La Giornata Internazionale del Cinema di Animazione

Ogni anno proprio il 28 ottobre, si celebra la Giornata Internazionale del Cinema di Animazione promossa dall’Association Internationale du Film d’Animation (As.I.F.A., nata nel 1956 e riconosciuta da UNESCO) per rievocare la prima proiezione pubblica di un film animato (il Theatre Optique di Emile Reynaud a Parigi, il 28 ottobre 1892) e per ricordarci che facciamo tutti parte di una grande comunità di artisti e sognatori.

I primi tentativi di rendere “vivi” i disegni, risalgono al 1826 con il taumatropio (disco dipinto da entrambi i lati con attaccate due corde che fatto girare fa si che le immagini si fondano in un unico movimento) e al 1877 con il prassinoscopio quando sembrano aver vita i primi “cartoni animati”. E’ proprio con quest’ ultima invenzione di Emile Reynaud, che permetteva con un gioco di lenti e una lanterna magica di proiettare su un telo una specie di filmato con figure disegnate su un rullo di carta, che nasce ufficialmente il primo cinema d’animazione. Anche se la data ufficiale della nascita del cinema si fa risalire, convenzionalmente, alla prima proiezione dei fratelli Lumière nel 1895 con l’invenzione della macchina da presa.

Nello stesso anno nasce “Yellow Kid”, un inserto a fumetti pubblicato la domenica sul “Times” considerato  il primo fumetto ufficiale della storia moderna. Con Georges Méliès e la sua “luna antropomorfizzata” , l’ animazione si reinventa e il cinema diventa espressione del realismo e rappresentazione di altro. Ma, è grazie alle cosiddette  Fregoligraph che nasce il primo sonoro in Italia. Il creatore, l’ attore–trasformista Fregoli, definito da molti “un vero e proprio cinematografo vivente”, col megafono sul palcoscenico dava vita ai personaggi delle sue comiche.

Nel 1910 nasce dalla penna di Herriman come cartone animato vero e proprio, con trama gatto-topo, “Krazy Kat”. Del 1917 è invece “Felix the cat” di Pat Sullivan. Nel 1928 Walt Disney fa nascere il leggendario Mickey Mouse nel primo cartone animato sonoro Steamboat Willie, vera e propria rivoluzione del cinema di animazione, binomio indissolubile di musica e immagini. Il primo lungometraggio animato della storia del cinema arriva insieme all’uso del technicolor nel 1937 ed è “Biancaneve” , vera e propria opera musicale a cui vengono assegnati vari oscar tra cui quello per le musiche che in sottofondo rafforzano il parlato, il quale in alcuni tratti potrebbe anche non esserci perché sostituibile appunto dalla musica, vera voce dei personaggi.

Ma è con “Silly Simphonies” che Disney, frequentatore dei musical di Broadway, si aggiudica il primo Oscar per un cartoon. E il cinema di animazione in un mix di immagini, musica e balletto si combina con quello ancora più raffinato che Disney crea nel 1940 in “Fantasia”. Qui il colore, il suono, il movimento si uniscono all’uso magistrale che Disney fa della grande musica classica.

 Il cartoon rappresenta probabilmente il sogno dell’arte del ‘900, una vera rivoluzione e una consacrazione di Disney al cinema, simulacro della realtà. A ogni splendida melodia si associa un’ equivalente immagine visiva e ogni movimento viene riprodotto dal vivo e filmato o fotografato; ad esempio per i balletti vengono ingaggiate ballerine professioniste che mimano le posizioni di danza classica e indossano i veri costumi che riproducono l’animale da rappresentare nella parodia.

Negli stessi anni lavorano per Walt Disney Hanna e Barbera, creatori di Tom&Jerry, Flinstones, Braccobaldo (uno tra i primi cani dei cartoon). I “rivali” studi di animazione della Warner Bros creano invece, alla fine degli anni ’30, una famosa schiera di personaggi della serie “Looney Tunes” tra cui Titty e Silvestro, Porky pig, Bugs Bunny , primo personaggio non parlante che si presenta come pianista di musica da strada. Così la Warner dissacra le melodie usate da Disney e fa nascere le prime serie televisive con leit motive.

