Seth MacFarlane e Martin Scorsese uniti per salvare i primi cartoni animati

Un’impresa storica: Seth MacFarlane e Martin Scorsese collaborano al restauro di cortometraggi animati degli anni ’20-’40

Le fondazioni di Seth MacFarlane e Martin Scorsese si uniscono per un progetto ambizioso: il restauro di una raccolta di primi cortometraggi animati realizzati tra gli anni ’20 e ’40. Un’iniziativa fondamentale per preservare la storia dell’animazione e riportarla in vita per le nuove generazioni.

Un’unione per la conservazione del cinema

“Sono immensamente grato a Seth MacFarlane per il suo entusiasmo e il suo sostegno a questi restauri”, ha dichiarato Scorsese. “È stata un’esperienza incredibile vedere questi film straordinari, che ho amato da bambino, riportati alla loro piena gloria. Immaginate le reazioni dei bambini di oggi! Questi film sembrano freschi come se fossero stati realizzati ieri”.

MacFarlane, da parte sua, ha espresso la sua ammirazione per il lavoro di Scorsese: “Il lavoro che Martin Scorsese e la sua Film Foundation stanno svolgendo è fondamentale per la conservazione cinematografica. Sono onorato di collaborare con loro per ripristinare la loro prima collezione mai realizzata di animazioni storiche”.

Max e Dave Fleischer tornano al cinema

Tra le opere che saranno restaurate ci sono anche nove film animati di Max e Dave Fleischer, i creatori di Betty Boop e Koko the Clown. I loro cortometraggi, pieni di humour e fantasia, hanno segnato un’epoca e ora potranno rivivere grazie a questo progetto.

Un’anteprima al TCM Classic Film Festival

Il primo frutto di questa collaborazione sarà presentato il 20 aprile 2024 al TCM Classic Film Festival. Una selezione di nove cortometraggi restaurati verrà proiettata in anteprima, preceduta da un’introduzione dello stesso MacFarlane.

Un’occasione imperdibile per gli amanti del cinema d’animazione e per tutti coloro che vogliono scoprire una parte importante della storia del cinema.

La Giornata Internazionale del Cinema di Animazione

Ogni anno proprio il 28 ottobre, si celebra la Giornata Internazionale del Cinema di Animazione promossa dall’Association Internationale du Film d’Animation (As.I.F.A., nata nel 1956 e riconosciuta da UNESCO) per rievocare la prima proiezione pubblica di un film animato (il Theatre Optique di Emile Reynaud a Parigi, il 28 ottobre 1892) e per ricordarci che facciamo tutti parte di una grande comunità di artisti e sognatori.

I primi tentativi di rendere “vivi” i disegni, risalgono al 1826 con il taumatropio (disco dipinto da entrambi i lati con attaccate due corde che fatto girare fa si che le immagini si fondano in un unico movimento) e al 1877 con il prassinoscopio quando sembrano aver vita i primi “cartoni animati”. E’ proprio con quest’ ultima invenzione di Emile Reynaud, che permetteva con un gioco di lenti e una lanterna magica di proiettare su un telo una specie di filmato con figure disegnate su un rullo di carta, che nasce ufficialmente il primo cinema d’animazione. Anche se la data ufficiale della nascita del cinema si fa risalire, convenzionalmente, alla prima proiezione dei fratelli Lumière nel 1895 con l’invenzione della macchina da presa.

Nello stesso anno nasce “Yellow Kid”, un inserto a fumetti pubblicato la domenica sul “Times” considerato  il primo fumetto ufficiale della storia moderna. Con Georges Méliès e la sua “luna antropomorfizzata” , l’ animazione si reinventa e il cinema diventa espressione del realismo e rappresentazione di altro. Ma, è grazie alle cosiddette  Fregoligraph che nasce il primo sonoro in Italia. Il creatore, l’ attore–trasformista Fregoli, definito da molti “un vero e proprio cinematografo vivente”, col megafono sul palcoscenico dava vita ai personaggi delle sue comiche.

