Tutta la luce che non vediamo

Netflix ha rilascito il trailer di Tutta la luce che non vediamo, la rivoluzionaria miniserie in 4 episodi, diretta da Shawn Levy e scritta da Steven Knight.  La miniserie è prodotta da Shawn Levy, Dan Levine e Josh Barry per 21 Laps Entertainment, la casa di produzione dietro al fenomeno globale Stranger Things, al film candidato agli Oscar Arrival, alla serie Netflix di successo Tenebre e Ossa, e ai film Free Guy e The Adam Project. Anche Steven Knight è produttore esecutivo, mentre Joe Strechay (See, The OA) è produttore associato e consulente per la cecità e l’accessibilità.

Al centro della storia la protagonista Marie-Laure LeBlanc, una ragazza francese cieca il cui coraggio e la cui speranza faranno da contraltare alla violenza e alla distruzione della guerra. Marie-Laure è interpretata dalle attrici esordienti Aria Mia Loberti (scoperta da Levy in un casting globale a cui hanno partecipato attrici cieche e ipovedenti) e Nell Sutton (Marie-Laure da giovane). Al loro fianco Louis Hofmann (Werner), il vincitore agli Emmy Award e candidato all’Oscar Mark Ruffalo (Daniel LeBlanc), Lars Eidinger (Von Rumpel), il vincitore del Golden Globe e candidato agli Emmy Hugh Laurie (zio Etienne), Marion Bailey (Madame Manec).

Tratta dal romanzo vincitore del Premio PulitzerAnthony Doerr, Tutta la luce che non vediamo è una miniserie che segue la storia di Marie-Laure, una ragazza francese cieca, e di suo padre, Daniel LeBlanc, che fuggono dalla Parigi occupata dai tedeschi con un diamante leggendario per impedire che finisca nelle mani dei nazisti. Braccati senza sosta da un crudele ufficiale della Gestapo che vuole impossessarsi della pietra preziosa per il suo interesse personale, Marie-Laure e Daniel trovano presto rifugio a St. Malo, dove vanno a vivere con uno zio solitario che diffonde le trasmissioni clandestine per la resistenza.

In questa cittadina sul mare una volta idilliaca, il percorso di Marie-Laure incrocia inevitabilmente quello di un’improbabile anima gemella: Werner, un adolescente brillante arruolato dal regime di Hitler per rintracciare le trasmissioni illegali, che invece possiede un legame segreto con Marie-Laure e con la sua fiducia nell’umanità e la sua speranza. Intrecciando abilmente le vite di Marie-Laure e Werner nel corso di un decennio, Tutta la luce che non vediamo racconta la storia dell’incredibile potere dei legami tra le persone, un faro di luce che può guidarci anche nei tempi più bui.

Tutta la luce che non vediamo | Trailer ufficiale | Netflix Italia

Tutta la luce che non vediamo sarà presentata in anteprima il 30 ottobre, in collaborazione con la Festa del Cinema di Roma, con una proiezione accessibile del primo episodio fruibile da persone con disabilità sensoriali grazie all’audiodescrizione e ai sottotitoli. Un secondo screening in anteprima per i fan si terrà il 1° novembre a Lucca Comics & Games, prima dell’arrivo, solo su Netflix dal 2 novembre.

The Adam Project: un viaggio nel tempo nella vita di Ryan Reynolds

Dopo un atterraggio di fortuna nel 2022, il pilota combattente abilitato al viaggio nel tempo Adam Reed fa squadra con il se stesso dodicenne in una missione destinata a salvare il futuro di entrambi. Questa la sinossi ufficiale di “The Adam Project”  diretto da Shawn Levy e sceneggiato da Jonathan Tropper, T.S. Nowlin, Jennifer Flackett e Mark Levin, uno dei film originali più attesi della stagione su Netflix. Nel cast troviamo il mitico Ryan Reynolds, Mark Ruffalo, Jennifer Garner, Walker Scobell, Catherine Keener e Zoe Saldaña.

Il progetto di questo film ha una genesi molto lunga, le prime stesure della sceneggiatura, ispirate da una spec script di T.S. Nowlin dal titolo “Our Name Is Adam” e poi “evolte” da Jonathan Tropper, Jennifer Flackett e Mark Levin, risalgono a 10 anni fa: solo nel 2020 Netflix, acquisendo i diritti sul film ha affidato “alla strana coppia” già diventata leggende con il film “Free Guy – Eroe per gioco“. Le riprese del film, iniziate nel novembre 2020 a Vancouver sono terminate nel marzo 2021. 

The Adam Project | Official Teaser | Netflix

Da sempre, nella storia del Cinema, i viaggi nel tempo sono stati protagonisti fondanti di storie incredibili, basti pensare ai titoloni quali  Ritorno al Futuro, Terminator, Interstellar; così come nelle serie tv (ricordate il franchise eterno del Doctor Who) che sul web (John Titor, il viaggiatore venuto dal futuro vi ricorda qualcosa?). Ma probabilmente, in The Adam Project, la sovrastruttura fantascientifica non è il vero motore che spinge il film al successo, anzi è proprio nell’intima ricerca dei propri ricordi, del confronto con se stessi, del rimpianto e della speranza, che si cela il vero traguardo della pellicola di Shawn Levy e Ryan Reynolds.