Il 28 aprile 1982, a Torino, Bruno Bozzetto, Alfio Bastiancich, Giannalberto Bendazzi, Giuseppe Laganà, Osvaldo Cavandoli, Guido Manuli, Gianni Rondolino, Piero Maioli, Lucilla Salimei fondano As.I.F.A. Italia, con un unica missione la missione: diffondere la conoscenza dell’arte dell’animazione e favorire i contatti e gli scambi fra gli artisti dell’animazione di tutto il mondo. Nei primi anni l’attività di ASIFA Italia si è concentrata soprattutto sulla promozione e diffusione del cinema di animazione in Italia e all’estero. Lo stato di abbandono e frammentazione in cui si è trovato il cinema d’animazione italiano richiedeva tuttavia un impegno non solo genericamente culturale, ma anche un’attività di tutela e promozione del settore e una sempre maggiore attenzione ai problemi professionali e produttivi: per questo ASIFA Italia si configura da subito anche come un’associazione a rappresentanza di una categoria particolarmente trascurata nel panorama audiovisivo nazionale. A metà degli anni Novanta la produzione italiana ottiene impulso e incentivi, gli studi vanno trasformandosi dalla dimensione artigianale a quella industriale capace di affrontare le nuove sfide del mercato. Lo sviluppo industriale del settore e le nuove esigenze imprenditoriali portano ASIFA Italia a favorire la costituzione di Cartoon Italia, l’Associazione Nazionale dei produttori di animazione. Da quel momento ASIFA torna ad avere una funzione culturale e a sostenere un’attività di coordinamento, aggiornamento e promozione degli autori e delle diverse professionalità in sinergia ma in autonomia dalle aziende stesse.

Fin da quando la Giornata Internazionale del Cinema di Animazione fu istituita per la prima volta, le varie sezioni di ASIFA presenti in tanti paesi del mondo hanno promosso piccole e grandi celebrazioni, mettendo l’arte dell’animazione sotto i riflettori. In tempo di pandemia è difficile organizzare eventi, ma l’animazione è sempre più presente nelle nostre vite. Ogni giorno troviamo il “cartone animato” nel cinema, con animazioni 3D ed effetti speciali, in TV, nella pubblicità, nell’industria musicale, su internet. E contemporaneamente continua a crescere e svilupparsi come forma d’arte. Genera cortometraggi, multimedia e lungometraggi, creati da autori indipendenti, artisti, studenti e bambini di tutto il mondo.

L’animazione include una gamma impressionante di approcci, tecniche e obiettivi. Si può fare animazione disegnando, dipingendo, animando pupazzi e oggetti, usando argilla, sabbia, carta e computer, lavorando con più narrazioni e non narrazioni, e riflettendo una diversità di temi e stili, visibili su tante piattaforme. Tutto ciò conferma che l’animazione è uno straordinario e potente strumento di arte, espressione culturale e comunicazione. E, in quanto mezzo di narrazione visiva, l’animazione può comunicare senza bisogno di mediazione linguistica: un vero ponte fra culture.

Verso i Walt Disney’ Studios

Continua lo speciale di Satyrnet dedicato alla figura di Walt Disney (leggi prima parte). Al ritorno in patria, dopo la guerra mondiale Walt Disney, grazie all’esperienza “forte” per la Croce Rossa in Francia, Walter Elias Disney era ormai un uomo. Salutò con una breve visita i genitori e lasciò la casa paterna per trasferirsi a Kansas City, deciso a intraprendere la strada dell’ “artista”. Qui trovò impiego presso un’agenzia pubblicitaria e fece la conoscenza di Ubbe Iwwerks (poi Ub Iwerks). Insieme misero su una società, che però ebbe vita breve. Nel frattempo Disney aveva trovato impiego presso la Kansas City Film Ad, dove presto Iwerks lo seguì.

I due ottennero un primo discreto successo con una serie di annunci pubblicitari noti come Newman Laugh-O-gram, grazie ai quali Disney guadagnò abbastanza da potersi mettere in proprio e fondare una sua società: la Laugh-O-grams. Si unirono a lui sia Ub Iwerks che altri futuri talenti come Rudolph Ising e Hugh Harman, ma anche la Laugh-Ograms non ebbe vita facile. Nel 1923 Walt tentò di salvare l’impresa con un film in cui l’eroina avrebbe interagito con personaggi animati: Alice’s Wonderland. Il film non fu venduto in tempo e lo studio, privo di fondi, fu chiuso. Quell’estate Walt Disney salì su un treno, con in tasca solo quaranta dollari e sotto braccio una copia di Alice’s Wonderland, e diresse verso Hollywood, dove lo attendevano “il paese delle meraviglie” del cinema e, ancora una volta, l’amato fratello Roy.
 