Nel 1910 nasce dalla penna di Herriman come cartone animato vero e proprio, con trama gatto-topo, “Krazy Kat”. Del 1917 è invece “Felix the cat” di Pat Sullivan. Nel 1928 Walt Disney fa nascere il leggendario Mickey Mouse nel primo cartone animato sonoro Steamboat Willie, vera e propria rivoluzione del cinema di animazione, binomio indissolubile di musica e immagini. Il primo lungometraggio animato della storia del cinema arriva insieme all’uso del technicolor nel 1937 ed è “Biancaneve” , vera e propria opera musicale a cui vengono assegnati vari oscar tra cui quello per le musiche che in sottofondo rafforzano il parlato, il quale in alcuni tratti potrebbe anche non esserci perché sostituibile appunto dalla musica, vera voce dei personaggi.

Ma è con “Silly Simphonies” che Disney, frequentatore dei musical di Broadway, si aggiudica il primo Oscar per un cartoon. E il cinema di animazione in un mix di immagini, musica e balletto si combina con quello ancora più raffinato che Disney crea nel 1940 in “Fantasia”. Qui il colore, il suono, il movimento si uniscono all’uso magistrale che Disney fa della grande musica classica.

 Il cartoon rappresenta probabilmente il sogno dell’arte del ‘900, una vera rivoluzione e una consacrazione di Disney al cinema, simulacro della realtà. A ogni splendida melodia si associa un’ equivalente immagine visiva e ogni movimento viene riprodotto dal vivo e filmato o fotografato; ad esempio per i balletti vengono ingaggiate ballerine professioniste che mimano le posizioni di danza classica e indossano i veri costumi che riproducono l’animale da rappresentare nella parodia.

Negli stessi anni lavorano per Walt Disney Hanna e Barbera, creatori di Tom&Jerry, Flinstones, Braccobaldo (uno tra i primi cani dei cartoon). I “rivali” studi di animazione della Warner Bros creano invece, alla fine degli anni ’30, una famosa schiera di personaggi della serie “Looney Tunes” tra cui Titty e Silvestro, Porky pig, Bugs Bunny , primo personaggio non parlante che si presenta come pianista di musica da strada. Così la Warner dissacra le melodie usate da Disney e fa nascere le prime serie televisive con leit motive.

Il 28 aprile 1982, a Torino, Bruno Bozzetto, Alfio Bastiancich, Giannalberto Bendazzi, Giuseppe Laganà, Osvaldo Cavandoli, Guido Manuli, Gianni Rondolino, Piero Maioli, Lucilla Salimei fondano As.I.F.A. Italia, con un unica missione la missione: diffondere la conoscenza dell’arte dell’animazione e favorire i contatti e gli scambi fra gli artisti dell’animazione di tutto il mondo. Nei primi anni l’attività di ASIFA Italia si è concentrata soprattutto sulla promozione e diffusione del cinema di animazione in Italia e all’estero. Lo stato di abbandono e frammentazione in cui si è trovato il cinema d’animazione italiano richiedeva tuttavia un impegno non solo genericamente culturale, ma anche un’attività di tutela e promozione del settore e una sempre maggiore attenzione ai problemi professionali e produttivi: per questo ASIFA Italia si configura da subito anche come un’associazione a rappresentanza di una categoria particolarmente trascurata nel panorama audiovisivo nazionale. A metà degli anni Novanta la produzione italiana ottiene impulso e incentivi, gli studi vanno trasformandosi dalla dimensione artigianale a quella industriale capace di affrontare le nuove sfide del mercato. Lo sviluppo industriale del settore e le nuove esigenze imprenditoriali portano ASIFA Italia a favorire la costituzione di Cartoon Italia, l’Associazione Nazionale dei produttori di animazione. Da quel momento ASIFA torna ad avere una funzione culturale e a sostenere un’attività di coordinamento, aggiornamento e promozione degli autori e delle diverse professionalità in sinergia ma in autonomia dalle aziende stesse.