Proprio per il nostro Deadpool di quartiere, la realizzazione di questo film ha scavato a fondo nella sua vita personale, tanto che l’attore canadese ha dichiarato più volte, con una schiettezza estrema che  questa storia parla di me. Infatti, come nella pellicola così nella vita reale, attore e protagonista hanno perso il padre in condizioni di tristezza: il papà di Ryan Reynolds è morto a 2015, a 74 anni, ma dopo un lungo periodo di tremenda sofferenza per il temibile il morbo di Parkinson. L’attore e la sua famiglia si stringono intorno al genitore che, via via, sta perdendo se stesso, logorato dal male. Ryan diventa un’icona mondiale della ricerca su questa patologia, collaborando con Michael J. Fox per la sua Foundation for Parkinson’s Research e partecipando alla maratona di New York per sostenere e promuovere la ricerca. 

Il Parkison spinge i malati ad affrontare ogni giorno il proprio passato, così ne parla il grande attore:

“Combattono una battaglia nel proprio corpo e la loro lotta, a differenza di una qualsiasi maratona, non finisce in una pozza di vomito appena usciti dal Tavern on the Green in attesa di un’ambulanza. Loro continuano giorno dopo giorno, combattendo in silenzio nella più personale delle loro battaglie”.

 

In The Adam Project, come abbiamo anticipato non è dunque l’ambizione verso il Futuro ad essere la leva narrativa ma proprio il difficile  rapporto con il passato e Shaw Levy è davvero molto bravo a connettere la narrazione con una sfera intima, di rabbia e di speranza evolvendo il concetto sci-fi nell’intima battaglia di Adam volta a liberarsi dalle catene che imprigionano le sue emozioni.

Free Guy – Eroe per Gioco: i nuovi poster

Arriverà l’11 agosto nelle sale italiane, distribuita da The Walt Disney Company Italia, la nuova entusiasmante commedia d’azione targata Twentieth Century Studios Free Guy – Eroe per Gioco. Diretto da Shawn Levy, il film è interpretato da Ryan Reynolds, Jodie Comer, Lil Rel Howery, Joe Keery, Utkarsh Ambudkar e Taika Waititi.

In Free Guy – Eroe per Gioco, un impiegato di banca che scopre di essere un personaggio all’interno di un videogioco open world decide di diventare l’eroe della propria storia e di riscrivere il suo personaggio. In un mondo senza limiti, il protagonista è determinato a diventare colui che salverà il suo mondo a modo proprio…prima che sia troppo tardi.

Free Guy - Eroe per Gioco | Nuovo Trailer

Interpretato da Ryan Reynolds, Jodie Comer, Lil Rel Howery, Joe Keery, Utkarsh Ambudkar e Taika Waititi, Free Guy – Eroe per Gioco è diretto da Shawn Levy da una sceneggiatura di Matt Lieberman e Zak Penn e un soggetto di Lieberman. Il film è prodotto da Ryan Reynolds, p.g.a., Shawn Levy, p.g.a., Sarah Schechter, Greg Berlanti e Adam Kolbrenner. Mary McLaglen, Josh McLaglen, George Dewey, Dan Levine e Michael Riley McGrath sono i produttori esecutivi.

Alcune delle figure più influenti nel mondo dei videogiochi interpretano un cameo in Free Guy – Eroe per Gioco, tra cui: Imane “Pokimane” Anys, Lannan “LazarBeam” Eacott, Seán William “Jacksepticeye” McLoughlin, Tyler “Ninja” Blevins e Daniel “DanTDM” Middleton.

Il team creativo di “Tenebre e ossa” parla della creazione del Grishaverse

I romanzi del Grishaverse di Leigh Bardugo stanno finalmente arrivando sullo schermo con la nuova serie fantasy di Netflix Tenebre e ossa che ha debuttato il 23 aprile sulla piattaforma di streaming. La storia si incentra sulla cartografa orfana Alina Starkov (Jessie Mei Li) e sulle forze oscure che cospirano contro di lei quando scatena uno straordinario potere che potrebbe cambiare il destino del suo mondo dilaniato dalla guerra.  Dare vita a questo vasto universo non è stata un’impresa facile, come affermano lo showrunner, sceneggiatore e produttore esecutivo Eric Heisserer, l’autrice e produttrice esecutiva Leigh Bardugo e il produttore esecutivo Shawn Levy (21 Laps Entertainment). Insieme discutono delle più grandi sfide nell’adattare i romanzi, nel trovare gli interpreti dei popolari personaggi e di come Tenebre e ossa si distingua all’interno del suo genere.

Eric e Leigh, come vi siete incontrati e come avete iniziato a collaborare all’adattamento del Grishaverse in una serie?

Eric Heisserer: Circa tre anni fa uno dei miei propositi per l’anno nuovo era di passare più tempo libero a leggere. Ho chiesto a vari amici di consigliare alcuni libri e qualcuno ha detto: “Che ne pensi di un mix di Ocean’s Eleven e Charles Dickens in un contesto fantasy?” Ho divorato Sei di corvi e mi è piaciuto così tanto che ho mandato un tweet a Leigh per ringraziarla di aver scritto questo straordinario romanzo. Poi ho scoperto la trilogia originale di Tenebre e ossa e ho letto con piacere la storia di formazione ed emancipazione della giovane eroina. L’anno successivo l’agente letterario di Leigh mi ha contattato per farmi sapere che Netflix aveva acquisito i diritti di Tenebre e ossa e che tutti avevano visto il messaggio che avevo twittato a Leigh. Ma la mia proposta era di produrre sia Tenebre e ossa sia Sei di corvi. Dopo circa due mesi Netflix mi ha chiamato confermando di aver acquisito i diritti per tutta la serie.

