Nuova lobby per lo streaming: Netflix, Disney, Paramount insieme!

Un gruppo di importanti società di streaming, tra cui Netflix, Disney, Paramount e Universal, ha annunciato la creazione di una nuova lobby, chiamata Streaming Innovation Alliance (SIA). L’obiettivo dell’associazione è quello di promuovere gli interessi del settore presso i politici e il governo.

La SIA ha due consiglieri politici, il repubblicano Fred Upton e il democratico Mignon Clyburn. Upton ha dichiarato che “l’ascesa dei servizi di streaming è una storia di successo americano che dovremmo celebrare e incoraggiare”. Clyburn, invece, ha sottolineato il contributo dei servizi di streaming alla diversità della programmazione televisiva.

La SIA ha anche annunciato i risultati di un sondaggio secondo cui il 70% degli elettori americani vede di buon occhio l’industria dello streaming. Tuttavia, quasi il 50% teme che le piattaforme di streaming possano raccogliere più dati o essere sorvegliate nei contenuti che propongono.

La creazione della SIA rappresenta un passo importante per l’industria dello streaming. L’associazione ha il potenziale di influenzare le politiche governative in materia di streaming, a favore delle società che ne fanno parte.

Alle origini del lobbying: da Washington a Bruxelles

In Europa viene spesso data una connotazione negativa al termine “lobbying” ,infatti, gli studiosi della rappresentanza degli interessi a livello comunitario adoperano questo concetto in una accezione neutra per indicare il processo di comunicazione e informazione che i lobbisti attivano per sostenere i loro interessi . Innegabilmente ,le differenze culturali sono ancora forti .
Se negli Stati Uniti ,dove il lobbying e’ una pratica ormai consolidata,questo termine rientra a pieno titolo nel linguaggio comune ,in alcuni paesi europei manca un’analoga tradizione .Cosi piu’ che pensare al lobbying come un processo tramite il quale si rappresentano gli interessi del proprio gruppo o di terzi ,talvolta si accomuna erroneamente questa attivita’ addirittura a pratiche di corruzione (secondo un principio di do ut des il lobbista offrirebbe informazioni in cambio di favori non dovuti).In realta’ lobbying e corruzione tendono ad escludersi perche’ il lobbying e’ un processo costoso il cui esito e’ generalmente incerto,quindi non sarebbe necessario affrontare tali costi se fossero disponibili altri mezzi di influenza forse altrettanto costosi ma piu’ diretti ed efficaci.

Nell’Unione Europea per lobbying si deve intendere quel processo tramite il quale i gruppi d’interesse forniscono informazioni che trovano facilmente accesso alle istituzioni comunitarie (Commissione e Parlamento Europeo in particolare )proprio per il deficit d’informazione di cui soffrono i funzionari comunitari.Il lobbying risulta utile sia ai gruppi ,che in tal modo presentano le proprie domande direttamente ,sia a questi ultimi,che dispongono cosi’di informazioni su questioni spesso assai tecniche e specifiche .In altri termini ,per le istituzioni comunitarie i gruppi costituiscono una fonte di informazioni specifiche molto utile .Basti pensare, ad esempio,al contributo degli esperti nell’elaborazione dei programmi quadro nell’ambito della politica di ricerca e sviluppo.

Nel descrivere l’attivita’dei gruppi di pressione principalmente come un processo di comunicazione politica ,cioe’ “tutto cio’ che riguarda la formulazione e trasmissione di messaggi ,domande e informazioni,in materia politica”,viene fatta una distinzione tra le forme di pressione classiche ,cioe’ cene di lavoro ,memoriali,pressione indiretta esercitata attraverso  i governi nazionali,e la strategia nuova consistente nell’acquisire lo status di consulente delle Direzioni Generali della Commissione.Proprio quest’ultima ha individuato due forme di dialogo con i gruppi d’interesse:attraverso i comitati consultivi e i gruppi di esperti che l’assistono nell’esercizio delle sue competenze ,e attraverso contatti ad hoc non strutturati.Comunque,lungi dall’essere state abbandonate,le forme di pressione tradizionali fanno ancora parte di una strategia di lobbying a tutto campo.

A livello comunitario si registra, effettivamente, un raporto di scambio reciproco perche’,a fronte di assistenza qualificata su determinate questioni,si consente al gruppo l’accesso alle istituzioni,quindi alle decisioni ,tramite canali ufficiali.Rientano cosi’nel processo di comunicazione dei gruppi l’elaborazione e la presentazione di studi sperimentali,studi di fattibilita’ ,ricerche di settore.Opinioni e memoranda vengono inviati alle istituzioni comunitarie.Opinioni e memoranda vengono inviati alle istituzioni comunitarie durante il processo legislativo.Tali documenti possono essere espressamente richiesti dai funzionari o presentati volontariamente dal gruppo di pressione per far conoscere la posizione delle parti su una determinata questione o per sensibilizzare  le istituzioni ad un determinato problema.Anche la pratica di presentare spontaneamente pareri e’ comune a tutti i gruppi europei,molti dei quali vi fanno frequentemente ricorso.