Fin da quando la Giornata Internazionale del Cinema di Animazione fu istituita per la prima volta, le varie sezioni di ASIFA presenti in tanti paesi del mondo hanno promosso piccole e grandi celebrazioni, mettendo l’arte dell’animazione sotto i riflettori. In tempo di pandemia è difficile organizzare eventi, ma l’animazione è sempre più presente nelle nostre vite. Ogni giorno troviamo il “cartone animato” nel cinema, con animazioni 3D ed effetti speciali, in TV, nella pubblicità, nell’industria musicale, su internet. E contemporaneamente continua a crescere e svilupparsi come forma d’arte. Genera cortometraggi, multimedia e lungometraggi, creati da autori indipendenti, artisti, studenti e bambini di tutto il mondo.

L’animazione include una gamma impressionante di approcci, tecniche e obiettivi. Si può fare animazione disegnando, dipingendo, animando pupazzi e oggetti, usando argilla, sabbia, carta e computer, lavorando con più narrazioni e non narrazioni, e riflettendo una diversità di temi e stili, visibili su tante piattaforme. Tutto ciò conferma che l’animazione è uno straordinario e potente strumento di arte, espressione culturale e comunicazione. E, in quanto mezzo di narrazione visiva, l’animazione può comunicare senza bisogno di mediazione linguistica: un vero ponte fra culture.

Helen Kane, la starlette che ispirò Betty Boop

Betty Boop, la famosissima figura con i suoi occhi grandi, i boccoli arricciati, i tacchi alti e la voce acuta, ha lasciato un segno indelebile sugli schermi negli anni ’30, durante la Grande Depressione negli Stati Uniti. Tuttavia, la donna che ha ispirato questo iconico personaggio animato, Helen Kane, non ha mai ricevuto alcun compenso per il suo alter ego ed è vissuta nel rimpianto di una vita da Star mancate

Helen, è nata nel Bronx nel 1904. Durante gli anni ’20, si è affermata come una celebrità nel mondo del varietà, esibendosi come attrice, ballerina e cantante. A quanto si riporta, proprio durante il suo debutto, ha creato l’espressione iconica “boop-boop-a-doop” mentre cantava la canzone “That’s My Weakness Now“. Il suo stile unico, con un linguaggio ammiccante e influenze jazz, è diventato ben presto un simbolo di trasgressione per l’epoca, guadagnandosi un numero sempre crescente di ammiratori.

Il personaggio di Betty Boop ha preso forma negli anni ’30, quando Max Fleischer l’ha inserita in un cartone animato chiamato “Dizzy Dishes“, uscito il 19 agosto 1930. L’animatore Grim Natwick ha creato una figura antropomorfa basata su Helen Kane, con grandi occhi e la famosa espressione “boop-a-doop“. Presto, questa figura si è evoluta nella Betty Boop umana che tutti conosciamo. Il suo successo le ha valso il soprannome di “Regina dello schermo animato” ed è diventata un’icona degli sfavillanti e spensierati anni ’20, in netto contrasto con la dura realtà della Grande Depressione che sarebbe seguita. Purtroppo, a causa delle restrizioni imposte dalle puritane norme di censura degli Stati Uniti, un personaggio così esplicito e sexy non poteva durare a lungo. A partire dal 1934, Betty Boop è stata gradualmente cancellata dai cinema e nel 1939 è scomparsa del tutto.

È comprensibile che Helen Kane si sia identificata immediatamente con Betty Boop. Nel 1932, ha intentato una causa contro lo Studio Fleischer chiedendo un risarcimento di 250.000 dollari, accusandoli di aver sfruttato deliberatamente la sua immagine  attraverso una caricatura. Il processo si è protratto per circa due anni, ma nel 1934 un giudice statunitense ha deciso che il look di Kane non era “unico” e che non era stata lei a inventare il booping, ma lo aveva anch’essa copiato da un’altra cantante, Baby Esther, la cui esibizione aveva visto anni prima. È anche probabile che gli studi Fleischer, abbiano tratto ispirazione da un’altra star degli anni ’20, Clara Bow, anche se solo per dettagli meno evidenti rispetto a Kane.

