16. L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.
  17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
  18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
  19. Metti, le virgole, al posto giusto.
  20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile
  21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
  22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
  23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
  24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
  25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
  26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
  27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
  28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
  29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
  30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
  31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
  32. Cura puntiliosamente l’ortograffia.
  33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
  34. Non andare troppo sovente a capo.
    Almeno, non quando non serve.
  35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
  36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
  37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
  38. Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.
  39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
  40. Una frase compiuta deve avere.

Vonnegut, l’autore di Mattatoio N.5 ha creato la lista più semplice e diretta per raccontare delle storie, ma la più interessante è quella della sua vita :

  1. Utilizzate il tempo di un perfetto sconosciuto in modo tale che non lo senta sprecato.
  2. Date al lettore almeno un personaggio per cui possa fare il tifo.
  3. Ogni personaggio deve desiderare qualcosa, anche solo un bicchiere d’acqua.
  4. Ogni frase deve fare una delle due cose: rivelare il personaggio o far progredire l’azione.
  5. Iniziare il più vicino possibile alla fine.
  6. Siate sadici. Per quanto dolci e innocenti siano i vostri protagonisti, fate in modo che gli accadano cose terribili, affinché il lettore possa vedere di che pasta sono fatti.
  7. Scrivete per piacere a una sola persona. Se, per così dire, aprite una finestra e fate l’amore con il mondo, la vostra storia si ammalerà di polmonite.
  8. Date ai vostri lettori quante più informazioni possibili e il prima possibile. Al diavolo la suspense. I lettori devono avere una comprensione così completa di ciò che sta accadendo, dove e perché, che potrebbero finire la storia da soli, se gli scarafaggi dovessero mangiare le ultime pagine.

Calvino, lo scrittore italiano, affermava che la scrittura dovesse essere divertente e ironica. Egli consigliava di usare l’umorismo per rendere la scrittura più piacevole e coinvolgente.

Baricco, lo scrittore italiano, riteneva che la scrittura dovesse essere attuale e contemporanea. Egli consigliava di scrivere su temi che interessano il lettore di oggi, in modo da essere in grado di comunicare con lui.

Queste sono solo alcune delle regole della scrittura che sono state formulate da autori di ieri e di oggi. Seguirle non garantisce di diventare un grande scrittore, ma può sicuramente aiutare a migliorare la propria capacità di comunicazione e di espressione.

Il Nome della Rosa e Milo Manara

Era il 1327, l’anno in cui il domenicano Enrico da Susa, meglio conosciuto come Enrico di Gand, uno dei più eminenti teologi del suo tempo, morì a Lione, lasciando al mondo un enorme volume di opere scritte e una grande fama di santità. Era anche l’anno in cui, a una certa ora imprecisata della notte tra il 26 e il 27 novembre, il campanile della chiesa abbaziale di Santa Maria, nella regione dell’Appennino parmense, crollò sul transetto e sui bracci del transetto stesso, schiacciando fra le macerie alcuni monaci che, in quel momento, avevano l’incarico di cantare i salmi nell’ufficio notturno.”

Milo Manara è uno degli artisti, disegnatori, fumettisti più famosi e acclamati a livello mondiale. Nato a Luson, in Alto Adige, nel 1945, Manara ha cominciato la sua carriera artistica disegnando storie per riviste per adulti negli anni ’70. Dopo aver lavorato come illustratore e pittore, ha trovato la sua vera passione nel fumetto e ha iniziato a creare opere originali, tra cui lo spettacolare “Click!”.

Manara è famoso soprattutto per il suo stile artistico raffinato e sensuale, che ha portato molti a considerarlo uno dei grandi maestri del fumetto erotico. Tuttavia, il suo talento va molto oltre questo genere. Manara è in grado di creare storie di grande profondità e intensità emotiva, esplorando i più svariati generi, dal fantasy alla fantascienza, dalla storia all’umorismo.

Tra le sue opere più celebri ci sono “Le avventure di Giuseppe Bergman”, che lo ha reso famoso a livello internazionale. “Il profumo dell’invisibile”, una straordinaria storia di amore e di ricerca dell’identità sessuale. “Il Click 2”, la continuazione della sua celebre saga.