Inoltre,indipendentemente dagli atti formali,i contatti personali con i funzionari delle Direzioni Generali della Commissione sono Continui.A tal fine ,fax,lettere e telefono sono strumenti  indispensabili per il lobbista e spesso a tutto cio’ si aggiunge un lobbying ancora piu’ informale costituito dagli incontri con funzionari comunitari che avvengono al di fuori dei luoghi istituzionali in occasione di cene,pranzi ,party ecc. Per mantenere buoni rapporti con i funzionari comunitari  sono sempre piu’ numerose le associazioni europee che,almeno una volta l’anno,organizzano un incontro informale come un rinfresco o persino un gala’.

Tutto cio’ ,dunque,rende priva di rilevanza la distinzione tra lobbying formale e lobbying informale,essendo strettamente legati e strumentali l’uno all’altro,questo e’ un processo articolato e continuo ;certamente non si tratta soltanto di esercitare una pressione sugli organi di governo.Questo rappresenta l’ultimo stadio di un lungo percorso  che si basa su diverse attivita’ :la raccolta di informazioni ,l’elaborazione di proposte politiche e il sostegno per la loro attuazione,la formazione di alleanze.

Il lobbying intorno alle istituzioni comunitarie si e’ diffuso molto rapidamente assumendo connotazioni del tutto peculiari rispetto alle sue origini.Sebbene sia cominciato nel Parlamento inglese ,il lobbying (che letteralmente significa agire nei lobby,i corridoi dei palazzi del potere)ha finito per indicare l’attivita’ dei rappresentanti dei vari interessi che operano nei corridoi del Senato e della Camera dei Rappresentanti a Washington,dove il fenomeno si e’ sviluppato con tutta una serie di pratiche e regolamentazioni specifiche .Nato intorno  al potere legislativo per influire sulla formazione delle leggi,nell’Unione Europea il lobbying  si e’ sviluppato prima intorno alla Commissione  per estendersi  poi al Parlamento Europeo quando questo ha cominciato ad acquisire maggiori poteri decisionali.

Data la sua lunga tradizione ,il lobbying statunitense costituisce un naturale termine di paragone nell’analisi del lobbying a livello comunitario nonche’ un modello di regolamentazione .Negli Stati Uniti la professione del lobbista e’ disciplinata in modo chiaro da leggi precise e si discosta molto dalle esperienze dei paesi membri dell’Unione Europea ,dove il lobbying e’ molto meno istituzionalizzato .I principali strumenti giuridici che disciplinano la materia a livello federale sono: The Federal Regulation of lobbying  Act (1946),che nel disciplinare le attivita’ dei gruppi d’interesse  in seno al Congresso  prevede l’iscrizione ad un registro  di gruppi d’interesse,consulenti e lobbisti  d’ogni genere,e impone il rispetto di un codice di condotta ; The Bird Amendment , che stabilisce limiti e divieti  concernenti l’utilizzazione di fondi federali per le attivita’ di lobbying;The Foreign Agents Registration Act (del 1938,emendato nel 1966), che prevede obblighi di registrazione per chi intende operare come agente di una lobby che rappresenta interessi stranieri .

Nella maggioranza dei parlamenti degli stati membri dell’Unione Europea ,invece,non esistono regolamenti o norme volte a disciplinare le attivita’ dei gruppi di pressione operanti all’interno degli organi  legislativi .Negli stati membri non esiste un modello unico di disciplina del lobbying. Per anni i vari gruppi d’interesse hanno cercato ,con scarsi risultati , di trasferire i modelli nazionali a livello europeo per agire presso le istituzioni comunitarie  secondo la tradizione propria dei rispettivi paesi .

Nonostante gli influssi culturali  e tradizionali  dei paesi europei ,nell’Unione Europea  il fenomeno del lobbying  si e’ diffuso a tal punto da richiamare piuttosto  il modello americano ,indicato persino come esempio per la regolamentazione del lobbying a Bruxelles.In un primo momento, a livello europeo non esistevano ne’ regole ne’ registri di lobbisti autorizzati e le istituzioni comunitarie erano considerate tra le piu’ accessibili al mondo ma,a causa del grande sviluppo dell’attivita’ di lobbying verificatosi negli ultimi anni ,si e’ imposta la necessita’ di adottare delle norme per disciplinare organicamente l’attivita’ dei lobbisti comunitari.