Dopo il processo, Kane, una volta una star negli anni ’20, si è trovata sconfitta e dimenticata, e ha finito per aprire un ristorante a New York insieme al suo ultimo marito, l’attore Dan Healy. Durante gli anni ’50, ha avuto solo piccole parti come attrice. Nel 1966, ha perso la sua battaglia contro il cancro al seno e si è spenta.

Betty Boop: storia di un cartone sexy

Betty Boop esordisce il 9 agosto 1930 con il cartone animato Dizzy Dishes di Max Fleischer, in cui canta in un cabaret pieno di divertenti animali. La sua creazione è attribuita all’animatore Myron “Grim” Natwick. Inizialmente Betty Boop non era una stella, apparendo soltanto in una breve scena (in un altro cartone fu persino raffigurata come un cane), ma il suo caratteristico “Boop-oop-a-doop” era destinato a restare indimenticabile.

Il personaggio restò immutato per pochi cartoni. In Mask-A-Raid del 1931 le sue orecchie di cane divennero orecchini sexy e il suo fidanzato, Bimbo, divenne il suo animale domestico. Il “Boop-oop-a-doop” continuò immutato. Una volta umanizzata, Betty restò così, ma la sua relazione con Bimbo cambiò secondo le esigenze del cartone animato, passando da cane e padrone a compagno di ventura e fidanzato. Una più recente stella del Fleischer Studio, Koko the Clown, divenne una spalla di Betty Boop, non riuscendo più a proseguire da solo nella sua serie.

I cartoni animati di Betty Boop di questa era potrebbero essere definiti bizzarri, come Crazy Town (1932); melodrammatici, come She Wronged Him Right (1934), o surreali, come Snow White (1933), in cui la regina cattiva pronunciò la rima “Specchio, specchio” quattro anni prima della Disney. Molti, come I’ll Be Glad When You’re Dead, You Rascal, You (1932) e The Old Man of the Mountain (1933) funzionarono principalmente come “video musicali”.

La censura contro Betty Boop 

Questa situazione cambiò quando la censura cominciò a imperversare a Hollywood. Le gonne di Betty si allungarono e le sue curve divennero meno pronunciate.

Betty Boop interpretò le parti di una brava ragazza e talvolta di una casalinga. Lo studio di animazione tentò di animarla aggiungendo come spalla di supporto Grampy, ma fu solo un piccolo aiuto.

Ormai la scintilla era stata spenta ed ella fu messa infine a riposo. L’ultimo cartone animato del Fleischer Studio fu Rhythm on the Reservation del 1939.

I fumetti di Betty Boop 

Betty Boop ebbe anche una breve striscia a fumetti, pubblicata da King Features, iniziata nel 1934. Fu disegnata da Bud Counihan, che aveva lavorato come assistente di Chic Young su Blondie. Ma non sfondò mai come personaggio a fumetti.

La King Features decise poi di renderla coprotagonista dei suoi personaggi, inclusi Little Jimmy, Henry e The Little King. Uno di essi, Popeye the Sailor, divenne poi una stella dell’animazione per conto suo.

L’intramontabile Betty Boop 

Betty Boop non svanì mai dalla scena. I cartoni della sua età dell’oro furono riprodotti in TV negli anni ‘50, come programmi riempitivi. Prodotti a basso costo, come adesivi e segnalibri, appaiono ancora oggi, così come apparvero occasionalmente fumetti e vignette (inclusa una striscia a fumetti, nel periodo 1984-88, in cui Betty fu coprotagonista di Felix the Cat). Come molti altri personaggi, anche Betty ebbe una parte nel film Chi ha incastrato Roger Rabbit? L’immagine attuale di Betty è graziosa, divertente e appena un po’ scanzonata. E porta ancora dentro di sé il sapore e la nostalgia dell’era che non-può-più-essere-ricreata della storia del film americano.

Informazioni sull’Autore

Daniele Imperi, vignettista e illustratore umoristico. Ho collaborato con case editrici, siti web, aziende creando vignette e illustrazioni per riviste, libri per bambini, siti web, biglietti d’auguri, materiale pubblicitario.

