Che cos’è un Mito?

“Fin dal suo apparire sulla terra l’uomo si è posto delle domande riguardanti la sua esistenza: come si è formato il mondo? Com’è nato l’uomo? Che cosa accade all’uomo quando muore? Che cosa fanno le divinità? E vi ha risposto raccontando le favolose imprese di dèi, di eroi, di demoni, di mostri, del Sole, della Luna, della Terra… Nasceva cosí la mitologia. Ogni popolo ha la sua mitologia, perché nei personaggi mitologici sono trasfusi comportamenti e sentimenti del popolo autore del racconto; e perché ogni popolo ha nella mitologia le proprie radici.”

Mappa cronologica dei miti nel mondo

Dire cosa è un mito è tutt’altro che facile e non è facile chiarirlo poiché spesso si confonde il mito con “menzogna”, con invenzione insensata e gratuita. Poiché si vive di convinzione che nelle formazioni sociali odierne il mito non avrebbe posto, sostituito da descrizioni ben più “vere”, quelle scientifiche.  Infine, forse l’equivoco maggiore (equivoco che è frutto di un’interpretazione riduttiva del termine mythos, che significa, certo, “racconto”, ma deriva da una radice indoeuropea che ha ben altre connotazioni. Tale radice è mn, da cui, per esempio, mnemonico e memore in italiano. Mentre in inglese mind (mente).  Il termine “mito”, dunque, indica di più del semplice narrare: è il ricordo, il pensiero, la mente. In parole più semplici è il porsi dell’uomo nel mondo, il suo modo di rappresentare il reale e la consapevolezza che ci sta dell’altro al di là e al di fuori del reale immediatamente percepibile: qualcosa che ci sfugge, ma dal quale ci provengono misteriosi segni, un qualcosa in cui vorremmo fonderci per percepire a pieno l’essenza del mondo.

Il mito è qualcosa che ci riconnette all’universo, che ci affratella alle stelle, ai fiori, alle piante, all’acqua, agli animali (quest’ultimi messaggeri dell’aldilà), a ogni essere che vive, vissuto e che vivrà. In tal senso il mito non è soltanto “racconto”, ma è tutt’uno con la “parola” intesa in un significato più ampio di linguaggio universale. Momento in cui l’inconscio, la parte profonda che in noi oramai è repressa da tempo, poiché considerata pericolosa, preme per tradursi in tutti i modi in qualcosa di comunicabile, in cui si trasforma in un gesto suscettibile di ricollegarsi all’aldilà da cui sgorgano vita e morte, bellezza e orrore, cibo e fame, acqua e sete, all’immensità del cielo e delle galassie. Entrare nell’ aldilà, scendere nel mondo infero o salire alle sfere celesti. Ecco l’aspirazione suprema di cui è fatto il mito.

L’intera cultura è un mito. La cultura è il nostro essere nel mondo e il mito, che è il nostro linguaggio plasma il mondo in cui viviamo e il nostro modo di vivere in esso. Potrebbe definirsi un tutt’uno con quello che la psicoanalisi definisce “inconscio”.  Il mito pertanto, si colloca al di fuori della storia, non deriva da un evento concreto. Nel mondo della concretezza, il momento mitico (onirico, estatico, artistico, creatore) si traduce in canto, racconto, scultura, immagine, ma anche guerra e violenza, in aspirazione all’amore e in brama di distruzione. Se il mito viene confuso con la sola narrazione, ciò accade perché nelle società in cui esiste la scrittura la parola parlata ha prevalenza su altre forme di espressione. Ma presso i residui gruppi “primitivi” la scultura o l’immagine dipinta sulle pareti di una grotta, la danza, il ritmo del canto, hanno la stessa valenza della narrazione. Va poi fatta una distinzione anche tra mito e “favola”.

Il mito è fuori dal tempo; la favola è a cavallo tra temporalità e atemporalità (c’era una volta…).  Nel mito narrato, non ci sono personaggi con una fisionomia ben marcata e precisa, ma figure emblematiche, riassunto della condizione umana, del nascere, vivere e perire, dell’inesplicabile avventura di affrontare pericoli, a percorrere terre e mari, a cercare, come l’Ulisse di Dante, di “non vivere come bruti ma cercare virtù e conoscenza”.  Di solito nei miti compaiono gli antenati, cioè gli archetipi della condizione umana, molto spesso animali e compaiono divinità o meglio spiriti messaggeri.