Se e’ vero che il lobbying rende il sistema piu’ fluido (lobbying oils the system) e’ anche vero che e’ talvolta necessario difendersi dal fenomeno dilagante della onnipresenza dei lobbisti.E’ opinione molto diffusa che  una minima regolamentazione puo’ garantire un piu’ alto livello  di professionalita’ ed evitare  un sovraccarico delle istituzioni  comunitarie con informazioni poco utili ,mentre un lobbying scorretto e non professionale e’ inopportuno e spesso controproducente.

TESTI CONSULTATI

  • Attina’ Fulvio(1992 a )Il sistema politico della Comunita’  Europea,Milano,Giuffre’
  • Fisichella Domenico (1972),Partiti e gruppi di pressione,Bologna,Il Mulino
  • Graziano Luigi (1995),Lobbying ,pluralismo,democrazia,Roma,Nis

Le attività di Lobbying

Nell’ odierna società il fenomeno delle lobby e’ presente in tutte le democrazie parlamentari e si è evoluto nelle sue modalità espressive. Nel linguaggio corrente , questo termine è spesso usato con accezione negativa per indicare l’ idea di pressioni sotterranee esercitate da poteri occulti. In realtà le lobby sono rappresentazioni organizzate di interessi  che possono essere positivi o negativi. Il termine gruppo di pressione ha un sinonimo preso in prestito dalla tradizione anglosassone;lobby. Lobby è un sostantivo che deriva dal latino Lobia che significa loggia, portico. Altre fonti fanno derivare il termine dal antico Alto Tedesco Lauba che significava deposito di documenti. A partire dal 19 sec. fu usato in Gran Bretagna per indicare quella zona del parlamento in cui i rappresentanti dei gruppi di pressione cercavano di contattare i membri del medesimo. Per indicare queste persone e l’ attività da questi praticata si cominciò ad usare il termine Lobbyng.

Leggi tutto “Le attività di Lobbying”

L’ Attività di Lobby

 

Il termine “Lobby” nel corso degli anni ha sempre avuto una connotazione in termini negativi; pur non identificandone una categoria in particolare, il significato del termine “Lobby” comprende sotto di se tutte le grandi marche di quei beni per il quale consumo non c’ è bisogno di pubblicità alcuna che ne invogli il consumatore all’acquisto, in termini pratici -quei beni che si vendono da soli- , un esempio possono essere le sigarette: non c’ è bisogno di nessuna pubblicità che invogli il consumatore a fumare, il massimo che si può fare in termini pubblicitari potrebbe essere di invogliare il consumatore ad acquistare una determinata marca di sigarette piuttosto che un’ altra, ma sempre di un fumatore si tratta!

L’ attività di lobby, volendone dare una definizione, consiste in un’ attività di rappresentanza di interessi sostenibili, legittimi, e soprattutto sostenibili in modi legittimi. I modi legittimi sono tutti quei metodi che abbiano implicazioni sociali positive o comunque non negative che si riferiscano a dati reali; presentare dati irreali o tentare di rappresentare i propri interessi tramite tentativi di corruzione o adescamento sono i classici esempi di modi illegittimi di svolgere l’attività lobbystica.

L’ attività di lobby può essere divisa in tre tipologie principali: 1) Attività Legislativa, 2) Attività Normativa e 3)Attività Commerciale, anche se per quest’ ultima non si tratta di una vera e propria attività di lobby ma più di una attività di comunicazione commerciale

Si intraprende l’ attività Legislativa quando, ad esempio, si cerca di opporsi ad un provvedimento di legge che abbia implicazioni negative per la lobby in questione; si intraprende invece l’ attività Normativa quando si cerca di ottenere un’ approvazione ministeriale di un determinato prodotto sulla base di una normativa di legge già esistente.

Per risolvere un problema di lobby una delle attività principali da svolgere è quella di osservare gli ambiti di legge ed effettuare un a mappatura sui soggetti coinvolti nell’ argomento in questione; forniamo un esempio di mappatura effettuandala sull’ ambito del consumerismo:

  • Le Istituzioni Italiane: governo, Parlamento, Enti Pubblici, Camere di Commercio, CNCU etc.
  • Le Istituzioni Europee: Parlamento Europeo, Commissione Europea etc.
  • Le Istituzioni Specializzate: INRAN, ISS etc.
  • Le Authority Nazionali: Autorità di settore, Antitrust etc.
  • I Gruppi di Organizzazioni: Candidati locali, centri sociali etc.
  • Le Associazioni Ambientali: WWF, Legambiente, Amici della Terra etc.
  • Le Associazioni dei Consumatori: CNCU, associazioni indipendenti etc.
  • Media: Internet, Tv, Stampa, Radio etc.