Fonte: Article-Marketing.it

Felix The Cat: la prima star dei cartoni animati

Felix The Cat fu la prima superstar dell’animazione: eclissò Farmer Alfalfa, Bobby Bumps, Col. Heeza Liar e altri personaggi dei cartoni degli anni precedenti. Dal momento in cui Felix apparve per la prima volta, in Feline Follies (1919), fu un successo, anche se ancora non gli era stato dato un nome. In quel film e nel successivo, Musical Mews, era chiamato “Master Tom”. È soltanto nel terzo film, Adventures of Felix (1919), che ricevette il nome di Felix The Cat e la sua lunga, lunga carriera cominciò.

Pat Sullivan, proprietario dello studio di animazione, era il genio guida di Felix – ma in realtà i cartoni erano il lavoro di un giovane animatore, Otto Messmer, che realizzò l’intero esordio di quattro minuti da solo, lavorando a casa. Il successo di Felix era il diretto risultato della grande abilità di Messmer di creare scene spettacolari ed esprimere la personalità del personaggio attraverso il suo modo di muoversi. Furono realizzate dozzine di cartoni muti di Felix, con una sofisticazione sempre maggiore.

L’arrivo del sonoro e la fine del Sullivan Studio

Quando arrivarono i cartoni parlati, Felix fu oscurato da Mickey Mouse della Disney, che aveva fatto un recente e riuscito passaggio al sonoro. L’ultimo cartone animato muto di Felix fu appropriatamente intitolato The Last Life (1928).

Il Sullivan Studio, che non adottò mai la nuova tecnologia, andò in declino. Quando Sullivan morì, nel 1933, lo studio chiuse i battenti. Messmer abbandonò l’animazione per concentrarsi sulle strisce a fumetti di Felix, che aveva cominciato nel 1923 e che portò avanti fino al 1966.

Felix vide un breve ritorno nell’animazione nel 1936, quando il Van Beuren Studio (Tom & Jerry, ma non quelli della Hanna Barbera) acquistò i diritti del personaggio. Ma l’incantesimo degli anni di Messmer non fu ripreso e la serie terminò dopo soli tre cartoni animati.

L’arrivo in TV

Nel 1960 Felix fu rimesso in scena ancora una volta, in TV, dal produttore Joe Oriolo. Oriolo, fra i cui meriti vanno citati Casper the Friendly Ghost e The Mighty Hercules, aveva lavorato come assistente di Messmer negli anni 50 e gli era subentrato nella striscia a fumetti nel 1954.

È questa serie che introdusse l’ormai famosa “borsa dei trucchi” di Felix, così come il codardo Professore che la desiderava. Il doppiatore Jack Mercer, che fu ben conosciuto in Popeye the Sailor, ha doppiato la maggior parte dei cartoni di questa serie.

I fumetti di Felix

Nel frattempo i fumetti di Messmer, inizialmente come striscia per quotidiani distribuita dal King Features Syndicate e poi, nel 1943, come albo a fumetti pubblicato regolarmente, mostrarono la sua immaginazione visiva e la solida abilità nel creare grandi effetti, cosa che fece apprezzare molto dai collezionisti le sue pubblicazioni.

L’albo a fumetti, che fu pubblicato per la prima volta da Dell Comics, poi da Toby Press e infine da Harvey Comics, terminò nel 1961. La Dell cominciò una nuova serie l’anno dopo, che durò solamente 12 uscite.

La Gladstone Comics pubblicò nel 1991 un grosso album, ristampando i fumetti di Messmer; e la Fantagraphics fece un altro album nel 1996, ristampando le strisce a fumetti a partire dal 1920. Dal 1991-93 la Harvey Comics ha ristampato alcune delle storie di Messmer in formato albo, ma con una stampa molto scadente. Più tardi, negli anni ’90, la famiglia Oriolo ne pubblicò di nuovi, non ristampati, con una produzione di maggior valore.