Nella favola, invece, ci viene “insegnato” che l’uomo non è più nomade o cacciatore, ma agricoltore e che dal Neolitico in poi, ha creato società gerarchiche, in cui i re si sono impadroniti dell’aldilà. Il re-sacerdote è diventato il fulcro del divenire umano, è il simbolo dell’intera società. Manifestazione in terra del divino nell’umano. Può essere buono o cattivo, crudele o mite, saggio o stolto: quello che importa è la dimostrazione della sua superiorità. La favola è al servizio del potere. Il quale potere impone la morale (il mos), essa fustiga i cattivi costumi, svela errori e malizie, ma a patto che a convalidare il bene e deprecare il male siano i grandi di questo mondo.

Ne consegue che non sempre è facile distinguere la favola dal mito. Poiché quest’ultimo non ha una morale, non insegna niente: il mito constata semplicemente le infinite potenzialità dell’uomo e della realtà che lo circonda. La società dunque, si fonda su miti, che sono di ogni tempo e luogo, anonimi e universali. I miti mutano indipendentemente dalla nostra volontà conscia e non è detto che siano necessariamente “buoni”. Oggi, per esempio, a trionfare è il distruttivo mito della conquista e dello sfruttamento del mondo… ma se questo avviene è perché dentro di noi, accanto alle pulsioni di vita coesistono anche quelle di distruzione e morte. Componenti integranti della nostra natura e hanno parte cospicua, come la guerra, il sacrificio e lo spargimento di sangue nei miti di ogni parte del mondo. I miti narrano imprese umane e divine. Ad esempio in un mito indiano, i demoni combattono per la supremazia senza però riuscire a risolvere la contesa. Allora gli dei si fabbricano una nuova arma munita di una lama tagliente, l’uomo, il quale tiene sì a bada i demoni, ma poi minaccia gli dei. A questi non resta per fermarlo, che mettere in lui il male: sonno, lussuria, pigrizia… vizi di ogni genere. Altrimenti, se non avesse vizi che lo distraggono, l’uomo sarebbe, per come dicono i latini “ sicut deus “ , prenderebbe il posto degli eterni; e gli dei per tenerlo assoggettato pongono il fuoco in terra e il vento e il sole in cielo per infliggergli continui tormenti e ammonimenti.

A tal proposito si può notare che il divino, l’aldilà, la sfera del sacro, non è solo fonte di bene ma anche di distruzione e che “vita e morte, bene e male sono la faccia della stessa medaglia “, quello che nel sol levante viene rappresentato con Yin e Yang.  I miti, dunque, significano l’accettazione dell’inevitabile sorte, ed è per questo che in essi tanta parte ha il destino, l’imperscrutabile decreto delle Parche che a piacimento tagliano il filo della vita.

Le Parche, nella Mitologia Greca

Ma per dire tutto questo non occorrono certo corposi saggi e incomprensibili trattati. La vita è anche riso, allegria, danza e tutti questi “racconti” vogliono darci un’idea dell’infinita ricchezza dei miti, ma anche mostrarci che contengono un’ironica, spesso sfrontata e provocatoria saggezza poetica, il tesoro al quale ciascuno di noi può attingere nei propri sogni, senza inaridire però la fonte della nostra creatività.

Fonti:

  • Miti e leggende da tutto il mondo, Arnoldo Mondadori Editore. 1991
  • Robert Graves, I miti greci, Longanesi Milano 1988

 

 

 

Come scrivere un Racconto Fantasy

I racconti di ambientazione fantasy sono storie che si svolgono in mondi immaginari, dove esistono elementi fantastici come la magia, le creature mitiche, le razze diverse dagli umani, ecc. Questi mondi possono essere ispirati a periodi storici reali o inventati completamente dall’autore, ma devono essere coerenti e credibili.

Questo genere di racconti sono tanto amati perché offrono al lettore la possibilità di evadere dalla realtà e di immergersi in avventure emozionanti e sorprendenti. Il fantasy stimola la fantasia, la curiosità e il senso del meraviglioso, e permette di esplorare temi universali come il bene e il male, l’eroismo, l’amore, la libertà, ecc. attraverso personaggi e situazioni originali e coinvolgenti³⁴⁵.

Se ti piace  puoi provare a scrivere tu stesso una storia; ecco alcuni passaggi che puoi seguire per creare una storia fantasy avvincente e originale:

1. Scegli il tuo genere e il tuo pubblico

Il fantasy è un genere molto ampio che comprende diverse sottocategorie, come il fantasy epico, il fantasy urbano, il fantasy storico, il fantasy dark, ecc. Ogni sottogenere ha le sue caratteristiche, le sue convenzioni e le sue aspettative da parte dei lettori. Devi decidere a quale sottogenere appartiene la tua storia e a chi vuoi rivolgerti. Questo ti aiuterà a definire il tono, lo stile e la struttura della tua narrazione.