Leigh Bardugo: Durante il processo di adattamento molti dei miei amici autori sono rimasti esclusi dai mondi che avevano creato. Subito dopo aver incontrato Eric sapevo che nel mio caso non sarebbe successo. Aveva grandi idee e nuovi spunti per i personaggi, ma anche un enorme rispetto per l’universo creato e per la sua schiera di fan. Da vero appassionato Eric ha sempre mostrato curiosità ed entusiasmo nei confronti della serie, un approccio davvero importante per me.

Cosa differenzia Tenebre e ossa da altre serie dello stesso genere?

Shawn Levy: I romanzi e ora la serie traggono grande spunto dalla Russia zarista. Non si tratta di un’imitazione della storia, ma di un’ispirazione a quella particolare estetica. Nel genere fantasy siamo abituati a vedere ispirazioni e influenze medievali, ma volevamo creare una serie realistica che fosse completamente diversa dal punto di vista estetico e stilistico. Dai costumi alle scenografie, fino alle lingue parlate negli episodi, Tenebre e ossa è una serie estremamente innovativa e romantica oltre a essere piena di umorismo e sarcasmo.

Come avete gestito la fusione di Tenebre e ossa e Sei di corvi , dal momento che sono ambientati nello stesso universo ma in periodi diversi?

Heisserer: I romanzi seguono una linea cronologica, quindi in teoria gli eventi dei romanzi di Sei di corvi non iniziano prima della conclusione della serie di Tenebre e ossa. Essenzialmente io e Leigh abbiamo dovuto inventare storie prequel per i personaggi chiave di Sei di corvi in questa stagione, ovvero Kaz, Inej e Jesper, per allinearle alla trama di Tenebre e ossa. Questo è stato il nostro compito principale.

Bardugo: E non è stato facile! Eric ha preso due serie fantasy colme di superpoteri, creature, orrori e crimini combinandole in una storia straordinariamente coesa. Non penso esista persona più adatta a prendere in mano le chiavi di questo universo. Non si trattava solo delle chiavi di un romanzo o di una serie, ma di un mondo intero a cui ho lavorato per la maggior parte della mia carriera.

Come avete gestito la ricerca del cast per interpretare questi amati personaggi?

Bardugo: La fortuna ci ha baciati più di una volta ed è stato evidente nella scelta del cast. Abbiamo trovato attori con un’intesa incredibile dentro e fuori dal set. Il livello di concentrazione, energia e dedizione che dimostrano è straordinario.

Levy: In una serie come Tenebre e ossa si assiste alla creazione di un nuovo mondo, e in questi casi il compito principale è di presentare al pubblico personaggi mai incontrati prima d’ora. Non è possibile farlo con un cast di volti conosciuti. Bisogna utilizzare volti nuovi. In questo contesto il processo di casting mi ha ricordato molto quello di Stranger Things. Al contrario di altre serie fantasy, qui i personaggi e gli attori arrivano da un background culturale ed etnico estremamente eclettico. Abbiamo creato un mondo ricco di background e culture diverse in modo accurato in relazione alla nostra realtà, ma anche unico nel genere fantasy. Un fattore davvero importante per noi fin dall’inizio.

Quale elemento di Tenebre e ossa pensate possa fare presa sui fan vecchi e nuovi?

Bardugo: Spero che gli spettatori siano trasportati in un mondo che non assomiglia a nulla che già conoscono. Non parliamo di spade e incantesimi. Questa serie si pone la domanda “Cosa succede quando si partecipa a un combattimento magico con una pistola?” La storia parla di poteri magici, destini grandiosi e intrighi di corte, ma anche di persone emarginate che sono ritenute sacrificabili.

Levy: Mentre giravamo Stranger Things, spesso ci chiedevano “Chi la guarderà?” Abbiamo scoperto che quando si riesce a incentrare una serie su personaggi che hanno un lato umano e a cui ci si affeziona profondamente e con passione, si crea qualcosa di magico. Speriamo di riuscire a farlo con Tenebre e ossa. Abbiamo cercato di creare un mondo completamente inedito per i fan vecchi e nuovi, ma con personaggi decisamente umani che desiderano, tentano, ambiscono e lottano in maniera autentica, perciò familiare e riconoscibile da tutti.

Cosa sappiamo su Real Steel della DreamWorks Pictures?

In “Real Steel”, il nuovo futuristico film della DreamWorks Pictures ricco di grinta e di azione, Hugh Jackman interpreta Charlie Kenton, un pugile sul viale del tramonto, costretto a farsi da parte quando il mondo del pugilato è stato invaso da giganteschi robot d’acciaio. Privo ormai di qualsiasi prospettiva, Charlie è diventato un promotore di incontri di pugilato fra i robot e si guadagna a malapena da vivere assemblando robot scadenti e in disuso per cui organizza match nei vari ring clandestini. Ma proprio quando Charlie pensa che le cose non possano andare peggio di così, nella sua vita improvvisamente riappare Max (Dakota Goyo), il figlio che aveva da tempo perso di vista, un ragazzino pieno di risorse malgrado la sua giovane età.

Padre e figlio, dopo un’iniziale reciproca riluttanza, uniscono le loro forze per costruire e addestrare un robot malandato e trasformarlo in un pugile da combattimento. Sullo sfondo di un’arena brutale e priva di regole, Charlie, avrà finalmente l’occasione di un insperato ritorno

Real Steel” è la storia del riscatto di una vita difficile, raccontata in grande stile cinematografico e condita di sorprese. Il film unisce scenari spettacolari ad una narrazione realistica e toccante. Il regista di “Real Steel”, Shawn Levy lo considera la storia di un riscatto morale di tre anime perse e dimenticate: “I personaggi principali – un padre, un figlio e un robot –– sono tre esseri abbandonati da tutto e da tutti,” dice Levy. “La storia racconta il modo in cui questo trio riuscirà a tornare a galla e rimettersi in gioco”.

