Altri Dei in Lovecraft

Shub Niggurath, detto anche il Capro dai mille cuccioli,  ricorda molto quella di Satana. Sebbene Shub-Niggurath sia spesso associata all’epiteto “Nero Capro”, non è da escludere che questo capro sia in realtà un’entità separata dalla dea. Rodolfo Ferraresi, nel suo saggio The Question of Shub-Niggurath, afferma che lo stesso Lovecraft avesse separato queste due figure, come si evince per esempio in Dall’abisso del tempo (1935): in questo racconto, infatti, è spiegato che il capro altro non è che un’immagine simbolica attraverso la quale gli adepti adorano e celebrano Shub-Niggurath.

 

 

Hastur è un essere immaginario appartenente al Ciclo di Cthulhu. Appare per la prima volta nel racconto di Ambrose Bierce Haïta the Shepherd (1893), in cui viene descritto come una divinità benigna. Forse il meno malvagio degli Altri Dei, Hastur rappresenta il vuoto che ci circonda Nella raccolta di storie horror The King in Yellow (1895) scritta da Robert W. Chambers, “Hastur” è sia il nome di un essere soprannaturale che il nome di un luogo geografico.

 

Umr At-Tawil è un’entità che si trova a guardia all’Ultima Porta. Appare come una figura vagamente umanoide pesantemente ammantata, senza organi o caratteristiche distinguibili sotto i suoi abiti. Nei miti di Cthulhu questo essere è descritto in ” Attraverso i cancelli della chiave d’argento ” di HP Lovecraft e E. Hoffman Price.

Chi è Cthulhu?

Non è facile identificare completamente le radici culturali dell’immaginario di Howard Phillips Lovecraft, così perse tra mito, sogno, leggenda e letteratura, ma è comunque possibile cercare di individuare, in questo “mare magnum”, alcune isole, alcuni “fari” che permettano al lettore e all’appassionato se non la scoperta della corretta via, almeno l’individuazione di validi punti di riferimento, utili per non perdersi definitivamente e non fare naufragio verso “poco raccomandabili” atolli.

Cthulhu è un essere semi-divino di proporzioni e forza prodigiose: nei racconti del cosiddetto Ciclo di Cthulhu, anche noto come Miti di Cthulhu (definizione postuma dell’opera lovecraftiana e delle aggiunte di molti altri scrittori), l’autore e i suoi epigoni lo hanno definito come una deità blasfema, adorata da popolazioni degenerate, selvaggi e folli, connessa all’insorgere di incubi e il cui culto prevede atroci sacrifici umani. Cthulhu appare per la prima volta nel racconto intitolato Il richiamo di Cthulhu (1928). Cthulhu è sicuramente uno degli Altri Dei più mostruosi, se non altro per il suo terribile aspetto. Questo essere fu sconfitto dai Grandi Antichi, i primi abitatori della terra, e relegato nella città sommersa di R’lyeh. Da allora è in uno stato di quiescenza, in cui fa sogni di orribile malignità, ma è pronto a ridestarsi per travolgere tutto quello che può incontrare. Il suo aspetto è quello di un gigantesco polipo, alto quanto una montagna, ed è capace di muoversi velocemente negli abissi degli oceani, suo habitat naturale, ma anche di volare. Lo si può riconoscere per tre segni: il rumore diguazzante, il fetore pestilenziale ed il vento gelido fonte di angoscia. E’ capo degli esseri piovra ma ha numerosi seguaci anche tra gli umani, ai quali può inviare messaggi telepatici. La creatura risiede nella perduta città sommersa di R’lyeh, nei pressi di Ponape (l’odierna Pohnpei, in Micronesia) nelle rovine di Nam Tam Bao, in un sonno simile alla morte, nell’attesa che una congiunzione astrale favorevole ne consenta il risveglio

Cthulhu fa parte della complessa mitologia partorita dalla mente di H. P. Lovecraft e da lui attribuita ad un fittizio manoscritto (pseudobiblium) noto come Necronomicon, redatto dall'”arabo pazzo” Abdul Alhazred. Cthulhu è il principale, nonché sacerdote, dei Grandi Antichi, abominevoli creature aliene che si insediarono sulla Terra quando ancora la vita terrestre era agli inizi. Egli infatti giunse con la sua progenie stellare (la cosiddetta “prole stellare di Cthulhu”) sulla Terra e fondò la leggendaria città di R’lyeh, nella quale fu imprigionato (non è dato sapere se volontariamente o no) quando le stelle furono allineate correttamente («the stars come right»).

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