2. Crea il tuo mondo immaginario

Il fantasy si basa sulla creazione di un mondo alternativo in cui esistono elementi fantastici, come la magia, le creature mitiche, le razze diverse dagli umani, ecc. Devi costruire il tuo mondo con cura e coerenza, tenendo conto di aspetti come la geografia, la storia, la cultura, la religione, la politica, l’economia, la tecnologia, le leggi naturali, ecc. Puoi ispirarti a fonti reali o inventare tutto da zero, ma devi essere in grado di spiegare al lettore come funziona il tuo mondo e quali sono le sue regole.

3. Sviluppa i tuoi personaggi principali

I personaggi sono il cuore della tua storia e devono essere interessanti, credibili e tridimensionali. Devi dare loro una personalità, una motivazione, un obiettivo, una sfida e una crescita. Devi anche decidere quali sono i loro ruoli nella trama e come si relazionano tra loro e con il mondo che li circonda. Puoi usare archetipi classici del fantasy, come l’eroe, il mentore, il compagno, il nemico, ecc., ma devi anche aggiungere elementi originali e sorprendenti che li rendano unici.

4. Struttura la tua trama

La trama è l’insieme degli eventi che compongono la tua storia e che portano i tuoi personaggi a raggiungere o fallire i loro obiettivi. Devi avere una trama ben organizzata e bilanciata, che mantenga l’interesse e la suspense del lettore e che sia coerente con il tuo genere e il tuo mondo. Puoi usare modelli narrativi consolidati, come il viaggio dell’eroe, la lotta tra bene e male, la ricerca del tesoro, ecc., ma devi anche inserire colpi di scena e svolte inaspettate che arricchiscano la tua storia.

5. Scrivi il tuo racconto

Una volta che hai definito tutti gli elementi della tua storia, puoi iniziare a scrivere il tuo racconto fantasy. Devi usare un linguaggio chiaro, fluido e adatto al tuo genere e al tuo pubblico. Devi anche prestare attenzione alla scelta del punto di vista narrativo, alla descrizione del tuo mondo e dei tuoi personaggi, al dialogo tra i tuoi personaggi e all’uso della magia e degli altri elementi fantastici. Devi anche rispettare le regole grammaticali e ortografiche della lingua italiana.

Fiabe e favole: come distinguerle e perché è importante

Le fiabe e le favole sono due generi letterari molto antichi e diffusi, che hanno affascinato e divertito generazioni di lettori di ogni età. Tuttavia, non sempre si ha chiara la differenza tra questi due tipi di narrazione, che spesso vengono confusi o usati come sinonimi. In realtà, esistono delle caratteristiche distintive che permettono di riconoscere e classificare correttamente fiabe e favole, e di apprezzare meglio il loro valore culturale e formativo.

Cos’è una fiaba?

La fiaba è una forma di racconto popolare, che ha origine dalla tradizione orale e che si è poi consolidata nella letteratura scritta. La parola fiaba deriva dal latino fabula, che significa “favola”, ma anche “storia” o “racconto”. La fiaba ha una struttura semplice e lineare, con una trama breve e una conclusione positiva. Le storie narrate sono ambientate in un mondo fantastico, dove si mescolano elementi reali e magici, come fate, streghe, draghi, oggetti incantati, ecc. I personaggi principali sono spesso umani, che devono affrontare delle prove o dei pericoli per raggiungere la loro felicità. Essi sono caratterizzati da pochi tratti psicologici, e rappresentano dei modelli ideali o degli stereotipi, come il principe azzurro, la principessa, l’orfano, la matrigna, il cacciatore, ecc. La fiaba ha una funzione educativa e simbolica, in quanto trasmette dei valori morali e delle verità universali, attraverso l’uso di metafore e allegorie. La fiaba si rivolge principalmente ai bambini, ma può essere apprezzata anche dagli adulti, in quanto offre una chiave di lettura della realtà e delle sue contraddizioni.

Fra i più celebri autori di fiabe, possiamo citare Charles Perrault, che nel XVII secolo raccolse e rielaborò le fiabe popolari francesi, come Cenerentola, Il gatto con gli stivali, La bella addormentata nel bosco, ecc. I fratelli Grimm, che nel XIX secolo fecero lo stesso con le fiabe tedesche, come Biancaneve, Hänsel e Gretel, Cappuccetto Rosso, ecc. Giuseppe Pitrè, che nel XIX secolo fu il maggior studioso e divulgatore delle fiabe siciliane, come La gatta cenerentola, Il re porco, La bella e la bestia, ecc. Hans Christian Andersen, che nel XIX secolo scrisse delle fiabe originali, ispirate alla sua vita e alla sua sensibilità, come La sirenetta, Il brutto anatroccolo, La regina delle nevi, ecc. Aleksandr Nikolaevič Afanas’ev, che nel XIX secolo compilò la più grande raccolta di fiabe russe, come Vasilisa la bella, Il pesciolino d’oro, Il gallo d’oro, ecc.