Il ritorno di Felix

Negli anni recenti Felix è tornato occasionalmente nei cartoni o nei fumetti, talvolta, abbastanza inaspettatamente, come co-protagonista assieme a Betty Boop. Il più recente ritorno fu una serie animata per la domenica mattina, uscita negli anni 1995-97.

A differenza dei suoi contemporanei, Felix è ancora una star, nonostante sia un pioniere dell’animazione.

Informazioni sull’Autore

Daniele Imperi, vignettista e illustratore umoristico. Ho collaborato con case editrici, siti web, aziende creando illustrazioni per riviste, libri per bambini, siti web, biglietti d’auguri e vignette per materiale pubblicitario.

Fonte: Article-Marketing.it

Breve storia dell’animazione

Se volessimo provare a datare e contestualizzare il fumetto e la sua nascita probabilmente troveremmo parecchie difficoltà. Essendo il fumetto un’arte, un grandissimo mezzo espressivo che mette insieme disegni e parole, non possiamo non riconoscerne degli antenati illustri. I graffiti rupestri, ad esempio, che risalgono al 10-15.000 a.C. , sono le prime immagini che aspirano al movimento. Siamo invece  nel 1000 a.C. quando, con la nascita del “teatro delle ombre”, le immagini prendono vita e sembrano voler anticipare il cinema moderno.


Anche la nota Colonna Traiana
del 113 d.C. è stata definita il primo fumetto dell’antichità, in quanto rappresenta il racconto per immagini della conquista in Dacia di Traiano. Al 1100 d.C. risale invece il primo esempio di “balloon” rappresentato da un manoscritto dell’ Apocalisse; qui due angeli che parlano tra loro in latino sembrano riprodurre il moderno fumetto. La prima commistione di immagini e musica è da ricercarsi nelle tavole illustrate del 1300 d.C. dove pannelli divisi per scene raccontano immagini in sequenza accompagnate dal suono di strumenti musicali.

Ma siamo nel 1826 con il taumatropio (disco dipinto da entrambi i lati con attaccate due corde che fatto girare fa si che le immagini si fondano in un unico movimento) e nel 1877 con il prassinoscopio quando sembrano aver vita i primi “cartoni animati”. E’ proprio con quest’ ultima invenzione di Emile Reynaud, che permetteva con un gioco di lenti e una lanterna magica di proiettare su un telo una specie di filmato con figure disegnate su un rullo di carta, che nasce ufficialmente il primo cinema d’animazione. Anche se la data ufficiale della nascita del cinema si fa risalire, convenzionalmente, alla prima proiezione dei fratelli Lumière nel 1895 con l’invenzione della macchina da presa.

Nello stesso anno nasce “Yellow Kid”, un inserto a fumetti pubblicato la domenica sul “Times” considerato  il primo fumetto ufficiale della storia moderna. Con Georges Méliès e la sua “luna antropomorfizzata” , l’ animazione si reinventa e il cinema diventa espressione del realismo e rappresentazione di altro. Ma, è grazie alle cosiddette  Fregoligraph che nasce il primo sonoro in Italia. Il creatore, l’ attore–trasformista Fregoli, definito da molti “un vero e proprio cinematografo vivente”, col megafono sul palcoscenico dava vita ai personaggi delle sue comiche.

Nel 1910 nasce dalla penna di Herriman come cartone animato vero e proprio, con trama gatto-topo, “Krazy Kat”. Del 1917 è invece “Felix the cat” di Pat Sullivan. Nel 1928 Walt Disney fa nascere il leggendario Mickey Mouse nel primo cartone animato sonoro Steamboat Willie, vera e propria rivoluzione del cinema di animazione, binomio indissolubile di musica e immagini. Il primo lungometraggio animato della storia del cinema arriva insieme all’uso del technicolor nel 1937 ed è “Biancaneve” , vera e propria opera musicale a cui vengono assegnati vari oscar tra cui quello per le musiche che in sottofondo rafforzano il parlato, il quale in alcuni tratti potrebbe anche non esserci perché sostituibile appunto dalla musica, vera voce dei personaggi.