Don Murphy, Susan Montford e Shawn Levy hanno prodotto “Real Steel”. I produttori esecutivi sono Jack Rapke, Robert Zemeckis, Steve Starkey, Steven Spielberg, Mary McLaglen e Josh McLaglen. La sceneggiatura è di John Gatins, ed è tratta da una storia di Dan Gilroy e Jeremy Leven.

Real Steel” è in parte basato su “Steel”, il racconto breve del leggendario maestro di fantascienza Richard Matheson, già adattato per la TV in una puntata di “Twilight Zone” del 1963, interpretata da Lee Marvin. Matheson vanta una prolifica carriera da oltre mezzo secolo, e molti dei suoi romanzi più noti fra cui “I Am Legend”, “Hell House”, “Somewhere in Time” e “What Dreams May Come”, sono stati trasformati in film a soggetto. Matheson fa parte della Science Fiction Hall of Fame dal 2010.

“Real Steel” presenta inoltre Evangeline Lilly, Anthony Mackie, Kevin Durand, Hope Davis e James Rebhorn.

LA PREMESSA

Immaginate un’epoca in un futuro non lontano (2020) in cui gli appassionati di boxe sono ormai stanchi di assistere a match in cui semplici esseri umani si prendono a pugni. E’ un’epoca in cui il pubblico è sempre più assetato di violenza e di massacri, e non si accontenta più delle performance limitate di atleti in carne ed ossa. E’ un mondo in cui la boxe si è evoluta al punto tale in cui non ci sono più uomini sul ring, bensì robot che si affrontano senza alcuna regola. Concetti come l’abilità, l’eleganza, il talento e la professionalità appartengono ormai al passato. I fan cercano ormai solo la potenza incontrollata di colpi fatali, allo scopo della totale distruzione dell’avversario.

L’idea di robot pugili ha stuzzicato la fantasia del noto regista Shawn Levy, che vanta commedie di grande successo tra cui il franchise di “Una notte al museo” e “Notte folle a Manhattan”. Quando la DreamWorks gli ha presentato l’idea di “Real Steel”, Levy afferma di essersi interessato al progetto per via della partecipazione di Steven Spielberg e Stacey Snider. “Mi hanno convocato per parlarmi di questa idea che inizialmente sembrava assolutamente folle da realizzare in un film”, racconta Levy. “Ovviamente ero molto lusingato e quando ho letto la sceneggiatura ho pensato che poteva essere l’occasione di farne un film ambientato nel mondo dello sport, in cui viene esplorato con sentimento il rapporto fra un padre e un figlio. Questo mi ha galvanizzato”.

Eravamo entusiasti di poter lavorare con Shawn”, commenta Stacey Snider, socia principale/co-presidentessa/CEO dei DreamWorks Studios. “Con questo film, ha superato persino i grandi successi che finora lo hanno reso noto. ‘Real Steel’ rappresenta veramente il suo punto di svolta”.

Il produttore esecutivo Steven Spielberg concorda, e dichiara a sua volta: “Shawn ha creato una realtà. Questo è forse il suo film più realistico, con cui Shawn si è completamente reinventato come filmmaker. Il film è bellissimo, le riprese sono ricche di dettagli e di immaginazione. Quando è finito, gli ho detto: ‘Finora avevi raccontato tante belle storie, ma questo è il tuo primo vero film’.”

Shawn Levy non è solo un fan del pugilato ma un accanito ammiratore di film del genere, quali “Toro Scatenato” e “Rocky”. “Mi piacciono anche quelli minori, perché generalmente c’è un eroe caduto in disgrazia che fa di tutto per riabilitarsi e alla fine riesce nuovamente a trionfare sul ring”, spiega il regista. “‘Real Steel’ è un omaggio a tutti i film sulla boxe che guardavo quando ero ragazzo, insieme ai miei fratelli. Alcuni li avrò visti persino 50 volte!”

Levy continua: “Penso che alla gente piaccia la netta divisione fra vincitore e perdente che caratterizza un incontro di pugilato. E’ un aspetto molto semplice che non fa altro che accrescere l’interesse in questo sport. Con pugili brillanti come Ali o Sugar Ray Leonard, accade sempre qualcosa di elettrico, che non è paragonabile a nessun altro sport”.

Rispetto all’atmosfera di “Real Steel”, Levy afferma che il film senza dubbio non è ‘intimista’ ma che ha una dimensione epica che supera di gran lunga tutti i suoi lavori precedenti. “La boxe dei robot è uno sport grandioso e spettacolare”, dice, “ma al di là di questo, il film stesso è molto cinematografico, e presenta grandi panorami e vaste location. E’ un viaggio attraverso gli sconfinati territori americani”.

Tuttavia il regista Levy non voleva puntare solo sugli scenari o sui futuristici robot meccanici, per raccontare questa storia. “Per me questo film non doveva essere solo spettacolare”, spiega Levy. “Non sarebbe stato originale. La sceneggiatura contiene un aspetto molto umano, quindi il risultato doveva essere un grande film d’azione che fa da sfondo ad una storia sincera e toccante sul tema del riscatto morale e della salvezza”.