Come possiamo notare i soggetti coinvolti in quest’ ambito sono numerosi, e solo tenendo in considerazione ciascuno di essi si può svolgere un’ efficiente attività lobbystica

Interessante è stato l’ intervento di Katy Tabaccof impegnata nella costruzione di centrali elettriche, riclassificatori e strutture per lo smaltimento dei rifiuti. Durante il suo intervento ci ha spiegato il problema del NIMBY: not in my back yard, ovvero: non nel mio giardino; di solito si tratta di proteste popolari contro la realizzazione di un impianto o di un’ infrastruttura; per fare un esempio potremmo parlare delle strutture per lo smaltimento dei rifiuti: quest’ impianti hanno un’ evidente utilità visto che lo smaltimento dei rifiuti è un problema di primaria importanza in Italia, sopratuttto nel centro-sud, ed è stato riportato innumerevoli volte sulle prime pagine di tutti i quotidiani e telegiornali d’ Italia; però, nonostante l’importanza di tali strutture, soprattutto nel centro-sud queste sono mal viste e mal accettate dalla popolazione, e per ciò troviamo tutti quegli articoli di giornale che parlano di proteste popolari contro un determinato centro di smaltimento dei rifiuti piuttosto che un’ altro; da ciò deriva la definizione -non nel mio giardino- , dal fatto che si preferisce spostare il problema al di fuori del proprio territorio.

Purtroppo in Italia il problema del NIMBY è figlio della nostra storia, a causa delle imprese poco trasparenti e dello stato sempre assente in queste vicende; la sfiducia nelle istutuzioni porta a voler difendersi da soli e ciò crea la nascita dei vari comitati indipendenti. I motivi della protesta di solito girano sempre intorno agli stessi punti: diffidenza nei confronti di ciò che non si conosce; sfiducia nelle istituzioni e negli interlocutori; emotività dovuta alla mancanza di cultura dell’ ambito scientifico; personalismi e strumentalizzazioni.

In questo campo un obiettivo comune al giorno d’ oggi è lo Sviluppo Sostenibile, ma bisogna stare attenti a non concentrarsi troppo solo su uno dei due termini che compongono la definizione, concentrandosi troppo sul “sostenibile” si finisce per tralasciare lo sviluppo, e viceversa.

Proprio per questo  c’ è un processo autorizzativo, molto dispendioso in termini di tempo; la società che vuole realizzare un progetto deve quindi elaborare uno studio molto approfondito su tutte le incidenze sociali e ambientali per far si che non ci sia nessuno che si opponga al progetto stesso e le autorità competenti sono numerose anche in questo caso: Ministero dell’ Ambiente, Ministero della Salute, Ministero dei Beni Culturali, Regioni, Province, Comuni etc

Inoltre deve tener conto dell’ opinione pubblica per non incorrere in una protesta popolare che potrebbere bloccare il progetto; è poi importante anche il ruolo della stampa,quasi sempre negativo nei confronti di nuove centrali elettriche o di nuovi centri per lo smaltimento dei rifiuti.

Un buon modo per occuparsi di questi problemi è lo svolgimento di un’ efficace campagna di informazione tramite assemblee pubbliche, convegni, editoriali speciali, siti web interattivi, brochure informative, programmi e concorsi nelle scuole.

Per misurare l’ efficacia del progetto si guardano di solito tre parametri: la realizzazione dell’ impianto, l’ inaugurazione festosa e partecipata, e l’ eventuale rielezione del sindaco locale.

Molto interessante è stato anche l’ intervento di Alberto Mancinelli, docente di Comunicazione Ambientale all’ università di Trento, con il quale si è discusso sull’ argomento dello Sviluppo Sostenibile, tema che le lobby devono tenere in forte considerazione se vogliono avere una buona reputazione

Sotto questo punto di vista negli ultimi anni abbiamo assistito ad alcune crisi emergenti e grosse preoccupazioni a causa di fenomeni naturali quali terremoti, uragani e tsunami, i quali hanno dato vita ad un fenomeno sociale di perdita della fiducia per le istituzioni e per le aziende private.