I due fratelli presero in affitto un magazzino a dieci dollari al mese e riuscirono a firmare un contratto per sei episodi di Alice con la società distributrice di Margaret Winkler, dando vita così al Disney Bros Studio. Bisognosi d’aiuto, contattarono quindi i vecchi colleghi di Walt a Kansas City; anche Ub Iwerks. Tra i dipendenti fu assunta come inchiostratrice una certa Lillian Bounds; Walt si intratteneva spesso con lei fino a tardi: presto se ne innamorò e la portò all’altare nel luglio 1925. Tutto sembrava andare per il verso giusto, finché la Winkler non sposò Charles Mintz, il quale prese le redini della società e per prima cosa abbassò tutti i pagamenti dei fornitori. Nonostante ciò, Roy riuscì a strappare a Mintz un accordo ancora più vantaggioso del precedente e i due fratelli, entusiasti, decisero di trasferire lo Studio in Hyperion Avenue a Los Angeles, dove prenderà nel 1926 il nome di Walt Disney Studio.

Dopo qualche tempo, tuttavia, Mintz non fu più soddisfatto
: la serie di Alice era ormai superata. Egli chiese allo Studio una nuova serie animata che avesse per protagonista un coniglio. Così dalla matita di Iwerks, tenendo bene a mente il modello dell’allora famosissimo Felix The Cat, nacque Oswald The Lucky Rabbit. Il coniglio riscosse grande successo; soprattutto inaugurò una delle principali future fonti di guadagno per lo Studio: il merchandising. Ma non durò a lungo. Quando, un anno dopo, Walt si recò da Mintz per un più che giustificato aumento dei compensi, ricevette una risposta che lo lasciò sbigottito. Gli venne proposto un contratto ancor più svantaggioso di quello stipulato in precedenza; in caso di rifiuto, Disney avrebbe perso tutti i diritti su Oswald. In effetti Mintz aveva ordito un vero e proprio inganno, “derubando” Disney di alcuni dei suoi migliori collaboratori (ma Iwerks gli era rimasto fedele) e svelando al momento opportuno il loro tradimento per costringerlo a firmare. Walt era disperato ma, su consiglio di Roy, rifiutò e si mise in viaggio verso casa. Su quel treno, dalla testa di Walt e dalla mano di Iwerks, nacque, così vuole la leggenda, il piccolo topo Mortimer. Ma forse il suo nome suonava troppo solenne o troppo sdolcinato alle orecchie di Lillian Disney, perciò gli si diede presto nuovo battesimo: Mickey Mouse fece ingresso a Hollywood.
Quale che fosse il suo nome, a quel tempo nessuno lo conosceva, quindi non fu facile trovare un distributore che, come a suo tempo la Winkler, avesse fiducia in quei due anonimi animatori. Anzi, fu impossibile. Urgeva una soluzione. Tutto ciò accadeva a metà del 1928, a quel tempo l’industria del cinema era sconvolta da una grande novità: il sonoro. Ecco l’idea giusta: Mickey avrebbe parlato! Un altro periodo di intensa attività e il prosciugamento di tutte le sostanze del loro piccolo studio portò Disney e Iwerks al loro appuntamento con la storia. Il 18 Novembre del 1928 al Colony Theater di New York era previsto un film di guerra, al termine un piccolo short animato avrebbe concluso la serata. Fu un successo straordinario, la gente non parlava d’altro, i giornali ne riportarono la notizia in prima pagina. MICKEY MOUSE SPEAK!, TOPOLINO PARLA!