Forse Steven Spielberg descrive meglio il tema centrale del film quando lo definisce “l’appassionante storia di tre individui che vogliono rimettersi in gioco: un quarantenne, un ragazzino di dodici anni e un robot di nome Atom, che è il vero ingrediente segreto di ‘Real Steel’.”

Il personaggio di Hugh Jackman, Charlie Kenton, in gioventù è stato un peso massimo, ma ora è ridotto male. Spiega il regista Levy: “La cosa peggiore è che Charlie ora è costretto a guadagnarsi da vivere proprio grazie a quelle macchine che gli hanno tolto il lavoro. I robot che deve promuovere nelle gare gli generano un sentimento misto di gratitudine e risentimento”.

Quando Charlie ritrova, senza volere, Max, il figlio che da tempo ha abbandonato, è chiaro a tutti che l’unica cosa che i due hanno in comune è un reciproco risentimento. Tuttavia nutrono entrambi un forte interesse nei confronti dei pugili robot, e poco a poco, non senza difficoltà, iniziano a comunicare. All’inizio fanno fatica ad ingranare, ma quando trovano un vecchio robot in una discarica, ha inizio il loro viaggio comune per ritrovare se stessi.

Riflette il produttore Don Murphy: “La prima volta che incontriamo Charlie, è un uomo disperato; organizza incontri di boxe fra robot nel circuito della contea. Ma poi seguiremo la sua trasformazione e la sua determinazione per raggiungere il suo massimo obiettivo e cioè gareggiare e vincere nella lega ufficiale, la WRB [World Robot Boxing League]”.

Ma grazie ai suoi due compagni – un robot trovato in un cumulo di rifiuti, e un ragazzino pieno di grinta che conosce a memoria tutte li dettagli della grande lega del boxing, la WRB – Charlie non ha solo l’occasione di vincere, bensì di rinascere.

Regista esperto di commedie, Levy afferma che avendo sempre associato i set delle commedie al divertimento e alla leggerezza, di contro era convinto che il set di un film drammatico fosse necessariamente più serio e più intenso. Ma gli è stato dimostrato ampiamente il contrario! “Ho capito che qualsiasi sia il genere di film che dirigo, mi piace fare questo lavoro, mi piace essere lì tutti i giorni e la mia energia è contagiosa. Voglio che i miei set siano un posto in cui la gente vuole dare il meglio di sé e in cui sa di poter essere trattata con rispetto. In parte contribuisco a questa atmosfera perché fornisco alla squadra sempre le direttive della giornata, lasciando però, allo stesso tempo, a tutti, spazio alla scoperta e all’improvvisazione. Molto di quello che abbiamo girato nel film non era sul copione. Se si concede libertà sul set, si sviluppa meglio la creatività e si ricevono grandi sorprese”.

Essendo così ammirato per la sua creatività e amabilità, Levy attrae facilmente i massimi talenti dell’industria dello spettacolo, per lavorare nei suoi film. Afferma: “Sono davvero fortunato. Faccio un film all’anno, o quasi, e non potrei mantenere questo ritmo se non avessi una squadra di persone che sono davvero il ‘top’ in questo campo: parlo di gente come Mauro Fiore [direttore della fotografia], Tom Meyer [scenografo], Marlene Stewart [costumista], Josh McLaglen e Mary McLaglen [produttori esecutivi] e, ovviamente, il mio montatore Dean Zimmerman, che considero un mago. Lo stesso vale per la squadra della post produzione. E’ il quinto film che facciamo insieme”.

La produttrice Susan Montford riassume la sua esperienza al fianco di Shawn Levy in “Real Steel”: “Siamo rimasti colpiti da Shawn perché è un vero leader. E’ una grande fonte di ispirazione e grazie a lui tutti vogliono dare il meglio, sia gli attori che i tecnici. Tutti vengono sul set contenti di quel che stanno facendo e desiderosi di realizzare un bel film: questo è un risultato straordinario per un regista”.

IL CAST

Il regista Levy e la sua squadra di produzione hanno trascorso diverso tempo per trovare gli attori ideali per ognuno dei ruoli di “Real Steel” e sono felici del risultato, che ha arricchito i personaggi al di là di ogni aspettativa.

Il primo della lista per Levy era Hugh Jackman nel ruolo di Charlie Kenton. Commenta così questa scelta, il produttore esecutivo Steven Spielberg: “Penso che Shawn abbia avuto un grande intuito ad immaginare Hugh Jackman nella parte di Charlie. E’stata un’idea brillante. E’ stata la scintilla che ha acceso tutto il resto”.

Ciò che ha attratto immediatamente Hugh Jackman (“X-Men le origini: Wolverine”, “The Prestige”) al ruolo di Charlie è lo stesso che ha convinto il regista e la DreamWorks a voler realizzare questa magnifica storia. Dice Jackman: “La cosa che mi è piaciuta subito e in assoluto del copione è il rapporto fra padre e figlio e l’idea che qualcuno che ha commesso degli errori e che abbia rimpianti, ottenga dalla vita una seconda possibilità, per riuscire a diventare una persona migliore”.

Jackman era inoltre intrigato dal mondo in cui è ambientata la storia. “Mi piaceva molto l’idea di un’epoca non troppo lontana da noi. E’ un futuro incredibilmente accessibile”, afferma il premiato attore. “Oltre tutto sono un fanatico degli sport e l’idea di robot che combattono sul ring mi affascinava . E poi c’è la storia di un uomo in difficoltà, una persona che alla fine ritrova il coraggio di combattere per vincere. E’ senza dubbio uno di quei film che ti fanno sentire bene, e per me era anche qualcosa di estremamente diverso da quello che avevo fatto fino a quel momento. E poi avrei lavorato con Shawn Levy! E’ la persona più positiva, energica e divertente con cui lavorare. Le riprese di questo film sono state le più interessanti e gustose che abbia mai sperimentato finora”.