Le crisi e le emergenze hanno messo in evidenza tematiche in grado di sensibilizzare l’opinione pubblica su argomenti quali la salute e il benessere fisico e ambientale; ciò porta all’interesse verso lo sviluppo sostenibile, ovvero uno sviluppo che riguarda tre ambiti: l’ economia, la società e l’ambiente

Uno dei migliori esempi di sviluppo sostenibile ci è dato dalla Ford: ormai nella società odierna uno dei problemi più grossi è il controllo dei giacimenti di petrolio, il quale ha creato non pochi conflitti tra nazioni; inoltre il petrolio è una delle principali fonti di inquinamento dell’atmosfera e si presenta sul mercato a costi elevatissimi.

La Ford ha creato un modello di Ford Focus il quale motore è alimentato con una miscela composta la 95% da Bio-Etanolo, elemento la cui combustione rilascia un bassissimo grado di residui nocivi per l’ atmosfera, riduce così l’impatto ambientale e la dipendenza de paesi europei dai combustibili fossibili ed è dunque un elemento pienamente in linea con l’ottica dello sviluppo sostenibile.

L’ ultimo intervento è stato di Fabio Pistoncini, che si occupa di attività di lobby nel campo dell’industria dei videogiochi, il quale ci ha mostrato come il ruolo della stampa può essere nocivo per l’ attività lobbystica.

L’ opinione pubblica non è mai favorevole all’ attività di lobby, infatti non si fa mai comunicazione circa quest’ attività ma si fa attività diretta basandosi sulle situazioni legislative presenti, senza però tralasciare l’ importanza del rapporto con l’opinione pubblica e l’ agenda setting; spesso la stampa, quasi sempre di opinione negativa sugli argomenti sostenuti dalle lobby, per inseguire i propri interessi finisce per effettuare numerosi e influenti tagli, che possono dare un risultato catastrofico, così come è successo recentemente con il periodico Panorama, il quale ha pubblicato con titolo in prima pagina una recensione su un videogioco, presentandolo come diseducativo e come un incentivo alla violenza minorile, problema che ai giorni d’ oggi è presente sulle prime pagine di tutti i quotidiani; da una recensione così critica, sicuramente in termini eccessivi, si è arrivati addirittura alla richiesta dell’ istituzione di un’ Authority addetta al controllo dei contenuti dei videogiochi.

Da ciò si evince chiaramente come il ruolo della stampa sia determinante in termini negativi e a volte anche inappropriato nei confronti dell’ attività di lobby.