Il 18 Novembre del 1928
è preso spesso come punto di partenza nella biografia di Disney, non a torto. Quello è il momento in cui tra tutti gli studios di animazione grandi e piccoli, uno si erge sugli altri e il mondo lo vede. Il Disney che resta nelle pagine d’oro del libro di Hollywood nasce qui. Il nuovo distributore dei film Disney era Pat Powers, un tipo losco in verità, ma comunque un distributore. Grazie a lui, all’amico di sempre Ub, e a Carl Stalling, che si occupava delle musiche degli short, si riesumarono ben due cartoni nati muti e li si riempì di musica. Al pubblico piacquero. Inoltre si produssero altri cartoon del topo, nacque addirittura una serie nuova, quella delle leggendarie “Silly Simphonies”, che darà grandi soddisfazioni a Disney.
Ma arriva una grande delusione per Walt: Powers riesce a convincere Ub a lavorare per lui, la sua diabolica idea era di lasciarlo in realtà al suo posto, in cambio però di un contratto che avrebbe legato Disney e tutti i suoi prodotti al nome di Pat Powers. Disney non accettò, quando lo aveva fatto con Oswald si era visto chiudere la porta del successo. Ub lo lasciò. In realtà Ub non aveva fatto altro che lasciare un lavoro per uno che riteneva migliore, tra l’altro Powers gli promise che i cartoni che avrebbe realizzato avrebbero portato la sua firma, cosa che con Disney non succedeva. Per Walt era invece solo un tradimento. Quando Ub lasciò Walt lo studio era già in crescita. Col suo selezionato gruppo di persone Disney produceva spesso opere memorabili.
Sul piano tecnico si cercava sempre l’ultimo ritrovato. Se Steamboat Willie era stato il primo cartoon sonoro, va a “Fiori e Alberi” del 1932 la palma di primo cartoon a colori. La sfida de “I Tre Porcellini” era nel creare personaggi simili nell’aspetto ma diversi di carattere. Questo film fu un enorme successo e la celebre canzone di Stalling è uno dei classicissimi della musica disneyana. “Il Vecchio Mulino” del 1937 propone una “carrellata” mozzafiato merito di una nuova colossale macchina da ripresa: la Multiplane Camera, che consentirà poi effetti tridimensionali già in Biancaneve e i Sette Nani e soprattutto in Pinocchio. Sensazionale in quest’ultimo la sequenza d’apertura. Ma con Pinocchio siamo già nel 1940. Ad onor di cronaca ricordiamo che durante la lavorazione di “Pinocchio” ci fu un grande ritorno alla Disney: Ub Iwerks si rifece vivo,  rientrò come valente tecnico e gli fu affidato il reparto per lo sviluppo delle nuove tecnologie. Fece un lavoro egregio iniziando proprio dalla Multiplane Camera. Ma la coppia Walt e Ub non esisteva più.

Breve storia dell’animazione

Se volessimo provare a datare e contestualizzare il fumetto e la sua nascita probabilmente troveremmo parecchie difficoltà. Essendo il fumetto un’arte, un grandissimo mezzo espressivo che mette insieme disegni e parole, non possiamo non riconoscerne degli antenati illustri. I graffiti rupestri, ad esempio, che risalgono al 10-15.000 a.C. , sono le prime immagini che aspirano al movimento. Siamo invece  nel 1000 a.C. quando, con la nascita del “teatro delle ombre”, le immagini prendono vita e sembrano voler anticipare il cinema moderno.


Anche la nota Colonna Traiana
del 113 d.C. è stata definita il primo fumetto dell’antichità, in quanto rappresenta il racconto per immagini della conquista in Dacia di Traiano. Al 1100 d.C. risale invece il primo esempio di “balloon” rappresentato da un manoscritto dell’ Apocalisse; qui due angeli che parlano tra loro in latino sembrano riprodurre il moderno fumetto. La prima commistione di immagini e musica è da ricercarsi nelle tavole illustrate del 1300 d.C. dove pannelli divisi per scene raccontano immagini in sequenza accompagnate dal suono di strumenti musicali.

Ma siamo nel 1826 con il taumatropio (disco dipinto da entrambi i lati con attaccate due corde che fatto girare fa si che le immagini si fondano in un unico movimento) e nel 1877 con il prassinoscopio quando sembrano aver vita i primi “cartoni animati”. E’ proprio con quest’ ultima invenzione di Emile Reynaud, che permetteva con un gioco di lenti e una lanterna magica di proiettare su un telo una specie di filmato con figure disegnate su un rullo di carta, che nasce ufficialmente il primo cinema d’animazione. Anche se la data ufficiale della nascita del cinema si fa risalire, convenzionalmente, alla prima proiezione dei fratelli Lumière nel 1895 con l’invenzione della macchina da presa.

Nello stesso anno nasce “Yellow Kid”, un inserto a fumetti pubblicato la domenica sul “Times” considerato  il primo fumetto ufficiale della storia moderna. Con Georges Méliès e la sua “luna antropomorfizzata” , l’ animazione si reinventa e il cinema diventa espressione del realismo e rappresentazione di altro. Ma, è grazie alle cosiddette  Fregoligraph che nasce il primo sonoro in Italia. Il creatore, l’ attore–trasformista Fregoli, definito da molti “un vero e proprio cinematografo vivente”, col megafono sul palcoscenico dava vita ai personaggi delle sue comiche.