Ricambiando il complimento, il regista Levy dichiara con grande enfasi: “Hugh Jackman è uno degli attori più simpatici e gentili dello ‘show biz’. Ormai posso confermarlo di persona. Sembra assurdo, ma si comporta come se non sapesse di essere estremamente attraente nonché una super star del cinema. Spero che non se ne accorga così non cambierà mai. E’ il migliore, e nonostante il suo personaggio sia un uomo indurito dalla vita, lui ne ha mostrato anche il cuore e lo ha reso amabile”.

Per il ruolo di Max, il figlio abbandonato dal padre quando era piccolo, i filmmakers hanno fatto provini a centinaia di ragazzini e hanno trovato tanti attori eccezionali. “Abbiamo sempre saputo che c’era qualcuno fra loro che non solo sarebbe stato adatto alla parte per quanto riguarda il suo aspetto e il suo talento, ma anche perché possiede un tocco in più, qualcosa di inspiegabile a parole, ma che è magico sul grande schermo”, dice Levy.

I filmmakers hanno organizzato un’ampia ricerca per il cast. Racconta Jackman: “Quando è arrivato Dakota, Shawn ed io siamo rimasti davvero colpiti. E’ molto profondo e non ha barriere, permette alla macchina da presa di mostrare la sua anima e questa è una qualità incredibilmente rara per un ragazzo della sua età. Il suo viso ha un aspetto angelico; è estroverso, ed è un ragazzo sereno, dolce e rispettoso. Sia sullo schermo che nella vita reale, è una persona davvero speciale”.

Steven Spielberg ha percepito in Dakota una qualità di cui è sempre alla ricerca quando scrittura gli attori per i suoi film. Spiega: “Durante il provino di Dakota, ho visto un ragazzo vero, non un attore. L’autenticità è quello che cerco sempre negli attori, adulti o ragazzi che siano”.

Dakota Goyo ha fatto quattro provini per il ruolo di Max: due volte su cassetta e due volta di persona, a Los Angeles, dove ha avuto l’occasione di provare con Hugh Jackman. Racconta di questa esperienza: “Non mi sono sentito a disagio con Hugh perché è simpaticissimo. E’ così gentile, organizzato e disponibile. Sono stato contento di aver lavorato al suo fianco perché è una persona straordinaria”.

Per il ruolo di Bailey, assegnato alla popolare star televisiva Evangeline Lilly (“Lost”), il regista Levy confessa di essere da sempre un grandissimo ammiratore dell’attrice e di essersi rallegrato quando la donna ha accettato il ruolo. “Evangeline mi lascia stupefatto”, dice Levy. “Ero pazzo di lei a ‘Lost’. Sono un grande fan di quella serie. In ‘Real Steel’ non solo è pazzesca nelle grandi scene drammatiche fra lei e Dakota e fra lei e Hugh, ma riesce a spiccare anche quando si trova tra la folla durante gli incontri di pugilato. In quei brevi momenti che si alternano con i combattimenti sul ring, riesce a comunicare un’energia viscerale e trascinante. Per noi rappresenta un po’ tutto il pubblico. Si cala totalmente in ciò che accade”.

Lilly è rimasta conquistata dal ruolo di Bailey dopo aver letto il copione di “Real Steel”, che le era stato inviato dal suo agente. Lilly ricorda: “Mi ha toccato il cuore, è stato scritto con grande trasporto e ho desiderato moltissimo poter interpretare quel ruolo”.

Al di là di un bel copione, c’era un altro fattore che ha interessava Lilly rispetto a questo progetto: la possibilità di lavorare con Hugh Jackman. “Qualche tempo fa, dopo aver visto un film da titolo ‘The Fountain – l’albero della vita’, di Darren Aronofsky, interpretato da Hugh Jackman, ho sperato di poter avere un giorno l’occasione di recitare al suo fianco. In quel film l’interpretazione di Hugh lascia senza fiato. Perciò solo per il fatto che anche lui partecipava in questo progetto, ho accettato il ruolo. Oltre tutto, il copione era bellissimo e Shawn Levy lo avrebbe diretto”.

Lilly ha incontrato il regista per fare un provino e non appena sono stati presentati, l’attrice racconta di aver capito che quel film era giusto per lei. “Shawn è molto simpatico”, dichiara l’attrice. “Lo definirei ‘spumeggiante’: è allegro e ha un’energia molto positiva. Penso che nell’industria dello spettacolo sia facile cadere nella trappola di prendersi troppo sul serio e di diventare oppressivi con gli attori. Al contrario Shawn non potrebbe essere più leggero e giocoso, né più collaborativo e divertente”.

Nel film, il personaggio di Lilly, Bailey, è la figlia dell’ex allenatore di Charlie ai tempi in cui faceva il pugile. I due personaggi si conoscono da una vita. Da giovani sono stati innamorati l’uno dell’altra, ma la loro attrazione non è solo fisica: è basata sul fatto che si conoscono benissimo, dentro e fuori. Ognuno sa come interessare l’altro. Bailey conosce Charlie meglio di chiunque altro e la forza gravitazionale che si stabilisce fra i due, fa parte del sottotesto della storia.