Cos’è una favola?

La favola è un altro genere letterario molto antico e popolare, che deriva anch’esso dal latino fabula, ma che ha un significato diverso da quello di fiaba. La favola è una forma di racconto breve e inventato, che ha lo scopo di illustrare una verità morale o un insegnamento di vita. La favola si basa su una situazione realistica, che può essere tratta dall’esperienza quotidiana o dalla storia. I personaggi principali sono spesso animali, che parlano e si comportano come gli esseri umani, e che simboleggiano dei vizi o delle virtù, come l’astuzia, la forza, la pigrizia, la generosità, ecc. La favola si conclude con una morale, che esplicita il messaggio che l’autore vuole trasmettere al lettore. La favola ha una funzione didattica e critica, in quanto mette in evidenza i difetti e le contraddizioni della società e dell’individuo, e propone dei modelli di comportamento positivi o negativi. La favola si rivolge a un pubblico eterogeneo, che può essere composto da bambini o da adulti, in quanto offre una riflessione sulle questioni etiche e sociali.

Fra i più famosi autori di favole, possiamo ricordare Esopo, che nel VI secolo a.C. fu il primo a scrivere delle favole in greco, come La volpe e l’uva, La lepre e la tartaruga, Il lupo e l’agnello, ecc. Fedro, che nel I secolo d.C. tradusse e adattò le favole di Esopo in latino, aggiungendo anche delle sue, come Il leone e il topo, Il corvo e la volpe, La rana e il bue, ecc. Jean de La Fontaine, che nel XVII secolo riprese le favole di Esopo e di Fedro, e le arricchì con la sua ironia e il suo stile elegante, come La cicala e la formica, Il leone e il moscerino, La lepre e la tortora, ecc. John Gay, che nel XVIII secolo scrisse delle favole originali in versi, con una forte satira sociale e politica, come Il topo di città e il topo di campagna, Il leone e il pastore, Il corvo e il pavone, ecc. Giovanni Meli, che nel XVIII secolo fu il maggior poeta siciliano, e che compose delle favole in dialetto, con una vena umoristica e popolare, come Lu cani e lu lupu, Lu cavaddu e lu surci, Lu leuni e lu cigniali, ecc. Rudyard Kipling, che nel XIX secolo scrisse delle favole ambientate nell’India coloniale, con una grande fantasia e una profonda conoscenza della natura, come Il libro della giungla, Il gatto che andava da solo, Come nacque l’alfabeto, ecc.

Come distinguerle e perché è importante

Come si può notare, fiabe e favole hanno delle caratteristiche ben distinte, che le rendono facilmente riconoscibili e classificabili. Tuttavia, ci sono dei casi in cui la distinzione tra questi due generi può essere meno netta, e può creare delle ambiguità o delle eccezioni. Ad esempio, la storia di Amore e Psiche, narrata da Apuleio nel II secolo d.C. nel suo romanzo Le metamorfosi, viene spesso definita come una favola, tanto che lo stesso autore la chiama “favola milesia”. In realtà, si tratta di una fiaba, in quanto presenta degli elementi tipici di questo genere, come la presenza di incantesimi, di storie d’amore, di divinità, di prove da superare, e di un lieto fine. Inoltre, non ha una morale esplicita, ma una funzione simbolica e allegorica, che richiede una lettura più profonda e interpretativa. Allo stesso modo, la storia dei Musicanti di Brema, raccolta dai fratelli Grimm nel XIX secolo, sebbene sia catalogata come una fiaba, sembra appartenere alla categoria delle favole, in quanto presenta degli animali protagonisti, che interagiscono in un contesto realistico e che rappresentano delle qualità umane, come la solidarietà, la furbizia, la libertà, ecc. Inoltre, ha una morale implicita, che suggerisce al lettore di non arrendersi di fronte alle difficoltà e di cercare sempre una soluzione creativa.

Questi esempi mostrano come non sempre sia facile o possibile distinguere tra fiabe e favole, e come a volte ci siano delle sovrapposizioni o delle contaminazioni tra questi due generi. Tuttavia, ciò non significa che fiabe e favole siano simili o equivalenti, ma che richiedono una maggiore attenzione e una maggiore sensibilità da parte del lettore, che deve saper cogliere le sfumature e le differenze che li caratterizzano. Saper riconoscere e classificare correttamente fiabe e favole è importante, non solo per una questione di ordine o di precisione, ma soprattutto per una questione di gusto e di comprensione

Exit mobile version