Nel 1910 nasce dalla penna di Herriman come cartone animato vero e proprio, con trama gatto-topo, “Krazy Kat”. Del 1917 è invece “Felix the cat” di Pat Sullivan. Nel 1928 Walt Disney fa nascere il leggendario Mickey Mouse nel primo cartone animato sonoro Steamboat Willie, vera e propria rivoluzione del cinema di animazione, binomio indissolubile di musica e immagini. Il primo lungometraggio animato della storia del cinema arriva insieme all’uso del technicolor nel 1937 ed è “Biancaneve” , vera e propria opera musicale a cui vengono assegnati vari oscar tra cui quello per le musiche che in sottofondo rafforzano il parlato, il quale in alcuni tratti potrebbe anche non esserci perché sostituibile appunto dalla musica, vera voce dei personaggi.

Ma è con “Silly Simphonies” che Disney, frequentatore dei musical di Broadway, si aggiudica il primo Oscar per un cartoon. E il cinema di animazione in un mix di immagini, musica e balletto si combina con quello ancora più raffinato che Disney crea nel 1940 in “Fantasia”. Qui il colore, il suono, il movimento si uniscono all’uso magistrale che Disney fa della grande musica classica.

 Il cartoon rappresenta probabilmente il sogno dell’arte del ‘900, una vera rivoluzione e una consacrazione di Disney al cinema, simulacro della realtà. A ogni splendida melodia si associa un’ equivalente immagine visiva e ogni movimento viene riprodotto dal vivo e filmato o fotografato; ad esempio per i balletti vengono ingaggiate ballerine professioniste che mimano le posizioni di danza classica e indossano i veri costumi che riproducono l’animale da rappresentare nella parodia.

Negli stessi anni lavorano per Walt Disney Hanna e Barbera, creatori di Tom&Jerry, Flinstones, Braccobaldo (uno tra i primi cani dei cartoon). I “rivali” studi di animazione della Warner Bros creano invece, alla fine degli anni ’30, una famosa schiera di personaggi della serie “Looney Tunes” tra cui Titty e Silvestro, Porky pig, Bugs Bunny , primo personaggio non parlante che si presenta come pianista di musica da strada. Così la Warner dissacra le melodie usate da Disney e fa nascere le prime serie televisive con leit motive.

Degli anni ’30 è poi “Betty Boop”, parodia grottesca delle dive dell’epoca  della Rko, casa di produzione di successi horror. Negli anni ’40 nascono invece i supereroi tra cui “Superman”, in Italia “Nembo kid”, e “Spiderman”, supereroe con problemi inventato da Marvel. In Italia il via ai cartoon avviene in Rai con “Carosello” e sulla stessa rete ancora con “Gulp” e “Supergulp” : le musiche diventano più vicine a noi ma solo alla fine degli anni ’70 arriveranno le vere sigle su influenza dei fumetti giapponesi, i cosiddetti “manga” da distinguersi dai cartoon chiamati invece “anime”.

Il padre del manga è sicuramente “Astroboy” del 1951 di Osamu Tetzuka a cui seguono nel 1963 i cartoni di Myazaki ispirati a favole europee, e le geniali invenzioni di Go Nagai, fondatore della Dynamic, che crea “Mazinga Z” e “Jeeg robot” nel 1972. Qui il tema è quello della fantascienza e dei robot con l’aggiunta del tema erotico, in una commistione di azione e ironia. Nel 1974 Go Nagai realizza invece serie tv ma è nel  1975 l’arrivo del mitico ufo-robot “Goldrake”.

Le famosissime anime “Candy”, “Lady Oscar”, “Lamu”, “Heidy” impazzano negli anni ’80 insieme al lungometraggio di Otomo “Akira” del 1989. Nel 2002 il maestro giapponese di anime Myazaki vince l’ Oscar e l’Orso d’oro al festival di Berlino con “La città incantata” come miglior film d’animazione. La Disney intanto continua a produrre grandi capolavori, prima ispirandosi alle grandi fiabe come “La sirenetta” del 1989, poi grazie all’innovazione digitale e all’ utilizzo del computer per la lavorazione dei suoi film di animazione e alle collaborazioni con gli studi Pixar per i più recenti “Toy-story” del 1995, nel 2001 “Monster&Co” , “Alla ricerca di Nemo” del 2003, “Gli Incredibili” del 2005, quest’ultimi vincitori di Oscar come migliori film d’animazione.

E che si tratti di cartoon e musica, di vignette, didascalie, di fumetti con parole e immagini, o privi di essi ma che aspirino sempre a catturare e rendere vivo il  suono, il loro potenziale espressivo fa sì che possiamo considerarli davvero un grandissimo strumento di comunicazione, a cui spesso e soprattutto in un contesto universitario come il nostro  non viene data l’importanza che merita.

  di Erika Taverna

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