Ma è con “Silly Simphonies” che Disney, frequentatore dei musical di Broadway, si aggiudica il primo Oscar per un cartoon. E il cinema di animazione in un mix di immagini, musica e balletto si combina con quello ancora più raffinato che Disney crea nel 1940 in “Fantasia”. Qui il colore, il suono, il movimento si uniscono all’uso magistrale che Disney fa della grande musica classica.

 Il cartoon rappresenta probabilmente il sogno dell’arte del ‘900, una vera rivoluzione e una consacrazione di Disney al cinema, simulacro della realtà. A ogni splendida melodia si associa un’ equivalente immagine visiva e ogni movimento viene riprodotto dal vivo e filmato o fotografato; ad esempio per i balletti vengono ingaggiate ballerine professioniste che mimano le posizioni di danza classica e indossano i veri costumi che riproducono l’animale da rappresentare nella parodia.

Negli stessi anni lavorano per Walt Disney Hanna e Barbera, creatori di Tom&Jerry, Flinstones, Braccobaldo (uno tra i primi cani dei cartoon). I “rivali” studi di animazione della Warner Bros creano invece, alla fine degli anni ’30, una famosa schiera di personaggi della serie “Looney Tunes” tra cui Titty e Silvestro, Porky pig, Bugs Bunny , primo personaggio non parlante che si presenta come pianista di musica da strada. Così la Warner dissacra le melodie usate da Disney e fa nascere le prime serie televisive con leit motive.

Degli anni ’30 è poi “Betty Boop”, parodia grottesca delle dive dell’epoca  della Rko, casa di produzione di successi horror. Negli anni ’40 nascono invece i supereroi tra cui “Superman”, in Italia “Nembo kid”, e “Spiderman”, supereroe con problemi inventato da Marvel. In Italia il via ai cartoon avviene in Rai con “Carosello” e sulla stessa rete ancora con “Gulp” e “Supergulp” : le musiche diventano più vicine a noi ma solo alla fine degli anni ’70 arriveranno le vere sigle su influenza dei fumetti giapponesi, i cosiddetti “manga” da distinguersi dai cartoon chiamati invece “anime”.

Il padre del manga è sicuramente “Astroboy” del 1951 di Osamu Tetzuka a cui seguono nel 1963 i cartoni di Myazaki ispirati a favole europee, e le geniali invenzioni di Go Nagai, fondatore della Dynamic, che crea “Mazinga Z” e “Jeeg robot” nel 1972. Qui il tema è quello della fantascienza e dei robot con l’aggiunta del tema erotico, in una commistione di azione e ironia. Nel 1974 Go Nagai realizza invece serie tv ma è nel  1975 l’arrivo del mitico ufo-robot “Goldrake”.

Le famosissime anime “Candy”, “Lady Oscar”, “Lamu”, “Heidy” impazzano negli anni ’80 insieme al lungometraggio di Otomo “Akira” del 1989. Nel 2002 il maestro giapponese di anime Myazaki vince l’ Oscar e l’Orso d’oro al festival di Berlino con “La città incantata” come miglior film d’animazione. La Disney intanto continua a produrre grandi capolavori, prima ispirandosi alle grandi fiabe come “La sirenetta” del 1989, poi grazie all’innovazione digitale e all’ utilizzo del computer per la lavorazione dei suoi film di animazione e alle collaborazioni con gli studi Pixar per i più recenti “Toy-story” del 1995, nel 2001 “Monster&Co” , “Alla ricerca di Nemo” del 2003, “Gli Incredibili” del 2005, quest’ultimi vincitori di Oscar come migliori film d’animazione.

E che si tratti di cartoon e musica, di vignette, didascalie, di fumetti con parole e immagini, o privi di essi ma che aspirino sempre a catturare e rendere vivo il  suono, il loro potenziale espressivo fa sì che possiamo considerarli davvero un grandissimo strumento di comunicazione, a cui spesso e soprattutto in un contesto universitario come il nostro  non viene data l’importanza che merita.

  di Erika Taverna

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