Dopo aver visto “Hurt Locker”, Shawn Levy ha voluto che Anthony Mackie leggesse il copione di “Real Steel” per incarnare il ruolo di Finn, il carismatico cronista del Crash Palace, il luogo degli incontri di boxe non ufficiali. Racconta Mackie: “Sono rimasto davvero colpito dalla sceneggiatura. Non avevo letto mai nulla del genere. Il personaggio di Finn è molto carismatico. Ho parlato con Shawn e gli ho detto che mi piaceva l’idea di impersonare Finn”.

Per completare il cast, i filmmakers hanno scritturato l’attrice nominata al Tony Award® per il play “God of Carnage”, nel ruolo di Deborah, la zia di Max, che si batte per ottenere la custodia di suo nipote, rimasto orfano della madre, e James Rebhorn (“White Collar”, “30 Rock”) per la parte di Marvin Barnes, il ricco e anziano marito di Deborah, che potrebbe mantenere Max se il tribunale decidesse di affidarlo a lui e a sua moglie.

Kevin Durand, che aveva già lavorato con Hugh Jackman in “X-Men le origini: Wolverine” e con Evangeline Lilly in “Lost”, ha interpretato il ruolo di Ricky, il promotore di combattimenti fra robot, che nonostante sia da sempre un amico di Charlie, non esita ad affrontarlo per farsi restituire i soldi di un vecchio debito.

L’attrice russa Olga Fonda, che non aveva lavorato ancora granché al cinema, interpreta la proprietaria del robot russo, mentre Karl Yune (“Memorie di una Geisha”, “Speed Racer”) incarna Tak Mashido, il designer del primo robot nel mondo, considerato ormai un’icona nel mondo della boxe meccanica.

Hope Davis, Kevin Durand, James Rebhorn, Karl Yune, Olga Fonda e Anthony Mackie sono tutti attori straordinari”, conclude Levy.

I loro ruoli potrebbero essere considerati secondari ma ognuna di queste persone meravigliose ha arricchito il film con la sua presenza, regalando spessore a personaggi che potevano risultare comuni. Ogni volta che appaiono sullo schermo, la loro interpretazione regala sorprese e impreziosisce il film”, conclude.

LA TECNOLOGIA

Il regista Shawn Levy sa riconoscere il merito del lavoro altrui e afferma che per la straordinaria tecnologia di “Real Steel” lui e le squadre di effetti speciali “hanno attinto alla tecnologia che James Cameron ha sviluppato per ‘Avatar’.”

Levy spiega: “Si tratta di effetti visivi di livello futuristico. In parole povere, al posto di un’inquadratura vuota che in seguito viene riempita attraverso il computer con un robot animato, abbiamo utilizzato la ‘motion capture’, con veri pugili coreografati da Garrett Warren e Sugar Ray Leonard che si battono sul ring. Abbiamo acquisito i dati relativi ai loro movimenti corporei. Li abbiamo digitalizzati, immagazzinati. Poi, a distanza di mesi, siamo arrivati su un set e abbiamo effettuato la ripresa. A quel punto i dati immagazzinati di motion-capture, grazie al sistema Simul-Cam B, sono stati inseriti in un luogo reale.

Abbiamo preso la tecnologia inventata per ‘Avatar’ con qualche sottile differenza. ‘Avatar’ prendeva le performance in motion capture e le inseriva nel mondo virtuale. Noi invece prendiamo le performance motion-capture per inserirle nel mondo vero”.

Levy capisce che questo processo può apparire complicato, e cerca di spiegarlo in modo ancora più semplice. “Ecco di cosa si tratta”, dice. “I combattenti nel ring indossano costumi dotati di sensori per catturare i dati. I pugili combattono. I loro dati mobili – i dati generati dal loro movimento – vengono convertiti simultaneamente in un robot avatar sullo schermo. Quindi possiamo andare sul vero ring con una macchina da presa e grazie a questa tecnologia, portare con noi il match fra robot girato sei mesi prima, per inserirlo in quel ring in quel momento. Così funziona il sistema Simul-Cam B.”

Per illustrare ulteriormente la tecnologia, Levy parla del lavoro svolto nei suoi film precedenti. “Quando ho girato i film della serie ‘Una notte al museo’, oppure quando Hugh ha fatto ‘Wolverine’ e ‘X-Men’, gli attori hanno dovuto recitare davanti al nulla. Bisognava solo sperare che alla fine tutto andasse bene. Ora invece si può effettuare una ripresa in cui Hugh è accanto ai robot nell’inquadratura. Hugh può vedere l’immagine con la quale si deve misurare, e questo aiuta a non dover solo immaginare o sperare”.

La motion capture è stata quindi adattata al movimento dei robot al posto di quello umano. Spiega Levy: “Non potevamo usare la motion capture pura. Se l’avessimo fatto i robot si sarebbero mossi in modo troppo umano. Quindi li abbiamo rallentati dell’89 percento. E’ una modifica piuttosto importante. La reale velocità umana non può essere applicata ai robot. Eliminando un po’ di velocità, abbiamo aumentato la massa ai robot. Inoltre, dato che a volte Atom era troppo bravo, abbiamo dovuto rendere le sue giunture più rigide, per aumentare la sensazione del peso e della sua circonferenza”.

IL LOOK

Il look del mondo di “Real Steel” è eccezionale per quanto riguarda la scenografia. Lo visione della avveniristica realtà del film, da parte dello scenografo Tom Meyer (“Orphan”, “Jonah Hex”) era molto simile alla nostra: atemporale e radicata nell’America più tipica con un look desolato e una patina ingiallita. Il regista Levy definisce il look “retrò-futuristico”. “Abbiamo creato un collage”, spiega Levy, “fra l’iconografia americana retrò e immagini modernissime, legate a questo sport”.