di Michele Tommasi

La Lobby

Nel nostro Paese la vita politica, e conseguentemente anche quella sociale ed economica, è caratterizzata da un alto tasso di corporativismo (cioè da una forte tendenza dei gruppi sociali e delle categorie professionali a difendere i propri interessi particolari, anche quando questi sono – come spesso accade – in contrasto con l’interesse generale).  Un esempio, forse un po’ semplicistico, ma sicuramente efficace, di questa situazione può essere rappresentato da una serie di eventi della recente cronaca italiana, cioè dalle forti proteste che ha suscitato in alcuni settori il cd. Decreto Bersani. Infatti, nonostante il pacchetto di liberalizzazioni approvato dal Consiglio dei Ministri qualche mese addietro (con un decreto legislativo comunemente indicato col cognome del Ministro dello Sviluppo economico) va nella direzione della tutela del consumatore e del cittadino comune, esso ha generato manifestazioni di piazza da parte di tutte – o quasi – le categorie i cui interessi particolari sono stati intaccati per il raggiungimento dell’interesse generale. Queste contestazioni (che hanno riguardato il mondo delle banche e delle assicurazioni, gli avvocati, i tassisti, i farmacisti ed altri ancora) vanno certamente al di là delle critiche che di fronte ad un provvedimento del genere si potevano preventivare: infatti erano immaginabili gli attacchi dovuti alla forma dell’intervento legislativo e alla mancata preventiva concertazione con le parti interessate (che pure sono stati rivolti, sul piano politico, dall’opposizione alla maggioranza che ha approvato queste liberalizzazioni), ma era difficile ipotizzare blocchi della circolazione e quant’altro è accaduto ad opera dei classi su elencate. Ciò – credo – dimostra la validità dell’affermazione iniziale di una forte caratterizzazione corporativistica dell’Italia.
Un quadro generale del tipo appena descritto (in cui, davanti all’ovvio contrasto tra interesse generale e vari interessi particolari, vi è da parte di portatori di alcuni interessi di categoria il tentativo di far prevalere a tutti i costi questi, con il risultato non sporadico di riuscirci) costituisce senz’altro terreno fertile per il proliferare di lobbys.
Il termine lobby è proprio del linguaggio inglese, ma è diventato ormai (alla stregua di molte altre parole come, ad es., bar, corner, shopping) di uso comune anche in quello italiano, in cui letteralmente si traduce con l’espressione generica di gruppo di potere o di pressione. Più precisamente con esso si indicano i gruppi di interesse che mediante pressioni, anche illecite, su uomini e partiti politici cercano di ottenere provvedimenti a proprio favore. Il termine inglese deriva da quello del latino tardo laubia, che significa “loggia” e per estensione anche “partito”.
A proposito dell’origine del termine lobby, occorre ricordare una tradizione anglosassone che collega l’uso di questa terminologia per indicare la parte del Parlamento inglese dove i rappresentanti di gruppi di pressione si incontravano con i membri della Camera dei Lord e della Camera dei Comuni per indicargli i provvedimenti a loro favorevoli e quelli a cui erano contrari. Secondo questo orientamento, non del tutto certo, nel gergo inglese il termine si sviluppò nel XIX secolo per indicare coloro che svolgevano tale attività di pressione e l’attività di pressione stessa.
Dal punto di vista linguistico occorre evidenziare che, col l’entrata della parola lobby nella terminologia italiana, anche molte altre parole, che derivano da questa, sono state introdotte nella linguaggio comune del nostro Paese, in particolare lobbismo (per indicare l’attività esercitata da una lobby per orientare la classe politica) e lobbista (per individuare colui che è componente di un gruppo di pressione). Inoltre, sempre dal punto di vista linguistico, si può notare come nella terminologia giornalistica il termine ha subito un’estensione ed è utilizzato anche per indicare una manifestazione di cittadini (o altre forme di protesta) che hanno lo scopo di esercitare la loro influenza in favore di (o contro) un determinato provvedimento di legge (ad es. lobby contro la finanziaria) o per fare riferimento ad un certo numero di organizzazioni o di associazioni o, più semplicemente, di persone legati tra loro dal comune intento di incidere a proprio vantaggio sulle deliberazioni delle istituzioni legislative.
Il fenomeno del lobbismo non trova una precisa collocazione nè politica e né ideologica, infatti esso è caratterizzato dalla mancanza di un’unica appartenenza partitica e dalla assenza di ideologie tradizionali, a meno che non si voglia considerare la ricerca del raggiungimento dell’interesse particolare come un’ideologia in maniera da assegnargli una qualche connotazione positiva. Quest’ultimo aspetto ci porta a notare come il proliferarsi delle lobby, o comunque il rafforzarsi di quelle esistenti, trova terreno fertile anche in un’altra caratteristica italiana (oltre a quella dell’alto tasso di corporativismo): il suo accentuato trasformismo parlamentare. In questa maniera viene indicato il metodo politico che consiste nel formare maggioranze parlamentari assorbendo uomini e gruppi di tendenze diverse, con accordi di tipo particolaristico, estranei agli orientamenti ideali e politici, e – più in generale – così vengono identificate le trasmigrazioni di Deputati e Senatori da un gruppo parlamentare (quello del partito sotto il cui simbolo sono stati eletti) ad un altro (molto spesso il “Gruppo Misto”). Che la nostra vita politica è caratterizzata da una situazione di questo genere è facilmente dimostrabile: basta leggere i dati delle suddette trasmigrazioni durante la scorsa legislatura parlamentare e ci si rende conto immediatamente delle proporzioni del fenomeno. Un esito solo parzialmente attenuato sarebbe fornito da un controllo della situazioni nei primi mesi della nuova legislatura, nonostante il fenomeno dovrebbe in teoria essere ridotto al massimo visto le che liste di candidati alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica questa volta (in virtù di una nuova legge elettorale) sono state elaborate dai partiti in un ordine predeterminato. Comunque tale situazione è sintomo certo di una scarsa attenzione agli ideali e alle origini delle culture politiche e quindi favorisce il lobbismo che, come detto, è staccato da tali ideali e da tali culture visto che i membri di una lobby sono uniti e perseguono lo stesso scopo solo in quanto questo consiste nel raggiungimento di un provvedimento che genera benefici per tutti i componenti del gruppo stesso. Pertanto l’adesione ad un gruppo di tal genere non presuppone una coincidenza di visioni politiche o di concezioni ideologiche, ma si concretizza in un interesse a negoziazioni con le istituzioni.
Il termine lobby ha una chiara connotazione negativa, perlomeno nel nostro lessico. Tale connotazione è giustificata più che dalla considerazione sociale secondo cui il cercare di ottenere il soddisfacimento dei propri interessi anche quando questi siano in contrasto con gli interessi della generalità dei consociati rappresenta un atteggiamento poco etico che contrasta con gli obblighi morali che investono ogni componente di una comunità, bensì dalla considerazione giuridica che i comportamenti con cui i gruppi di pressione cercano di raggiungere i propri scopi sono molto spesso illegali e quindi in tal caso viene meno ogni considerazione di moralità per lasciare il campo alla illecità (sia quando il comportamento si concretizza in atteggiamenti di concussione e corruzione, sia quando si realizzano minacce e ritorsioni, con la principale differenza tra le due coppie di fatto che negli ultimi due casi si agisce contro la volontà di colui che esercita pubbliche funzioni). Occorre però precisare come le lobbys agiscono pure attraverso azioni legali, infatti – seppur tale termine può richiamare alla mente attività “sotterranee” e diverse come quelle delle società segrete, ad es. la massoneria – lobby possono definirsi anche semplici associazioni che con attività che si svolgono nei limiti della legge cercano di indirizzare le decisioni generali nell’interesse dei loro associati. Occorre, da ultimo, rilevare come fuori da nostri confini nazionale il termine assume connotazioni negative più attenuate perché più comunemente utilizzato al fine di indicare associazioni come quelle appena descritte.