Ma la vera opera colossale di Manara è senza dubbio l’adattamento a fumetti de “Il Nome della Rosa” di Umberto Eco. Una sfida titanica che lo ha visto al servizio di una delle più grandi penne della letteratura mondiale. L’opera è stata accolta con grande entusiasmo da lettori e critica. Molti hanno elogiato la capacità di Manara di tradurre la complessa narrazione di Eco in un’opera visiva di straordinaria bellezza.

Manara è un artista impegnato anche nel sociale. Durante il lockdown per il Covid-19, ha creato una serie di disegni dedicati agli eroi dell’emergenza, raccolti in un libro intitolato “ManaraLockdownHeroes”. Questo gesto ha dimostrato ancora una volta la sensibilità e l’umanità di un artista che ha fatto della sua passione per il disegno uno strumento per raccontare il mondo e per esplorare l’animo umano.

Il primo volume dell’opera è stato presentato in anteprima al Comicon di Napoli e poi distribuito in tutte le fumetterie e librerie. Il fumetto ha generato una notevole hype in Italia e la curiosità maggiore deriva dal fatto se Manara abbia saputo sintetizzare la narrazione senza perdere il succo dell’opera originale. Il primo volume copre la prima metà del romanzo e si ferma quando Adso fa il suo incontro con i piaceri della carne. Il punto forte dell’opera è l’aspetto artistico: si trovano tre stili grafici diversi per raccontare la storia principale, le digressioni storiche e le fantasie di Adelmo. L’uso del colore è particolarissimo, con toni desaturati e giocando con bianchi e grigi per dare vita all’atmosfera dell’Abbazia. Il primo volume è un lavoro effettivamente eccellente e l’attesa per il secondo volume è grande.

Lucca Comics & Games cordoglio per la scomparsa di Claudio Bertieri

Lucca Crea e tutto lo staff di Lucca Comics & Games esprimono il loro profondo cordoglio per la scomparsa di Claudio Bertieri. Grande conoscitore del mondo del fumetto e del cinema di animazione, fu tra i fondatori del Salone, insieme a Romano Calisi, Rinaldo Traini, Umberto Eco e altri intellettuali fin dai tempi di Bordighera. Speciale il suo apporto nella comprensione dell’opera di Lele Luzzati, fece parte del direttivo del Salone dei Comics di Lucca fino dalla prima edizione del 1966.
Colonna della manifestazione per decenni: dal 1988 al 1992 fu vice presidente dell’ente autonomo Max Massimino Garnier che allora organizzata la fiera lucchese. Ha curato una trentina di volumi, diretto festival internazionali, ordinato mostre personali, antologiche e tematiche, spaziando dal cinema ai comics, al teatro, all’arte visiva, allo sport.
Più volte membro di giurie nazionali e internazionali internazionali, ha realizzato volumi di prestigio per la grande industria, tenuto corsi universitari sull’immagine, ideato e diretto programmi televisivi per la Rai.
Per il Salone di Lucca realizzò nel 1980 il bellissimo volume 13 volte Lucca dedicato alle prime tredici edizioni della manifestazione.

Tanka di Sergio Toppi: un poema a fumetti sul filo della katana

Torna la collana dedicata al maestro Sergio Toppi con la sua settima uscita: “Tanka”. Sergio Toppi ci trascina nell’antico Giappone popolato da principesse, samurai e ronin, dove poesia e violenza si fondono e si intrecciano in un eterno incontro.

Le cinque storie contenute in questo volume sono cerchi perfetti dove il Destino ineluttabile dell’uomo si piega al tempo dell’anima e della storia. Lo straordinario stile degli inchiostri del Maestro si agita sulle armature, negli scontri in battaglia e sui corpi sinuosi delle geishe, con una perfezione che non ha eguali nella storia del fumetto italiano.

Umberto Eco: Il nome della Rosa

1327. In un’abbazia nel nord dell’Italia accadono avvenimenti talmente strani da far pensare alla presenza del demonio. Il compito di ristabilire la pace è affidato a un frate francescano di nome Guglielmo e al suo aiutante Adso. La storia inizia con l’arrivo dei due protagonisti nell’abbazia per un’assemblea che si sarebbe tenuta in quei giorni tra i delegati imperiali e quelli papali a riguardo della povertà di Cristo; proprio in questo periodo avvengono dei misteriosi delitti che portano terrore e disordine nell’abbazia.

 

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