Aggiunge: “Il nostro non è il futuro che viene normalmente presentato nei film, generalmente caratterizzato da una tipica desaturazione grigia e metallica. Qui la tavolozza cromatica è ricca, satura, ma la luce è completamente naturale. Gli ambienti sono piuttosto disadorni”.

Il film è stato girato nel Michigan, principalmente a Detroit, e non abbiamo costruito nessun set. Le location del film erano spazi aperti, arene e vecchie fabbriche automobilistiche. Levy voleva un look duro e realistico per il film, arricchito Inaspettatamente da belle immagini. Con il direttore della fotografia premio Oscar®di “Avatar”, Mauro Fiore, Levy ha ottenuto esattamente quel che stava cercando. Levy racconta di aver detto a Fiore: “Ho adorato ‘Avatar’, ma io voglio ‘Training Day’” [anch’esso girato da Fiore]. Per Shawn Levy, la bellezza era proprio nell’aspetto ruvido e non perfetto, e questo è stato il mantra della fotografia di questo film.

Ogni aspetto del look di “Real Steel” è nato dal concetto “retrò-futuristico”. E perciò la costumista Marlene Stewart è stata incaricata di interpretare la visione suggerita dal copione per aiutare il regista e gli attori a ottenere il look adatto ai loro personaggi.

Stewart ha creato un guardaroba per il personaggio di Hugh Jackman, Charlie, ispirato alla moda degli anni ‘60. Dice che persino il modello e la marca degli occhiali che indossa non sono più in commercio da 15-20 anni.

Dall’altra parte, per il personaggio di Tak Mashido, il creatore e il proprietario del robot Zeus, i vestiti sono ultra moderni, abiti d’alta moda con un tocco decisamente futuristico.

Disegnare il “futuro prossimo” è stata una sfida che Stewart ha accettato con entusiasmo. “Creare immagini per un futuro non lontano dal nostro, è un compito molto più difficile rispetto a un film ambientato nel passato o in un lontano futuro, dove il design è completamente controllato”, dice Stewart. “Per il look del ‘futuro non lontano’ di Charlie, ho cercato di confezionare abiti piuttosto classici, ispirati agli anni ’30 mentre i trench si basano sugli anni ’60. Ho mescolato varie epoche, ma il risultato non è datato; si tratta solo di abiti che risultano familiari e non totalmente nuovi”.

Per le scene degli incontri di boxe ‘clandestini’, che hanno luogo nel Crash Palace, Stewart ha creato un misto di grunge e punk, mescolando colori e modelli per ottenere un effetto ‘estremo’. “Si capisce dove ha luogo la storia non tanto per via di Charlie e Max, ma grazie a chi popola lo sfondo”, dice Stewart. “Lo sfondo diventa un personaggio che arriva in primo piano”.

Per contrasto, nel momento in cui la storia scivola verso le sedi degli incontri legali, Stewart ha creato una tavolozza monocromatica, semplice e lineare, che tende a non mettere in risalto nessun individuo in particolare, bensì il gruppo. “Nelle prime scene dei combattimenti illegali, tutto si concentra sui personaggi loschi e particolari, che hanno il compito di coinvolgere il pubblico nella storia”, dice Stewart. “Questi due contrasti permettono agli spettatori di cogliere l’atmosfera di questo “futuro non lontano”.”

Stewart spiega che in queste scene ha usato una tavolozza quasi esclusivamente composta dal bianco e dal nero, dando ai personaggi interpretati da Olga Fonda e da Karl Yune un look che riflette il loro benessere materiale. “Loro appartengono più alla classe agiata, rispetto al personaggio di Charlie, che ha un look molto più trasandato. Rappresentano l’opposto del mondo di Charlie”, dice Stewart.

Stewart fa parte della fidata squadra di collaboratori del regista Shawn Levy. Hanno lavorato insieme nei film “Una notte al museo” e “Notte folle a Manhattan” e Stewart è felice di aver dato vita a un sodalizio con un regista di talento quale Levy.

Dice di Levy: “Una delle cose che trovo interessanti di Shawn è la sua sensibilità e il fatto che si occupa di tutto, dai vestiti, ai capelli, al trucco; di tutto ciò che riguarda i personaggi. Per quanto riguarda i costumi, è senza dubbio un esperto in materia. E’ fantastico avere qualcuno che parla la tua stessa lingua, che capisce il tuo mondo creativo e lavorare con lui è sempre una bella esperienza”.

 

Una notte al museo 2 – la fuga

Nel secondo capitolo, “Una notte al museo – la fuga”, Larry Daley è diventato un imprenditore di successo ma insoddisfatto della propria situazione. Una sera riceve una telefonata da Jededia che gli chiede aiuto. Tutti i personaggi sono stati trasferiti alla fondazione dello Smithsonian per essere archiviati e la tavola egizia che li anima è finita per errore con loro, insieme al temibile faraone Kahmunrah che li tiene prigionieri.

UNA NOTTE AL MUSEO 2 - LA FUGA | Trailer italiano

Una notte al museo 2 – La fuga è un film del 2009 diretto da Shawn Levy. Il film, interpretato da Ben Stiller e Amy Adams, sequel del film Una notte al museo, è stato distribuito nelle sale cinematografiche il 22 maggio 2009 negli Stati Uniti d’America e in Italia.

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