“Le buone relazioni” – Lobby e comunicazione ambientale

L’attività di lobbying è quella volta a far si che l’azienda raggiunga interessi particolari per poter svolgere al meglio il proprio lavoro. Spesso viene vista in un’ottica negativa, come pressione che agisce “non alla luce del sole”. Forse per questo in Italia, al contrario che in Inghilterra ad esempio, non è ufficialmente riconosciuta. Anche se guardiamo all’etimologia del termine, che rimanda a un “passaggio adiacente ad un monastero”, ci da l’idea di qualcosa che agisce non direttamente, ai margini.
Nel seminario, al quale intervengono Fabio Bistoncini, Ketty Tabakov, Alberto Mancinelli, questa attività ci viene presentata nei suoi aspetti più positivi, diretta al raggiungimento degli obiettivi grazie ad un processo di dialogo continuo con le istituzioni, fondato sulla trasparenza e sulla negoziazione.
Vi sono tre tipi di lobby: legislativa, amministrativa e commerciale.
La prima fa riferimento all’attività propria del legislatore; in questo caso chi fa lobbying, si può opporre ad un provvedimento che vada contro gli interessi dell’azienda che  rappresenta, o,ancora, può pensare di proporre dei provvedimenti che, se approvati, permettono all’azienda di raggiungere determinati obiettivi.
Di lobby amministrativa si parla quando ci si imbatte in leggi e provvedimenti di carattere amministrativo, per i quali si cerca di ottenere un’approvazione in tempi brevi.
La lobby commerciale non è una vera e propria lobby.
L’attività di lobbying si può inoltre distinguere a seconda del suo raggio d’azione; infatti, si può fare lobbying a livello comunitario, a livello nazionale, regionale e locale.
Naturalmente, da questo dipendono poi le relazioni che, in ognuno di questi contesti, chi fa lobbying intrattiene con organismi diversi: a livello comunitario e nazionale agiscono organismi quali parlamento, governo, autorità di settore, antitrust,ecc., di cui si deve tener conto nel momento in cui si fanno determinate proposte e si richiede l’accettazione di particolari richieste; se questo lavoro riguarda una particolare regione e se tratta materie per le quali la regione ha una competenza specifica, il lobbista deve agire, appunto, in relazione alle autorità  che rappresentano la regione interessata.
Agire a livello locale permette di essere più vicini alla realtà sulla quale si andrà poi ad operare con vari interventi o con la realizzazione di opere. A questo proposito oggi hanno sempre più importanza i vari comitati che, localmente, sono molto attivi, soprattutto nel campo delle grandi opere che hanno di conseguenza un grosso impatto sull’ ambiente. Anche se si tratta di organismi locali, la loro influenza è fondamentale e, un intervento di lobby, non può non prenderla in considerazione.
Nel corso del seminario si è concentrata l’attenzione proprio su questo tipo di lavoro, cioè quello che ha a che fare con la realizzazione di opere che vanno ad agire sull’ambiente e che, di conseguenza sono più aperte a possibili proteste da parte dei comitati, appunto, creati apposta. Proprio a tal proposito si parla molto oggi della cosiddetta “sindrome NIMBY(not in my back yard)” che, a livello popolare, porta a contestare la realizzazione di un’opera in quel determinato territorio (“non nel mio giardino”, appunto). L’ultimo esempio di questo genere è il comitato nato contro la realizzazione della TAV in Valle d’Aosta.
Come ci tiene a sottolineare la signora Ketty Tabakov, che si occupa delle relazioni con il territorio per il gruppo Edison Spa e che è intervenuta al dibattito, questo tipo di manifestazioni non sempre sono negative; sono il segno infatti di una grande consapevolezza ambientale e quindi di un avvicinamento della gente a quelli che sono i problemi del proprio territorio.
Dal punto di vista di chi si occupa in particolare del rapporto con l’ambiente, spesso sono più i contro di questa situazione. Ad esempio i rischi di una strumentalizzazione della situazione. Non si possono poi sottovalutare le influenze che queste proteste hanno sulle istituzioni, locali e non; su queste ultime ha grande ascendente il “rumore” creato dalle varie manifestazioni organizzate dai comitati contro la realizzazione di una particolare opera, incrementato, oggi sempre più spesso, dai mezzi di comunicazione.
