Cthulhu – Death May Die: Una Porta per Yog-Sothoth

Nella collana nata dalla collaborazione tra Sergio Bonelli Editore e CMON arriva “Cthulhu – Death May Die: Una Porta per Yog-Sothoth”, il secondo volume di Cthulhu, la serie ispirata al famoso boardgame dallo stesso titolo, una graphic novel che pesca a piene mani nell’immaginario orrorifico e visionario di H.P. Lovecraft.

In questo volume i cultisti dei Grandi Antichi vogliono aprire una porta per evocare Yog-Sothoth, ma hanno bisogno di una “chiave” particolare: Seamus, uno dei bambini cresciuti nell’orfanotrofio di Last Hope, ora diciassettenne. Quando il ragazzo si rende conto di cosa sta per succedere, decide di sparire… ma i giorni propizi per l’evocazione, presso la cima del Turks Head Building a Providence, sono infine giunti e le oscure figure che si muovono per catturare Seamus sono più decise che mai a non perdere l’occasione.

La versione Variant del volume, con la copertina di Stefan Kopinski, disponibile esclusivamente nelle librerie del circuito Manicomix, al Bonelli Store e sul sito sergiobonelli.it, contiene una card del gioco da tavolo Cthulhu – Death May Die creata per l’espansione del gioco e non presente nella scatola del gioco presente nel mercato italiano.

Altri Dei in Lovecraft

Shub Niggurath, detto anche il Capro dai mille cuccioli,  ricorda molto quella di Satana. Sebbene Shub-Niggurath sia spesso associata all’epiteto “Nero Capro”, non è da escludere che questo capro sia in realtà un’entità separata dalla dea. Rodolfo Ferraresi, nel suo saggio The Question of Shub-Niggurath, afferma che lo stesso Lovecraft avesse separato queste due figure, come si evince per esempio in Dall’abisso del tempo (1935): in questo racconto, infatti, è spiegato che il capro altro non è che un’immagine simbolica attraverso la quale gli adepti adorano e celebrano Shub-Niggurath.

 

 

Hastur è un essere immaginario appartenente al Ciclo di Cthulhu. Appare per la prima volta nel racconto di Ambrose Bierce Haïta the Shepherd (1893), in cui viene descritto come una divinità benigna. Forse il meno malvagio degli Altri Dei, Hastur rappresenta il vuoto che ci circonda Nella raccolta di storie horror The King in Yellow (1895) scritta da Robert W. Chambers, “Hastur” è sia il nome di un essere soprannaturale che il nome di un luogo geografico.

 

Umr At-Tawil è un’entità che si trova a guardia all’Ultima Porta. Appare come una figura vagamente umanoide pesantemente ammantata, senza organi o caratteristiche distinguibili sotto i suoi abiti. Nei miti di Cthulhu questo essere è descritto in ” Attraverso i cancelli della chiave d’argento ” di HP Lovecraft e E. Hoffman Price.

Yog-Sothoth: il Caos rivelato secondo Lovecraft

Yog-Sothoth è  una diretta emanazione di Azathoth, rispetto al quale costituisce il Caos rivelato: è il mediatore tra Azathoth e il piccolo e limitato mondo umano ed è attraverso di lui che il caos penetra in quest’ultimo. Yog-Sothoth è una divinità immaginaria presente nel Ciclo di Cthulhu e nelle Storie Oniriche di H. P. Lovecraft. Yog-Sothoth  è detto la Porta finale o il Guardiano della porta convessa, dal momento che esistono due porte per accedere allo spazio esterno: una, quella convessa custodita appunto da Yog-Sothoth, l’altra, quella concava, da Umr-At-Tawil. Si può presentare come una massa smisurata, gelatinosa e tremolante, al cui interno vi è un occhio che, qualora rivolgesse lo sguardo su un essere umano, lo ridurrebbe in cenere.

Nella trilogia Illuminatus! di Robert Anton Wilson e Robert Shea, Yog-Sothoth viene descritto come un’entità extradimensionale, i cui attributi differiscono enormemente da quelli dei Miti di Cthulhu. Adorato come un dio da alcune incarnazioni degli Illuminati, è conosciuto come il Divoratore delle Anime per la sua abitudine di nutrirsi di sacrifici umani. È incorporeo e invisibile, ma può possedere degli umani e può essere imprigionato in forme pentagonali; per diversi decenni è stato imprigionato nel Pentagono dagli Illuminati e nutrito con vittime di incidenti stradali.

Nell’opera Non fermarmi! appare Yog-Sothoth, evocato da padre Nicola e dai suoi seguaci allo scopo di aprire un varco per proiettarsi nell’oltreverso.

Compare nel finale del racconto in stile lovecraftiano di Stephen King “Jerusalem’s Lot” contenuto nella raccolta A Volte Ritornano.

Exit mobile version