In relazione a questa situazione, la signora Ketty Tabakov sottolinea che il modo migliore per cercare di placare queste proteste è quello, prima di tutto, di dialogare e essere quanto più chiari e comprensibili possibile sui modi e tempi della realizzazione dell’opera in questione. A questo va aggiunta una continua presenza sul territorio, che possa dimostrare l’effettivo interesse per i problemi che lo riguardano.
Un buon punto di partenza potrebbe essere quello di intrattenere inizialmente dei rapporti con il comune, e quindi con le varie autorità territoriali, presentando informalmente il progetto prima della presentazione ufficiale; si può pensare anche, in questa fase, ad una preliminare negoziazione.
Mettere a conoscenza la popolazione locale è, ancora, un passo importante per un lavoro futuro che prosegua al meglio. Le iniziative in proposito possono riguardare diverse fasce di utenti: specialisti in  materia, residenti, bambini, ecc.
A questo proposito si possono organizzare dei convegni, per permettere così l’incontro di diversi esperti del settore/i interessati per avere quante più idee possibili per lo svolgimento del lavoro; o, ancora, delle assemblee pubbliche rivolte ai cittadini, che diano delucidazioni sul lavoro,  sulle conseguenze positive e sugli eventuali rischi che ne potrebbero derivare, proprio in nome della trasparenza. In ultimo, ma non per importanza, si possono coinvolgere le scuole, quindi gli studenti, con concorsi che permettano poi di partecipare, a vario titolo, nei progetti.
Per misurare i risultati di questa attività, si può tenere conto della:
•    realizzazione dell’impianto
•    inaugurazione
•    rielezione del sindaco
Naturalmente, primo dato evidente da tenere in considerazione è proprio la messa in opera dell’impianto. Successivamente, a livello strettamente comunicativo, si può fare leva su una grande inaugurazione, che sia sentita dalla popolazione locale e abbia un riscontro anche a livello nazionale. Ultimo dato, forse meno direttamente collegato all’attività esercitata dal lobbista e alla successiva realizzazione dell’opera, è la rielezione del sindaco: questo starebbe ad indicare che il suo lavoro, tra cui rientrano anche le varie attività relative alla costruzione dell’impianto in questione, è stato giudicato positivamente dai cittadini, che, di conseguenza, gli hanno ridato fiducia.
 Oggi è molto sentito il problema dell’impatto ambientale che la realizzazione delle varie opere, in qualsiasi campo, può portarsi dietro.
Questa nuova consapevolezza, unita alla sempre crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni, ha favorito il proliferare, come ho già ricordato, di tanti comitati che si prefiggono come scopo quello di difendere il proprio territorio.
Questi “intoppi” possono essere superati, come sopra ricordato, da una buona comunicazione più vicina possibile ai cittadini.
Ma oggi si parla non soltanto di manifestazioni che hanno lo scopo di creare solo tanto rumore intorno alla questione della realizzazione o meno dell’opera; oggi è cambiato totalmente il quadro delle decisioni che portano, alla fine, a pronunciarsi in modo favorevole o sfavorevole in merito alla sua concretizzazione.
Mentre prima l’attività della lobby passava direttamente dal gruppo d’interesse al decisore pubblico, oggi si deve tenere conto dell’influenza dell’opinione pubblica e dei media.
Ci sono poi casi in cui il lobbista viene totalmente escluso dalla decisione finale in merito alla realizzazione dell’opera per cui lui stesso ha lavorato. Questa situazione andrebbe forse evitata, anche solo per il fatto che chi fa lobbying conosce i pro e i contro di quel lavoro, e, una sua consulenza continua nella messa in opera sarebbe fondamentale.
Dall’altra parte, con la consapevolezza di questa situazione, il lobbista di oggi, non può svolgere il proprio lavoro senza tener conto delle dinamiche che intercorrono tra media e opinione pubblica, soprattutto per quelle opere che coinvolgono direttamente i cittadini, anche quando si tratta di territori circoscritti ad una regione o  ad una provincia.

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